-
Compatibilità con la pensione di vecchiaia, anticipata, destinatari della salvaguardia e assegno sociale
-
Condizioni per l'erogazione
-
Decorrenza e durata dell'indennizzo
-
Destinatari della norma e requisiti per la concessione
-
Incompatibilità
-
Indennizzo e trattamenti di famiglia
-
Indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale
-
Interessi legali e trattenuta sindacale
-
Misura dell'indennizzo
-
Monitoraggio degli oneri finanziari relativi all’indennizzo ed eventuale adeguamento dell’aliquota contributiva aggiuntiva
-
Presentazione ed istruttoria delle domande di indennizzo
-
Proroga degli indennizzi di cui all'art. 1 comma 272 della legge 311/2004
-
Stabilizzazione dell’obbligo del versamento dell’aliquota contributiva aggiuntiva
-
Termine per la presentazione della domanda
-
Utilizzo ai fini pensionisti dei periodi di godimento dell'indennizzo
-
Versamenti volontari ed indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale
Indennità di maternità/paternità
Facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto ed entro i cinque mesi successivi allo stesso
(circ.148/2019)
L’articolo 1, comma 485, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), ha aggiunto il comma 1.1 all’articolo 16 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
Tale nuovo comma riconosce alle lavoratrici, in alternativa a quanto disposto dal comma 1 del citato articolo 16, la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro. La disposizione è entrata in vigore il 1° gennaio 2019.
Premesso quanto sopra, con la presente circolare si forniscono istruzioni operative in merito alla disposizione di legge in commento.
1. Fruizione del congedo di maternità e paternità esclusivamente dopo il parto per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti del settore privato
Il novellato articolo 16 del D.lgs n. 151/2001 dispone:
- “1. È vietato adibire al lavoro le donne:
- a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;
- b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
- c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;
- d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.
- 1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l'attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.
1.1. In alternativa a quanto disposto dal comma 1, è riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro".
La disposizione in esame, di cui al comma 1.1 dell’articolo 16, comporta la facoltà per le lavoratrici gestanti di fruire di tutti i cinque mesi di congedo di maternità a partire dal giorno successivo al parto.
Tale facoltà è alternativa alla modalità di fruizione del congedo di maternità prevista al comma 1 del medesimo articolo 16 e il suo esercizio comporta, a prescindere dal fatto che il parto avvenga prima, in coincidenza o dopo la data presunta indicata sul certificato telematico di gravidanza, che la lavoratrice madre si astenga dal lavoro per i cinque mesi successivi alla data del parto.
Documentazione sanitaria
Per poter esercitare la facoltà di fruire di tutto il congedo di maternità dopo il parto è necessario che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e, ove presente, il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
Si precisa che la predetta documentazione sanitaria deve essere acquisita dalla lavoratrice nel corso del settimo mese di gravidanza e deve attestare l’assenza di pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro fino alla data presunta del parto ovvero fino all’evento del parto qualora dovesse avvenire in data successiva a quella presunta.
Le certificazioni mediche dovranno, pertanto, attestare esplicitamente l’assenza di pregiudizio alla salute fino alla data presunta del parto ovvero fino all’evento del parto[1] qualora dovesse avvenire in data successiva a quella presunta. Le certificazioni che conterranno il solo riferimento alla data presunta del parto, attestando l’assenza di pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro solo fino a tale data, saranno ritenute idonee a consentire lo svolgimento dell’attività lavorativa fino al giorno antecedente alla data presunta del parto, con conseguente inizio del congedo di maternità dalla data presunta stessa, e per i successivi cinque mesi.
Esempio: gestante che prosegue l’attività lavorativa fino alla data effettiva del parto a fronte di certificazione sanitaria attestante l’assenza di pregiudizio solo fino alla data presunta del parto
Data presunta parto: 26/6/2019
Data effettiva del parto: 30/6/2019
Riferimento temporale nella certificazione sanitaria:26/6/2019
Durata del congedo di maternità: dal 26/6/2019 al 26/11/2019.
Periodo indennizzato: dal 30/6/2019 al 26/11/2019.
I giorni intercorrenti tra la data presunta del parto (26/6/2019) ed il giorno prima del parto (29/6/2019) sono conteggiati nel congedo di maternità[2] ma non possono essere indennizzati in quanto regolarmente retribuiti dal datore di lavoro e coperti sul piano degli obblighi contributivi.
Durante la fruizione della flessibilità di cui all’articolo 20 del citato D.lgs n. 151/2001, è possibile prolungare ulteriormente la propria attività lavorativa utilizzando la facoltà di fruire della maternità dopo il parto, secondo le indicazioni fornite al successivo paragrafo 1.4
Le predette attestazioni devono essere prodotte al proprio datore di lavoro e all’Istituto entro la fine del settimo mese di gestazione (salvo il caso della flessibilità di cui al successivo punto 1.4). Ad ogni modo, tali attestazioni, se prodotte all’INPS oltre tale termine, devono essere state redatte nel corso del settimo mese di gravidanza.
1.2 Parto anticipato rispetto alla data presunta, avvenuto prima dell’inizio dell’ottavo mese di gestazione (c.d. parto “fortemente” prematuro)
In caso di parto avvenuto in data anticipata rispetto a quella presunta e, nello specifico, prima dell’inizio dell’ottavo mese di gestazione, essendo il congedo di maternità già fruito totalmente dopo il parto, trovano applicazione le disposizioni contenute nel comma 1, lettera d), dell’articolo 16 (cfr. la circolare n. 69 del 28/4/2016), peraltro più favorevoli per la lavoratrice, in quanto ricomprendono anche i giorni che intercorrono tra la data effettiva del parto e l’inizio dei due mesi ante partum.
Pertanto l’opzione della lavoratrice, eventualmente già esercitata, di fruire di tutto il congedo di maternità dopo il parto ai sensi del comma 1.1 dell’articolo 16 sarà considerata come non effettuata.
1.3 Rinvio e sospensione del congedo di maternità
Alla luce di quanto disposto nel predetto comma 1.1, circa la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto ed entro i cinque mesi successivi allo stesso, risulta preclusa la possibilità di sospendere e rinviare il congedo di maternità per il ricovero del minore in una struttura pubblica o privata ai sensi dell’articolo 16-bis del D.lgs n. 151/2001, in quanto non consentirebbe di rispettare il limite temporale dei cinque mesi entro cui fruire del congedo di maternità.
1.4 Flessibilità
La lavoratrice gestante che fruisca della flessibilità di cui all’articolo 20 del D.lgs n. 151/2001 (continuando quindi a lavorare nell’ottavo mese di gravidanza) può comunque scegliere, nel corso dell’ottavo mese stesso, di prolungare la propria attività lavorativa avvalendosi della facoltà di fruire del congedo di maternità dopo il parto.
Resta fermo l’obbligo di attestare, entro la fine dell’ottavo mese di gravidanza, l’assenza di pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro fino alla data presunta del parto ovvero fino all’evento del parto qualora dovesse avvenire in data successiva a quella presunta.
Si precisa che la documentazione sanitaria deve essere redatta da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e, ove presente, dal medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro e che, se prodotte all’INPS dopo la fine dell’ottavo mese, devono comunque essere state redatte nel corso dell’ottavo o del settimo mese di gravidanza.
Si ricorda, inoltre, che l’interruzione della flessibilità – volontaria o per fatti sopravvenuti – determina l’inizio del congedo di maternità (cfr. la circolare n. 152/2000), con conseguente impossibilità per la lavoratrice di esercitare l’opzione di fruire del congedo di maternità dopo il parto di cui all’articolo 16, comma 1.1, del D.lgs n. 151/2001.
1.5 Interdizione anticipata e prorogata
L’interdizione dal lavoro, di cui all’articolo 17, comma 2, lettera a), del D.lgs n. 151/2001, per gravi complicanze della gravidanza o persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, è compatibile con la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, purché i motivi alla base della predetta interdizione cessino prima dell’inizio del congedo di maternità ante partum.
Di contro l’interdizione dal lavoro, di cui all’articolo 17, comma 2, lettere b) e c), del medesimo decreto legislativo, per condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino e quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, non risulta compatibile con la facoltà di cui al comma 1.1 del citato articolo 16, in quanto non è possibile riprendere l’attività lavorativa fino alla conclusione dell’interdizione prorogata.
1.6 Prolungamento del diritto alla corresponsione dell’indennità di maternità
Le lavoratrici che all’inizio del periodo di congedo di maternità non prestino attività lavorativa, ma alle quali sia riconosciuto il diritto all’indennità di maternità secondo quanto disposto dall’articolo 24 del D.lgs n. 151/2001, non possono avvalersi della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto.
1.7 Malattia
La facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto è condizionata all’attestazione che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante o del nascituro. Pertanto, l'insorgere di un periodo di malattia prima dell’evento del parto - in analogia con le indicazioni fornite nel punto a) della circolare n. 43/2000 del 7 luglio 2000 del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, in materia di flessibilità – comporta l’impossibilità di avvalersi dell’opzione di cui al comma 1.1 dell’articolo 16 del D.lgs n. 151/2001; ciò in quanto ogni processo morboso in tale periodo comporta un "rischio per la salute della lavoratrice e/o del nascituro", superando di fatto il giudizio medico precedentemente espresso nell’attestazione del medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e, ove presente, del medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Il certificato di malattia eventualmente prodotto non produrrà quindi alcun effetto ai fini della tutela previdenziale della malattia, mentre rimangono confermati gli effetti giuridici e medico-legali dello stesso.
Ne consegue che, dal giorno di insorgenza dell’evento morboso (anche qualora fosse un singolo giorno), la lavoratrice gestante inizia il proprio periodo di congedo di maternità e le giornate di astensione obbligatoria non godute prima si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto.
A titolo esemplificativo si riportano i seguenti casi.
Esempio 1: malattia che interviene prima dell’evento del parto e prima della data presunta del parto durante il quale la gestante lavora in virtù dell’opzione di fruizione dell’astensione dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto
Data parto: 30/6/2019
Data presunta parto: 26/6/2019 (inizio dei due mesi ante partum: 26/4/2019)
Data insorgenza evento malattia: 5/6/2019
Durata del congedo di maternità: dal 5/6/2019 al 9/11/2019
Tale congedo comprende:
- il periodo che va dal 5/6/2019, giorno di insorgenza della malattia (giorno a partire dal quale inizia il periodo di congedo di maternità ante partum), fino al 29/6/2019 (ultimo giorno di congedo ante partum);
- la data del parto + tre mesi post partum (dal 30/6/2019 al 30/9/2019) + i 40 giorni di congedo di maternità ante partum lavorati (dal 26/4/2019, data di inizio del teorico periodo di maternità, al 4/6/2019, ultimo giorno prima dell’insorgenza della malattia).
Esempio 2: malattia che interviene prima dell’evento del parto e dopo la data presunta del parto durante il quale la gestante lavora in virtù dell’opzione di fruizione dell’astensione dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto
Data parto: 30/6/2019
Data presunta parto: 26/6/2019 (inizio dei due mesi ante partum: 26/4/2019)
Data insorgenza evento malattia: 28/6/2019
Durata del congedo di maternità: dal 28/6/2019 al 2/12/2019
Tale congedo comprende:
- il periodo che va dal 28/6/2019, giorno di insorgenza della malattia (giorno a partire dal quale inizia il periodo di congedo di maternità ante partum), fino al 29/6/2019 (ultimo giorno di congedo ante partum);
- la data del parto + tre mesi post partum (dal 30/6/2019 al 30/9/2019) + i 63 giorni di congedo di maternità ante partum lavorati (dal 26/4/2019, data di inizio del teorico periodo di maternità, al 27/6/2019, ultimo giorno prima dell’insorgenza della malattia).
Esempio 3: malattia che interviene prima dell’evento del parto accaduto anticipatamente rispetto alla data presunta e nel periodo ante partum durante il quale la gestante lavora in virtù dell’opzione di fruire dell’astensione dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto
Data parto: 22/6/2019
Data presunta parto: 26/6/2019 (inizio dei due mesi ante partum: 26/4/2019)
Data insorgenza evento malattia: 5/6/2019
Durata del congedo di maternità: dal 5/6/2019 al 5/11/2019
Tale congedo comprende:
- il periodo che va dal 5/6/2019, giorno di insorgenza della malattia (giorno a partire dal quale inizia il periodo di congedo di maternità ante partum), fino al 21/6/2019 (ultimo giorno di congedo ante partum);
- la data del parto + tre mesi post partum (dal 22/6/2019 al 22/9/2019) + i 40 giorni di congedo di maternità ante partum lavorati (dal 26/4/2019, data di inizio del teorico periodo di maternità, al 4/6/2019, ultimo giorno prima dell’insorgenza della malattia) + 4 giorni di ante partum non goduti (dal 23/6/2019, giorno successivo al parto, al 26/6/2019 data presunta del parto).
1.8 Rinuncia alla facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto
La scelta della lavoratrice di avvalersi della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, come già evidenziato, è una opzione alternativa alla tradizionale modalità di fruizione del congedo di maternità ante e post partum. Di conseguenza è possibile rinunciare alla scelta di avvalersi di tale opzione solo prima dell’inizio del periodo di congedo di maternità ante partum (ossia prima dell’inizio dell’ottavo mese di gravidanza).
Qualora, tuttavia, la lavoratrice gestante manifestasse, espressamente o implicitamente (ad esempio, presentando una nuova domanda di maternità), la decisione di non volersi più avvalere della predetta opzione dopo l’inizio del periodo di maternità ante partum, il congedo di maternità indennizzabile sarà computato secondo le consuete modalità di cui al comma 1 del citato articolo 16 (due mesi ante partum e tre mesi post partum). Da ciò deriva che i periodi ante partum lavorati prima della rinuncia saranno comunque computati come periodo di maternità, ma non saranno indennizzati, in quanto la lavoratrice non si è astenuta dall’attività lavorativa. Di conseguenza alla lavoratrice saranno indennizzati solo i periodi di congedo ante partum successivi alla rinuncia e i tre mesi di congedo post partum, mentre per quelli lavorati, antecedenti alla rinuncia, la stessa sarà regolarmente retribuita dal datore di lavoro e coperta sul piano degli obblighi contributivi.
I giorni lavorati durante il periodo ante partum si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto solo nell’ipotesi di cui al precedente paragrafo 1.7, in quanto trattasi di fatto sopravvenuto e non dipendente dalla volontà della gestante.
1.9 Lavoro a tempo parziale (part-time)
Per quanto concerne l’erogazione dell’indennità di maternità nei casi di lavoro a tempo parziale, come da indicazioni fornite con la circolare n. 41 del 13/3/2006, la stessa deve essere riproporzionata in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa.
Con la predetta circolare l’Istituto ha definito le modalità di riproporzionamento dei soli casi di rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale e misto e non anche del part-time di tipo orizzontale, in quanto, in quest’ultima fattispecie, il riproporzionamento è insito nella dinamica del rapporto medesimo, essendo il trattamento economico previdenziale di per sé rapportato all’effettiva entità della retribuzione (già ridotta) percepita. Si precisa, inoltre, che laddove il congedo di maternità non rientri totalmente nella fase lavorativa, ma cada in tutto o in parte durante la pausa contrattuale, l’indennità è erogabile, con il riproporzionamento della retribuzione media giornaliera, per l’intero periodo di maternità, compreso quello rientrante nella pausa lavorativa.
Pertanto, così come nella consueta modalità di fruizione del congedo di maternità di cui all’articolo 16, comma 1, del D.lgs n. 151/2001, anche nei casi di astensione dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto ed entro i cinque mesi successivi allo stesso, l’Istituto eroga l’indennità di maternità anche in presenza di pause lavorative.
Ne consegue che la certificazione medica di cui al paragrafo 1.1 della presente circolare può non essere prodotta all’Istituto nel solo caso in cui, fino alla data effettiva del parto, non vi siano giorni o periodi di ripresa lavorativa.
In caso di contemporaneo svolgimento di due o più rapporti di lavoro a tempo parziale, la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto ed entro i cinque mesi successivi allo stesso deve essere opzionata per tutti i rapporti di lavoro subordinato in essere. Ne consegue che le condizioni richieste dalla norma per l’esercizio dell’opzione devono sussistere per tutti i rapporti di lavoro in essere.
Pertanto, se su un rapporto di lavoro a tempo parziale è stata disposta l’interdizione dal lavoro di cui all’articolo 17, comma 2, lettere b) e c), non è possibile avvalersi della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto sugli altri rapporti di lavoro in essere.
1.10 Paternità
In caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, quest’ultimo ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, anche nel caso in cui quest’ultima si sia avvalsa della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto ed entro i cinque mesi successivi allo stesso.
Copertura contributiva del congedo di maternità/paternità e congedo parentale in presenza di adozioni e affidamenti
(msg.6361/2008)
Con circolare n. 16 del 4 febbraio 2008 è stato precisato che la legge finanziaria 2008 ( legge 24/12/2007) ha sostituito gli artt. 26, 31, 36 e abrogato gli artt. 27 e 37 del D.Lgs. 151/2001 riguardanti le disposizioni legislative a tutela e sostegno della maternità/paternità in caso di adozioni e affidamenti.
La riforma riguarda sia le adozioni nazionali che internazionali e prevede la possibilità di fruire, a partire dal 1° gennaio 2008, di un congedo di maternità/paternità della durata di cinque mesi. In particolare, per le adozioni nazionali il congedo deve essere fruito durante i cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia (secondo quanto risulta dall’atto dell’autorità competente) a prescindere dall’età del minore all’atto dell’adozione. Per le adozioni internazionali, invece, ferma restando la durata di cinque mesi, il congedo può essere fruito anche prima dell’ingresso in Italia del minore oltre che successivamente (la data di ingresso del minore in Italia deve risultare dall’autorizzazione rilasciata dalla Commissione per le adozioni).
Si precisa che nei casi in cui nel corso dell’anno 2008 l’assenza dal lavoro sia stata fruita ad altro titolo – sempre nei limiti dei cinque mesi decorrenti dal suddetto ingresso – e sempre che l'assenza possa essere fatta valere a titolo di congedo di maternità, il periodo stesso, a domanda, può essere trasformato a titolo di congedo.
In caso di affidamento, invece, la lavoratrice ovvero il lavoratore ha diritto all’astensione dal lavoro per un periodo complessivo di tre mesi da fruire entro i cinque mesi decorrenti dalla data di affidamento in modo continuativo o frazionato anche se all’atto dell’affidamento il minore abbia superato i sei anni di età. Si ricorda che a decorrere dal 18 dicembre 1977, data di entrata in vigore della legge n. 903/77 (circolare n.542 del 26 novembre 1980) il congedo di maternità/paternità riconosciuto in caso di adozioni nazionali e internazionali e di affidamento è equiparato al congedo di maternità /paternità.
Pertanto, se fruito in costanza di rapporto di lavoro, il relativo accredito figurativo non richiede alcuna anzianità contributiva pregressa. Se, invece, verificato fuori dal rapporto di lavoro la copertura figurativa ai fini pensionistici è stabilita da quanto disposto dall’art. 25 comma 2, del D.Lvo 151/2001 e, quindi, a condizione che, all’atto della domanda, il genitore adottivo o affidatario possa vantare cinque anni di contributi versati in costanza di rapporto di lavoro.
In attuazione delle nuove disposizioni (commi 455 e 456 dell’art. 2 della citata Legge Finanziaria 2008 che ha sostituito l’art. 36 e abrogato l’art. 37 del D.Lvo 151/2001) il congedo parentale ( sei mesi per ogni genitore o dieci, elevabili a undici qualora richiesti da entrambi) può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del bambino e comunque non oltre il compimento della maggiore età, entro gli otto anni dall’ingresso dello stesso minore nel nucleo familiare. Analogamente a quanto stabilito per il congedo di maternità/paternità anche il periodo di congedo parentale - sempre a partire dal 18.12.1977 - è accreditabile figurativamente se richiesto nell’ambito di un rapporto di lavoro e può formare oggetto di riscatto, se collocato temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro, purchè all’atto della domanda i richiedenti possano fare valere 5 anni di contribuzione versati nell’AGO.
Si precisa inoltre che gli eventi in argomento, dichiarati dalle aziende con flusso EMens, vengono accreditati in automatico nell’estratto conto dei lavoratori interessati, completi degli importi da riconoscere a titolo di “differenze accredito”, utili per la determinazione della retribuzione pensionabile. Detti eventi, pertanto, non devono essere acquisiti in ARPA. L’acquisizione deve essere conseguentemente limitata agli eventi temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro ed a quelli riguardanti soggetti ancora non interessati dal flusso EMens, sempre che le relative informazioni non siano già presenti nelle rispettive denunce individuali.
Indennità di maternità/paternità
Lavoratori dipendenti
Conservazione del diritto all’indennità di maternità in caso di licenziamento per colpa grave della lavoratrice dipendente
(circ.69/2016)
Il comma 1 dell’art. 24 T.U. è stato riformulato nel seguente modo:
“1. L'indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall'articolo 54, comma 3, lettere a), b) e c), che si verifichino durante i periodi di congedo di maternità previsti dagli articoli 16 e 17”.
La disposizione in esame non comporta variazioni sulle tutele già in atto.
Infatti la disposizione in argomento integra nel comma 1 dell’art. 24 T.U. maternità/paternità il disposto della sentenza della Corte Costituzionale n. 405 del 2001, in forza del quale è stata prevista la conservazione del trattamento di maternità oltre la cessazione del rapporto di lavoro anche nell’ipotesi prevista dall’art. 54, comma 3, lettera a), del T.U., ossia nel caso di licenziamento per colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro.
In attuazione della citata sentenza n. 405/2001, l’Istituto ha fornito a suo tempo le relative istruzioni (cfr. Circolare n. 8/2003, par. 12).
Indennità di maternità/paternità
Lavoratori dipendenti
Regime fiscale della prestazione
(circ.69/2016)
L’indennità di maternità corrisposta dall’Istituto direttamente alle lavoratrici (lavoratrici iscritte alla gestione separata, operaie agricole, lavoratrici dello spettacolo saltuarie o con contratto a termine o a prestazione, lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari, lavoratrici disoccupate e sospese dal lavoro che non usufruiscono del trattamento cassa integrazione guadagni), sotto il profilo fiscale si configura, ai sensi dell’art. 6, secondo comma del TUIR, quale reddito appartenente alla stessa categoria di quello sostituito o perduto.
Pertanto, se l’indennità di maternità è percepita in sostituzione del reddito di lavoro dipendente o assimilato al lavoro dipendente, viene assoggetta al regime della tassazione ordinaria previsto dagli artt. 23 e 24 del DPR 600/73, con le aliquote previste all’art.11 del Tuir e con il riconoscimento delle detrazioni di cui agli artt. 12 e 13 del Tuir. Se l’indennità di maternità è percepita in sostituzione di un reddito di lavoro autonomo o di un reddito diverso, viene assoggetta alla ritenuta d’acconto prevista dal primo comma dell’art. 25 del DPR n. 600/73.
Costituisce eccezione a quanto sopra esposto, il trattamento fiscale dell’indennità di maternità corrisposta alle imprenditrici agricole ed alle familiari coadiuvanti dell'imprenditore agricolo, per la quale l’Agenzia delle Entrate, in risposta alla consulenza giuridica proposta dall’Istituto il 3 agosto 2011, ha disposto che l'INPS non deve applicare le ritenute a titolo di acconto.
L’Inps, in qualità di sostituto d'imposta, è tenuto ad effettuare il conguaglio fiscale tra le ritenute operate e l’imposta dovuta sul reddito complessivo e in tutti i casi, compresa la suindicata eccezione, a rilasciare la corrispondente certificazione fiscale ai sensi dell’art. 4, commi 6-ter e 6 quater del DPR n. 322/1998.
Indennità di maternità/paternità
Lavoratori dipendenti
Rinvio e sospensione del congedo di maternità in caso di ricovero del neonato o del minore adottato/affidato
(circ.69/2016)
Il nuovo art. 16-bis del T.U. disciplina il rinvio e la sospensione del congedo di maternità prevedendo che “In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino.
Il diritto di cui al comma 1 può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa”.
Con questa nuova norma il legislatore ha previsto che la madre lavoratrice dipendente o iscritta alla gestione separata possa optare per la sospensione del congedo di maternità dopo il parto qualora il neonato sia ricoverato in una struttura pubblica o privata. Si rammenta che con la sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 4 aprile 2011 era stata già prevista la possibilità di sospendere e rinviare il congedo di maternità in caso di ricovero immediato del neonato nato molto prematuro.
L’Istituto, con messaggio Hermes n. 14448 dell’11 luglio 2011, aveva dato le relative istruzioni che sono da considerarsi superate.
In base al nuovo art. 16 bis del T.U. l’ambito di applicazione della sospensione del congedo risulta oggi più esteso: infatti la lavoratrice può optare per tale sospensione a prescindere dal motivo del ricovero del neonato, sempre subordinatamente alla compatibilità delle condizioni di salute con la ripresa del lavoro. La sospensione inoltre è esercitabile anche in caso di ricovero di minore adottato/affidato per effetto della riforma dell’art. 26 T.U.
Le sospensioni del congedo, in base alla riforma, sono esercitabili per i parti o gli ingressi in Italia o in famiglia (in caso di adozioni/affidamenti) verificatisi dal 25 giugno 2015.
La lavoratrice può optare per la sospensione del congedo post partum, una sola volta per ogni figlio, rinviando la fruizione di tutto o di parte del congedo obbligatorio a partire dalla data delle dimissioni del bambino, oppure da data antecedente comunicata dalla lavoratrice.
Al riguardo si evidenzia che la data delle dimissioni del neonato, indicata dall’art. 16 bis in esame, rappresenta il limite temporale oltre il quale non è possibile rinviare la fruizione del periodo di congedo di maternità ancora spettante. Ciò non esclude che la lavoratrice possa fruire del congedo residuo anche prima della data delle dimissioni rimanendo comunque esclusa la possibilità di chiedere una seconda sospensione del congedo per lo stesso figlio.
E’ bene precisare che, in base alla riforma, per data di sospensione del congedo deve intendersi la data a partire dalla quale la lavoratrice riprende l’attività lavorativa; essa presuppone il ricovero del neonato ma non coincide necessariamente con tale data. Il congedo di maternità già fruito è quindi conteggiato ed indennizzato fino al giorno prima la data di sospensione.
La data di ripresa della fruizione del congedo residuo coincide, come detto, con la data delle dimissioni del bambino oppure con la data (precedente alle dimissioni) in cui la lavoratrice riprende a fruire del congedo residuo.
Ai fini della sospensione del congedo di maternità/paternità, la lavoratrice interessata è tenuta a comprovare al datore di lavoro l’avvenuto ricovero del neonato nella struttura pubblica o privata e a produrre l’attestazione medica nella quale si dichiara la compatibilità del proprio stato di salute con la ripresa dell’attività lavorativa.
Si rammenta che durante i periodi di congedo di maternità indicati all’art. 16 del T.U, è fatto divieto al datore di lavoro di adibire la lavoratrice al lavoro, pena l’arresto fino a 6 mesi (art. 18 T.U.); pertanto, in assenza della predetta attestazione preventiva non è consentito l’esercizio della sospensione del congedo e quindi il rientro a lavoro dell’interessata.
Qualora la lavoratrice riprendesse l’attività lavorativa senza acquisire preventivamente l’attestazione medica, si configurerebbe una illecita permanenza al lavoro della lavoratrice stessa con conseguente perdita del diritto al congedo ed alla relativa indennità per un numero di giorni equivalenti alla indebita permanenza al lavoro (art. 22 del d.p.r 1026/1976). In tale caso, infatti, i giorni lavorati tra la data di sospensione e la data dell’attestazione non possono essere computati ed indennizzati nel periodo di congedo residuo il quale di fatto risulterà, complessivamente, di durata inferiore rispetto al periodo residuo teoricamente spettante.
Si rammenta che, nei casi di indebita permanenza al lavoro, eventuali trattamenti indennitari già corrisposti sono recuperati dall’INPS.
La lavoratrice madre comunica al datore di lavoro la data a decorrere dalla quale fruirà del periodo di congedo residuo. Tale data coincide di regola con la data delle dimissioni che, si ribadisce, rappresenta il limite temporale oltre il quale non è possibile far slittare la fruizione del congedo residuo.
Conseguentemente, nel caso in cui la ripresa del congedo avvenga oltre la data di dimissioni, il congedo residuo si conteggia comunque a partire dalla data delle dimissioni con indennizzo dei soli giorni di effettiva astensione dal lavoro.
Si riporta a titolo esemplificativo il seguente esempio.
Esempio 4
Data parto: 28 dicembre 2015
Data fine congedo: 28 marzo 2016 (data parto coincidente con la data presunta)
Data ricovero: 10 gennaio 2016
Data sospensione congedo (cioè data ripresa del lavoro): 12 gennaio 2016
Periodo residuo di congedo: giorni 77 giorni
Data dimissioni: 15 maggio 2016
Fruizione congedo residuo: dal 15 maggio 2016 al 30 luglio 2016
La lavoratrice può decidere di riprendere a fruire del periodo residuo anche prima della data di dimissioni, es. dall’1 maggio 2016. In tale caso, il congedo termina il 16 luglio 2016.
Se la lavoratrice riprendesse il congedo dal giorno successivo alla data delle dimissioni, ossia dal 16 maggio, il giorno delle dimissioni (15 maggio 2016) sarebbe conteggiato ai fini della durata del congedo ma non sarebbe indennizzato a tale titolo. L’indennizzo sarà corrisposto solo per i giorni di effettiva astensione dal lavoro, ossia dal 16 maggio 2016 al 30 luglio 2016, per un totale di 76 giorni anziché di 77 giorni).
______________________________________________________________
Per consentire all’Istituto le verifiche di competenza, la lavoratrice è tenuta a comunicarealla Struttura territoriale INPS, che ha in carico la domanda di maternità, la data di sospensione del congedo di maternità e la data di ripresa del congedo residuo. La comunicazione di sospensione va accompagnata dalla dichiarazione di responsabilità della lavoratrice di aver comprovato al datore di lavoro il ricovero del figlio presso struttura sanitaria pubblica o privata e di avergli consegnato preventivamente l’attestazione medica nella quale si dichiara la compatibilità del proprio stato di salute con la ripresa dell’attività lavorativa. La comunicazione della sospensione all’INPS va effettuata tempestivamente (di regola prima della sospensione) onde evitare il pagamento di indennità di maternità nei giorni di ripresa dell’attività, soprattutto nei casi di pagamento diretto delle indennità da parte dell’Istituto.
L’istanza con la quale la lavoratrice comunica la ripresa del congedo sarà corredata dalla dichiarazione contenente la data delle dimissioni del bambino.
Al momento, le comunicazioni sono effettuate alla Struttura territoriale INPS, competente alla trattazione della domanda di maternità on line, tramite posta elettronica certificata (non email ordinaria) o, in mancanza, in modalità cartacea equivalente. Con tali modalità saranno comunicate anche le sospensioni avvenute dal 25 giugno 2015, eventualmente non ancora comunicate alla Struttura Inps competente.
Si allega alla presente circolare un fac simile di comunicazione (allegato 1).
Per effetto del nuovo comma 6 bis dell’art. 26 T.U., la sospensione del congedo di maternità è attuabile anche in caso di adozione o affidamento di minore; l’opzione è possibile solo per le lavoratrici dipendenti e non invece per le lavoratrice iscritte alla gestione separata alle quali non si applica il citato art. 26 ma l’art. 2 del decreto ministeriale 4 aprile 2002.
Si rammenta che in caso di adozioni o affidamenti preadottivi, sia nazionali sia internazionali, la durata del congedo è pari a 5 mesi; in caso di affidamento non preadottivo il congedo è pari ad un periodo di 3 mesi. Il congedo è in ogni caso fruibile, in modo continuo o frazionato, entro 5 mesi dall’ingresso in famiglia o in Italia del minore (rif. circolare INPS n. 16 del 4 febbraio 2008).
L’esercizio della sospensione in questione comporta quindi che, qualora nei predetti 5 mesi, il bambino adottato o in affidamento venga ricoverato in struttura pubblica o privata, il congedo di maternità residuo possa essere fruito dalla data di dimissioni del bambino (o da data precedente le dimissioni comunicata dalla lavoratrice), anche oltre il predetto termine di 5 mesi (esempio 5).
Gli adempimenti verso il datore e l’Istituto sono analoghi a quelli previsti in caso di ricovero del neonato, tranne l’attestazione medica che, in caso di adozione/affidamento, non va prodotta in quanto finalizzata ad accertare la compatibilità delle condizioni di salute della madre lavoratrice che ha partorito con l’attività lavorativa.
_______________________________________________________________
Esempio 5
Data ingresso in Italia: 30 ottobre 2015
Periodo di congedo spettante a tale data: 4 mesi (si ipotizza che un mese è stato riconosciuto per la permanenza all’estero)
Data ricovero bambino: 3 marzo 2016
Arco temporale teorico per fruire del periodo residuo (5 mesi dall’ingresso in Italia): 30 marzo 2016
Periodo di congedo residuo a tale data: 20 giorni
Data dimissioni: 25 aprile 2016
Fruizione del congedo residuo (20 giorni): dal 25 aprile al 22 maggio 2016 (il congedo residuo quindi è fruibile oltre i teorici 5 mesi dall’ingresso in Italia)
Se la lavoratrice riprendesse a fruire del congedo oltre la data di dimissioni, ad esempio dal 2 maggio anziché dal 25 aprile 2016, il congedo sarebbe computato comunque dal 25 aprile 2016 ma verrebbe indennizzato solo per i giorni di effettiva astensione, ossia dal 2 al 14 maggio 2016, per un totale di 13 giorni anziché di 20 giorni.
_______________________________________________________________
Ad analoghe condizioni previste per la madre, la sospensione del congedo è esercitabile anche in caso di congedo di paternità dal padre lavoratore dipendente o iscritto alla gestione separata (questi ultimi nei soli casi di parto).
Durante il periodo di sospensione del congedo di maternità, non è possibile fruire per lo stesso neonato del congedo parentale che, come noto, spetta dal termine del congedo di maternità. Quindi la lavoratrice che ha optato per la sospensione del congedo può chiedere il congedo parentale per lo stesso figlio solo al termine dell’intero periodo di congedo di maternità (comma 1, lett. a, art. 32 T.U.).
Durante la sospensione del congedo di maternità, entro il limite di un anno di vita del bambino, risultano invece fruibili i riposi per allattamento; sono altresì fruibili permessi e congedi spettanti per altro figlio (es. congedo parentale per altro figlio).
Si precisa che la lavoratrice non può sospendere il congedo di maternità in presenza di un provvedimento di interdizione prorogata dal lavoro per incompatibilità con le mansioni; si rammenta che tali provvedimenti di interdizione possono essere disposti dalla DTL dopo che il datore di lavoro ha valutato la possibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni (art. 7 comma 6 del d.lgs. 151/2001).
In ordine alla liquidazione dell’indennità giornaliera, si precisa che la misura dell’indennità giornaliera, individuata per indennizzare la prima parte del congedo, ai sensi dell’art. 23 T.U., è valevole anche per l’indennizzo del periodo residuo di congedo fruito in un secondo momento.
La sospensione ed il rinvio del congedo di maternità non comportano infatti nuovi periodi di congedo ma impattano solo sulla modalità di fruizione dell’unico periodo.
Rimane fermo che il datore di lavoro dovrà anticipare e portare a conguaglio le somme corrisposte a titolo di indennità di maternità per i periodi di congedo effettivamente fruiti. Sulle modalità del conguaglio si rinvia al par. 7.
Con riferimento alle lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS si rammenta che l’indennità spetta in presenza del requisito contributivo delle 3 mensilità (versate o dovute, secondo le indicazioni di cui alla circolare INPS 42/2016) nei 12 mesi antecedenti all’inizio del congedo. I medesimi 12 mesi sono presi a riferimento per il calcolo dell’indennità giornaliera di maternità.
Pertanto, in caso di sospensione e rinvio del congedo di maternità post partum, il requisito contributivo e la misura dell’indennità accertati per l’indennizzo della prima parte del congedo sono utili anche ai fini dell’indennizzo della seconda parte del congedo.