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Circolare 130 del 14 Luglio 2003
OGGETTO:
Requisito della ripresa dell’attività produttiva al termine del periodo di integrazione salariale. Criterio di valutazione.
SOMMARIO:
Valutazione delle condizioni per la ripresa di attività produttiva da parte di aziende richiedenti l’integrazione salariale. Prevedibilità della stessa.Giudizio prognostico. Congrua motivazione per il provvedimento di diniego.
Di recente il Comitato Amministratore della Gestione Prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti ha riconsiderato la problematica della valutazione delle condizioni da cui deve risultare prevedibile la ripresa della attività produttiva al termine del richiesto periodo di integrazione salariale ordinaria, alla stregua dei principi da ultimi enunciati dal Consiglio di Stato in un parere reso a seguito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da un imprenditore.
Il predetto Organo consultivo ha recepito principi costantemente affermati in un lontano passato da una copiosa giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui la previsione che “risulti certa la riammissione entro breve periodo degli operai stessi nell’attività produttiva dell’impresa” – stabilita dall’art.5 p. 1) del DLCPS 12.8.47 n.869 ed implicitamente confermata dall’art.1 p. 1) della legge 20.5.75, n.164, mediante il riferimento alla temporaneità ed alla transitorietà della causa integrabile – va intesa nel senso che le situazioni aziendali, addotte a giustificazione delle domande di ammissione al trattamento ordinario di integrazione salariale, devono basarsi su elementi oggettivi attendibili che consentono di prevedere essere probabile che l’impresa continui ad operare sul mercato.
Per l’ammissione al trattamento integrativo dell’impresa istante si esige che sia compiuto un favorevole giudizio prognostico sulla capacità dell’impresa di continuare l’attività al termine della contrazione di lavoro, fondato su elementi di valutazione forniti principalmente dall’istante ed eventualmente, acquisiti dalla Commissione Provinciale, ove ravvisi la necessità di compiere indagini istruttorie.
Tale giudizio è il risultato di un apprezzamento sia delle particolari negative congiunture riguardanti le singole imprese, che del contesto economico-produttivo in cui le medesime si trovano ad operare, entrambi riferiti all’epoca in cui ha avuto inizio la contrazione dell’attività lavorativa, non rilevando le circostanze sopravvenute al termine del periodo per il quale è stata chiesta l’integrazione salariale e che hanno impedito la continuazione dell’attività dell’impresa se non quale conferma di una congiuntura aziendale preesistente alla richiesta dell’intervento previdenziale.
Il Consiglio di Stato ha pure riaffermato l’imprescindibile necessità che il provvedimento di diniego delle prestazioni contenga una congrua motivazione, che menzioni gli elementi di fatto presi in considerazione e le ragioni del convincimento in ordine all’improbabile ripresa della attività.
Il Comitato ha, quindi, confermato in linea di principio i criteri illustrati sull’argomento nella circ. n. 6645 del 18.10.84, ribadendo, peraltro, che in caso di reiezione della domanda per l’imprevedibilità della ripresa dell’attività, la motivazione non si limiti ad esporre genericamente fatti obiettivamente non riscontrabili, e quindi aleatori, ma argomenti approfonditamente sulla sussistenza di elementi che evidenziano l’inattendibilità della previsione di una ripresa.
Risulta, quindi, essenziale, che nell’istruttoria delle domande di integrazione salariale venga invitata l’impresa istante a fornire, nel suo interesse, la documentazione utile a formulare un giudizio previsionale di ripresa di attività.
In attesa della revisione al fine sopra indicato della procedura automatizzata, si interessano le Sedi a sostituire la motivazione di reiezione per “mancata ripresa dell’attività”, con “imprevedibilità della ripresa dell’attività risultante da . . . . . (specificare i motivi)”.
IL DIRETTORE GENERALE F.F.
PRAUSCELLO