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Messaggio 26667 del 28 novembre 2008
Oggetto: Durata dell'anno accademico e del corso legale di laurea. Proroga del diritto alle prestazioni a favore di figli studenti superstiti. Chiarimenti.
Con circolare n. 188 del 31 luglio 1990 è stato precisato che nei confronti dei figli studenti universitari iscritti all'ultimo anno del corso legale di studi il diritto alle prestazioni previdenziali (pensioni ai superstiti, trattamenti di famiglia) può essere prorogato sino alla fine della sessione invernale di febbraio, qualora risulti che in tale sessione gli interessati intendano sostenere gli esami di profitto, di laurea o di diploma.
In particolare è stato ribadito che le prestazioni previste in favore dei figli studenti universitari sono erogate di norma fino al 31 ottobre dell'ultimo anno del corso legale di studi, fermo restando ovviamente il limite del compimento del 26° anno di età (circolare n. 53317 Prs. del 2 dicembre 1965).
In relazione alle numerose innovazioni intervenute, per effetto dei provvedimenti che hanno comportato la realizzazione della riforma universitaria che si è consolidata con il Decreto Ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270 “Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto del Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509”, a modifica delle istruzioni impartite in precedenza, si precisa quanto segue.
Relativamente ai figli studenti universitari iscritti all'ultimo anno del corso legale di studi - svolto nell'ambito del vecchio ordinamento didattico ovvero nel nuovo ordinamento didattico introdotto dal decreto 3 novembre 1999, n. 509 - che ne facciano richiesta, previa acquisizione della documentazione rilasciata dall'Università attestante la data di inizio e di fine dell'anno accademico, il diritto alla proroga dell'erogazione della pensione di reversibilità sarà riconosciuto per le sessioni di esami relative all’ultimo anno accademico del proprio corso legale di laurea, purché entro la medesima sessione lo studente completi il corso di laurea.
Per quanto riguarda il vecchio ordinamento didattico gli esami di laurea - in via generale - si svolgono nell'arco di tre appelli distribuiti su tre sessioni da maggio a luglio; nel mese di settembre; da gennaio a febbraio. Gli esami di laurea relativi al conseguimento della laurea di che trattasi devono avvenire entro il 28 febbraio successivo al termine dell'anno accademico. Qualora dalla certificazione rilasciata dall'Università risulti che lo studente si è avvalso di appelli riservati agli studenti dei precedenti ordinamenti che, in via generale, possono avere luogo nel mese di dicembre o nel mese di aprile il diritto alla proroga della pensione di reversibilità sarà riconosciuto fino al mese del conseguimento del titolo accademico.
Relativamente al nuovo ordinamento didattico, introdotto dal decreto 3 novembre 1999, n. 509, si precisa che gli esami di laurea e di diploma - in via generale - si svolgono nell'arco di almeno quattro appelli distribuiti su tre sessioni da maggio a luglio; da settembre a dicembre; da febbraio ad aprile. Gli esami di laurea e diploma relativi a un determinato anno accademico devono comunque svolgersi entro il 30 aprile successivo al termine dell'anno accademico stesso. La proroga del trattamento di reversibilità, quindi, fermo restando l’acquisizione della documentazione necessaria, potrà essere concessa fino alla predetta data del 30 aprile.
IL DIRETTORE CENTRALE
Nori
Messaggio 6361 del 17 marzo 2008
OGGETTO: Copertura contributiva del congedo di maternità/paternità e congedo parentale in presenza di adozioni e affidamenti (art. 2, commi 452456 della legge 24 dicembre 2007 n. 244)
Con circolare n. 16 del 4 febbraio 2008 è stato precisato che la legge finanziaria 2008 ( legge 24/12/2007) ha sostituito gli artt. 26, 31, 36 e abrogato gli artt. 27 e 37 del D.Lgs. 151/2001 riguardanti le disposizioni legislative a tutela e sostegno della maternità/paternità in caso di adozioni e affidamenti.
La riforma riguarda sia le adozioni nazionali che internazionali e prevede la possibilità di fruire, a partire dal 1° gennaio 2008, di un congedo di maternità/paternità della durata di cinque mesi. In particolare, per le adozioni nazionali il congedo deve essere fruito durante i cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia (secondo quanto risulta dall’atto dell’autorità competente) a prescindere dall’età del minore all’atto dell’adozione. Per le adozioni internazionali, invece, ferma restando la durata di cinque mesi, il congedo può essere fruito anche prima dell’ingresso in Italia del minore oltre che successivamente (la data di ingresso del minore in Italia deve risultare dall’autorizzazione rilasciata dalla Commissione per le adozioni).
Si precisa che nei casi in cui nel corso dell’anno 2008 l’assenza dal lavoro sia stata fruita ad altro titolo – sempre nei limiti dei cinque mesi decorrenti dal suddetto ingresso – e sempre che l'assenza possa essere fatta valere a titolo di congedo di maternità, il periodo stesso, a domanda, può essere trasformato a titolo di congedo.
In caso di affidamento, invece, la lavoratrice ovvero il lavoratore ha diritto all’astensione dal lavoro per un periodo complessivo di tre mesi da fruire entro i cinque mesi decorrenti dalla data di affidamento in modo continuativo o frazionato anche se all’atto dell’affidamento il minore abbia superato i sei anni di età.
Si ricorda che a decorrere dal 18 dicembre 1977, data di entrata in vigore della legge n. 903/77 (circolare n.542 del 26 novembre 1980) il congedo di maternità/paternità riconosciuto in caso di adozioni nazionali e internazionali e di affidamento è equiparato al congedo di maternità /paternità. Pertanto, se fruito in costanza di rapporto di lavoro, il relativo accredito figurativo non richiede alcuna anzianità contributiva pregressa. Se, invece, verificato fuori dal rapporto di lavoro la copertura figurativa ai fini pensionistici è stabilita da quanto disposto dall’art. 25 comma 2, del D.Lvo 151/2001 e, quindi, a condizione che, all’atto della domanda, il genitore adottivo o affidatario possa vantare cinque anni di contributi versati in costanza di rapporto di lavoro.
In attuazione delle nuove disposizioni (commi 455 e 456 dell’art. 2 della citata Legge Finanziaria 2008 che ha sostituito l’art. 36 e abrogato l’art. 37 del D.Lvo 151/2001) il congedo parentale ( sei mesi per ogni genitore o dieci, elevabili a undici qualora richiesti da entrambi) può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del bambino e comunque non oltre il compimento della maggiore età, entro gli otto anni dall’ingresso dello stesso minore nel nucleo familiare. Analogamente a quanto stabilito per il congedo di maternità/paternità anche il periodo di congedo parentale - sempre a partire dal 18.12.1977 - è accreditabile figurativamente se richiesto nell’ambito di un rapporto di lavoro e può formare oggetto di riscatto, se collocato temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro, purchè all’atto della domanda i richiedenti possano fare valere 5 anni di contribuzione versati nell’AGO.
Si precisa inoltre che gli eventi in argomento, dichiarati dalle aziende con flusso EMens, vengono accreditati in automatico nell’estratto conto dei lavoratori interessati, completi degli importi da riconoscere a titolo di “differenze accredito”, utili per la determinazione della retribuzione pensionabile. Detti eventi, pertanto, non devono essere acquisiti in ARPA. L’acquisizione deve essere conseguentemente limitata agli eventi temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro ed a quelli riguardanti soggetti ancora non interessati dal flusso EMens, sempre che le relative informazioni non siano già presenti nelle rispettive denunce individuali.
IL DIRETTORE CENTRALE M. NORI
Messaggio 28542 del 24 dicembre 2008
OGGETTO: Annullamento di contribuzione a seguito di verifiche amministrative e indagini penali. Riflessi su prestazioni già erogate.
1. Premessa
Da parte di alcune Sedi sono pervenute richieste di chiarimenti relativamente ai casi nei quali si può legittimamente procedere al ricalcolo, all’annullamento o alla sospensione di prestazioni già erogate a seguito di successive procedure di annullamento di contribuzione derivanti da verifiche amministrative o indagini penali.
La questione è meritevole di approfondimento trattandosi, da una parte, di tutelare la legittimità dell’azione amministrativa e/o giudiziaria e dall’altra di tenere in giusta considerazione le aspettative degli interessati e la tutela di una categoria, quale quella dei pensionati, che potrebbe entrare in una situazione di disagio o di allarme sociale in modo incolpevole rispetto all’evento o alla circostanza che determina l’annullamento della contribuzione.
Al riguardo, si ritiene opportuno fornire - coerentemente con le istruzioni impartite, nell’ambito del settore agricolo, con la circolare n. 103 del 31 maggio 2002, i cui contenuti, per il settore di riferimento, si ribadiscono e si confermano - le seguenti precisazioni per le ipotesi, rispettivamente, di modifica della situazione contributiva, nonché di annullamento o sospensione di prestazioni a seguito di verifiche amministrative o di indagini penali in settori diversi da quello agricolo.
2. Verifiche amministrative
Il principio guida che deve indirizzare i comportamenti dell’Istituto è quello della “definitività” del provvedimento che abbia riconosciuto la non spettanza della contribuzione contestata, ovvero che abbia annullato il titolo giustificativo dell’accredito contributivo stesso.
In assenza, pertanto, di un provvedimento amministrativo che abbia il carattere della “definitività”, nessun pregiudizio può essere arrecato alla sfera dei diritti in testa ai pensionati.
Ne scaturisce che devono continuare ad essere tenute in pagamento le prestazioni che siano oggetto di verifiche ispettive non concluse, ovvero di procedimenti amministrativi di contestazione da parte dell’Istituto o di soggetti terzi, parimenti non aventi i caratteri della “definitività”.
3. Indagini penali
Per il caso di indagini penali che abbiano riflessi sia su aspetti contributivi che su prestazioni in essere, occorre distinguere le due fattispecie ricorrenti:
denunce penali presentate da soggetti terzi;
denunce penali presentate dall’Istituto.
Nella prima ipotesi (denunce di terzi) le prestazioni devono continuare ad essere provvisoriamente erogate per tutta la fase delle indagini preliminari, salve diverse disposizioni impartite dal Pubblico Ministero o dalla Polizia Giudiziaria e salva, in ogni caso, la sospensione, per ragioni prudenziali, delle prestazioni ove gli indagati siano sottoposti a misure cautelari personali ai sensi degli artt. 272 e segg. c.p.p.
Si dovrà, d’altro canto, procedere alla sospensione delle prestazioni allorché il Pubblico Ministero abbia esercitato l’azione penale, la quale, ai sensi dell’art. 405 c.p.p., avviene con la formulazione dell’imputazione ovvero con la richiesta di rinvio a giudizio.
Nella seconda ipotesi (denunce presentate dall’Istituto), le stesse, che dovranno essere formulate secondo le istruzioni fornite con circolare n. 114 del 17 maggio 1990 e complete di adeguati elementi probanti, produrranno la sospensione delle prestazioni in godimento da parte dei soggetti denunciati (si veda, in tal senso, anche la citata circolare n. 103 del 31 maggio 2002, punto 2.2).
Si ribadisce, infine, l’esigenza che le prestazioni riguardanti soggetti denunciati vadano sospese nel solo presupposto che siano stati acquisiti concreti elementi circa l’annullabilità della contribuzione, ovvero di insussistenza del rapporto di lavoro.
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Casi particolari
Le istruzioni fornite con il presente messaggio devono trovare puntuale e tempestiva applicazione nelle circostanze in cui vi siano pensionati cui è stata già rilasciata dall’INAIL l’attestazione di esposizione ultradecennale all’amianto e nei confronti dei quali siano in corso procedure di riesame delle condizioni a seguito delle quali era stata rilasciata la predetta attestazione.
Si raccomanda la puntuale aderenza alle suesposte direttive delle azioni e dei comportamenti operativi delle Sedi in considerazione di quanto detto in premessa circa i risvolti economico-sociali di azioni non in linea nei confronti di una categoria da proteggere socialmente in circostanze nelle quali non vengano rilevati comportamenti dolosi.
Il Direttore Generale
Crecco
Messaggio 4156 del 19 febbraio 2008
OGGETTO: Regolamentazione comunitaria e convenzioni bilaterali di sicurezza sociale: gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335/95.
Sommario: Premessa; 1. Utilizzazione dei periodi esteri nella gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335/95 per il requisito di 15 anni di contribuzione di cui all’articolo 2 del decreto legge 28 settembre 2001, n. 355; 2. Utilizzazione dei periodi esteri per il perfezionamento dei requisiti contributivi per il diritto a pensione nella gestione separata; 3. Pensioni supplementari; 4.Utilizzazione da parte di organismi esteri dei periodi italiani di iscrizione nella gestione separata.
Premessa
Da parte delle Sedi sono pervenute richieste di chiarimenti in merito alla possibilità di totalizzare periodi fatti valere in ambito comunitario ovvero in Paesi legati all’Italia da convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, con periodi di iscrizione alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
In proposito occorre fare riferimento anche alle norme nazionali relative alla utilizzazione, da parte dei lavoratori iscritti alla gestione separata, dei periodi contributivi fatti valere in altre gestioni o in altri regimi assicurativi.
Si fa presente che le domande di pensione eventualmente definite in difformità dalle disposizioni contenute nel presente messaggio possono essere riesaminate, su domanda degli interessati, nel rispetto dei termini di decadenza e prescrizione previsti dalla legge.
1- Utilizzazione dei periodi esteri nella gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335/95 per il requisito di 15 anni di contribuzione di cui all’articolo 2 del decreto legge 28 settembre 2001, n. 355.
Secondo quanto precisato nella circolare n. 108 del 7 giugno 2002, punto 2, i lavoratori iscritti alla gestione separata possono chiedere il computo nella gestione stessa dei periodi di contribuzione maturati nell’assicurazione generale obbligatoria, nelle forme sostitutive o esclusive della medesima ovvero in una gestione speciale dei lavoratori autonomi, a condizione che abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni, di cui almeno 5 nel sistema contributivo, secondo quanto previsto per l’esercizio del diritto di opzione previsto dall’articolo 1, comma 23, della legge n. 335/95, come interpretato dall’articolo 2 del decreto legge 28 settembre 2001, n. 355.
Al fine dell’utilizzazione dei periodi suddetti, i predetti requisiti rispettivamente dei 15 e 5 anni possono essere perfezionati anche sulla base del cumulo dei periodi assicurativi risultanti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati con i quali sono in vigore accordi bilaterali di sicurezza sociale che prevedono la totalizzazione dei periodi per il diritto alle prestazioni.
2. Utilizzazione dei periodi esteri per il perfezionamento dei requisiti contributivi per il diritto a pensione nella gestione separata
L’ambito di applicazione oggettivo del regolamento CEE n. 1408/71 comprende le legislazioni nazionali in materia di prestazioni pensionistiche per vecchiaia, invalidità e superstiti, prestazioni familiari, disoccupazione, assistenza sanitaria, prestazioni non contributive aventi carattere assistenziale, nonché le modifiche di tali legislazioni.
Le disposizioni del regolamento CEE n. 1408/71 ed il relativo regolamento CEE n. 574/72 di applicazione, finalizzate al coordinamento delle legislazioni nazionali, trovano attuazione, quindi, analogamente a quanto previsto per le altre gestioni, anche per ciò che concerne la normativa relativa alla prestazioni spettanti nella gestione separata.
In particolare si ritiene utile precisare che, al fine del perfezionamento del requisito contributivo per il diritto a pensione nella gestione separata, si tiene conto, se necessario, dei periodi assicurativi risultanti negli altri Stati comunitari, in base alle disposizioni dell’articolo 45, paragrafo 1, del regolamento 1408/71, totalizzando, quindi, nella gestione medesima i periodi assicurativi esteri. Occorre considerare, al riguardo, che le persone iscritte alla gestione separata svolgono attività lavorative eterogenee che sono accomunate solo dalla stessa modalità assicurativa prevista nella gestione separata. In favore di questi soggetti, quindi, non possono trovare applicazione le disposizioni di cui all’articolo 45, paragrafo 2, concernenti la totalizzazione, ai fini pensionistici, dei periodi assicurativi di coloro che hanno svolto un’attività lavorativa determinata per la quale è prevista l’iscrizione ad un regime speciale.
Si evidenzia che anche gli ambiti di applicazione oggettiva degli accordi bilaterali in vigore, i quali prevedono norme analoghe a quelle dell’articolo 45, paragrafi 1 e 2, comprendono la normativa concernente la gestione separata in oggetto.
3 - Pensioni supplementari
Con circolare n. 112 del 25 maggio 1996, PARTE II, punto 3, è precisato che in assenza di un diritto autonomo alla pensione a carico della gestione separata ed in presenza di diritto ad un trattamento pensionistico a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle forme esclusive e sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, nonché delle gestioni previdenziali obbligatorie dei liberi professionisti, è possibile liquidare la pensione supplementare di cui all’articolo 5 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 e successive modificazioni, semprechè risulti perfezionato il requisito anagrafico.
In proposito giova precisare che, ai fini di cui sopra, la pensione estera non può essere assimilata alla pensione italiana, per cui non può essere riconosciuto il diritto a pensione supplementare nei confronti dei titolari di pensione estera che non conseguono il diritto a pensione a carico della gestione separata neanche con il cumulo dei periodi esteri.
Ciò in applicazione dei criteri di cui alla circolare n. 1066 C.I. del 28 luglio 1981, Parte Prima, punto 4, concernenti la delibera consiliare n. 143/81 emanata in conseguenza dei principi scaturiti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 34/81, che ha sostanzialmente negato la possibilità di assimilare le prestazioni italiane a quelle estere, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge nazionale o comunitaria.
4 – Utilizzazione da parte di organismi esteri dei periodi italiani di iscrizione nella gestione separata
Come è noto, i periodi maturati nella gestione separata non possono essere utilizzati per il perfezionamento del diritto a pensione a carico di altre gestioni dell’ordinamento pensionistico italiano.
Peraltro, come già precisato con messaggio n. 71 del 3 luglio 2003, in base al principio della totalizzazione dei periodi assicurativi previsto dall’articolo 45, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71 e alle analoghe disposizioni contenute nelle convenzioni bilaterali, i periodi maturati in Italia nella gestione separata possono essere computati per il diritto alla pensione a carico del regime generale degli ordinamenti pensionistici degli altri Stati che applicano la suddetta normativa internazionale.
Si conferma, pertanto, quanto disposto con i messaggi n. 71 del 3 luglio 2003 e n. 35130 del 21 ottobre 2005.
Il Direttore Centrale Il Direttore Centrale
delle Convenzioni Internazionali delle Prestazioni
Mosetti Nori
Messaggio 3701 del 12 febbraio 2008
Oggetto: Nuovi modelli organizzativi in sanità. Istruzioni operative in tema d’indennità di malattia
Il cambiamento dell’approccio sanitario ai problemi di salute, oggi, consente in modalità alternativa l’effettuazione a livello ambulatoriale di procedure diagnostiche e/o terapeutiche complesse e integrate, di pari efficacia rispetto a quelle eseguite in regime di ricovero, ma con un più favorevole rapporto costo/beneficio.
Già in passato la ricerca di nuovi percorsi assistenziali, in virtù dell’innovazione tecnologica, aveva spostato molte delle attività svolte nell’ambito della degenza ordinaria - con grande successo, anche qualitativo – nell’ambito del modello organizzativo di Day Hospital.
Sicché ispirandosi a quel percorso rivelatosi virtuoso, in molte Regioni è stato sperimentati nuovi modelli organizzativi dell’attività ambulatoriale.
In particolare, qui ci si riferisce:
al Day Service Ambulatoriale (DSA)
al Centro di Salute Mentale (CSM)
Il Day Service Ambulatoriale (DSA) si configura come una struttura idonea a offrire risposte assistenziali di elevata qualità, senza il ricorso al ricovero in regime di Day Hospital (D.H.) né medico né chirurgico, alla cui logica organizzativa il D.S.A., tuttavia, pare ispirarsi.
In coerenza con il dettato del DPCM 11/11/2001 relativo ai livelli essenziali di assistenza, gli obiettivi principali che questa novellata modalità di approccio al paziente si propone sono :
riduzione del numero degli accessi alle strutture sanitarie
concentrazione temporale sincronica delle prestazioni da erogare
miglioramenti dei tempi di risposta ai cittadini con complessità clinico-terapeutiche
Il Day Service Ambulatoriale, quindi, nel tracciare un percorso predefinito ed esaustivo, consente:
al paziente di ottenere in un solo giorno una diagnosi o una terapia, effettuando le visite specialistiche, gli esami strumentali, anche invasivi, o le prestazioni terapeutiche necessarie che non richiedono osservazione prolungata
agli specialisti ivi operanti, un approccio integrato e multididsciplinare
alla Azienda sanitaria di evitare sprechi e disservizi generati da dispendiosi rebounces organizzativi.
La modalità di DSA esclude il trattamento delle urgenze e riguarda, quindi, esclusivamente una casistica programmata, esplicitata a priori, con delineazione dei protocolli diagnostico terapeutici, individuazione dei professionisti interessati e formalizzazione da parte della Direzione Aziendale.
Per accedervi, il paziente è tenuto al pagamento del ticket sanitario secondo le regole ed il sistema di esenzioni dell’attività ambulatoriale.
L'episodio di diagnosi e/o cura per la sua peculiarità non può protrarsi, di norma, per un numero molto limitato di accessi che di solito si sviluppano in un mese circa, mentre il DSA terapeutico, di norma, dura circa tre mesi: eventualmente e per peculiari problemi clinici o di rivalutazione diagnostica, il Day Service Ambulatoriale può essere ripetuto, nell'arco di 1 anno, con una frequenza stabilita da regole regionali.
Per sua natura, quindi, alle giornate di Day Service Ambulatoriale vanno applicate le disposizioni operative di cui al p.to 5 - Cicli di cura ricorrenti della Circ. 25 luglio 2003, n. 136.
I relativi piani del percorso programmato nonché le dichiarazioni della struttura sanitaria, riportanti il calendario delle prestazioni effettivamente eseguite, devono essere presentati al Centro Medico Legale della sede e validati dal Dirigente Medico Legale.
Nelle giornate di D.S.A. non sono effettuabili Visite Mediche di Controllo Domiciliare.
Il Centro di Salute Mentale (CSM) è unità organizzativa dei servizi sanitari operante sul territorio e svolge - in modalità integrata con altre componenti socio-sanitarie - le funzioni preventive, curative e riabilitative Tale modello fornisce risposte adeguate alle esigenze di persone portatrici di sofferenze psichiche, assicurando (ambulatoriamente o, a volte, domiciliarmente), in generale, interventi medici e psicologici, terapie farmacologiche o relazionali.
In particolare - e, per i fini del presente messaggio – spesso è assicurato, altresì, un servizio di appoggio ed assistenza ad utenti, per prevenzione, cura e riabilitazione, che prevede presso la sede del Centro temporanea ospitalità diurna ed, eventualmente, notturna per situazioni in cui se ne ravvisi la necessità.
Anche per la fattispecie che preveda ospitalità diurna, vanno applicate le disposizioni operative di cui al p.to 5 - Cicli di cura ricorrenti della Circ. 25 luglio 2003, n. 136.
Nel caso in cui si tratti, invece, di ospitalità notturna, si applicheranno le disposizioni operative di cui al p.to 3 - Certificati di day hospital della medesima Circ. 25 luglio 2003, n. 136.
Appare qui doveroso ricordare che, pur nel pieno rispetto della riservatezza e dei segreti professionale e d'ufficio, le strutture CSM - relativamente a quei soggetti che siano anche lavoratori in attualità di prestazione - dovranno rilasciare ai singoli interessati (assistiti stessi o loro rispettivi rappresentanti legali) idonea certificazione che consenta loro di ottemperare ai disposti di legge vigente relativi al rapporto di lavoro e al rapporto previdenziale.
E’ utile, in proposito, sottolineare che si può accedere alla prestazione economica previdenziale per indennità di malattia solo se la malattia è certificata dal curante, dove per curante la legge non individua il medico di medicina generale, ma qualsiasi medico che abbia in cura la persona nel momento in cui deve rilasciarsi il certificato.
Sicché grava sul medico - che visita, osserva, cura, riabilita o comunque tratti - nonché sulla Struttura sanitaria cui la persona si rapporta, il dovere deontologico (artt. 27 e 28 del Nuovo Codice deontologico) di certificare a richiesta ciò che dall’atto medico risulta: solo così, si consente al cittadino di ottemperare a dispositivi di legge o normativi che prevedono una certificazione sanitaria per l’esigibilità di diritti costituzionalmente e civilisticamente tutelati.
Coordinatore Generale medico legale
Direttore Centrale Prestazioni a sostegno del Reddito
Massimo Piccioni
Ruggero Golino