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Indennità di maternità/paternità
Lavoratori dipendenti
Rinvio e sospensione del congedo di maternità in caso di ricovero del neonato o del minore adottato/affidato
(circ.69/2016)
Il nuovo art. 16-bis del T.U. disciplina il rinvio e la sospensione del congedo di maternità prevedendo che “In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino.
Il diritto di cui al comma 1 può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa”.
Con questa nuova norma il legislatore ha previsto che la madre lavoratrice dipendente o iscritta alla gestione separata possa optare per la sospensione del congedo di maternità dopo il parto qualora il neonato sia ricoverato in una struttura pubblica o privata. Si rammenta che con la sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 4 aprile 2011 era stata già prevista la possibilità di sospendere e rinviare il congedo di maternità in caso di ricovero immediato del neonato nato molto prematuro.
L’Istituto, con messaggio Hermes n. 14448 dell’11 luglio 2011, aveva dato le relative istruzioni che sono da considerarsi superate.
In base al nuovo art. 16 bis del T.U. l’ambito di applicazione della sospensione del congedo risulta oggi più esteso: infatti la lavoratrice può optare per tale sospensione a prescindere dal motivo del ricovero del neonato, sempre subordinatamente alla compatibilità delle condizioni di salute con la ripresa del lavoro. La sospensione inoltre è esercitabile anche in caso di ricovero di minore adottato/affidato per effetto della riforma dell’art. 26 T.U.
Le sospensioni del congedo, in base alla riforma, sono esercitabili per i parti o gli ingressi in Italia o in famiglia (in caso di adozioni/affidamenti) verificatisi dal 25 giugno 2015.
La lavoratrice può optare per la sospensione del congedo post partum, una sola volta per ogni figlio, rinviando la fruizione di tutto o di parte del congedo obbligatorio a partire dalla data delle dimissioni del bambino, oppure da data antecedente comunicata dalla lavoratrice.
Al riguardo si evidenzia che la data delle dimissioni del neonato, indicata dall’art. 16 bis in esame, rappresenta il limite temporale oltre il quale non è possibile rinviare la fruizione del periodo di congedo di maternità ancora spettante. Ciò non esclude che la lavoratrice possa fruire del congedo residuo anche prima della data delle dimissioni rimanendo comunque esclusa la possibilità di chiedere una seconda sospensione del congedo per lo stesso figlio.
E’ bene precisare che, in base alla riforma, per data di sospensione del congedo deve intendersi la data a partire dalla quale la lavoratrice riprende l’attività lavorativa; essa presuppone il ricovero del neonato ma non coincide necessariamente con tale data. Il congedo di maternità già fruito è quindi conteggiato ed indennizzato fino al giorno prima la data di sospensione.
La data di ripresa della fruizione del congedo residuo coincide, come detto, con la data delle dimissioni del bambino oppure con la data (precedente alle dimissioni) in cui la lavoratrice riprende a fruire del congedo residuo.
Ai fini della sospensione del congedo di maternità/paternità, la lavoratrice interessata è tenuta a comprovare al datore di lavoro l’avvenuto ricovero del neonato nella struttura pubblica o privata e a produrre l’attestazione medica nella quale si dichiara la compatibilità del proprio stato di salute con la ripresa dell’attività lavorativa.
Si rammenta che durante i periodi di congedo di maternità indicati all’art. 16 del T.U, è fatto divieto al datore di lavoro di adibire la lavoratrice al lavoro, pena l’arresto fino a 6 mesi (art. 18 T.U.); pertanto, in assenza della predetta attestazione preventiva non è consentito l’esercizio della sospensione del congedo e quindi il rientro a lavoro dell’interessata.
Qualora la lavoratrice riprendesse l’attività lavorativa senza acquisire preventivamente l’attestazione medica, si configurerebbe una illecita permanenza al lavoro della lavoratrice stessa con conseguente perdita del diritto al congedo ed alla relativa indennità per un numero di giorni equivalenti alla indebita permanenza al lavoro (art. 22 del d.p.r 1026/1976). In tale caso, infatti, i giorni lavorati tra la data di sospensione e la data dell’attestazione non possono essere computati ed indennizzati nel periodo di congedo residuo il quale di fatto risulterà, complessivamente, di durata inferiore rispetto al periodo residuo teoricamente spettante.
Si rammenta che, nei casi di indebita permanenza al lavoro, eventuali trattamenti indennitari già corrisposti sono recuperati dall’INPS.
La lavoratrice madre comunica al datore di lavoro la data a decorrere dalla quale fruirà del periodo di congedo residuo. Tale data coincide di regola con la data delle dimissioni che, si ribadisce, rappresenta il limite temporale oltre il quale non è possibile far slittare la fruizione del congedo residuo.
Conseguentemente, nel caso in cui la ripresa del congedo avvenga oltre la data di dimissioni, il congedo residuo si conteggia comunque a partire dalla data delle dimissioni con indennizzo dei soli giorni di effettiva astensione dal lavoro.
Si riporta a titolo esemplificativo il seguente esempio.
Esempio 4
Data parto: 28 dicembre 2015
Data fine congedo: 28 marzo 2016 (data parto coincidente con la data presunta)
Data ricovero: 10 gennaio 2016
Data sospensione congedo (cioè data ripresa del lavoro): 12 gennaio 2016
Periodo residuo di congedo: giorni 77 giorni
Data dimissioni: 15 maggio 2016
Fruizione congedo residuo: dal 15 maggio 2016 al 30 luglio 2016
La lavoratrice può decidere di riprendere a fruire del periodo residuo anche prima della data di dimissioni, es. dall’1 maggio 2016. In tale caso, il congedo termina il 16 luglio 2016.
Se la lavoratrice riprendesse il congedo dal giorno successivo alla data delle dimissioni, ossia dal 16 maggio, il giorno delle dimissioni (15 maggio 2016) sarebbe conteggiato ai fini della durata del congedo ma non sarebbe indennizzato a tale titolo. L’indennizzo sarà corrisposto solo per i giorni di effettiva astensione dal lavoro, ossia dal 16 maggio 2016 al 30 luglio 2016, per un totale di 76 giorni anziché di 77 giorni).
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Per consentire all’Istituto le verifiche di competenza, la lavoratrice è tenuta a comunicarealla Struttura territoriale INPS, che ha in carico la domanda di maternità, la data di sospensione del congedo di maternità e la data di ripresa del congedo residuo. La comunicazione di sospensione va accompagnata dalla dichiarazione di responsabilità della lavoratrice di aver comprovato al datore di lavoro il ricovero del figlio presso struttura sanitaria pubblica o privata e di avergli consegnato preventivamente l’attestazione medica nella quale si dichiara la compatibilità del proprio stato di salute con la ripresa dell’attività lavorativa. La comunicazione della sospensione all’INPS va effettuata tempestivamente (di regola prima della sospensione) onde evitare il pagamento di indennità di maternità nei giorni di ripresa dell’attività, soprattutto nei casi di pagamento diretto delle indennità da parte dell’Istituto.
L’istanza con la quale la lavoratrice comunica la ripresa del congedo sarà corredata dalla dichiarazione contenente la data delle dimissioni del bambino.
Al momento, le comunicazioni sono effettuate alla Struttura territoriale INPS, competente alla trattazione della domanda di maternità on line, tramite posta elettronica certificata (non email ordinaria) o, in mancanza, in modalità cartacea equivalente. Con tali modalità saranno comunicate anche le sospensioni avvenute dal 25 giugno 2015, eventualmente non ancora comunicate alla Struttura Inps competente.
Si allega alla presente circolare un fac simile di comunicazione (allegato 1).
Per effetto del nuovo comma 6 bis dell’art. 26 T.U., la sospensione del congedo di maternità è attuabile anche in caso di adozione o affidamento di minore; l’opzione è possibile solo per le lavoratrici dipendenti e non invece per le lavoratrice iscritte alla gestione separata alle quali non si applica il citato art. 26 ma l’art. 2 del decreto ministeriale 4 aprile 2002.
Si rammenta che in caso di adozioni o affidamenti preadottivi, sia nazionali sia internazionali, la durata del congedo è pari a 5 mesi; in caso di affidamento non preadottivo il congedo è pari ad un periodo di 3 mesi. Il congedo è in ogni caso fruibile, in modo continuo o frazionato, entro 5 mesi dall’ingresso in famiglia o in Italia del minore (rif. circolare INPS n. 16 del 4 febbraio 2008).
L’esercizio della sospensione in questione comporta quindi che, qualora nei predetti 5 mesi, il bambino adottato o in affidamento venga ricoverato in struttura pubblica o privata, il congedo di maternità residuo possa essere fruito dalla data di dimissioni del bambino (o da data precedente le dimissioni comunicata dalla lavoratrice), anche oltre il predetto termine di 5 mesi (esempio 5).
Gli adempimenti verso il datore e l’Istituto sono analoghi a quelli previsti in caso di ricovero del neonato, tranne l’attestazione medica che, in caso di adozione/affidamento, non va prodotta in quanto finalizzata ad accertare la compatibilità delle condizioni di salute della madre lavoratrice che ha partorito con l’attività lavorativa.
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Esempio 5
Data ingresso in Italia: 30 ottobre 2015
Periodo di congedo spettante a tale data: 4 mesi (si ipotizza che un mese è stato riconosciuto per la permanenza all’estero)
Data ricovero bambino: 3 marzo 2016
Arco temporale teorico per fruire del periodo residuo (5 mesi dall’ingresso in Italia): 30 marzo 2016
Periodo di congedo residuo a tale data: 20 giorni
Data dimissioni: 25 aprile 2016
Fruizione del congedo residuo (20 giorni): dal 25 aprile al 22 maggio 2016 (il congedo residuo quindi è fruibile oltre i teorici 5 mesi dall’ingresso in Italia)
Se la lavoratrice riprendesse a fruire del congedo oltre la data di dimissioni, ad esempio dal 2 maggio anziché dal 25 aprile 2016, il congedo sarebbe computato comunque dal 25 aprile 2016 ma verrebbe indennizzato solo per i giorni di effettiva astensione, ossia dal 2 al 14 maggio 2016, per un totale di 13 giorni anziché di 20 giorni.
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Ad analoghe condizioni previste per la madre, la sospensione del congedo è esercitabile anche in caso di congedo di paternità dal padre lavoratore dipendente o iscritto alla gestione separata (questi ultimi nei soli casi di parto).
Durante il periodo di sospensione del congedo di maternità, non è possibile fruire per lo stesso neonato del congedo parentale che, come noto, spetta dal termine del congedo di maternità. Quindi la lavoratrice che ha optato per la sospensione del congedo può chiedere il congedo parentale per lo stesso figlio solo al termine dell’intero periodo di congedo di maternità (comma 1, lett. a, art. 32 T.U.).
Durante la sospensione del congedo di maternità, entro il limite di un anno di vita del bambino, risultano invece fruibili i riposi per allattamento; sono altresì fruibili permessi e congedi spettanti per altro figlio (es. congedo parentale per altro figlio).
Si precisa che la lavoratrice non può sospendere il congedo di maternità in presenza di un provvedimento di interdizione prorogata dal lavoro per incompatibilità con le mansioni; si rammenta che tali provvedimenti di interdizione possono essere disposti dalla DTL dopo che il datore di lavoro ha valutato la possibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni (art. 7 comma 6 del d.lgs. 151/2001).
In ordine alla liquidazione dell’indennità giornaliera, si precisa che la misura dell’indennità giornaliera, individuata per indennizzare la prima parte del congedo, ai sensi dell’art. 23 T.U., è valevole anche per l’indennizzo del periodo residuo di congedo fruito in un secondo momento.
La sospensione ed il rinvio del congedo di maternità non comportano infatti nuovi periodi di congedo ma impattano solo sulla modalità di fruizione dell’unico periodo.
Rimane fermo che il datore di lavoro dovrà anticipare e portare a conguaglio le somme corrisposte a titolo di indennità di maternità per i periodi di congedo effettivamente fruiti. Sulle modalità del conguaglio si rinvia al par. 7.
Con riferimento alle lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS si rammenta che l’indennità spetta in presenza del requisito contributivo delle 3 mensilità (versate o dovute, secondo le indicazioni di cui alla circolare INPS 42/2016) nei 12 mesi antecedenti all’inizio del congedo. I medesimi 12 mesi sono presi a riferimento per il calcolo dell’indennità giornaliera di maternità.
Pertanto, in caso di sospensione e rinvio del congedo di maternità post partum, il requisito contributivo e la misura dell’indennità accertati per l’indennizzo della prima parte del congedo sono utili anche ai fini dell’indennizzo della seconda parte del congedo.