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Circolare 50 del 17 Marzo 2005
OGGETTO:
Provvedimenti di interdizione dal lavoro concessi dai Servizi ispettivi delle Direzioni provinciali del lavoro.
SOMMARIO:
- L’indennità di maternità non è erogabile dopo la cessazione del rapporto di lavoro per i periodi di interdizione (anticipata e/o prorogata) dal lavoro riconosciuti dalla Direzioni provinciali del lavoro ai sensi delle lettere b) e c), comma 2, dell’art. 17 del D.Lgs. 151/2001.
- Se l’interdizione anticipata di cui alla lettera a), comma 2, dell’art. 17 del D.Lgs. 151/2001 viene concessa con vari provvedimenti e con soluzione di continuità tra l’uno e l’altro, l’indennità di maternità non è erogabile qualora siano trascorsi più di 60 giorni tra la sospensione o cessazione del rapporto di lavoro e i provvedimenti stessi.
1. PROVVEDIMENTI DI INTERDIZIONE DAL LAVORO EX ART. 17 D.LGS. 151/2001. PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO N. 460/2003.
Si fa seguito al messaggio n. 343 del 28.4.2003 relativo all’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 17, comma 2, lett. a, b e c, art. 6, comma 1 e art. 12, comma 2, del D. Lgs. 151/2001 (riguardanti rispettivamente i provvedimenti di interdizione anticipata prima della data presunta del parto e prorogata fino a sette mesi dopo il parto) in caso di contratti di lavoro scaduti durante il periodo di interdizione disposta dai Servizi Ispettivi delle Direzioni Provinciali del Lavoro ovvero cessati prima della concessione del provvedimento di interdizione.
Si porta ora a conoscenza che il Consiglio di Stato (con il parere n. 460/2003, reso dalla Sez. II l’11.2.2004) interpellato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – interessato a sua volta da questo Istituto ha fornito, anche al fine di uniformare l’operato delle Direzioni Provinciali del Lavoro, una interpretazione sistematica della disciplina riguardante la concessione delle interdizioni anticipate e prorogate, anche attraverso una esemplificazione dei casi e delle disposizioni normative da applicare relativamente al contratto di lavoro a tempo determinato.
Nel citato parere il Consiglio di Stato ha ribadito quanto a suo tempo precisato nel proprio parere n. 2176/86 ed ha chiarito, tra l’altro, che mentre la cessazione del rapporto di lavoro non incide sulla validità dei provvedimenti di interdizione disposti ai sensi della lett. a, comma 2 dell’art. 17 del D. Lgs. 15172001, negli ulteriori e specifici casi di cui alla successive lett. b e c del citato art. 17 “…non si può…prescindere dalla esistenza di un rapporto di lavoro…poiché le cause di estensione del periodo di congedo sono ontologicamente connesse alla…gravosità delle (immodificabili) mansioni lavorative …”.
Pertanto, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con lettera circolare n. 70 del 1.12.2004 (che si trasmette in allegato) ha provveduto a rendere noto ai propri Uffici periferici il suddetto parere n. 460/2003, al fine di una corretta applicazione, da parte degli Uffici periferici stessi, dell’art. 17, comma 2, lettere a, b e c e dell’art. 24, commi 1 e 2, del D. Lg. 151/2001.
In particolare, il Ministero ha invitato le Direzioni provinciali del lavoro ad adeguarsi alla interpretazione fornita dal Consiglio di Stato ed a disporre i provvedimenti di interdizione, anticipata e/o prorogata, dal lavoro, tenendo preventivamente in considerazione la data della eventuale cessazione del rapporto di lavoro della lavoratrice.
Ai fini del riconoscimento del diritto alla prestazione economica di maternità, pertanto, non dovranno essere indennizzati dopo la cessazione del rapporto di lavoro i periodi di interdizione (anticipata e/o prorogata) che eventualmente dovessero essere stati riconosciuti dalle Direzioni provinciali del lavoro ai sensi delle lett. b e c dell’art. 17 del D. Lgs. 151/2001, senza che queste fossero a conoscenza di una successiva cessazione del rapporto di lavoro, richiedendo quindi, se del caso, alle Direzioni suddette la rettifica dei provvedimenti emessi prima di conoscere la cessazione del contratto.
2. CHIARIMENTI RELATIVI ALLA CIRCOLARE N. 83/1988.
Con la circ. n. 83 del 26.4.1988 erano state fornite disposizioni attuative del parere del Consiglio di Stato n. 2176/86, secondo cui l’interdizione anticipata disposta dagli Ispettorati del lavoro (oggi Direzioni Provinciali del lavoro) ai sensi dell’art. 5 della legge 1204/1971 (ora art. 17 del D. Lgs. 151/2001) è assimilabile, ai fini del riconoscimento del diritto alla indennità di maternità, alla “normale” astensione obbligatoria prima del parto, con la conseguenza che il prolungamento del diritto alla prestazione economica (c.d. protezione assicurativa) previsto in 60 gg. dall’art. 17, 2° comma, legge 1204/1971 (ora art. 24, 2° comma, D. Lgs. 151/2001) debba valere anche nei casi di interdizione anticipata.
A chiarimento di quanto indicato nella suddetta circolare, premesso che i provvedimenti di interdizione anticipata a cui ci si riferisce sono (com’è ovvio per quanto detto al par. 1), quelli concessi ai sensi della lett. a) dell’art. 24 D. Lgs. 151/2001, si forniscono precisazioni in merito ai casi in cui l’interdizione anticipata non sia concessa con un unico provvedimento, valido, cioè per un periodo ininterrotto fino all’inizio del periodo di astensione obbligatoria (congedo di maternità) “normale” (due mesi prima della data presunta del parto), ma sia autorizzata attraverso vari provvedimenti e con soluzione di continuità, anche di un solo giorno, tra un provvedimento e l’altro.
In tali casi occorre verificare, ai fini del diritto alla indennità di maternità, che non siano trascorsi più di 60 giorni dalla data di sospensione o cessazione del rapporto di lavoro, non solo rispetto al primo provvedimento, ma anche rispetto ai provvedimenti (o proroghe) successivi, nonché, ovviamente, rispetto all’inizio dell’astensione obbligatoria “normale”.
In altri termini, qualora risulti il suddetto superamento dei 60 giorni, come sopra calcolati, è ininfluente la circostanza che non siano trascorsi più di 60 giorni tra un provvedimento e l’altro di interdizione anticipata.
IL DIRETTORE GENERALE
Crecco