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Circolare 15 del 6 febbraio 2009
Oggetto:
Articolo 46 del Decreto-Legge 31 dicembre 2007, n. 248 recante “Disposizioni in favore di soggetti inabili”.
SOMMARIO:
Sul Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 29 febbraio 2008 è stata pubblicata la legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del Decreto Legge 31 dicembre 2007, n 248, pubblicato sulla G.U. n. 302 del 31 dicembre 2007.
1. Premessa
Sul Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 29 febbraio 2008 è stata pubblicata la legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del Decreto Legge 31 dicembre 2007, n 248, pubblicato sulla G.U. n. 302 del 31 dicembre 2007.
Il suddetto provvedimento legislativo contiene, tra l’altro, nuove disposizioni in favore di soggetti inabili.
Si tratta, in particolare, dell’articolo 46 che ha introdotto modifiche all’articolo 8 della legge 12 giugno 1984, n. 222.
L’articolo 8, comma 1, della legge 12 giugno 1984, n. 222, nella disposizione previgente alle modifiche in esame, stabilisce che ”1. Ai fini dell'applicazione degli articoli 21 e 22, della legge 21 luglio 1965, n. 903, e successive modificazioni ed integrazioni, dell'articolo 1 della legge 9 agosto 1954, n. 657 e dell'art. 1 della legge 4 agosto 1955, n. 692, e loro successive modificazioni ed integrazioni, si considerano inabili le persone che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa”.
L’articolo 46 del menzionato decreto-legge, n. 248, ha aggiunto dopo il comma 1 dell’articolo 8 della legge n. 222 del 1984, i seguenti commi:
"1-bis. L'attività svolta con finalità terapeutica dai figli riconosciuti inabili, secondo la definizione di cui al comma 1 con orario non superiore alle 25 ore settimanali, presso le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, o presso datori di lavoro che assumono i predetti soggetti con convenzioni di integrazione lavorativa, di cui all'articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n. 68, con contratti di formazione e lavoro, con contratti di apprendistato o con le agevolazioni previste per le assunzioni di disoccupati di lunga durata, non preclude il conseguimento delle prestazioni di cui al citato articolo 22, comma 1, della legge 21 luglio 1965, n. 903.
1-ter. L'importo del trattamento economico corrisposto dai datori di lavoro ai soggetti di cui al comma 1-bis non può essere inferiore al trattamento minimo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti incrementato del 30 per cento.
1-quater. La finalità terapeutica dell'attività svolta ai sensi del comma 1-bis e' accertata dall'ente erogatore della pensione ai superstiti.
Omissis”
Le disposizioni previste dall’articolo 46 del decreto-legge n. 248 modificano radicalmente la disciplina del riconoscimento o del mantenimento del diritto alla pensione ai superstiti nei confronti soggetti inabili, ovvero dell’incompatibilità esistente tra l’inabilità riconosciuta ai figli inabili con il conseguente diritto alla reversibilità della pensione del genitore deceduto, e l’attività lavorativa svolta dai figli inabili presso datori di lavoro, diversi dai laboratori protetti e dalle cooperative sociali, che abbiano stipulato le convenzioni di cui all’articolo 11 della legge n. 68 del 1999.
La nuova normativa, in particolare, definisce le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa che deve, peraltro, avere finalità terapeutica, l’importo del trattamento economico che deve essere corrisposto al soggetto inabile ed amplia i datori di lavoro presso cui la predetta attività può essere svolta da parte dei figli inabili maggiorenni superstiti, al fine del riconoscimento e/o della permanenza del diritto alla pensione ai superstiti.
Con la presente circolare si forniscono i chiarimenti necessari per l’applicazione delle richiamate disposizioni normative.
Sono destinatari della disposizione in oggetto gli inabili aventi diritto alla pensione ai superstiti, i quali svolgono attività lavorativa al compimento del 18° anno di età, ovvero la intraprendono dopo il compimento della maggiore età.
Sulla base della normativa vigente fino al 30 dicembre 2007 lo svolgimento della citata attività lavorativa comportava la perdita del diritto alla pensione ai superstiti.
La disposizioni in esame prevede, invece, che gli interessati mantengano il diritto alla pensione ai superstiti purché siano rispettati i seguenti requisiti (comma 1 bis aggiunto all’articolo 8 della legge n. 222 del 1984):
l’attività lavorativa abbia finalità terapeutica;
l’attività lavorativa sia svolta presso i laboratori protetti, ovvero le cooperative sociali disciplinate dalla legge 8 novembre 1991, n. 381, nonché presso datori di lavoro che abbiano stipulato le convenzioni di cui all’art. 11 della legge n. 68 del 1999, che assumono i predetti soggetti con convenzioni di integrazione lavorativa, di cui all'articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n. 68, con contratti di formazione e lavoro, con contratti di apprendistato o con le agevolazioni previste per le assunzioni di disoccupati di lunga durata;
la durata dell’attività lavorativa non sia superiore alle 25 ore settimanali
Peraltro la disposizione in esame ha aggiunto anche un ulteriore comma 1-ter al citato articolo 8 della legge n. 222 del 1984 nel quale si prevede che l’importo del trattamento economico corrisposto ai soggetti in parola non può essere inferiore all’importo del trattamento minimo maggiorato del 30%.
Si precisa primariamente che tale ultima disposizione ha un contenuto prettamente lavoristico, essendo finalizzata a tutelare il lavoratore inabile garantendogli un trattamento economico non inferiore all’importo indicato senza alcun effetto sotto il profilo previdenziale in trattazione nella presente circolare.
Pertanto, il verificarsi della circostanza da ultimo esaminata non rappresenta una condizione per il conseguimento o la conservazione del diritto alla pensione ai superstiti da parte dell’inabile che sia impegnato o che intraprenda un’attività lavorativa.
2.1 Verifica delle condizioni soggettive
L’articolo 22, 1° comma, della legge 21 luglio 1965, n. 903, dispone, tra l’altro, che nel caso di morte del pensionato o dell’assicurato, sempreché sussistano, al momento della morte, le condizioni di assicurazione e di contribuzione ivi previste, spetta una pensione “ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento della morte”.
In deroga al principio secondo cui le condizioni richieste dalla legge ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione indiretta o di reversibilità debbono sussistere alla data del decesso dell’assicurato o del pensionato, il figlio riconosciuto inabile al lavoro nel periodo compreso tra la data di morte dell’assicurato o del pensionato e quella di compimento del 18° anno di età conserva il diritto alla pensione ai superstiti anche dopo il compimento di tale età. (L. 21.07.1965 n.903 art. 22, 8° comma).
Ai fini della concessione della pensione ai superstiti a favore di soggetti inabili aventi causa da assicurato o pensionato deceduto successivamente al 30 giugno 1984, trova applicazione la definizione di inabilità di cui all’art. 8, comma 1, della legge 12 giugno 1984, n. 222, secondo cui “si considerano inabili le persone che si trovino nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa…”.
2.2 Verifica del requisito del carico
Il 7° comma dell’articolo 22 della citata legge n. 903 dispone altresì che “ai fini del diritto alla pensione ai superstiti, i figli di età superiore ai 18 anni e inabili al lavoro … si considerano a carico dell’assicurato o del pensionato se questi, prima del decesso, provvedeva al loro sostentamento in maniera continuativa”.
Il termine “sostentamento” implica sia la non autosufficienza economica dell’interessato, sia il mantenimento da parte del de cuius.
Ne consegue che ai fini della concessione della pensione ai figli di età superiore ai 18 anni e inabili, è richiesto che, alla data del decesso del dante causa, fossero a suo carico: la condizione del carico deve considerarsi soddisfatta quando in concreto il figlio superstite faccia valere il requisito della non autosufficienza economica e quello del mantenimento abituale da parte del genitore deceduto.
Ai fini della sussistenza del requisito della vivenza a carico, devono ricorrere in concreto due distinte circostanze:
a) uno stato di bisogno del superstite determinato dalla sua condizione di non autosufficienza economica con riferimento alle esigenze medie dello stesso, alle sue fonti di reddito, ai proventi che derivano dell'eventuale concorso al mantenimento da parte di altri familiari;
b) il mantenimento del medesimo da parte del dante causa, quale può desumersi dall'effettivo comportamento di quest'ultimo nei confronti dell'avente diritto.
Le predette circostanze possono essere individuate in base ad una valutazione della situazione del nucleo familiare del lavoratore e/o pensionato deceduto e del superstite.
In tale valutazione assumono particolare rilevanza i seguenti elementi:
a) la convivenza, vale a dire la effettiva comunione di tetto e di mensa. Nei confronti del figlio convivente può di norma prescindersi dall’accertamento della condizione del mantenimento abituale, limitando la verifica alla sola condizione della non autosufficienza economica.
La condizione di non autosufficienza economica nei confronti del figlio maggiorenne inabile, ai fini del diritto alla pensione ai superstiti, per decessi intervenuti entro il entro il 31 ottobre 2000, si ritiene sussistente qualora il superstite al momento del decesso del dante causa, possegga redditi propri di importo non superiore al trattamento minimo maggiorato del trenta per cento (Delibera del Consiglio di Amministrazione, n. 206 del 12 settembre 1980, avente ad oggetto "Accertamento del carico per figli ed equiparati ai fini del riconoscimento del diritto agli assegni familiari").
Per i decessi intervenuti successivamente al 31 ottobre 2000, Il Consiglio di Amministrazione, nella seduta del 31 ottobre 2000, con deliberazione n. 478, ha stabilito di modificare i criteri seguiti dall'Istituto per la valutazione del requisito del carico richiesto per i figli maggiorenni inabili, ai fini del diritto alla liquidazione della pensione ai superstiti, per i decessi intervenuti successivamente alla data di emanazione della delibera stessa.
Sulla base della predetta delibera, per l'accertamento del diritto a pensione ai superstiti, deve essere adottato il criterio stabilito per il riconoscimento del diritto a pensione nei confronti degli invalidi civili totali, per i quali il limite di reddito è quello stabilito dall'articolo 14-septies della legge 29 febbraio 1980, n. 33, annualmente rivalutato. Per l’anno 2008 tale limite è pari a € 14.466,57 e cioè ad € 1.205,457 mensili. (circolare n. 198 del 29 novembre 2000).
Per i figli inabili che si trovino nelle condizioni previste dall'articolo 5 della legge n. 222/1984 e che, quindi, si trovino nella impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o che, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognino di un'assistenza continua, il predetto limite deve essere aumentato dell'importo dell'indennità di accompagnamento (€ 465,09 mensili per l’anno 2008).
b) la non convivenza
Nei confronti del figlio maggiorenne inabile non convivente deve essere verificata sia la condizione della non autosufficienza economica sia quella del mantenimento abituale. A tal fine necessita accertare, anche mediante un esame comparativo dei redditi del dante causa e del superstite, se il primo concorreva effettivamente, in maniera rilevante e continuativa, al mantenimento del figlio non convivente (Norme Coordinate, Atti Ufficiali, Supplemento al mese di luglio 1992, punto 6.3.3.4).
Alla stregua di quanto previsto ai fini dell'accertamento reddituale nei confronti degli invalidi civili, devono essere presi in considerazione i soli redditi assoggettati all’IRPEF, con esclusione dei redditi esenti (pensioni di guerra, provvidenze economiche in favore di minorati civili) o comunque non computabili agli effetti dell'IRPEF (rendite INAIL), secondo quanto stabilito dall’ articolo 14-septies della legge 29 febbraio 1980, n. 33.
Ai fini della verifica della non autosufficienza economica concorre l'importo del trattamento economico corrisposto dai datori di lavoro ai soggetti destinatari della disposizione in esame.
Del pari, qualora il figlio inabile, titolare di pensione di reversibilità a seguito del decesso di uno dei genitori, presenti domanda per analoga prestazione a seguito del decesso del genitore superstite, l’importo della pensione di cui è già titolare deve essere considerato, ai fini di una corretta valutazione del requisito di non autosufficienza economica necessario per conseguire l’eventuale diritto ad altra pensione di reversibilità.
Nell’ipotesi di figlio inabile coniugato, il diritto alla pensione in favore del medesimo è subordinato alla circostanza che il figlio inabile, non disponendo il coniuge di mezzi sufficienti al suo mantenimento, risulti a carico del genitore alla data del decesso di quest'ultimo. (v. circolari: n. n. 53548 Prs. del 30 dicembre 1976; circolare n. 53570 A.G.O. del 4 febbraio 1980).
Quindi, in tale ipotesi ai fini della verifica del requisito del carico devono essere anche valutati gli eventuali redditi del coniuge.
3. Verifica delle condizioni oggettive
3.1. Natura del datore di lavoro e durata del contratto
Per definire se l’inabile superstite può conseguire o conservare il diritto alla pensione ai superstiti le Sedi dovranno primariamente verificare se il datore di lavoro:
rientri nella categoria dei laboratori protetti o della cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991;
abbia assunto l’inabile per effetto di una convenzione di integrazione lavorativa di cui all’articolo 11 della legge n. 68 del 1999;
abbia assunto l’inabile con contratto di formazione di lavoro, di apprendistato, ovvero con le agevolazioni previste per le assunzioni di disoccupati di lunga durata.
La verifica che il datore di lavoro rientri tra le cooperative sociali, ovvero i laboratori protetti, nonché il tipo di contratto sottoscritto con il lavoratore inabile (contratto di formazione lavoro, contratto di apprendistato), nonché l’ipotesi che l’inabile sia stato assunto con le agevolazioni previste per le assunzioni di disoccupati di lunga durata dovrà essere effettuata attraverso la consultazione della dichiarazione e-mens riferita al lavoratore.
Nei casi in cui l’inabile sia stato assunto per effetto di una convenzione di cui all’articolo 11 della legge n. 68 del 1999 dovrà essere acquisita copia della citata convenzione.
Dalla stessa denuncia mensile e-mens può altresì essere acquisito il dato in merito all’orario settimanale del lavoratore che come previsto espressamente dalla norma in esame non può eccedere le 25 ore settimanali.
3.2. Adempimenti sanitari. Accertamento della natura terapeutica dell’attività lavorativa
L’attività svolta dal soggetto inabile deve avere una funzione terapeutica e di inclusione sociale. Tali caratteristiche, per espressa previsione normativa, sono accertate dall’Istituto che eroga la prestazione attraverso i suoi Centri medico Legali.
Occorre premettere che per alcune persone affette da gravi disabilità, il concetto di lavoro assume una diversa connotazione rispetto a quello di prestazione d’opera retribuita atta a garantire un’esistenza libera e dignitosa ai sensi dell’art. 38 della Costituzione: per queste persone il lavoro assume invece una valenza terapeutica.
La finalità terapeutica, da parte dei dirigenti medici dell’Istituto, andrà indagata in tutti i casi in cui il soggetto richiedente risulti collocato sia presso le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991 n. 381 sia, tramite la L. 68/99, presso datori di lavoro pubblici o privati che abbiano stipulato le convenzioni di cui all’art. 11 della suddetta legge.
Solitamente, infatti, il collocamento ex L. 68/99 è finalizzato ad una reale “integrazione lavorativa” ed il lavoro svolto, malgrado le ridotte capacità e/o gli adattamenti necessari del posto di lavoro, ha pari dignità e significato di quello di qualsiasi altro lavoratore.
Infatti:
le cooperative sociali di cui sopra includono tra i loro soci lavoratori non solo soggetti con disabilità grave, ma, in generale, persone “svantaggiate” compresi ex detenuti, ex tossicodipendenti, alcolisti ecc.
Assumono rilievo ai nostri fini solo alcuni casi particolari e che possono essere individuati, facendo riferimento ad una attenta lettura dell’art. 17 della L. 194/92, qui citato:
“17.Formazione professionale. 1: Le Regioni….realizzano l’inserimento della persona handicappata negli ordinari corsi di formazione professionale dei centri pubblici e privati e garantiscono agli allievi handicappati che non siano in grado di avvalersi dei metodi di apprendimento ordinari corsi di formazione professionale dei centri pubblici e privati e garantiscono agli allievi handicappati che non siano in grado di avvalersi dei metodi di apprendimento ordinari l'acquisizione di una qualifica anche mediante attività specifiche nell'ambito delle attività del centro di formazione professionale tenendo conto dell'orientamento emerso dai piani educativi individualizzati realizzati durante l'iter scolastico. A tal fine forniscono ai centri i sussidi e le attrezzature necessarie.
I corsi di formazione professionale tengono conto delle diverse capacità ed esigenze della persona handicappata che, di conseguenza,è inserita in classi comuni o corsi specifici o in corsi prelavorativi.
Nei centri di formazione professionale sono istituiti corsi per le persone handicappate non in grado di frequentare i corsi normali. I corsi possono essere realizzati nei centri di riabilitazione,quando vi siano svolti programmi di ergoterapia e programmi finalizzati all’addestramento professionale…”
Al capo 3 di questo articolo è quindi previsto che “I corsi possono essere realizzati nei centri di riabilitazione, quando vi siano svolti programmi di ergoterapia…”. in questi casi, dunque, l’attività lavorativa ha lo scopo, non di procurare un guadagno per il mantenimento di sé stessi e della propria famiglia, ma di sviluppare alcune autonomie della persona, quali:
Sviluppo delle autonomie personali.
Sviluppo delle autonomie motorie.
Sviluppo della comunicazione.
Sviluppo delle competenze socio-adattative
come previsto nei comuni programmi di riabilitazione.
Pertanto in presenza di una richiesta di reversibilità per figlio inabile superstite, fermi restando gli altri requisiti amministrativi o medico-legali, laddove il soggetto risulti collocato sarà necessario acquisire la documentazione comprovante che il collocamento sia avvenuto nell’ambito della realizzazione di un Programma di ergoterapia predisposto dal Centro di Riabilitazione.
Le strutture idonee a rilasciare tale documentazione sono gli stessi Centri di Riabilitazione oppure il Centro per l’Impiego che ha avviato al lavoro la persona con disabilità.
4. Efficacia delle disposizioni
Le disposizioni in esame hanno effetto dal 31 dicembre 2007.
Si applicano, pertanto, per determinare il diritto alla pensione ai superstiti nei confronti dei figli maggiorenni inabili in relazione ai decessi dei genitori intervenuti a decorrere dalla predetta data del 31 dicembre 2007.
Per i decessi intervenuti anteriormente alla predetta data del 31 dicembre 2007 la nuova disciplina si rende applicabile a tutte le pensioni ai superstiti liquidate a favore di figli maggiorenni inabili per rapporti di lavoro avviati dopo il 30 dicembre 2007.
Per i decessi intervenuti prima del 31 dicembre 2007 rimangono, comunque, in vigore le istruzioni impartite con circolare n. 137 del 10 luglio 2001.
Pertanto, il diritto alla pensione ai superstiti permane a favore dei figli riconosciuti inabili dall’Istituto che svolgano attività lavorativa presso i laboratori protetti o le cooperative sociali disciplinate dalla legge 8.11.1991, n. 381, ancorché il rapporto di lavoro abbia durata superiore alle 25 ore settimanali.
Il Direttore generale
Crecco