Home Pensioni Modalità particolari di accesso alla pensione Assegni straordinari di sostegno al reddito Dipendenti dalle imprese del credito cooperativo Norme Messaggi ME 2002 Messaggio 42 del 6 giugno 2002
-
Adempimenti della Sede Inps che ha in carico la matricola aziendale
-
Assegno straordinario di sostegno al reddito
-
Codifica aziende
-
Comunicazione di liquidazione e scadenza dell’assegno
-
Contributi sindacali
-
Contributo ordinario e contributo addizionale
-
Contribuzione correlata alla prestazione di assegno straordinario
-
Cumulabilità
-
Dipendenti dalle imprese del credito cooperativo
-
Erogazione in unica soluzione
-
Finalità e ambito di applicazione
-
Finalità e modalità di calcolo dell'assegno
-
Finanziamento delle prestazioni straordinarie
-
Modalità di finanziamento delle prestazioni
-
Natura giuridica, obblighi di bilancio e gestione del Fondo
-
Presentazione della domanda
-
Prestazioni concesse dal Fondo
-
Procedure di liquidazione e decorrenza
-
Regime tributario
-
Requisiti del datore di lavoro
-
Requisiti del lavoratore
-
Ricorsi amministrativi
- Dettagli
- Visite: 24832
Messaggio 42 del 6 giugno 2002
COORDINAMENTO GENERALE MEDICO LEGALE
Oggetto:
Pensione di inabilità del Fondo di previdenza per le "Persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari -ex D.Lgs. 565/96. Primi indirizzi di operatività e valutazione medico legale.
La pubblicazione del Decreto Interministeriale 14.3.2001 ha completato il quadro normativo avviato con il D.Lgs n. 565/1996 che aveva trasformato la gestione "Mutualità pensioni", istituita in favore delle casalinghe con la legge 389/63, prevedendo l’iscrizione delle stesse ad un nuovo Fondo, che ha assunto la denominazione di "Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità domestiche".
L’articolo tre del D.Lgs. 565/1996 ha disposto che gli iscritti al Fondo hanno diritto alla pensione di vecchiaia ed alla pensione di inabilità: la pensione di inabilità può essere richiesta, sussistendo il requisito di almeno cinque anni di contribuzione, quando sia intervenuta l’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa.
Appare opportuno sintetizzare che dal 1 gennaio 1997 :
- Nel Fondo confluiscono i soggetti già iscritti nella gestione "Mutualità pensioni", ovvero donne dai 15 ai 50 anni che non sono titolari di pensione, non sono iscritte all’INPS o ad altri Fondi e non hanno l’autorizzazione alla prosecuzione di versamenti volontari.
- Al Fondo, come espresso dalla circolare n. 223/01, possono iscriversi i soggetti:
A. che svolgono, senza vincolo di subordinazione, lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari e che non prestano attività lavorativa autonoma o alle dipendenze di terzi e non sono titolari di pensione diretta (possono essere invece titolari di pensione ai superstiti, indiretta o di reversibilità).
B. che svolgono altra attività lavorativa, ad orario ridotto, anche se prestata in maniera continuativa,e quindi comportante il diritto a pensione nel regime generale obbligatorio.
C. ultrasessantenni che vogliano incrementare l’anzianità contributiva o coprire il periodo necessario a perfezionare il requisito per il diritto a pensione al raggiungimento del 65esimo anno di età.
- L’iscrizione al Fondo è volontaria.
- Al Fondo sovrintende un Comitato Amministratore che decide in unica istanza sui ricorsi in materia di prestazioni, anche sanitarie, di competenza.
Di fatto sottoporremo ad accertamenti sanitari:
- assicurate che hanno svolto sempre e solo attività di casalinga;
- soggetti di ambo i sessi e di età variabile dai 20 ai 65 anni iscritti al nuovo Fondo dal 1 gennaio 1997 che non hanno mai svolto o non svolgono attualmente alcun lavoro retribuito
- soggetti di ambo i sessi e di età variabile che contestualmente svolgono un’attività lavorativa ad orario ridotto, anche in maniera continuativa, ma non prevalente rispetto a quella svolta in ambito domestico.
Diamo ora qualche indicazione che più direttamente attiene all’attività dei Dirigenti medico legali dell’Istituto i quali si troveranno, in breve, a dover sottoporre a visita i soggetti assicurati che facciano richiesta di pensione di inabilità.
Per esprimere un giudizio medico legale conclusivo sereno e ponderato, è necessario tenere presenti alcuni punti fermi del D.Lgs. 565/1996.
L’art. 3, al comma 1 punto b, stabilisce che l’iscritto al Fondo ha diritto alla pensione di inabilità quando sia intervenuta l’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa, e questo immediatamente riporta alla definizione di inabilità ex art.2 della legge 222/84.
La dizione di legge non lascia adito a dubbi: nella valutazione della perdita della capacità lavorativa bisogna considerare l’impossibilità permanente ed assoluta a svolgere "qualsiasi attività lavorativa" senza alcun riferimento alla specificità del lavoro.
A questo punto è opportuno ricordare che quello domestico non è da considerarsi una tipologia di lavoro a dispendio energetico non lieve, bensì medio: ad es. è di sole 1,8 Kcal/m per cucinare, ma più di 3 per rifare il letto e fino a ben 5-7 Kcal/m od oltre per lavare i pavimenti, battere i tappeti o sollevare un familiare infermo.
Quindi chi svolge lavori di cura, non retribuiti derivanti da responsabilità familiari, ha un discreto dispendio energetico: in rapporto alla cura di sé e della propria abitazione, dei componenti il nucleo familiare, la preparazione e spesso la somministrazione dei pasti, la gestione delle risorse economiche, la spesa ed il suo trasporto, la pulizia, l’assistenza anche continua a persone ammalate etc.
Ovviamente la valutazione medico legale non comporta difficoltà allorché ci si trovi di fronte a soggetti giovani o che comunque hanno svolto in un passato non remoto anche un’altra attività lavorativa, dipendente o autonoma, attività pregressa che potrebbero riprendere, o continuare a svolgere, in quanto compatibile con le menomate condizioni di salute, ancorché queste rendano impossibile svolgere i lavori di cura derivanti da responsabilità familiari.
Difficoltà valutative potrebbero solo sorgere dinanzi a soggetti di età più avanzata, che non hanno mai lavorato, se non in casa, e che si trovano a non poter più svolgere in modo completo i compiti propri della casalinga, non potendosi peraltro ipotizzare il loro inserimento in attività diverse e retribuite, essendo venuta a perdersi, negli anni, ogni altra capacità intrinseca al soggetto che lo renda idoneo ad altre attività.
In tutti i casi, ed in questi in particolare, non si può dare eccessiva ponderazione a minimi residui di validità lavorativa della persona soprattutto se il medico valutatore debba fare uno sforzo di immaginazione per individuare un’ipotetica attività lavorativa in cui potrebbero essere utilmente riutilizzate le capacità residue.
E’ ovvio che si può rischiare di ipervalutare come utilizzabili quei "cascami" di validità che permettono all’assicurato di aver cura di sé e della propria casa, ma non l’applicarsi incondizionato a quella reale e complessa attività lavorativa quale è oggi da considerare quella in ambito domestico o concretamente in altre attività.
Per altri affini intenti la giurisprudenza di Cassazione così si è espressa anche:
- "l’inabilità non può escludersi solo per la circostanza che l’infermità riscontrata consenta all’assicurata di prendersi cura della propria persona e della propria casa" (Sezione lavoro, n. 7222/94);
- "avendo riguardo al grado di istruzione ed alle attitudini fisiche e psicologiche generali del soggetto indicare, eventualmente sulla base di consulenza tecnica, il possibile impiego delle asserite energie lavorative" (Sezione lavoro, n. 2558/94).
"L’impossibilità a svolgere qualsiasi lavoro deve intendersi riferita non già a qualsiasi attività ed infatti l’inabilità non può escludersi solo per la circostanza che l’infermità riscontrata consenta all’Assicurata di prendersi cura della propria persona e della propria casa . L’attività di casalinga non è equiparabile all’attività di lavoro domestico subordinato e quindi svolgerla non è antitetico con uno stato inabilitante" (Sezione lavoro, n. 11656/90).
In conclusione, se il soggetto assicurato non può svolgere la prevalenza dei "lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari" e non è ragionevolmente ipotizzabile che egli possa concretamente utilizzare una qualche sua capacità residua nell’espletamento di altra attività lavorativa, è inabile.
Inabilità e revisione
Come recentemente ribadito dal Tribunale di Pisa con enunciato del 19.4.2001 "la malattia grave e prolungata allorché si manifesti in forma più blanda può prevedere la perdita del diritto la pensione d’inabilità ex art. 2".
Non è superfluo a questo punto ricordare l’articolo 9 della L. 222/84 che prevede la revisione della inabilità, sia su iniziativa dell’Istituto che su richiesta dell’assicurato e ciò è giustificato dal fatto che l’aggettivo "permanente" (da riferirsi non alla malattia ex se ma alla perdita della capacità lavorativa) non significa immutabile, né insanabile o sicuramente inemendabile: più realisticamente il termine rimanda ad una situazione biologico-lavorativa non transitoria, durevole a tempo indeterminato, senza previsione di guarigione o di miglioramento a breve scadenza.
All’istituto della revisione però è bene ricorrere, come spesso ribadito anche per la legge 222, solo in casi eccezionali, pur consci che lo strumento permette flessibilità al sistema allorché l’assicurato stesso possa e voglia reinserirsi in una qualche attività lavorativa.
Inoltre mai la prestazione previdenziale d’invalidità, parziale o totale, deve essere confusa con la malattia acuta, in virtù delle caratteristiche che a quest’ultima sono proprie: discontinuità, evolutività, limitata durata nel tempo e in ogni caso facile probabilità di recupero di buone condizioni generali con appropriata terapia.
Peraltro il "facile" ricorso alla concessione della inabilità con revisione (per insicurezza oggettiva o soggettiva sulla permanenza), dati i presupposti amministrativi per goderne (cessazione dell’attività non solo di fatto, cancellazione da albi professionali ecc.), paradossalmente potrebbe portare più detrimento che beneficio all’assicurato, laddove si configurassero poi le condizioni per una revoca. Per quanto non si debba far riferimento a fattori socioeconomici, il medico legale deve comunque calarsi nella realtà di chi si è dovuto tirare fuori dal mondo del lavoro perché la norma ora non garantisce la conservazione del posto di lavoro né una nuova occupazione.
Nel caso specifico dell’inabilità nel Fondo in esame, pur non ponendosi il limite della estromissione dal mondo del lavoro perché trattasi prevalentemente di soggetti che in tale mondo non sono di fatto inseriti, riteniamo che comunque debba essere del tutto eccezionale l’eventualità di una richiesta di revisione sanitaria, stante anche la mancata previsione dell’assegno di invalidità e quindi la perdita, con l’eventuale revoca dell’inabilità, di qualsiasi altro beneficio economico previdenziale.
Per quanto riguarda la modulistica, in attesa che sia predisposta una nuova sezione del modello SS4/M, si può intanto usare lo stampato attuale: nella sezione VII, pagina 15, si può aggiungere nello spazio Osservazioni, la dicitura "Fondo ex D.Lgs 565/96", anche con timbro, con le opzioni di giudizio medico legale conclusivo inabile o non inabile, con o senza revisione, il codice nosologico ed archiviare in EAD 75 con modalità che saranno indicate dalla competente Direzione delle Prestazioni.
Tutti i dirigenti medici firmeranno la presa visione del presente messaggio.
Dott. Federico Cattani
Coordinatore Centrale-Area Delle Invalidità
Prof. Maurizio Ceccarelli Morolli
Coordinatore Generale Medico Legale