Home Contribuzione Maggiorazione dell'anzianità contributiva Benefici per i lavoratori non vedenti Norme Circolari Inps CI 1997 Circolare 196 del 23 settembre 1997
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Circolare 196 del 23 settembre 1997
OGGETTO: CONTRIBUZIONE AFFERENTE IL SETTORE DELLA PESCA
MARITTIMA: QUESTIONI CONNESSE ALL'APPLICAZIONE
DELLE LEGGI n.250 DEL 13.3.1958 e n.413 DEL
26.7.1984.
SOMMARIO:-PARTE A)-REGIMI PREVIDENZIALI DELLA PESCA
MARITTIMA.
A.1)-REGIME PREVIDENZIALE DEI
PESCATORI DELLA PICCOLA
PESCA MARITTIMA, di cui
alla legge n.250 del
13.3.1958.
A.2)-REGIME PREVIDENZIALE
MARITTIMO, di cui alla
legge n.413 del 26.7.1984.
A.3)-REGIME PREVIDENZIALE DEI MARITTIMI
CHE NON RIENTRANO NEL REGIME
PREVIDENZIALE MARITTIMO DI CUI ALLA
LEGGE n. 413/1984, NE' IN QUELLO DI
CUI ALLA LEGGE n.250/1958.
A.4)-LEGGE 5.2.1992, n.102: "Norme
concernenti l'attivita' di
acquacoltura".
-PARTE B)-NOTE SULLA LEGGE 13.3.1958, n.250, PER
QUANTO ATTIENE IL SETTORE DELLA PESCA
MARITTIMA.
B.1)-Cooperativa e Compagnia di
pescatori.
B.2)-Circolare n.700 RCV del 15.4.1986.
B.3)-Competenza delle Commissioni.
B.4)-Competenza delle SAP per
l'accertamento dei requisiti delle
Cooperative.
-PARTE C)-CENNI SULLA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI
PESCA MARITTIMA.
Premessa
C.1)-Legge 14.7.65, n.963
C.2)-DPR 2.10.68, n.1639
C.3)-Legge 17.2.1982, n.41
C.4)-Normativa sul fermo temporaneo o
biologico delle navi adibite alla
pesca mediterranea e alla pesca
costiera.
C.5)-Iniziative di pesca-turismo
C.6)-Operativita' delle navi adibite
alla pesca marittima.
PARTE-A
REGIMI PREVIDENZIALI DELLA PESCA MARITTIMA
L'inquadramento dei marittimi imbarcati quali membri
dell'equipaggio sulle navi adibite alla pesca marittima nei
regimi previdenziali vigenti nel settore e' determinato, in
gran parte, dalle caratteristiche oggettive della nave a
bordo della quale i marittimi stessi operano.
-A.1)-REGIME PREVIDENZIALE DEI PESCATORI DELLA PICCOLA PESCA
MARITTIMA, di cui alla legge n.250 del 13.3.1958.
Il regime previdenziale disciplinato dalla legge
n.250/1958 trova applicazione qualora concorrano due
condizioni:
a)-la pesca deve essere esercitata dal marittimo (v. art.
115 c.n.) quale attivita' lavorativa esclusiva o
prevalente, sia in via autonoma che in forma associata
(cooperativa o compagnia di pesca);
b)-l'esercizio della pesca quale attivita' professionale
puo' essere attuato con "natanti non superiori alle 10
tonnellate di stazza lorda" (Tale espressione, richiamata
dall'art. 3 del DM 6.7.1974 -in G.U. 20.7.1974, n. 190-
che detta "Norme per l'esecuzione delle disposizioni di
cui all'art. 8 della legge 22.2.1973, n.27, sulla
previdenza marinara", e' stata integrata con l'ulteriore
specifica "anche se muniti di apparato motore superiore ai
25 cavalli asse o 30 cavalli indicati". In tale compiuta
formulazione, il requisito in esame e' stato richiamato
dall'art. 6, lettera "d", della legge n. 413/1984, quale
criterio di esclusione dal regime previdenziale marittimo
disciplinato dalla stessa legge n.413/1984, di cui al
successivo paragrafo A.2).
Nel contesto sopra delineato, acquistano rilevanza i
criteri illustrati nella circolare n.700 R.C.V. del
15.4.1986, ai fini dell'accertamento del diritto
dell'iscrizione del marittimo al regime di cui alla legge n.
250/1958, quale pescatore autonomo.
In proposito, non risulta superata neppure la circolare
n. 609 R.C.V. del 3.2.1983, sulle "Cooperative della piccola
pesca L.13 marzo 1958, n. 250: criteri per l'assicurabilita'
dei soci", nella quale viene illustrata la deliberazione
n.252 assunta sull'argomento dal Consiglio di Amministra-
zione dell'INPS nella seduta del 18.11.1982.
Per quanto attiene l'esercizio della pesca "quale
esclusiva o prevalente attivita' lavorativa", di cui alla
lettera a), si ritiene utile soffermarsi sulla portata
dell'espressione "prevalente" contenuta nell'art.1, comma 1,
della legge n.250/58, in alternativa all'espressione
"esclusiva".
La parola "prevalente" evidenzia, ai fini dell'appli-
cazione della legge n.250/58, tutte quelle situazioni
lavorative in cui l'attivita' di pesca, pur non costituendo
l'unica attivita' di lavoro svolta dal lavoratore, rileva,
comunque, quale attivita' lavorativa principale della
persona, sia come individuo che come socio di cooperativa o
membro di compagnia di pesca.
Assumendo nella predetta accezione la parola "preva-
lente", si chiarisce anche il dettato del comma 3 del citato
art.1 della legge n.250/58, che, riguardo agli stessi
soggetti, recita "che esercitano la pesca quale loro
attivita professionale", in conformita' alle norme sulla
pesca marittima (v. Parte C).
Tale criterio e' stato ulteriormente specificato dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale con circo-
lare n.42/84 del 9.4.1984, che, riferito il concetto di
prevalenza ai casi di attivita' di lavoro plurime e facendo
proprio il criterio gia' enunciato dalla Commissione cen-
trale per l'assicurazione dei pescatori, precisa come "..ai
fini della determinazione dell'attivita' prevalente sia
opportuno valutare oltre al fattore tempo", cioe' il tempo
dedicato all'attivita' di pesca, "anche il fattore reddito
per il quale, peraltro, e' impossibile fissare a priori un
tetto....in considerazione della variabilita' del reddito
verificabile di anno in anno nei soggetti interessati".
"In concreto", prosegue la circolare ministeriale,
"qualora venga accertato che il richiedente l'iscrizione"
alla legge n.250/58, "eserciti un determinato mestiere o
professione a tempo pieno (lavoratore dipendente, lavoratore
autonomo o libero professionista) la iscrizione dovra'
essere di regola rifiutata per carenza del requisito previ-
sto dall'art.1 della legge n.250 del 1958".
Il Ministero del Lavoro conclude che "prevalente" deve
intendersi l'attivita' di pesca quando la stessa "impegni
l'interessato per il maggior periodo di tempo nell'anno e
costituisca per esso la maggior fonte di reddito", in
conformita' "..ai principi generali ormai consolidati nel
settore della previdenza dei lavoratori autonomi", onde il
criterio sopra formulato appare "il piu' opportuno per
regolare le analoghe fattispecie prospettate nel settore
della piccola pesca".
Si fa presente, altresi', che la stessa Commissione
centrale per l'assicurazione dei pescatori ha avuto modo di
chiarire che lo status di pensionato, derivante da qualsiasi
tipo di pensione, erogata dall'INPS o da altri Enti previ-
denziali, non preclude il riconoscimento della qualifica di
pescatore autonomo, quando ovviamente sussistano gli altri
requisiti previsti dall'art.1 della legge n.250/58.
La norma sopra richiamata, infatti, nell'assoggettare
agli obblighi assicurativi le persone che esercitano la
pesca quale esclusiva o prevalente attivita' lavorativa, sia
in forma associata che autonoma, non prevede alcuna esclu-
sione per i titolari di pensione o per limiti di eta'.
-A.2)-REGIME PREVIDENZIALE MARITTIMO, di cui alla legge
n.413 del 26.7.1984.
L'iscrizione al regime previdenziale marittimo disci-
plinato dalla legge n.413/1984 (v.circolare n.56 del
22.3.1984) pone, di regola, due condizioni per l'iscrizione
al regime stesso:
a)-il marittimo deve far parte dell'equipaggio (v. art. 316
C.N.) delle navi munite di carte di bordo o documenti
equiparati (art. 2, c. 2, lett."a", della legge
n.413/1984);
b)-le navi devono rientrare tra quelle individuate
dall'art.5 della legge n.413/1984, tra le quali sono
comprese, oltre le navi maggiori, le navi minori di cui
all'art. 1287 c.n., iscritte nei "Registri delle navi
minori e dei galleggianti" (v. lett. "b" del citato art.
5).
Si rammenta che le predette navi minori determinano
l'iscrizione dei relativi equipaggi al regime della legge
n.413/1984 quando le navi stesse sono di stazza lorda
superiore alle 10 tonnellate ovvero sono munite di apparato
motore superiore ai 25 cavalli asse o 30 cavalli indicati,
anche se costituisca mezzo di propulsione ausiliario.
In proposito, si evidenzia che l' eslusione dal regime
previdenziale marittimo ex lege n.413/1984, di cui all'art.
6 della legge medesima, riguarda, per quanto attiene la
pesca, soltanto "...i marittimi iscritti negli elenchi dei
pescatori addetti alla piccola pesca, esercenti la stessa in
forma autonoma o cooperativistica su natanti non superiori
alle 10 tonnellate di stazza lorda, qualunque sia la potenza
del relativo apparato motore. Nei confronti dei marittimi
predetti trovano applicazione le disposizioni della legge
13.3.1958, n.250, e successive modificazioni ed integrazio-
ni" (v. art.6, lettera "d", legge n.413/84).
-A.3)-REGIME PREVIDENZIALE DEI MARITTIMI CHE NON RIENTRANO
NEL REGIME PREVIDENZIALE MARITTIMO DI CUI ALLA LEGGE
n. 413/1984, NE' IN QUELLO DI CUI ALLA LEGGE
n.250/1958.
Qualora il marittimo si trovi ad operare, come membro
dell'equipaggio, a bordo di una nave non ricompresa tra
quelle individuate dall'art. 5 della legge n.413/1984, ai
fini dell'applicazione delle disposizioni di cui alla legge
stessa, ovvero eserciti la piccola pesca marittima senza che
nei suoi confronti ricorrano le condizioni per l'iscrizione
al regime previdenziale di cui alla legge n. 250/1958,
occorre verificare se, in effetti, possa applicarsi al
marittimo stesso il regime previdenziale comune, proprio dei
lavoratori dipendenti.
La proposizione in esame costituisce un'ipotesi resi-
duale; pur tuttavia l'ipotesi stessa assume estrema rile-
vanza la' dove i criteri richiamati nei precedenti paragrafi
risultino inadeguati a definire l'esatto regime previden-
ziale del soggetto interessato.
Si rileva, infatti, che nell'ordinamento comune
dell'AGO la figura dell'armatore imbarcato non trova tutela
previdenziale, in quanto datore di lavoro.
Le relative disposizioni non contemplano per il datore
di lavoro una norma analoga a quella dell'art. 12 della
legge n. 413/1984, prevista per l' "Armatore e proprieta-
rio-armatore imbarcati" sulle navi di cui alla legge stessa
(art. 5), ne' e' possibile, sempreche' esercitino la piccola
pesca con le navi di cui alla legge n. 250/1958, applicarsi
le disposizioni di quest'ultima, al di fuori delle fatti-
specie dalla stessa espressamente disciplinate.
A.4)-LEGGE 5.2.1992, n.102: "Norme concernenti l'attivita'
di acquacoltura".
Per la definizione dell'esatto inquadramento delle
imprese che esercitano l'attivita' di acquacoltura, di cui
alla legge n.102/92, le istruzioni concernenti l'applica-
zione della legge in parola sono state dettate con circo-
lare n.155 del 10.7.1997, a cui si rinvia.
PARTE-B
NOTE SULLA LEGGE 13.3.1958, n.250, PER QUANTO
ATTIENE IL SETTORE DELLA PESCA PROFESSIONALE MARITTIMA.
La legge 13.3.1958, n.250, intitolata "Previdenze a
favore dei pescatori della piccola pesca marittima e delle
acque interne", riferisce il particolare regime previden-
ziale alle "persone che esercitano la pesca quale esclusiva
o prevalente attivita' lavorativa", sia esse "associate in
cooperative o compagnie" sia esse autonome.
La legge stessa specifica ulteriormente i destinatari
con espresso riferimento, per quanto attiene i marittimi,
all'art.115 C.N., precisando che i medesimi devono
esercitare la pesca quale "attivita' professionale", ser-
vendosi di "natanti non superiori alle 10 tonnellate di
stazza lorda", anche se muniti di apparato motore superiore
ai 25 c.a. o 30 c.i. (v. art.3, DM 6.7.1974 in G.U.
20.7.1974, n.190, e art.6, lettera "d", della legge
26.7.1984, n.413).
B.1)-Cooperativa e Compagnia di pescatori.
Nelle circolari del Ministero del Lavoro e in quelle
emanate dall'INPS si accenna con chiarezza alle cooperative
di pescatori, senza una specifica trattazione della compa-
gnia di pescatori.
Tale costante riferimento al fenomeno cooperativistico
del settore si giustifica con la connotazione ormai storica
della compagnia di pescatori, di cui il legislatore ha fatto
espressa citazione nel dettato della legge n.250/58 soltanto
perche' ancora presente, in quegli anni, presso alcune
marinerie di pesca.
La collocazione della compagnia di pesca nelle locali
associazioni di arti e mestieri, cosi' come si sono venute
determinando per soddisfare bisogni omogenei, e' ormai da
ascriversi alla tradizione, e pur tuttavia, anche se supe-
rata, stante la rilevanza acquisita dall'associazionismo
cooperativistico nella legislazione previdenziale e tribu-
taria, mantiene una rilevanza giuridica, per la legge
n.250/58, la' dove ancora sussista.
Pertanto, al di fuori di tale collocazione temporale,
la connotazione di "compagnia di pesca" non puo' essere
riferita, ai fini previdenziali, ad attuali mere associa-
zioni di fatto, nel caso in cui non ricorrano, o vengano
meno, i requisiti formali e sostanziali per l'esistenza
della "cooperativa".
Soltanto l'adozione di tale criterio concreto assicura
una logica lettura delle norme della legge n.250/58, stante
l'improbabile analogia delle compagnia di pesca, in genere
- quale associazione di pescatori, fornita di un proprio
statuto, da cui emerge una precisa collocazione temporale
nel passato e una scarsa rilevanza economica - con fenomeni
mercantili, ben piu' complessi, che interessarono anche il
settore marittimo.
In tale accezione, l'espressione "compagnia di pesca"
acquista un logico significato e giustifica il richiamo
dell'espressione stessa fatto dal legislatore, che ha inteso
affiancare tale forma di associazionismo, appartenente alla
tradizione, al precipuo e attuale fenomeno dell'associazio-
nismo, che si concretizza sotto la figura della "cooperati-
va", cosi' come si e' venuta delineando ai fini dell'ordi-
namento previdenziale.
In tale contesto acquistano rilevanza e significato
anche le disposizioni impartite, a suo tempo, dal Ministero
del Lavoro con circolare n.25, Prot.n.35/80477/A/G-b-26 del
18 luglio 1959, con la quale il Ministero stesso ha inteso
chiarire, una volta per tutte, l'esclusione di ogni altro
vincolo societario, al di fuori di quello associativo
attuato dalla cooperativa o dalla compagnia di pesca,
dall'applicazione del regime previdenziale di cui alla legge
n.250/58.
Cio' premesso, le disposizioni della legge n.250/58
trovano una chiara lettura nel quadro normativo sopra
illustrato, e, pertanto, diretta applicazione soltanto per
le ipotesi di "cooperativa" tra pescatori, costituita ai
sensi dell'art.2511 e ss. del Codice Civile, e della "com-
pagnia" tra pescatori, la' dove tale forma di associazione
sopravviva nei modi di cui al relativo statuto.
A tali forme associative si e' ora aggiunta, per la
cooperativa, la figura della "piccola societa' cooperativa",
recepita ed introdotta definitivamente nell'ordinamento
dall'art. 21 della legge 7.8.1997, n.266 (in G.U. n.186
dell'11.8.97), dopo una copiosa decretazione, protrattasi
dal 1995 al 1996 e decaduta per mancata conversione in
legge.
Pertanto, si ribadisce quanto precisato dalla citata
circolare ministeriale e cioe' che, la' dove l'associazione
tra pescatori non si realizzi nelle forme della "cooperati-
va" o della "compagnia" -ancorche' quest'ultima sia da
considerarsi desueta- i soggetti che concorrono alla
formazione di vincoli societari di altra natura si collocano
al di fuori della tutela previdenziale ex lege n.250/58.
B.2)-Circolare n.700 RCV del 15.4.1986.
Le istruzioni impartite con la circolare n.700 RCV del
15.4.1986, per i casi di indebita iscrizione o di mancata
cancellazione dei pescatori autonomi dagli appositi elenchi,
non contraddicono il dettato della legge n.250/58, per
quanto attiene la competenza delle apposite Commissioni
provinciali o compartimentali, le cui decisioni possono
essere impugnate, anche presso la competente Autorita'
giudiziaria, ma giammai disconosciute sotto il profilo della
loro efficacia.
In effetti dalla citata circolare non viene posta in
discussione la competenza delle predette Commissioni, ne' la
competenza stessa si trasferisce all'INPS, in alternativa
rispetto alle Commissioni medesime, sia pure in via di
supplenza, in quanto l'atto di iscrizione o cancellazione
dell'INPS dovra' assumere comunque a riferimento il provve-
dimento delle Commissioni in parola, sia per la conferma
ovvero per la relativa impugnativa, anche in sede giudizia-
le.
B.3)-Competenza delle Commissioni.
L'art.4, comma 1, lettera "a", della legge n.250/58
attribuisce alle Commissioni compartimentali, per quanto
concerne il settore della pesca professionale marittima, il
compito di stabilire se i pescatori inclusi negli elenchi
trasmessi dalle Cooperative o Compagnie e i pescatori
autonomi, che abbiano fatto domanda di iscrizione negli
appositi elenchi, posseggano i requisiti richiesti dall'ar-
t.1 della legge stessa.
Cioe' la Commissione deve verificare ex art.1, comma 1,
della legge n.250/58 se "le persone che esercitano la pesca"
la esercitino "quale esclusiva o prevalente attivita'
lavorativa", sia quando tali persone risultino "associate in
Cooperative o Compagnie", sia quando operino come lavoratori
autonomi (comma 2).
La Commissione compartimentale deve accertare nei
confronti dei lavoratori che ricorrano, per ciascun sogget-
to, associato o autonomo, i seguenti requisiti (v. art.1,
comma 3, della legge n.250/58):
-1)-iscrizione ad una delle tre categorie in cui si suddi-
vide la gente di mare, contemplate dall'art.115 C.N., senza
alcuna ulteriore specificazione al riguardo (anche se
l'ipotesi piu' ricorrente riguarda ovviamente gli iscritti
alla 3 categoria della gente di mare, nella quale vengono a
collocarsi i marittimi appartenenti al personale addetto al
traffico locale e, per quanto interessa, alla pesca costie-
ra);
-2)-esercizio della pesca quale esclusiva o prevalente
attivita' lavorativa (v. Parte A, paragrafo A.1).
(Tale criterio gia' formulato nei primi due commi dell'art.1
della legge n.250/58, e' ulteriormente ribadito nel comma 3
dello stesso articolo con la formulazione "..che esercitano
la pesca quale loro attivita' professionale", specificando
pertanto una connotazione soggettiva da valere sia per le
persone associate in cooperativa o compagnia di pesca, sia
nei confronti del singolo lavoratore autonomo);
-3)-l'uso, per l'esercizio della pesca marittima, di un
natante non superiore alle 10 tonnellate di stazza lorda,
qualunque sia la potenza del relativo apparato motore,
espressione che sta a significare "...anche se muniti di
apparato motore superiore ai 25 cavalli asse o 30 cavalli
indicati" (v. art.3 del DM 6.7.1974 in G.U. del 20.7.1974,
n.190, in A.U. 1974 p.1541 e ss.; art.6, lettera "d", della
legge 26.7.1984, n.413, in A.U. 1984 p.2548 e ss.; circolare
n.56 del 22.3.1988).
Per l'identificazione delle persone associate, l'art.2
della legge n.250/58 fa obbligo alla cooperativa o compa-
gnia di presentare gli elenchi dei propri soci addetti alla
pesca marittima all'Autorita' marittima, cosi' come ai
pescatori autonomi marittimi fa obbligo di presentare le
domande di iscrizione negli appositi elenchi alla stessa
Autorita' marittima.
L'art.4 della legge n.250/58, integra tale obbligo, nei
confronti dei pescatori autonomi, in caso di inerzia di
costoro, assegnando alla Commissione compartimentale, sotto
la lettera b) dello stesso art.4, il compito di "accertare
d'ufficio i pescatori autonomi soggetti all'obbligo della
presente legge", cioe' della legge n.250/58.
Tale espressa disposizione sottolinea l'obbligo
dell'iscrizione al regime previdenziale ed assistenziale di
cui alla citata legge n.250/58, a tutela dei lavoratori che
operano nel settore della pesca, nei cui confronti ricorrano
in concreto i requisiti indicati sotto i precedenti punti
1), 2) e 3).
Detto obbligo, ovviamente, ricorre dal momento in cui
detti requisiti si sono realizzati nel tempo, onde l'ac-
certamento della Commissione compartimentale, ancorche'
presupposto per l'ammissione al regime della legge n.250/58,
al fine di impedire iscrizioni incompatibili con il regime
stesso, mantiene, proprio perche' tale, la connotazione di
un accertamento ricognitivo di una situazione esistente, che
si puo' cosi' sintetizzare:
-pescatori marittimi associati in cooperativa o compa-
gnia, ovvero autonomi;
-esercizio della pesca, nell'osservanza delle disposi-
zioni che la regolano, quale attivita' professionale,
esclusiva o prevalente;
-uso di una nave da pesca inferiore alle 10 tonnellate
di stazza lorda, indipendentemente dalla potenza dell'appa-
rato motore, di cui la nave stessa sia eventualmente munita.
In altri termini, la verifica dei requisiti non e'
ininfluente sulla natura dell'accertamento condotto dalla
Commissione.
Tale accertamento, giova ripeterlo, ha natura di atto
propedeutico, per la parte in cui verifica l'esistenza dei
requisiti soggettivi ed oggettivi, riferiti al marittimo
associato o autonomo, ma, nel contempo, proprio perche'
trattasi di un accertamento teso a riconoscere una tutela
previdenziale obbligatoria retta da norme pubblicistiche,
non puo' far decorrere i suoi effetti esclusivamente a far
tempo dalla data sotto la quale e' intervenuta la decisione
della Commissione, bensi', in caso affermativo, dalla data
in cui tali requisiti si sono congiuntamente attuati in
concreto a favore del lavoratore, sia esso socio di coope-
rativa o compagnia che autonomo.
Pertanto, l'accertamento in discorso, come sopra
precisato, non puo' che avere effetto retroattivo essendo
ricognitivo di una situazione di fatto pregressa, onde la
decorrenza deve essere riferita alla data in cui tale
situazione ha iniziato ad esistere.
In proposito, si sottolinea che l'attivita' di pesca
marittima si caratterizza per una serie di obblighi posti a
carico del marittimo che intenda operare nel settore della
pesca marittima professionale, come e' agevole verificare
nella successiva PARTE-C.
B.4)-Competenza delle SAP per l'accertamento dei requisiti
delle Cooperative.
Per quanto attiene l'argomento in rubrica, e' opportuno
riferirsi alla circolare applicativa n.413 C. e V.-347 G.S.
del 31.3.1959, paragrafo 4, lettera "D", che a sua volta
richiama la circolare n.5, prot.n.35/4842/A/G-b-28 del
22.1.1959 del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale.
Dette circolari, in particolare quella ministeriale, qui di
seguito citata in alcune sue parti, chiariscono che le
Commissioni non hanno "...il compito di accertare se ricor-
rano o meno le...condizioni...necessarie per poter ricono-
scere l'esistenza di un rapporto di lavoro dipendente e
retribuito fra tali pescatori e le cooperative e compagnie
alle quali sono associati", onde "...l'approvazione degli
elenchi dei pescatori trasmessi dagli organismi cooperativi
della piccola pesca non comporta alcun giudizio da parte.."
delle Commissioni stesse "..circa l'esistenza di un rapporto
di lavoro subordinato e retribuito fra i pescatori predetti
e le compagnie e cooperative" (v. nota).
La circolare dell'Istituto puntualizza ulteriormente
tale criterio: "....le Commissioni..hanno soltanto il
compito di stabilire se i pescatori inclusi negli elenchi
trasmessi dalle Cooperative o Compagnie e i pescatori
autonomi posseggano i requisiti professionali prescritti
dall'art.1 per l'appartenenza al settore della piccola
pesca" e, pertanto, "..Dalla pronuncia delle Commissioni sul
possesso per i lavoratori di Cooperative e Compagnie dei
citati requisiti professionali non puo' di conseguenza
derivare in nessun caso ne' un giudizio sulla esistenza del
rapporto di lavoro fra i pescatori e gli organismi che li
denunciano come soci, ne' tanto meno sull'esistenza dei noti
requisiti necessari perche' gli organismi stessi possano
applicare le norme sulla Cassa unica per gli assegni fami-
liari".
Cio' premesso, la circolare dell'Istituto conclude:
"..Il suddetto giudizio rimane.. di competenza delle SEDI e
l'esito favorevole degli accertamenti sulla ricorrenza delle
condizioni prescritte costituisce tuttora presupposto indi-
spensabile per l'ammissione dei soci di Cooperative e
Compagnie della piccola pesca all'applicazione delle norme
sugli assegni familiari e le assicurazioni obbligatorie".
Si richiamano, altresi', gli ulteriori criteri
sull'assicurabilita' dei soci delle cooperative della
piccola pesca fissati dal Consiglio di Amministrazione
dell'Istituto con deliberazione n.252 del 18.11.1982, di cui
alla circolare n.609 RCV-136/2209 PMT-N.144 GS del 3.2.1983.
PARTE-C
CENNI SULLA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI PESCA MARITTIMA
PREMESSA
Prima di esaminare la legislazione sulla pesca marit-
tima, si ritiene opportuno richiamare, qui di seguito,
alcuni articoli del Codice della Navigazione, utili per una
migliore comprensione della legislazione stessa, che in
alcune disposizioni si discosta dalla normativa generale,
formulando criteri propri della disciplina della pesca
marittima.
-L'art.219 C.N., sotto la rubrica "Pesca marittima",
recita: "E' considerata pesca marittima, oltre quella che si
esercita nel mare, la pesca nell'ambito del demanio marit-
timo".
-L'art.2 C.N. determina il "Mare territoriale", su cui
lo Stato esercita la propria sovranita', quale bene comune,
ancorche', per taluni fini, ne faccia oggetto di disciplina
assimilabile a quella di un bene demaniale, come nel caso
del permesso di pesca (ora "licenza di pesca").
-L'art.28 C.N. determina, come segue, le acque appar-
tenenti al demanio marittimo (v. paragrafo C.2):
a)-i porti, le rade;
b)-le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i
bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una
parte dell'anno comunicano liberamente col mare;
c)-i canali utilizzabili ad un pubblico servizio.
-L'art.220 C.N., sulle "Categorie della pesca", recita:
"La pesca si distingue, secondo i criteri stabiliti dal
regolamento, in pesca costiera, pesca mediterranea, pesca
oltre gli stretti."
-L'art.408 del Regolamento per l'esecuzione del Codice
della Navigazione (navigazione marittima), in merito alle
predette "Categorie di pesca", cosi' precisa:
"La pesca costiera e' quella che si esercita lungo le
coste continentali ed insulari dello Stato a distanza non
superiore alle venti miglia" (v. paragrafo C.6).
"La pesca mediterranea e' quella che si esercita nel
Mediterraneo entro gli stretti di Gibilterra e dei Darda-
nelli e il canale di Suez."
"La pesca oltre gli stretti e' quella che si esercita
fuori dei limiti di cui al comma precedente."
Le disposizioni del Codice della Navigazione e del suo
Regolamento d'esecuzione non esauriscono, come sopra accen-
nato, la regolamentazione della pesca marittima, che trova
una specifica disciplina nella legge 14.7.1965, n.963 (in
G.U. n.203 del 14.8.1965), nel Regolamento per l'esecuzione
della legge stessa, di cui al DPR 2.10.1968, n.1639 (in
suppl. ord. alla G.U. n.188 del 25.7.1969), nella legge 17
febbraio 1982, n.41, sul "Piano per la razionalizzazione e
lo sviluppo della pesca", e nelle norme di supporto finan-
ziario al settore della pesca marittima, quali la legge 28
agosto 1989, n. 302, sulla "Disciplina del credito pesche-
reccio di esercizio", e la legge 5 febbraio 1992, n.72,
istitutiva del "Fondo di solidarieta' nazionale della
pesca".
Con legge 4.12.1993, n.491 (in G.U. n.285 del 4.12.93)
sono state attribuite al Ministero delle Risorse Agricole,
Alimentari e Forestali, istituito dalla legge stessa, le
funzioni in materia di pesca marittima e di acquacoltura,
gia' di competenza del Ministero della Marina Mercantile.
Con D.Legisl. 4.6.1997, n.143, la cui rubrica recita
"Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in
materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'Am-
ministrazione centrale", e' stato istituito, da ultimo, in
luogo del predetto dicastero, il "Ministero per le politiche
agricole", che, in attesa di ulteriori disposizioni, ha
mantenuto le competenze gia' proprie del soppresso Ministero
delle risorse agricole, alimentari e forestali.
Pertanto, tutti i riferimenti al Ministero della Marina
Mercantile, contenuti nelle disposizioni di legge e rego-
lamentari che disciplinano la pesca marittima professionale
mantengono attualmente la loro efficacia sostanziale nei
confronti del Ministero per le politiche agricole.
C.1)-LEGGE 14.7.1965, n.963
La legge n.963/65 precisa all'art.1 che le disposizioni
in essa contenute riguardano la pesca esercitata nelle acque
rientranti nelle attribuzioni conferite dalle leggi vigenti
"al Ministero della Marina Mercantile e, limitatamente ai
cittadini italiani, nel mare libero".
La medesima disposizione cosi' prosegue: "E' conside-
rata pesca marittima ogni attivita' diretta a catturare
esemplari di specie il cui ambiente abituale o naturale di
vita siano le acque sopraindicate, indipendentemente dai
mezzi adoperati e dal fine perseguito".
L'art.9 della legge n.963/65 istituisce il "Registro
dei pescatori marittimi", presso le Capitanerie di porto,
nel quale debbono iscriversi coloro che intendano esercitare
la pesca marittima.
Il successivo art.10 rafforza tale prescrizione subor-
dinando l'esercizio della pesca marittima a scopo profes-
sionale all'iscrizione degli interessati nel predetto
"Registro dei pescatori marittimi".
Per coloro che intendano esercitare un'impresa di
pesca, l'art.11 della legge in esame istituisce, presso ogni
Capitaneria di porto, un apposito "Registro delle imprese di
pesca".
L'art.12 della legge n.963 prevede il "permesso di
pesca" per ciascuna nave o galleggiante adibito alla pesca,
abilitati alla navigazione ai sensi dell'art.149 del Codice
della navigazione.
L'art.13 sul "Personale marittimo" consente l'iscri-
zione nelle matricole della gente di mare del personale
addetto ai servizi tecnici o complementari di bordo occor-
renti per l'attivita' di pesca, di conservazione o di
trasformazione del pescato, in deroga alle disposizioni di
legge in materia, rinviando alla norma regolamentare.
Le disposizioni sopra richiamate, riguardano la pesca
professionale, esercitata individualmente o in forma di
impresa.
L'art.17 accenna alla "Disciplina della pesca sportiva"
e l'art.18 alla "Pesca subacquea".
L'art.19 indica gli "Organi preposti alla disciplina
della pesca ed alla vigilanza"; l'art.20 e' dedicato agli
"Organi di polizia"; gli artt. 21, 22, 23 contengono ulte-
riori disposizioni in materia di vigilanza sulla pesca.
Seguono, per finire, norme in materia di contravvenzioni e
delitti.
C.2)-DPR 2.10.1968, n.1639.
Alla legge sulla pesca marittima, sopra riportata per
sommi capi, ha fatto seguito il "Regolamento per l'esecu-
zione della legge 14 luglio 1965, n.963, concernente la
disciplina della pesca marittima", approvato con DPR
2.10.1968, n.1639 (in suppl. ord. G.U. n.188 del 25 luglio
1969).
L'art.1 del "Regolamento" determina la propria sfera di
applicazione con riferimento "..alla pesca esercitata nelle
acque del mare e in quelle del demanio marittimo poste fuori
dalle attribuzioni del Ministero dell'agricoltura e delle
foreste, in materia di pesca".
Per la parte che interessa le acque appartenenti al
demanio marittimo, la norma stessa precisa, al comma 2, che
"nelle zone di mare ove sboccano fiumi e altri corsi d'ac-
qua, naturali o artificiali, ovvero in quelle che comunicano
direttamente con lagune e bacini di acqua salsa o salmastra"
le norme del regolamento in esame "si applicano a partire
dalla congiungente i punti piu' foranei delle foci e degli
altri sbocchi in mare", ovviamente quale criterio di indi-
viduazione delle acque considerate marittime ai fini della
pesca marittima.
Si sottolinea che la predetta norma regolamentare
enuncia un criterio di determinazione del demanio marittimo
che non coincide con quello fornito dall'art.28 C.N., in
quanto esclude dall'esercizio della pesca marittima le acque
del demanio marittimo di cui alle lettere b) e c)
dell'art.28 C.N., nonche' le acque interne ai porti, di cui
alla lettera a) dello stesso art.28 del codice della navi-
gazione.
L'art. 2 indica quali prodotti della pesca "gli
organismi viventi o non, animali o vegetali, eduli e non
eduli (cioe' commestibili e non commestibili), catturati
nelle acque" sopra indicate (comma 1), precisa che per
"cattura si intende ogni forma di raccolta" di tali prodotti
(comma 2), distingue i prodotti stessi "in prodotti freschi,
refrigerati, congelati e trasformati" (comma 3), e specifica
per questi ultimi che "sono prodotti trasformati quelli che,
dopo la raccolta sono sottoposti, a bordo o negli impianti
di pesca, ad un processo di conservazione diverso dalla
congelazione" (comma 4).
Nei successivi articoli , dopo aver fornito disposi-
zioni sugli "attrezzi da pesca" (artt.3-6), il Regolamento
in esame, nell' indicare all'art.7 le "classi di pesca",
recita:
"L'attivita' di pesca si divide in rapporto al fine perse-
guito nelle seguenti classi: pesca professionale, pesca
scientifica, pesca sportiva".
"La pesca professionale e' l'attivita' economica destinata
alla produzione, per lo scambio, degli organismi indicati
nell'art.2, esercitata dai pescatori di cui al Titolo II del
presente regolamento" (artt.32-65).
"La pesca scientifica e' l'attivita' diretta a scopi di
studio, ricerca, sperimentazione, esercitata dai soggetti
indicati nel Capo III del presente titolo" (artt.26-31).
"La pesca sportiva e' l'attivita' esercitata a fine di
diletto, senza scambio del relativo prodotto".
All'art.8 il Regolamento distingue le navi destinate
alla pesca professionale nelle seguenti 6 categorie:
"1)-navi che, per idoneita' alla navigazione, per
dotazione di attrezzi da pesca e di apparati per la conge-
lazione o la trasformazione dei prodotti della pesca, sono
atte alla pesca oltre gli stretti o oceanica;
"2)-navi che, per idoneita' alla navigazione, per
dotazione di attrezzi da pesca e di sistemi per la refrige-
razione o la congelazione dei prodotti della pesca, sono
atte alla pesca mediterranea o d'altura;
"3)-navi che, per idoneita' alla navigazione, per
dotazione di attrezzi da pesca, sono atte alla pesca co-
stiera ravvicinata;
"4)-navi che, per idoneita' alla navigazione, per
dotazione di attrezzi da pesca, sono atte alla pesca co-
stiera locale;
"5)-navi e galleggianti stabilmente destinati a servi-
zio di impianti da pesca;
"6)-navi che, per idoneita' alla navigazione e per
dotazioni di bordo, sono destinate dalle imprese al servizio
di una flottiglia di pesca per l'esercizio delle attivita'
di conservazione o trasferimento o di trasporto dei prodotti
della pesca."
L'art.8, conclude disponendo che "l'assegnazione alla
rispettiva categoria spetta al capo del compartimento
marittimo, all'atto dell'iscrizione nelle matricole delle
navi maggiori o nei registri delle navi minori e dei gal-
leggianti".
L'art.9 del Regolamento in esame prosegue nel precisa-
re, con riferimento alla categoria di appartenenza delle
navi da pesca, i tipi di pesca professionale che le stesse
sono idonee ad esercitare nelle acque marittime, puntualiz-
zando per la pesca costiera l'ulteriore distinzione tra
pesca costiera locale e pesca costiera ravvicinata.
Lo stesso art.9 del regolamento richiama, in base al
tipo di pesca, la categoria di appartenenza della nave da
pesca abilitata ad esercitarlo, in ordine all'elencazione
formulata dall' art.8 sopra citato.
Per utilita' di consultazione, si riporta qui di
seguito il testo integrale dei commi dal 2 al 5 del citato
art.9:
2."La pesca locale si esercita nelle acque marittime
fino ad una distanza di sei miglia dalla costa, con o senza
navi da pesca di quarta categoria, o da terra" (v. paragrafo
C.6).
3."La pesca ravvicinata si esercita nelle acque marit-
time fino ad una distanza di venti miglia dalla costa, con
navi da pesca di categoria non inferiore alla terza" (v.
paragrafo C.6).
4."La pesca d'altura si esercita nelle acque del mare
Mediterraneo, con navi da pesca di categoria non inferiore
alla seconda."
5."La pesca oceanica si esercita oltre gli Stretti, con
navi di prima categoria."
Il successivo art. 10 integra l'elencazione dei tipi di
pesca professionale formulata dall'art.9, indicando quale
quinto tipo di pesca professionale quella esercitata negli
"impianti di pesca": "Pesca professionale e' anche quella
esercitata mediante lo stabilimento di apprestamenti fissi o
mobili, temporanei o permanenti, destinati alla cattura di
specie migratorie, alla pescicoltura e alla molluschicoltura
ed allo sfruttamento di banchi sottomarini".
Gli articoli dall'11 al 25 disciplinano gli organi
consultivi in marteria di pesca: Commissione consultiva
centrale per la pesca marittima e Commissione consultiva
locale per la pesca marittima; gli articoli dal 26 al 31
regolano, per la materia stessa, le attivita' di ricerca
scientifica e tecnologica.
All'esercizio della pesca marittima professionale , il
Regolamento di cui al DPR n.1639/68 dedica l'intero Titolo
II, suddiviso in Capo I, che disciplina la figura del
pescatore professionale, in Capo II, che regola le imprese
di pesca, e in Capo III, che dispone sul permesso di pesca.
Si illustrano, qui di seguito, per ciascuno dei Capi
sopra menzionati, le disposizioni del Regolamento che devono
essere assunte a riferimento sotto il profilo previdenziale:
-Capo I:"Dei pescatori" - Sezione I "Dell'iscrizione nel
registro dei pescatori".
L'art.32, sotto la rubrica "Registro dei pescatori", dispone
che il registro stesso, a cui sono iscritti, ai sensi
dell'art.9 della legge n.963/65, esclusivamente coloro che
esercitano la pesca professionale, e' suddiviso in due
parti:
a)-nella prima parte devono essere iscritti quanti
esercitano la pesca a bordo di navi;
b)-nella seconda parte devono essere iscritti quanti
esercitano la pesca senza imbarco o negli impianti di pesca;
c)-quanti esercitano promiscuamente le due forme di
pesca, di cui alla lettere "a" e "b", sono iscritti nella
prima parte del registro in parola.
L'art.34 stabilisce che l'iscrizione nel registro dei
pescatori deve essere fatta presso la Capitaneria di porto
nella cui circoscrizione e' il domicilio del pescatore e
dispone altresi' che dell'iscrizione stessa debba esserne
fatta annotazione sul titolo matricolare del marittimo da
parte dell'Ufficio nelle cui matricole della gente di mare
il medesimo e' iscritto.
L'art.35 detta i requisiti e condizioni per l'iscrizione nel
registro dei pescatori.
Per quanto concerne l'iscrizione nella parte prima del
registro stesso e' richiesta, in particolare, l'iscrizione
nelle matricole della gente di mare e l'esercizio profes-
sionale della pesca, quale attivita' esclusiva o prevalente.
Per quanto attiene l'iscrizione nella seconda parte del
registro, la norma richiede l'iscrizione almeno nelle
matricole della gente di mare di terza categoria.
A tali condizioni se ne aggiugono altre relative alla
condotta professionale dell'interessato valutata sotto il
profilo penale.
-Capo II: "Delle imprese di pesca".
L'art. 63 dispone che il "Registro delle imprese di pesca",
di cui all'art.11 della legge n.963/65, e' riservato
all'iscrizione delle imprese di pesca che esercitano la
pesca professionale, e che, per cio' stesso, e' suddiviso in
cinque parti, in ragione dei cinque tipi di pesca previsti
dagli artt.9 e 10 del Regolamento in esame: pesca costiera
locale, pesca costiera ravvicinata, pesca mediterranea,
pesca oltre gli stretti (art.9) e pesca esercitata con
apprestamenti per la cattura di specie migratorie, per la
pescicoltura, per la molluschicoltura o per lo sfruttamento
di banchi sottomarini (art.10).
L'art.64 prescrive che l'iscrizione avviene nel registro
delle imprese di pesca tenuto dalla Capitaneria di porto
nella cui circoscrizione ha sede l'impresa.
L'art.66 dispone che l'iscrizione dell'impresa avviene nella
parte del registro corrispondente al tipo di pesca profes-
sionale esercitata ovvero, quando l'impresa eserciti piu' di
un tipo di pesca, l'iscrizione deve essere effettuata anche
nelle relative parti del registro stesso.
Per ottenere l'iscrizione e' necessario che siano forniti
una serie di dati relativi all'impresa, tra cui l'Ufficio di
iscrizione della nave (ovvero l'Ufficio nella cui circos-
crizione e' ubicato l'impianto di pesca), gli elementi di
individuazione della nave, nonche' la categoria di apparte-
nenza della nave da pesca (art.8), le relative caratteri-
stiche tecniche (ovvero quelle dell'impianto di pesca), il
tipo di pesca professionale esercitata, nonche' gli elementi
concernenti eventuali impianti a terra nella disponibilita'
dell'impresa di pesca.
-Capo III: "Del permesso di pesca".
Il permesso di pesca (ora "licenza di pesca": v. paragrafo
C.3), previsto dall'art.12 della legge n.963/65, e' rila-
sciato all'imprenditore di pesca, iscritto nel registro
delle imprese di pesca, di cui all'art.11 della citata legge
n.963.
Il permesso autorizza l'esercizio della pesca secondo i tipi
pesca (art.9) e le categorie di navi da pesca (art.8).
Segue il Titolo III "Della disciplina della pesca", di cui
si richiama il Capo II sull'uso degli attrezzi da pesca,
nonche' il Capo III sulle pesche speciali (pesca del cora-
llo, pesca del novellame, pesca subacquea professionale,
pesca dei crostacei, pesca dei molluschi, pesca del pesce
spada, raccolta di vegetazione marina) e il Capo IV sulla
pesca sportiva.
Nel predetto Capo IV del Titolo III, viene fornita una
dettagliata descrizione della pesca sportiva. Dagli attrezzi
individuali e non individuali consentiti alle limitazioni
nel loro uso, dalle norme di comportamento alle limitazioni
nelle catture e all'uso di mezzi nautici.
Sotto questi ultimi aspetti si ritiene utile richiamare
l'art. 142, sulle "Limitazioni di cattura", e l'art. 143,
sui "Mezzi nautici per l'esercizio della pesca sportiva", il
quale dispone: "Nell'esercizio della pesca sportiva possono
essere utilizzate solo unita' da diporto come definite dalle
leggi 11 febbraio 1971, n.50 e 6 marzo 1976, n.51, e suc-
cessive modificazioni ed integrazioni".
Gli ultimi due Titoli il IV e il V dettano rispettiva-
mente le disposizioni sull'immissione dei rifiuti in mare e
le disposizioni sul personale addetto a compiti di sorve-
glianza e di accertamento in materia di pesca marittima.
C.3)-Legge 17 febbraio 1982, n.41.
La legge 17.2.82, n.41 (in G.U. n.53 del 24.2.82), modifi-
cata ed integrata dalla legge 10.2.92, n.165 (in G.U. n.48
del 27.2.1992), detta i criteri per la formulazione del
piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca
marittima.
L'art.4 della legge n.41/82 attribuisce al Ministero
della Marina Mercantile la facolta' di stabilire il numero
massimo delle licenze di pesca, suddivise a seconda delle
zone di pesca, degli attrezzi utilizzati, delle specie
catturabili, della distanza dalla costa e della potenza
dell'apparato motore installato sulla nave.
Per licenza di pesca si intende un documento, rila-
sciato dal predetto Dicastero (ora dal Ministero per le
politiche agricole), che autorizza la cattura di una o piu'
specie in una o piu' aree da parte di una nave di caratte-
ristiche determinate con uno o piu' attrezzi.
La proprieta' o il possesso di una nave da pesca non
costituisce titolo sufficiente per ottenere la licenza di
pesca.
La licenza di pesca sostituisce i permessi di pesca
rilasciati, ai sensi dell'art. 12 della legge n.963/65,
all'imprenditore iscritto nel registro delle imprese di
pesca di cui all'art.11 della legge stessa.
In materia si segnala il DM 26.7.1995 (in G.U. n.203
del 21.8.1995), con il quale il soppresso Ministero per le
risorse agricole, alimentari e forestali ha dettato la
"Disciplina del rilascio delle licenze di pesca".
L'art.2 del predetto decreto ministeriale dispone che
la licenza di pesca e' rilasciata, ai sensi dell'art.4 della
legge n.41/82, dal Ministero delle Risorse Agricole, Ali-
mentari e Forestali, esclusivamente all' "interessato",
iscritto nel registro delle imprese di pesca (art.11 legge
n.963/65), che abbia ottenuto il nulla osta, per le catego-
rie di pesca di cui agli artt.8 e 9 del DPR n.1639/68 e per
i sistemi di pesca previsti dal medesimo decreto. La licenza
e' valida per un periodo di otto anni ed e' rinnovabile su
richiesta dell'interessato.
L'art.8 prevede, nell'ipotesi in cui la licenza sia
andata smarrita o distrutta ovvero sia diventata illeggibile
od inservibile, il rilascio da parte del Ministero di un
duplicato a richiesta dell'interessato.
L'art.9 precisa che la licenza di pesca rientra tra i
documenti di bordo previsti dal comma 2, lettera "d"
dell'art.169 C.N. e dall'ultimo comma dello stesso art.169.
L'art.13, sul "Rilascio della licenza", precisa che la
licenza e' rilasciata per ogni singola nave e ne indica la
casistica unitamente agli articoli che seguono.
Il D.M. 27.9.95 del Direttore Generale della pesca e
dell'acquacoltura del Ministero delle risorse agricole,
alimentari e forestali (in G.U. n.266 del 14.11.95) integra
il DM del 26.7.1995 per quanto attiene le navi da pesca
adibite agli impianti di acquacoltura in mare.
Il decreto di cui sopra stabilisce all'art.1 che "le
unita', gia' munite della licenza per l'esercizio
dell'attivita' di pesca costiera (ravvicinata - locale),
possono a richiesta dell'interessato, essere autorizzate ad
esercitare l'attivita' di pesca in un impianto di
acquacoltura.
C.4)-Normativa sul fermo temporaneo o biologico delle navi
adibite alla pesca mediterranea e alla pesca costiera.
La normativa sul fermo temporaneo o biologico delle
navi adibite alla pesca mediterranea e alla pesca costiera
e' formulata, anno per anno, ad iniziare dal 1987, con
decreti-legge, spesso reiterati, e, quindi, convertiti in
legge.
Ai decreti-legge e alle leggi di conversione seguono i
decreti ministeriali di applicazione, a suo tempo di compe-
tenza del Ministro della Marina Mercantile, poi del Ministro
delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, e ora del
Ministero per le politiche agricole.
Tali disposizioni prescrivono che durante il periodo di
fermo temporaneo o biologico le navi da pesca interessate
dal fermo stesso non possono essere poste in disarmo da chi
le gestisce, onde i relativi equipaggi al momento del fermo
restano imbarcati, con iscrizione sul ruolo o sul ruolino di
equipaggio, a tutti gli effetti, tra i quali si evidenzia
l'obbligo dell'armatore a corrispondere all'equipaggio il
minimo contrattuale previsto dal contratto collettivo di
lavoro e ad assolvere per l'equipaggio stesso l'obbligo
delle contribuzioni previdenziali ed assistenziali.
A ciascun membro dell'equipaggio, compreso l'armatore o
il proprietario-armatore facente parte dell'equipaggio,
viene erogata dalla competente Autorita' marittima un'appo-
sita indennita' giornaliera, che attualmente e' pari a
40.000 giornaliere per le unita' fino a 25 tonnellate di
stazza lorda e a 30.000 per le altre unita'.
Tale disciplina, introdotta come sopra indicato nel
1987 con DL 21.3.87, n.102, reiterato prima con DD.LL. 200 e
296 e poi con DL n.386/87, convertito in legge 19.11.87,
n.471, completata dai decreti ministeriali di applicazione
del 9.7.87, del 27.7.87, n.331 e del 25.9.87, e' rimasta
sostanzialmente invariata nel corso degli anni, per quanto
interessa il profilo previdenziale, assumendo peraltro una
sempre piu' chiara ed espressa formulazione.
Per quanto concerne l'anno 1995, il fermo temporaneo,
ormai specificato quale fermo biologico, e' stato discipli-
nato dal DL 14.7.95, n.281 (in G.U. n.165 del 17.7.95),
reiterato con DL 18.9.95, n.380 (in G.U.n.218 del 18.9.95),
con DL 18.11.1995, n.485 (in G.U. n.270 del 18.11.95) e con
DL 16.1.96, n.16 (in G.U. n.14 del 18.1.96), convertito
nella legge 28.2.96, n.107, nonche' dal DM 20.7.95 (in G.U.
n.180 del 3.8.95).
Per il 1996, il fermo temporaneo o biologico della
pesca marittima e' stato disposto con DL 8.7.96, n.353 (in
G.U. n.158 dell'8.7.96), reiterato con DL 6.9.96, n.463 (in
G.U. n.210 del 7.9.96) e con Dl 23.10.96, n.552 (in G.U.
n.249 del 23.10.96), convertito in legge 20.12.96, n.642 (in
G.U. n.299 del 21.12.96), le cui modalita' tecniche di
attuazione sono state specificate, nell'ordine, con DM
15.7.96 (in G.U. n.174 del 26.7.96), DM 1.8.96 (in G.U.
n.191 del 16.8.96) e con DM 9.10.96 (in G.U. n.269 del
16.11.96).
Per il 1997, il fermo biologico della pesca e' stato
disposto e disciplinato, nell'ordine, con DL 19.5.1997,
n.130 (in G.U. n.115 del 20.5.97), seguito dal DM 4.6.1997
(in G.U. n.162 del 14.7.97) e dalla legge 16.7.97, n.128 (in
G.U. n.167 del 19.7.97), di conversione del citato DL n.130.
C.5)-Iniziative di pesca turismo.
La legge 10.2.92, n.165 (in G.U. n.48 del 27.2.92), che
ha apportato modifiche ed integrazioni alla legge 17.2.82,
n.41, ha introdotto nella legge stessa l'art.27-bis, che,
sotto la rubrica "Iniziative di pesca-turismo", cosi'
dispone:
"1.Sulle navi da pesca puo' essere autorizzato, nel periodo
1 maggio-30 settembre di ciascun anno, a scopo turistico-
ricreativo, l'imbarco di non pescatori a condizione che:
a) non venga superato il numero di persone che possono
essere imbarcate secondo le prescrizioni dei documenti della
nave e comunque sia determinato dal capo del compartimento
marittimo il rapporto tra il numero dei componenti l'equi-
paggio e quello delle altre persone imbarcabili, che assi-
curi le massime condizioni di sicurezza della navigazione;
b) per ogni persona per la quale viene consentito
l'imbarco esistano mezzi di salvataggio collettivi ed
individuali nella stessa misura di quelli prescritti per
l'equipaggio;
c) ogni persona sia di eta' superiore agli anni quat-
tordici."
"2. L'autorizzazione di cui al comma 1 e' rilasciata, su
domanda, all'armatore dell'unita' da pesca interessata dal
capo del compartimento marittimo, che determina nell'auto-
rizzazione stessa tutte le condizioni e le modalita' neces-
sarie a garantire la sicurezza dell'iniziativa."
La predetta norma ha trovato attuazione con DM
19.6.1992 (pubblicato sulla G.U. n.150 del 27.6.92 ed
entrato in vigore in data 28.6.92).
C.6)-Operativita' delle navi adibite alla pesca marittima.
Con Decreto Ministeriale 16 gennaio 1990 (in G.U. n.18
del 23 gennaio 1990) sono stati determinati, in via speri-
mentale, nuovi limiti delle distanze dalla costa entro le
quali esercitare la pesca costiera locale e la pesca co-
stiera ravvicinata, per il periodo di un anno dall'entrata
in vigore del decreto stesso (24 gennaio 1990).
Per la pesca costiera locale detti limiti sono stati
portati da 6 a 12 miglia. Per la pesca costiera ravvicinata
i limiti sono stati elevati da 20 a 30 miglia, a condizione
che la nave da pesca adibita alla pesca costiera ravvicinata
fosse di stazza lorda pari o superiore alle 30 tonnellate.
Negli anni successivi dal 1991 al 1994, detta disposi-
zione e' stata prorogata, sempre con Decreto Ministeriale,
elevando, nel 1994, il limite della pesca costiera ravvici-
nata fino a 40 miglia dalla costa nazionale.
L'art.2 del DL 30.9.1994, n.561, convertito in legge
30.11.1994, n.655 (v. testo coordinato in G.U. n.280 del
30.11.1994), ha introdotto in via definitiva, per la pesca
costiera ravvicinata, il limite delle 40 miglia.
Pertanto, mentre per l'esercizio della "pesca costiera
ravvicinata" il limite e' stato elevato definitivamente da
20 a 40 miglia dalla costa, per effetto della legge sopra
richiamata, per l'esercizio della "pesca costiera locale",
viceversa, il limite delle 12 miglia dalla costa nazionale
seguita ad essere determinato, periodicamente e in via
sperimentale, con decreto ministeriale.
In proposito, si segnala da ultimo il DM 11.3.97 (in
G.U. n.108 del 12.5.97), che ha prorogato, a tutto il
31.12.1997, l'esercizio della "pesca costiera locale" fino
ad una distanza di 12 miglia dalla costa nazionale.
IL DIRETTORE GENERALE
TRIZZINO
(NOTA) L'espressione "rapporto di lavoro dipendente" conte-
nuta nella circolare ministeriale viene utilizzata non
nell'accezione giuslavoristica, ma nel significato proprio
del lavoro prestato dal socio-lavoratore in forma atipica-
mente subordinata in adempimento del patto sociale.