Home Pensioni Da contributi Indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale Norme Messaggi ME 2007 Messaggio 11869 del 9 maggio 2007
-
Compatibilità con la pensione di vecchiaia, anticipata, destinatari della salvaguardia e assegno sociale
-
Condizioni per l'erogazione
-
Decorrenza e durata dell'indennizzo
-
Destinatari della norma e requisiti per la concessione
-
Incompatibilità
-
Indennizzo e trattamenti di famiglia
-
Indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale
-
Interessi legali e trattenuta sindacale
-
Misura dell'indennizzo
-
Monitoraggio degli oneri finanziari relativi all’indennizzo ed eventuale adeguamento dell’aliquota contributiva aggiuntiva
-
Presentazione ed istruttoria delle domande di indennizzo
-
Proroga degli indennizzi di cui all'art. 1 comma 272 della legge 311/2004
-
Stabilizzazione dell’obbligo del versamento dell’aliquota contributiva aggiuntiva
-
Termine per la presentazione della domanda
-
Utilizzo ai fini pensionisti dei periodi di godimento dell'indennizzo
-
Versamenti volontari ed indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale
- Dettagli
- Visite: 4848
Messaggio 11869 del 9 maggio 2007
Oggetto: Linee guida orientative in tema di chirurgia rifrattiva: approfondimenti scientifici specialistici e metodologici medico-legali nella valutazione della malattia indennizzabile
A seguito di quesiti sul tema posti da Aree territoriali e in occasione della pubblicazione di un’interessante Sentenza del Giudice Contabile1, si è ritenuto utile ritornare sulla materia in oggetto, già affrontata fra gli altri argomenti con Messaggio N. 000030 del 24/06/2003.
Introduttivamente - e per facilitare la comprensione della problematica connessa alla chirurgia con laser ad eccimeri, volta alla correzione di vizi rifrattivi - si propongono alcune puntualizzazioni di carattere clinico-specialistico2.
1Sentenza 171/2207 – Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana
2Bibliografia
1. D. Dausch – R.J. Klein – E. Schroder Laser ad eccimeri in oftalmologia. Medical Books, 1992.
2. B. F. Boyd, M.D.. Highlights of ophatalmology. World Atlas Series of Ophtalmic Surgery, Volume I, 1993.
3. R. L.Abbott, D. Hwang. Oftalmologia Clinica del Nord America.Chirurgia refrattiva. Verduci Editore 1998.
4. S.O.I. Chirurgia refrattiva. Principi e tecniche. Fabiano Editore. 2000.
VIZI REFRATTIVI O AMETROPIE
Risulta tradizionalmente più esplicativo assimilare il funzionamento dell’occhio ad una macchina fotografica, in cui la funzione delle lenti viene svolta dalla cornea e dal cristallino e la funzione del diaframma per la regolazione della quantità di luce viene svolta dalla pupilla.
La retina invece si può paragonare ad una pellicola fotosensibile sulla quale viene impressionata l’immagine.
La miopia, l’astigmatismo e l’ipermetropia possono essere definiti come dei difetti di vista (vizi refrattivi o ametropie), causati da uno squilibrio tra il comportamento ottico delle lenti biologiche naturali (dalla curvatura delle superfici della cornea e del cristallino) e la lunghezza focale delle camere oculari.
In tal modo, il soggetto percepirà come sfocate le immagini, in maniera proporzionale all’entità del difetto.
In ottica, è l'unità di misura della potenza di una lente correttiva è uguale al reciproco della distanza focale espressa in metri, di una lente di un sistema ottico
La diottria è l'unità di misura del potere di rifrazione di un sistema ottico ([m-1]) ed è espressione della capacità di un mezzo trasparente di modificare l'andamento della luce.
MIOPIA
La miopia è il difetto visivo più frequente. Si tratta in genere di una condizione dovuta ad un’eccessiva lunghezza dell’occhio, oppure ad una cornea o ad un cristallino troppo curvi; per tali motivi i raggi luminosi che provengono dagli oggetti lontani vengono messi a fuoco davanti alla retina dopodichè cominciano a divergere, formando in tal modo un’immagine sfocata a livello retinico.
Gli oggetti distanti appariranno tanto più indistinti e annebbiati quanto maggiore è l’entità del difetto stesso. Si può parlare di:
miopia lieve quando il difetto non supera le cinque diottrie,
miopia media sino a otto-nove diottrie,
miopia elevata al di sopra di questi valori.
ASTIGMATISMO
E’ una ametropia molto comune dovuta ad una peculiare conformazione topografica della cornea che assume un aspetto ovaloide anziché sferico.
L’immagine retinica dell’occhio astigmatico non si forma in un punto preciso, ma su tanti punti non coincidenti lungo un intervallo di visione sfocata.
Si tratta per lo più di una anomalia congenita, individuabile sin dai primi anni di vita e che tende a modificarsi pochissimo nel corso degli anni (astigmatismo primitivo), oppure secondaria a traumi o ad interventi chirurgici (per cataratta, glaucoma, distacco di retina, trapianto di cornea).
IPERMETROPIA
In questo tipo di ametropia i raggi luminosi paralleli che provengono dall’infinito, tendono a convergere verso un fuoco situato dietro la retina.
Ciò avviene quando l’occhio si viene a trovare in riposo accomodativo, essendo il bulbo più corto della norma e la retina, quindi, più vicina al cosiddetto punto nodale.
In definitiva, si tratta di difetti in cui sostanzialmente si registra una “DEFORMAZIONE DI TUTTO O PARTE DELL'OCCHIO”: è la sofferenza retinica che eventualmente si determina che configura malattia, mentre l’alterazione diottrica è solo un epifenomeno (si tratta di un vizio, difetto, condizione: manca l’acuzie) la cui correzione non impedisce alla vera malattia di progredire.
Sicché, ad es. nella miopia:
la “malattia"si rallenta con farmaci trofici e le eventuali alterazioni retiniche cui si accompagna si curano con interventi chirurgici
- a scopo preventivo di eventuali distacchi di retina (fotocoagulazione, barrage, ecc.);
- per distacco di retina (vitrectomia, piombaggio, ecc.)
la “deformità"si corregge con ausili diottrici emendativi ovvero, più di recente, con interventi elettivi non scevri né di rischi né di controindicazioni.
AUSILI COMPENSATIVI DEL DEFICIT INDOTTO DAI MEZZI VISIVI
1. LENTI DA OCCHIALE: la compensazione di difetti visivi con occhiali si avvale, come noto, di lenti correttive, divergenti per la miopia, convergenti per l’ipermetropia, cilindriche per l’astigmatismo, che poste a circa 13 mm. dalla cornea riportano il fuoco sulla retina.
2. LENTI A CONTATTO: le lenti a contatto hanno avuto un incremento enorme negli anni più recenti, in quanto risolvono molti dei problemi posti dagli occhiali soprattutto nei poteri elevati. Essi non interferiscono sull’aspetto estetico, ampliano il campo visivo, il campo di sguardo, ovvero si muovono con l’occhio, per cui la visione è più naturale che con gli occhiali e aboliscono il fastidio dei riflessi. Hanno alcuni inconvenienti rappresentati dalla manutenzione scrupolosa e controlli periodici per scongiurare il rischio di complicazioni (infezioni, alterazioni della trasparenza corneale) inoltre non tutti riescono a tollerarle per un numero di ore sufficienti nell’arco della giornata, per fattori:
a. estrinseci all’occhio
- professionali,
- lavori in ambienti polverosi e poco igienici,
b. intrinseci all’occhio stesso, come scarsa qualità della lacrimazione,
congiuntiviti allergiche, blefariti.
LA CHIRURGIA REFRATTIVA
L’importanza prioritaria da assegnare alle condizioni di malattia del sistema visivo che talora si associano nei gradi più elevati a vere e proprie alterazioni anatomiche dell’occhio, fa sì che venga seriamente presa in considerazione l’eventualità di un intervento refrattivo, ovviamente sotto un perfetto controllo medico.
Poiché risulta troppo complicato e pericoloso riuscire a modificare chirurgicamente la lunghezza dell’occhio, accorciandola nella miopia e allungandola nell’ipermetropia, l’attenzione si è sempre rivolta a modificare le curvature anatomiche di cornea e cristallino con il bisturi, con il laser, o con l’addizione di inserti all’interno delle strutture oculari.
METODICHE PIU’ DIFFUSE NELLA CHIRURGIA REFRATTIVA
Di seguito è fornita la descrizione delle tecniche più note e le più adottate nell’ambito dei chirurgi oftalomogi, tralasciando le più complesse e le meno usate come ad es. la chirurgia incisionale della cornea, la cheratotomia radiale (RK), è una tecnica usata dal giapponese Sato, già nel 1952 ( tecnica, ormai, definita desueta da tutti i chirurghi eminenti a livello mondiale, praticabile solo in casi particolari).
LA CHIRURGIA LASER CON LASER AD ECCIMERI
Il trattamento laser, in ambito oftalmologico, è una forma di terapia chirurgica e non medica, poiché modifica in modo permanente i tessuti: si tratta di un pennello di luce collimata che possiede una serie di proprietà particolarmente utili nella chirurgia del0occhio.
Una delle caratteristiche più utili della luce laser è la possibilità di concentrare il raggio luminoso, ottenendo così le radiazioni luminose più brillanti finora mai riprodotte.
Inoltre, questa sorgente luminosa può concentrare l’emissione della radiazione in un breve intervallo di tempo, chiamato durata dell’impulso; per esemplificare i motivi per i quali la radiazione laser può essere concentrata in tale maniera, si richiamano:
1. la sua caratteristica di collimazione (tutta la luce laser emerge dalla cavità laser come una colonna luminosa);
2. la sua coerenza (tutti i fotoni che abbandonano la cavità laser hanno la stessa fase) che facilita anche dosare l'impulso stesso.
Altra caratteristica fondamentale della luce laser è la sua monocromaticità, cioè l’essere costituito da una singola lunghezza d’onda (in realtà alcuni laser possono emettere due o tre lunghezze d’onda diverse che però tendono a rimanere distinte).
Nel 1988 Seiler (Berlino) pubblicò il primo rapporto sulla correzione dell’astigmatismo mediante incisioni profonde con laser ad eccimeri.
Nel 1989 Klein a Strasburgo intraprese il primo studio specialistico per dimostrare la potenzialità del laser ad eccimeri nel trattamento della cheratomia radiale. Ulteriori tecniche di trattamento su occhi vedenti venivano introdotte e nuovi successi terapeutici venivano raggiunti.
P.R.K. - FOTOCHERATECTOMIA DI SUPERFICIE CON LASER AD ECCIMERI
Dai primi anni ’90 diversi lasers ad eccimeri progettati per la chirurgia corneale e per la compensazione dei difetti visivi sono stati immessi sul mercato. Si tratta di unità chirurgiche complete per eseguire trattamenti ambulatoriali.
Nell’applicazione pratica la radiazione fredda ed invisibile di ultravioletto provocata dal laser ad eccimeri viene opportunamente indirizzata e guidata sulla superficie corneale attraverso il controllo di un sistema computerizzato. La vaporizzazione istantanea del tessuto corneale da parte del raggio laser consente così di scolpire il profilo della cornea in modo preciso e regolare correggendo il difetto refrattivo.
Nell’esecuzione pratica dell’intervento il paziente riceve solamente qualche goccia di anestetico dopo l’applicazione di un divaricatore delle palpebre (blefarostato), viene quindi disteso sotto il microscopio del laser, dove la cornea del paziente sarà sottoposta alla rimozione dello strato delle cellule più superficiali (epitelio), con l’aiuto di una sorta di spazzolino, una spazzolina e una micro spugnetta. Il paziente viene quindi invitato a fissare una luce di riferimento, mentre un dispositivo computerizzato controlla l’allineamento dell’occhio per la durata della procedura (da 10 a 90 secondi a seconda dell’entità diottrica del difetto). Al termine della procedura l’occhio viene medicato con colliri antibiotici ed antinfiammatori, si può applicare una lente a contatto morbida terapeutica e se richiesto un bendaggio per qualche ora.
Lo specialista dovrà controllare l’occhio del paziente anche quotidianamente fino alla riepitelizzazione avvenuta (al massimo 5 giorni), dovrà inoltre consigliare al paziente di effettuare ulteriori accertamenti dopo 15-30- 60 giorni, 4-8-12 mesi. I motivi di tale sequenza di visite risiedono nel fatto che la guarigione completa del tessuto corneale e con essa la ristabilizzazione del risultato visivo è a volte lenta ed in rari casi si completa soltanto dopo 3-6 mesi.
Con le strumentazioni laser di prima e seconda generazione, un certo grado di regressione (ritorno del difetto di refrazione era previsto ed inevitabile), attualmente con le macchine più recenti di ultima generazione, la percentuale di pazienti che vanno incontro a tale fenomeno è molto ridotta, intorno al 2-3% dei casi.
Si ritiene che la P.R.K. sia la tenica di scelta per la correzione di miopie fino a 7-8 diottrie, ed astigmatismo associati a miopia fino a 3 diottrie (anche se alcuni eminenti chirurghi consigliano tale intervento anche nella correzione di miopie ed astigmatismi più elevati), sempre che le condizioni di spessore e di curvatura corneale non pongano altri limiti.
LASIK O CHERATOMILEUSI IN SITU O FOTOCHERATECTOMIA INTRASTROMALE CON LASER AD ECCIMERI
La LASIK - letteralmente rimodellamento della cornea - è una procedura che combina laser e chirurgia per la correzione della cornea di tutti i difetti visivi.
Concettualmente tale metodica non è nuova essendo stata ideata negli anni ’60 dal Dr. Barraquer, ma con le recenti innovazioni offre risultati decisamente positivi.
Nell’applicazione pratica si effettua un sottile taglio circolare sulla cornea con un apparecchio detto microcheratomo. Creando un lembo che viene sollevato come un coperchio. Successivamente gli strati sottostanti vengono trattati con il laser ad eccimeri, per correggere l’ammontare desiderato del difetto visivo. Il tessuto sollevato viene poi rimesso in sede senza punti.
Nei confronti della P.R.K., la Lasik presenta alcuni vantaggi: comporta minor fastidio per il paziente, il risultato viene apprezzato in modo più rapido e si stabilizza in maniera più veloce e completa.
Purtroppo, i suoi inconvenienti sono legati al costo e alla complessità dell’attrezzatura necessaria e alla delicatezza della fase del taglio primario, che ne fanno un intervento alla portata esclusiva di oculisti esperti di chirurgia corneale. Sono, infatti, sempre in agguato complicazioni che possono pregiudicare gravemente la salute anatomica e funzionale della cornea.
Attualmente, tali problematiche ne fanno una tecnica operatoria sempre più desueta.
SELEZIONE DEL PAZIENTE AI FINI DELL’INTERVENTO DI CORREZIONE DEL VIZIO REFRATTIVO MEDIANTE LASER AD ECCIMERI.
E’ importante ricordare come tali trattamenti abbiano finalità solo rifrattive – cioè emendative del vizio diottrico - non curative del vizio/difetto della struttura dell’occhio come descritto in premessa: quindi, si interviene sull’epifenomeno (vizio di visione) non sull’eziopatogenesi (“malattia di fondo” ).
Ciò equivale a dire che anche se, ad intervento riuscito, il soggetto vede meglio, la deformazione del globo oculare in toto continua ad esserci ed, eventualmente, a progredire potendosi ugualmente verificare - ad es , in caso di miopie elevate - distacchi di retina.
Perciò, nell’affrontare questa chirurgia particolare, debbano esservi condizioni che non pregiudichino in alcun modo la successiva evoluzione post-operatoria.
In tale caso, si dovranno escludere a priori quei soggetti che:
1. sono portatori di
a. alcune anomalie strutturali della cornea
b. cataratta
c. pregresse uveiti
d. tutte quelle condizioni che possono inficiare la guarigione
2. mostrino un centro corneale di spessore inferiore a 450 micron
3. soffrono di patologie
a. corneali potenzialmente progressive (cheratocono),
b. oculari, quali il glaucoma scompensato e retinopatia diabetica
In pratica, una dettagliata anamnesi oftalmologica è obbligatoria.
E’ doveroso infatti spiegare al paziente che questa chirurgia offre un reale vantaggio - e si pone come loro alternativa – sostanzialmente quando per diversi motivi gli occhiali non possono essere usati e le lenti a contatto non siano tollerate.
Sul tema, utilmente si potrà confrontare l’informativa per il consenso che la S.O.I. raccomanda di proporre al paziente prima dell’atto chirurgico (Vedi allegato in Word).
Le motivazioni possono essere, quindi, di diverso genere:
a. funzionali, come ad esempio l’anisometropia;
b. anatomiche, come ad esempio l’impossibilità all’uso degli occhiali per malformazioni del naso o delle orecchie o l’impossibilità all’uso delle lenti a contatto per malformazioni palpebrali o del sistema lacrimale;
c. lavorative, come ad esempio lo sport agonistico o acrobatico ancorché esistano gli occhiali al silicone; il conseguimento del brevetto di pilota; la danza artistica; le alte temperature etc..
Particolare prudenza è raccomandata nel considerare le allegate “situazioni psicologiche particolari” – che, tuttavia, andranno provate e non solo attestate – poiché la letteratura internazionale non riporta a tutt’oggi casi annoverabili come “complesso psico-lesivo da occhiali”.
RISPOSTE AI QUESITI
Quesito A
“In quale patologie oculari tale metodica chirurgica trova indicazione”
Come risulta evidente da quanto su esposto, l’applicazione del laser ad eccimeri trova indicazione nel trattamento delle ametropie miopiche, ipermetropiche ed astigmatiche, con i limiti imposti da quei vizi refrattivi di tenore diottrico eccessivamente elevato (vedi note introduttive)
Quesito B
“Qual è per singola patologia il tempo medio di recupero”
E’ preferibile nel campo della chirurgia con laser ad eccimeri differenziare i tempi di recupero a seconda delle tecniche usate e non dei diversi vizi refrattivi. Infatti nella P.R.K, la fase algica è sensibilmente più lunga e ciò è strettamente connesso alla fase di riepitelizzazione, in media 4 giorni con residui disturbi generici minori (sensazione di corpo estraneo, bruciore, lacrimazione, appannamento) che si possono protrarre anche per qualche settimana.
Nella LASIK, nonostante il maggiore traumatismo chirurgico l’impatto degli eccimeri direttamente sullo stroma corneale, rende meno dolorosa la fase di riabilitazione (mediamente di 3 giorni), limitandosi ad un fastidio sopportato, il più delle volte, senza l’ausilio di analgesici locali o generali.
Tuttavia, come si è detto, è una tecnica sempre meno adottata dagli oftalmologi.
Quesito C
“Quali sono i casi in cui la tecnica riveste carattere di mera chirurgia estetica”
Da quanto detto risulta facile arguire che i trattamenti di chirurgia con laser ad eccimeri mirano a correggere anomalie refrattive con il conseguente deficit visivo che esse comportano, affrancando il paziente non dalla patologia, ma sostanzialmente dal tradizionale ausilio degli occhiali o delle lenti a contatto.
In effetti la qualità visiva post-laser, nella migliore delle ipotesi non è superiore a quella ottenibile con lenti a contatto (specie nel trattamento della miopia) e tale metodica era, infatti, consigliata fino a pochi anni fa, data l’incertezza dei risultati, per risolvere quelle situazioni complesse ove l’intolleranza a tali mezzi si esprimeva con congiuntivopatie croniche.
In seguito, con il progressivo miglioramento dei risultati, i chirurghi più esperti indirizzarono i propri pazienti verso tale scelta consigliandola anche a coloro che praticavano sport a livello agonistico o che avessero delle particolari esigenze lavorative come ad es. spettacolo (per le particolari luci), danzatori, funamboli, elevate temperature, guidatori sulle lunghe distanze.
Attualmente, invece, tutti coloro che si vogliono anche semplicemente svincolare dall’uso degli occhiali si sottopongono a tale intervento.
Escludendo, come abbiamo accennato, alcune gravi malformazioni del volto o forme di anisometropia, le quali debbono peraltro combinarsi con intolleranza all’uso di l.a.c., la chirurgia con laser ad eccimeri “rappresenta quasi sempre un modo di soddisfare un’esigenza di carattere puramente estetico”.
Tale aspetto appare di attualità scottante se pensiamo che i L.E.A. attualmente vigenti – e, in alcune Regioni italiane, riconfermati in successive edizioni – non prevedono l’inclusione di tali trattamenti refrattivi nell’assistenza pubblica ai fini della gratuità del trattamento, inserendo quelle esimenti che già questa struttura centrale ebbe modo di indicare a riferimento nel Messaggio n. 000030 del 24/06/2003 i cui contenuti qui pienamente si riconfermano.
E’ appena il caso di ricordare che l’istituto della malattia c.d. indennizzabile si fonda sulla inesigibilità da parte del datore di lavoro della prestazione pattuita contrattualmente quando si integrino le condizioni prevedute all’art. 2110 del c.d.: come si è precedentemente escusso, la chirurgia rifrattiva non emenda la malattia di fondo ma si pone nella più parte dei casi come “sostitutiva” di un ausilio diottrico.
Questa libera scelta del lavoratore non è affatto censurabile sotto il profilo del lecito arbitro personale sull’opzione sanitaria che più reputa soddisfacente rispetto alle proprie aspettative di salute genericamente intesa.
Tuttavia, tale privata decisione non può altresì gravare sulla prestazione previdenziale che coinvolge la generalità dei lavoratori afferenti alla attinente gestione mediante solidaristica contribuzione.
Ancor più, se si pensa come medesima decisione non possa gravare neppure sulla gestione assistenzialistica sanitaria dello Stato/Regioni.
Dunque, i pochi giorni di incapacità al lavoro determinati dal sottoporsi a chirurgia rifrattiva, qualora non necessitati dalle indicazioni precedentemente fornite, non possono essere computati ai fini dell’erogazione di indennità di malattia: di talché l’assenza dal lavoro potrà giovarsi sotto il profilo della laicità di altri strumenti contrattuali (ad es. ferie).
Nel caso in cui, invece, ci sia un fatto di vera rilevanza clinica alla base della scelta operatoria ovvero si verifichino complicanze o eventi che delineano una maggior torpidità al recupero anche visivo, la sospensione lavorativa potrà essere valutata sotto il profilo medico legale ai fini previdenziali.
Quesito D
“Quali complicazioni possono intervenire”
Nella P.R.K l’insorgenza di complicanze oggidì è dovuta essenzialmente all’erronea selezione del soggetto (scarso rispetto dei nomogrammi in uso) e, talvolta, a cause ancora scarsamente note.
Per tali motivi, si può assistere ad un ritardo della riepitelizzazione, nel qual caso gli eventi possono precipitare drammaticamente in una cheratite infettiva ed, infine, in una colliquazione corneale.
Altra complicanza, è l’haze, ossia un’alterazione dello stroma superficiale della cornea che in alcuni soggetti assume le caratteristiche di un vero e proprio sconvolgimento della stessa, arrivando a creare un opacità tissutale di tale entità, da ridurre fortemente il visus.
Si fa notare, comunque, come tali evenienze siano sempre meno frequenti con gli apparecchi laser di nuova generazione.
Nella L.A.S.I.K., come già sopra descritto, la complessità dell’intervento comporta una notevole abilità dell’operatore, affidando alla sua perizia e diligenza le buone sorti dell’intervento.
Detto questo bisogna, molto sinteticamente, distinguere le complicanze intra-operatorie e quelle post-operatorie. Le prime sono, o meglio dire erano, dovute essenzialmente ad un cattivo funzionamento dello strumentario e potevano esitare in eventi disastrosi come la rottura del lembo corneale o la perforazione.
Attualmente, con i nuovi microcheratotomi, tali fatti sono rarissimi e parrebbero ricadere più nella sfera della vera e propria colpa professionale che in quella delle complicanze.
L’aspetto che attualmente preoccupa maggiormente gli oftalmologi sono le complicanze post-operatorie come la S.O.S. (sand of Sahara).
E’ un fenomeno recentemente osservato da coloro che praticano la L.A.S.I.K. e consiste in una cheratite intralamellare non specifica, dovuta con tutta probabilità al rilascio di enzimi proteolitici prodotti da polimorfonucleati.
A tutt’oggi, non è chiara la patogenesi di tale reazione.
Le statistiche più aggiornate riportano un ‘incidenza in media di 0,01 %, ma Maloney riferisce che nel 2% dei suoi pazienti ha trovato forme sub-cliniche che si sono risolte con terapia cortisonica.
Quesito E
“Se e in quale misura queste ultime sono definitive”
Per la grande maggioranza dei casi un trattamento cortisonico prolungato risulta sufficiente ad eliminare definitivamente i maggiori inconvenienti, come le opacità reattive sub-epiteliali di scarsa densità (haze).
Raramente, si verificano dei gravi sconvolgimenti del tessuto corneale che si possano risolvere solo con interventi radicali quale il trapianto corneale, soluzione estrema per coloro che speravano in un intervento di semplice esecuzione, atto all’eliminazione di un banale vizio refrattivo, peraltro spesso comunque risolvibile con occhiali.
E’ intuibile come tale accadimento risulti quanto mai scabroso per l’oculista, ponendolo spesso di fronte ad importanti ed ovvie responsabilità giuridiche.
Quesito F
“Se esistono concause di lesione ovvero di menomazione attribuibili allo status bio-organico coesistente del soggetto”
A tale quesito si può rispondere che, senz’altro, vi sono delle concause di lesione attribuibili allo status bio-organico del soggetto, le quali dipendono da condizioni patologiche generali e/o locali.
Ad esempio, si è potuto osservare come i soggetti affetti da diabete con manifeste complicanze d’organo, o collagenopatie e malattie autoimmuni in genere, soffrano di una condizione particolarmente sensibile a reazioni avverse al trattamento con eccimeri, divenendo una categoria a cui sconsigliare il trattamento. .
Ma anche situazioni parafisiologiche, come la gravidanza, o l’assunzione di contraccetivi orali possono favorire un’anomala risposta a tali trattamenti.
La motivazione è ancora allo studio anche se si suppone un ‘influenza sul collageno di neosintesi che si viene ad apporre dopo l’impatto del laser.
Le condizioni patologiche locali che possono rappresentare concause di lesione sono la retinopatia diabetica, gli stati flogistici oculari cronici come le infezioni erpetiche, le uveiti, il glaucoma scompensato e, in genere, tutte le affezioni congenite ed acquisite che tendano a compromettere la solidità della struttura corneale.
Quesito G
“Quant’altro lo specialista voglia ulteriormente segnalare”
Anche se oggetto di attuali dibattiti tra gli oftalmologi, appare evidente che l’uso del laser ad eccimeri si va affermando non solo come “magico raggio togli occhiali”, come era definito dal pubblico e dai mass media all’epoca del suo avvento, ma anche come vero e proprio ausilio terapeutico mediante la tecnica detta P.T.K, abbreviazione di fotocheratectomia terapeutica..
Questo nuovo approccio terapeutico sfrutta le virtù degli eccimeri per rimuovere tessuto corneale irregolare senza arrecare danno alle strutture adiacenti.
Per tale ragione si sta usando in alcune patologie corneali compresi alcuni trattamenti non “pienamente riusciti” con la metodica refrattiva.
Prof. Massimo Piccioni
Prof.ssa Lia De Zorzi
Dott. Raffaele Migliorini