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Circolare 185 del 10 novembre 2000
Oggetto:
Sentenza 22 ottobre 1999, n. 395, della Corte Costituzionale. Assegno di invalidità. Integrazione al trattamento minimo.
SOMMARIO:
Nell’ipotesi di coniuge autorizzato a vivere separato a seguito dell’ordinanza emanata dal giudice a norma dell’articolo 708 del codice di procedura civile deve essere valutato il solo reddito personale ai fini dell’integrazione al trattamento minimo dell’assegno di invalidità. Riflessi sulle altre prestazioni.
1 – Sentenza n. 395 del 22 ottobre 1999
Con sentenza 22 ottobre 1999, n. 395, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, 1^ Serie Speciale, 27 ottobre 1999, n. 43, la Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 4, della legge 12 giugno 1984, n. 222, in riferimento agli articoli 3 e 38, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui non consentirebbe di integrare al minimo l’assegno ordinario di invalidità, qualora il reddito risulti superiore a tre volte l’importo della pensione sociale se cumulato con quello del coniuge, anche in ipotesi di separazione autorizzata in via provvisoria dal giudice a norma dell’articolo 708 c.p.c.
Il predetto articolo 1, comma 4, della legge n. 222 del 1984, nel disporre che l’integrazione non spetta ai soggetti che posseggono redditi propri assoggettabili all’IRPEF per un importo superiore a due volte l’ammontare annuo della pensione sociale, stabilisce che "per i soggetti coniugati e non separati legalmente, l’integrazione non spetta qualora il reddito, cumulato con quello del coniuge, sia superiore a tre volte l’importo della pensione sociale stessa".
Con effetto dal 1° gennaio 1996 occorre fare riferimento non all’importo della pensione sociale ma a quello dell’assegno sociale anche per i trattamenti aventi decorrenza anteriore al 1° gennaio 1996 (circolare n.53616 AGO/262, punto 1.5, del 3 dicembre 1984 e messaggio n.18883 del 31 luglio 1997 allegato alla circolare n. 266 del 24 dicembre 1997).
La predetta Corte ha osservato che "Secondo il criterio di interpretazione letterale, < separato legalmente > è da intendere il coniuge che si trovi in tale situazione in base ad un titolo legale e non per una mera evenienza di fatto. Quando i coniugi siano autorizzati a vivere separati a seguito dell’ordinanza emanata dal giudice (articolo 708 c.p.c.), il titolo legale di separazione esiste e non solo dà certezza del momento genetico di tale situazione, ma regolamenta (sia pure provvisoriamente) anche i rapporti, in particolare patrimoniali, tra i coniugi che vivono separati. Tale interpretazione dell’espressione < separati legalmente >, come comprensiva della situazione che deriva a seguito dell’ordinanza prevista dall’articolo 708 c.p.c., è l’unica coerente con la finalità della norma previdenziale che considerando, ai fini dell’integrazione al trattamento minimo, il cumulo dei redditi del titolare dell’assegno con quelli del coniuge, presuppone che a determinati e comuni bisogni di vita possa essere data soddisfazione con le risorse del coniuge nel contesto della solidarietà sociale".
Ha osservato, inoltre, la Corte che "E’ ben vero che il provvedimento presidenziale non determina una situazione irreversibile; ma in ogni caso di separazione, sia giudiziale o consensuale, sia a seguito del provvedimento presidenziale emanato in base all’articolo 708 c.p.c., le parti possono di comune accordo far cessare gli effetti della separazione, senza che sia necessario alcun intervento del giudice, con una dichiarazione espressa o un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione (articolo 157 c.c.).Si deve, dunque, ritenere che anche la separazione basata sull’articolo 708 c.p.c rientri nella previsione dell’articolo 1, comma 4, della legge n. 222 del 1984".
Pertanto la Corte ha chiarito che l’espressione "separati legalmente" di cui all’articolo 1, comma 4, della legge n. 222 deve essere intesa come comprensiva della situazione che deriva a seguito dell’ordinanza con la quale, ai sensi dell’articolo 708 c.p.c., il presidente del tribunale detta provvedimenti provvisori sulla domanda di separazione dei coniugi.
2 – Riflessi sul diritto all’integrazione al trattamento minimo dell’assegno di invalidità
In relazione a quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 395, ai fini dell’integrazione al trattamento minimo dell’assegno di invalidità devono essere presi in considerazione soltanto i redditi del pensionato, con esclusione di quelli del coniuge autorizzato a vivere separato a seguito dell’ordinanza emanata dal giudice a norma dell’articolo 708 c.p.c.
Le domande eventualmente pendenti devono essere definite sulla base dei criteri innanzi esposti.
Del pari devono essere definite secondo i predetti criteri eventuali controversie giudiziarie in corso.
Per gli assegni di invalidità in essere, a domanda degli interessati, il diritto all’integrazione dovrà essere determinato tenendo conto dei criteri sopra indicati.
I relativi arretrati devono essere posti in pagamento nei limiti della prescrizione ordinaria semprechè non sia intervenuta sentenza negativa del diritto passata in giudicato ovvero non sia trascorso il termine di decadenza previsto per la proposizione dell’azione giudiziaria.
In caso di sentenza negativa i ratei di integrazione al minimo sono dovuti a partire dal mese successivo a quello di passaggio in giudicato di detta sentenza.
3 – Riflessi sulle altre prestazioni
"Per effetto dell’interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.395 del 1999 relativamente all’espressione <separati legalmente > i criteri delineati al precedente punto 2 debbono ritenersi operanti anche per i trattamenti pensionistici da integrare al minimo a norma dell’articolo 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, come modificato dall’articolo 11, comma 38, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, (circolare n.118 del 20 aprile 1994) e dall’articolo 2, comma 14, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (circolare n. 234 del 25 agosto 1995), per le pensioni sociali (articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n.153, come modificato dall’articolo 3 del decreto legge 2 marzo 1974, n.30, convertito nella legge 16 aprile 1974, n. 114, e circolare n. 60001 Prs del 27 marzo 1974), per gli assegni sociali (articolo 3, commi 6 e 7 della legge 8 agosto 1995, n.335, e circolare n. 303 del 14 dicembre 1995), nonché per la maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici e per gli aumenti della pensione sociale (articoli 1 e 2 della legge 29 dicembre 1988, n. 544 e circolare n. 35 del 15 febbraio 1989)."
Ai fini del riesame di eventuali situazioni pregresse, si ricorda che la decadenza non opera qualora la valutazione del reddito cumulato con quello del coniuge abbia comportato, anziché il diniego del diritto, il riconoscimento di una integrazione parziale o di una prestazione ridotta. Sulla base dei principi enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 6491 del 23 maggio/18 luglio 1996, in tali situazioni, infatti, trattandosi di adempimento soltanto parziale, gli eventuali arretrati sono soggetti alla sola prescrizione ordinaria (v. circolare n. 116, punto 3.2, del 19 giugno 2000).
Per quanto concerne l'assegno al nucleo familiare, si richiamano le disposizioni di cui al punto 2.1) della circolare n.190 del 22 luglio 1992, in virtù delle quali lo stato di separazione dei coniugi risulta comprovato, sia pure in via provvisoria, dal provvedimento di affidamento dei figli minori emesso a norma dell'art.708 c.p.c. e l'effettività della separazione si può ritenere verificata per tutta la durata del procedimento di separazione legale , con la conseguenza che al coniuge affidatario potrà essere rilasciata l'autorizzazione a percepire la prestazione con decorrenza non anteriore a detto provvedimento e con validità annuale, rinnovabile se permane l'affidamento dei minori. Ovviamente, la fattispecie consente anche l'applicazione, per il periodo considerato, delle disposizioni relative all'esclusione del coniuge dal nucleo familiare e l'applicazione delle tabelle relative ai nuclei monoparentali.
IL DIRETTORE GENERALE
TRIZZINO