Eureka Previdenza

Circolare 159 del 6 ottobre 2003

Oggetto:
Testo dell'oggetto.
OGGETTO:

Sentenza Corte di Cassazione - Sezioni Unite - 10 ottobre 2002 n. 17888. Modalità di riliquidazione della pensione ai superstiti in caso di cessazione del diritto di uno dei contitolari

SOMMARIO:

La sentenza della Suprema Corte ha stabilito che, ai fini della riliquidazione della pensione in oggetto, assume rilevanza la data di decorrenza della riliquidazione: ove tale data sia posteriore al 30 settembre 1983 è operante il divieto di integrazione al trattamento minimo per superamento del limite di reddito e la conseguente impossibilità di cristallizzare l’importo della pensione.

La Corte di Cassazione, con sentenza resa a Sezioni Unite n. 17888/2002, ha affrontato la questione concernente le modalità di riliquidazione della pensione di reversibilità a causa della cessazione di un contitolare avente diritto alla medesima pensione.

In particolare, la controversia riguardava, in relazione alla disciplina dell’art. 6, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito in legge 11 novembre 1983 n. 638, l’applicabilità o meno dell’integrazione al minimo della pensione di reversibilità, nel caso in cui la contitolarità di detto trattamento tra più superstiti cessi successivamente al 30 settembre 1983.

In base alla citata normativa dell'art. 6 del d.l. n. 463/1983, a decorrere dal 1° ottobre 1983 l'integrazione al minimo delle pensioni non spetta ai soggetti che risultino possessori di redditi propri assoggettati all'imposta sul reddito delle persone fisiche per importi superiori a determinati limiti previsti dalla legge, mentre, nel caso di concorso di due o più pensioni, l'integrazione al minimo spetta una sola volta. I trattamenti integrati al minimo alla data del 30 settembre 1983, non più spettanti per effetto della nuova disciplina, vengono mantenuti nella misura dovuta alla medesima data, fino ad assorbimento negli aumenti della pensione base derivanti dalla perequazione automatica (c.d. cristallizzazione). Il divieto della doppia integrazione non si applica alle pensioni ai superstiti in cui vi siano più titolari (art.6, comma II bis, legge n. 638/1983 cit.).

La cessazione della situazione di contitolarità per successiva esclusione di alcuno degli aventi diritto comporta necessariamente la riliquidazione della prestazione nei confronti dei restanti superstiti, in base ai criteri dettati dall'art. 22 della legge 21 luglio 1965 n. 903.

Come ha chiarito la Cassazione, con sentenza n. 8048/1987, in caso di cessazione della situazione di contitolarità della pensione di reversibilità per successiva esclusione di taluno degli aventi diritto, la riliquidazione della prestazione nei confronti del titolare superstite va operata ab origine, con riferimento alla pensione diretta spettante al dante causa all’atto del decesso, mediante preventiva detrazione della quota del contitolare escluso dal diritto, applicandosi poi sul residuo importo di pertinenza dei restanti contitolari, con decorrenza dalla morte del dante causa, gli aumenti di legge e gli incrementi perequativi via via intervenuti medio tempore.

Tanto premesso, la questione che si è posta, come accennato, è la possibilità o meno di integrare al minimo e successivamente cristallizzare una pensione ai superstiti riliquidata, per cessazione di un contitolare, con decorrenza successiva al 30 settembre 1983, ma calcolata sulla base della pensione spettante al dante causa all’atto del decesso, avvenuto in epoca anteriore alla predetta data.

In merito, si sono registrati nel tempo orientamenti giurisprudenziali contrastanti.

Un primo orientamento aveva ritenuto che la riliquidazione della pensione spettante al superstite rimasto, dovendo essere compiuta con riferimento a tempi passati, comportasse l’applicazione delle norme vigenti all’epoca, secondo il principio tempus regit actum. In tale prospettiva, trovava applicazione la regola della riliquidazione ab origine della pensione di reversibilità comprensiva dell’eventuale integrazione al minimo “teorica”, con la conseguenza dell’ulteriore attribuzione, ricorrendone i presupposti, dell’aumento spettante ai sensi dell’art. 4 della legge n. 140/1985, ovvero dell’aumento di cui all’art. 1 del d.p.c.m del 16 dicembre 1989.

Il secondo orientamento, accolto dalle Sezioni Unite, ritiene invece che i criteri di riliquidazione ab origine della pensione di reversibilità, confermati dalla sentenza in esame, non interferiscano sui presupposti e limiti di operatività temporale del disposto dell'art. 6, 7° comma, d.l. 12 settembre 1983 n. 463 (convertito nella l. n. 638 del 1983), che prevede la conservazione del trattamento pensionistico nella misura corrisposta al 30 settembre 1983: questa disposizione non può quindi trovare applicazione con riferimento all'importo della pensione riliquidata con decorrenza successiva a tale data.

Ad avviso della Suprema Corte, la pretesa creditoria risulta, nel caso di specie, interamente riferibile al periodo successivo all'entrata in vigore della disciplina del 1983, mentre i dati relativi all'epoca della morte del dante causa e all'importo della pensione diretta a questi dovuta rappresentano solo gli elementi di riferimento per il ricalcolo della prestazione.

Mediante l'operazione di riliquidazione viene definita, infatti, l'entità della prestazione decorrente solo da epoca successiva alla data considerata dall'art. 6 della legge n. 638/1983, data rispetto alla quale non è configurabile alcuna perdita del diritto all’integrazione al minimo; non può quindi trovare applicazione neppure la disposizione del comma 7 dello stesso articolo, che su tale presupposto predispone la cristallizzazione dell'importo erogato alla data di cessazione del diritto all'integrazione, al fine di evitare l'istantaneo ridimensionamento, dalla stessa data, del reddito previdenziale.

Sulla base delle suesposte argomentazioni, la Suprema Corte ha formulato il seguente principio di diritto: in caso di perdita del diritto alla pensione di reversibilità da parte di uno dei contitolari in epoca successiva al 30 settembre 1983, il trattamento spettante ai rimanenti contitolari riguarda una prestazione decorrente solo da epoca successiva alla data considerata dall'art.6, d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito in legge 11 novembre 1983 n. 638, ancorché riliquidata ab originesecondo i criteri fissati dall'art.22 della legge 21 luglio 1965 n. 903.

Ai fini della normativa applicabile, assume quindi rilevanza la data da cui viene meno il diritto del contitolare e se tale momento si verifica in data posteriore al 30 settembre 1983, opererà il divieto di integrazione al minimo per superamento del limite di reddito e la conseguente impossibilità di cristallizzare l’importo della pensione e di attribuire gli aumenti, di cui all’art. 4 della legge n. 140/1985, e all’art. 1 del d.p.c.m del 16 dicembre 1989.

A seguito della sentenza in oggetto non potrà trovare applicazione il disposto di cui al punto 6 della circolare n. 60091 A.G.O. del 30 dicembre 1983, secondo cui “qualora dalla dichiarazione reddituale fornita dall’interessato dovesse risultare che i limiti di reddito sono stati superati, il diritto alla integrazione deve cessare dal mese successivo a quello nel quale la pensione cessa di avere più contitolari e l’importo del trattamento minimo da cristallizzare è quello vigente nel mese stesso”.

Di conseguenza in tali situazioni non potrà più operare la cristallizzazione del trattamento minimo in essere alla data di scadenza dell’ultimo contitolare, e ciò indipendentemente dalla data di decesso del dante causa.

Alla luce del principio affermato dalla Cassazione andrà applicato l’art. 1, comma 41, della legge n. 335/1995, il quale ha disposto l’incumulabilità di una quota percentuale della pensione ai superstiti in relazione ai redditi del beneficiario, secondo la Tabella F allegata alla legge stessa.

Tale disposizione dovrà di conseguenza applicarsi ai trattamenti di reversibilità riliquidati per scadenza dei contitolari con decorrenza successiva all’entrata in vigore della predetta legge (17 agosto 1995), salvo che il beneficiario continui a far parte di un nucleo familiare con figli minori, studenti o inabili, individuati secondo la disciplina dell’assicurazione generale obbligatoria.

In merito ai criteri concernenti l’individuazione della pensione da integrare al minimo in caso di titolarità di più pensioni, si richiamano le istruzioni fornite con circolare n. 125 del 30 giugno 2000, al punto 4, tenendo presente, a tal fine, che la data di decorrenza delle pensioni ai superstiti in argomento dovrà essere considerata quella di scadenza dell’ultimo dei contitolari.
I principi sopra delineati, stante i pregressi contrasti giurisprudenziali che hanno determinato consolidate situazioni di affidamento, trovano applicazione nei casi di cessazione di un contitolare intervenuta in data successiva a quella della presente circolare.

Gli stessi principi devono essere applicati alle pensioni ai superstiti da liquidare dopo l’emanazione della presente circolare.

IL DIRETTORE GENERALE F.F.

PRAUSCELLO

Twitter Facebook