Home Prestazioni a sostegno del reddito Riduzione della capacità lavorativa Astensione obbligatoria Lavoratori dipendenti Norme Circolari Inps CI 2006
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Rinvio e sospensione del congedo di maternità in caso di ricovero del neonato o del minore adottato/affidato
Circolare 46 del 17 Marzo 2006
OGGETTO:
Congedo parentale e accredito figurativo dei relativi periodi nelle gestioni degli artigiani e degli esercenti attività commerciali.
Nuovo modello di domanda (valido anche per le coltivatrici dirette, colone, mezzadre e imprenditrici agricole professionali).
SOMMARIO:
Disposizioni operative per la richiesta dei periodi di congedo parentale e dell’accredito figurativo per le lavoratrici iscritte alle Gestioni degli artigiani e degli esercenti attività commerciali.
Facendo seguito alla circolare n. 136 del 26 luglio 2002, con la quale sono state illustrate le innovazioni introdotte dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) nei confronti delle lavoratrici autonome artigiane e commercianti, si da’ comunicazione delle modalità di gestione dell’accredito figurativo dei periodi di congedo parentale, richiesti dalle lavoratrici contestualmente alla sospensione dell’obbligo contributivo IVS.
1. Diritto al congedo parentale
L’articolo 69 del D.Lgs. n. 151/2001, nel ribadire il diritto delle lavoratrici autonome, madri -analogo diritto, si rammenta, non è riconosciuto ai padri lavoratori autonomi- di bambini nati dal 1° gennaio 2000, all’astensione facoltativa (congedo parentale) di cui all’articolo 32 del medesimo T.U. ed al relativo trattamento economico, ha confermato i limiti temporali già stabiliti dall’articolo 3 della legge 8 marzo 2000, n. 53, prevedendo un periodo di astensione facoltativa dal lavoro non superiore a tre mesi, da effettuare entro il primo anno di età del bambino .
Come precisato con messaggio n. 569 del 27 giugno 2001, in favore delle lavoratrici autonome, il diritto ai periodi di congedo, in caso di parto plurimo, è riconoscibile “per ogni bambino”, ovviamente nel rispetto del diverso limite temporale previsto per tale categoria di lavoratrici in relazione all’età del neonato (in sintesi, fino a 3 mesi per ciascun figlio, entro il primo anno di età).
In caso di fruizione da parte di entrambi i genitori (madre lavoratrice autonoma e padre lavoratore dipendente) il limite massimo complessivo di congedo parentale tra i due è pari a 10 mesi (3 per la madre e 7 per il padre).
L’indennizzabilità del congedo, invece, non può superare complessivamente i 6 mesi, nei primi tre anni: nell’ipotesi in cui, ad esempio, la madre lavoratrice autonoma fruisca del proprio congedo di tre mesi (ovviamente entro il primo anno) e del correlativo trattamento economico per il medesimo periodo, al padre lavoratore dipendente, spetterà, indipendentemente dalle condizioni reddituali e fino al compimento del terzo anno di vita del bambino (o fino al diverso limite previsto per i casi di adozione o affidamento), l’indennità per congedo parentale per un periodo non superiore a tre mesi. Periodi ulteriori potranno essere indennizzati al padre, anche entro il terzo anno, subordinatamente alle condizioni di reddito previste. Si ricorda che in caso di superamento dei limiti reddituali anzidetti permane il diritto del padre (lavoratore subordinato) al congedo, ma non all’indennità.
Correlativamente, laddove il padre lavoratore dipendente fruisca, entro il primo anno, di un periodo di sei mesi di congedo parentale indennizzato, la madre lavoratrice autonoma, pur conservando il diritto all’astensione fino a 3 mesi, non avrà diritto alla relativa indennità, stante il raggiungimento da parte del padre del limite massimo indennizzabile complessivo tra i due genitori.
Com’è noto, la domanda di congedo parentale deve essere presentata in data anteriore all’inizio del congedo stesso, essendo indennizzabili, in caso contrario, soltanto i periodi successivi alla data della domanda.
Il relativo trattamento economico, pari al 30% della retribuzione convenzionale, è subordinato all’effettiva astensione dall’attività lavorativa.
Restando sospeso, come già precisato nella circ. 136/2002 (punti 2.1 e 2.2), l’obbligo contributivo durante il congedo parentale (non necessariamente indennizzato -vds. quinto cpv. del presente paragrafo), il diritto all’indennità nei confronti delle artigiane e commercianti è riconoscibile in presenza del pagamento dei contributi relativi all’ultimo periodo contributivo scaduto, precedente all’ inizio del congedo richiesto.
2. Sospensione dell’obbligo contributivo
La disposizione in esame riconosce il diritto all’accredito figurativo del periodo di congedo parentale; da tale previsione normativa consegue la sospensione, per detto periodo, dell’obbligo contributivo alle gestioni Artigiani e Commercianti, stante la non compatibilità della duplice copertura assicurativa (obbligatoria e figurativa) per lo stesso evento: entrambe le operazioni sono effettuate d’ufficio, in connessione con l’accoglimento della domanda di congedo.
Per quanto ovvio, si ribadisce che la sospensione dell’obbligo contributivo può riguardare solo mesi solari interi, attesa la periodicità e l’indivisibilità del contributo obbligatorio, dovuto anche per i mesi nei quali viene prestata attività parziale (a titolo di esempio, per un congedo parentale dal 2 agosto al 1 novembre, il versamento del contributo obbligatorio IVS potrà essere sospeso per i soli mesi di settembre ed ottobre).
Come già previsto al punto 2.2, 2° cpv., della richiamata circolare n. 136/2002, sulla base delle indicazioni di cui al msg. n. 2439 del 29 agosto 1996, le Sedi –utilizzando la specifica funzione di “Sospensione dell’obbligo assicurativo IVS”, disponibile nella procedura automatizzata di gestione dei contributi ART/COM- sulla base della comunicazione fornita dal settore che ha liquidato l’indennità, dovranno provvedere tempestivamente all’aggiornamento delle informazioni d’archivio, segnalando il mese e l’anno di inizio e fine del periodo di sospensione (l’acquisizione di tale informazione annulla l’imposizione contributiva e gli eventuali oneri accessori per detto periodo, operando il relativo sgravio).
3. Accredito figurativo dei periodi di congedo
Come accennato, l’accredito della contribuzione figurativa per il periodo di congedo parentale non necessita di apposita domanda. Il periodo, è rilevato dagli archivi di liquidazione delle prestazioni e verrà esposto nell’Estratto Conto, con specifica descrizione, non appena la procedura che collega gli archivi contributivi inserirà, tra questi, anche quelli di liquidazione delle prestazioni di malattia e maternità a pagamento diretto.
Atteso che il periodo di congedo in esame si colloca nell’ambito di un rapporto assicurativo in corso presso la gestione alla quale l’interessata è iscritta per effetto dell’attività autonoma esercitata e che l’obbligo contributivo viene sospeso per mesi contributivi interi, va da sé che l’accredito figurativo del predetto congedo riguarderà lo stesso numero di mesi di sospensione dell’imposizione contributiva, non potendo coesistere, nello stesso periodo, contribuzione figurativa e contribuzione obbligatoria.
Definita quindi la durata del periodo accreditabile figurativamente, la procedura calcolerà il valore figurativo da attribuire allo stesso facendo riferimento ai criteri di carattere generale di cui all’articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155. Tali criteri trovano applicazione anche nei confronti dei lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali degli Artigiani e dei Commercianti, in virtù del rinvio alle norme che disciplinano l’Assicurazione generale obbligatoria, operato dalle leggi 4 luglio 1959, n. 563 e 22 luglio 1966, n. 613, istitutive delle due citate Gestioni.
L’applicazione dell’articolo 8, in sostanza, comporta l’attribuzione - ai fini del calcolo della pensione – di un valore “reddituale” pari a quello del reddito medio mensile assoggettato a contribuzione obbligatoria nell’anno solare in cui si colloca il periodo da riconoscere figurativamente, rapportato al numero dei mesi accreditati e ragguagliato a settimana.
Quindi, per determinare il suddetto valore figurativo di copertura, la procedura in automatico opererà nel seguente modo:
· divide il reddito assoggettato al contributo IVS nell’anno interessato per il numero dei mesi di imposizione contributiva relativi allo stesso anno;
· moltiplica il reddito medio mensile di cui sopra per il numero dei mesi di congedo parentale (corrispondenti al numero dei mesi di sospensione dell’obbligo contributivo).
Di conseguenza, quando il periodo di congedo interessa due diversi anni solari, il valore figurativo da accreditare a ciascuno dei due periodi verrà determinato distintamente, sulla base degli importi reddituali dei rispettivi anni solari.
Poiché il valore di copertura verrà attribuito sulla media dei redditi assoggettati al contributo IVS negli anni in cui si colloca il periodo accreditato figurativamente, consegue che l’importo di copertura sarà compreso – di norma- fra il minimale ed il massimale di reddito vigenti negli anni stessi, salvo quanto precisato al successivo punto 4.
Nel caso in cui, nell’anno interessato, non risulti versato alcun contributo obbligatorio IVS, il valore del “reddito figurativo” verrà determinato risalendo all’anno solare immediatamente precedente, nel quale sia presente contribuzione obbligatoria.
A tale proposito si rinvia al punto 3 della circolare n. 56 del 6 marzo 1985, che illustra i criteri da applicare nei casi in cui i periodi presi a base per la determinazione del valore figurativo ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge n. 155/1981 e quelli da coprire figurativamente interessino anni solari diversi; ciò al fine di evitare che, nella fase di liquidazione delle pensioni, gli importi figurativi accreditati assumano un valore maggiore o minore rispetto a quello dei redditi. sui quali è avvenuto il relativo calcolo, per effetto del previsto meccanismo di rivalutazione.
Quindi il valore da attribuire al periodo in esame verrà correttamente determinato solo quando risulterà completato il versamento della contribuzione obbligatoria relativa all’anno nel quale si colloca l’evento da riconoscere, cioè quando sarà possibile individuare l’entità del reddito preso a riferimento per il calcolo dei contributi IVS versati.
Poiché, come é noto, la contribuzione figurativa da riconoscere ai lavoratori autonomi deve essere accreditata a settimane (contrariamente a quella obbligatoria, che ha periodicità mensile), una volta individuati i mesi interi di congedo e determinato il corrispondente numero di settimane (sett. = gg di calendario: 7, arrotondato per eccesso), si verificherà che le settimane riconosciute figurativamente, sommate a quelle di contribuzione obbligatoria risultanti dall’applicazione del previsto coefficiente di conversione 4,333 (mesi x 4,333, arrotondato per eccesso) non ecceda la capienza massima del periodo complessivamente considerato (anno solare o frazione di esso).
A titolo di esempio si ipotizza il caso di seguito illustrato.
Iscrizione alla Gestione dl 1° febbraio 2001
Congedo parentale dal 1 novembre 2001 al 31 gennaio 2002 (3 mesi = 13 settimane)
Dati contributivi e reddituali dell’anno 2001
- copertura obbligatoria ( feb/ott. 9 mesi = 39 settimane )
- reddito prodotto ed assoggettato a contribuzione € 14.400
Dati contributivi e reddituali dell’anno 2002
- copertura obbligatoria ( feb/dic. 11 mesi = 48 settimane )
- reddito prodotto ed assoggettato a contribuzione € 26.400
Per determinare il valore di copertura dei periodi 1° novembre/31 dicembre 2001 e 1° gennaio/31 gennaio 2002 è necessario calcolare il reddito medio mensile (risultante dal rapporto reddito/mesi coperti) di ciascun anno interessato :
- il reddito medio mensile relativo all’anno 2001 è pari a € 1.600 (14.400 : 9)
- il reddito medio mensile relativo all’anno 2002 è pari a € 2.400 (26.400 : 11)
L’accredito del periodo di congedo parentale (3 mesi = 13 settimane) verrà effettuato nel modo seguente
anno 2001settimane 9 € 3.200 ( cioè € 1.600 x 2 )
anno 2002settimane 4 € 2.400 ( cioè € 2.400 x 1 )
Dopo l’operazione di accredito, l’interessata potrà far valere la seguente situazione contributiva
anno 2001 mesi 9 € 14.400 (copertura da contribuzione obbligatoria)
sett. 9 € 3.200 (copertura figurativa per 2 mesi di congedo)
anno 2002 mesi 11 € 26.40 (copertura da contribuzione obbligatoria)
sett. 4 € 2.400 (copertura figurativa per 1 mese di congedo)
Infatti :
nell’anno 2001 risulteranno 11 mesi (da febbraio a dicembre) coperti da contribuzione (effettiva e figurativa), per un totale di 48 settimane (mesi 11 x 4,333 = sett. 47,663 arrotondate a 48), così distinte :
39 settimane di contribuzione effettiva (mesi 9 x 4,333 = sett. 38,997 arrotondate a 39)
9 settimane di contribuzione figurativa (mesi 2 x 4,333 = sett. 8,666 arrotondate a 9)
nell’anno 2002 risulteranno 12 mesi (da gennaio a dicembre) coperti da contribuzione (effettiva e figurativa), per un totale di 52 settimane (mesi 12 x 4,333 = sett. 51,996 arrotondate a 52), così distinte:
48 settimane di contribuzione effettiva (mesi 11 x 4,333 = sett. 47,663 arrotondate a 48)
4 settimane di contribuzione figurativa (mesi 1 x 4,333 = sett. 4,333 arrotondate a 4)
In tale ultimo caso verrà effettuato un arrotondamento per difetto, per rispettare il limite della capienza massima del periodo.
4. Lavoratori esercenti attività di affittacamere e produttori di assicurazione
di terzo e quarto gruppo
Nel ricordare che le lavoratrici esercenti attività in argomento, tenute alla iscrizione alla gestione dei Commercianti, sono soggette alla contribuzione previdenziale in rapporto al reddito effettivamente prodotto, anche nel caso in cui lo stesso sia inferiore al livello minimo imponibile determinato ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 233/1990 e successive modificazioni ed integrazioni, si precisa che tali assicurate debbono comunque l’intero contributo annuo per la maternità anche quando il reddito imponibile ai fini IVS, risultando inferiore al suddetto minimale, dia luogo ad una copertura parziale dell’anno interessato.
Per effetto dell’assicurazione di maternità, le lavoratrici in esame hanno diritto all’indennità economica calcolata con gli stessi criteri previsti per la generalità delle lavoratrici autonome iscritte alla gestione Commercianti.
Per quanto riguarda, invece, l’accredito della contribuzione obbligatoria ai fini pensionistici, è peraltro noto che le assicurate in esame hanno titolo alla copertura dell’intero anno solare solo quando l’importo del contributo IVS versato risulti almeno pari a quello calcolato sul minimale di reddito stabilito per tale anno dalle norme vigenti in materia.
Nel caso di versamento inferiore al suddetto limite minimo, viene riconosciuta la copertura assicurativa per un numero di mesi proporzionale alla contribuzione versata (si accredita il valore intero ottenuto dividendo il contributo versato per il contributo mensile minimo, senza tener conto delle eventuali frazioni) con attribuzione temporale a partire dall’inizio dell’anno solare interessato (o dalla data di inizio attività) e fino alla concorrenza dei mesi accreditabili.
Fermo restando quanto previsto al precedente punto 3, per i casi in cui il versamento obbligatorio consenta il riconoscimento dell’intero periodo di imposizione contributiva, per l’accredito figurativo dei periodi di congedo parentale in favore di assicurate che abbiano titolo ad una copertura proporzionalmente ridotta la procedura dell’Estratto Conto, in automatico, opererà nel seguente modo:
- determinerà il valore medio mensile del reddito prodotto nell’anno interessato, dividendo il relativo importo per il numero dei mesi di imposizione contributiva ;
- moltiplicherà il suddetto valore medio per il numero dei mesi di sospensione dell’obbligo contributivo (relativi ai mesi di congedo parentale fruito).
A ciascun mese di congedo parentale fruito verrà accreditato il valore figurativo medio ottenuto dal rapporto fra il reddito effettivo (inferiore al minimale) ed il numero dei mesi di imposizione contributiva (anziché dei mesi di copertura riconoscibile). Poiché tale valore risulterà inferiore al predetto limite minimo, verrà riconosciuta ai fini pensionistici una copertura figurativa proporzionalmente ridotta, da determinare sulla base dei medesimi criteri applicati per la contribuzione obbligatoria.
5. Modulistica.
Le domande di congedo parentale devono essere presentate utilizzando il facsimile del nuovo modello AST.FAC./LAV.AUT. (1) appositamente aggiornato (prelevabile dal sito internet dell’Istituto –www.Inps.it- sezione “moduli”), modello che -ovviamente in caso di accoglimento della domanda- implica anche la sospensione dell’obbligo contributivo IVS per il periodo contributivo -mesi interi- sopra precisato (v. par. 2) e l’accredito della contribuzione figurativa per il periodo medesimo.
Si precisa che il nuovo modulo è utilizzabile anche dalle lavoratrici agricole autonome (coltivatrici dirette, colone, mezzadre e imprenditrici agricole professionali), per le quali valgono le istruzioni di cui alla circ. 177/2000 e al messaggio n. 000035 dl 24/07/2003.
Considerata la pluralità di funzioni del modello, nell’ottica di un necessario coordinamento tra i diversi settori operativi delle singole Sedi, si dispone che il funzionario responsabile in materia di prestazioni di maternità provveda a trasmettere d’ufficio, al settore competente in materia di contribuzione, la comunicazione -prodotta dalla procedura automatizzata di pagamento del congedo parentale per le domande accolte - recante l’indicazione del periodo di congedo e di sospensione contributiva, al fine di aggiornare tempestivamente la posizione assicurativa della richiedente ed evitare, pertanto, a fronte dell’effettiva astensione dall’attività lavorativa, l’eventuale mancata sospensione dell’obbligo contributivo IVS per il periodo di congedo parentale richiesto (e accolto).
Si fa presente che il modello così aggiornato è utilizzabile dalle lavoratrici di cui all’oggetto anche in caso di adozione e affidamento, considerata l’estensione apportata dall’art. 6, comma 1, lett. b, del D.Lgs. 115/2003 (recante modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 151/2001 – T.U. sulla Maternità) all’art. 69 dello stesso D.Lgs. 151/2001. Pertanto, tenuto anche conto dei criteri previsti per il lavoro subordinato (v. circ. 33/2004) il congedo parentale, compreso il relativo trattamento economico, è riconoscibile, in caso di adozione e affidamento sia nazionali che internazionali (2) fino al compimento dei 12 anni di età, per un periodo complessivo di 3 mesi, purché fruito entro il primo anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato/affidato. Sono, quindi, modificate le disposizioni impartite sullo specifico aspetto con la circ. 109/2000 (par. 3).
Il Direttore Generale
Crecco
Note
(1) Il nuovo modulo sostituisce quello inviato con circ. 136/2002 (domanda di congedo parentale e di sospensione dell’obbligo contributivo), il quale, pertanto, non deve essere più utilizzato. Ovviamente non dovrà essere più utilizzato neppure il modulo a suo tempo trasmesso con circ. 63/1997 né quello per la domanda di astensione facoltativa delle lavoratrici dipendenti, impropriamente utilizzati da parte di alcune Sedi.
(2) Si rammenta che in caso di “affidamenti internazionali” ci si riferisce soltanto a quelli preadottivi.
Circolare 53 del 12 Aprile 2006
OGGETTO: contributi volontari per l’anno 2006
SOMMARIO:
1. Contributi volontari dei lavoratori dipendenti non agricoli, da versare per l’anno 2006.
2. Contributi volontari degli iscritti all’evidenza contabile separata del FPLD e degli iscritti al Fondo Volo.
3. Chiarimenti
1) Contributi volontari dovuti dai lavoratori dipendenti non agricoli, da versare per l'anno 2006
L'ISTAT ha comunicato che la variazione percentuale verificatasi nell'indice dei prezzi al consumo, per le famiglie degli operai e degli impiegati, tra il periodo gennaio 2004- dicembre 2004 ed il periodo gennaio 2005 - dicembre 2005 è risultata dell’1,70%.
Le retribuzioni medie settimanali su cui sono calcolati i contributi volontari per l’anno 2006 subiranno pertanto lo stesso aumento percentuale.
L’art. 7, comma 2, del D.Lgs. 184/97 dispone che l’importo minimo settimanale della retribuzione su cui calcolare il contributo volontario non può essere inferiore a quello determinato ai sensi dell'art. 7, comma 1, della legge 638/1983, e successive modificazioni.
Sulla base della variazione dell’indice ISTAT, pertanto, per l’anno 2006:
la retribuzione minima settimanale è pari a € 171,03;
la prima fascia di retribuzione annuale oltre la quale è prevista l’applicazione dell’aliquota aggiuntiva del 1% (art. 3 L. 438/92) è di € 39.297,00;
il massimale di cui all’art. 2, comma 18, della Legge 335/1995, da applicare ai prosecutori volontari titolari di contribuzione non anteriore al 1° gennaio 1996 o che, avendone il requisito, esercitino l’opzione per il sistema contributivo è di € 85.478,00.
Per l'anno 2006 non si è verificata alcuna variazione dell'aliquota IVS dovuta al Fondo pensioni lavoratori dipendenti rispetto all'anno 2005. Conseguentemente, non sono variati i coefficienti di ripartizione dei contributi versati.
Si ricorda che l’aliquota IVS relativa ai lavoratori dipendenti non agricoli, autorizzati alla prosecuzione volontaria da decorrenza compresa entro il 31/12/1995, è pari al 27,57%.
Le aliquote IVS relative ai lavoratori dipendenti non agricoli, autorizzati dopo il 31/12/1995, sono invece riepilogate - per anno solare, dal 1997 ad oggi - nella tabella che segue.
Con l’occasione appare utile riepilogare – per il medesimo periodo - anche i minimali di retribuzione settimanale, gli importi della prima fascia di retribuzione annuale (tetto pensionabile) ed ai massimali di cui all’art. 2, comma 18, della Legge 335/1995.
Anno |
Aliquota IVS |
Retr. Minima Settimanale |
Prima fascia retribuzione annua |
Massimale art.2 co.18, L.335/95 |
---|---|---|---|---|
1997 |
28,37% |
£ 274.420 |
£ 63.054.000 |
£ 137.148.000 |
1998 |
28,17% |
£ 279.080 |
£ 64.126.000 |
£ 139.480.000 |
1999 |
28,57% |
£ 284.100 |
£ 65.280.000 |
£ 141.991.000 |
2000 |
“ |
£ 288.640 |
£ 66.324.000 |
£ 144.263.000 |
2001 |
29,07% |
£ 296.140 |
£ 68.048.000 |
£ 148.014.000 |
2002 |
“ |
€ 157,08 |
€ 36.093,00 |
€ 78.507,00 |
2003 |
29,57% |
€ 160,85 |
€ 36.959,00 |
€ 80.391,00 |
2004 |
“ |
€ 164,87 |
€ 37.883,00 |
€ 82.401,00 |
2005 |
30,07% |
€ 168,17 |
€ 38.641,00 |
€ 84.089,00 |
2006 |
“ |
€ 171,03 |
€ 39.297,00 |
€ 85.478,00 |
2) Contributi volontari dovuti dagli iscritti nell’evidenza contabile separata del FPLD ed al Fondo Volo
Gli iscritti all’evidenza contabile separata del FPLD (Autoferrotramvieri, Elettrici, Telefonici e dirigenti ex INPDAI) continuano a versare la stessa aliquota vigente per la contribuzione obbligatoria, pari al 32,70 %.
Per i prosecutori volontari del Fondo Volo sono invece previste aliquote contributive differenziate in relazione alla decorrenza della rispettiva iscrizione al Fondo:
· per i soggetti già iscritti al 31 dicembre 1995 si conferma l’aliquota del 40,82 %,
· per quelli iscritti dopo tale data, l’aliquota contributiva da applicare è quella prevista per il FPLD, pari al 32,70 %.
3) Chiarimenti
A chiarimento dei quesiti pervenuti da più Sedi si ritiene opportuno precisare alcuni concetti di massima.
3.1) Criteri di attribuzione della categoria professionale (qualifica).
L’aspetto relativo all’attribuzione della categoria nella quale effettuare la prosecuzione volontaria nei casi di “contribuzione mista” è tuttora disciplinato dall’articolo 8, comma 10, del Decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1432.
Detta norma dispone che “gli assicurati nei confronti dei quali risulti accreditata contribuzione mista si considerano appartenenti alla categoria nella quale hanno contribuito prevalentemente nelle ultime 156 settimane di contribuzione effettiva in costanza di lavoro antecedenti la domanda di autorizzazione, ovvero nelle settimane di contribuzione esistenti qualora queste siano inferiori a 156.”.
Le disposizioni successive al citato decreto hanno, infatti, modificato i requisiti di accesso alla prosecuzione volontaria (v. art. 1, legge 18 febbraio 1983, n. 47) e la base imponibile sulla quale calcolare il contributo dovuto (v. art. 7, c. 1, D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184) ma non hanno apportato alcuna modifica ai criteri fissati dalla norma richiamata in merito alla categoria da assegnare al prosecutore volontario all’atto dell’autorizzazione, che va ricercata applicando il criterio della prevalenza, nel senso sopra specificato.
Sull’argomento si rinvia alle istruzioni pubblicate nella parte seconda, punto 4, della circolare n. 312 C. e V. del 3 agosto 1972 ed in particolare - per i casi di contribuzione mista agricola e non agricola – alle modalità illustrate al punto 17 della circolare n. 146 DSEAD del 9 luglio 1973.
3.2) Contributi volontari e congedi parentali
Come precisato con circolare n. 85 del 26 aprile 2002, in corrispondenza dei periodi di congedo straordinario fruito ai sensi dell’art. 42, comma 5, del D.Lgs 151/2001 è dovuto l’accredito di contribuzione figurativa, utile ai fini del diritto e della misura delle pensioni, compresa la pensione di anzianità.
In merito si sottolinea che, pur trattandosi di periodi durante i quali il rapporto di lavoro viene sospeso, per effetto della contribuzione figurativa non viene comunque meno il rapporto assicurativo, circostanza che costituisce causa ostativa al rilascio dell'autorizzazione, come disposto dall’art. 5 del DPR 31.12.1971, n. 1432.
3.3) Documentazione contributiva
Come noto, con effetto dalle retribuzioni del mese di gennaio 2005, i dati retributivi e le informazioni che implementano le posizioni assicurative individuali vengono inviate all’Istituto con periodicità mensile attraverso il nuovo tracciato, denominato “EMens” (tale sistema di denuncia riguarda i datori di lavoro già tenuti alla compilazione della parte C - dati previdenziali ed assistenziali INPS - del modello 770 semplificato, i committenti già obbligati alla compilazione del modello GLA e gli associanti in partecipazione).
Nel richiamare il msg. 36298 del 3 novembre 2005 – con cui sono state fornite indicazioni in merito alle modalità di valutazione dei dati retributivi/contributivi esposti nelle singole denunce EMens - si ribadisce che le Sedi non dovranno più richiedere dichiarazioni e/o documenti sostitutivi (mod. SA sost) per i periodi oggetto di dichiarazione mensile, ma dovranno utilizzare le informazioni disponibili nel flusso EMens, secondo l’attuale tracciato, ancorché dette informazioni non risultino ancora registrate negli estratti conto.
Il Direttore Generale
Crecco
Circolare 29 del 23 febbraio 2006
Oggetto:
Articolo 8, decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 - Copertura dei periodi di non attività connessi a rapporti di lavoro prestato con contratto a part-time dai lavoratori dipendenti iscritti al FPLD ed alle altre forme pensionistiche gestite dall’INPS. Criteri di autorizzazione ai versamenti volontari.
Allegati 4
SOMMARIO:
Vengono chiariti i criteri per l’applicazione dell’articolo 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564.In presenza del previsto requisito contributivo i versamenti volontari sono ammessi in tutte le fattispecie di rapporto di lavoro a tempo parziale
Premessa
L’articolo 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, nel testo integrato dall’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 29 giugno 1998, n. 278 (v. allegato n. 1), concede, a domanda, a tutti i lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l’IVS ed alle forme di essa sostitutive ed esclusive, la possibilità di coprire di assicurazione, mediante riscatto o versamenti volontari, i periodi successivi al 31 dicembre 1996, non coperti da contribuzione obbligatoria, durante i quali non viene prestata attività lavorativa per gli effetti derivanti dal contratto di lavoro a part-time di tipo verticale, orizzontale e ciclico.
Le istruzioni di cui alla presente circolare, che tratta le sole modalità di esercizio della facoltà dei versamenti volontari, riguardano pertanto gli assicurati del FPLD, gli iscritti in apposita evidenza contabile separata del predetto Fondo (autoferrotranviari, elettrici, telefonici, dipendenti degli Enti creditizi, dirigenti ex INPDAI), i lavoratori assicurati ai Fondi “Volo” e “Dazio” (sostitutivi dell’AGO), nonché gli iscritti al Fondo Ferrovieri.
LE DIVERSE TIPOLOGIE DEL RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE
Fino all’emanazione del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 61 il rapporto di lavoro a tempo parziale – che comporta prestazione lavorativa resa in periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno con una durata inferiore a quella ordinaria prevista dai contratti collettivi - è stato disciplinato dal D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito nella legge 19 dicembre 1984, n. 863.
Secondo tale ultima norma il rapporto a tempo parziale era distinto in tre diverse tipologie:
· il part-time orizzontale, conattività prestata quotidianamente ad orario ridotto;
· il part-time verticale, con prestazione lavorativa concentrata in alcuni giorni della settimana;
· il part-time ciclico, con concentrazione dell’attività in alcune settimane del mese o per alcuni mesi dell’anno, alternata a periodi di non attività.
Il citato D.Lgs. n. 61/2000 - all’articolo 1, comma 2 - nel ridefinire il concetto di lavoro a tempo parziale, distingue tale tipologia di prestazione in:
· “part-time di tipo orizzontale”, quando la riduzione dell’orario di lavoro previsto per il tempo pieno avviene su base giornaliera;
· “part-time di tipo verticale”, quando l’attività lavorativa viene prestata a tempo pieno solo in periodi prefissati nel corso della settimana, del mese o dell’anno.
Appare evidente che il D.Lgs. n. 61/2000 ha accorpato nel part-time verticale due delle forme di prestazione lavorativa già individuate dall’articolo 5 della legge 19 dicembre 1984, n. 863:
· il part-time di tipo verticale, che comportava prestazione lavorativa ad orario pieno o ridotto, concentrata in alcuni giorni della settimana;
· il part-time di tipo ciclico, con prestazioni concentrate in alcune settimane del mese o in alcuni mesi dell’anno.
Secondo la previsione del D.Lgs. n. 61/2000 (v. articolo 1, comma 3), i contratti collettivi possono peraltro consentire che l’attività regolata da un contratto di lavoro a tempo parziale possa essere prestata secondo una combinazione (cosiddetto part-time misto) delle due tipologie di part-time (orizzontale e verticale) sopra indicate.
Ne consegue che le prestazioni lavorative a tempo parziale potranno essere rese in periodi prestabiliti (alcuni giorni della settimana, alcune settimane del mese o alcuni mesi dell’anno), anche ad orario ridotto, con le possibili, seguenti situazioni lavorative:
attività prestata in tutti i giorni lavorativi della settimana, con orario ridotto (part-time orizzontale);
prestazioni effettuate in alcuni giorni della settimana, in alcune settimane del mese ovvero in alcuni mesi dell’anno, con orario pieno (part-time verticale);
attività prestata in alcuni giorni della settimana, in alcune settimane del mese ovvero in alcuni mesi dell’anno, con orario ridotto (part-time misto).
1) VALUTAZIONE DEI PERIODI DI PART-TIME AI FINI PENSIONISTICI
L’articolo 9, comma 4, del D.Lgs. n. 61/2000 ha confermato il criterio della duplice valutazione dei periodi di lavoro a part-time ai fini della verifica del requisito per il diritto a pensione e del calcolo del relativo ammontare.
Il requisito contributivo per il diritto a pensione deve essere peraltro accertato secondo i principi generali dell’assicurazione obbligatoria IVS e nel rispetto dei criteri fissati dall’articolo 7, commi da 1 a 5, della legge n. 638/1983, come modificato dall’articolo 1, comma 2, della legge n. 389/1989. Non è infatti ammessa alcuna deroga alle disposizioni che disciplinano la determinazione dell’anzianità contributiva utile ai fini del diritto a pensione, ancorché riferita a periodi di lavoro a tempo parziale.
Detti periodi verranno valutati per intero ai fini del diritto a pensione in presenza di una retribuzione media settimanale almeno pari all’importo del “minimale” di retribuzione previsto per l’anno considerato, fermo restando che – in difetto – verrà riconosciuto un numero di contributi pari al rapporto fra imponibile retributivo annuo e minimale settimanale vigente nello stesso anno (v. allegato n. 2).
L’anzianità contributiva dei periodi di attività a part-time da utilizzare per il calcolo dell’importo della pensione è invece proporzionale all’orario di lavoro svolto e risulta dal rapporto fra le ore retribuite in ciascun anno solare ed il numero delle ore settimanali previste dal contratto per i lavoratori a tempo pieno.
La valutazione proporzionale dell’anzianità contributiva utile ai fini della misura della pensione è prevista anche quando la prestazione lavorativa sia stata svolta unicamente a part-time.
Sull’argomento si rinvia alla circolare n. 158 del 29 luglio 1999 ed alla circolare n. 123 del 27 giugno 2000 (in particolare al punto 8.2).
2) APPLICABILITÀ DELLA NORMA A TUTTE LE TIPOLOGIE DI RAPPORTO A PART-TIME
Le condizioni richieste dalla norma per esercitare la facoltà dei versamenti volontari (non effettuazione della prestazione lavorativa e assenza di contribuzione obbligatoria) possono apparire non realizzabili nei casi di part-time orizzontale e di part-time verticale con svolgimento di attività in alcuni giorni della settimana. Secondo quanto previsto dall’articolo 5 del DPR 26 aprile 1957, n. 818, infatti, sono da considerare coperte da contribuzione anche le settimane parzialmente lavorate e retribuite. Ciò consente agli interessati di maturare un’anzianità contributiva, utile ai fini del diritto a pensione, pari alla durata del periodi di attività a tempo parziale, salvi gli eventuali effetti prodotti dall’applicazione dell’articolo 7 della legge 11 novembre 1983, n. 638 nei casi di retribuzione media settimanale inferiore al limite minimo previsto per il riconoscimento della copertura assicurativa.
Fermo restando quanto disposto dal citato articolo 5, tuttavia, anche nelle forme di part-time orizzontale e verticale con prestazione in ciascuna settimana si verificano:
· assenza di attività lavorativa (la prestazione non viene resa per una parte di giornata o di settimana),
· assenza di retribuzione (essa non viene corrisposta per le ore o giornate non lavorate)
· assenza di contribuzione (il versamento contributivo è ovviamente correlato alla retribuzione corrisposta in rapporto alla sola prestazione lavorativa).
Nei casi di tempo parziale caratterizzato da prestazione lavorativa alternata a periodi di non attività sono chiaramente individuabili i periodi coperti da contribuzione e quelli privi di copertura (le anzianità contributive utili per diritto e misura della pensione coincidono). Nel part-time orizzontale ed in quello verticale con attività svolta in alcuni giorni di ciascuna settimana, invece, l’assenza della prestazione lavorativa viene evidenziata dal confronto fra anzianità contributiva utile per il diritto a pensione ed anzianità contributiva utile per la relativa misura (il numero delle settimane non lavorate corrisponde alla differenza fra i due valori). Risultano quindi realizzate le condizioni di non effettuazione della prestazione lavorativa e di assenza della contribuzione obbligatoria richieste dalla norma per l’accesso ai versamenti volontari.
Il numero delle settimane utili per la misura della pensione, che viene determinato sulla base dell’orario contrattuale previsto per il full-time, rappresenta di fatto l’anzianità contributiva di una attività prestata a “tempo pieno”, alla quale corrispondono una retribuzione ed una contribuzione “allineate” al valore teorico che si sarebbe realizzato nel caso di lavoro ad orario intero.
3) NATURA DEI VERSAMENTI VOLONTARI NELLE DIVERSE TIPOLOGIE DI PART-TIME
Come detto, la norma in esame riconosce (come alternativa alla facoltà di riscatto) la possibilità di effettuare versamenti volontari a tutti i lavoratori occupati a tempo parziale. Pertanto, in presenza del requisito contributivo richiesto, deve essere garantito l’esercizio di tale facoltà a prescindere dalla tipologia del contratto che disciplina le modalità di svolgimento della relativa prestazione.
Ne consegue che, in relazione alla collocazione temporale dell’attività lavorativa ed agli effetti che ne derivano ai fini della verifica dei requisiti per il diritto a pensione e del calcolo della relativa misura, anche i versamenti volontari assumeranno una valenza diversa se riferiti a periodi:
· di totale assenza della prestazione nella settimana (part-time verticale);
· di attività settimanale con orario ridotto (part-time orizzontale e misto).
Nella prima ipotesi, i versamenti volontari – oltre che attribuire un imponibile ai periodi interessati – aumenteranno contemporaneamente l’anzianità contributiva utile per il diritto e per la misura della pensione.
Nella seconda ipotesi, invece, l’esercizio della facoltà in esame produrrà, di norma, un incremento della sola anzianità contributiva utile per la misura della pensione e la contestuale integrazione della retribuzione dell’anno interessato, salvi gli eventuali effetti prodotti dall’incremento retributivo sull’anzianità utile per il diritto alla pensione (articolo 7 della legge n. 638/1983).
4) REQUISITI PER L’AUTORIZZAZIONE AI VERSAMENTI VOLONTARI
L’articolo 8 in esame, al comma 2, stabilisce che possono essere autorizzati ai versamenti volontari per i periodi di occupazione a tempo parziale successivi al 31 dicembre 1996, i lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l’IVS ed alle forme di essa sostitutive ed esclusive che facciano valere almeno un anno di contribuzione effettiva nel quinquennio precedente la data della relativa domanda.
Occorre altresì ricordare che, secondo il comma 3 del medesimo articolo 8, gli interessati devono provare lo stato di occupazione a tempo parziale per tutto il periodo che intendono coprire e/o integrare in forma volontaria. Tuttavia, considerato che lo status di lavoratore a tempo parziale è rilevabile direttamente dagli archivi di questo Istituto, si ritiene che nessuna particolare documentazione debba essere prodotta in tal senso dagli interessati.
In merito agli effetti derivanti dalla contribuzione volontaria in esame potranno verificarsi le seguenti ipotesi:
a) il versamento avrà funzione di copertura - utile ai fini del diritto e della misura della pensione - nei casi di part-time verticale con prestazioni lavorative a tempo pieno in alcune settimane del periodo richiesto, intervallate da settimane interamente non lavorate;
b) il versamento avrà, di norma, funzione integrativa - utile ai fini della misura della pensione - nei casi di part-time orizzontale con prestazioni lavorative in ogni settimana del periodo richiesto, salva l’ipotesi in cui il versamento, incrementando l’imponibile annuo, riduca o annulli gli effetti prodotti dall’applicazione dell’articolo 7 della legge n. 638/1983 ed assuma perciò efficacia anche ai fini del diritto a pensione;
c) il versamento avrà funzione integrativa - utile ai fini della misura della pensione -per i periodi di attività lavorativa settimanale ad orario ridotto e funzione di copertura - utile ai fini del diritto e della misura della pensione - per i periodi interamente non lavorati, nei casi di part-time misto.
5) EFFICACIA DELL’AUTORIZZAZIONE, TERMINI DI PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA E DECADENZA DALLA FACOLTÀ
Considerato che i lavoratori a tempo parziale possano essere ammessi ai versamenti volontari non solo in costanza di attività lavorativa ma anche sulla base di un requisito contributivo ridotto, è di tutta evidenza che la relativa autorizzazione sarà finalizzata unicamente alla copertura dei periodi di attività a part-time.
Pertanto, al fine di verificare la validità della richiesta e di determinare correttamente il contributo volontario da versare, si ritiene che tale particolare autorizzazione - finalizzate alla copertura intera e/o integrativa dei periodi di non attività, correlati allo specifico rapporto di lavoro a tempo parziale - debba essere rilasciata sulla base di apposite domande di volta in volta prodotte dagli interessati con riferimento ad anni già conclusi ed a situazioni contributive consolidate.
Allo scopo è stato predisposto uno specifico modulo di domanda (v. allegato n. 3), che consente agli interessati di indicare i periodi di part-time per i quali viene richiesta l’autorizzazione ai versamenti volontari. Lo stesso modulo potrà essere utilizzato da coloro che, avendo cessato l’attività lavorativa, intendono richiedere anche l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria.
Il modello dovrà essere riprodotto a cura delle Sedi e messo a disposizione degli interessati. Con successiva comunicazione verrà resa nota la disponibilità in INTERNET/INTRANET della versione editabile del modello in esame.
Gli interessati potranno essere autorizzati ai versamenti volontari in esame a condizione che presentino domanda di autorizzazione, pena la decadenza, entro i 12 mesi successivi alla data di scadenza ordinaria del termine per la consegna ai lavoratori della certificazione CUD riferita all’anno interessato.
Si sottolinea che, una volta decorso il suddetto termine, non sarà più possibile coprire il relativo periodo con versamenti volontari, ma potrà essere esercitata la sola facoltà di riscatto, ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 8.
6) VERIFICA DEL REQUISITO CONTRIBUTIVO E CALCOLO DEL CONTRIBUTO VOLONTARIO
È appena il caso di ricordare che, ai fini della verifica del requisito contributivo necessario al rilascio dell’autorizzazione, dovranno essere prese in considerazione tutte le settimane durante le quali è stata svolta attività lavorativa, ancorché a tempo parziale, cioè le settimane utili ai fini del diritto a pensione, nel rispetto, ovviamente, della previsione del più volte citato articolo 7 della legge n. 638/1983.
Una volta verificato il requisito contributivo ed individuato il numero delle settimane per le quali può essere autorizzato il versamento, l’importo del contributo volontario dovuto dovrà essere quantificato sul valore medio settimanale della retribuzione imponibile percepita dal richiedente nell’anno interessato.
A tal fine si ricorda che il valore medio settimanale della retribuzione utile per il calcolo del contributo volontario dovrà essere determinato dividendo l’importo complessivo delle retribuzioni relative all’anno considerato per il numero delle settimane utili per la misura della pensione (vedere esempi all’allegato n. 4).
Il predetto valore costituisce l’ammontare medio teorico della retribuzione di una settimana interamente lavorata è dovrà essere indifferentemente utilizzato per determinare l’importo settimanale dei contributi volontari da versare:
· per i periodi interamente privi di assicurazione (contributo settimanale per numero delle settimane di part-time verticale interamente non lavorate, da coprire ai fini del diritto e della misura della pensione);
· per le settimane parzialmente lavorate nel part-time orizzontale e nel part-time misto (contributo settimanale per numero delle settimane di part-time che si vogliono coprire ai fini della misura della pensione).
Per il calcolo del contributo da porre a carico dei richiedenti dovrà essere applicata l’aliquota percentuale IVS vigente nella gestione interessata e nel periodo da coprire o da integrare in forma volontaria.
7) NOTIFICA DELL’AUTORIZZAZIONE E TERMINI DI VERSAMENTO
Il provvedimento di autorizzazione ed il bollettino predisposto per il versamento volontario dovranno essere inviati al richiedente mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
I versamenti autorizzati dovranno essere effettuati dall’interessato entro e non oltre la fine del trimestre successivo a quello di notifica della relativa autorizzazione, pena la decadenza. I versamenti effettuati in ritardo sono inefficaci e dovranno essere rimborsati, senza maggiorazione per interessi.
Si ribadisce che, una volta decorso il previsto termine di versamento, l’interessato non potrà più avvalersi dei versamenti volontari per coprire i periodi scaduti, ma potrà ottenerne la relativa copertura unicamente mediante riscatto (articolo 8, comma 1, del D.Lgs. in esame)
8) RILASCIO DI DUPLICE AUTORIZZAZIONE
Qualora l’autorizzazione ai versamenti volontari per periodi di part-time venisse richiesta da un assicurato che faccia anche valere i requisiti per l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria (cessazione dell’attività lavorativa, assenza di ulteriori cause ostative e requisito contributivo di tre anni nel quinquennio, ovvero di cinque anni della vita assicurativa), dovrà essere concessa una duplice autorizzazione:
· la prima, specifica e con validità limitata alla copertura e/o all’integrazione dei periodi di part-time già trascorsi;
· la seconda, con efficacia a tempo indeterminato, per la copertura dei periodi successivi alla decorrenza assegnata (1° sabato successivo alla domanda) e delle eventuali settimane prive di contribuzione, comprese nel semestre anteriore alla domanda.
L’utilizzo di ciascuna delle autorizzazione comporterà, ovviamente, il rispetto dei corrispondenti termini di versamento della contribuzione volontaria. I pagamenti dovranno essere effettuati:
· entro l’ultimo giorno del trimestre successivo a quello di notifica della relativa autorizzazione, se finalizzati alla copertura e/o all’integrazione dei periodi di lavoro a part-time (pagamento in unica soluzione);
· entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre solare successivo a quello cui si riferiscono i contributi, per la copertura di periodi successivi alla cessazione dell’attività lavorativa (pagamento trimestrale, per ciascuno dei trimestri solari che verranno coperti volontariamente).
Le Sedi verranno informate con apposito messaggio in merito al rilascio delle procedure di calcolo del contributo volontario dovuto in costanza di lavoro a tempo parziale di cui alla presente circolare.
9) CONSIDERAZIONI FINALI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Alla luce di quanto sopra illustrato appare evidente che, in presenza del requisito contributivo richiesto dalla norma in trattazione, tutti coloro che facciano valere periodi di lavoro a tempo parziale successivi al 31 dicembre 1996, potranno essere autorizzati ai versamenti volontari indipendentemente dal tipo di contratto che regola lo svolgimento della relativa attività.
Devono ritenersi conseguentemente superate le disposizioni di cui alla parte seconda, punto 1 della circolare n. 123 del 31 maggio 1993 (veniva esclusa la possibilità di effettuare versamenti volontari per i lavoratori a tempo parziale con contratto di tipo orizzontale o verticale), nonché le disposizioni riguardanti i versamenti volontari dei lavoratori occupati a part-time, di cui al punto 1 della circolare n. 111 del 18 maggio 1999.
Peraltro, tenuto conto che le istruzioni impartite con le predette circolari possono aver indotto gli interessati a non richiedere l’autorizzazione ai versamenti volontari ai sensi della norma in trattazione, si dispone che vengano favorevolmente decise le richieste finalizzate alla copertura volontaria dei periodi di attività svolta a part-time dal 1° gennaio 1997 in poi, presentate entro tre mesi dalla data di pubblicazione della presente circolare, pena la decadenza. Analogamente potranno essere riesaminate, su istanza degli interessati - da presentare entro il suddetto termine di tre mesi, pena la decadenza - le pratiche già definite sulla base di criteri non conformi a quelli sopra illustrati.
Sarà pertanto cura delle Sedi dare la massima diffusione alla circostanza di cui sopra, per consentire ai diretti interessati di avvalersi in tempo utile della predetta opportunità.
In relazione a tali domande ed in via del tutto eccezionale, il requisito contributivo per il rilascio dell’autorizzazione dovrà essere verificato alla data di presentazione della domanda a prescindere dagli anni per i quali viene richiesta l’autorizzazione al versamento.
Decorsi tre mesi dalla pubblicazione della presente circolare l’autorizzazione ai versamenti volontari potrà essere rilasciata solo con riferimento a periodi per i quali non è ancora decorso il termine di presentazione della relativa domanda (entro 12 mesi dalla scadenza fissata per la consegna del CUD dell’anno interessato).
Con l’occasione si fa presente che i ricorsi inerenti le problematiche oggetto della presente circolare, ancora giacenti presso la scrivente Direzione, verranno restituiti alle competenti Strutture periferiche per la relativa definizione sulla base delle istruzioni che precedono e per la successiva notifica ai diretti interessati delle decisioni assunte in merito.
Il Direttore Generale
Crecco
Circolare 17 del 8 febbraio 2006
Oggetto:
Decreto legislativo 10.9.2003, n. 276, articoli da 33 a 40. Contratto di lavoro intermittente.
Allegati 5
SOMMARIO:Disciplina previdenziale del rapporto di lavoro intermittente.
Ai sensi degli articoli da 33 a 40 del D.Lgs. 10.9.2003, n. 276, di attuazione dell’articolo 4 della legge 14.2.2003, n. 30 (recante deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro), il contratto di lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui al successivo articolo 34 della stessa fonte.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con circolare n. 4 del 3 febbraio 2005 (in G.U. Serie Generale n. 33 del 10.2.2005) (All. 1), ha dettato chiarimenti in merito al corretto inquadramento di tale nuova fattispecie contrattuale, precisando altresì che la finalità alla quale essa risponde è quella di dare adeguata veste giuridica a prestazioni di lavoro discontinue e intermittenti, anche al fine di regolarizzare prassi esistenti, e quantitativamente rilevanti, di lavoro non dichiarato o comunque non regolare. Il predetto dicastero ha inoltre precisato che:
il contratto di lavoro intermittente è una speciale tipologia di contratto di lavoro subordinato;
al contratto di lavoro intermittente si applica, per quanto compatibile, il complesso delle discipline stabilite per il rapporto di lavoro subordinato;
esso può essere stipulato a tempo indeterminato o a tempo determinato, ai sensi dell’art. 33, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003;
in caso di contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, le ragioni che legittimano la stipula del contratto sono indicate dal D.Lgs. n. 276/2003 e/o dalla contrattazione collettiva, e non trova applicazione la disciplina di cui al D.Lgs. n. 368/2001;
in quanto speciale tipologia di rapporto di lavoro subordinato, non trova ad esso applicazione, neanche per analogia, la disciplina del contratto di lavoro a tempo parziale;
possono essere conclusi dallo stesso lavoratore più contratti di lavoro intermittente con diversi datori di lavoro; il contratto di lavoro intermittente può altresì coesistere con altre tipologie contrattuali, a patto che tra le varie tipologie di rapporti non sussistano incompatibilità.
Tipologie di contratto di lavoro intermittente.
Lo schema negoziale del lavoro intermittente prevede:
Lavoro intermittente con espressa pattuizione dell’obbligo di disponibilità: il lavoratore si obbliga a restare a disposizione del datore di lavoro, a tempo indeterminato o a termine, per effettuare prestazioni lavorative in maniera intermittente, cioè quando il datore stesso le richieda; egli riceve, in cambio del vincolo di disponibilità assunto, una indennità di disponibilità;
Lavoro intermittente senza obbligo di disponibilità: in questa fattispecie il prestatore non si impegna contrattualmente ad accettare la chiamata del datore di lavoro, e dunque non matura il diritto all’indennità correlata all’impegno di disponibilità, bensì solo la retribuzione per il lavoro eventualmente prestato.
Come indicato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali con circolare n. 4/2005 il datore di lavoro può utilizzare la prestazione lavorativa dei lavoratori intermittenti nei limiti di cui all’articolo 34 del D.Lgs. n. 276/2003 e cioè:
per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale;
per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno ai sensi dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 276/2003 (1);
in via sperimentale con soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di età ovvero con lavoratori con più di 45 anni di età, anche pensionati (2).
La prima tipologia è individuata dal legislatore con riferimento alle oggettive caratteristiche delle prestazioni, che devono essere di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze indicate in via preventiva dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale. In assenza di previsioni autorizzatorie da parte della contrattazione collettiva, è stato previsto dall’articolo 40 del D.Lgs. n. 276 del 2003 l’intervento, in via provvisoriamente sostitutiva, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con apposito decreto da adottarsi trascorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo. In attuazione di tale previsione è stato quindi adottato il D.M. 23.10.2004, pubblicato il G.U. 4.11.2004, n. 259 (All. 2), che ha fatto rinvio alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al R.D. 06.12.1923, n. 2657(3). Il Ministero ha precisato nella circolare richiamata che le attività indicate nella predetta tabella devono essere considerate unicamente come parametro di riferimento oggettivo per sopperire alla mancata individuazione da parte delle fonti contrattuali delle esigenze di carattere discontinuo o intermittente specifiche di ogni settore, cosicché non devono ritenersi operanti, ai fini dell’individuazione della tipologia di attività lavorativa oggetto del contratto di lavoro intermittente, i requisiti dimensionali e le altre limitazioni alle quali il decreto fa riferimento.
La seconda tipologia di contratto è individuata dalle norme con riferimento ai periodi temporali di possibile esecuzione delle prestazioni di lavoro, e si caratterizza inoltre per il fatto che l’indennità di disponibilità, pur pattuita tra le parti, spetta al lavoratore solo in caso di effettiva chiamata nel periodo di riferimento.
La terza tipologia di casi è individuata dall’art. 34, comma 2, con riferimento alle condizioni soggettive dei prestatori di lavoro. Ai sensi di questa norma il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età, anche pensionati.
Secondo le precisazioni contenute nella richiamata circolare, al contratto di lavoro intermittente si applica, per quanto compatibile, la disciplina prevista per il rapporto di lavoro subordinato, limitatamente ai periodi nei quali il lavoratore si trova a svolgere effettivamente la prestazione di lavoro che è oggetto del contratto. Diversamente, per i periodi di disponibilità concordata tra le parti, tali discipline non risultano applicabili.
Divieti.
É vietato il ricorso al lavoro intermittente:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
c) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.
Forma
L’articolo 35 prevede che il contratto di lavoro intermittente debba essere stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:
a) indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall'articolo 34 che consentono la stipulazione del contratto;
b) luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
c) il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista, nei limiti di cui al successivo articolo 36;
d) indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione;
e) i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
f) le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
Trattamento previdenziale
Come sopra precisato, al contratto di lavoro intermittente si applica, per quanto compatibile, la disciplina prevista per il rapporto di lavoro subordinato, limitatamente ai periodi nei quali il lavoratore si trova a svolgere effettivamente la prestazione di lavoro che è oggetto del contratto. Sussiste inoltre, come indicato nella circolare ministeriale, un principio di non discriminazione del lavoratore intermittente rispetto al lavoratore ordinario. Da ciò consegue che ai fini degli adempimenti previdenziali trovano applicazione le ordinarie previsioni dettate per la generalità dei lavoratori del settore di attività nel quale il lavoratore intermittente viene impiegato e, in particolare, le disposizioni in materia di minimale contrattuale e giornaliero di cui all’art. 1, comma 1, della legge n. 389 del 1989 e all’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 638/1983, a parità di orario di lavoro svolto (4).
Qualora la durata dell’attività svolta sia stata inferiore a quella contrattualmente prevista per la generalità dei lavoratori della stessa qualifica dipendenti dall’azienda, troverà applicazione il criterio dettato dall’articolo 38, comma 2, del D.Lgs. n. 276 del 2003, in base al quale il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente, da individuarsi, come sopra detto sulla base delle ordinarie previsioni vigenti per i lavoratori ad orario pieno, deve essere riproporzionato in relazione alla durata della prestazione lavorativa effettivamente eseguita dal lavoratore. Per quanto attiene al trattamento previdenziale, il proporzionamento in questione si deve effettuare dividendo l’importo della retribuzione da prendere a riferimento ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge n. 389/1989 e/o dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 638/1983 (che determinano rispettivamente il minimale contrattuale e giornaliero di retribuzione imponibile ai fini previdenziali) per le ore di lavoro corrispondenti nello stesso periodo. Ne deriverà l’individuazione di un valore retributivo orario, costituente un mero parametro di calcolo, che dovrà essere poi moltiplicato per le ore di lavoro effettivamente svolte dal lavoratore nello stesso periodo, al fine di individuare la retribuzione da prendere in riferimento ai fini dell’adempimento degli obblighi previdenziali.
Occorre inoltre tenere in considerazione l’eventualità che la chiamata del lavoratore avvenga negli ultimi giorni del mese, con la conseguente difficoltà per i datori di lavoro di rispettare i termini ordinariamente previsti per la presentazione della denuncia mensile DM/10 e per il versamento dei contributi. A tale proposito si ritiene possibile avvalersi delle previsioni contenute nella delibera n. 5 del 26.03.1993, punto 2), trattandosi in sostanza di dover tenere conto di una variabile della retribuzione legata alla particolarità della tipologia contrattuale prescelta dalle parti del rapporto di lavoro, che rende fisiologicamente incerta la retribuzione da prendere in considerazione nel mese (5).
b) Periodi di disponibilità
Ai sensi dell’art. 38, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 per tutto il periodo in cui il lavoratore intermittente è in disponibilità, in carenza di una prestazione di lavoro, non è titolare di alcun diritto tra quelli riconosciuti ai lavoratori subordinati e non matura alcun trattamento economico e normativo, salva l’indennità di disponibilità che gli é dovuta quale corrispettivo della espressa pattuizione contenuta nel contratto di lavoro intermittente.
La misura della predetta indennità è stabilita dai contratti collettivi e comunque non può essere inferiore a quella prevista, ovvero periodicamente aggiornata, con decreto del Ministero del lavoro. Il D.M. 10.3.2004, pubblicato in G.U. 22.3.2004, n. 68 (All. 3), ha stabilito in proposito un importo non inferiore al 20 per cento della retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato, precisando gli elementi che a tale fine devono essere presi a riferimento, ossia minimo tabellare, indennità di contingenza, Edr, ratei di mensilità aggiuntive. L’indennità è divisibile in quote orarie.
Il Ministero ha precisato che l’indennità ha natura di reddito da lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51 del TUIR, in quanto somma dovuta in relazione ad un rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue che sussiste l’obbligo contributivo previdenziale ed assistenziale con riferimento all’importo di indennità pattuito tra le parti nel contratto individuale, senza il rispetto delle ordinarie disposizioni in materia di minimale giornaliero e/o contrattuale di retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Infatti, anche se l’articolo 38, comma 3, sancisce che per tutto il periodo in cui il lavoratore intermittente resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati, poiché ai sensi dell’articolo 36, comma 2, le somme corrisposte a titolo di indennità di disponibilità sono soggette a contribuzione obbligatoria sia ai fini IVS che ai fini delle prestazioni di malattia e maternità, è da ritenere che tali eventi debbano essere assicurati anche in tali periodi. Al di fuori di tale previsione, l’art. 36, co. 3 dispone che l’indennità è espressamente esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo.
Casi particolari:
l’art. 36, comma 4, prevede che in caso di malattia o altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto ad informare tempestivamente il datore di lavoro; in tale periodo di temporanea indisponibilità egli non matura il diritto all’indennità di disponibilità; se invece non ottempera all’obbligo di comunicazione predetto, perde il diritto all’indennità stessa per un periodo pari a 15 giorni;
l’art. 36, comma 6, prevede che se il lavoratore che a ciò si è obbligato contrattualmente, rifiuta senza giustificazione di rispondere alla chiamata da parte del lavoratore, può aversi, tra l’altro, la restituzione della quota di indennità riferita al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto.
In entrambi i casi che precedono, pertanto, si avrà una riduzione dell’indennità pattuita nel contratto accompagnata da una correlativa riduzione del versamento contributivo.
Ulteriore fattispecie particolare è quella in cui il contratto di lavoro intermittente preveda lo svolgimento delle prestazioni intermittenti solo in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno; in tal caso il diritto alla indennità sussiste solo se il lavoratore, che si è obbligato a rispondere alla chiamata, sia poi effettivamente chiamato; in tal caso l’indennità deve essere corrisposta, e quindi è dovuta, per tutto il periodo di inattività precedente e successivo alla chiamata, nell’arco del periodo di disponibilità pattuito.
Retribuzione convenzionale
L’articolo 36, comma 7, del D.Lgs. n. 276 del 2003 ha previsto l’adozione di un decreto ministeriale per la definizione di una misura di retribuzione convenzionale in relazione alla quale i lavoratori intermittenti potranno versare l’eventuale differenza contributiva con riferimento ai periodi di lavoro nei quali hanno percepito una retribuzione di importo inferiore rispetto alla stessa retribuzione convenzionale ovvero abbiano usufruito dell’indennità di disponibilità, fino a concorrenza della medesima misura.
Con D.M. 30.12.2004, pubblicato in G.U. Serie Generale del 18.2.2005, n. 40 (All. 4), è stata determinata la retribuzione convenzionale in relazione alla quale i lavoratori intermittenti possono versare la differenza contributiva per i periodi in cui abbiano percepito una retribuzione ovvero abbiano usufruito dell’indennità di disponibilità in misura inferiore a quella corrispondente alla predetta retribuzione convenzionale.
Il parametro retributivo convenzionale individuato è quello disciplinato dall’art. 7, comma 1, primo periodo del D.L. 12.9.1983, n. 463, convertito in legge 11.11.1983, n. 638, come modificato dall’art. 1, comma 2, primo periodo, del D.L. 9.10.1989, n. 338, convertito in legge 7.12.1989, n. 389, e successive modificazioni (limite per l’accredito dei contributi obbligatori e figurativi). Pertanto, qualora dalla riparametrazione come sopra effettuata derivi l’individuazione di un valore retributivo di riferimento inferiore a quello corrispondente alla retribuzione convenzionale individuata ai sensi del suddetto decreto, il lavoratore intermittente potrà versare la contribuzione sulla differenza.
Qualora, invece, dalla riparametrazione consegua l’individuazione di un valore retributivo superiore a quello corrispondente alla retribuzione convenzionale, l’obbligo assicurativo dovrà essere assolto in relazione al predetto valore.
Lavoro intermittente ed agevolazioni contributive
Con riferimento all’applicabilità di agevolazioni contributive (es: legge 407/1990, legge n. 223/1991) in caso di instaurazione di rapporti di lavoro intermittente, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha recentemente precisato (6) che ogni ipotesi agevolativa, rivestendo carattere di eccezionalità e derogando alla normale disciplina sugli obblighi di carattere contributivo, in linea di massima, sembra applicabile nei soli casi in cui sia espressamente richiamata.
Poiché il D.Lgs. n. 276/2003, relativamente al contratto di lavoro intermittente, non ha operato alcun riferimento all’applicabilità di specifiche agevolazioni contributive già vigenti nel nostro ordinamento, ne consegue che per detta tipologia contrattuale non è possibile accedere ad alcuna misura agevolativa.
ISTRUZIONI PROCEDURALI.
Modalità di compilazione della denuncia DM10.
Ai fini del corretto assolvimento degli obblighi contributivi riferiti ai lavoratori in questione, le aziende interessate si atterranno alle seguenti modalità:
Nel quadro “A” del modello DM10/2 i lavoratori intermittenti vanno ricompresi nel computo dei lavoratori in forza all’azienda, indipendentemente dall’orario di lavoro svolto.
Ai fini del calcolo della forza aziendale “FZ”, il prestatore di lavoro intermittente è computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre, ai sensi dell’art. 39 L.276/2003; non vanno pertanto considerate le ore in cui il lavoratore resta in disponibilità.
Esempio n.1
Numero dipendenti retribuiti tempo pieno: 12
Numero dipendenti non retribuiti: 1
Numero dipendenti a chiamata: 2
Orario di lavoro contrattuale mensile a tempo pieno:160 ore.
Ore di lavoro svolte dai lavoratori a chiamata nel semestre:
1° lavoratore 80
2° lavoratore 80
Totale delle ore di lavoro svolte dai lavoratori a chiamata = 160 (160/160 = 1) .
Numero dei dipendenti da indicare nel quadro A:15.
Numero dei dipendenti da indicare con il codice FZ:14.
Esempio n.2
Numero dipendenti retribuiti tempo pieno: 12
Numero dipendenti a chiamata: 4
Orario di lavoro contrattuale mensile a tempo pieno:160 ore.
Ore di lavoro svolte dai lavoratori a chiamata nel semestre:
1° lavoratore 90
2° / 50
3° / 85
4° / 15
Totale delle ore di lavoro svolte dai lavoratori a chiamata = 240 (240/160 = 1,5), arrotondato a 1
Numero dei dipendenti da indicare nel quadro A:16.
Numero dei dipendenti da indicare con il codice FZ:13.
I lavoratori intermittenti devono essere esposti nel quadro B-C del modello DM10/2, utilizzando i codici di nuova istituzione che seguono:
nel caso di lavoratore con contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato “1G00” (operaio), “2G00” (impiegato).
nel caso di lavoratore con contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato per i periodi in cui percepisce l’indennità di disponibilità “1G0T” (operaio), “2G0T” (impiegato).
nel caso di lavoratore con contratto di lavoro intermittente a tempo determinato “1H00” (operaio), “2H00” (impiegato).
nel caso di lavoratore con contratto di lavoro intermittente a tempo determinato per i periodi in cui percepisce l’indennità di disponibilità “1H0T” (operaio), “2H0T” (impiegato).
In corrispondenza dei codici sopra esposti, le aziende indicheranno nelle caselle:
“N. dipendenti” il numero dei lavoratori;
“N. giornate”, le ore retribuite nel caso di lavoratore chiamato a svolgere la prestazione ovvero le ore per le quali ha percepito l’indennità di disponibilità;
“Retribuzioni”, l’ammontare delle retribuzioni imponibili erogate al lavoratore per la prestazione eseguita ovvero l’ammontare dell’indennità di disponibilità corrisposta al lavoratore nel mese di riferimento;
“Somme a debito”, la contribuzione dovuta.
8.3. Modalità di compilazione del mod. EMens
Ai fini della compilazione della denuncia EMens sono istituiti i nuovi codici tipo contribuzione, con il seguente significato:
G0
Lav. interm. tempo indeterminato
H0
Lav. interm. tempo determinato
Nel ribadire che la contribuzione obbligatoria verrà accreditata tanto ai periodi di effettiva prestazione lavorativa, quanto a quelli in cui è stata corrisposta l’indennità di disponibilità, i datori di lavoro, ai fini della composizione del flusso EMens, dovranno indicare:
nell’elemento <TipoContribuzione> i particolari codici tipo contribuzione sopra elencati;
nell’elemento <Imponibile> l’intero imponibile esposto nel DM10/2 (sommatoria di retribuzione effettiva e indennità di disponibilità)
nell’elemento <Settimana> le informazioni relative alle settimane e/o frazioni di settimana del mese denunciato, per le quali è stata corrisposta retribuzione e/o indennità di disponibilità;
nell’elemento <SettimaneUtili> il numero - espresso in centesimi - delle settimane ottenute dividendo il totale delle ore retribuite nel mese per l’orario contrattuale settimanale del corrispettivo lavoratore a tempo pieno (ad esempio, nel caso di 98 ore retribuite nel mese e di 40 ore contrattuali settimanali si indicherà il valore 245, esprimendo in centesimi il risultato così ottenuto 98 : 40 = 2,45).
Qualora nel mese sia stata corrisposta anche l’indennità di disponibilità, nella sezione <DatiParticolari> dovrà essere compilato l’elemento <DispIntermittenti>, di nuova istituzione, valorizzando gli elementi:
<ImportoDisp>, con l’ammontare della sola indennità di disponibilità, già totalizzato nell’imponibile mensile,
<NumSettimaneDisp> con il numero delle settimane in cui l’indennità è stata pagata
<SettimaneUtiliDisp> con il numero - espresso in centesimi - delle settimane ottenute dividendo il numero delle sole ore indennizzate nel mese per l’orario contrattuale settimanale del corrispettivo lavoratore a tempo pieno.
Qualora l’assunzione del lavoratore sia avvenuta negli ultimi giorni del mese, con conseguente denuncia dei contributi nel mese successivo a quello di riferimento, dovrà essere comunque compilata la denuncia EMens, nella quale - oltre agli elementi identificativi del lavoratore - verranno valorizzati anche gli elementi <Assunzione>, <Settimana>.
Analogamente si dovrà operare nel caso di chiamata del lavoratore negli ultimi giorni del mese, tenuto conto della particolare tipologia contrattuale in esame, che può rendere difficile per l’azienda il rispetto dei termini ordinari di presentazione della denuncia mensile DM/10 e versamento dei contributi.
Il Direttore Generale
Crecco
NOTE
(1) Detti periodi sono stati individuati nella richiamata circolare ministeriale come segue:
week-end: dalle 13 del venerdi pomeriggio alle 06.00 del lunedì mattina;
festività natalizie: dal 1° dicembre al 10 gennaio;
festività pasquali: dalla domenica delle Palme al martedì successivo al Lunedì dell’Angelo;
ferie estive: dal 1° giugno al 30 settembre.
Ulteriori periodi possono essere previsti dai contratti collettivi stipulati da associazioni di datori e prestatori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, ovvero, in via suppletiva, dal decreto ministeriale previsto all’articolo 40.
(2)La disposizione contenuta nel testo originario dell’art. 34, co. 2, è stata così modificata dall’art. 1bis della legge 14.05.2005, n. 80, di conversione del D.L. 2005, n. 35. Pertanto, a decorrere dall’entrata in vigore di questa norma, non si richiede più per la conclusione del contratto in questione il requisito della disoccupazione o in occupazione per i soggetti con meno di 25 anni di età, e non è più previsto per i lavoratori con più di 45 anni di età l’avvenuta espulsione dal ciclo produttivo ovvero l’iscrizione nelle liste di mobilità e di collocamento.
(3)La tabella contiene, come noto, l’elenco delle occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia alle quali non si applicano le limitazioni dell’orario di lavoro sancite dall'art. 1 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692(art. 3, R.D.L. 15.03.1923, n. 692, e art. 6 del regolamento 10.09.1923, n. 1955).
(4) Cfr. Circolare n. 21 del 4 febbraio 2005.
(5) Cfr. circolare n. 292 del 3.12.1993 e circolare n. 117 del 7.12.2005, punto 1.
(6) Cfr. la risposta ad istanza di interpello ex art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 del 22 dicembre 2005, allegato 5.
All. 1
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
CIRCOLARE 3 febbraio 2005, n.4
Lavoro intermittente, articoli 33 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Chiarimenti e indicazioni operative.
Premessa.
In attuazione dell'art. 4 della legge 14 febbraio 2003, n. 30, in materia di occupazione e mercato del lavoro é stata introdotta nel nostro ordinamento una nuova tipologia di contratto denominato – in ragione della intermittenza o discontinuità della prestazione lavorativa - «lavoro intermittente». Detta tipologia contrattuale si presenta in una duplice versione, con o senza l'obbligo di corrispondere una indennità di disponibilità, a seconda della scelta del lavoratore di vincolarsi o meno all'obbligo di rispondere alla chiamata del datore di lavoro. Ad esso si applica, per quanto compatibile, la normativa prevista per il rapporto di lavoro subordinato, ma limitatamente ai periodi in cui il lavoratore si trova a svolgere effettivamente la prestazione lavorativa oggetto del contratto. Durante i periodi di inattività o di disponibilità, invece, tali norme non risultano essere applicabili e il lavoratore di conseguenza maturerà esclusivamente una indennità di disponibilità se e in quanto contrattualmente prevista. Finalità della nuova tipologia contrattuale é quella di dare adeguata veste giuridica a prestazioni di lavoro discontinue e intermittenti, anche al fine di regolarizzare prassi esistenti e quantitativamente rilevanti di lavoro non dichiarato o comunque non regolare. Emblematico é, per esempio, il fenomeno del «lavoro a fattura», con l'emissione di semplici note o fatture a titolo di lavoro autonomo da parte di soggetti a cui é in realtà richiesta una prestazione lavorativa a chiamata con caratteristiche tipiche del lavoro dipendente. Si tratta di prassi che ledono gravemente i diritti dei prestatori di lavoro e che risultano distorsive della stessa competizione corretta tra imprese.
Definizione e tipologie.
Il contratto di lavoro intermittente é disciplinato dagli articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003. L'art. 33 definisce il contratto di lavoro intermittente come quel contratto con il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui al successivo art. 34 e cioè:
1) per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulali da associazioni dei datori e prestatori dilavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale;
2) per periodo predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno ai sensi del successivo art. 37; 3) in via sperimentale con soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di età ovvero con lavoratori con più di 45 anni che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o che siano iscritti dalla liste di mobilità e di collocamento.
Si tratta dunque di una particolare tipologia di lavoro dipendente attivabile in ragione della ricorrenza di determinate condizioni oggettive, individuate come tali dai contratti collettivi ovvero dalla stesso decreto legislativo n. 276/2003 per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno e in via sperimentale, in ragione delle condizioni soggettive del prestatore di lavoro.
L'art. 40 inoltre prevede che, in assenza disciplina contrattuale, il inistero del lavoro e delle politiche sociali «individua in via provvisoria e con proprio decreto... i casi in cui é ammissibile il ricorso al lavoro intermittente». Tale intervento ministeriale é peraltro rinvenibile nel decreto ministeriale 23 ottobre 2004 il quale ammette la stipulazione di contratti di lavoro intermittente
con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657.
Ambito di applicazione.
Il decreto legislativo n. 276 del 2003 ammette dunque, in via sperimentale, il ricorso al lavoro intermittente di tipo a-causale in funzione cioè delle sole condizioni soggettive del prestatore di lavoro e, precisamente, con riferimento a:
a)giovani disoccupati e inoccupati con meno di 25 anni di età ai sensi del decreto legislativo n. 181/2000 come modificato dal decreto legislativo n. 297/2002;
b) disoccupati con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o siano iscritti alle liste di mobilità e di collocamento.
Ai fini della stipulazione di un contratto di lavoro intermittente di tipo a-causale il concetto di disoccupato si desume dall'art. 1 del decreto legislativo n. 181 del 2000, come modificato dal decreto legislativo n. 297 del 2002, là dove fa riferimento alla «condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento e alla ricerca di un'attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti». Lo stesso articolo individua la condizione di giovane inoccupato in quella del soggetto di età inferiore ai 25 anni che, senza aver svolto in precedenza alcuna attività lavorativa, sia alla ricerca di occupazione da più di sei mesi. Il concetto di «lavoratore espulso dal ciclo produttivo» va inteso, secondo la ratio della legge n. 3 del 2003, in senso atecnico e ampio, con riferimento cioè anche a coloro che hanno estinto il rapporto usufruendo di incentivi all'esodo. Accanto alle ipotesi sperimentali, il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno ai sensi dell'art. 37.
In attuazione del disposto di cui all'art. 40 del decreto legislativo n. 276 del 2003 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali é peraltro intervenuto a individuare in via provvisoria e con proprio decreto, stante la perdurante assenza dei contratti collettivi, i casi in cui é ammissibile il ricorso al lavoro intermittente ai sensi della disposizione di cui all'art. 34, comma 1, e dell'art. 37, comma 2. Il decreto ministeriale 23 ottobre 2004 ha rinviato, a questo proposito, alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al regio decreto n. 2657de1 1923.
Coerentemente al disposto di cui all'art. 40 del decreto legislativo n. 276 del 2003, e in aderenza alla lettera del decreto ministeriale 23 ottobre 2004 che rinvia alle «tipologie di attività»
di cui alla tabella allegata al regio decreto n. 2657 del 1923, le attività ivi indicate devono essere considerate come parametro di riferimento oggettivo per sopperire alla mancata individuazione da parte della contrattazione collettiva alla quale il decreto ha rinviato per l'individuazione delle esigenze a carattere discontinuo ed intermittente specifiche per ogni settore. Pertanto i requisiti dimensionali e le altre limitazioni alle quali il regio decreto fa riferimento (es. autorizzazione dell'ispettore del lavoro) non operano ai fini della individuazione della tipologia di attività lavorativa oggetto del contratto di lavoro intermittente. Non rileva pertanto neppure un giudizio caso per caso circa la natura intermittente o discontinua della prestazione essendo questo compito rinviato ex ante alla contrattazione collettiva o, in assenza, al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali cui spetta il compito di individuare, mediante una elencazione tipologica o per clausole generali, quelle che sono le esigenze che consentono la stipulazione dei contratti di lavoro intermittente.
Forma del contratto.
Ai sensi dell'art. 35 del decreto legislativo n. 276 del 2003 il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:
a)l'indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall'art. 34, del decreto legislativo n. 276 del 2003 che consentono la stipulazione del contratto;
b)il luogo e la modalità della disponibilità,eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo. Nel caso in cui il datore abbia più sedi o più unità produttive deve essere espressamente specificato per quale sede si intende garantire la propria disponibilità se per una sola o per tutte;
c)il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
d) l'indicazione delle forme e modalità con cui il datore di lavoro é legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione adottate in azienda (registrazione libro presenze, badge ecc.). Ai fini dell'art. 36, comma 5, nel contratto deve essere specificata la modalità della chiamata che deve essere effettuata in forma scritta (fax, e-mail, telegramma o raccomandata) oppure in forma orale. Deve altresì essere prevista la forma e la modalità della conferma da parte del lavoratore come anche il termine entro il quale farla pervenire al datore di lavoro. Tale termine deve essere compatibile con il preavviso;
e)i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità. Si ritengono applicabili le norme previste per il contratto di lavoro subordinato, pertanto il datore di lavoro é tenuto a consegnare al lavoratore un prospetto paga, secondo le disposizioni previste in materia, contenente gli estremi retribuiti come gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che compongono la retribuzione nonché le eventuali trattenute;
f)le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
Nel caso in cui nel contratto non siano espressamente riportati gli elementi sopra indicati, lo stesso sarà integrato dalle indicazioni previste dai contratti collettivi. Al fine di indicare gli elementi di cui sopra, le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi ove previste. Il datore di lavoro é altresì tenuto a informare con cadenza annuale - o più frequentemente se
previsto dalla contrattazione collettiva - le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, sull'andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.Il contratto intermittente può essere stipulato a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato secondo quanto si ricava sia dal tenore degli articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003 sia da quanto esplicitamente previsto dall'art. 33, comma 2, il quale ammette la stipulazione del contratto intermittente anche a tempo determinato. Con riferimento alla assunzione a tempo determinato va chiarito che non é applicabile la disciplina del decreto legislativo n. 368 del 2001, che infatti non é espressamente richiamata dal decreto legislativo n. 276 del 2003 come avviene invece, per esempio, con riferimento, al contratto di inserimento al lavoro. Peraltro anche le ragioni che legittimano la stipulazione del contratto a termine sono, in questo caso, espressamente indicate dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva per cui sarebbe inappropriato il richiamo all'art. 1 del decreto legislativo n. 368 del 2001 come condizione per la legittima stipulazione del contratto di lavoro intermittente.
La lettera dell'art. 35, comma 1, non impone alcun obbligo contrattuale in merito all'orario ed alla collocazione temporale della prestazione lavorativa. Nessuna specifica é,altresì, prevista per regolare l'alternanza dei periodi lavorati con i periodi di inattività o disponibilità.
Ciò corrisponde a una scelta ben precisa del legislatore di lasciare tale determinazione alla libera autonomia contrattale delle parti in linea con l'impostazione complessiva della disciplina del contratto di lavoro intermittente che suggerisce esclusivamente uno schema contrattuale di base,e quindi flessibile, adatto a essere modulato e adeguato a seconda delle esigenze specifiche di volta in volta individuate dalle parti contraenti. Il datore di lavoro, infatti, può decidere di stipulare un contratto di lavoro intermittente in base alla sola previsione di una effettiva necessità di personale aggiuntivo in quanto, al momento della stipulazione del contratto, non gli é dato sapere con assoluta certezza e precisione le sue reali future esigenze. Non trova dunque applicazione, neppure per analogia, la disciplina del lavoro a tempo parziale, configurando il lavoro intermittente una fattispecie lavorativa sui generis.
Resta tuttavia da considerare che si tratta pur sempre di un contratto di lavoro dipendente, ragione, per cui la libera determinazione delle parti contraenti opera, quantomeno con riferimento alla tipologia con obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro, nell'ambito della normativa di legge e di contratto collettivo applicabile, con specifico riferimento alla disciplina in materia di orario di lavoro.
Adempimenti amministrativi.
Ai fini degli adempimenti amministrativi previsti per l'assunzione, anche, per il contratto intermittente valgono le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 297 del 2002 e dunque l'invio della comunicazione ai servizi per l'impiego competenti entro cinque giorni dalla avvenuta assunzione. Con l'unica differenza che il datore di lavoro sarà tenuto a una comunicazione iniziale, al momento della stipulazione el contratto, e non anche alle altre conseguenti,fermo restando l'obbligo di informare le rappresentanze sindacali,ove presenti, con cadenza annuale circa l'andamento delle assunzioni con contratto di lavoro intermittente e le relative chiamate.
Con la comunicazione ai servizi competenti i datori di lavoro dovranno specificare la obbligatorietà o meno della chiamata e le modalità della eventuale disponibilità concordata.
Gli obblighi connessi alla stipulazione del contratto di lavoro e, in particolare, l'iscrizione al libro paga e matricola e la comunicazione all'INAIL, saranno soddisfatti, alla stessa stregua degli altri rapporti di lavoro, solo una volta, al momento della stipulazione del relativo contratto.
Cumulo con altri contratti di lavoro.
Gli articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003 non prevedono alcun divieto per quanto riguarda la stipulazione di più contratti di lavoro intermittente con datori di lavoro differenti. Nulla vieta, inoltre, l'ammissibilità di porre in essere un contratto intermittente e altre differenti tipologie contrattuali a patto che siano tra loro compatibili e che non risultino di ostacolo con i vari impegni negoziali assunti dalle parti. Come detto, nel caso di assunzione a termine, non opera la disciplina di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001.
Contratto di lavoro intermittente per periodi predeterminati.
Ai fini dell'applicabilità del contratto intermittente ai sensi dell'art.37, si intende:
a) week-end: il periodo che va dal venerdì pomeriggio, dopo le ore 13, fino alle ore 6 del lunedì mattina;
b) vacanze natalizie: il periodo che va dal l° dicembre al 1° gennaio;
c) vacanze pasquali: il periodo che va dalla domenica delle Palme al martedì successivo il Lunedì dell'Angelo;
d)ferie estive: i giorni compresi dal 1° giugno al 30 settembre.
Ulteriori periodi predeterminati potranno essere individuati dalla contrattazione collettiva a seconda di esigenze specifiche proprie per ciascun settore. Inoltre i periodi sopra individuati potranno essere a loro volta modificati da eventuali interventi dell'autonomia collettiva per adeguarli alle effettive necessità di ogni comparto produttivo.
Indennità di disponibilità.
Il contratto di lavoro intermittente si presenta in una duplice versione, rispettivamente con o senza l'obbligo di corrispondere una indennità di disponibilità, a seconda che il lavoratore si vincoli o meno a rispondere alla chiamata. L'obbligo di rispondere alla chiamata deve essere espressamente pattuito nel contratto di lavoro intermittente.
L'indennità di disponibilità copre i periodi durante i quali il lavoratore rimane in attesa di utilizzazione garantendo la sua disponibilità al datore di lavoro.
L'indennità non é anticipata alla stipulazione del contratto ma é corrisposta a consuntivo alla fine del mese.
Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata del datore di lavoro da parte del prestatore che si é obbligato contrattualmente, ricevendo l'indennità di disponibilità, può comportare la risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, nonché un risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi, in mancanza, dal contratto di lavoro.
La misura dell'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orario, viene stabilita dai contratti collettivi e comunque non può essere inferiore alla misura prevista dal decreto ministeriale 10 marzo 2004 individuata nella misura del 20 per cento della retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato. Il lavoratore che svolga le prestazioni solo in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno, così come indicati nel precedente paragrafo, nell'ipotesi in cui si obblighi a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, ha diritto a percepire l'indennità di disponibilità solo in caso di effettiva chiamata. Occorre peraltro precisare che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi, in tali casi il datore di lavoro é tenuto a corrispondere l'indennità di disponibilità per tutto il periodo di inattività precedente e posteriore alla chiamata stessa, indennità calcolata secondo le modalità previste dal decreto ministeriale 10 marzo 2004. Nell'eventualità in cui, invece, il datore di lavoro
non effettui alcuna chiamata per tutta la durata del contratto non é tenuto a corrispondere al lavoratore alcuna indennità.
In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore é tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell'impedimento. Durante il periodo di temporanea indisponibilità non matura il diritto alla indennità di disponibilità. Ove il lavoratore non provveda a tale adempimento, perde il diritto alla indennità di disponibilità per un periodo di quindici giorni, salva diversa previsione del contratto individuale.
L'indennità di disponibilità é esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo con la conseguenza che essa non rileva sia ai fini del calcolo per il TFR che della tredicesima e quattordicesima previsti dai contratti collettivi.
Trattamento economico normativo e previdenziale.
Ai fini del trattamento economico, normativo e previdenziale occorre distinguere periodi in cui il lavoratore effettivamente svolge la prestazione lavorativa rispetto a quelli di inattività.
Infatti, per i periodi lavorati si applica il principio di non discriminazione in base al quale, fermi restando i divieti di discriminazione diretta o indiretta previsti dalla legislazione vigente, il lavoratore intermittente non deve ricevere un trattamento economico normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte. Viceversa, per tutto il periodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, ma non lavora, non é titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati né matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l'indennità di disponibilità. Secondo quanto previsto dal comma 2 dell'art. 38 trovano applicazione gli istituti normativi tipici del lavoro subordinato in misura «proporzionale» rispetto alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita tenendo conto dell'importo della retribuzione globale e delle sue singole componenti nonché per quanto riguarda le ferie, trattamenti di malattia, infortunio e malattie professionali e congedi parentali.
Si evidenzia, inoltre, che ai sensi dell'art. 39, il prestatore di lavoro intermittente é computato nell'organico dell'impresa in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre. In caso di malattia professionale e infortunio trova applicazione la disciplina prevista per il lavoro subordinato, se questi eventi si verificano in ragione del rapporto di lavoro. Se, al contrario, la malattia e l'infortunio si verificano durante i periodi di inattività o disponibilità la predetta normativa non trova applicazione. Ai sensi dell'art. 36, comma 4, il lavoratore deve tempestivamente darne comunicazione al datore di lavoro, per non incorrere nelle sanzioni previste dallo stesso articolo.
Le modalità di calcolo della indennità di malattia, maternità e disoccupazione saranno approfondite in apposite circolari esplicative a cura degli enti competenti. Occorre precisare che, per gli altri istituti normativi e previdenziali non espressamente citati dal decreto legislativo, opera la disciplina del lavoro subordinato, per quanto compatibile. In materia di assegni per il nucleo familiare é dunque applicabile al lavoro intermittente la normativa prevista per il lavoro subordinato secondo quanto stabilito dall'art. 2 del decreto-legge n. 69 del 1988, convertito con la legge n. 153 del 1988. Trova inoltre applicazione l'indennità di disoccupazione, ove ne ricorrano i requisiti (ridotti o ordinari), limitatamente per i periodi non lavorativi in quanto nel lavoro intermittente la scelta della modalità e della durata della prestazione lavorativa deriva da esigenze discontinue ed intermittenti, quindi dalla oggettive caratteristiche della stessa. Trovano altresì applicazione le disposizioni in materia di permessi e congedi parentali compresa la misura di incentivazione di cui all'art. 9 della legge n. 53 del 2000.
Trattamento contributivo e fiscale.
Il datore di lavoro é tenuto a versare i contributi, oltre che sull'importo della retribuzione corrisposta, sull'effettivo ammontare della indennità di disponibilità, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo. Il lavoratore, inoltre, ha la possibilità di integrare la contribuzione fino a concorrenza della retribuzione convenzionale. In particolare, ai sensi dell'art. 36, comma 7, del decreto legislativo n. 276 del 2003, con decreto ministeriale verrà stabilita la misura della retribuzione convenzionale in riferimento alla quale i lavoratori a chiamata potranno versare la differenza contributiva per i periodi in cui abbiano percepito una retribuzione inferiore rispetto a quella convenzionale ovvero abbiano usufruito della indennità di disponibilità fino a concorrenza della medesima misura.
Il trattamento economico derivante dal contratto collettivo costituisce reddito di lavoro subordinato e trova pertanto applicazione la disciplina prevista dall'art. 51 del TUIR ciò in virtù del fatto che il contratto intermittente é un contratto di lavoro subordinato. Si precisa, inoltre, che anche l'indennità ha natura reddituale ex art. 51 in quanto rientra in quelle «somme o valori percepiti» in relazione al rapporto di lavoro subordinato. Per quanto riguarda le modalità di calcolo della deduzione fiscale prevista dall'art. 11 del TUIR si rinvia alle indicazioni operative che saranno fornite in tal senso dalla Direzione generale dell'Agenzia delle entrate.
Roma, 3 febbraio 2005
Il Ministro: Maroni
All. 2
Decreto ministeriale 23.10.2004
IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
VISTA la legge 14 febbraio 2003, n. 30 in materia di occupazione e mercato lavoro e, in particolare, l'articolo 4, comma 1, nella parte in cui delega il Governo a disciplinare, tra le altre, la tipologia del lavoro a chiamata, caratterizzata dallo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente;
VISTO il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, che, nel dare attuazione agli articoli da 1 a 5 della legge n. 30 del 2003, dispone all'articolo 40 che il ricorso al lavoro intermittente è ammesso in presenza di esigenze anche individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in via provvisoriamente sostitutiva delle relative determinazioni assumibili dalla contrattazione collettiva;
SENTITE le Organizzazione e Associazioni sindacali e preso atto della carenza di puntuali indicazioni delle stesse in ordine all'individuazione di specifiche esigenze che possano legittimare nei diversi settori produttivi e di servizi, il ricorso al lavoro intermittente;
RITENUTO, pertanto, di dover provvedere a una prima indicazione delle predette esigenze al fine di dare immediata effettività alla disposizione di riferimento, riequilibrandone l'utilizzo rispetto alle sperimentazioni già ammesse ai sensi dell'articolo 34, comma 2, caratterizzate dall'elemento giustificativo della soggettività, per l'effetto a-causali;
RILEVATO che il Regio decreto 6dicembre 1923, n. 2657, contempla un elenco di occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo, che possono ora essere prese, in via transitoria e in attesa delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi, come parametro di riferimento oggettivo per la messa a regime dell'istituto del lavoro intermittente, che appunto prevede l'esecuzione di prestazioni di carattere discontinuo,
DECRETA
Art. 1
1. É ammessa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio Decreto 6 dicembre 1923, n. 2657.
2. Salvo diversa previsione della contrattazione collettiva e in attesa delle determinazioni ivi contemplate, la regolamentazione del lavoro intermittente di cui agli articoli 33 e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, non pregiudica l'applicazione delle clausole contenute nei contratti collettivi, in vigore prima del 24 ottobre 2003, che già disciplinavano l'esecuzione di prestazioni di lavoro intermittente o a chiamata.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
FIRMATO
IL MINISTRO
Roberto Maroni
Regio decreto 06.12.1923, n. 2657
(Gazzetta Ufficiale 21 dicembre 1923, n. 299)
Approvazione della tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia alle quali non é applicabile la limitazione dell'orario sancita dall'art. 1 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692.
Tabella - Tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia, alle quali non è applicabile la limitazione dell'orario sancita dall'art. 1, R.D.L. 15.03.1923, n. 692 (art. 3, R.D.L. 15.03.1923, n. 692, e art. 6 del regolamento 10.09.1923, n. 1955)
In vigore dal 5 gennaio 1923
Lavori discontinui o di attesa o custodia ai quali non si applica la limitazione dell'orario di lavoro di cui alla legge n. 692/23 - benefici del dibattimento a porte chiuse e di assistere all'udienza - elenco
1. Custodi.
2. Guardiani diurni e notturni, guardie daziarie.
3. Portinai.
4. Fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono un'applicazione assidua e continuativa) uscieri e inservienti (1).
L'accertamento che le mansioni disimpegnate dai fattorini costituiscono un'occupazione a carattere continuativo e` fatta dall'Ispettorato del lavoro.
5. Camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze letto, carrozze ristoranti e piroscafi, a meno che nelle particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (2).
6. Pesatori, magazzinieri, dispensieri ed aiuti.
7. Personale addetto all'estinzione degli incendi.
8. Personale addetto ai trasporti di persone e di merci: Personale addetto ai trasporti di persone e di merci: Personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità (3).
9. Cavallanti, stallieri e addetti al governo dei cavalli e del bestiame da trasporto, nelle aziende commerciali e industriali.
10. Personale di treno e di manovra, macchinisti, fuochisti, manovali, scambisti, guardabarriere delle ferrovie interne degli stabilimenti.
11. Sorveglianti che non partecipano materialmente al lavoro.
12. Addetti ai centralini telefonici privati.
13. Personale degli ospedali, dei manicomi, delle case di salute e delle cliniche, fatta eccezione per il personale addetto ai servizi di assistenza nelle sale degli ammalati, dei reparti per agitati o sudici nei manicomi, dei reparti di isolamento per deliranti o ammalati gravi negli ospedali, delle sezioni specializzate per ammalati di forme infettive o diffusive, e, in genere, per tutti quei casi in cui la limitazione di orario, in relazione alle particolari condizioni dell'assistenza ospedaliera, sia riconosciuta necessaria dall'Ispettorato dell'industria e del lavoro, previo parere del medico provinciale (2).
14. Commessi di negozio nelle città con meno di cinquantamila abitanti a meno che, anche in queste città, il lavoro dei commessi di negozio sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto, su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate, e del capo circolo dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro competente per territorio (4).
15. Personale addetto alla sorveglianza degli essiccatoi.
16. Personale addetto alla sorveglianza degli impianti frigoriferi.
17. Personale addetto alla sorveglianza degli apparecchi di sollevamento e di distribuzione di acqua potabile.
18. Personale addetto agli impianti di riscaldamento, ventilazione e inumidimento di edifici pubblici e privati.
19. Personale addetto agli stabilimenti di bagni e acque minerali, escluso il personale addetto all'imbottigliamento, imballaggio e spedizione.
20. Personale addetto ai servizi di alimentazione e d'igiene negli stabilimenti industriali.
21. Personale addetto servizi igienici o sanitari, dispensari ambulatori, guardie mediche e posti di pubblica assistenza, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato corporativo, manchino nella particolarità del caso, gli estremi di cui all'art. 6 del Regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia) (4), (5).
22. Barbieri, parrucchieri da uomo e da donna nelle città con meno di centomila abitanti, a meno che, anche in queste città, il lavoro dei barbieri e parrucchieri da uomo e da donna sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate e del capo circolo dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro competente per territorio (2).
23. Personale addetto alla toeletta (manicure, pettinatrici).
24. Personale addetto ai gazometri per uso privato.
25. Personale addetto alla guardia dei fiumi, dei canali e delle opere idrauliche.
26. Personale addetto alle pompe di eduzione delle acque se azionate da motori elettrici.
27. Personale addetto all'esercizio ed alla sorveglianza dei forni a fuoco continuo nell'industria della calce e cemento, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, nella particolarità del caso, concorrano speciali circostanze a rendere gravoso il lavoro. Fuochisti adibiti esclusivamente alla condotta del fuoco nelle fornaci di laterizi, di materiali refrattari, ceramiche e vetrerie.
28. Personale addetto nelle officine elettriche alla sorveglianza delle macchine, ai quadri di trasformazione e di distribuzione, e alla guardia e manutenzione delle linee e degli impianti idraulici, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, la sorveglianza, nella particolarità del caso, non assuma i caratteri di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (2).
29. Personale addetto alla sorveglianza ed all'esercizio:
a) degli apparecchi di concentrazione a vuoto;
b) degli apparecchi di filtrazione;
c) degli apparecchi di distillazione;
d) dei forni di ossidazione, riduzione e calcinazione nelle industrie chimiche, a meno che si tratti di lavori che, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, non rivestano i caratteri di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (2);
e) degli impianti di acido solforico e acido nitrico;
f) degli apparecchi per l'elettrolisi dell'acqua;
g) degli apparecchi per la compressione e liquefazione dei gas.
30. Personale addetto alle gru.
31. Capistazione di fabbrica e personale dell'ufficio ricevimento bietole nella industria degli zuccheri.
32. Personale addetto alla manutenzione stradale.
33. Personale addetto esclusivamente nell'industria del candeggio e della tintoria, alla vigilanza degli autoclavi ed apparecchi per la bollitura e la lisciviatura ed alla produzione con apparecchi automatici del cloro elettrolitico.
34. Personale addetto all'industria della pesca (6).
35. Impiegati di albergo le cui mansioni implichino rapporti con la clientela e purché abbiano carattere discontinuo (così detti impiegati di bureau come i capi e sottocapi addetti al ricevimento, cassieri, segretari con esclusione di quelli che non abbiano rapporti con i passeggeri), a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia) (2), (7).
36. Operai addetti alle pompe stradali per la distribuzione della benzina, comunemente detti pompisti. a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia) (2), (8).
37. Operai addetti al funzionamento e alla sorveglianza dei telai per la segatura del marmo, a meno che nella particolarità del caso a giudizio dell'Ispettorato corporativo manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (4), (9).
38. Interpreti alle dipendenze di alberghi o di agenzie di viaggio e turismo, esclusi coloro che hanno anche incarichi od occupazioni di altra natura e coloro le cui prestazioni, a giudizio dell'Ispettorato corporativo, non presentano nella particolarità del caso i caratteri di lavoro discontinuo o di semplice attesa (2), (10).
39. Operai addetti alle presse per il rapido raffreddamento del sapone, ove dall'Ispettorato corporativo sia nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro (2), (11).
40. Personale addetto al governo, alla cura ed all'addestramento dei cavalli nelle aziende di allevamento e di allenamento dei cavalli da corsa (12).
41. Personale addetto esclusivamente al governo e alla custodia degli animali utilizzati per prodotti medicinali o per esperienze scientifiche nelle aziende o istituti che fabbricano sieri (13).
42. Personale addetto ai corriponti, a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia). (14)
43. Artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; operai addetti agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi; cineoperatori, cameramen recording o teleoperatori da ripresa, fotografi e intervistatori occupati in imprese dello spettacolo in genere ed in campo documentario, anche per fini didattici. (15)
44. Operai addetti esclusivamente alla sorveglianza dei generatori di vapore con superficie non superiore a 50 mq. quando, nella particolarità del caso, detto lavoro abbia carattere di discontinuità, accertato dall'Ispettorato del lavoro. (16)
45. Operai addetti presso gli aeroporti alle pompe per il riempimento delle autocisterne e al rifornimento di carburanti e lubrificanti agli aerei da trasporto, eccettuati i singoli casi nei quali l'Ispettorato del lavoro accerti l'inesistenza del carattere della discontinuità. (17)
46. Operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose ove dall'Ispettorato del lavoro sia, nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro. (18)
(1) Voce N. 4 - così modificata dal D.P.R. 30.07.51, n. 760 (G.U. n. 208 del 1951).
(2) L'Ispettorato corporativo, citato nel presente comma, è, attualmente, l'Ispettorato provinciale del lavoro.
(3) Voce n. 8 - così modificata dal R.D. 17.06.29, n. 1133 (G.U. n. 162 del 1929).
(4) L'Ispettorato corporativo, citato nel presente comma, è, attualmente, sostituito dal capo dell'Ispettorato provinciale del lavoro.
(5) Voce n. 21 - così modificata dal R.D. 11.07.41, n. 933 (G.U. n. 216 del 1941).
(6) Voce n. 34 - aggiunta dal R.D. 05.02.28, n. 288 (G.U. n. 57 del 1928).
(7) Voce n. 35 - aggiunta dal R.D. 14.02.29, n. 221 (G.U. n. 59 del 1929).
(8) Voce n. 36 - aggiunta dal R.D. 25.04.29, n. 883 (G.U. n. 135 del 1929).
(9) Voce n. 37 - aggiunta dal R.D. 31.03.30, n. 357 (G.U. n. 93 del 1930).
(10) Voce n. 38 - aggiunta dal R.D. 15.10.31, n. 1469 (G.U. n. 283 del 1931).
(11) Voce n. 39 - aggiunta dal R.D. 31.12.31, n. 1833 (G.U. n. 56 del 1932).
(12) Voce n. 40 - aggiunta dal R.D. 24.03.32, n. 441 (G.U. n. 108 del 1932).
(13) Voce n. 41 - aggiunta dal R.D. 22.06.33, n. 1408 (G.U. n. 260 del 1933).
(14) Voce n. 42 - aggiunta dal R.D. 31.08.33, n. 1311 (G.U. n. 244 del 1933).
(15) La presente voce n. 43, prima aggiunta dall'articolo unico, R.D. 28.04.1938, n. 784 (G.U. 22.06.1938 n. 140) è stata poi così modificata dal D.P.R. 30.04.76, n. 517.
(16) Voce n. 44 - aggiunta dal D.P.R. 02.12.51, n. 1556 (G.U. n. 11 del 1952).
(17) Voce n. 45 - aggiunta dal D.P.R. 16.08.52, n. 1238 (G.U. n. 229 del 1952).
(18) Voce n. 46 - aggiunta da D.P.R. 07.01.56, n. 86 (G.U. n. 59 del 1956).
All.3
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 10 marzo 2004
Indennità mensile di disponibilità da corrispondere al lavoratore nell'ambito del contratto di lavoro intermittente, ai sensi dell'art. 36 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Visto l'art. 36 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, che disciplina l'indennità mensile di disponibilità da corrispondere, nell'ambito del contratto di lavoro intermittente, al lavoratore per i periodi nei quali il medesimo garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di assegnazione...)
Decreta:
Art.1.
1. Nel contratto di lavoro intermittente, la misura dell'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali lo stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione, è determinata nel 20% della retribuzione prevista dal CCNL applicato.
Art.2.
1. La retribuzione mensile da prendere come base di riferimento per la determinazione dell'indennità di cui all'art. 1, è costituita da: minimo tabellare; indennità di contingenza; E.D.R.;
ratei di mensilità aggiuntivi.
Art.3.
1. Per la determinazione delle quote orarie si assume come coefficiente divisore orario quello del CCNL applicato.
All. 4
D.M. 30 dicembre 2004.
Determinazione della retribuzione convenzionale per il versamento della differenza contributiva da parte dei lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente.
IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
di concerto con
IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Visto l'art. 36 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante disposizioni in materia di indennità di disponibilità nell'àmbito del contratto di lavoro intermittente;
Visto, in particolare, il comma 7 del citato art. 36 che demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la determinazione di una retribuzione convenzionale in relazione alla quale i lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente ai sensi dell'art. 33 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, possono versare la differenza contributiva per i periodi in cui abbiano percepito una retribuzione ovvero abbiano usufruito dell'indennità di disponibilità di cui al citato art. 36, in misura inferiore rispetto alla predetta retribuzione convenzionale;
Visto il decreto ministeriale 10 marzo 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 22 marzo 2004, n. 68;
Ritenuto di assumere, quale parametro di riferimento per la determinazione della menzionata retribuzione convenzionale, l'art. 7, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, come modificato dall'art. 1, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338 , convertito, con modificazioni, dalla legge 7dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni;
Rilevata la necessità di determinare, in attuazione del citato art. 36, comma 7, del decreto legislativo n. 276 del 2003, la retribuzione convenzionale cui rapportare, nei casi ivi previsti, il versamento volontario da parte dei lavoratori assunti ai sensi dell'art. 33 del citato decreto legislativo, della differenza contributiva ai fini delle prestazioni per l'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti;
Decreta:
1. 1. I lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente, ai sensi dell'art. 33 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per i periodi coperti da contribuzione obbligatoria in cui abbiano percepito una retribuzione ovvero abbiano usufruito dell'indennità di disponibilità di cui all'art. 36 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, in misura inferiore a quella che garantisce, per gli stessi periodi, il rispetto del parametro introdotto dall'art. 7, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, come modificato dall'art. 1, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni, possono, a domanda, versare la contribuzione ai fini dell'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti sulla differenza della retribuzione ovvero della citata indennità di disponibilità percepite, fino a concorrenza del predetto parametro.
2. Le modalità del predetto versamento sono rimesse alle determinazioni dell'ente impositore.
Il presente decreto sarà trasmesso ai competenti organi di controllo e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
All. 5
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE
POLITICHE SOCIALI
DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA
Prot. n° 3147
Roma, 22 dicembre 2005
AllaAssociazione Industriali di Bari
Via Amendola 172/5
70126 – Bari
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - risposta istanza di interpello avanzata alla Associazione Industriali di Bari – Lavoro intermittente – Applicazione delle agevolazioni contributive previste dall’art. 8, comma 9, L. n. 407/1990 – Diritto alla indennità di disoccupazione.
L’Associazione Industriali di Bari ha avanzato richiesta di interpello in ordine ad alcune problematiche connesse al contratto di lavoro intermittente introdotto dal D.Lgs. n. 276/2003. In particolare si chiede:
- se, in caso di stipula di un contratto di lavoro a tempo indeterminato con prestazioni intermittenti ai sensi dell’art. 33 e segg. del D.Lgs. n. 276/2003, il datore di lavoro ha diritto a godere, in presenza dei requisiti previsti dalla L. n. 407/1990, delle agevolazioni contributive previste dall’art. 8, comma 9, della predetta legge;
- se, in riferimento al penultimo periodo del paragrafo “Trattamento economico, normativo e previdenziale” della circolare Ministeriale n. 4/2005, in cui è evidenziato il diritto da parte del lavoratore intermittente, in presenza dei requisiti previsti, a godere dell’indennità di disoccupazione ordinaria o ridotta limitatamente ai periodi non lavorati, tale indennità spetta anche nei periodi in cui è corrisposta dal datore di lavoro l’indennità di disponibilità .
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale per le Politiche Previdenziali, della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e dell’INPS, nel corso della riunione tenutasi in data 9 settembre 2005, si rappresenta quanto segue.
Con riferimento al primo quesito si ricorda anzitutto che l’art. 8, comma 9, della L. n. 407/1990 ammette i datori di lavoro – in caso di assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale da un periodo uguale a quello suddetto, quando esse non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi – al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali nella misura del 50% per un periodo di trentasei mesi, ovvero l’esonero totale per uguale periodo nelle ipotesi in cui tali assunzioni siano effettuate da imprese operanti nei territori del Mezzogiorno di cui al D.P.R. n. 218/1978 ovvero da imprese artigiane.
In primo luogo va ricordato che tale previsione, come ogni ipotesi agevolativa del resto, riveste carattere di eccezionalità, derogando alla normale disciplina sugli obblighi di carattere contributivo e pertanto, in linea di massima, sembrerebbe applicabile nei soli casi in cui sia espressamente richiamata.
In proposito, infatti, il D.Lgs. n. 276/2003, ove intende prevedere una disciplina agevolativa di tipo contributivo relativa agli istituti introdotti, la richiama esplicitamente come avviene, ad esempio, con riferimento alla somministrazione (art. 25, comma 1), all’apprendistato (art. 53, comma 3) ed al contratto di inserimento (art. 59, comma 4).
Relativamente al contratto di lavoro intermittente, viceversa, non è rinvenibile alcun riferimento all’applicabilità di specifiche ipotesi agevolative già vigenti nel nostro ordinamento, proprio in quanto per tale tipologia contrattuale è previsto un apposito regime contributivo, almeno nelle ipotesi di lavoro intermittente che comportano la corresponsione della indennità di disponibilità.
Con riferimento al secondo quesito, relativo alla corresponsione della indennità di disoccupazione per i periodi non lavorati, va invece chiarito che la stessa non appare compatibile ove il lavoratore usufruisca dell’indennità di disponibilità.
IL DIRETTORE GENERALE
(f.to Mario Notaro)
Circolare 57 del 14 Aprile 2006
OGGETTO:
Art. 01, co. 4, del D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazione dalla legge 11 marzo 2006, n. 81. Modifica alla disciplina giuridica della retribuzione imponibile ai fini contributivi per gli operai agricoli.
SOMMARIO:
Premessa
Disposizioni normative
Campo di applicazione della norma
Istruzioni compilazione modelli di dichiarazione trimestrale (DMAG- Unico)
Adempimenti delle Sedi
1. Premessa.
A decorrere dal 1 gennaio 2006 la disciplina giuridica della retribuzione imponibile ai fini del calcolo dei contributi, per effetto delle norme introdotte dall’art. 01, co. 4, del D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazione dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, subisce importanti modifiche per gli operai agricoli a tempo determinato e conferma la normativa per gli operai agricoli a tempo indeterminato.
2. Disposizioni normative.
Il citato art. 01, co. 4, del D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, infatti, dispone che “A decorrere dal 1 gennaio 2006, la retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi agricoli unificati, dovuti per tutte le categorie di lavoratori agricoli a tempo determinato e indeterminato, è quella indicata nell’art. 1, comma 1, del decreto legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni nella legge 7 dicembre 1989, n. 389.”
L’applicazione di detta norma comporta che per gli operai agricoli ,da tale data, non trova più applicazione l’art.28 del DPR 27 aprile 1968, n.488, in forza del quale i contributi erano dovuti in rapporto alle retribuzioni medie convenzionali, come già previsto dall’art.4 del D.lgs. 16 aprile 1997, n.146, nei casi in cui le stesse non fossero state superate dal salario contrattuale.
Pertanto trova applicazione, anche per gli operai agricoli a tempo determinato, quanto previsto dall’art. 1, co. 1, del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni nella legge 7 dicembre 1989, n. 389, e, quindi,a decorrere dal 1 gennaio 2006 la retribuzione da assumere quale base del calcolo contributivo non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, o individuali se più favorevoli.
Conseguentemente,da tale data,ai fini dell’individuazione della retribuzione rilevante nel calcolo dei contributi si applicano, anche per i rapporti di lavoro a tempo determinato, le disposizioni previste dall’art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, come modificate dall’art. 6 del D.Lgs 2 settembre 1997, n. 314.
Inoltre, in forza del citato art. 1, co. 1, del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, ove accada che i salari contrattuali risultino inferiori ai minimali di legge, così come rivalutati ai sensi dell’art. 1, comma 2, legge 26 settembre 1981 n. 537, devono essere indicati, nei modelli di dichiarazione trimestrale relativi anche alla manodopera occupata a tempo determinato, i valori minimi previsti dalla legge che, per l’anno 2006, sono determinati in € 36,14, quanto alla misura minima giornaliera, e in € 6,25 –a seguito della rivalutazione ex art. 7 legge 638/1983, di cui alla circ. 6 novembre 1998 n. 233- quanto alla misura minima oraria per il caso di part time orizzontale.
Posto, poi, che nel settore agricolo trova applicazione l’art. 9-ter del D.L. 510/1996, convertito con modificazioni dalla legge 608/1996, per il quale “Le agevolazioni contributive previste dalla legge sono riconosciute ai datori di lavoro agricolo che applicano i contratti collettivi nazionali di categoria ovvero i contratti collettivi territoriali ivi previsti", ne consegue che,anche nelle Province in cui la retribuzione contrattuale risulti ancora inferiore al minimale di legge, spettano le agevolazioni contributive previste dalle norme vigenti, purché si rispettino i minimali citati.
Per tutte le altre condizioni si rimanda alla circolare 28 aprile 1999, n. 99.
3. Campo di applicazione della norma.
La norma in esame trova certamente attuazione per tutte le categorie di operai a tempo determinato e indeterminato.
Tuttavia, dal combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 01 del D.L. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006 n. 81, parrebbe che la retribuzione “contrattuale” sia stata estesa, oltre che agli OTD, anche agli “assimilati” – per i quali ultimi, verosimilmente, sono da intendersi gli “equiparati” di cui all’art. 8 della L. 334/1968, ossia i Piccoli coloni , i Compartecipanti familiari nonché i Compartecipanti individuali – disponendo, il citato comma 5, che la retribuzione da prendere ai fini del calcolo delle prestazioni temporanee, è quella di cui al precedente comma 4, ovverossia la retribuzione indicata dall’art. 1, co. 1, del D.L. 338/1989, convertito dalla legge 389/1989.
Peraltro,per l’esatta individuazione dei destinatari della norma in questione, è stato posto quesito al Ministero competente e pertanto si fa riserva di fornire istruzioni al riguardo.
4. Istruzioni compilazione modelli di dichiarazione trimestrale (DMAG-Unico).
Considerato che la nuova norma sulla base imponibile entra in vigore dal 1 gennaio 2006, le istruzioni sulla compilazione del modello DMAG-Unico relativo a dichiarazioni in competenza anno 2006, contenute nel manuale allegato alla circolare 153/2002, Quadro “E” campo retribuzione, sono così modificate:
““Le retribuzioni di tipo ordinario “O” vanno sempre denunciate e, quindi, il campo relativo dovrà essere sempre avvalorato, anche nelle denunce di operai a tempo determinato .
N.B.:
Ø Per il lavoratore in malattia o infortunio, laddove il datore di lavoro integri l’indennità erogata dall’INPS o dall’INAIL il campo “retribuzioni” dovrà essere sempre avvalorato.
Ø Per gli operai a tempo determinato, con “codice contratto” 014 (LSU) e 038 (PIP), il campo “retribuzioni” non dovrà mai essere avvalorato.
Ø Per i compartecipanti individuali, con codice contratto “020” (CI) e “021” (CI LE), il campo “retribuzioni” non dovrà essere avvalorato in attesa della risposta Ministeriale””.
5. Adempimenti delle Sedi.
Considerato che la legge di conversione, entrata in vigore il 12 marzo 2006, prevede per il comma 4 in esame la decorrenza 1 gennaio 2006, e che alcune aziende hanno già presentato il modello DMAG-Unico relativo al I trimestre 2006, le Sedi che ricevono modelli non conformi alla nuova devono tempestivamente invitare le aziende a rettificare le dichiarazioni già presentate, in tempo utile per le operazioni di acquisizione delle denunce trimestrali.
E’ di tutta evidenza che, per evitare l’applicazione di sanzioni, in tali casi deve restare acquisita, quale data di presentazione, quella originaria.
Il Direttore Generale
Crecco