Home Prestazioni a sostegno del reddito Riduzione della capacità lavorativa Astensione obbligatoria Lavoratori dipendenti Norme Messaggi ME 2022
-
A chi non spetta
-
A chi spetta
-
Adozione, affidamento o collocamento temporaneo in famiglia
-
Casi particolari e chiarimenti
-
Compatibilità
-
Conservazione del diritto all’indennità di maternità in caso di licenziamento per colpa grave della lavoratrice dipendente
-
Contribuzione figurativa per dipendenti privati e pubblici
-
Copertura contributiva del congedo di maternità/paternità e congedo parentale in presenza di adozioni e affidamenti
-
Facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto ed entro i cinque mesi successivi allo stesso
-
Flessibilità
-
Incumulabilità
-
Indennità di maternità/paternità
-
Interdizione dal lavoro
-
La domanda e la documentazione da allegare alla domanda
-
La prescrizione
-
La retribuzione giornaliera
-
Lavoratrice part-time verticale, lavoratrice saltuaria, lavoratrice dello spettacolo
-
Le giornate indennizzabili e il calcolo dell'indennità
-
Le modalità di pagamento
-
Maternità ed altre prestazioni
-
Parto prematuro
-
Quando spetta al padre
-
Quando spetta l'indennità di maternità
-
Regime fiscale della prestazione
-
Requisiti
-
Rinvio e sospensione del congedo di maternità in caso di ricovero del neonato o del minore adottato/affidato
Messaggio 3518 del 27 settembre 2022
Oggetto
Assegno unico e universale per i figli a carico. Modifiche al decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, introdotte dal decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73 (pubblicato nella G.U. n. 143 del 21 giugno 2022)
Il decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, in attuazione della legge delega 1° aprile 2021, n. 46, ha istituito a decorrere dal 1° marzo 2022 l’assegno unico e universale per i figli a carico, destinato ai nuclei familiari sulla base della condizione economica del nucleo, attestata dall’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159.
Sulla materia è intervenuto il decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2022, n. 122, che all’articolo 38 ha modificato, aumentandoli limitatamente all’anno 2022, gli importi spettanti ai figli disabili maggiorenni, al fine precipuo di assicurare un adeguato sostegno ai nuclei familiari con figli con disabilità a prescindere dall’età. Il medesimo decreto–legge prevede, inoltre, nuove disposizioni per potere beneficiare dell’assegno in presenza di nuclei familiari orfanili, composti da soggetti disabili gravi e titolari di pensione ai superstiti del genitore deceduto.
In particolare, al decreto legislativo n. 230/2021, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all'articolo 2, comma 1, viene aggiunta la lettera c-bis) che contiene alcune precisazioni con riferimento ai nuclei familiari orfanili;
b) all'articolo 4, comma 1, l’importo dell’assegno previsto per ciascun figlio minorenne, pari a un massimo di 175 euro mensili per un ISEE pari o inferiore a 15.000 euro (da ridursi gradualmente in funzione del crescere del valore ISEE, come da tabella 1, allegata al decreto legislativo n. 230/2021), limitatamente all’anno 2022, viene concesso nella medesima misura anche in caso di figli maggiorenni disabili senza limiti di età;
c) all’articolo 4, comma 4, la maggiorazione prevista esclusivamente per i figli minorenni in base al grado di disabilità (da un minimo di 85 euro a un massimo di 105 euro), viene estesa e applicata, limitatamente all’anno 2022, nella medesima misura a ciascun figlio con disabilità fino al compimento di 21 anni;
d) all’articolo 4, comma 5 e 6, viene disposto che dall’anno 2023, tornano ad applicarsi la maggiorazione di 80 euro mensili, per i figli maggiorenni disabili fino al compimento del ventunesimo anno di età, e di 85 euro mensili (che si riducono in funzione del valore ISEE) per i figli maggiorenni disabili di età pari o superiore a 21 anni;
e) all'articolo 5, è aggiunto il comma 9-bis, secondo cui nel caso di nuclei con almeno un figlio a carico con disabilità, gli importi della maggiorazione transitoria di cui al comma 1 del medesimo articolo sono incrementati di 120 euro al mese per l'anno 2022.
Tanto premesso, si illustrano di seguito nel dettaglio le modificazioni, come sopra descritte, apportate al decreto legislativo n. 230/2021 dal decreto-legge n. 73/2022.
Con riferimento ai nuclei familiari orfanili, come anticipato in premessa, all’articolo 2 del decreto legislativo n. 230/2021, che individua i beneficiari dell’assegno unico e universale per i figli a carico, è stata aggiunta la lettera c-bis), secondo cui l’assegno spetta anche agli orfani maggiorenni alle seguenti condizioni:
titolarità di pensione ai superstiti;
disabilità grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
3. Assegno e maggiorazione per i figli disabili senza limiti di età
Per effetto della riformulazione dell'articolo 4, commi 1, 4, 5 e 6, del decreto legislativo n. 230/2021, relativamente all’importo spettante a titolo di assegno, per l’annualità 2022 (periodo 1° marzo 2022 - 28 febbraio 2023) i figli maggiorenni disabili senza limiti di età sono equiparati ai figli minorenni, mentre, relativamente all’importo spettante a titolo di maggiorazione per disabilità, i figli maggiorenni disabili fino al compimento di 21 anni di età sono equiparati ai figli minorenni disabili.
Al riguardo, si richiama preliminarmente quanto illustrato nella circolare n. 23 del 9 febbraio 2022, con la quale è stato previsto che il grado di disabilità debba essere almeno medio.
Ciò premesso, nel rinviare alla tabella 1 allegata al decreto legislativo n. 230/2021 per gli importi spettanti a titolo di assegno unico, relativamente all’impianto normativo delineatosi a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 73/2022, si evidenzia che:
- nulla cambia per quanto riguarda i figli (disabili e non) con età fino a 18 anni;
- per i figli disabili nella fascia di età 18-20 anni, per i quali inizialmente l’assegno è stato previsto nella misura massima di 85 euro (con ISEE fino a 15.000 euro), più 80 euro, a prescindere dall’ISEE, a titolo di maggiorazione per disabilità, gli importi dell’assegno e delle maggiorazioni per disabilità sono equiparati a quelli dei minorenni;
- per i figli disabili di età pari o superiore a 21 anni, per i quali inizialmente l’assegno è stato previsto nella misura massima di 85 euro, l’importo dell’assegno è equiparato a quello dei minorenni.
In applicazione dei nuovi importi introdotti dal decreto-legge n. 73/2022, per l’annualità 2022 (periodo 1° marzo 2022 - 28 febbraio 2023), i figli disabili beneficeranno di un assegno pari a un massimo di 175 euro (con ISEE fino a 15.000 euro) a cui vanno aggiunti, anche per i figli fino a 21 anni, a titolo di maggiorazione, fino a 105 euro mensili in caso di non autosufficienza del figlio. La distinzione tra figli disabili minorenni, figli disabili di età compresa tra 18-20 anni e figli disabili di età pari o superiore a 21 anni tornerà ad applicarsi a partire dal 1° marzo 2023. Ciò, per effetto di quanto previsto dai commi 5 e 6, dell’articolo 4, del decreto legislativo n. 230/2021, come modificato dal decreto-legge in argomento.
Di seguito, si riporta una tabella riepilogativa del confronto tra importi ante e post modifiche al decreto legislativo n. 230/2021
TIPO DI PRESTAZIONE |
IMPORTO EROGATO EX D.LGS N. 230/2021 |
NUOVO IMPORTO EX D.L. N. 73/2022 (SOLO PER ANNUALITÀ 2022) |
---|---|---|
Assegno e maggiorazione figli disabili fino a 18 anni con ISEE ≤ 15.000 euro |
175 euro+(min. 85 euro; max 105 euro*) *in funzione del grado di disabilità media, grave, non autosufficiente |
INVARIATO |
Assegno e maggiorazione figli disabili 18-20 anni, con ISEE ≤15.000 |
AUU = 85 euro + 80 euro |
AUU = 175 euro +(min. 85 euro; max 105 euro*) *in funzione del grado di disabilità media, grave, non autosufficiente |
Assegno figli disabili di età pari o superiore a 21 anni con ISEE ≤ 15.000 euro |
AUU = 85 euro |
AUU = 175 euro |
4. Maggiorazione transitoria per i figli disabili
Come anticipato, all'articolo 5 del decreto legislativo n. 230/2021, dopo il comma 9, è aggiunto il seguente comma:
«9-bis. Nel caso di nuclei con almeno un figlio a carico con disabilità, gli importi della maggiorazione di cui al comma 1 sono incrementati di 120 euro al mese per l'anno 2022».
Pertanto, per l’annualità 2022 (periodo 1° marzo 2022 - 28 febbraio 2023), l’importo della maggiorazione transitoria che, ai sensi dell’articolo 5 dello stesso decreto legislativo, è dovuto in presenza di un ISEE non superiore a 25.000 euro e a condizione dell’effettiva percezione nel 2021 di assegni al nucleo familiare (ANF), di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, viene maggiorato di 120 euro mensili nel caso di nucleo familiare con almeno un figlio a carico con disabilità. La quota della maggiorazione transitoria, cui applicare l’incremento pari a 120 euro mensili, spetta se la differenza tra la sommatoria delle componenti familiare e fiscale sottratta all'ammontare dell'assegno unico ha valore positivo. Per approfondimenti sulle modalità di determinazione della maggiorazione transitoria, si rinvia alla citata circolare n. 23/2022.
5. Decorrenza retroattiva e adeguamento delle rate degli assegni erogate a partire dal 1°marzo 2022
Le disposizioni previste dall’articolo 38 del decreto-legge n. 73/2022, hanno effetto con riferimento alle mensilità spettanti da marzo 2022 incluse le mensilità di gennaio e febbraio 2023. Pertanto, per le domande presentate entro il 30 giugno 2022, l’INPS provvederà ai dovuti conguagli delle rate di assegno unico spettanti ed eventualmente già erogate a decorrere dal mese di marzo 2022.
Per le domande presentate dal 1° luglio 2022 gli importi in pagamento sono già aggiornati alla novella di cui al decreto-legge n. 73/2022.
Si ribadisce che a partire dal 1° marzo 2023 torneranno ad applicarsi, per i figli maggiorenni affetti da disabilità, gli importi, suddivisi per fascia di età, previsti dai commi 5 e 6 dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 230/2021.
Il Direttore Generale
Vincenzo Caridi
Messaggio 1201 del 16 marzo 2022
Oggetto
Presentazione delle domande di riconoscimento dello svolgimento di lavori particolarmente faticosi e pesanti entro il 1° maggio 2022 per i lavoratori che maturano i requisiti agevolati per l’accesso al trattamento pensionistico dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023. Decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, come modificato dalla legge 11 dicembre 2016. n. 232
Con il messaggio n. 1169 del 19 marzo 2021 sono state fornite le indicazioni per la presentazione, entro il 1° maggio 2021, delle domande di riconoscimento dello svolgimento di lavori particolarmente faticosi e pesanti, di cui al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, come modificato dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232, per i lavoratori che maturano i requisiti agevolati per l’accesso al trattamento pensionistico dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022.
Di seguito, si forniscono le istruzioni per la presentazione, entro il 1° maggio 2022, delle domande di riconoscimento dello svolgimento di lavori particolarmente faticosi e pesanti, con riferimento ai soggetti che perfezionano i prescritti requisiti nell’anno 2023.
La domanda in argomento può essere presentata anche dai lavoratori dipendenti del settore privato che hanno svolto lavori particolarmente faticosi e pesanti e che raggiungono il diritto alla pensione di anzianità con il cumulo della contribuzione versata in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, secondo le regole previste per dette gestioni speciali.
Ad ogni buon fine, si richiamano le istruzioni fornite con la circolare n. 90 del 24 maggio 2017 e con la circolare n. 59 del 29 marzo 2018.
In particolare, con la citata circolare n. 90 del 2017 è stato precisato che, in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 206, lettera c), della legge n. 232 del 2016, ai requisiti agevolati previsti per il pensionamento in argomento, adeguati agli incrementi della speranza di vita stabiliti a decorrere dal 1° gennaio 2013 e dal 1° gennaio 2016 - dai decreti direttoriali 6 dicembre 2011 e 16 dicembre 2014 - non si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita previsti per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025. Pertanto, i requisiti pensionistici vigenti alla data del 31 dicembre 2016 non sono adeguati alla speranza di vita fino al 31 dicembre 2026.
2.1 Lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti; lavoratori addetti alla cosiddetta “linea catena”; conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo
Le categorie di lavoratori destinatarie del beneficio in parola, che maturano i requisiti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, possono conseguire il trattamento pensionistico ove in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni (utile per il diritto alla pensione di anzianità) e, se lavoratori dipendenti, di un’età minima di 61 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 97,6 ovvero, se lavoratori autonomi, di un’età minima di 62 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 98,6, così come riassunto nella tabella che segue.
PERIODO DI MATURAZIONE DEI REQUISITI dal 01.01.2023 al 31.12.2023 | |||||
---|---|---|---|---|---|
LAVORATORI DIPENDENTI |
LAVORATORI AUTONOMI |
||||
Anzianità contributiva |
Requisito anagrafico |
Quota (somma età e anzianità contributiva) |
Anzianità contributiva |
Requisito anagrafico |
Quota (somma età e anzianità contributiva) |
almeno 35 anni |
minimo 61 e 7 mesi* |
97,6* |
almeno 35 anni |
minimo 62 e 7 mesi* |
98,6* |
* Requisiti adeguati all’incremento della speranza di vita per effetto dei decreti direttoriali del 6 dicembre 2011 e del 16 dicembre 2014, in attuazione dell’articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 e ss.mm.ii. |
2.2 Lavoratori notturni a turni
A) Lavoratori occupati per un numero di giorni lavorativi pari o superiori a 78 all’anno: i lavoratori appartenenti a tale categoria, che maturano i requisiti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, possono conseguire il trattamento pensionistico ove in possesso dei requisiti generali previsti per i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente faticose e pesanti (cfr. il precedente paragrafo 2.1).
B) Lavoratori occupati per un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 all’anno: i lavoratori appartenenti a tale categoria, che maturano i requisiti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, possono conseguire il trattamento pensionistico ove in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni (utile per il diritto alla pensione di anzianità) e, se lavoratori dipendenti, di un’età minima di 63 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 99,6 ovvero, se lavoratori autonomi, di un’età minima di 64 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 100,6, così come riassunto nella tabella che segue.
PERIODO DI MATURAZIONE DEI REQUISITI dal 01.01.2023 al 31.12.2023 | |||||
---|---|---|---|---|---|
LAVORATORI DIPENDENTI |
LAVORATORI AUTONOMI |
||||
Anzianità contributiva |
Requisito anagrafico |
Quota (somma età e anzianità contributiva) |
Anzianità contributiva |
Requisito anagrafico |
Quota (somma età e anzianità contributiva) |
almeno 35 anni |
minimo 63 e 7 mesi* |
99,6* |
almeno 35 anni |
minimo 64 e 7 mesi* |
100,6* |
* Requisiti adeguati all’incremento della speranza di vita per effetto dei decreti direttoriali del 6 dicembre 2011 e del 16 dicembre 2014, in attuazione dell’articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 e ss.mm.ii. |
C) Lavoratori occupati per un numero di giorni lavorativi da 72 a 77 all’anno: i lavoratori appartenenti a tale categoria, che maturano i requisiti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, possono conseguire il trattamento pensionistico ove in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni (utile per il diritto alla pensione di anzianità) e, se lavoratori dipendenti, di un’età minima di 62 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 98,6 ovvero, se lavoratori autonomi, di un’età minima di 63 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 99,6, così come riassunto nella tabella che segue.
PERIODO DI MATURAZIONE DEI REQUISITI dal 01.01.2023 al 31.12.2023 | |||||
---|---|---|---|---|---|
LAVORATORI DIPENDENTI |
LAVORATORI AUTONOMI |
||||
Anzianità contributiva |
Requisito anagrafico |
Quota (somma età e anzianità contributiva) |
Anzianità contributiva |
Requisito anagrafico |
Quota (somma età e anzianità contributiva) |
almeno 35 anni |
minimo 62 e 7 mesi* |
98,6* |
almeno 35 anni |
minimo 63 e 7 mesi* |
99,6* |
* Requisiti adeguati all’incremento della speranza di vita per effetto dei decreti direttoriali del 6 dicembre 2011 e del 16 dicembre 2014, in attuazione dell’articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 e ss.mm.ii. |
2.3 Lavoratori notturni che prestano attività per periodi di durata pari all’intero anno lavorativo
I lavoratori appartenenti a tale categoria, che maturano i requisiti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, possono conseguire il trattamento pensionistico ove in possesso dei requisiti generali previsti per i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente faticose e pesanti (cfr. il precedente paragrafo 2.1).
Ai sensi dell’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo n. 67 del 2011, la presentazione della domanda di riconoscimento del beneficio oltre il termine del 1° maggio 2022 comporta, in caso di accertamento positivo dei requisiti, il differimento della decorrenza del trattamento pensionistico anticipato pari a:
un mese, per un ritardo della presentazione inferiore o pari a un mese;
due mesi, per un ritardo della presentazione compreso tra un mese e due mesi superiore a un mese e inferiore a tre mesi;
tre mesi, per un ritardo della presentazione pari o superiore a tre mesi.
Con riferimento al personale del comparto scuola e Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM), il differimento mensile di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo n. 67 del 2011, non trova applicazione e il trattamento pensionistico anticipato non può avere decorrenza anteriore rispettivamente al 1° settembre e al 1° novembre dell’anno di maturazione dei requisiti, sempre che alle date in argomento gli interessati risultino in possesso dei prescritti requisiti. Per i predetti soggetti, la presentazione della domanda di riconoscimento del beneficio oltre il termine del 1° maggio 2022 comporta, in caso di accertamento positivo dei requisiti, il differimento della decorrenza della pensione al 1° settembre e al 1° novembre dell’anno successivo a quello di maturazione dei requisiti.
4. Presentazione della domanda di riconoscimento del beneficio entro il 1° maggio 2022 e relativa documentazione
La domanda di accesso al beneficio di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b-ter), del decreto legislativo n. 67 del 2011 deve essere presentata entro il 1° maggio 2022 per coloro che perfezionano i requisiti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023.
Nel caso in cui la domanda venga presentata oltre i termini sopra individuati, e sempre che sia accertato il possesso dei requisiti prescritti, la decorrenza della pensione è differita secondo le scansioni temporali indicate al precedente paragrafo 3.
La domanda di accesso al beneficio deve essere corredata dalla documentazione minima necessaria indicata nella tabella A allegata al decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, del 20 settembre 2011, in relazione alle tipologie di attività lavorative di cui all’articolo 1, comma 1, lettere da a) a d), del decreto legislativo n. 67 del 2011, come sostituita dalla tabella A allegata al decreto 20 settembre 2017 del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze.
Ai fini dell’applicazione della rivalutazione dei turni notturni di cui all’articolo 1, comma 170, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per i lavoratori impiegati in cicli produttivi organizzati su turni di 12 ore, sulla base di accordi collettivi già sottoscritti alla data del 31 dicembre 2016, è altresì richiesta la presentazione dell’accordo/contratto collettivo sottoscritto entro la data del 31 dicembre 2016 dal quale risulti che il lavoro è articolato in turni di 12 ore, svolti per almeno 6 ore nel periodo notturno.
La domanda di riconoscimento del beneficio deve essere presentata telematicamente, corredata dal modulo “AP45” e dalla documentazione minima richiesta.
5. Comunicazione dell’Ente previdenziale al soggetto interessato
In esito alla domanda di accesso al beneficio, l’Istituto comunica al lavoratore interessato:
l'accoglimento della domanda, con indicazione della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, qualora sia accertato il possesso dei requisiti relativi allo svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti e sia verificata la sussistenza della relativa copertura finanziaria;
l'accertamento del possesso dei requisiti relativi allo svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, con differimento della decorrenza del trattamento pensionistico in ragione dell'insufficiente copertura finanziaria; in tal caso, la prima data utile per l'accesso al pensionamento viene indicata, con successiva comunicazione, in esito al monitoraggio di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 20 settembre 2011;
il rigetto della domanda, qualora sia accertato il mancato possesso dei requisiti relativi allo svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti.
Agli interessati, che presentano domanda entro il 1° maggio 2022 e che perfezionano i prescritti requisiti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, l’Istituto comunicherà l’accoglimento della domanda con riserva, in quanto l’efficacia del provvedimento è subordinata all’accertamento dell’effettivo perfezionamento dei requisiti entro il 31 dicembre 2023.
6. Presentazione della domanda di pensione con riconoscimento del beneficio
L’accesso anticipato al trattamento pensionistico è riconosciuto a seguito di presentazione della domanda di pensionamento, il cui accoglimento è subordinato alla sussistenza di ogni altra condizione di legge.
In sede di lavorazione della domanda di pensione, e ai fini dell’accoglimento della stessa, verranno esaminate le domande di accesso al beneficio il cui accoglimento è avvenuto con riserva di accertamento del perfezionamento dei requisiti entro il 31 dicembre 2023.
A tal fine, il lavoratore può fornire ulteriore documentazione a integrazione di quella già prodotta a corredo della domanda di accesso al beneficio.
Nel caso in cui, dalla documentazione eventualmente prodotta dall’interessato o dai dati di archivio in possesso dell’Istituto, non risultino perfezionati i requisiti per l’accesso al beneficio in parola, la domanda di pensione con riconoscimento del beneficio di accesso anticipato non può essere accolta.
Il Direttore Generale
Vincenzo Caridi
Messaggio 883 del 23 febbraio 2022
Oggetto
Sentenza della Corte Costituzionale n. 82 del 2017. Calcolo della retribuzione pensionabile e criteri per la neutralizzazione dei periodi contributivi per disoccupazione riferiti alle ultime 260 settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione
1. Premessa
Nella Gazzetta Ufficiale del 19 aprile 2017, n. 16, è stata pubblicata la sentenza n. 82 del 2017 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3, ottavo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297, recante “Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica”, per contrasto con gli articoli 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, “nella parte in cui non prevede che, nell’ipotesi di lavoratore che abbia già maturato i requisiti assicurativi e contributivi per conseguire la pensione e percepisca contributi per disoccupazione nelle ultime duecentosessanta settimane antecedenti la decorrenza della pensione, la pensione liquidata non possa essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata, al raggiungimento dell’età pensionabile, escludendo dal computo, ad ogni effetto, i periodi di contribuzione per disoccupazione relativi alle ultime duecentosessanta settimane, in quanto non necessari ai fini del requisito dell’anzianità contributiva minima”.
La disposizione, di cui è stata dichiarata la parziale illegittimità, disciplina i criteri di determinazione della retribuzione pensionabile per le pensioni liquidate con decorrenza successiva al 30 giugno 1982 con il sistema di calcolo retributivo nonché, relativamente alla quota di pensione retributiva, per i trattamenti di pensione liquidati con il sistema di calcolo misto.
In particolare, l’articolo 3, ottavo comma, della citata legge n. 297/1982 dispone che la retribuzione annua pensionabile per le pensioni dell'assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti è costituita “dalla quinta parte della somma delle retribuzioni percepite in costanza di rapporto di lavoro, o corrispondenti a periodi riconosciuti figurativamente, ovvero ad eventuale contribuzione volontaria, risultante dalle ultime 260 settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione”.
Secondo la Corte Costituzionale, “quando il diritto alla pensione sia già sorto in conseguenza dei contributi in precedenza versati, la contribuzione successiva non può compromettere la misura della prestazione potenzialmente maturata, soprattutto quando sia più esigua per fattori indipendenti dalle scelte del lavoratore”.
Tanto premesso, con il presente messaggio si illustrano i criteri applicativi della neutralizzazione dei periodi di contribuzione per disoccupazione che si situano nelle ultime 260 settimane antecedenti la decorrenza della pensione, ove tale neutralizzazione determini un importo più favorevole.
La sentenza n. 82 del 2017 interessa i casi in cui, nelle ultime 260 settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione, siano compresi periodi di contribuzione per disoccupazione non necessari per il raggiungimento dei requisiti minimi per la pensione.
A tale fine si precisa che i periodi di contribuzione per disoccupazione sono quelli derivanti dall’avvenuta erogazione delle seguenti prestazioni: Indennità di disoccupazione ordinaria con requisiti normali, Indennità di disoccupazione ordinaria con requisiti ridotti, Assicurazione Sociale per l'Impiego (ASpI), mini-ASpI, Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI), indennità di disoccupazione ai lavoratori rimpatriati e indennità di disoccupazione agricola con requisiti normali e con requisiti ridotti.
Le prestazioni pensionistiche interessate dalla rideterminazione della retribuzione pensionabile, in attuazione dei principi affermati dalla sentenza in argomento, sono le pensioni di vecchiaia e di anzianità liquidate con il sistema di calcolo retributivo, nonché - relativamente alla quota retributiva - le pensioni di vecchiaia e di anzianità liquidate con il sistema di calcolo misto.
Il principio affermato dalla menzionata sentenza opera anche nei confronti dei titolari di pensione anticipata di cui all’articolo 24, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, tenuto conto che la pensione di anzianità è sostituita dalla pensione anticipata ai sensi dell’articolo 24, comma 3, del medesimo decreto-legge.
Relativamente al periodo in cui si collocano i contributi da disoccupazione neutralizzabili, non è consentito procedere alla neutralizzazione dei periodi contributivi superiori al quinquennio antecedente la decorrenza del trattamento pensionistico, considerato il dispositivo della sentenza in esame.
Resta fermo che l’interessato non può richiedere la neutralizzazione dei periodi di contribuzione ove questi siano necessari per il perfezionamento del diritto al trattamento pensionistico, nonché per la liquidazione di quest’ultimo alla relativa decorrenza.
Qualora il periodo sia parzialmente necessario ai fini del diritto alla pensione, può essere escluso solo il periodo non necessario al perfezionamento del diritto stesso.
3. Modalità di ricalcolo e ricostituzione delle pensioni
Tenuto conto che l'articolo 3, ottavo comma, della legge n. 297/1982 è stato modificato nel tempo dalle sentenze della Corte Costituzionale in materia, come precisato dall’Istituto, con la circolare n. 127 del 5 luglio 2000, paragrafo 7, il principio di neutralizzazione si applica ai seguenti trattamenti pensionistici:
- pensioni di vecchiaia a carico dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti aventi decorrenza dal mese successivo a quello di compimento dell'età pensionabile, sia a carico del Fondo pensione lavoratori dipendenti sia delle gestioni previdenziali INPS dei lavoratori autonomi, liquidate o riliquidate in forma retributiva con il cumulo della contribuzione versata nell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, ai fini del calcolo di quest’ultima;
- pensioni di anzianità e pensioni anticipate di cui all’articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011, a carico della assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti o a carico delle gestioni previdenziali INPS dei lavoratori autonomi, liquidate o riliquidate in forma retributiva con il cumulo della contribuzione versata nell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, ai fini del calcolo di quest’ultima, indipendentemente dal compimento dell'età pensionabile da parte degli interessati;
- pensioni di reversibilità provenienti da pensione di vecchiaia con decorrenza dal mese successivo a quello di compimento dell’età pensionabile o da pensione di anzianità o da trattamento di prepensionamento il cui titolare sia deceduto dopo avere compiuto l’età per il pensionamento di vecchiaia, sempreché per la pensione diretta ricorressero le condizioni per l'applicazione della sentenza stessa.
Si precisa che l’espressione “indipendentemente dal compimento dell’età pensionabile” va intesa come applicabilità della neutralizzazione, alternativamente, o alla pensione di anzianità/anticipata prima del compimento dell’età pensionabile, con il vincolo del mantenimento del requisito contributivo per il diritto alla pensione medesima, o al compimento dell’età pensionabile.
Resta esclusa la possibilità di applicare due volte il beneficio in esame sul medesimo trattamento pensionistico.
Sulla base dei principi affermati dalla Corte Costituzionale, l’interessato ha diritto al ricalcolo del proprio trattamento pensionistico, senza la valutazione della contribuzione per disoccupazione che si collochi nell’ultimo quinquennio precedente la decorrenza della pensione, ove la neutralizzazione determini un importo più favorevole.
I periodi di contribuzione figurativa per trattamenti di disoccupazione, collocati nell’ultimo quinquennio, devono essere neutralizzati per l’intero periodo, non essendo consentito neutralizzare singoli periodi all’interno del periodo massimo considerato (cfr. il messaggio n. 12002 del 20 aprile 2006).
Peraltro, in considerazione del richiamo della sentenza a “periodi di contribuzione per disoccupazione relativi alle ultime 260 settimane” è possibile procedere a neutralizzare, dal computo della retribuzione pensionabile e dell'anzianità contributiva, periodi di disoccupazione anche inferiori al periodo massimo considerato (quinquennio), qualora gli stessi siano collocati successivamente al raggiungimento del requisito contributivo minimo per il diritto a pensione.
Ai fini del calcolo di tutte le quote retributive della pensione devono essere esclusi dal computo dell’anzianità contributiva e della retribuzione pensionabile tutti i periodi contributivi per disoccupazione, non determinanti ai fini del perfezionamento del requisito dell’anzianità contributiva minima, che si collochino nelle ultime 260 settimane di contribuzione antecedenti la data di decorrenza della pensione stessa, nel caso in cui tale esclusione determini un importo di pensione più favorevole. Pertanto, ai fini del computo della retribuzione pensionabile, i periodi di riferimento previsti dalla legge per l’individuazione della stessa non devono tenere conto di tutti i periodi contributivi per disoccupazione che si collochino nelle ultime 260 settimane di contribuzione antecedenti la data di decorrenza della pensione. Ovviamente, la retribuzione pensionabile di ciascuna quota retributiva, una volta operata l’esclusione degli anzidetti periodi, deve comunque essere calcolata sulla base del numero di settimane occorrenti per legge ai fini del calcolo di ciascuna quota retributiva.
Si chiarisce, inoltre, che per le pensioni calcolate con il sistema misto la neutralizzazione non è applicabile alle quote calcolate con il sistema contributivo, in forza dell’operare del maggiore apporto contributivo, con l’incremento del montante.
La pensione determinata con gli anzidetti criteri, assoggettata a tutti gli aumenti di legge intervenuti tra la data di decorrenza originaria e il primo giorno del mese successivo a quello di compimento dell'età pensionabile, sarà posta in pagamento soltanto nel caso in cui questa risulti, alla medesima data, di importo più favorevole di quello calcolato con tutta la contribuzione.
La ricostituzione dei trattamenti interessati dall’ambito applicativo della sentenza in argomento deve essere effettuata, a domanda degli interessati, con effetto dall’originaria decorrenza della pensione.
La corresponsione degli arretrati deve avvenire nei limiti della prescrizione (cfr. il messaggio n. 220 del 4 gennaio 2013), sempreché, alla data della domanda, non sia intervenuta la decadenza di cui all’articolo 47, comma 6, del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639.
Al riguardo si rinvia a quanto specificato nella circolare n. 95 del 31 luglio 2014.
Con successivo messaggio saranno fornite le istruzioni procedurali in materia.
Il Direttore Generale
Vincenzo Caridi
Messaggio 1197 del 16 marzo 2022
Oggetto
Sentenza della Corte Costituzionale 25 maggio-2 luglio 2021, n. 137. Illegittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 58 e 61, della legge 28 giugno 2012, n. 92, in materia di revoca delle prestazioni di indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili
L’articolo 2, comma 58, primo periodo, della legge 28 giugno 2012, n. 92, ha disposto che: “Con la sentenza di condanna per i reati di cui agli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale, nonché per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, il giudice dispone la sanzione accessoria della revoca delle seguenti prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, di cui il condannato sia eventualmente titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili”.
Il successivo comma 61 del richiamato articolo 2 ha altresì previsto che: “Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, trasmette agli enti titolari dei relativi rapporti l’elenco dei soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui al comma 58, ai fini della revoca, con effetto non retroattivo, delle prestazioni di cui al medesimo comma 58, primo periodo”.
L’Istituto ha fornito le istruzioni operative per l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 2, commi da 58 a 63, della richiamata legge n. 92 del 2012.La Corte Costituzionale, con sentenza 25 maggio-2 luglio 2021, n. 137, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – 1a Serie speciale Corte Costituzionale n. 27 del 7 luglio 2021, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 61, della legge n. 92 del 2012, nella parte in cui prevede la revoca delle prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, quali l’indennità di disoccupazione, l'assegno sociale, la pensione sociale e la pensione per gli invalidi civili, nei confronti di coloro che scontino la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere; in via consequenziale, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 58, della legge n. 92 del 2012, nella parte in cui prevede la revoca delle prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, quali l’indennità di disoccupazione, l'assegno sociale, la pensione sociale e la pensione per gli invalidi civili, nei confronti di coloro che scontino la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
In particolare, nella richiamata pronuncia la Corte Costituzionale ha chiarito che: “la revoca dei trattamenti assistenziali di cui alla disposizione oggetto di censura […] può concretamente comportare il rischio che il condannato ammesso a scontare la pena in regime di detenzione domiciliare o in altro regime alternativo alla detenzione in carcere, poiché non a carico dell’istituto carcerario, non disponga di sufficienti mezzi per la propria sussistenza”; inoltre, la Corte ha affermato che: “L’illegittimità della revoca, infatti, deriva dal pregiudizio al diritto all’assistenza per chi necessiti dei mezzi per sopravvivere, che deve essere comunque garantito a ciascun individuo, pur se colpevole di determinati reati”.
In merito agli effetti delle pronunce di illegittimità costituzionale e, in specie, all’efficacia temporale della sentenza di accoglimento di cui trattasi, deve ritenersi che l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale costituisca principio generale dell’ordinamento giuridico, che trova un unico limite nei rapporti c.d. esauriti, vale a dire quei rapporti risolti in modo definitivo per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ossia per essersi verificate preclusioni processuali o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia di incostituzionalità.
Pertanto, salvi i c.d. rapporti esauriti, la norma dichiarata incostituzionale perde efficacia ex tunc, con la conseguenza che, nella fattispecie qui regolata e con riferimento ai casi disciplinati dalla sentenza della Corte Costituzionale in oggetto, non può realizzarsi un effetto di giudicato sulla sanzione della revoca.
Ne consegue che, in ragione della pronuncia della Corte Costituzionale in oggetto, l’Istituto non procederà più alla revoca dei trattamenti assistenziali e/o previdenziali nei confronti dei soggetti che, seppure condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui all’articolo 2, comma 58, della legge n. 92 del 2012, scontano la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
Con riferimento alle misure alternative alla detenzione in carcere si ritiene che in questa fase di prima applicazione della pronuncia della Corte Costituzionale, su conforme parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e in assenza ad oggi di chiarimenti della giurisprudenza, possano essere incluse tra le misure alternative alla detenzione, a titolo indicativo e non esaustivo, quelle di seguito elencate:
l’affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, di seguito “ordinamento penitenziario”);
le misure alternative alla detenzione nei confronti dei soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria (art. 47-quater dell’ordinamento penitenziario);
la detenzione domiciliare (art. 47-ter dell’ordinamento penitenziario), trattamento alternativo per eccellenza alla detenzione, preso in considerazione in particolare modo dalla stessa sentenza n. 137 del 2021 della Corte Costituzionale;
la detenzione domiciliare speciale per particolari ipotesi (art. 47-quinquies dell’ordinamento penitenziario) introdotta dalla legge 8 marzo 2001, n. 40, e riferita ai genitori con figli minori, al fine della tutela di questi ultimi;
la liberazione anticipata, prevista dall’articolo 54 dell’ordinamento penitenziario e, teoricamente, inquadrabile nelle ipotesi di misura alternativa alla detenzione;
le misure adottate durante l’emergenza epidemiologica ai sensi dell’articolo 2-bis del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, come convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70.
Tanto premesso, con il presente messaggio si forniscono le istruzioni operative per la gestione delle singole prestazioni interessate dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 137 del 2021, fermo restando che per le ipotesi diverse da quelle disciplinate dalla richiamata sentenza continuano a trovare applicazione le disposizioni precedentemente impartite. Con successivo messaggio saranno fornite, agli operatori delle Strutture territoriali, le istruzioni procedurali per la gestione delle domande di cui ai successivi paragrafi.
2. Indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL
2.1 Indennità di disoccupazione riconosciute e successivamente revocate in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012 e poste in decadenza
Le indennità di disoccupazione (NASpI/DIS-COLL), che sono state inizialmente accolte e, successivamente, decadute (revocate) per effetto delle disposizioni sopra richiamate, possono, su istanza di parte, essere “ripristinate” con erogazione della prestazione con decorrenza dalla data della revoca, sempre che – alla predetta data – il titolare della prestazione stesse scontando la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere, o da data successiva se la misura alternativa alla detenzione in Istituto penitenziario è stata disposta successivamente a quella della revoca. È fatta salva l’intervenuta maturazione medio tempore della prescrizione del diritto ai sensi dell’articolo 47-bisdel D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, e successive modificazioni. L’ipotesi in argomento può verificarsi sia nel caso in cui la domanda di prestazione sia stata accolta, ma non siano stati disposti pagamenti in quanto la prestazione è stata posta in decadenza contestualmente all’accoglimento della stessa, sia nel caso in cui la prestazione sia stata accolta e in parte erogata, ma successivamente posta in decadenza in ragione di intervenuta revoca disposta dal giudice in applicazione delle diposizioni di cui all’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012.
In tali casi, al fine di procedere all’erogazione della prestazione, l’interessato è tenuto a produrre il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale il medesimo è stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
2.2 Domande respinte in ragione della sanzione accessoria di cui all’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012
Le domande di indennità di disoccupazione (NASpI e DIS-COLL) che sono state respinte esclusivamente perché è stata disposta, come sanzione accessoria, la revoca della prestazione di disoccupazione possono, sempre su istanza di parte, essere riesaminate e accolte con erogazione della prestazione con decorrenza dalla data in cui è stata disposta dalla competente Autorità giudiziaria l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere, fatta salva l’intervenuta maturazione medio tempore della decadenza sostanziale dall’azione giudiziaria ai sensi dell’articolo 47, comma terzo, del D.P.R. n. 639 del 1970, in virtù dei principi generali sopra riportati.
Anche in tale ipotesi, al fine di procedere al riesame della domanda e all’accoglimento della stessa, è necessario che l’interessato produca il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
3. Effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 137 del 2021 sulle domande di indennità di disoccupazione agricola
Alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale in commento e fatta sempre salva l’intervenuta maturazione medio tempore della decadenza sostanziale dall’azione giudiziaria ai sensi dell’articolo 47, comma terzo, del D.P.R. n. 639 del 1970, in virtù dei principi generali sopra riportati, si rende necessario procedere al riesame delle domande di indennità di disoccupazione agricola, presentate dai condannati che scontino la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere, respinte in ragione della sanzione accessoria della revoca della prestazione, e delle domande che – in quanto presentate antecedentemente alla notifica della sentenza da parte dell’Autorità giudiziaria – sono state inizialmente accolte e, successivamente, riesaminate d’ufficio e respinte con la motivazione specifica in argomento.
A tale fine i lavoratori interessati dovranno presentare all’Istituto apposita istanza, unitamente al provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
4. Pensione sociale e assegno sociale
4.1 Prestazioni riconosciute e successivamente revocate in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012
Con apposito messaggio sono state già fornite le prime indicazioni alle Strutture territoriali relativamente alla revoca della pensione sociale o dell’assegno sociale a decorrere dal 1° marzo 2017, in applicazione dell’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012.
Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 137 del 2021, pertanto, la prestazione può essere ripristinata con decorrenza dalla data della revoca o da data successiva se la misura alternativa alla detenzione in Istituto penitenziario è stata disposta successivamente a quella della revoca.
L’interessato è tenuto a presentare la richiesta di riesame allegando il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
4.2 Domande respinte in ragione della sanzione accessoria di cui all’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012
Le domande di pensione sociale o di assegno sociale, rigettate solo per l’applicazione dell’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012, possono, su istanza di parte, essere riesaminate e accolte con erogazione della prestazione con decorrenza dalla data in cui è stata disposta dalla competente Autorità giudiziaria l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
Anche in tale ipotesi, al fine di procedere al riesame della domanda e all’accoglimento della stessa, è necessario che l’interessato produca il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
5. Prestazioni di invalidità civile
5.1 Prestazioni riconosciute e successivamente revocate in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012
Nella sentenza in commento la Corte Costituzionale ha precisato che il riconoscimento del diritto alle prestazioni di invalidità civile si configura quale diritto inviolabile volto a garantire i mezzi di mantenimento a chi è inabile al lavoro. Tale diritto rappresenta, quindi, uno strumento di garanzia per la liberazione dal bisogno e per il pieno sviluppo della persona umana.
Ne consegue che le prestazioni di invalidità civile inizialmente erogate e successivamente revocate per effetto dell’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012, potranno essere ripristinate, con i relativi arretrati e nei limiti temporali del periodo trascorso in regime alternativo alla detenzione in carcere, nel caso in cui l’interessato presenti la relativa domanda di riesame.
Alla predetta istanza dovrà essere allegato il provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale l’interessato è stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
5.2 Domande respinte in ragione della sanzione accessoria di cui all’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012
Le domande di prestazioni di invalidità civile respinte ab origine, in applicazione dell’articolo 2, commi 58 e 61, della legge n. 92 del 2012, potranno essere erogate dalla data della domanda amministrativa qualora il cittadino condannato si trovi a scontare la pena detentiva in una modalità alternativa al carcere.
La domanda di riesame, presentata dall’interessato, deve essere corredata del relativo provvedimento della competente Autorità giudiziaria da cui risulti la data a partire dalla quale è stata disposta l’esecuzione della pena mediante una misura alternativa alla detenzione in carcere.
Il Direttore Generale
Vincenzo Caridi
Messaggio 298 del 20 gennaio 2022
Oggetto
Proroga al 31 marzo 2022 degli incarichi conferiti ai pensionati per fare fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19. Effetti pensionistici
L’articolo 4, commi 7 e 8, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 (c.d. decreto Milleproroghe 2022), entrato in vigore il 31 dicembre 2021, prevede un differimento dei termini relativi alla disciplina transitoria, per fare fronte all’emergenza da COVID-19, in materia di conferimento di incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a dirigenti medici, veterinari e sanitari, nonché al personale del ruolo sanitario del comparto sanità e degli operatori socio-sanitari collocati in quiescenza.
In particolare, con riferimento alla tipologia di incarichi e alla platea dei destinatari di cui sopra, l’articolo 4, comma 7, stabilisce che il termine previsto dall’articolo 2-bis, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (di seguito, decreto Cura Italia), introdotto, in sede di conversione, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 (durata massima non superiore a 6 mesi e comunque entro il termine dello stato di emergenza), come differito dall’articolo 1, comma 423, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (proseguimento degli incarichi, anche mediante proroga, entro il 31 dicembre 2021), è prorogato al 31 marzo 2022.
Il successivo comma 8 dell’articolo in argomento interviene sulla norma di interpretazione autentica di cui all’articolo 34, comma 9, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, nella parte in cui prevede che la particolare disciplina del cumulo tra la remunerazione dell’incarico di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, conferito ai sensi del decreto Cura Italia, e il trattamento pensionistico continua a trovare applicazione anche per il primo trimestre dell’anno 2022.
Si rammenta, inoltre, che agli incarichi in questione, per effetto di quanto dispone l’ultimo periodo dell’articolo 2-bis, comma 5, del decreto Cura Italia, non si applica l’incumulabilità tra redditi da lavoro autonomo e trattamento pensionistico di cui all’articolo 14, comma 3, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 (c.d. quota 100).
Tanto rappresentato, con il presente messaggio si comunica che, sotto il profilo pensionistico, per effetto del differimento dei termini al 31 marzo 2022, fino a tale data i redditi percepiti a seguito degli incarichi conferiti ai sensi del decreto Cura Italia continuano a essere cumulabili con i trattamenti pensionistici, compreso il trattamento pensionistico c.d. quota 100, ad eccezione dei trattamenti di pensione di cui all’articolo 1, comma 199, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (pensione ai lavoratori c.d. precoci).
Per quanto non espressamente indicato nel presente messaggio, si rinvia alle istruzioni fornite con le circolari n. 74 del 2020, n. 70 e n. 172 del 2021.
Il Direttore Generale
Gabriella Di Michele