Home Contribuzione Figurativa Accreditabile a domanda Cariche pubbliche elettive Norme Decreti DE 2001
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Decreto interministeriale 2 ottobre 2001
Facolta' di riscatto di attivita' prestata con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.
(GU n.297 del 22-12-2001)
IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI di concerto con IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE Visto l'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che ha istituito una apposita gestione separata presso l'Istituto nazionale previdenza sociale (I.N.P.S.) per talune figure professionali che svolgono attivita' di lavoro autonomo; Visto l'art. 51, comma 2, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, che ha previsto, per i soli titolari di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, iscritti alla predetta gestione, la facolta' di riscattare annualita' di lavoro svolto in periodi precedenti all'entrata in vigore dell'assoggettamento all'obbligo contributivo; Visto l'art. 58, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144, che ha istituito il Comitato amministratore della gestione separata, di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335; Visto il decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, emanato in attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che disciplina la contribuzione figurativa e la copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione; Visto l'art. 2, comma 5, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, che determina il calcolo dell'onere dei periodi di riscatto, da valutare con il sistema contributivo; Decreta:
1. I lavoratori iscritti alla gestione separata, costituita presso l'Istituto nazionale previdenza sociale (INPS), ai sensi dell'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che hanno svolto in periodi precedenti all'istituzione della gestione attivita' di lavoro autonomo sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, hanno facolta' di riscattare detti periodi fino ad un massimo di cinque annualita'. 2. Il riscatto, di cui al comma 1, puo' essere esercitato limitatamente ai periodi che risultano privi di qualsiasi copertura contributiva.
3. La facolta' di riscatto, per periodi lavorativi documentati con atti aventi data certa, puo' essere esercitata in qualsiasi momento a domanda dell'iscritto o dei suoi superstiti.
4. Qualora dalla documentazione prodotta risulti lo svolgimento dell'attivita' di lavoro autonomo sotto forma di collaborazione, ma non la sua durata, l'anzianita' contributiva e' convenzionalmente attribuita per l'intero anno se i compensi percepiti sono pari o superiori al reddito minimo stabilito per gli iscritti alla gestione degli esercenti attivita' commerciale nell'anno considerato; nel caso in cui, invece, i compensi sono inferiori al predetto reddito minimo la durata del periodo riscattabile e' proporzionalmente ridotta in rapporto al reddito conseguito.
1. L'onere di riscatto, a carico dell'assicurato, e' determinato applicando l'aliquota contributiva di finanziamento vigente, presso la gestione separata, alla data della presentazione della domanda.
2. Ai fini della determinazione dell'aliquota, di cui al comma 1, si dovra' tenere conto della posizione previdenziale dell'iscritto, applicando la corrispondente aliquota contributiva prevista nel caso in cui il soggetto sia o meno assicurato presso altra forma di previdenza obbligatoria.
3. L'onere di riscatto e' da calcolare con riferimento al compenso percepito nel periodo oggetto del riscatto, applicando, a partire dall'anno successivo a quello di percezione, la variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai e di impiegati rispetto all'anno precedente.
4. Qualora non venga prodotta documentazione idonea a dimostrare l'ammontare dei compensi, l'onere di riscatto e' determinato prendendo a riferimento il reddito minimo stabilito per gli iscritti alla gestione degli esercenti attivita' commerciali, relativo all'anno in cui si colloca il periodo da riscattare, rivalutato secondo le modalita' indicate al comma 3.
5. L'importo complessivo dei compensi da riscattare per ciascun anno non puo' eccedere il massimale di cui all'art. 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335, rapportato all'anno considerato sulla base dell'indice ISTAT di cui al comma 3.
6. La rivalutazione del montante individuale dei contributi, disciplinato dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, ha effetto dalla data di presentazione della domanda di riscatto.
1. Il Comitato amministratore della gestione separata provvedera' a definire le modalita' di pagamento dell'onere di riscatto. Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana Roma, 2 ottobre 2001 Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Maroni Il Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti Registrato alla Corte dei conti il 7 novembre 2001 Ufficio di controllo preventivo sui Ministeri dei servizi alla persona e dei beni culturali, registro n. 6, foglio n. 346
Decreto Ministero del Lavoro del 14 marzo 2001
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.118 del 23 maggio 2001
Oggetto:
Determinazione dei coefficienti di trasformazione per il Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari.
IL Ministro del lavoro e della previdenza sociale
di concerto con
il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
Visto l’art. 2, comma 33, della legge 8 agosto 1995, n.335;
Visto il decreto legislativo 16 settembre 1996, n.565, ed, in particolare, l’art. 2, comma 4, l’art. 4, comma 2, come sostituito dall’art. 58, comma 1, lettera b), della legge 17 maggio 1999, n.144, e l’art. 5;
Sentito il Nucleo di valutazione della spesa previdenziale di cui all’art. 44 della legge 8 agosto 1995, n. 335;
Decreta:
Articolo 1
Sono determinati, nell’allegata tabella, i coefficienti di trasformazione in pensione del montante contributivo per il Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari, specifici per la particolare assicurazione.
Articolo 2
Le basi demografiche per la determinazione dei coefficienti di trasformazione di cui all’art. 1 sono riferite alle tavole di mortalità ISTAT per sesso ed età dell’anno 1996, sulle quali è stata calcolata la media dei sopravviventi dei due sessi per età.
Articolo 3
Il tasso tecnico annuo impiegato è valutato pari all’1,5 per cento, in analogia al tasso tecnico previsto per il sistema pensionistico obbligatorio.
Articolo 4
In fase di prima applicazione e fino alla quantificazione delle effettive spese di gestione, la percentuale di caricamento su ogni versamento contributivo, a titolo di compensazione dei costi amministrativi, è rapportata al 2 per cento.
Articolo 5
Su proposta del comitato amministratore del Fondo, le amministrazioni concernenti valutano, alla fine di ogni anno, la congruità dei coefficienti di trasformazione impiegati, con la verifica delle ipotesi demografiche ed economiche assunte a riferimento nella determinazione dei medesimi e dell’andamento delle pensioni di inabilità.
Articolo 6
I coefficienti di trasformazione individuati dall’art. 1 possono essere variati, su proposta del comitato amministratore del Fondo, ogni qualvolta se ne renda necessaria la modifica, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito il Nucleo di valutazione della spesa previdenziale di cui all’art. 1, comma 44, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Roma, 14 marzo 2001
Il Ministro del lavoro
e della previdenza sociale
SALVI
p.Il Ministro del tesoro, del bilancio
e della programmazione economica
SOLAROLI
Registrato alla Corte dei Conti, Ufficio di controllo preventivo sui Ministeri dei servizi alla persona e dei beni culturali, registro n. 1, foglio n. 297
Decreto legislativo 16 settembre 1996, n.565
Coefficienti di trasformazione
Età Valori
57 4,903%
58 5,049%
59 5,204%
60 5,368%
61 5,542%
62 5,727%
63 5,925%
64 6,136%
65 6,361%
Tasso di sconto = 1,5%
Decreto legge 355 del 28 settembre 2001
"Disposizioni urgenti in materia di lavoro supplementare nei rapporti di lavoro a tempo parziale e di opzione sui sistemi di liquidazione delle pensioni, nonche' di regolarizzazione di adempimenti tributari e contributivi per i soggetti colpiti dal sisma del 13 e del 16 dicembre 1990 in talune province della regione siciliana"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 228 del 1° ottobre 2001
1. All'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 6), del decreto legislativo 26 febbraio 2001, n. 100, le parole: "comunque non oltre il 30 settembre 2001" sono sostituite dalle seguenti: "comunque non oltre il 30 settembre 2002".
1. L'articolo 1, comma 23, secondo periodo, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che l'opzione ivi prevista e' concessa limitatamente ai lavoratori di cui al comma 12 del predetto articolo 1 che abbiano maturato un'anzianita' contributiva pari o superiore a quindici anni, di cui almeno cinque nel sistema contributivo.
2. La liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo e' comunque concessa a coloro che abbiano esercitato il diritto di opzione entro la data di entrata in vigore del presente decreto.
1. Nell'articolo 138, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le parole: "entro il 30 settembre 2001" sono sostituite dalle seguenti: "entro il 28 dicembre 2001".
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge.
Decreto legislativo 165 del 30 marzo 2001
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche.
Vigente al: 11-11-2013
Titolo I
PRINCIPI GENERALI
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 ed 87 della Costituzione.
Vista la legge 23 ottobre1992, n. 421, ed in particolare l'articolo
2;
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59;
Visto il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni;
Visto l'articolo 1, comma 8, della legge 24 novembre 2000. n. 340:
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri
adottata nella seduta del 7 febbraio 2001;
Acquisito il parere dalla Conferenza unificata di cui all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso in data 8
febbraio 2001;
Acquisito il parere delle competenti Commissioni del Senato della
Repubblica e della Camera dei Deputati, rispettivamente in data 27 e
28 febbraio 2001;
Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle
sedute del 21 e 30 marzo 2001;
Su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del
Ministro per la funzione pubblica;
EMANA
il seguente decreto legislativo:
Art. 1
Finalita' ed ambito di applicazione
(Art. 1 del d.lgs. n. 29 del 1993, come modificato
dall'art. 1 del d.lgs. n. 80 del 1998)
1. Le disposizioni del presente decreto disciplinano
l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, tenuto conto delle
autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome,
nel rispetto dell'articolo 97, comma primo, della Costituzione, al
fine di:
a) accrescere l'efficienza delle amministrazioni in relazione a
quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell'Unione
europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi
pubblici;
b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la
spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i
vincoli di finanza pubblica;
c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle
pubbliche amministrazioni, assicurando la formazione e lo sviluppo
professionale dei dipendenti, applicando condizioni uniformi rispetto
a quelle del lavoro privato, garantendo pari opportunita' alle
lavoratrici ed ai lavoratori nonche' l'assenza di qualunque forma di
discriminazione e di violenza morale o psichica.
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di
ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed
amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le
Province, i Comuni, le Comunita' montane. e loro consorzi e
associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi
case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non
economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l'Agenzia per la
rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le
Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. ((Fino
alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni
di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI)).
3. Le disposizioni del presente decreto costituiscono principi
fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Le
Regioni a statuto ordinario si attengono ad esse tenendo conto delle
peculiarita' dei rispettivi ordinamenti. I principi desumibili
dall'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e successive
modificazioni, e dall'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo
1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni,
costituiscono altresi', per le Regioni a statuto speciale e per le
province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di
riforma economico-sociale della Repubblica.
Art. 2
Fonti
(Art. 2, commi da 1 a 3 del d.lgs. n. 29 del 1993,
come sostituiti prima dall'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1993
e poi dall'art. 2 del d.lgs. n. 80 del 1998)
1. Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi
generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi,
mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le
linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli
uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della
titolarita' dei medesimi; determinano le dotazioni organiche
complessive. Esse ispirano la loro organizzazione ai seguenti
criteri:
a) funzionalita' rispetto ai compiti e ai programmi di attivita', nel
perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed
economicita'. A tal fine, periodicamente e comunque all'atto della
definizione dei programmi operativi e dell'assegnazione delle
risorse, si procede a specifica verifica e ad eventuale revisione;
b) ampia flessibilita', garantendo adeguati margini alle
determinazioni operative e gestionali da assumersi ai sensi
dell'articolo 5, comma 2;
c) collegamento delle attivita' degli uffici, adeguandosi al dovere
di comunicazione interna ed esterna, ed interconnessione mediante
sistemi informatici e statistici pubblici;
d) garanzia dell'imparzialita' e della trasparenza dell'azione
amministrativa, anche attraverso t'istituzione di apposite
strutture per l'informazione ai cittadini e attribuzione ad un
unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilita'
complessiva dello stesso;
e) armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici
con le esigenze dell'utenza e con gli orari delle amministrazioni
pubbliche dei Paesi dell'Unione europea.
1-bis. I criteri di organizzazione di cui al presente articolo sono
attuati nel rispetto della disciplina in materia di trattamento dei
dati personali.
2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II,
del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro
subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni
contenute nel presente decreto ((, che costituiscono disposizioni a
carattere imperativo)). Eventuali disposizioni di legge, regolamento
o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui
applicabilita' sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni
pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da
successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata,
non sono ulteriormente applicabili, solo qualora cio' sia
espressamente previsto dalla legge .
3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati
contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i
criteri e le modalita' previste nel titolo III del presente decreto;
i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui
all'articolo 45, comma 2. L'attribuzione di trattamenti economici
puo' avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi((e salvo i
casi previsti dal comma 3-ter e 3-quater dell'articolo 40 e le
ipotesi di tutela delle retribuzioni di cui all'articolo 47-bis, ))
o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le
disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che
attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti
cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore dal
relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici piu'
favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalita' e nelle
misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne
conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione
collettiva.
((3-bis. Nel caso di nullita' delle disposizioni contrattuali per
violazione di norme imperative o dei limiti fissati alla
contrattazione collettiva, si applicano gli articoli 1339 e 1419,
secondo comma, del codice civile.))
Art. 3
Personale in regime di diritto pubblico
(Art. 2, commi 4 e 5 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituiti
dall'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1993 e successivamente
modificati dall'art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 80 del 1998)
1. In deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati
dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e
contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale
militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della
carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonche' i
dipendenti degli enti che svolgono la loro attivita' nelle materie
contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo
provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n.691, e dalle leggi 4 giugno
1985, n.281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre
1990, n.287.
1-bis. In deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, il rapporto di
impiego del personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario
previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 2 novembre 2000, n. 362, e il personale volontario di
leva, e' disciplinato in regime di diritto pubblico secondo autonome
disposizioni ordinamentali.
1-ter. In deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, il personale della
carriera dirigenziale penitenziaria e' disciplinato dal rispettivo
ordinamento.
2. Il rapporto di impiego dei professori e dei, ricercatori
universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente
vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo
organico ed in conformita' ai principi della autonomia universitaria
di cui all'articolo 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e
seguenti della legge 9 maggio 1989, n.168, e successive modificazioni
ed integrazioni, tenuto conto dei principi di cui all'articolo 2,
comma 1, della legge 23 ottobre 1992. n. 421. ((28))
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AGGIORNAMENTO (28)
Il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,
dalla L. 6 agosto 2008, n. 133 ha disposto (con l'art. 69, comma 1)
che "Con effetto dal 1° gennaio 2009, per le categorie di personale
di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
la maturazione dell'aumento biennale o della classe di stipendio, nei
limiti del 2,5 per cento, previsti dai rispettivi ordinamenti e'
differita, una tantum, per un periodo di dodici mesi, alla scadenza
del quale e' attribuito il corrispondente valore economico maturato.
Il periodo di dodici mesi di differimento e' utile anche ai fini
della maturazione delle ulteriori successive classi di stipendio o
degli ulteriori aumenti biennali."
Art. 4
Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilita'
(Art. 3 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 2
del d.lgs n. 470 del 1993 poi dall'art. 3 del d.lgs n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art. 1 del d.lgs n.387 del 1998)
1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo
politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da
attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento
ditali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati
dell'attivita' amministrativa e della gestione agli indirizzi
impartiti. Ad essi spettano, in particolare:
a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei
relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;
b) la definizione di obiettivi, priorita', piani, programmi e
direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione;
c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed
economico-finanziarie da destinare alle diverse finalita' e la
loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;
d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili
finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e
analoghi oneri a carico di terzi;
e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da
specifiche disposizioni;
f) le richieste di pareri alle autorita' amministrative indipendenti
ed al Consiglio di Stato;
g) gli altri atti indicati dal presente decreto.
2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti
amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano
l'amministrazione verso l'esterno, nonche' la gestione finanziaria,
tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di
organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi
sono responsabili in via esclusiva dell'attivita' amministrativa,
della gestione e dei relativi risultati.
3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono
essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche
disposizioni legislative.
4. Le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano
direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica,
adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra
indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione
dall'altro. ((A tali amministrazioni e' fatto divieto di istituire
uffici di diretta collaborazione, posti alle dirette dipendenze
dell'organo di vertice dell'ente)).
Articolo 5
Potere di organizzazione
(Art.4 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito prima dall'art.3 del
d.lgs n.546 del 1993, successivamente modificato dall'art.9 del d.lgs
n.396 del 1997, e nuovamente sostituito dall'art.4 del d.lgs n.80 del
1998)
1. Le amministrazioni pubbliche assumono ogni determinazione
organizzativa al fine di assicurare l'attuazione dei principi di cui
all'articolo 2, comma 1, e la rispondenza al pubblico interesse
dell'azione amministrativa.
2. Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui
all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli
uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono
assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la
capacita' e i poteri del privato datore di lavoro, ((fatti salvi la
sola informazione ai sindacati per le determinazioni relative
all'organizzazione degli uffici ovvero, limitatamente alle misure
riguardanti i rapporti di lavoro, l'esame congiunto, ove previsti nei
contratti di cui all'articolo 9)). Rientrano, in particolare,
nell'esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti la gestione
delle risorse umane nel rispetto del principio di pari opportunita',
nonche' la direzione, l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli
uffici.
3. Gli organismi di controllo interno verificano periodicamente la
rispondenza delle determinazioni organizzative ai principi indicati
all'articolo 2, comma 1, anche al fine di propone l'adozione di
eventuali interventi correttivi e di fornire elementi per l'adozione
delle misure previste nei confronti dei responsabili della gestione.
3-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche
alle Autorita' amministrative indipendenti.
Art. 6
Organizzazione e disciplina degli uffici e dotazioni organiche
(Art. 6 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima
dall'art. 4 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi dall'art. 5
del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato
dall'art. 2 del d.lgs n. 387 del 1998)
1. Nelle amministrazioni pubbliche l'organizzazione e la disciplina
degli uffici, nonche' la consistenza e la variazione delle dotazioni
organiche sono determinate in funzione delle finalita' indicate
all'articolo 1, comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni e
((previa informazione delle organizzazioni sindacali rappresentative
ove prevista nei contratti di cui all'articolo 9 )). ((Nei casi in
cui processi di riorganizzazione degli uffici comportano
l'individuazione di esuberi o l'avvio di processi di mobilita', al
fine di assicurare obiettivita' e trasparenza, le pubbliche
amministrazioni sono tenute a darne informazione, ai sensi
dell'articolo 33, alle organizzazioni sindacali rappresentative del
settore interessato e ad avviare con le stesse un esame sui criteri
per l'individuazione degli esuberi o sulle modalita' per i processi
di mobilita'. Decorsi trenta giorni dall'avvio dell'esame, in assenza
dell'individuazione di criteri e modalita' condivisi, la pubblica
amministrazione procede alla dichiarazione di esubero e alla messa in
mobilita')). Nell'individuazione delle dotazioni organiche, le
amministrazioni non possono determinare, in presenza di vacanze di
organico, situazioni di soprannumerarieta' di personale, anche
temporanea, nell'ambito dei contingenti relativi alle singole
posizioni economiche delle aree funzionali e di livello dirigenziale.
Ai fini della mobilita' collettiva le amministrazioni effettuano
annualmente rilevazioni delle eccedenze di personale su base
territoriale per categoria o area, qualifica e profilo professionale.
Le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione delle
risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di
mobilita' e di reclutamento del personale.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, si applica l'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23
agosto 1988, n. 400. La distribuzione del personale dei diversi
livelli o qualifiche previsti dalla dotazione organica puo' essere
modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del ministro competente di concerto con il Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ove comporti
riduzioni di spesa o comunque non incrementi la spesa complessiva
riferita al personale effettivamente in servizio aI 31 dicembre
dell'anno precedente.
3. Per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche si
procede periodicamente e comunque a scadenza triennale, nonche' ove
risulti necessario a seguito di riordino, fusione, trasformazione o
trasferimento di funzioni. Ogni amministrazione procede adottando gli
atti previsti dal proprio ordinamento.
4. Le variazioni delle dotazioni organiche gia' determinate sono
approvate dall'organo di vertice delle amministrazioni in coerenza
con la programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui
all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni ed integrazioni, e con gli strumenti di programmazione
economico - finanziaria pluriennale. Per le amministrazioni dello
Stato, la programmazione triennale del fabbisogno di personale e'
deliberata dal Consiglio dei ministri e le variazioni delle dotazioni
organiche sono determinate ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis,
della legge 23 agosto 1988, n. 400.
4-bis. Il documento di programmazione triennale del fabbisogno di
personale ed i suoi aggiornamenti di cui al comma 4 sono elaborati su
proposta dei competenti dirigenti che individuano i profili
professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali
delle strutture cui sono preposti.
5. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il Ministero
degli affari esteri, nonche' per le amministrazioni che esercitano
competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello
Stato, di polizia e di giustizia, sono fatte salve le particolari
disposizioni dettate dalle normative di settore. L'articolo 5, comma
3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, relativamente al
personale appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento civile,
si interpreta nel senso che al predetto personale non si applica
l'articolo 16 dello stesso decreto. Restano salve le disposizioni
vigenti per la determinazione delle dotazioni organiche del personale
degli istituti e scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni
educative. Le attribuzioni del Ministero dell'universita' e della
ricerca scientifica e tecnologica, relative a tutto il personale
tecnico e amministrativo universitario, ivi compresi i dirigenti,
sono devolute all'universita' di appartenenza. Parimenti sono
attribuite agli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano
tutte le attribuzioni del Ministero dell'universita' e della ricerca
scientifica e tecnologica in materia di personale, ad eccezione di
quelle relative al reclutamento del personale di ricerca.
6. Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti
di cui al presente articolo non possono assumere nuovo personale,
compreso quello appartenente alle categorie protette.
Art. 6-bis
(( (Misure in materia di organizzazione e
razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle pubbliche
amministrazioni).
1. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2,
nonche' gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico
del bilancio dello Stato sono autorizzati, nel rispetto dei principi
di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi,
originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere
conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure
in materia di personale e di dotazione organica.
2. Relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni
organiche, le amministrazioni interessate dai processi di cui al
presente articolo provvedono al congelamento dei posti e alla
temporanea riduzione dei fondi della contrattazione, fermi restando i
conseguenti processi di riduzione e di rideterminazione delle
dotazioni organiche nel rispetto dell'articolo 6 nonche' i
conseguenti processi di riallocazione e di mobilita' del personale.
3. I collegi dei revisori dei conti e gli organi di controllo
interno delle amministrazioni che attivano i processi di cui al comma
1 vigilano sull'applicazione del presente articolo, dando evidenza,
nei propri verbali, dei risparmi derivanti dall'adozione dei
provvedimenti in materia di organizzazione e di personale, anche ai
fini della valutazione del personale con incarico dirigenziale di cui
all'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 )).
Art. 7
Gestione delle risorse umane
(Art. 7 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima
dall'art. 5 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi modificato
dall'art. 3 del d.lgs n. 387 del 1998)
1. Le pubbliche amministrazioni garantiscono parita' e pari
opportunita' tra uomini e donne e l'assenza di ogni forma di
discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all'eta',
all'orientamento sessuale, alla razza, all'origine etnica, alla
disabilita', alla religione o alla lingua, nell'accesso al lavoro,
nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione
professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro. Le
pubbliche amministrazioni garantiscono altresi' un ambiente di lavoro
improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare,
contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al
proprio interno.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la liberta' di
insegnamento e l'autonomia professionale nello svolgimento
dell'attivita' didattica, scientifica e di ricerca.
3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi di'
priorita' nell'impiego flessibile del personale, purche' compatibile
con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei
dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare
e dei dipendenti impegnati in attivita' di volontariato ai sensi
della legge 11 agosto 1991, n. 266.
4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e
l'aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche
dirigenziali, garantendo altresi' l'adeguamento dei programmi
formativi. al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di
genere della pubblica amministrazione.
5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti
economici accessori che non corrispondano alle prestazioni
effettivamente rese.
6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in
servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi
individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale
o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata
specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti
presupposti di legittimita':
a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze
attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad
obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare
coerente con le esigenze di funzionalita' dell'amministrazione
conferente;
b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato
l'impossibilita' oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili
al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente
qualificata; non e' ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga
dell'incarico originario e' consentita, in via eccezionale, al solo
fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al
collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede
di affidamento dell'incarico;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo,
oggetto e compenso della collaborazione.
Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione
universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione
di natura occasionale o coordinata e continuativa per attivita' che
debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o
con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo , dei
mestieri artigianali o dell'attivita' informatica nonche' a supporto
dell'attivita' didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento,
compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro
di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, purche'
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica , ferma
restando la necessita' di accertare la maturata esperienza nel
settore.
Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa
per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei
collaboratori come lavoratori subordinati e' causa di responsabilita'
amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. Il
secondo periodo dell'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 12 luglio
2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2004, n. 191, e' soppresso. ((Si applicano le disposizioni previste
dall'articolo 36, comma 3, del presente decreto e, in caso di
violazione delle disposizioni di cui al presente comma, fermo
restando il divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo
indeterminato, si applica quanto previsto dal citato articolo 36,
comma 5-quater.))
6-bis. Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono
pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il
conferimento degli incarichi di collaborazione.
6-ter. I regolamenti di cui all'articolo 110, comma 6, del testo
unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si
adeguano ai principi di cui al comma 6.
6-quater. Le disposizioni di cui ai commi 6, 6-bis e 6-ter non si
applicano ai componenti degli organismi di controllo interno e dei
nuclei di valutazione, nonche' degli organismi operanti per le
finalita' di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 17 maggio 1999,
n. 144.
Art. 7-bis
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 16 APRILE 2013, N.70))
Articolo 8
(Costo del lavoro, risorse finanziarie e controlli
(Art. 9 del d.lgs n.29 del 1993)
1. Le amministrazioni pubbliche adottano tutte le misure affinche'
la spesa per il proprio personale sia evidente, certa e prevedibile
nella evoluzione. Le risorse finanziarie destinate a tale spesa sono
determinate in base alle compatibilita' economico-finanziarie
definite nei documenti di programmazione e di bilancio.
2. L'incremento del costo del lavoro negli enti pubblici economici
e nelle aziende pubbliche che producono servizi di pubblica utilita',
nonche' negli enti di cui all'articolo 70, comma 4, e' soggetto a
limiti compatibili con gli obiettivi e i vincoli di finanza pubblica.
Articolo 9
(( (Partecipazione sindacale).
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, i
contratti collettivi nazionali disciplinano le modalita' e gli
istituti della partecipazione. ))
Titolo II
ORGANIZZAZIONE
Capo I
Relazioni con il pubblico
Articolo 10
Trasparenza delle amministrazioni pubbliche
(Art.11 del d.lgs n.29 del 1993, come modificato dall'art.43, comma 9
del d.lgs n.80 del 1998)
1. L'organismo di cui all'articolo 2, comma 1, lettera mm), della
legge 23 ottobre 1992, n.421, ai fini della trasparenza e rapidita'
del procedimento, definisce, ai sensi dell'articolo 2, comma 1,
lettera c), i modelli e sistemi informativi utili alla
interconnessione tra le amministrazioni pubbliche.
2. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica ed i comitati metropolitani di cui all'articolo 18
del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, promuovono,
utilizzando il personale degli uffici di cui all'articolo 11, la
costituzione di servizi di accesso polifunzionale alle
amministrazioni pubbliche nell'ambito dei progetti finalizzati di cui
all'articolo 26 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive
modificazioni ed integrazioni.
Articolo 11
Ufficio relazioni con il pubblico
(Art.l2, commi da 1 a 5-ter del d.lgs n.29 del 1993, come sostituiti
dall'art.7 del d.lgs n.546 del 1993 e successivamente modificati
dall'art.3 del decreto legge n.163 del 1995, convertito con
modificazioni dalla legge n.273 del 1995)
1. Le amministrazioni pubbliche, al fine di garantire la piena
attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni ed integrazioni, individuano, nell'ambito della propria
struttura uffici per le relazioni con il pubblico.
2. Gli uffici per le relazioni con il pubblico provvedono, anche
mediante l'utilizzo di tecnologie informatiche:
a) al servizio all'utenza per i diritti di partecipazione di cui al
capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni ed integrazioni;
b) all'informazione all'utenza relativa agli atti e allo stato dei
procedimenti;
c) alla ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte
alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e
logistici del rapporto con l'utenza.
3. Agli uffici per le relazioni con il pubblico viene assegnato,
nell'ambito delle attuali dotazioni organiche delle singole
amministrazioni, personale con idonea qualificazione e con elevata
capacita' di avere contatti con il pubblico, eventualmente assicurato
da apposita formazione.
4. Al fine di assicurare la conoscenza di normative, servizi e
strutture, le amministrazioni pubbliche programmano ed attuano
iniziative di comunicazione di pubblica utilita'; in particolare, le
amministrazioni dello Stato, per l'attuazione delle iniziative
individuate nell'ambito delle proprie competenze, si avvalgono del
Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del
Consiglio dei ministri quale struttura centrale di servizio, secondo
un piano annuale di coordinamento del fabbisogno di prodotti e
servizi, da sottopone all'approvazione del Presidente del Consiglio
dei ministri.
5. Per le comunicazioni previste dalla legge 7 agosto 1990, n.
241, e successive modificazioni ed integrazioni, non si applicano le
norme vigenti che dispongono la tassa a carico del destinatario.
6. Il responsabile dell'ufficio per le relazioni con il pubblico e
il personale da lui indicato possono promuovere iniziative volte,
anche con il supporto delle procedure informatiche, al miglioramento
dei servizi per il pubblico, alla semplificazione e all'accelerazione
delle procedure e all'incremento delle modalita' di accesso informale
alle informazioni in possesso dell'amministrazione e ai documenti
amministrativi.
7. L'organo di vertice della gestione dell'amministrazione o
dell'ente verifica l'efficacia dell'applicazione delle iniziative di
cui al comma 6, ai fini dell'inserimento della verifica positiva nel
fascicolo personale del dipendente. Tale riconoscimento costituisce
titolo autonomamente valutabile in concorsi pubblici e nella
progressione di' carriera del dipendente. Gli organi di vertice
trasmettono le iniziative riconosciute ai sensi del presente comma al
Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di un'adeguata
pubblicizzazione delle stesse. Il Dipartimento annualmente individua
le forme di pubblicazione.
Articolo 12
Uffici per la gestione del contenzioso del lavoro
(Art. 12-bis del d.lgs n.29 del 1999, aggiunto dall'art. 7 del d.lgs
n. 80 del 1998)
1. Le amministrazioni pubbliche provvedono, nell'ambito dei
rispettivi ordinamenti, ad organizzare la gestione del contenzioso
del lavoro, anche creando appositi uffici, in modo da assicurare
l'efficace svolgimento di tutte le attivita' stragiudiziali e
giudiziali inerenti alle controversie. Piu' amministrazioni omogenee
o affini possono istituire, mediante convenzione che ne regoli le
modalita' di costituzione e di funzionamento, un unico ufficio per la
gestione di tutto o parte del contenzioso comune.
Capo II
Dirigenza
Sezione I
Qualifiche, uffici dirigenziali ed
attribuzioni
Articolo 13
Amministrazioni destinatarie
(Art.13 del d.lgs n.29 del 1993,come sostituito prima dall'art.3 del
d.lgs n.470 del 1993 e poi dall'art.8 del d.lgs n.80 del 1998)
1. Le disposizioni del presente capo si applicano alle
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo.
Art. 14
Indirizzo politico-amministrativo
(Art. 14 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima
dall'art. 8 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi
dall'art. 9 del d.lgs n.80 del 1998)
1. Il Ministro esercita le funzioni di cui all'articolo 4, comma 1.
A tal fine periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni
dalla pubblicazione della legge di bilancio, anche sulla base delle
proposte dei dirigenti di cui all'articolo 16:
a) definisce obiettivi, priorita', piani e programmi da attuare ed
emana le conseguenti direttive generali per l'attivita'
amministrativa e per la gestione;
b) effettua, ai fini' dell'adempimento dei compiti definiti ai sensi
della lettera a), l'assegnazione ai dirigenti preposti ai centri
di responsabilita' delle rispettive amministrazioni delle risorse
di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), del presente decreto,
ivi comprese quelle di cui all'articolo 3 del decreto legislativo
7 agosto 1997, n. 279, e successive modificazioni ed integrazioni,
ad esclusione delle risorse necessarie per il funzionamento degli
uffici di cui al comma 2; provvede alle variazioni delle
assegnazioni con le modalita' previste dal medesimo decreto
legislativo 7 agosto 1997, n. 279, tenendo altresi' conto dei
procedimenti e subprocedimenti attribuiti ed adotta gli altri
provvedimenti ivi previsti.
2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si
avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive
competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti
e disciplinati con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17,
comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. A tali uffici sono
assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento: dipendenti
pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando;
collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati
dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari
professionalita' e specializzazioni con incarichi di collaborazione
coordinata e continuativa. ((All'atto del giuramento del Ministro,
tutte le assegnazioni di personale, ivi compresi gli incarichi anche
di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a
termine, conferiti nell'ambito degli uffici di cui al presente comma,
decadono automaticamente ove non confermati entro trenta giorni dal
giuramento del nuovo Ministro.)) Per i dipendenti pubblici si applica
la disposizione di cui all'articolo 17, comma 14, della legge 15
maggio 1997, n. 127. Con lo stesso regolamento si provvede al
riordino delle segreterie particolari dei Sottosegretari di Stato.
Con decreto adottato dall'autorita' di governo competente, di
concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, e' determinato, in attuazione dell'articolo
12, comma 1, lettera n) della legge 15 marzo 1997, n.59, senza
aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti
collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina
contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere
mensilmente, a fronte delle responsabilita', degli obblighi di
reperibilita' e di disponibilita' ad orari disagevoli, ai dipendenti
assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato.
Tale trattamento, consistente in un unico emolumento, e' sostitutivo
dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttivita'
collettiva e per la qualita' della prestazione individuale. Con
effetto dall'entrata in vigore del regolamento di cui al presente
comma sono abrogate le norme del regio decreto legge 10 luglio 1924,
n. 1100, e successive modificazioni ed integrazioni, ed ogni altra
norma riguardante la costituzione e la disciplina dei gabinetti dei
Ministri e delle segreterie particolari dei Ministri e dei
Sottosegretari di Stato. ((23))
3. Il Ministro non puo' revocare, riformare, riservare o avocare a
se' o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei
dirigenti. In caso di inerzia o ritardo il Ministro puo' fissare un
termine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare gli atti
o i provvedimenti. Qualora l'inerzia permanga, o in caso di grave
inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente
competente, che determinino pregiudizio per l'interesse pubblico, il
Ministro puo' nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione,
un commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del
Consiglio dei ministri del relativo provvedimento. Resta salvo quanto
previsto dall'articolo 2, comma 3, lett. p) della legge 23 agosto
1988, n. 400. Resta altresi' salvo quanto previsto dalL'articolo 6
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con
regio decreto 18 giugno 1931, n.773, e successive modificazioni ed
integrazioni, e dall'articolo 10 del relativo regolamento emanato con
regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Resta salvo il potere di
annullamento ministeriale per motivi di legittimita'.
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AGGIORNAMENTO (23)
Il D.L. 18 maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla
L. 17 luglio 2006, n. 233, ha disposto (con l'art. 1, comma 24-ter)
che "Il termine di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dal comma 24-bis
del presente articolo, decorre, rispetto al giuramento dei Ministri
in carica alla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto, da tale ultima data."
Art. 15
Dirigenti
(Art. 15 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 4 del
d.lgs. n. 470 del 1993 e successivamente modificato dall'art. 10 del
d.lgs. n. 80 del 1998; Art. 27 del d.lgs. n. 29 del 1993, commi 1 e
3, come sostituiti dall'art.7 del d.lgs n.470 del 1993)
1. Nelle amministrazioni pubbliche di cui al presente capo, la
dirigenza e' articolata nelle due fasce dei ruoli di cui all'articolo
23. Restano salve le particolari disposizioni concernenti le carriere
diplomatica e prefettizia e le carriere delle Forze di polizia e
delle Forze armate. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, e' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6.
2. Nelle istituzioni e negli enti di ricerca e sperimentazione,
nonche' negli altri istituti pubblici di cui al sesto comma
dell'articolo 33 della Costituzione, le attribuzioni della dirigenza
amministrativa non si estendono alla gestione della ricerca e
dell'insegnamento.
3. In ciascuna struttura organizzativa non affidata alla direzione
del dirigente generale, il dirigente preposto all'ufficio di piu'
elevato livello e' sovraordinato al dirigente preposto ad ufficio di
livello inferiore.
4. Per le regioni, il dirigente cui sono conferite funzioni di
coordinamento e' sovraordinato, limitatamente alla durata
dell'incarico, al restante personale dirigenziale.
5. Per il Consiglio di Stato e per i tribunali amministrativi
regionali, per la Corte dei conti ((, per il Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro)) e per l'Avvocatura generale dello Stato,
le attribuzioni che il presente decreto demanda agli organi di
Governo sono di competenza rispettivamente, del Presidente del
Consiglio di Stato, del Presidente della Corte dei conti ((, del
Presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro)) e
dell'Avvocato generale dello Stato; le attribuzioni che il presente
decreto demanda ai dirigenti preposti ad uffici dirigenziali di
livello generate sono di competenza dei segretari generali dei
predetti istituti.
Articolo 16
Funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali
(Art.16 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito prima dall'art.9 del
d.lgs n.546 del 1993 e poi dall'art.11 del d.lgs n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art.4 del d.lgs n.387 del 1998)
1. I dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque
denominati, nell'ambito di quanto stabilito dall'articolo 4
esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri al Ministro, nelle
materie di sua competenza;
a-bis) propongono le risorse e i profili professionali necessari
allo svolgimento dei compiti dell'ufficio cui sono preposti anche al
fine dell'elaborazione del documento di programmazione triennale del
fabbisogno di personale di cui all'articolo 6, comma 4;
b) curano l'attuazione dei piani, programmi e direttive generali
definite dal Ministro e attribuiscono ai dirigenti gli incarichi e la
responsabilita' di specifici progetti e gestioni; definiscono gli
obiettivi che i dirigenti devono perseguire e attribuiscono le
conseguenti risorse umane, finanziarie e materiali;
c) adottano gli atti relativi all'organizzazione degli uffici di
livello dirigenziale non generale;
d) adottano gli atti e i provvedimenti amministrativi ed
esercitano i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate
rientranti nella competenza dei propri uffici, salvo quelli delegati
ai dirigenti;
d-bis) adottano i provvedimenti previsti dall'articolo 17, comma
2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive
modificazioni;
e) dirigono, coordinano e controllano l'attivita' dei dirigenti e
dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere
sostitutivo in caso di inerzia, e propongono l'adozione, nei
confronti dei dirigenti, delle misure previste dall'articolo 21;
f) promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di
conciliare e di transigere, fermo restando quanto disposto
dall'articolo 12, comma 1, della legge 3 aprile 1979, n.103;
g) richiedono direttamente pareri agli organi consultivi
dell'amministrazione e rispondono ai rilievi degli organi di
controllo sugli atti di competenza;
h) svolgono le attivita' di organizzazione e gestione del
personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro;
i) decidono sui ricorsi gerarchici contro gli atti e i
provvedimenti amministrativi non definitivi dei dirigenti;
l) curano i rapporti con gli uffici dell'Unione europea e degli
organismi internazionali nelle materie di competenza secondo le
specifiche direttive dell'organo di direzione politica, sempreche'
tali rapporti non siano espressamente affidati ad apposito ufficio o
organo.
l-bis) concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e
contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da
parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti.
((l-ter) forniscono le informazioni richieste dal soggetto
competente per l'individuazione delle attivita' nell'ambito delle
quali e' piu' elevato il rischio corruzione e formulano specifiche
proposte volte alla prevenzione del rischio medesimo.))
((l-quater) provvedono al monitoraggio delle attivita'
nell'ambito delle quali e' piu' elevato il rischio corruzione svolte
nell'ufficio a cui sono preposti, disponendo, con provvedimento
motivato, la rotazione del personale nei casi di avvio di
procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura
corruttiva.))
2. I dirigenti di uffici dirigenziali generali riferiscono al
Ministro sull'attivita' da essi svolta correntemente e in tutti i
casi in cui il Ministro lo richieda o lo ritenga opportuno.
3. L'esercizio dei compiti e dei poteri di cui al comma 1 puo'
essere conferito anche a dirigenti preposti a strutture organizzative
comuni a piu' amministrazioni pubbliche, ovvero alla attuazione di
particolari programmi, progetti e gestioni.
4. Gli atti e i provvedimenti adottati dai dirigenti preposti al
vertice dell'amministrazione e dai dirigenti di uffici dirigenziali
generali di cui al presente articolo non sono suscettibili di ricorso
gerarchico.
5. Gli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche al cui vertice
e' preposto un segretario generale, capo dipartimento o altro
dirigente comunque denominato, con funzione di coordinamento di
uffici dirigenziali di livello generale, ne definiscono i compiti ed
i poteri.
Art. 17
Funzioni dei dirigenti
(Art. 17 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito
prima dall'art. 10 del d.lgs. n. 546 del 1993 e
poi dall'art.12 del d.lgs n.80 del 1998)
1. I dirigenti, nell'ambito di quanto stabilito dall'articolo 4,
esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri ai dirigenti degli uffici
dirigenziali generali;
b) curano l'attuazione dei progetti e delle gestioni ad essi
assegnati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali,
adottando i relativi atti e provvedimenti amministrativi ed
esercitando i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;
c) svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti
degli uffici dirigenziali generali;
d) dirigono, coordinano e controllano l'attivita' degli uffici che da
essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi,
anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia;
((d-bis) concorrono all'individuazione delle risorse e dei profili
professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell'ufficio
cui sono preposti anche al fine dell'elaborazione del documento di
programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui
all'articolo 6, comma 4;))
e) provvedono alla gestione del personale e delle risorse finanziarie
e strumentali assegnate ai propri uffici ((, anche ai sensi di
quanto previsto all'articolo 16, comma 1, lettera l-bis)).
((e-bis) effettuano la valutazione del personale assegnato ai propri
uffici, nel rispetto del principio del merito, ai fini della
progressione economica e tra le aree, nonche' della corresponsione
di indennita' e premi incentivanti.))
1-bis. I dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di
servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con
atto scritto e motivato, alcune delle competenze comprese nelle
funzioni di cui alle lettere b), d) ed e) del comma 1 a dipendenti
che ricoprano le posizioni funzionali piu' elevate nell'ambito degli
uffici ad essi affidati. Non si applica in ogni caso l'articolo 2103
del codice civile.
Art. 17-bis
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.L. 6 LUGLIO 2012, N. 95, CONVERTITO CON
MODIFICAZIONI DALLA L. 7 AGOSTO 2012, N. 135))
Articolo 18
Criteri di rilevazione e analisi dei costi e dei rendimenti
(Art.18 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.5 del d.lgs
n.470 del 1993)
1. Sulla base delle indicazioni di cui all'articolo 59 del
presente decreto, i dirigenti preposti ad uffici dirigenziali di
livello generale adottano misure organizzative idonee a consentire la
rilevazione e l'analisi dei costi e dei rendimenti dell'attivita'
amministrativa, della gestione e delle decisioni organizzative.
2. Il Dipartimento della funzione pubblica puo' chiedere
all'Istituto nazionale di statistica - ISTAT - l'elaborazione di
norme tecniche e criteri per le rilevazioni ed analisi di cui al
comma 1 e, all'Autorita' per l'informatica nella pubblica
amministrazione - AIPA, l'elaborazione di procedure informatiche
standardizzate allo scopo di evidenziare gli scostamenti dei costi e
dei rendimenti rispetto a valori medi e standards.
Art. 19
Incarichi di funzioni dirigenziali
(Art. 19 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art.
11 del d.lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 13 del d.lgs. n. 80 del
1998 e successivamente modificato dall'art. 5 del d.lgs. n. 387 del
1998)
1. Ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione
dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle
caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessita' della
struttura interessata, delle attitudini e delle capacita'
professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in
precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa
valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute,
nonche' delle esperienze di direzione eventualmente maturate
all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni
pubbliche, purche' attinenti al conferimento dell'incarico. Al
conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non
si applica l'articolo 2103 del codice civile.
1-bis. L'amministrazione rende conoscibili, anche mediante
pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e
la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella
dotazione organica ed i criteri di scelta; acquisisce le
disponibilita' dei dirigenti interessati e le valuta.
1-ter. Gli incarichi dirigenziali possono essere revocati
esclusivamente nei casi e con le modalita' di cui all'articolo 21,
comma 1, secondo periodo. PERIODO ABROGATO DAL D.L. 31 MAGGIO 2010,
N. 78, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 30 LUGLIO 2010, N. 122.
2. Tutti gli incarichi di funzione dirigenziale nelle
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono
conferiti secondo le disposizioni del presente articolo. Con il
provvedimento di conferimento dell'incarico, ovvero con separato
provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri o del
Ministro competente per gli incarichi di cui al comma 3, sono
individuati l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da conseguire,
con riferimento alle priorita', ai piani e ai programmi definiti
dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali
modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto,
nonche' la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli
obiettivi prefissati e che, comunque, non puo' essere inferiore a tre
anni ne' eccedere il termine di cinque anni. La durata dell'incarico
puo' essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del
limite di eta' per il collocamento a riposo dell'interessato. Gli
incarichi sono rinnovabili. Al provvedimento di conferimento
dell'incarico accede un contratto individuale con cui e' definito il
corrispondente trattamento economico, nel rispetto dei principi
definiti dall'articolo 24. E' sempre ammessa la risoluzione
consensuale del rapporto. In caso di primo conferimento ad un
dirigente della seconda fascia di incarichi di uffici dirigenziali
generali o di funzioni equiparate, la durata dell'incarico e' pari a
tre anni. Resta fermo che per i dipendenti statali titolari di
incarichi di funzioni dirigenziali ai sensi del presente articolo, ai
fini dell'applicazione dell'articolo 43, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive
modificazioni, l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima
retribuzione percepita in relazione all'incarico svolto. Nell'ipotesi
prevista dal terzo periodo del presente comma, ai fini della
liquidazione del trattamento di fine servizio, comunque denominato,
nonche' dell'applicazione dell'articolo 43, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive
modificazioni, l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima
retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente
durata inferiore a tre anni. (42)
3. Gli incarichi di Segretario generale di ministeri, gli incarichi
di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici
dirigenziali generali e quelli di livello equivalente sono conferiti
con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, a
dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 o, con
contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche
qualita' professionali e nelle percentuali previste dal comma 6.
4. Gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono
conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei
ruoli di cui all'articolo 23 o, in misura non superiore al 70 per
cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai
medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone
in possesso delle specifiche qualita' professionali richieste dal
comma 6.
4-bis. I criteri di conferimento degli incarichi di funzione
dirigenziale di livello generale, conferiti ai sensi del comma 4 del
presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari
opportunita' di cui all'articolo 7.
5. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale
sono conferiti, dal dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale
generale, ai dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi
dell'articolo 4, comma 1, lettera c).
((5-bis. Ferma restando la dotazione effettiva di ciascuna
amministrazione, gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono
essere conferiti, da ciascuna amministrazione, anche a dirigenti non
appartenenti ai ruoli di cui all'articolo 23, purche' dipendenti
delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ovvero di
organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, aspettativa
non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi
ordinamenti. Gli incarichi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 possono essere
conferiti entro il limite del 15 per cento della dotazione organica
dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui al
medesimo articolo 23 e del 10 per cento della dotazione organica di
quelli appartenenti alla seconda fascia. I suddetti limiti
percentuali possono essere aumentati, rispettivamente, fino ad un
massimo del 25 e del 18 per cento, con contestuale diminuzione delle
corrispondenti percentuali fissate dal comma 6)).
5-ter. I criteri di conferimento degli incarichi di direzione degli
uffici di livello dirigenziale, conferiti ai sensi del comma 5 del
presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari
opportunita' di cui all'articolo 7.
6. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti,
da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della
dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei
ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione
organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo
determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di
tali incarichi, comunque, non puo' eccedere, per gli incarichi di
funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni,
e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di
cinque anni. Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita
motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione
professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che
abbiano svolto attivita' in organismi ed enti pubblici o privati
ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per
almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano
conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale
e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e
postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete
esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso
amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli
incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla
dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza
universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e
procuratori dello Stato. Il trattamento economico puo' essere
integrato da una indennita' commisurata alla specifica qualificazione
professionale, tenendo conto della temporaneita' del rapporto e delle
condizioni di mercato relative alle specifiche competenze
professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti
delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza
assegni, con riconoscimento dell'anzianita' di servizio. ((La
formazione universitaria richiesta dal presente comma non puo' essere
inferiore al possesso della laurea specialistica o magistrale ovvero
del diploma di laurea conseguito secondo l'ordinamento didattico
previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro
dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre
1999, n. 509)). (48)
6-bis. Fermo restando il contingente complessivo dei dirigenti di
prima o seconda fascia il quoziente derivante dall'applicazione delle
percentuali previste dai commi 4, 5-bis e 6, e' arrotondato
all'unita' inferiore, se il primo decimale e' inferiore a cinque, o
all'unita' superiore, se esso e' uguale o superiore a cinque.
6-ter. Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2.
6-quater. Per gli enti locali il numero complessivo degli incarichi
a contratto nella dotazione organica dirigenziale, conferibili ai
sensi dell'articolo 110, comma 1, del testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, e' stabilito nel limite massimo del 10 per cento
della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempo
indeterminato. Per i comuni con popolazione inferiore o pari a
100.000 abitanti il limite massimo di cui al primo periodo del
presente comma e' pari al 20 per cento della dotazione organica della
qualifica dirigenziale a tempo indeterminato. Per i comuni con
popolazione superiore a 100.000 abitanti e inferiore o pari a 250.000
abitanti il limite massimo di cui al primo periodo del presente comma
puo' essere elevato fino al 13 per cento della dotazione organica
della qualifica dirigenziale a tempo indeterminato a valere sulle
ordinarie facolta' per le assunzioni a tempo indeterminato. Si
applica quanto previsto dal comma 6-bis. In via transitoria, con
provvedimento motivato volto a dimostrare che il rinnovo sia
indispensabile per il corretto svolgimento delle funzioni essenziali
degli enti, i limiti di cui al presente comma possono essere
superati, a valere sulle ordinarie facolta' assunzionali a tempo
indeterminato, al fine di rinnovare, per una sola volta, gli
incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente
disposizione e in scadenza entro il 31 dicembre 2012. Contestualmente
gli enti adottano atti di programmazione volti ad assicurare, a
regime, il rispetto delle percentuali di cui al presente comma.
7. COMMA ABROGATO DALLA L. 15 LUGLIO 2002, N. 145.
8. Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3 cessano
decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. (37) (40)
9. Degli incarichi di cui ai commi 3 e 4 e' data comunicazione al
Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, allegando una
scheda relativa ai titoli ed alle esperienze professionali dei
soggetti prescelti.
10. I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarita' di uffici
dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle
amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di
consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti
dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione
degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni
ministeriali.
11. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il Ministero
degli affari esteri nonche' per le amministrazioni che esercitano
competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e
di giustizia, la ripartizione delle attribuzioni tra livelli
dirigenziali differenti e' demandata ai rispettivi ordinamenti.
12. Per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, il
conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali continuera' ad
essere regolato secondo i rispettivi ordinamenti di settore. Restano
ferme le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 10 agosto
2000, n. 246.
12-bis. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme
non derogabili dai contratti o accordi collettivi.
-------------
AGGIORNAMENTO (37)
La Corte Costituzionale, con sentenza 4 - 7 aprile 2011, n. 124 (in
G.U. 1a s.s. 13/4/2011, n. 16), ha dichiarato "l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 19, comma 8, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nel testo vigente prima
dell'entrata in vigore dell'art. 40 del decreto legislativo 27
ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in
materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico e
di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), nella
parte in cui dispone che gli incarichi di funzione dirigenziale
generale di cui al comma 5-bis, limitatamente al personale non
appartenente ai ruoli di cui all'art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001,
cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo".
-------------
AGGIORNAMENTO (40)
La Corte Costituzionale, con sentenza 20 - 25 luglio 2011, n. 246
(in G.U. 1a s.s. 27/7/2011, n. 32) ha dichiarato "l'illegittimita'
costituzionale dell'articolo 19, comma 8, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche), come modificato
dall'art. 2, comma 159, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262
(Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286,
nel testo vigente prima dell'entrata in vigore dell'art. 40 del
decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4
marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttivita'
del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche
amministrazioni), nella parte in cui dispone che gli incarichi di
funzione dirigenziale conferiti ai sensi del comma 6 del medesimo
art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, cessano decorsi novanta giorni
dal voto sulla fiducia al Governo".
-------------
AGGIORNAMENTO (42)
Il D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla
L. 14 settembre 2011, n. 148, ha disposto (con l'art. 1, comma 32)
che "La disposizione del presente comma si applica agli incarichi
conferiti successivamente alla data di entrata in vigore del presente
decreto nonche' agli incarichi aventi comunque decorrenza successiva
al 1° ottobre 2011".
-------------
AGGIORNAMENTO (48)
Il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla L.
7 agosto 2012, n. 135, ha disposto (con l'art. 2, comma 20) che "Ai
fini dell'attuazione della riduzione del 20 per cento operata sulle
dotazioni organiche dirigenziali di prima e seconda fascia dei propri
ruoli, la Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede alla
immediata riorganizzazione delle proprie strutture sulla base di
criteri di contenimento della spesa e di ridimensionamento
strutturale. All'esito di tale processo, e comunque non oltre il 1º
novembre 2012, cessano tutti gli incarichi, in corso a quella data,
di prima e seconda fascia conferiti ai sensi dell'articolo 19, commi
5-bis e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Fino al
suddetto termine non possono essere conferiti o rinnovati incarichi
di cui alla citata normativa".
Articolo 20
Verifica dei risultati
(Art.20 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.6 del
d.lgs n.470 del 1993 e successivamente modificato prima
dall'art.43, comma 1 del d.lgs n.80 del 1998 poi dall'art.6 del
d.lgs n.387 del 1998 e, infine, dagli artt.5, comma 5 e 10, comma 2
del d.lgs n.286 del 1999)
1. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri e per le
amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e
sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, le operazioni di
verifica sono effettuate dal Ministro per i dirigenti e dal
Consiglio dei ministri per i dirigenti preposti ad ufficio di
livello dirigenziale generale. I termini e le modalita' di
attuazione del procedimento di verifica dei risultati da parte del
Ministro competente e del Consiglio dei ministri sono stabiliti
rispettivamente con regolamento ministeriale e con decreto del
Presidente della Repubblica adottato ai sensi dell'articolo 17
della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed
integrazioni, ovvero, fino alla data di entrata in vigore di tale
decreto, con provvedimenti dei singoli ministeri interessati.
Art. 21
Responsabilita' dirigenziale
(Art. 2l, commi 1, 2 e 5 del d.lgs. n. 29 del 1993, come
sostituiti prima dall'art. 12 del d.lgs. n. 546 del 1993 e
poi dall'art. 14 del d.lgs. n. 80 del 1998 e successivamente
modificati dall'art. 7 del d.lgs. n. 387 del 1998)
((1. Il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso
le risultanze del sistema di valutazione di cui al Titolo II del
decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in
materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico e
di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni ovvero
l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano,
previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilita'
disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto
collettivo, l'impossibilita' di rinnovo dello stesso incarico
dirigenziale. In relazione alla gravita' dei casi, l'amministrazione
puo' inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del
contraddittorio, revocare l'incarico collocando il dirigente a
disposizione dei ruoli di cui all'articolo 23 ovvero recedere dal
rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo.
1-bis. Al di fuori dei casi di cui al comma 1, al dirigente nei
confronti del quale sia stata accertata, previa contestazione e nel
rispetto del principio del contraddittorio secondo le procedure
previste dalla legge e dai contratti collettivi nazionali, la
colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte
del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi
e qualitativi fissati dall'amministrazione, conformemente agli
indirizzi deliberati dalla Commissione di cui all'articolo 13 del
decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in
materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico e
di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, la
retribuzione di risultato e' decurtata, sentito il Comitato dei
garanti, in relazione alla gravita' della violazione di una quota
fino all'ottanta per cento.))
2. COMMA ABROGATO DALLA L. 15 LUGLIO 2002, N. 145.
3. Restano ferme le disposizioni vigenti per il personale delle
qualifiche dirigenziali delle Forze di polizia, delle carriere
diplomatica e prefettizia e delle Forze armate nonche' del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco.
Art. 22
(( (Comitato dei garanti).
1. I provvedimenti di cui all'articolo 21, commi 1 e 1-bis, sono
adottati sentito il Comitato dei garanti, i cui componenti, nel
rispetto del principio di genere, sono nominati con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Comitato dura in carica
tre anni e l'incarico non e' rinnovabile.
2. Il Comitato dei garanti e' composto da un consigliere della
Corte dei conti, designato dal suo Presidente, e da quattro
componenti designati rispettivamente, uno dal Presidente della
Commissione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo di
attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di
ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico, e di
efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, uno dal
Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, scelto
tra un esperto scelto tra soggetti con specifica qualificazione ed
esperienza nei settori dell'organizzazione amministrativa e del
lavoro pubblico, e due scelti tra dirigenti di uffici dirigenziali
generali di cui almeno uno appartenente agli Organismi indipendenti
di valutazione, estratti a sorte fra coloro che hanno presentato la
propria candidatura. I componenti sono collocati fuori ruolo e il
posto corrispondente nella dotazione organica dell'amministrazione
di appartenenza e' reso indisponibile per tutta la durata del
mandato. Per la partecipazione al Comitato non e' prevista la
corresponsione di emolumenti o rimborsi spese.
3. Il parere del Comitato dei garanti viene reso entro il termine
di quarantacinque giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale
termine si prescinde dal parere.))
Art. 23
(Ruolo dei dirigenti)
1. In ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, e' istituito il ruolo dei dirigenti, che si articola nella
prima e nella seconda fascia, nel cui ambito sono definite apposite
sezioni in modo da garantire la eventuale specificita' tecnica. I
dirigenti della seconda fascia sono reclutati attraverso i meccanismi
di accesso di cui all'articolo 28. I dirigenti della seconda fascia
transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di
direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, in base ai
particolari ordinamenti di cui all'articolo 19, comma 11, per un
periodo pari almeno a cinque anni senza essere incorsi nelle misure
previste dall'articolo 21 per le ipotesi di responsabilita'
dirigenziale ((, nei limiti dei posti disponibili, ovvero nel momento
in cui si verifica la prima disponibilita' di posto utile, tenuto
conto, quale criterio di precedenza ai fini del transito, della data
di maturazione del requisito dei cinque anni e, a parita' di data di
maturazione, della maggiore anzianita' nella qualifica
dirigenziale)). (33)
2. E' assicurata la mobilita' dei dirigenti, nei limiti dei posti
disponibili, in base all' articolo 30 del presente decreto. I
contratti o accordi collettivi nazionali disciplinano, secondo il
criterio della continuita' dei rapporti e privilegiando la libera
scelta del dirigente, gli effetti connessi ai trasferimenti e alla
mobilita' in generale in ordine al mantenimento del rapporto
assicurativo con l'ente di previdenza, al trattamento di fine
rapporto e allo stato giuridico legato all'anzianita' di servizio e
al fondo di previdenza complementare. La Presidenza del Consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica cura una banca dati
informatica contenente i dati relativi ai ruoli delle amministrazioni
dello Stato.
---------------
AGGIORNAMENTO (33)
Il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, ha disposto (con l'art. 43,
comma 2) che "Per i dirigenti ai quali sia stato conferito l'incarico
di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti prima
della data di entrata in vigore del presente decreto, il termine di
cui all'articolo 23, comma 1, terzo periodo, del decreto legislativo
n. 165 del 2001, rimane fissato in tre anni."
Art. 23-bis
(Disposizioni in materia di mobilita' tra pubblico e privato).
1. In deroga all'articolo 60 del testo unico delle disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, i
dirigenti delle pubbliche amministrazioni, nonche' gli appartenenti
alla carriera diplomatica e prefettizia e, limitamente agli incarichi
pubblici, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli
avvocati e procuratori dello Stato sono collocati, salvo motivato
diniego dell'amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie
preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per
lo svolgimento di attivita' presso soggetti e organismi, pubblici o
privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al
relativo trattamento previdenziale. Resta ferma la disciplina vigente
in materia di collocamento fuori ruolo nei casi consentiti. Il
periodo di aspettativa comporta il mantenimento della qualifica
posseduta. E' sempre ammessa la ricongiunzione dei periodi
contributivi a domanda dell'interessato, ai sensi della legge 7
febbraio 1979, n. 29, presso una qualsiasi delle forme assicurative
nelle quali abbia maturato gli anni di contribuzione. Quando
l'incarico e' espletato presso organismi operanti in sede
internazionale, la ricongiunzione dei periodi contributivi e' a
carico dell'interessato, salvo che l'ordinamento dell'amministrazione
di destinazione non disponga altrimenti. (25)
2. I dirigenti di cui all'articolo 19, comma 10, sono collocati a
domanda in aspettativa senza assegni per lo svolgimento dei medesimi
incarichi di cui al comma 1 del presente articolo, salvo motivato
diniego dell'amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie
preminenti esigenze organizzative.
3. Per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, e per gli
avvocati e procuratori dello Stato, gli organi competenti deliberano
il collocamento in aspettativa, fatta salva per i medesimi la
facolta' di valutare ragioni ostative all'accoglimento della domanda.
4. Nel caso di svolgimento di attivita' presso soggetti diversi
dalle amministrazioni pubbliche, il periodo di collocamento in
aspettativa di cui al comma 1 non puo' superare i cinque anni e non
e' computabile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza.
5. L'aspettativa per lo svolgimento di attivita' o incarichi presso
soggetti privati o pubblici da parte del personale di cui al comma 1
non puo' comunque essere disposta se:
a) il personale, nei due anni precedenti, e' stato addetto a
funzioni di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo periodo di
tempo, ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su
contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i
quali intende svolgere l'attivita'. Ove l'attivita' che si intende
svolgere sia presso una impresa, il divieto si estende anche al caso
in cui le predette attivita' istituzionali abbiano interessato
imprese che, anche indirettamente, la controllano o ne sono
controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;
b) il personale intende svolgere attivita' in organismi e imprese
private che, per la loro natura o la loro attivita', in relazione
alle funzioni precedentemente esercitate, possa cagionare nocumento
all'immagine dell'amministrazione o comprometterne il normale
funzionamento o l'imparzialita'.
6. Il dirigente non puo', nei successivi due anni, ricoprire
incarichi che comportino l'esercizio delle funzioni individuate alla
lettera a) del comma 5.
7. Sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, le
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, possono disporre, per
singoli progetti di interesse specifico dell'amministrazione e con il
consenso dell'interessato, l'assegnazione temporanea di personale
presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private. I
protocolli disciplinano le funzioni, le modalita' di inserimento,
l'onere per la corresponsione del trattamento economico da porre a
carico delle imprese destinatarie. Nel caso di assegnazione
temporanea presso imprese private i predetti protocolli possono
prevedere l'eventuale attribuzione di un compenso aggiuntivo, con
oneri a carico delle imprese medesime.
8. Il servizio prestato dai dipendenti durante il periodo di
assegnazione temporanea di cui al comma 7 costituisce titolo
valutabile ai fini della progressione di carriera.
9. Le disposizioni del presente articolo non trovano comunque
applicazione nei confronti del personale militare e delle Forze di
polizia, nonche' del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
10. ((COMMA ABROGATO DAL D.L. 31 AGOSTO 2013, N. 101, CONVERTITO
CON MODIFICAZIONI DALLA L. 30 OTTOBRE 2013, N. 125)).
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AGGIORNAMENTO (25)
La L. 27 dicembre 2006, n. 296 ha disposto (con l'art. 1, comma
578) che "L'articolo 23-bis, comma 1, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, si interpreta nel senso che ai dirigenti delle
pubbliche amministrazioni, agli appartenenti alla carriera
diplomatica e prefettizia nonche' ai magistrati ordinari,
amministrativi e contabili, agli avvocati e procuratori dello Stato,
collocati in aspettativa senza assegni presso soggetti e organismi
pubblici, e' riconosciuta l'anzianita' di servizio. E' fatta salva
l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore
della presente legge".
Art. 24
Trattamento economico
(Art. 24 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima
dall'art. 13 del d.lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 16
del d.lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato
prima dall'art. 9 del d.lgs n. 387 del 1998 e poi
dall'art. 26, comma 6 della legge n. 448 del 1998)
1. La retribuzione del personale con qualifica di dirigente e'
determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali,
prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle
funzioni attribuite ((, alle connesse responsabilita' e ai risultati
conseguiti )). La graduazione delle funzioni e responsabilita' ai
fini del trattamento accessorio e' definita, ai sensi dell'articolo
4, con decreto ministeriale per le amministrazioni dello Stato e con
provvedimenti dei rispettivi organi di governo per le altre
amministrazioni o enti, ferma restando comunque l'osservanza dei
criteri e dei limiti delle compatibilita' finanziarie fissate dal
Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
((1-bis. Il trattamento accessorio collegato ai risultati deve
costituire almeno il 30 per cento della retribuzione complessiva del
dirigente considerata al netto della retribuzione individuale di
anzianita' e degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime
dell'onnicomprensivita'.
1-ter. I contratti collettivi nazionali incrementano
progressivamente la componente legata al risultato, in modo da
adeguarsi a quanto disposto dal comma 1-bis, entro la tornata
contrattuale successiva a quella decorrente dal 1° gennaio 2010,
destinando comunque a tale componente tutti gli incrementi previsti
per la parte accessoria della retribuzione. La disposizione di cui al
comma 1-bis non si applica alla dirigenza del Servizio sanitario
nazionale e dall'attuazione del medesimo comma non devono derivare
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
1-quater. La parte della retribuzione collegata al raggiungimento
dei risultati della prestazione non puo' essere corrisposta al
dirigente responsabile qualora l'amministrazione di appartenenza,
decorso il periodo transitorio di sei mesi dalla data di entrata in
vigore del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo
2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttivita' del
lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche
amministrazioni, non abbia predisposto il sistema di valutazione di
cui al Titolo II del citato decreto legislativo.))
2. Per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale ai
sensi dell'articolo 19, commi 3 e 4, con contratto individuale e'
stabilito il trattamento economico fondamentale, assumendo come
parametri di base i valori economici massimi contemplati dai
contratti collettivi per le aree dirigenziali, e sono determinati gli
istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello
di responsabilita' attribuito con l'incarico di funzione ed ai
risultati conseguiti nell'attivita' amministrativa e di gestione, ed
i relativi importi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze
sono stabiliti i criteri per l'individuazione dei trattamenti
accessori massimi, secondo principi di contenimento della spesa e di
uniformita' e perequazione.
3. Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2
remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in
base a quanto previsto dal presente decreto, nonche' qualsiasi
incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque
conferito dall'amministrazione presso cui prestano servizio o su
designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono
corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono
nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della
dirigenza.
4. Per il restante personale con qualifica dirigenziale indicato
dall'articolo 3, comma 1, la retribuzione e' determinata ai sensi
dell'articolo 2, commi 5 e 7, della legge 6 marzo 1992, n. 216,
nonche' dalle successive modifiche ed integrazioni della relativa
disciplina.
5. Il bilancio triennale e le relative leggi finanziarie,
nell'ambito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici
delle categorie di personale di cui all'articolo 3, indicano te somme
da destinare, in caso di perequazione, al riequilibrio del
trattamento economico del restante personali dirigente civile e
militare non contrattualizzato con il trattamento previsto dai
contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto
ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici
complessivi e degli incrementi comunque determinatisi a partire dal
febbraio 1993, e secondo i criteri indicati nell'articolo 1, comma 2,
della legge 2 ottobre 1997, n. 334.
6. I fondi per la perequazione di cui all'articolo 2 della legge 2
ottobre 1997, n. 334, destinati al personale di cui all'articolo 3,
comma 2, sono assegnati alle universita' e da queste utilizzati per
l'incentivazione dell'impegno didattico dei professori e ricercatori
universitari, con particolare riferimento al sostegno
dell'innovazione didattica, delle attivita' di orientamento e
tutorato, della diversificazione dell'offerta formativa. Le
universita' possono destinare allo stesso scopo propri fondi,
utilizzando anche le somme attualmente stanziate per il pagamento
delle supplenze e degli affidamenti. Le universita' possono erogare,
a valere sul proprio bilancio, appositi compensi incentivanti ai
professori e ricercatori universitari che svolgono attivita' di
ricerca nell'ambito dei progetti e dei programmi dell'Unione europea
e internazionali. L'incentivazione, a valere sui fondi di cui
all'articolo 2 della predetta legge n. 334 del 1997, e' erogata come
assegno aggiuntivo pensionabile.
7. I compensi spettanti in base a norme speciali ai dirigenti dei
ruoli di cui all'articolo 23 o equiparati sono assorbiti nel
trattamento economico attribuito ai sensi dei commi precedenti.
8. Ai fini della determinazione del trattamento economico
accessorio le risorse che si rendono disponibili ai sensi del comma 7
confluiscono in appositi fondi istituiti presso ciascuna
amministrazione, unitamente agli altri compensi previsti dal presente
articolo.
9. COMMA ABROGATO DAL D.L. 28 MAGGIO 2004, N. 136, CONVERTITO CON
MODIFICAZIONI DALLA L. 27 LUGLIO 2004, N. 186.
Articolo 25
Dirigenti delle istituzioni scolastiche
(Art.25-bis del d.lgs n.29 del 1993, aggiunto dall'art.1 del d.lgs
n.59 del 1998; Art. 25-ter del d.lgs n.29 del 1993, aggiunto
dall'art.1 del d.lgs n.59 del 1998)
1. Nell'ambito dell'amministrazione scolastica periferica e'
istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti
alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali e' stata
attribuita personalita' giuridica ed autonomia a norma dell'articolo
21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed
integrazioni. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di
dimensione regionale e rispondono, agli effetti dell'articolo 21, in
ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della
specificita' delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate
da un nucleo di valutazione istituito presso l'amministrazione
scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da
esperti anche non appartenenti all'amministrazione stessa.
2. Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria
dell'istituzione, ne ha la legale rappresentanza, e' responsabile
della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei
risultati deI servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi
collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi
poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle
risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico organizza
l'attivita' scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia
formative ed e' titolare delle relazioni sindacali.
3. Nell'esercizio delle competenze di cui al comma 2, il dirigente
scolastico promuove gli interventi per assicurare la qualita' dei
processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali,
professionali, sociali ed economiche del territorio, per l'esercizio
della liberta' di insegnamento, intesa anche come liberta' di ricerca
e innovazione metodologica e didattica, per l'esercizio della
liberta' di scelta educativa delle famiglie e per l'attuazione del
diritto all'apprendimento da parte degli alunni.
4. Nell'ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni
scolastiche, spetta al dirigente l'adozione dei provvedimenti di
gestione delle risorse e del personale.
5. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e
amministrative il dirigente puo' avvalersi di docenti da lui
individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti, ed
e' coadiuvato dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con
autonomia operativa, nell'ambito delle direttive di massima impartite
e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi
generali dell'istituzione scolastica, coordinando il relativo
personale. ((48))
6. Il dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o
al consiglio di istituto motivata relazione sulla direzione e il
coordinamento dell'attivita' formativa, organizzativa e'
amministrativa al fine di garantire la piu' ampia informazione e un
efficace raccordo per l'esercizio delle competenze degli organi della
istituzione scolastica.
7. I capi di istituto con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, ivi compresi i rettori e vicerettori dei convitti
nazionali, le direttrici e vice direttrici degli educandati, assumono
la qualifica di dirigente, previa frequenza di appositi corsi di
formazione, all'atto della preposizione alle istituzioni scolastiche
dotate di autonomia e della personalita' giuridica a norma
dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive
modificazioni ed integrazioni, salvaguardando. per quanto possibile,
la titolarita' della sede di servizio.
8. Il Ministro della pubblica istruzione, con proprio decreto,
definisce gli obiettivi, i contenuti e la durata della formazione;
determina le modalita' di partecipazione ai diversi moduli formativi
e delle connesse verifiche; definisce i criteri di valutazione e di
certificazione della qualita' di ciascun corso; individua gli organi
dell'amministrazione scolastica responsabili dell'articolazione e del
coordinamento dei corsi sul territorio, definendone i criteri;
stabilisce le modalita' di svolgimento dei corsi con il loro
affidamento ad universita', agenzie specializzate ed enti pubblici e
privati anche tra loro associati o consorziati.
9. La direzione dei conservatori di musica, delle accademie di
belle arti, degli istituti superiori per le industrie artistiche e
delle accademie nazionali di arte drammatica e di danza, e'
equiparata alla dirigenza dei capi d'istituto. Con decreto del
Ministro della pubblica istruzione sono disciplinate le modalita' di
designazione e di conferimento e la durata dell'incarico, facendo
salve le posizioni degli attuali direttori di ruolo.
10. Contestualmente all'attribuzione della qualifica dirigenziale,
ai vicerettori dei convitti nazionali e alle vicedirettrici degli
educandati sono soppressi i corrispondenti posti. Alla conclusione
delle operazioni sono soppressi i relativi ruoli.
11. I capi d'istituto che rivestano l'incarico di Ministro o
Sottosegretario di Stato, ovvero siano in aspettativa per mandato
parlamentare o amministrativo o siano in esonero sindacale,
distaccati, comandati, utilizzati o collocati fuori ruolo possono
assolvere all'obbligo di formazione mediante la frequenza di appositi
moduli nell'ambito della formazione prevista dal presente articolo,
ovvero della formazione di cui all'articolo 29. In tale ultimo caso
l'inquadramento decorre ai fini giuridici dalla prima applicazione
degli inquadramenti di cui al comma 7 ed ai fini economici dalla data
di assegnazione ad una istituzione scolastica autonoma.
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AGGIORNAMENTO (48)
Il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla L.
7 agosto 2012, n. 135, ha disposto (con l'art. 14, comma 22) che "Il
comma 5 dell'articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, si interpreta nel senso che la delega ai docenti di compiti non
costituisce affidamento di mansioni superiori o di funzioni vicarie,
anche nel caso in cui detti docenti godano dell'esonero o semiesonero
ai sensi dell'articolo 459 del decreto legislativo n. 297 del 1994.
Il docente delegato puo' essere retribuito esclusivamente a carico
dei fondi disponibili per la remunerazione accessoria presso la
specifica istituzione scolastica od educativa ai sensi dell'articolo
88, comma 2, lettera f), del ccnl relativo al personale scolastico".
Articolo 26
Norme per la dirigenza del Servizio sanitario nazionale
(Art.26, commi 1, 2-quinquies e 3 del d.lgs n.29 del 1993, modificati
prima dall'art.14 del d.lgs n.546 del 1993 e poi dall'art.45, comma
15 del d.lgs n.80 del 1998)
1. Alla qualifica di dirigente dei ruoli professionale, tecnico ed
amministrativo del Servizio sanitario nazionale si accede mediante
concorso pubblico per titoli ed esami, al quale sono ammessi
candidati in possesso del relativo diploma di laurea, con cinque anni
di servizio effettivo corrispondente alla medesima professionalita'
prestato in enti del Servizio sanitario nazionale nella posizione
funzionale di settimo e ottavo livello, ovvero in qualifiche
funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre pubbliche
amministrazioni. Relativamente al personale del ruolo tecnico e
professionale, l'ammissione e' altresi' consentita ai candidati in
possesso di esperienze lavorative con rapporto di lavoro
libero-professionale o di attivita' coordinata e continuata presso
enti o pubbliche amministrazioni, ovvero di attivita' documentate
presso studi professionali privati, societa' o istituti di ricerca,
aventi contenuto analogo a quello previsto per corrispondenti profili
del molo medesimo.
2. Nell'attribuzione degli incarichi dirigenziali determinati in
relazione alla struttura organizzativa derivante dalle leggi
regionali di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, si deve tenere conto della posizione funzionale
posseduta dal relativo personale all'atto dell'inquadramento nella
qualifica di dirigente. E' assicurata la corrispondenza di funzioni,
a parita' di struttura organizzativa, dei dirigenti di piu' elevato
livello dei ruoli di cui al comma 1 con i dirigenti di secondo
livello del ruolo sanitario.
3. Fino alla ridefinizione delle piante organiche non puo' essere
disposto alcun incremento delle dotazioni organiche per ciascuna
delle attuali posizioni funzionali dirigenziali del ruolo sanitario,
professionale, tecnico ed amministrativo.
Articolo 27
Criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali
(Art.27-bis del d.lgs n.29 del 1993, aggiunto dall'art.17 del d.lgs
n.80 del 1998)
1. Le regioni a statuto ordinario, nell'esercizio della propria
potesta' statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre
pubbliche amministrazioni, nell'esercizio della propria potesta'
statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell'articolo 4 e
del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative
peculiarita'. Gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano,
anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li
disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione.
2. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 trasmettono,
entro due mesi dalla adozione, le deliberazioni, le disposizioni ed i
provvedimenti adottati in attuazione del medesimo comma alla
Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne cura la raccolta e la
pubblicazione.
Sezione II
Accesso alla dirigenza e riordino della Scuola
superiore
della
pubblica amministrazione
Art. 28
Accesso alla qualifica di dirigente della seconda fascia
1. L'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni
statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non
economici avviene per concorso ((...)) indetto dalle singole
amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione
bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione.
2. ((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 16 APRILE 2013, N. 70)).
3. ((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 16 APRILE 2013, N. 70)).
4. ((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 16 APRILE 2013, N. 70)).
5. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la
funzione pubblica sentita, per la parte relativa al corso-concorso,
la Scuola superiore della pubblica amministrazione, sono definiti:
a) le percentuali, sul complesso dei posti di dirigente disponibili,
riservate al concorso per esami ((...)), al corso-concorso;
b) la percentuale di posti che possono essere riservati al personale
di ciascuna amministrazione che indice i concorsi pubblici per
esami;
c) i criteri per la composizione e la nomina delle commissioni
esaminatrici;
d) le modalita' di svolgimento delle selezioni, prevedendo anche la
valutazione delle esperienze di servizio professionali maturate
nonche', nella fase di prima applicazione del concorso di cui al
comma 2, una riserva di posti non superiore al 30 per cento per il
personale appartenente da almeno quindici anni alla qualifica
apicale, comunque denominata, della carriera direttiva;
e) l'ammontare delle borse di studio per i partecipanti al
corso-concorso.
6. I vincitori dei concorsi di cui al comma 2, anteriormente al
conferimento del primo incarico dirigenziale, frequentano un ciclo di
attivita' formative organizzato dalla Scuola superiore della pubblica
amministrazione e disciplinato ai sensi del decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 287. Tale ciclo puo' comprendere anche l'applicazione
presso amministrazioni italiane e straniere, enti o organismi
internazionali, istituti o aziende pubbliche o private. Il medesimo
ciclo formativo, di durata non superiore a dodici mesi, puo'
svolgersi anche in collaborazione con istituti universitari italiani
o stranieri, ovvero primarie istituzioni formative pubbliche o
private.
7. ((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 16 APRILE 2013, N. 70)).
7-bis. ((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 16 APRILE 2013, N. 70)).
8. Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso alle
qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia,
delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco.
9. Per le finalita' di cui al presente articolo, e' attribuito alla
Scuola superiore della pubblica amministrazione un ulteriore
contributo di 1.500 migliaia di euro a decorrere dall'anno 2002.
10. All'onere derivante dall'attuazione del comma 9, pari a 1.500
migliaia di euro a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del
bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unita' previsionale di
base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del
Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo
parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo
Ministero.
Art. 28-bis
(Accesso alla qualifica di dirigente della prima fascia).
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 19, comma 4,
l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia nelle
amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti
pubblici non economici avviene, per il cinquanta per cento dei posti,
calcolati con riferimento a quelli che si rendono disponibili ogni
anno per la cessazione dal servizio dei soggetti incaricati, tramite
concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalle singole
amministrazioni, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere della Scuola
superiore della pubblica amministrazione.
2. Nei casi in cui lo svolgimento dei relativi incarichi richieda
specifica esperienza e peculiare professionalita', alla copertura di
singoli posti e comunque di una quota non superiore alla meta' di
quelli da mettere a concorso ai sensi del comma 1 si puo' provvedere,
con contratti di diritto privato a tempo determinato, attraverso
concorso pubblico aperto ai soggetti in possesso dei requisiti
professionali e delle attitudini manageriali corrispondenti al posto
di funzione da coprire. I contratti sono stipulati per un periodo non
superiore a tre anni.
3. Al concorso per titoli ed esami di cui al comma 1 possono essere
ammessi i dirigenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, che
abbiano maturato almeno cinque anni di servizio nei ruoli
dirigenziali e gli altri soggetti in possesso di titoli di studio e
professionali individuati nei bandi di concorso, con riferimento alle
specifiche esigenze dell'Amministrazione e sulla base di criteri
generali di equivalenza stabiliti con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, previo parere della Scuola superiore della
pubblica amministrazione, sentito il Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca. A tale fine le amministrazioni che
bandiscono il concorso tengono in particolare conto del personale di
ruolo che ha esercitato per almeno cinque anni funzioni di livello
dirigenziale generale all'interno delle stesse ovvero del personale
appartenente all'organico dell'Unione europea in virtu' di un
pubblico concorso organizzato da dette istituzioni.
4. I vincitori del concorso di cui al comma 1 sono assunti
dall'amministrazione e, anteriormente al conferimento dell'incarico,
sono tenuti all'espletamento di un periodo di formazione presso
uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un
organismo comunitario o internazionale. In ogni caso il periodo di
formazione e' completato entro tre anni dalla conclusione del
concorso.
5. La frequenza del periodo di formazione e' obbligatoria ed e' a
tempo pieno, per una durata pari a sei mesi, anche non continuativi,
e si svolge presso gli uffici di cui al comma 4, scelti dal vincitore
tra quelli indicati dall'amministrazione.
6. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la
pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, e sentita la Scuola superiore della
pubblica amministrazione, sono disciplinate le modalita' di
compimento del periodo di formazione, tenuto anche conto di quanto
previsto nell'articolo 32.
7. Al termine del periodo di formazione e' prevista, da parte degli
uffici di cui al comma 4, una valutazione del livello di
professionalita' acquisito che equivale al superamento del periodo di
prova necessario per l'immissione in ruolo di cui all'articolo 70,
comma 13.
8. Le spese sostenute per l'espletamento del periodo di formazione
svolto presso le sedi estere di cui al comma 4 sono a carico delle
singole amministrazioni nell'ambito delle risorse finanziarie
disponibili a legislazione vigente. ((48))
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AGGIORNAMENTO (48)
Il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla L.
7 agosto 2012, n. 135, ha disposto (con l'art. 2, comma 15) che "Fino
alla conclusione dei processi di riorganizzazione di cui al presente
articolo e comunque non oltre il 31 dicembre 2015 sono sospese le
modalita' di reclutamento previste dall'articolo 28-bis del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165."
Art. 29
((Reclutamento dei dirigenti scolastici))
((1. Il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante
corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale
dell'amministrazione. Il corso-concorso viene bandito annualmente per
tutti i posti vacanti, il cui numero e' comunicato dal Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca alla Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e alla
Scuola nazionale dell'amministrazione, sentito il Ministero
dell'economia e delle finanze e fermo restando il regime
autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all'articolo 39, comma
3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive
modificazioni. Al corso concorso possono essere ammessi candidati in
numero superiore a quello dei posti, secondo una percentuale massima
del venti per cento, determinata dal decreto di cui all'ultimo
periodo. Al concorso per l'accesso al corso-concorso puo' partecipare
il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed
educative statali, in possesso del relativo diploma di laurea, che
abbia maturato dopo la nomina in ruolo un periodo di servizio
effettivo di almeno cinque anni. E' previsto il pagamento di un
contributo, da parte dei candidati, per le spese della procedura
concorsuale. Il concorso puo' comprendere una prova preselettiva e
comprende una o piu' prove scritte, cui sono ammessi tutti coloro che
superano la preselezione, e una prova orale, a cui segue la
valutazione dei titoli. Il corso-concorso si svolge presso la Scuola
nazionale dell'amministrazione, in giorni e orari e con metodi
didattici compatibili con l'attivita' didattica dei partecipanti, con
eventuale riduzione del carico didattico. Le spese di viaggio e
alloggio sono a carico dei partecipanti. Con decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca di concerto con il Ministro per la
pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro
dell'economia e delle finanze, sono definite le modalita' di
svolgimento delle procedure concorsuali, la durata del corso e le
forme di valutazione dei candidati ammessi al corso.)) ((58))
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AGGIORNAMENTO (29)
Il D.P.R. 10 luglio 2008, n. 140 ha disposto (con l'art. 12, comma
1) che "Con effetto dalla data di entrata in vigore del presente
regolamento sono abrogate le disposizioni dell'articolo 29 del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che prevedono, ai fini del
reclutamento e della mobilita' professionale, la distinzione in
settori formativi dei dirigenti scolastici, nonche' ogni altra
disposizione dello stesso articolo incompatibile con il presente
regolamento".
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AGGIORNAMENTO (58)
Il D.L. 12 settembre 2013, n. 104 ha disposto (con l'art. 17, comma
2) che "Il decreto di cui all'articolo 29, comma 1, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dal precedente
comma 1, e' adottato entro quattro mesi dall'entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto".
Capo III
Uffici, piante organiche, mobilita' e accessi
Art. 29-bis
(( (Mobilita' intercompartimentale).
1. Al fine di favorire i processi di mobilita' fra i comparti di
contrattazione del personale delle pubbliche amministrazioni, con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere della
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n.
281 del 1997, sentite le Organizzazioni sindacali e' definita, senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una tabella di
equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti
collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione.))
Art. 30
Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse
(Art. 33 del d. lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art.
13 del d.lgs n. 470 del 1993 e poi dall'art. 18
del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art.20,
comma 2 della Legge n.488 del 1999)
1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico
mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti
alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che
facciano domanda di trasferimento. Le amministrazioni devono in ogni
caso rendere pubbliche le disponibilita' dei posti in organico da
ricoprire attraverso passaggio diretto di personale da altre
amministrazioni, fissando preventivamente i criteri di scelta. Il
trasferimento e' disposto previo parere favorevole dei dirigenti
responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale e' o sara'
assegnato sulla base della professionalita' in possesso del
dipendente in relazione al posto ricoperto o da ricoprire.
1-bis. Fermo restando quanto previsto al comma 2, con decreto del
Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze e previa intesa con la
conferenza unificata, sentite le confederazioni sindacali
rappresentative, sono disposte le misure per agevolare i processi di
mobilita', anche volontaria, per garantire l'esercizio delle funzioni
istituzionali da parte delle amministrazioni che presentano carenze
di organico.
2. I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e
i criteri generali per l'attuazione di quanto previsto dal comma 1.
In ogni caso sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei
contratti collettivi volti ad eludere l'applicazione del principio
del previo esperimento di mobilita' rispetto al reclutamento di nuovo
personale.
2-bis. Le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di
procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in
organico, devono attivare le procedure di mobilita' di cui al comma
1, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei
dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di
comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale,
che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni
in cui prestano servizio. Il trasferimento e' disposto, nei limiti
dei posti vacanti, con inquadramento nell'area funzionale e posizione
economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni
di provenienza; il trasferimento puo' essere disposto anche se la
vacanza sia presente in area diversa da quella di inquadramento
assicurando la necessaria neutralita' finanziaria..
2-ter. L'immissione in ruolo di cui al comma 2-bis, limitatamente
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero degli
affari esteri, in ragione della specifica professionalita' richiesta
ai propri dipendenti, avviene previa valutazione comparativa dei
titoli di servizio e di studio, posseduti dai dipendenti comandati o
fuori ruolo al momento della presentazione della domanda di
trasferimento, nei limiti dei posti effettivamente disponibili.
2-quater. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, per
fronteggiare le situazioni di emergenza in atto, in ragione della
specifica professionalita' richiesta ai propri dipendenti puo'
procedere alla riserva di posti da destinare al personale assunto con
ordinanza per le esigenze della Protezione civile e del servizio
civile, nell'ambito delle procedure concorsuali di cui all'articolo
3, comma 59, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e all'articolo 1,
comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
2-quinquies. Salvo diversa previsione, a seguito dell'iscrizione
nel ruolo dell'amministrazione di destinazione, al dipendente
trasferito per mobilita' si applica esclusivamente il trattamento
giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei
contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa
amministrazione .
2-sexies. Le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze
organizzative, risultanti dai documenti di programmazione previsti
all'articolo 6, possono utilizzare in assegnazione temporanea, con le
modalita' previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre
amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni, fermo
restando quanto gia' previsto da norme speciali sulla materia,
nonche' il regime di spesa eventualmente previsto da tali norme e dal
presente decreto.((52))
------------------
AGGIORNAMENTO (52)
La L. 24 dicembre 2012, n. 228, ha disposto (con l'art. 1, comma
413) che " A decorrere dal 1° gennaio 2013, i provvedimenti con i
quali sono disposte le assegnazioni temporanee. del personale tra
amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 30, comma 2-sexies,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono adottati d'intesa
tra le amministrazioni interessate, con l'assenso dell'interessato."
Il D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, come modificato dalla L. 24
dicembre 2012, n. 228, ha disposto (con l'art. 113-bis, comma 4) che
"Fino al 31 dicembre 2013, le assegnazioni temporanee di personale
all'Agenzia possono avvenire in deroga al limite temporale stabilito
dall'articolo 30, comma 2-sexies, del citato decreto legislativo n.
165 del 2001".
Articolo 31
Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attivita'
(Art.34 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.19 del
d.lgs n.80 del 1998)
1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento
o conferimento di attivita', svolte da pubbliche amministrazioni,
enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici
o privati, al personale che passa alle dipendenze ditali soggetti si
applicano l'articolo 2112 del codice civile e si osservano le
procedure di informazione e di consultazione di cui all'articolo 47,
commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.
Art. 32
(( (Collegamento con le istituzioni internazionali, dell'Unione
europea e di altri Stati. Esperti nazionali distaccati). ))
((1. Le amministrazioni pubbliche favoriscono e incentivano le
esperienze del proprio personale presso le istituzioni europee, le
organizzazioni internazionali nonche' gli Stati membri dell'Unione
europea, gli Stati candidati all'adesione all'Unione e gli altri
Stati con i quali l'Italia intrattiene rapporti di collaborazione, ai
sensi della lettera c), al fine di favorire lo scambio internazionale
di esperienze amministrative e di rafforzare il collegamento tra le
amministrazioni di provenienza e quelle di destinazione. I dipendenti
delle amministrazioni pubbliche possono essere destinati a prestare
temporaneamente servizio presso:
a) il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea, la
Commissione europea, le altre istituzioni e gli altri organi
dell'Unione europea, incluse le agenzie, prioritariamente in qualita'
di esperti nazionali distaccati;
b) le organizzazioni e gli enti internazionali ai quali l'Italia
aderisce;
c) le amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell'Unione
europea, degli Stati candidati all'adesione all'Unione e di altri
Stati con i quali l'Italia intrattiene rapporti di collaborazione, a
seguito di appositi accordi di reciprocita' stipulati tra le
amministrazioni interessate, d'intesa con il Ministero degli affari
esteri e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica.
2. Ai fini di cui al comma 1, la Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimenti della funzione pubblica e per le politiche
europee e il Ministero degli affari esteri, d'intesa tra loro:
a) coordinano la costituzione di una banca dati di potenziali
candidati qualificati dal punto di vista delle competenze in materia
europea o internazionale e delle conoscenze linguistiche;
b) definiscono, d'intesa con le amministrazioni interessate, le
aree di impiego prioritarie del personale da distaccare, con
specifico riguardo agli esperti nazionali presso le istituzioni
dell'Unione europea;
c) promuovono la sensibilizzazione dei centri decisionali, le
informazioni relative ai posti vacanti nelle istituzioni
internazionali e dell'Unione europea e la formazione del personale,
con specifico riguardo agli esperti nazionali presso le istituzioni
dell'Unione.
3. Il trattamento economico degli esperti nazionali distaccati puo'
essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di
destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in
tutto o in parte allo Stato italiano dall'Unione europea o da
un'organizzazione o ente internazionale.
4. Il personale che presta servizio temporaneo all'estero resta a
tutti gli effetti dipendente dell'amministrazione di appartenenza.
L'esperienza maturata all'estero costituisce titolo preferenziale per
l'accesso a posizioni economiche superiori o a progressioni
orizzontali e verticali di carriera all'interno dell'amministrazione
pubblica)).
Articolo 33
(Eccedenze di personale e mobilita' collettiva)
1. Le pubbliche amministrazioni che hanno situazioni di
soprannumero o rilevino comunque eccedenze di personale, in relazione
alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria, anche in sede
di ricognizione annuale prevista dall'articolo 6, comma 1, terzo e
quarto periodo, sono tenute ad osservare le procedure previste dal
presente articolo dandone immediata comunicazione al Dipartimento
della funzione pubblica.
2. Le amministrazioni pubbliche che non adempiono alla ricognizione
annuale di cui al comma 1 non possono effettuare assunzioni o
instaurare rapporti di lavoro con qualunque tipologia di contratto
pena la nullita' degli atti posti in essere.
3. La mancata attivazione delle procedure di cui al presente
articolo da parte del dirigente responsabile e' valutabile ai fini
della responsabilita' disciplinare.
4. Nei casi previsti dal comma 1 del presente articolo il dirigente
responsabile deve dare un'informativa preventiva alle rappresentanze
unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del
contratto collettivo nazionale del comparto o area.
5. Trascorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 4,
l'amministrazione applica l'articolo 72, comma 11, del decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, in subordine, verifica la ricollocazione totale
o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza
nell'ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a
forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di
solidarieta', ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con
le stesse, comprese nell'ambito della regione tenuto anche conto di
quanto previsto dall'articolo 1, comma 29, del decreto-legge 13
agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14
settembre 2011, n. 148, nonche' del comma 6.
6. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri
generali e procedure per consentire, tenuto conto delle
caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di
personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni al
di fuori del territorio regionale che, in relazione alla
distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione
del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi
nazionali. Si applicano le disposizioni dell'articolo 30.
7. Trascorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 4
l'amministrazione colloca in disponibilita' il personale che non sia
possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima
amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre
amministrazioni nell'ambito regionale, ovvero che non abbia preso
servizio presso la diversa amministrazione secondo gli accordi di
mobilita'.
8. Dalla data di collocamento in disponibilita' restano sospese
tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore
ha diritto ad un'indennita' pari all'80 per cento dello stipendio e
dell'indennita' integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi
altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata
massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell'indennita'
sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di
accesso alla pensione e della misura della stessa. E' riconosciuto
altresi' il diritto all'assegno per il nucleo familiare di cui
all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito,
con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153. (43) ((48))
-------------
AGGIORNAMENTO (35)
Il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla
L. 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto (con l'art. 9, comma 25) che "
In deroga a quanto previsto dall'articolo 33 del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e integrazioni, le
unita' di personale eventualmente risultanti in soprannumero
all'esito delle riduzioni previste dall'articolo 2, comma 8-bis, del
decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, non costituiscono
eccedenze ai sensi del citato articolo 33 e restano temporaneamente
in posizione soprannumeraria, nell'ambito dei contingenti di ciascuna
area o qualifica dirigenziale."
-------------
AGGIORNAMENTO (43)
La L. 12 novembre 2011, n. 183 ha disposto (con l'art. 16, commi 2
e 3) che
"2. Le procedure di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 31
marzo 2001, n. 165, come modificato dal comma 1 del presente
articolo, si applicano anche nei casi previsti dall'articolo 15 del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
3. Le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano ai
concorsi gia' banditi e alle assunzioni gia' autorizzate alla data di
entrata in vigore della presente legge."
------------------
AGGIORNAMENTO (48)
Il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla L.
7 agosto 2012, n. 135, ha disposto (con l'art. 2, comma 12) che "Il
periodo di 24 mesi di cui al comma 8 dell'articolo 33 del decreto
legislativo n. 165 del 2001 puo' essere aumentato fino a 48 mesi
laddove il personale collocato in disponibilita' maturi entro il
predetto arco temporale i requisiti per il trattamento
pensionistico".
Art. 34
Gestione del personale in disponibilita'
(Art.35-bis del d.lgs n.29 del 1993, aggiunto dall'art.21 del d.lgs
n.80 del 1998)
((1. Il personale in disponibilita' e' iscritto in appositi
elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo
rapporto di lavoro)).
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali, il
Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio
dei ministri forma e gestisce l'elenco, avvalendosi anche, ai fini
della riqualificazione professionale del personale e della sua
ricollocazione in altre amministrazioni, della collaborazione delle
strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23
dicembre 1997, n. 469, e realizzando opportune forme di coordinamento
con l'elenco di cui al comma 3.
3. Per le altre amministrazioni, l'elenco e' tenuto dalle
strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23
dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni,
alle quali sono affidati i compiti di riqualificazione professionale
e ricollocazione presso altre amministrazioni del personale. Le leggi
regionali previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469,
nel provvedere all'organizzazione del sistema regionale per
l'impiego, si adeguano ai principi di cui al comma 2.
4. Il personale in disponibilita' iscritto negli appositi elenchi
ha diritto all'indennita' di cui all'articoLo 33, comma 8, per la
durata massima ivi prevista. La spesa relativa grava sul bilancio
dell'amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra
amministrazione, ovvero al raggiungimento del periodo massimo di
fruizione dell'indennita' di cui al medesimo comma 8. Il rapporto di
lavoro si intende definitivamente risolto a tale data, fermo restando
quanto previsto nell'articolo 33. Gli oneri sociali relativi alla
retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilita'
sono corrisposti dall'amministrazione di appartenenza all'ente
previdenziale di riferimento per tutto il periodo della
disponibilita'.
5. I contratti collettivi nazionali possono riservare appositi
fondi per la riqualificazione professionale del personale trasferito
ai sensi dell'articolo 33 o collocato in disponibilita' e per
favorire forme di incentivazione alla ricollocazione del personale.
in particolare mediante mobilita' volontaria.
6. Nell'ambito della programmazione triennale del personale di cui
all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni ed integrazioni, le nuove assunzioni sono subordinate
alla verificata impossibilita' di ricollocare il personale in
disponibilita' iscritto nell'apposito elenco.
7. Per gli enti pubblici territoriali le economie derivanti dalla
minore spesa per effetto del collocamento in disponibilita' restano a
disposizione del loro bilancio e possono essere utilizzate per la
formazione e la riqualificazione del personale nell'esercizio
successivo.
8. Sono fatte salve le procedure di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, relative al collocamento in disponibilita'
presso gli enti locali che hanno dichiarato il dissesto.
Art. 34-bis
Disposizioni in materia di mobilita' del personale
1. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2,con
esclusione delle amministrazioni previste dall'articolo 3, comma 1,
ivi compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima di
avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a
comunicare ai soggetti di cui all'articolo 34, commi 2 e 3, l'area,
il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire
il concorso nonche', se necessario, le funzioni e le eventuali
specifiche idoneita' richieste.
((2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle
finanze e le strutture regionali e provinciali di cui all'articolo
34, comma 3, provvedono, entro quindici giorni dalla comunicazione,
ad assegnare secondo l'anzianita' di iscrizione nel relativo elenco
il personale collocato in disponibilita' ai sensi degli articoli 33 e
34. Le predette strutture regionali e provinciali, accertata
l'assenza negli appositi elenchi di personale da assegnare alle
amministrazioni che intendono bandire il concorso, comunicano
tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della funzione pubblica le informazioni inviate dalle
stesse amministrazioni. Entro quindici giorni dal ricevimento della
predetta comunicazione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze, provvede ad assegnare alle
amministrazioni che intendono bandire il concorso il personale
inserito nell'elenco previsto dall'articolo 34, comma 2. A seguito
dell'assegnazione, l'amministrazione destinataria iscrive il
dipendente in disponibilita' nel proprio ruolo e il rapporto di
lavoro prosegue con l'amministrazione che ha comunicato l'intenzione
di bandire il concorso.))
3. Le amministrazioni possono provvedere a organizzare percorsi di
qualificazione del personale assegnato ai sensi del comma 2.
4. Le amministrazioni, ((decorsi due mesi dalla ricezione della
comunicazione di cui al comma 1 da parte del Dipartimento della
funzione pubblica direttamente per le amministrazioni dello Stato e
per gli enti pubblici non economici nazionali, comprese le
universita', e per conoscenza per le altre amministrazioni)), possono
procedere all'avvio della procedura concorsuale per le posizioni per
le quali non sia intervenuta l'assegnazione di personale ai sensi del
comma 2.
5. Le assunzioni effettuate in violazione del presente articolo
sono nulle di diritto. Restano ferme le disposizioni previste
dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni.
((5-bis. Ove se ne ravvisi l'esigenza per una piu' tempestiva
ricollocazione del personale in disponibilita' iscritto nell'elenco
di cui all'articolo 34, comma 2, il Dipartimento della funzione
pubblica effettua ricognizioni presso le amministrazioni pubbliche
per verificare l'interesse all'acquisizione in mobilita' dei medesimi
dipendenti. Si applica l'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 12
maggio 1995, n. 163, convertito, con modificazioni, dalla legge 11
luglio 1995, n. 273.))
Art. 35
Reclutamento del personale
(Art. 36, commi da 1 a 6 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituiti
prima dall'art. 17 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi dall'art. 22 del
d.lgs. n. 80 del 1998, successivamente modificati dall'art. 2, comma
2-ter del decreto legge 17 giugno 1999, n. 180 convertito con
modificazioni dalla legge n. 269 del 1999; Art. 36-bis del d.lgs. n.
29 del 1993, aggiunto dall'art. 23 del d.lgs n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art. 274, comma 1, lett. aa) del
d.lgs n. 267 del 2000)
1. L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con
contratto individuale di lavoro:
a) tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3,
volte all'accertamento della professionalita' richiesta, che
garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno;
b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai
sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i
quali e' richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo,
facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche
professionalita'.
2. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni
pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui alla legge 12
marzo 1999, n.68, avvengono per chiamata numerica degli iscritti
nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa
verifica della compatibilita' della invalidita' con le mansioni da
svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle
Forze armate, delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco e del personale della Polizia municipale deceduto
nell'espletamento del servizio, nonche' delle vittime del terrorismo
e della criminalita' organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n.
466, e successive modificazioni ed integrazioni, tali assunzioni
avvengono per chiamata diretta nominativa.
3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si
conformano ai seguenti principi:
a) adeguata pubblicita' della selezione e modalita' di svolgimento
che garantiscan9 l'imparzialita' e assicurino economicita' e
celerita' di espletamento, ricorrendo, ove e' opportuno,
all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare
forme di preselezione;
b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a
verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali
richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
c) rispetto delle pari opportunita' tra lavoratrici e lavoratori;
d) decentramento delle procedure di reclutamento;
e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di
provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra
funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle
medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione
politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche
e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle
confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni
professionali.
3-bis. Le amministrazioni pubbliche, nel rispetto della
programmazione triennale del fabbisogno, nonche' del limite massimo
complessivo del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili ai
sensi della normativa vigente in materia di assunzioni ovvero di
contenimento della spesa di personale, secondo i rispettivi regimi
limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica e, per le
amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di
cui al comma 4, possono avviare procedure di reclutamento mediante
concorso pubblico:
a) con riserva dei posti, nel limite massimo del 40 per cento di
quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di lavoro
subordinato a tempo determinato che, alla data di pubblicazione
dei bandi, hanno maturato almeno tre anni di servizio alle
dipendenze dell'amministrazione che emana il bando;
b) per titoli ed esami, finalizzati a valorizzare, con apposito
punteggio, l'esperienza professionale maturata dal personale di
cui alla lettera a) e di coloro che, alla data di emanazione del
bando, hanno maturato almeno tre anni di contratto di
collaborazione coordinata e continuativa nell'amministrazione che
emana il bando.
3-ter. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare
ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.
400, entro il 31 gennaio 2013, sono dettati modalita' e criteri
applicativi del comma 3-bis e la disciplina della riserva dei posti
di cui alla lettera a) del medesimo comma in rapporto ad altre
categorie riservatarie. Le disposizioni normative del comma 3-bis
costituiscono principi generali a cui devono conformarsi tutte le
amministrazioni pubbliche.
4. Le determinazioni relative all'avvio di procedure di
reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla
base della programmazione triennale del fabbisogno di personale
deliberata ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n.
449, e successive modificazioni ed integrazioni. Per le
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le
agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo
dei segretari comunali e provinciali ((e gli enti pubblici non
economici)), con organico superiore alle 200 unita', l'avvio delle
procedure concorsuali e' subordinato all'emanazione di apposito
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su
proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze. ((Per gli enti di ricerca,
l'autorizzazione all'avvio delle procedure concorsuali e' concessa,
in sede di approvazione del piano triennale del fabbisogno del
personale e della consistenza dell'organico, secondo i rispettivi
ordinamenti. Per gli enti di ricerca di cui all'articolo 1, comma 1,
del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, l'autorizzazione di
cui al presente comma e' concessa in sede di approvazione dei Piani
triennali di attivita' e del piano di fabbisogno del personale e
della consistenza dell'organico, di cui all'articolo 5, comma 4, del
medesimo decreto)).
4-bis. L'avvio delle procedure concorsuali mediante l'emanazione di
apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di cui al
comma 4 si applica anche alle procedure di reclutamento a tempo
determinato per contingenti superiori alle cinque unita', inclusi i
contratti di formazione e lavoro, e tiene conto degli aspetti
finanziari, nonche' dei criteri previsti dall'articolo 36.
5. I concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni
dello Stato e nelle aziende autonome si espletano di norma a livello
regionale. Eventuali deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di
economicita', sono autorizzate dal Presidente del Consiglio dei
ministri. Per gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o
provinciale possono essere banditi concorsi unici circoscrizionali
per l'accesso alle varie professionalita'.
5-bis. I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di
prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La
presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti
collettivi.
5-ter. Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del
personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per
un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi
i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali. Il
principio della parita' di condizioni per l'accesso ai pubblici
uffici e' garantito, mediante specifiche disposizioni del bando, con
riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale
requisito sia strumentale all'assolvimento di servizi altrimenti non
attuabili o almeno non attuabili con identico risultato. (27)
6. Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri e le amministrazioni che esercitano competenze
istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di
polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di
difesa in giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui
all'articolo 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53, e successive
modificazioni ed integrazioni.
7. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi degli
enti locali disciplina le dotazioni organiche, le modalita' di
assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure
concorsuali, nel rispetto dei principi fissati dai commi precedenti.
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AGGIORNAMENTO (27)
Il D.L. 31 dicembre 2007, n.248 convertito con modificazioni dalla
L. 28 febbraio 2008, n. 31 ha disposto (con l'art. 24-quater, comma
1) che "In deroga alla disposizione di cui all'articolo 35, comma
5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per far fronte
alle esigenze relative alla prevenzione degli infortuni e delle morti
sul lavoro, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e'
autorizzato ad utilizzare la graduatoria formata in seguito allo
svolgimento dei concorsi pubblici per esami a complessivi 795 posti
di ispettore del lavoro, indetti con decreto direttoriale 15 novembre
2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4ª serie speciale - n. 93
del 23 novembre 2004, fino al 10 dicembre 2010."
Art. 35-bis.
(( (Prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di
commissioni e nelle assegnazioni agli uffici) ))
((1. Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non
passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II
del libro secondo del codice penale:
a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di
commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi;
b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive,
agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie,
all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonche' alla
concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi,
ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti
pubblici e privati;
c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del
contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la
concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi,
ausili finanziari, nonche' per l'attribuzione di vantaggi economici
di qualunque genere.
2. La disposizione prevista al comma 1 integra le leggi e
regolamenti che disciplinano la formazione di commissioni e la nomina
dei relativi segretari)).
Art. 36
Utilizzo di contratti di lavoro flessibile
1. Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le
pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di
lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di
reclutamento previste dall'articolo 35.
2. ((Per rispondere ad esigenze di carattere esclusivamente
temporaneo o eccezionale)) le amministrazioni pubbliche possono
avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di
impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui
rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nel rispetto delle
procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle
amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessita'
organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti
disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a
disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato,
dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi
e della somministrazione di lavoro ed il lavoro accessorio ((di cui
all'articolo)) 70 del medesimo decreto legislativo n. 276 del 2003, e
successive modificazioni ed integrazioni, in applicazione di quanto
previsto dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
dall'articolo 3 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863,
dall'articolo 16 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito
con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, dal decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276 per quanto riguarda la
somministrazione di lavoro, nonche' da ogni successiva modificazione
o integrazione della relativa disciplina con riferimento alla
individuazione dei contingenti di personale utilizzabile. Non e'
possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro ed il lavoro
accessorio ((di cui all'articolo)) 70 del decreto legislativo n.
276/2003, e successive modificazioni ed integrazioni per l'esercizio
di funzioni direttive e dirigenziali. ((Per prevenire fenomeni di
precariato, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto delle
disposizioni del presente articolo, sottoscrivono contratti a tempo
determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie
vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato. E' consentita
l'applicazione dell'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge
24 dicembre 2003, n. 350, ferma restando la salvaguardia della
posizione occupata nella graduatoria dai vincitori e dagli idonei per
le assunzioni a tempo indeterminato)).
3. Al fine di combattere gli abusi nell'utilizzo del lavoro
flessibile, entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di apposite
istruzioni fornite con Direttiva del Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione, le amministrazioni redigono , senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un analitico rapporto
informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da
trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di
valutazione o ai servizi di controllo interno di cui al decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 286, nonche' alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica che
redige una relazione annuale al Parlamento. ((PERIODO SOPPRESSO DAL
D.L. 31 AGOSTO 2013, N. 101, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 30
OTTOBRE 2013, N. 125)).
4. Le amministrazioni pubbliche comunicano, nell'ambito del
rapporto di cui al precedente comma 3, anche le informazioni
concernenti l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili.
5. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative
riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle
pubbliche amministrazioni, non puo' comportare la costituzione di
rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche
amministrazioni, ferma restando ogni responsabilita' e sanzione. Il
lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante
dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative.
Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a
tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la
violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. I dirigenti che operano
in violazione delle disposizioni del presente articolo sono
responsabili anche ai sensi dell'articolo 21 del presente decreto. Di
tali violazioni si terra' conto in sede di valutazione dell'operato
del dirigente ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 286.
5-bis. Le disposizioni previste dall'articolo 5, commi 4-quater,
4-quinquies e 4-sexies del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.
368 si applicano esclusivamente al personale reclutato secondo le
procedure di cui all'articolo 35, comma 1, lettera b), del presente
decreto.
((5-ter. Le disposizioni previste dal decreto legislativo 6
settembre 2001, n. 368 si applicano alle pubbliche amministrazioni,
fermi restando per tutti i settori l'obbligo di rispettare il comma
1, la facolta' di ricorrere ai contratti di lavoro a tempo
determinato esclusivamente per rispondere alle esigenze di cui al
comma 2 e il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da
tempo determinato a tempo indeterminato.
5-quater. I contratti di lavoro a tempo determinato posti in essere
in violazione del presente articolo sono nulli e determinano
responsabilita' erariale. I dirigenti che operano in violazione delle
disposizioni del presente articolo sono, altresi', responsabili ai
sensi dell'articolo 21. Al dirigente responsabile di irregolarita'
nell'utilizzo del lavoro flessibile non puo' essere erogata la
retribuzione di risultato.))
Articolo 37
Accertamento delle conoscenze informatiche e di lingue straniere nei
concorsi pubblici
(Art.36-ter del d.lgs n.29 del 1993, aggiunto dall'art.13 del d.lgs
n.387 del 1998)
1. A decorrere dal 1^ gennaio 2000 i bandi di concorso per
l'accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma
2, prevedono l'accertamento della conoscenza dell'usa delle
apparecchiature e delle applicazioni informatiche piu' diffuse e di
almeno una lingua straniera.
2. Per i dirigenti il regolamento di cui all'articolo 28 definisce
il livello di conoscenza richiesto e le modalita' per il relativo
accertamento.
3. Per gli altri dipendenti delle amministrazioni dello Stato, con
regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge
23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni.
su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sono stabiliti
i livelli di conoscenza, anche in relazione alla professionalita' cui
si riferisce il bando, e le modalita' per l'accertamento della
conoscenza medesima. Il regolamento stabilisce altresi' i casi nei
quali il comma 1 non si applica.
Articolo 38
Accesso dei cittadini degli Stati membri della Unione europea
(Art.37 d.lgs n.29 del 1993, come modificato dall'art.24 del d.lgs
n.80 del 1998)
1. I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea ((e i loro
familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano
titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno
permanente)) possono accedere ai posti di lavoro presso te
amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o
indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela
dell'interesse nazionale.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi
dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.400, e successive
modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni
per i quali non puo' prescindersi dal possesso della cittadinanza
italiana, nonche' i requisiti indispensabili all'accesso dei
cittadini di cui al comma 1.
3. Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina adottata al
livello dell'Unione europea, all'equiparazione dei titoli di studio e
professionali provvede la Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della funzione pubblica, sentito il Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. Secondo le
disposizioni del primo periodo e' altresi' stabilita l'equivalenza
tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini
dell'ammissione al concorso e della nomina.
((3-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai
cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno
CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello
status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria.
3-ter. Sono fatte salve, in ogni caso, le disposizioni di cui
all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio
1976, n. 752, in materia di conoscenza della lingua italiana e di
quella tedesca per le assunzioni al pubblico impiego nella provincia
autonoma di Bolzano)).
Articolo 39
Assunzioni obbligatorie delle categorie protette e tirocinio per
portatori di handicap
(Art.42 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.19 del
d.lgs n.546 del 1993 e modificato prima dall'art.43, comma 1 del
d.lgs n.80 del 1998 e poi dall'art.22, comma 1 del d.lgs n.387 del
1998)
1. Le amministrazioni pubbliche promuovono o propongono programmi
di assunzioni per portatori di handicap ai sensi dell'articolo 11
della legge 12 marzo 1999, n.68, sulla base delle direttive impartite
dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica e dal Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali, cui confluisce il Dipartimento degli affari
sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi
dell'articolo 45, comma 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999,
n.300 con le decorrenze previste dall'articolo 10, commi 3 e 4, del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n.303.
Titolo III
CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E RAPPRESENTATIVITA' SINDACALE
Art. 40
Contratti collettivi nazionali e integrativi
(Art. 45 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima
dall'art. 15 del d.lgs. n. 470 del 1993 e dall'art. 1 del
d.lgs. n. 396 del 1997 e successivamente modificato
dall'art. 43, comma 1 del d.lgs. n. 80 del 1998)
(( 1. La contrattazione collettiva determina i diritti e gli
obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonche' le
materie relative alle relazioni sindacali. Sono, in particolare,
escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti
all'organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione
sindacale ai sensi dell'articolo 9, quelle afferenti alle prerogative
dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, la materia
del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonche'
quelle di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23
ottobre 1992, n. 421. Nelle materie relative alle sanzioni
disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della
corresponsione del trattamento accessorio, della mobilita' e delle
progressioni economiche, la contrattazione collettiva e' consentita
negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge.
2. Tramite appositi accordi tra l'ARAN e le Confederazioni
rappresentative, secondo le procedure di cui agli articoli 41, comma
5, e 47, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono
definiti fino a un massimo di quattro comparti di contrattazione
collettiva nazionale, cui corrispondono non piu' di quattro separate
aree per la dirigenza.Una apposita sezione contrattuale di un'area
dirigenziale riguarda la dirigenza del ruolo sanitario del Servizio
sanitario nazionale, per gli effetti di cui all'articolo 15 del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni. Nell'ambito dei comparti di contrattazione possono
essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche
professionalita'.
3. La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il
settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi
livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi.
La durata viene stabilita in modo che vi sia coincidenza fra la
vigenza della disciplina giuridica e di quella economica.
3-bis. Le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di
contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dell'articolo 7,
comma 5, e dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di
programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La
contrattazione collettiva integrativa assicura adeguati livelli di
efficienza e produttivita' dei servizi pubblici, incentivando
l'impegno e la qualita' della performance ai sensi dell'articolo 45,
comma 3. A tale fine destina al trattamento economico accessorio
collegato alla performance individuale una quota prevalente del
trattamento accessorio complessivo comunque denominato Essa si svolge
sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti
collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che
questi ultimi prevedono; essa puo' avere ambito territoriale e
riguardare piu' amministrazioni. I contratti collettivi nazionali
definiscono il termine delle sessioni negoziali in sede decentrata.
Alla scadenza del termine le parti riassumono le rispettive
prerogative e liberta' di iniziativa e decisione.
3-ter. Al fine di assicurare la continuita' e il migliore
svolgimento della funzione pubblica, qualora non si raggiunga
l'accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo,
l'amministrazione interessata puo' provvedere, in via provvisoria,
sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva
sottoscrizione. Agli atti adottati unilateralmente si applicano le
procedure di controllo di compatibilita' economico-finanziaria
previste dall'articolo 40-bis.
3-quater. La Commissione di cui all'articolo 13 del decreto
legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia
di ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico e di
efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, fornisce,
entro il 31 maggio di ogni anno, all'ARAN una graduatoria di
performance delle amministrazioni statali e degli enti pubblici
nazionali. Tale graduatoria raggruppa le singole amministrazioni, per
settori, su almeno tre livelli di merito, in funzione dei risultati
di performance ottenuti. La contrattazione nazionale definisce le
modalita' di ripartizione delle risorse per la contrattazione
decentrata tra i diversi livelli di merito assicurando l'invarianza
complessiva dei relativi oneri nel comparto o nell'area di
contrattazione.
3-quinquies. La contrattazione collettiva nazionale dispone, per le
amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 41, le modalita' di
utilizzo delle risorse indicate all'articolo 45, comma 3-bis,
individuando i criteri e i limiti finanziari entro i quali si deve
svolgere la contrattazione integrativa. Le regioni, per quanto
concerne le proprie amministrazioni, e gli enti locali possono
destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei
limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei
parametri di virtuosita' fissati per la spesa di personale dalle
vigenti disposizioni, in ogni caso nel rispetto dei vincoli di
bilancio e del patto di stabilita' e di analoghi strumenti del
contenimento della spesa. Lo stanziamento delle risorse aggiuntive
per la contrattazione integrativa e' correlato all'affettivo rispetto
dei principi in materia di misurazione, valutazione e trasparenza
della performance e in materia di merito e premi applicabili alle
regioni e agli enti locali secondo quanto previsto dagli articoli 16
e 31 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009,
n. 15, in materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro
pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche
amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni
caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi
integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai
contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non
espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano
oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e
pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei
vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione
nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono
essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e
1419, secondo comma, del codice civile. In caso di accertato
superamento di vincoli finanziari da parte delle sezioni regionali di
controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della funzione
pubblica o del Ministero dell'economia e delle finanze e' fatto
altresi' obbligo di recupero nell'ambito della sessione negoziale
successiva. Le disposizioni del presente comma trovano applicazione a
decorrere dai contratti sottoscritti successivamente alla data di
entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della legge 4
marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttivita'
del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche
amministrazioni.
3-sexies. A corredo di ogni contratto integrativo le pubbliche
amministrazioni, redigono una relazione tecnico-finanziaria ed una
relazione illustrativa, utilizzando gli schemi appositamente
predisposti e resi disponibili tramite i rispettivi siti
istituzionalidal Ministero dell'economia e delle finanze di intesa
con il Dipartimento della funzione pubblica. Tali relazioni vengono
certificate dagli organi di controllo di cui all'articolo 40-bis,
comma 1.))
4. Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con
i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della
sottoscrizione definitiva e ne assicurano l'osservanza nelle forme
previste dai rispettivi ordinamenti.
Art. 40-bis
(Controlli in materia di contrattazione integrativa).
1. Il controllo sulla compatibilita' dei costi della contrattazione
collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti
dall'applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento
alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla
corresponsione dei trattamenti accessori e' effettuato dal collegio
dei revisori dei conti, dal collegio sindacale, dagli uffici centrali
di bilancio o dagli analoghi organi previsti dai rispettivi
ordinamenti. Qualora dai contratti integrativi derivino costi non
compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle
amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 40,
comma 3-quinquies, sesto periodo.
2. Per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo,
nonche' per gli enti pubblici non economici e per gli enti e le
istituzioni di ricerca con organico superiore a duecento unita', i
contratti integrativi sottoscritti, corredati da una apposita
relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa
certificate dai competenti organi di controllo previsti dal comma 1,
sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e
delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,
che, entro trenta giorni dalla data di ricevimento, ne accertano,
congiuntamente, la compatibilita' economico-finanziaria, ai sensi del
presente articolo e dell'articolo 40, comma 3-quinquies. Decorso tale
termine, che puo' essere sospeso in caso di richiesta di elementi
istruttori, la delegazione di parte pubblica puo' procedere alla
stipula del contratto integrativo. Nel caso in cui il riscontro abbia
esito negativo, le parti riprendono le trattative.
3. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2,
inviano entro il 31 maggio di ogni anno, specifiche informazioni sui
costi della contrattazione integrativa, certificate dagli organi di
controllo interno, al Ministero dell'economia e delle finanze, che
predispone, allo scopo, uno specifico modello di rilevazione,
d'intesa con la Corte dei conti e con la Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica. Tali informazioni
sono volte ad accertare, oltre il rispetto dei vincoli finanziari in
ordine sia alla consistenza delle risorse assegnate ai fondi per la
contrattazione integrativa sia all'evoluzione della consistenza dei
fondi e della spesa derivante dai contratti integrativi applicati,
anche la concreta definizione ed applicazione di criteri improntati
alla premialita', al riconoscimento del merito ed alla valorizzazione
dell'impegno e della qualita' della performanceindividuale, con
riguardo ai diversi istituti finanziati dalla contrattazione
integrativa, nonche' a parametri di selettivita', con particolare
riferimento alle progressioni economiche. Le informazioni sono
trasmesse alla Corte dei conti che, ferme restando le ipotesi di
responsabilita' eventualmente ravvisabili le utilizza, unitamente a
quelle trasmesse ai sensi del Titolo V, anche ai fini del referto sul
costo del lavoro.
4. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 14 MARZO 2013, N. 33)).
5. Ai fini dell'articolo 46, comma 4, le pubbliche amministrazioni
sono tenute a trasmettere all'ARAN, per via telematica, entro cinque
giorni dalla sottoscrizione, il testo contrattuale con l'allegata
relazione tecnico-finanziaria ed illustrativa e con l'indicazione
delle modalita' di copertura dei relativi oneri con riferimento agli
strumenti annuali e pluriennali di bilancio. I predetti testi
contrattuali sono altresi' trasmessi al CNEL.
6. Il Dipartimento della funzione pubblica, il Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato presso il Ministero dell'economia e
delle finanze e la Corte dei conti possono avvalersi ai sensi
dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, di
personale in posizione di fuori ruolo o di comando per l'esercizio
delle funzioni di controllo sulla contrattazione integrativa.
7. In caso di mancato adempimento delle prescrizioni del presente
articolo, oltre alle sanzioni previste dall'articolo 60, comma 2, e'
fatto divieto alle amministrazioni di procedere a qualsiasi
adeguamento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa.
Gli organi di controllo previsti dal comma 1 vigilano sulla corretta
applicazione delle disposizioni del presente articolo.
Art. 41
(( (Poteri di indirizzo nei confronti dell'ARAN).
1. Il potere di indirizzo nei confronti dell'ARAN e le altre
competenze relative alle procedure di contrattazione collettiva
nazionale sono esercitati dalle pubbliche amministrazioni attraverso
le proprie istanze associative o rappresentative, le quali
costituiscono comitati di settore che regolano autonomamente le
proprie modalita' di funzionamento e di deliberazione. In ogni caso,
le deliberazioni assunte in materia di indirizzo all'ARAN o di parere
sull'ipotesi di accordo nell'ambito della procedura di contrattazione
collettiva di cui all'articolo 47, si considerano definitive e non
richiedono ratifica da parte delle istanze associative o
rappresentative delle pubbliche amministrazioni del comparto.
2. E' costituito un comitato di settore nell'ambito della
Conferenza delle Regioni, che esercita, per uno dei comparti di cui
all'articolo 40, comma 2, le competenze di cui al comma 1, per le
regioni, i relativi enti dipendenti, e le amministrazioni del
Servizio sanitario nazionale; a tale comitato partecipa un
rappresentante del Governo, designato dal Ministro del lavoro, della
salute e delle politiche sociali per le competenze delle
amministrazioni del Servizio sanitario nazionale. E' costituito un
comitato di settore nell'ambito dell'Associazione nazionale dei
Comuni italiani (ANCI), dell'Unione delle province d'Italia (UPI) e
dell'Unioncamere che esercita, per uno dei comparti di cui
all'articolo 40, comma 2, le competenze di cui al comma 1, per i
dipendenti degli enti locali, delle Camere di commercio e dei
segretari comunali e provinciali.
3. Per tutte le altre amministrazioni opera come comitato di
settore il Presidente del Consiglio dei Ministri tramite il Ministro
per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il
Ministro dell'economia e finanze. Al fine di assicurare la
salvaguardia delle specificita' delle diverse amministrazioni e delle
categorie di personale ivi comprese, gli indirizzi sono emanati per
il sistema scolastico, sentito il Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, nonche', per i rispettivi ambiti di
competenza, sentiti i direttori delle Agenzie fiscali, la Conferenza
dei rettori delle universita' italiane; le istanze rappresentative
promosse dai presidenti degli enti di ricerca e degli enti pubblici
non economici ed il presidente del Consiglio nazionale dell'economia
e del lavoro.
4. Rappresentati designati dai Comitati di settore possono
assistere l'ARAN nello svolgimento delle trattative. I comitati di
settore possono stipulare con l'ARAN specifici accordi per i
reciproci rapporti in materia di contrattazione e per eventuali
attivita' in comune. Nell'ambito del regolamento di organizzazione
dell'ARAN per assicurare il miglior raccordo tra i Comitati di
settore delle Regioni e degli enti locali e l'ARAN, a ciascun
comitato corrisponde una specifica struttura, senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica.
5. Per la stipulazione degli accordi che definiscono o modificano i
comparti o le aree di contrattazione collettiva di cui all'articolo
40, comma 2, o che regolano istituti comuni a piu' comparti le
funzioni di indirizzo e le altre competenze inerenti alla
contrattazione collettiva sono esercitate collegialmente dai comitati
di settore.))
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AGGIORNAMENTO (7)
Il D. Lgs. 3 luglio 2003, n. 173 ha disposto (con l'art. 3, comma
3) che "All'articolo 41, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni, dopo le parole: "Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca", sono aggiunte le
seguenti: " e, per il comparto delle Agenzie fiscali, sentiti i
direttori delle medesime"".
Articolo 42
Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro
(Art.47 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.6 del d.lgs
n.396 del 1997)
1. Nelle pubbliche amministrazioni la liberta' e l'attivita'
sindacale sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della
legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed
integrazioni. Fino a quando non vengano emanate norme di carattere
generale sulla rappresentativita' sindacale che sostituiscano o
modifichino tali disposizioni, le pubbliche amministrazioni, in
attuazione dei criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b)
della legge 23 ottobre 1992, n. 421, osservano le disposizioni
seguenti in materia di rappresentativita' delle organizzazioni
sindacali ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative
sindacali nei luoghi di lavoro e dell'esercizio della contrattazione
collettiva.
2. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di
cui al comma 8, le organizzazioni sindacali che, in base ai criteri
dell'articolo 43, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione
dei contratti collettivi, possono costituire rappresentanze sindacali
aziendali ai sensi dell'articolo 19 e seguenti della legge 20 maggio
1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Ad esse
spettano, in proporzione alla rappresentativita', le garanzie
previste dagli articoli 23, 24 e 30 della medesima legge n.300 del
1970, e le migliori condizioni derivanti dal contratti collettivi.
3. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di
cui al comma 8, ad iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni
sindacali di cui al comma 2, viene altresi' costituito, con le
modalita' di cui ai commi seguenti, un organismo di rappresentanza
unitaria del personale mediante elezioni alle quali e' garantita la
partecipazione di tutti i lavoratori.
((3-bis. Ai fini della costituzione degli organismi di cui al
comma 3, e' garantita la partecipazione del personale in servizio
presso le rappresentanze diplomatiche e consolari nonche' presso gli
istituti italiani di cultura all'estero, ancorche' assunto con
contratto regolato dalla legge locale. Di quanto previsto dal
presente comma si tiene conto ai fini del calcolo della
rappresentativita' sindacale ai sensi dell'articolo 43)).
4. Con appositi accordi o contratti collettivi nazionali, tra
l'ARAN e le confederazioni o organizzazioni sindacali rappresentative
ai sensi dell'articolo 43, sono definite la composizione
dell'organismo di rappresentanza unitaria del personale e le
specifiche modalita' delle elezioni, prevedendo in ogni caso il voto
segreto, il metodo proporzionale e il periodico rinnovo, con
esclusione della prorogabilita'. Deve essere garantita la facolta' di
presentare liste, oltre alle organizzazioni che, in base ai criteri
dell'articolo 43, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione
dei contratti collettivi, anche ad altre organizzazioni sindacali,
purche' siano costituite in associazione con un proprio statuto e
purche' abbiano aderito agli accordi o contratti collettivi che
disciplinano l'elezione e il funzionamento dell'organismo. Per la
presentazione delle liste, puo' essere richiesto a tutte le
organizzazioni sindacali promotrici un numero di firme di dipendenti
con diritto al voto non superiore al 3 per cento del totale dei
dipendenti nelle amministrazioni, enti o strutture amministrative
fino a duemila dipendenti, e del 2 per cento in quelle di dimensioni
superiori. (33) (34)
5. I medesimi accordi o contratti collettivi possono prevedere
che, alle condizioni di cui al comma 8, siano costituite
rappresentanze unitarie del personale comuni a piu' amministrazioni
di enti di modeste dimensioni ubicati nel medesimo territorio. Essi
possono altresi' prevedere che siano costituiti organismi di
coordinamento tra le rappresentanze unitarie del personale nelle
amministrazioni e enti con pluralita' di sedi o strutture di cui al
comma 8.
6. I componenti della rappresentanza unitaria del personale sono
equiparati ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali ai
fini della legge 20 maggio 1970, n.300, e successive modificazioni ed
integrazioni, e del presente decreto. Gli accordi o contratti
collettivi che regolano l'elezione e il funzionamento dell'organismo,
stabiliscono i criteri e le modalita' con cui sono trasferite ai
componenti eletti della rappresentanza unitaria del personale le
garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali aziendali delle
organizzazioni sindacali di cui al comma 2 che li abbiano
sottoscritti o vi aderiscano.
7. I medesimi accordi possono disciplinare le modalita' con le
quali la rappresentanza unitaria del personale esercita in via
esclusiva i diritti di informazione e di partecipazione riconosciuti
alle rappresentanze sindacali aziendali dall'articolo 9 o da altre
disposizioni della legge e della contrattazione collettiva. Essi
possono altresi' prevedere che, ai fini dell'esercizio della
contrattazione collettiva integrativa, la rappresentanza unitaria del
personale sia integrata da rappresentanti delle organizzazioni
sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del compatto.
8. Salvo che i contratti collettivi non prevedano, in relazione
alle caratteristiche del comparto, diversi criteri dimensionali, gli
organismi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo possono essere
costituiti, alle condizioni previste dai commi precedenti, in
ciascuna amministrazione o ente che occupi oltre quindici dipendenti.
Nel caso di amministrazioni o enti con pluralita' di sedi o strutture
periferiche, possono essere costituiti anche presso le sedi o
struttura periferiche che siano considerate livelli decentrati di
contrattazione collettiva dai contratti collettivi nazionali.
9. Fermo restando quanto previsto dal comma 2, per la costituzione
di rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed
integrazioni, la rappresentanza dei dirigenti nelle amministrazioni,
enti o strutture amministrative e' disciplinata, in coerenza con la
natura delle loro funzioni, agli accordi o contratti collettivi
riguardanti la relativa area contrattuale.
10. Alle figure professionali per le quali nel contratto
collettivo del comparto sia prevista una disciplina distinta ai sensi
dell'articolo 40, comma 2, deve essere garantita una adeguata
presenza negli organismi di rappresentanza unitaria del personale,
anche mediante l'istituzione, tenuto conto della loro incidenza
quantitativa e del numero dei componenti dell'organismo, di specifici
collegi elettorali.
11. Per quanto riguarda i diritti e le prerogative sindacali delle
organizzazioni sindacali delle minoranze linguistiche, nell'ambito
della provincia di Bolzano e della regione Valle d'Aosta, si applica
quanto previsto dall'articolo 9 del decreto del Presidente della
Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58, e dal decreto legislativo 28
dicembre 1989 n. 430.
-------------
AGGIORNAMENTO (33)
Il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, ha disposto (con l'art. 65,
comma 3)che "In via transitoria, con riferimento al periodo
contrattuale immediatamente successivo a quello in corso, definiti i
comparti e le aree di contrattazione ai sensi degli articoli 40,
comma 2, e 41, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, come sostituiti, rispettivamente, dagli articoli 54 e 56 del
presente decreto legislativo, l'ARAN avvia le trattative contrattuali
con le organizzazioni sindacali e le confederazioni rappresentative,
ai sensi dell'articolo 43, commi 1 e 2, del decreto legislativo n.
165 del 2001, nei nuovi comparti ed aree di contrattazione
collettiva, sulla base dei dati associativi ed elettorali rilevati
per il biennio contrattuale 2008-2009. Conseguentemente, in deroga
all'articolo 42, comma 4, del predetto decreto legislativo n. 165 del
2001, sono prorogati gli organismi di rappresentanza del personale
anche se le relative elezioni siano state gia' indette. Le elezioni
relative al rinnovo dei predetti organismi di rappresentanza si
svolgeranno, con riferimento ai nuovi comparti di contrattazione,
entro il 30 novembre 2010."
-------------
AGGIORNAMENTO (34)
Il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, come modificato dal D.L. 30
dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla L. 26
febbraio 2010, n. 25 ha disposto (con l'art. 65, comma 3) che "In via
transitoria, con riferimento al periodo contrattuale immediatamente
successivo a quello in corso, definiti i comparti e le aree di
contrattazione ai sensi degli articoli 40, comma 2, e 41, comma 4,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituiti,
rispettivamente, dagli articoli 54 e 56 del presente decreto
legislativo, l'ARAN avvia le trattative contrattuali con le
organizzazioni sindacali e le confederazioni rappresentative. in
deroga all'articolo 42, comma 4, del predetto decreto legislativo n.
165 del 2001, sono prorogati gli organismi di rappresentanza del
personale anche se le relative elezioni siano state gia' indette. Le
elezioni relative al rinnovo dei predetti organismi di rappresentanza
si svolgeranno, con riferimento ai nuovi comparti di contrattazione,
entro il 30 novembre 2010."
Articolo 43
Rappresentativita' sindacale ai fini della contrattazione collettiva
(Art.47-bis del d.lgs n.29 del 1993, aggiunto dall'art.7 del d.lgs
n.396 del 1997, modificato dall'art.44, comma 4 del d.lgs n.80 del
1998; Art.44 comma 7 del d.lgs n.80 del 1998, come modificato
dall'art.22, comma 4 del d.lgs n.387 del 1998)
1. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le
organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una
rappresentativita' non inferiore al 5 per cento, considerando a tal
fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato
associativo e' espresso dalla percentuale delle deleghe per il
versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe
rilasciate nell'ambito considerato. Il dato elettorale e' espresso
dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle
rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti
espressi nell'ambito considerato.
2. Alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo
comparto o area partecipano altresi' le confederazioni alle quali le
organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva ai
sensi del comma 1 siano affiliate.
3. L'ARAN sottoscrive i contratti collettivi verificando
previamente, sulla base della rappresentativita' accertata per
l'ammissione alle trattative ai sensi del comma 1, che le
organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi di accordo
rappresentino nel loro complesso almeno il 51 per cento come media
tra dato associativo e dato elettorale neI comparto o nell'area
contrattuale, o almeno il 60 per cento del dato elettorale nel
medesimo ambito.
4. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva per la
stipulazione degli accordi o contratti collettivi che definiscono o
modificano i compatti o le aree o che regolano istituti comuni a
tutte le pubbliche amministrazioni o riguardanti piu' comparti, le
confederazioni sindacali alle quali, in almeno due comparti o due
aree contrattuali; siano affiliate organizzazioni sindacali
rappresentative ai sensi del comma 1.
5. I soggetti e le procedure della contrattazione collettiva
integrativa sono disciplinati, in conformita' all'articolo ((40,
commi 3-bis e seguenti)), dai contratti collettivi nazionali, fermo
restando quanto previsto dall'articolo 42, comma 7, per gli organismi
di rappresentanza unitaria del personale.
6. Agli effetti dell'accordo tra l'ARAN e le confederazioni
sindacali rappresentative, previsto dall'articolo 50, comma 1, e dei
contratti collettivi che regolano la materia, le confederazioni e le
organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva
nazionale ai sensi dei commi precedenti, hanno titolo ai permessi,
aspettative e distacchi sindacali, in quota proporzionale alla loro
rappresentativita' ai sensi del comma 1, tenendo conto anche della
diffusione territoriale e della consistenza delle strutture
organizzative nel comparto o nell'area.
7. La raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe e' assicurata
dall'ARAN. I dati relativi alle deleghe rilasciate a ciascuna
amministrazione nell'anno considerato sono rilevati e trasmessi
all'ARAN non oltre il 31 marzo dell'anno successivo dalle pubbliche
amministrazioni, controfirmati da un rappresentante
dell'organizzazione sindacale interessata, con modalita' che
garantiscano la riservatezza delle informazioni. Le pubbliche
amministrazioni hanno l'obbligo di indicare il funzionario
responsabile della rilevazione e della trasmissione dei dati. Per il
controllo sulle procedure elettorali e per la raccolta dei dati
relativi alle deleghe l'ARAN si avvale, sulla base di apposite
convenzioni, della collaborazione del Dipartimento della funzione
pubblica, del Ministero del lavoro, delle istanze rappresentative o
associative delle pubbliche amministrazioni.
8. Per garantire modalita' di rilevazione certe ed obiettive, per
la certificazione dei dati e per la risoluzione delle eventuali
controversie e' istituito presso l'ARAN un comitato paritetico, che
puo' essere articolato per comparti, al quale partecipano le
organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva
nazionale.
9. Il comitato procede alla verifica dei dati relativi ai voti ed
alle deleghe. Puo' deliberare che non siano prese in considerazione,
ai fini della misurazione del dato associativo, le deleghe a favore
di organizzazioni sindacali che richiedano ai lavoratori un
contributo economico inferiore di piu' della meta' rispetto a quello
mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del comparto o
dell'area.
10. Il comitato delibera sulle contestazioni relative alla
rilevazione dei voti e delle deleghe. Qualora vi sia dissenso, e in
ogni caso quando la contestazione sia avanzata da un soggetto
sindacale non rappresentato nel comitato, la deliberazione e'
adottata su conforme parere del Consiglio nazionale dell'economia e
del lavoro - CNEL, che lo emana entro quindici giorni dalla
richiesta. La richiesta di parere e' trasmessa dal comitato al
Ministro per la funzione pubblica, che provvede a presentarla al CNEL
entro cinque giorni dalla ricezione.
11. Ai fini delle deliberazioni, l'ARAN e le organizzazioni
sindacali rappresentate nel comitato votano separatamente e il voto
delle seconde e' espresso dalla maggioranza dei rappresentanti
presenti.
12. A tutte le organizzazioni sindacali vengono garantite adeguate
forme di informazione e di accesso ai dati, nel rispetto della
legislazione sulla riservatezza delle informazioni di cui alla legge
31 dicembre 1996, n. 675, e successive disposizioni correttive ed
integrative.
13. Ai sindacati delle minoranze linguistiche della Provincia di
Bolzano e delle regioni Valle D'Aosta e Friuli Venezia-Giulia,
riconosciuti rappresentativi agli effetti di speciali disposizioni di
legge regionale e provinciale o di attuazione degli Statuti,
spettano, eventualmente anche con forme di rappresentanza in comune,
i medesimi diritti, poteri e prerogative, previsti per le
organizzazioni sindacali considerate rappresentative in base al
presente decreto. Per le organizzazioni sindacali che organizzano
anche lavoratori delle minoranze linguistiche della provincia di
Bolzano e della regione della Val d'Aosta, i criteri per la
determinazione della rappresentativita' si riferiscono esclusivamente
ai rispettivi ambiti territoriali e ai dipendenti ivi impiegati.
Articolo 44
Nuove forme di partecipazione alla organizzazione del lavoro
(Art.48 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.l6 del
d.lgs n.470 del 1993)
1. In attuazione dell'articolo 2, comma 1 lettera a), della legge
23 ottobre 1992, n. 421, la contrattazione collettiva nazionale
definisce nuove forme di partecipazione delle rappresentanze del
personale ai fini dell'organizzazione del lavoro nelle
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2. Sono
abrogate le norme che prevedono ogni forma di rappresentanza, anche
elettiva, del personale nei consigli di amministrazione delle
predette amministrazioni pubbliche, nonche' nelle commissioni di
concorso. La contrattazione collettiva nazionale indichera' forme e
procedure di partecipazione che sostituiranno commissioni del
personale e organismi di gestione, comunque denominati.
Articolo 45
Trattamento economico
(Art.49 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.23 del
d.lgs n.546 del 1993)
1. Il trattamento economico fondamentale ed accessorio ((fatto
salvo quanto previsto all'articolo 40, commi 3-ter e 3-quater, e
all'articolo 47-bis, comma 1,)) e' definito dai contratti collettivi.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti
di cui all'articolo 2, comma 2, parita' di trattamento contrattuale e
comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi
contratti collettivi.
((3. I contratti collettivi definiscono, in coerenza con le
disposizioni legislative vigenti, trattamenti economici accessori
collegati:
a) alla performance individuale;
b) alla performance organizzativa con riferimento
all'amministrazione nel suo complesso e alle unita' organizzative o
aree di responsabilita' in cui si articola l'amministrazione;
c) all'effettivo svolgimento di attivita' particolarmente
disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute.))
((3-bis. Per premiare il merito e il miglioramento della
performance dei dipendenti, ai sensi delle vigenti disposizioni di
legge, sono destinate, compatibilmente con i vincoli di finanza
pubblica, apposite risorse nell'ambito di quelle previste per il
rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro.))
4. I dirigenti sono responsabili dell'attribuzione dei trattamenti
economici accessori.
5. Le funzioni ed i relativi trattamenti economici accessori del
personale non diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i
servizi che si prestano all'estero presso le rappresentanze
diplomatiche, gli uffici consolari e le istituzioni culturali e
scolastiche, sono disciplinati, limitatamente al periodo di servizio
ivi prestato, dalle disposizioni del decreto del Presidente della
Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed
integrazioni, nonche' dalle altre pertinenti normative di settore del
Ministero degli affari esteri.
Articolo 46
Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni
(Art.50,commi da 1 a 12 e 16 del d.lgs n.29 del 1993,come sostituiti
prima dall'art.17 del d.lgs n.470 del 1993 e poi dall'art.2 del d.lgs
n.396 del 1997)
1. Le pubbliche amministrazioni sono legalmente rappresentate
dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni - ARAN, agli effetti della contrattazione collettiva
nazionale. L'ARAN esercita a livello nazionale, in base agli
indirizzi ricevuti ai sensi degli articoli 41 e 47, ogni attivita'
relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti
collettivi e alla assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini
dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi. Sottopone alla
valutazione della commissione di garanzia dell'attuazione della legge
12 giugno 1990, n. 146, e successive modificazioni e integrazioni,
gli accordi nazionali sulle prestazioni indispensabili ai sensi
dell'articolo 2 della legge citata.
2. Le pubbliche amministrazioni possono avvalersi dell'assistenza
dell'ARAN ai fini della contrattazione integrativa. Sulla base di
apposite intese, l'assistenza puo' essere assicurata anche
collettivamente ad amministrazioni dello stesso tipo o ubicate nello
stesso ambito territoriale. Su richiesta dei comitati di settore, in
relazione all'articolazione della contrattazione collettiva
integrativa nel comparto ed alle specifiche esigenze delle pubbliche
amministrazioni interessate, possono essere costituite, anche per
periodi determinati, delegazioni dell'ARAN su base regionale o
pluriregionale.
((3. L'ARAN cura le attivita' di studio, monitoraggio e
documentazione necessarie all'esercizio della contrattazione
collettiva. Predispone a cadenza semestrale, ed invia al Governo, ai
comitati di settore dei comparti regioni e autonomie locali e sanita'
e alle commissioni parlamentari competenti, un rapporto
sull'evoluzione delle retribuzioni di fatto dei pubblici dipendenti.
A tale fine l'ARAN si avvale della collaborazione dell'ISTAT per
l'acquisizione di informazioni statistiche e per la formulazione di
modelli statistici di rilevazione. L'ARAN si avvale, altresi', della
collaborazione del Ministero dell'economia e delle finanze che
garantisce l'accesso ai dati raccolti in sede di predisposizione del
bilancio dello Stato, del conto annuale del personale e del
monitoraggio dei flussi di cassa e relativi agli aspetti riguardanti
il costo del lavoro pubblico.
4. L'ARAN effettua il monitoraggio sull'applicazione dei contratti
collettivi nazionali e sulla contrattazione collettiva integrativa e
presenta annualmente al Dipartimento della funzione pubblica, al
Ministero dell'economia e delle finanze nonche' ai comitati di
settore, un rapporto in cui verifica l'effettivita' e la congruenza
della ripartizione fra le materie regolate dalla legge, quelle di
competenza della contrattazione nazionale e quelle di competenza dei
contratti integrativi nonche' le principali criticita' emerse in sede
di contrattazione collettiva nazionale ed integrativa.
5. Sono organi dell'ARAN:
a) il Presidente;
b) il Collegio di indirizzo e controllo.((33))
6. Il Presidente dell'ARAN e' nominato con decreto del Presidente
della Repubblica, su proposta del Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione previo parere della Conferenza
unificata. Il Presidente rappresenta l'agenzia ed e' scelto fra
esperti in materia di economia del lavoro, diritto del lavoro,
politiche del personale e strategia aziendale, anche estranei alla
pubblica amministrazione, nel rispetto delle disposizioni riguardanti
le incompatibilita' di cui al comma 7-bis. Il Presidente dura in
carica quattro anni e puo' essere riconfermato per una sola volta. La
carica di Presidente e' incompatibile con qualsiasi altra attivita'
professionale a carattere continuativo, se dipendente pubblico, e'
collocato in aspettativa o in posizione di fuori ruolo secondo
l'ordinamento dell'amministrazione di appartenenza.
7. Il collegio di indirizzo e controllo e' costituito da quattro
componenti scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia
di relazioni sindacali e di gestione del personale, anche estranei
alla pubblica amministrazione e dal presidente dell'Agenzia che lo
presiede; due di essi sono designati con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta, rispettivamente, del Ministro
per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del Ministro
dell'economia e delle finanze e gli altri due, rispettivamente,
dall'ANCI e dall'UPI e dalla Conferenza delle Regioni e delle
province autonome. Il collegio coordina la strategia negoziale e ne
assicura l'omogeneita', assumendo la responsabilita' per la
contrattazione collettiva e verificando che le trattative si svolgano
in coerenza con le direttive contenute negli atti di indirizzo.
Nell'esercizio delle sue funzioni il collegio delibera a maggioranza,
su proposta del presidente. Il collegio dura in carica quattro anni e
i suoi componenti possono essere riconfermati per una sola volta.))
((7-bis. Non possono far parte del collegio di indirizzo e
controllo ne' ricoprire funzioni di presidente, persone che rivestano
incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici ovvero che
ricoprano o abbiano ricoperto nei cinque anni precedenti alla nomina
cariche in organizzazioni sindacali. L'incompatibilita' si intende
estesa a qualsiasi rapporto di carattere professionale o di
consulenza con le predette organizzazioni sindacali o politiche.
L'assenza delle predette cause di incompatibilita' costituisce
presupposto necessario per l'affidamento degli incarichi dirigenziali
nell'agenzia.))
8. Per la sua attivita', l'ARAN si avvale:
a) delle risorse derivanti da contributi posti a carico delle
singole amministrazioni dei vari comparti, corrisposti in misura
fissa per dipendente in servizio. ((La misura annua del contributo
individuale e' definita, sentita l'ARAN, con decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della
pubblica amministrazione e l'innovazione, d'intesa con la Conferenza
unificata ed e' riferita a ciascun triennio contrattuale;))
b) di quote per l'assistenza alla contrattazione integrativa e
per le altre prestazioni eventualmente richieste, poste a carico dei
soggetti che se ne avvalgano.
9. La riscossione dei contributi di cui al comma 8 e' effettuata:
(( a) per le amministrazioni dello Stato mediante l'assegnazione
di risorse pari all'ammontare dei contributi che si prevedono dovuti
nell'esercizio di riferimento. L'assegnazione e' effettuata
annualmente sulla base della quota definita al comma 8, lettera a),
con la legge annuale di bilancio, con imputazione alla pertinente
unita' previsionale di base dello stato di previsione del ministero
dell'economia e finanze;))
b) per le amministrazioni diverse dal]o Stato, mediante un
sistema di trasferimenti da definirsi tramite decreti del Ministro
per la funzione pubblica di concerto con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica e, a seconda del comparto,
dei Ministri competenti, nonche', per gli aspetti di interesse
regionale e locale, previa intesa espressa dalla Conferenza unificata
Stato-regioni e Stato-citta'.
10. L'ARAN ha personalita' giuridica di diritto pubblico. Ha
autonomia organizzativa e contabile nei limiti del proprio bilancio.
Affluiscono direttamente al bilancio dell'ARAN i contributi di cui al
comma 8. L'ARAN definisce con propri regolamenti le norme concernenti
l'organizzazione interna, il funzionamento e la gestione finanziaria.
I regolamenti sono soggetti al controllo del Dipartimento della
funzione pubblica (( e del Ministero dell'economia e delle finanze,
adottati d'intesa con la Conferenza unificata,)) da esercitarsi entro
((quarantacinque giorni))dal ricevimento degli stessi. La gestione
finanziaria e' soggetta al controllo consuntivo della Corte dei
conti.
11.((Il ruolo del personale dipendente dell'ARAN e' definito in
base ai regolamenti di cui al comma 10 )). Alla copertura dei
relativi posti si provvede nell'ambito delle disponibilita' di
bilancio tramite concorsi pubblici, ovvero mediante assunzioni con
contratto di lavoro a tempo determinato, regolati dalle norme di
diritto privato.
12.((L'ARAN puo' altresi' avvalersi di un contingente di personale,
anche di qualifica dirigenziale, proveniente dalle pubbliche
amministrazioni rappresentate, in posizione di comando o fuori ruolo
in base ai regolamenti di cui al comma 10 )). I dipendenti comandati
o collocati fuori ruolo conservano lo stato giuridico ed il
trattamento economico delle amministrazioni di provenienza. Ad essi
sono attribuite dall'ARAN, secondo le disposizioni contrattuali
vigenti, le voci retributive accessorie, ivi compresa la
produttivita' per il personale non dirigente e per i dirigenti la
retribuzione di posizione e di risultato. Il collocamento in
posizione di comando o di fuori ruolo e' disposto secondo le
disposizioni vigenti nonche' ai sensi dell'articolo 17, comma 14,
della legge 15 maggio 1997, n.127. L'ARAN puo' utilizzare, sulla base
di apposite intese, anche personale direttamente messo a disposizione
dalle amministrazioni e dagli enti rappresentati, con oneri a carico
di questi. (( L'ARAN puo' avvalersi di esperti e collaboratori
esterni con modalita' di rapporto stabilite con i regolamenti
adottati ai sensi del comma 10, nel rispetto dell'articolo 7, commi 6
e seguenti.))
13. Le regioni a statuto speciale e le province autonome possono
avvalersi, per la contrattazione collettiva di loro competenza, di
agenzie tecniche istituite con legge regionale o provinciale ovvero
dell'assistenza dell'ARAN ai sensi del comma 2.
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AGGIORNAMENTO (33)
Il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, ha disposto (con l'art. 58,
comma 2) che "Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto si provvede alla nomina dei nuovi organi dell'ARAN
di cui all'articolo 46, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, come modificato dal comma 1. Fino alla nomina dei nuovi
organi, e comunque non oltre il termine di cui al precedente periodo,
continuano ad operare gli organi in carica alla data di entrata in
vigore del presente decreto."
Art. 47
(( (Procedimento di contrattazione collettiva).
1. Gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono
emanati dai Comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale.
2. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni di cui all'articolo
41, comma 2, emanati dai rispettivi comitati di settore, sono
sottoposti al Governo che, nei successivi venti giorni, puo'
esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti
riguardanti la compatibilita' con le linee di politica economica e
finanziaria nazionale. Trascorso inutilmente tale termine l'atto di
indirizzo puo' essere inviato all'ARAN.
3. Sono altresi' inviati appositi atti di indirizzo all'ARAN in
tutti gli altri casi in cui e' richiesta una attivita' negoziale.
L'ARAN informa costantemente i comitati di settore e il Governo sullo
svolgimento delle trattative.
4. L'ipotesi di accordo e' trasmessa dall'ARAN, corredata dalla
prescritta relazione tecnica, ai comitati di settore ed al Governo
entro 10 giorni dalla data di sottoscrizione. Per le amministrazioni
di cui all'articolo 41, comma 2, il comitato di settore esprime il
parere sul testo contrattuale e sugli oneri finanziari diretti e
indiretti a carico dei bilanci delle amministrazioni interessate.Fino
alla data di entrata in vigore dei decreti di attuazione della legge
5 maggio 2009, n. 42, il Consiglio dei Ministri puo' esprimere
osservazioni entro 20 giorni dall'invio del contratto da parte
dell'ARAN. Per le amministrazioni di cui al comma 3 del medesimo
articolo 41, il parere e' espresso dal Presidente del Consiglio dei
Ministri, tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e
l'innovazione, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.
5. Acquisito il parere favorevole sull'ipotesi di accordo, nonche'
la verifica da parte delle amministrazioni interessate sulla
copertura degli oneri contrattuali, il giorno successivo l'ARAN
trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei
conti ai fini della certificazione di compatibilita' con gli
strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis
della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. La
Corte dei conti certifica l'attendibilita' dei costi quantificati e
la loro compatibilita' con gli strumenti di programmazione e di
bilancio. La Corte dei conti delibera entro quindici giorni dalla
trasmissione della quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i
quali la certificazione si intende effettuata positivamente. L'esito
della certificazione viene comunicato dalla Corte all'ARAN, al
comitato di settore e al Governo. Se la certificazione e' positiva,
il presidente dell'ARAN sottoscrive definitivamente il contratto
collettivo.
6. La Corte dei conti puo' acquisire elementi istruttori e
valutazioni sul contratto collettivo da parte di tre esperti in
materia di relazioni sindacali e costo del lavoro individuati dal
Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, tramite il
Capo del Dipartimento della funzione pubblica di intesa con il Capo
del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nell'ambito
di un elenco definito di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze. Nel caso delle amministrazioni di cui all'articolo 41,
comma 2, la designazione di due esperti viene effettuata dall'ANCI,
dall' UPI e dalla Conferenza delle Regioni e delle province autonome.
7. In caso di certificazione non positiva della Corte dei conti le
parti contraenti non possono procedere alla sottoscrizione definitiva
dell'ipotesi di accordo. Nella predetta ipotesi, il Presidente
dell'ARAN, d'intesa con il competente comitato di settore, che puo'
dettare indirizzi aggiuntivi, provvede alla riapertura delle
trattative ed alla sottoscrizione di una nuova ipotesi di accordo
adeguando i costi contrattuali ai fini delle certificazioni. In
seguito alla sottoscrizione della nuova ipotesi di accordo si riapre
la procedura di certificazione prevista dai commi precedenti. Nel
caso in cui la certificazione non positiva sia limitata a singole
clausole contrattuali l'ipotesi puo' essere sottoscritta
definitivamente ferma restando l'inefficacia delle clausole
contrattuali non positivamente certificate.
8. I contratti e accordi collettivi nazionali, nonche' le eventuali
interpretazioni autentiche sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana oltre che sul sito dell'ARAN e delle
amministrazioni interessate.
9. Dal computo dei termini previsti dal presente articolo sono
esclusi i giorni considerati festivi per legge, nonche' il sabato.))
Art. 47-bis
(Tutela retributiva per i dipendenti pubblici.).
1. Decorsi sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
legge finanziaria che dispone in materia di rinnovi dei contratti
collettivi per il periodo di riferimento, gli incrementi previsti per
il trattamento stipendiale possono essere erogati in via provvisoria
previa deliberazione dei rispettivi comitati di settore, sentite le
organizzazioni sindacali rappresentative. salvo conguaglio all'atto
della stipulazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
2. In ogni caso a decorrere dal mese di aprile dell'anno successivo
alla scadenza del contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora
lo stesso non sia ancora stato rinnovato e non sia stata disposta
l'erogazione di cui al comma 1, e' riconosciuta ai dipendenti dei
rispettivi comparti di contrattazione, nella misura e con le
modalita' stabilite dai contratti nazionali, e comunque entro i
limiti previsti dalla legge finanziaria in sede di definizione delle
risorse contrattuali,una copertura economica che costituisce
un'anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti
all'atto del rinnovo contrattuale. ((58))
---------------
AGGIORNAMENTO (58)
Il D.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 ha disposto (con l'art.1, comma
1, lettera d)) che " in deroga alle previsioni di cui all'articolo
47-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e
successive modificazioni, ed all'articolo 2, comma 35, della legge 22
dicembre 2008, n. 303, per gli anni 2013 e 2014 non si da' luogo,
senza possibilita' di recupero, al riconoscimento di incrementi a
titolo di indennita' di vacanza contrattuale che continua ad essere
corrisposta, nei predetti anni, nelle misure di cui all'articolo 9,
comma 17, secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.
L'indennita' di vacanza contrattuale relativa al triennio
contrattuale 2015-2017 e' calcolata secondo le modalita' ed i
parametri individuati dai protocolli e dalla normativa vigenti in
materia e si aggiunge a quella corrisposta ai sensi del precedente
periodo. "
Articolo 48
Disponibilita' destinate alla contrattazione collettiva nelle
amministrazioni pubbliche e verifica
(Art.52 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituto prima dall'art.19 del
d.lgs n.470 del 1993 e poi dall'art.5 del d.lgs n.396 del 1997 e
successivamente modificato dall'art.14, commi da 2 a 4 del d.lgs
n.387 del 1998)
1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, quantifica, in coerenza con i parametri previsti dagli
strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo
1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni
e integrazioni. l'onere derivante dalla contrattazione collettiva
nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da
inserire nella legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11 della
legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed
integrazioni. Allo stesso modo sono determinati gli eventuali
oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per la
contrattazione integrativa delle amministrazioni dello Stato di
cui all'articolo ((40, comma 3 -bis. ))
((2. Per le amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 2,
nonche' per le universita' italiane, gli enti pubblici non
economici e gli enti e le istituzioni di ricerca, ivi compresi gli
enti e le amministrazioni di cui all'articolo 70, comma 4, gli
oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale sono
determinati a carico dei rispettivi bilanci nel rispetto
dell'articolo 40, comma 3-quinquies. Le risorse per gli incrementi
retributivi per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali
delle amministrazioni regionali, locali e degli enti del Servizio
sanitario nazionale sono definite dal Governo, nel rispetto dei
vincoli di bilancio, del patto di stabilita' e di analoghi
strumenti di contenimento della spesa, previa consultazione con le
rispettive rappresentanze istituzionali del sistema delle
autonomie.))
3. I contratti collettivi sono corredati da prospetti contenenti
la quantificazione degli oneri nonche' l'indicazione della
copertura complessiva per l'intero periodo di validita'
contrattuale, prevedendo con apposite clausole la possibilita' di
prorogare l'efficacia temporale del contratto ovvero di
sospenderne l'esecuzione parziale o totale in caso di' accertata
esorbitanza dai limiti di spesa.
4. La spesa posta a carico del bilancio dello Stato e' iscritta
in apposito fondo dello stato di previsione del Ministero del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica in ragione
dell'ammontare complessivo. In esito alla sottoscrizione dei
singoli contratti di comparto, il Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica e' autorizzato a
ripartire, con propri decreti, le somme destinate a ciascun
compatto mediante assegnazione diretta a favore dei competenti
capitoli di bilancio, anche di nuova istituzione, per il personale
dell'amministrazione statale, ovvero mediante trasferimento ai
bilanci delle amministrazioni autonome e degli enti in favore dei
quali sia previsto l'apporto finanziario dello Stato a copertura
dei relativi oneri. Per le amministrazioni diverse dalle
amministrazioni dello Stato e per gli altri enti cui si applica il
presente decreto, l'autorizzazione di spesa relativa al rinnovo
dei contratti collettivi e' disposta nelle stesse forme con cui
vengono approvati i bilanci, con distinta indicazione dei mezzi di
copertura.
5. Le somme provenienti dai trasferimenti di cui al comma 4
devono trovare specifica allocazione nelle entrate dei bilanci
delle amministrazioni ed enti beneficiari, per essere assegnate ai
pertinenti capitoli di spesa dei medesimi bilanci. I relativi
stanziamenti sia in entrata che in uscita non possono essere
incrementati se non con apposita autorizzazione legislativa.
6. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 27 OTTOBRE 2009, N. 150)).
7. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo V del
presente decreto, la Corte dei conti, anche nelle sue
articolazioni regionali di controllo, verifica periodicamente gli
andamenti della spesa per il personale delle pubbliche
amministrazioni, utilizzando, per ciascun comparto, insiemi
significativi di amministrazioni. A tal fine, la Corte dei conti
puo' avvalersi, oltre che dei servizi di controllo interno o
nuclei di valutazione, di esperti designati a sua richiesta da
amministrazioni ed enti pubblici.
Articolo 49
(( (Interpretazione autentica dei contratti collettivi).
1. Quando insorgano controversie sull'interpretazione dei contratti
collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per
definire consensualmente il significato delle clausole controverse.
2. L'eventuale accordo di interpretazione autentica, stipulato con
le procedure di cui all'articolo 47, sostituisce la clausola in
questione sin dall'inizio della vigenza del contratto. Qualora tale
accordo non comporti oneri aggiuntivi e non vi sia divergenza sulla
valutazione degli stessi, il parere del Presidente del Consiglio dei
Ministri e' espresso tramite il Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze.))
Articolo 50
Aspettative e permessi sindacali
(Art.54, commi da 1 a 3 e 5 del d.lgs n.29 del 1993, come modificati
prima dall'art.20 del d.lgs n.470 del 1993 poi dall'art.2 del decreto
legge n.254 del 1996, convertito con modificazioni dalla legge n.365
del 1996, e, infine, dall'art.44, comma 5 del d.lgs n.80 del 1998)
1. Al fine del contenimento, della trasparenza e della
razionalizzazione delle aspettative e dei permessi sindacali nel
settore pubblico, la contrattazione collettiva ne determina i
limiti massimi in un apposito accordo, tra l'ARAN e le
confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo
43.
2. La gestione dell'accordo di cui al comma 1, ivi comprese le
modalita' di utilizzo e distribuzione delle aspettative e dei
permessi sindacali tra le confederazioni e le organizzazioni
sindacali aventi titolo sulla base della loro rappresentativita' e
con riferimento a ciascun comparto e area separata di
contrattazione, e' demandata alla contrattazione collettiva,
garantendo a decorrere dal 1 agosto 1996 in ogni caso
l'applicazione della legge 20 maggio 1970, n.300, e successive
modificazioni ed integrazioni. Per la provincia autonoma di
Bolzano si terra' conto di quanto previsto dall'articolo 9 del
decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n.58.
3. Le amministrazioni pubbliche sono tenute a fornire alla
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica - il numero complessivo ed i nominativi dei
beneficiari dei permessi sindacali.
4. Oltre ai dati relativi ai permessi sindacali, le pubbliche
amministrazioni sono tenute a fornire alla Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica gli
elenchi nominativi, suddivisi per qualifica, del personale
dipendente collocato in aspettativa, in quanto chiamato a
ricoprire una funzione pubblica elettiva, ovvero per motivi
sindacali. I dati riepilogativi dei predetti elenchi sono
pubblicati in allegato alla relazione annuale da presentare al
Parlamento ai sensi dell'articolo 16 della legge 29marzo 1983, n.
93.
Art. 50-bis.
(( (Personale delle rappresentanze diplomatiche e consolari e degli
istituti italiani di cultura all'estero).
1. In considerazione di quanto disposto dall'articolo 42, comma
3-bis, le disposizioni di cui all'articolo 50 si applicano anche al
personale in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e
consolari nonche' presso gli istituti italiani di cultura all'estero,
ancorche' assunto con contratto regolato dalla legge locale)).
Titolo IV
RAPPORTO Dl LAVORO
Articolo 51
Disciplina del rapporto di lavoro
(Art.55 del d.lgs n.29 del 1993)
1. Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche e' disciplinato secondo le disposizioni degli articoli
2, commi 2 e 3, e 3, comma 1.
2. La legge 20 maggio 1970, n.300, e successive modificazioni ed
integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a
prescindere dal numero dei dipendenti.
Articolo 52
Disciplina delle mansioni
(Art.56 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.25 del
d.lgs n.80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 15 del
d.lgs n.387 del 1998)
1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le
quali e' stato assunto o alle mansioni equivalenti nell'ambito
dell'area di inquadramentoovvero a quelle corrispondenti alla
qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto
delle procedure selettive di cui all'articolo 35, comma 1, lettera
a). L'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla
qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento
del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione.
1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del
personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e
istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree
funzionali. Le progressioni all'interno della stessa area avvengono
secondo principi di selettivita', in funzione delle qualita'
culturali e professionali, dell'attivita' svolta e dei risultati
conseguiti, attraverso l'attribuzione di fasce di merito. Le
progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma
restando la possibilita' per l'amministrazione di destinare al
personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per
l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore
al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva
conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo
rilevante ai fini della progressione economica e dell'attribuzione
dei posti riservati nei concorsi per l'accesso all'area superiore.
1-ter. ((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 16 APRILE 2013, N. 70)).
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro puo'
essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente
superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico. per non piu' di sei
mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le
procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma
4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto
alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie,
per la durata dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni sUperiori, ai fini del
presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto
il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri
di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva
prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la
qualifica superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia
disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico,
immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni
dalla data in cui il dipendente e' assegnato alle predette mansioni,
devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti
vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, e' nulla
l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica
superiore, ma al lavoratore e' corrisposta la differenza di
trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha
disposto l'assegnazione risponde personalmente del maggior onere
conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di
attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali
prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi
stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare
diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data,
in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla
qualifica di appartenenza, puo' comportare il diritto ad avanzamenti
automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore.
Art. 53
Incompatibilita', cumulo di impieghi e incarichi
(Art. 58 del d.lgs. n. 29 del 1993, come modificato prima dall'art. 2
del decreto legge n. 358 del 1993, convertito dalla legge n. 448 del
1993, poi dall'art. 1 del decreto legge n. 361 del 1995, convertito
con modificazioni dalla legge n. 437 del 1995, e, infine, dall'art.
26 del d.lgs n. 80 del 1998 nonche' dall'art. 16 del d.lgs n. 387 del
1998)
1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle
incompatibilita' dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio
1957, n. 3, salva la deroga prevista dall'articolo 23-bis del
presente decreto, nonche', per i rapporti di lavoro a tempo parziale,
dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dall'articolo 1, commi 57 e
seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Restano ferme altresi'
le disposizioni di cui agli articoli 267, comma 1, 273, 274, 508
nonche' 676 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297,
all'articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498,
all'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed
ogni altra successiva modificazione ed integrazione della relativa
disciplina.
1-bis. Non possono essere conferiti incarichi di direzione di
strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che
rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in
partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto
negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di
consulenza con le predette organizzazioni.
2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti
incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non
siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti
normative, o che non siano espressamente autorizzati.
3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da
emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto
1988, n. 400, sono individuati gli incarichi consentiti e quelli
vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari,
nonche' agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le
diverse magistrature, i rispettivi istituti.
3-bis. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti
emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione, di concerto con i Ministri interessati, ai sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e
successive modificazioni, sono individuati, secondo criteri
differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli
professionali, gli incarichi vietati ai dipendenti delle
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2.
4. Nel caso in cui i regolamenti di cui al comma 3 non siano
emanati, l'attribuzione degli incarichi e' consentita nei soli casi
espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative.
5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente
dall'amministrazione, nonche' l'autorizzazione all'esercizio di
incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da
quella di appartenenza, ovvero da societa' o persone fisiche, che
svolgano attivita' d'impresa o commerciale, sono disposti dai
rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e
predeterminati, che tengano conto della specifica professionalita',
tali da escludere casi di incompatibilita', sia di diritto che di
fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica
amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale, di
interessi, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle funzioni
attribuite al dipendente.
6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai
dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1,
comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 3, con esclusione dei
dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione
lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo
pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre
categorie di dipendenti pubblici ai quali e' consentito da
disposizioni speciali lo svolgimento di attivita'
libero-professionali. ((Sono nulli tutti gli atti e provvedimenti
comunque denominati, regolamentari e amministrativi, adottati dalle
amministrazioni di appartenenza in contrasto con il presente comma.))
Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli
incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di
ufficio, per i quali e' previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso.
Sono esclusi i compensi derivanti:
a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e
simili;
b) dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore
di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali;
c) dalla partecipazione a convegni e seminari;
d) da incarichi per i quali e' corrisposto solo il rimborso delle
spese documentate;
e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente e'
posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a
dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non
retribuita.
f-bis) da attivita' di formazione diretta ai dipendenti della
pubblica amministrazione ((nonche' di docenza e di ricerca
scientifica)).
7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti
che non siano stati conferiti o previamente autorizzati
dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione,
l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche
potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori
universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei
disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio
dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso
di inosservanza del divieto, salve le piu' gravi sanzioni e ferma
restando la responsabilita' disciplinare, il compenso dovuto per le
prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura
dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata
del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per
essere destinato ad incremento del fondo di produttivita' o di fondi
equivalenti.
7-bis. L'omissione del versamento del compenso da parte del
dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di
responsabilita' erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei
conti.
8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi
retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la
previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei
dipendenti stessi. Salve le piu' gravi sanzioni, il conferimento dei
predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in
ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del
procedimento; il relativo provvedimento e' nullo di diritto. In tal
caso l'importo previsto come corrispettivo dell'incarico, ove gravi
su fondi in disponibilita' dell'amministrazione conferente, e'
trasferito all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad
incremento del fondo di produttivita' o di fondi equivalenti.
9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono
conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa
autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti
stessi. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica
l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di
interessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione
dell'articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e
successive modificazioni ed integrazioni. All'accertamento delle
violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero
delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le
disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive
modificazioni ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite alle
entrate del Ministero delle finanze.
10. L'autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere
richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai
soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l'incarico;
puo', altresi, essere richiesta dal dipendente interessato.
L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta
di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta
stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso
amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza,
l'autorizzazione e' subordinata all'intesa tra le due
amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere e' per
l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si' prescinde
dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta
servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della
richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza.
Decorso il termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per
incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende
accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata.
11. Entro quindici giorni dall'erogazione del compenso per gli
incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano
all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati
ai dipendenti pubblici.
12. Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano
incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano
in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento
della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai
dipendenti stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del
compenso lordo, ove previsto. La comunicazione e' accompagnata da una
relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle
quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni
del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei
dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la
rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento
dell'amministrazione, nonche' le misure che si intendono adottare per
il contenimento della spesa. Entro il 30 giugno di ciascun anno e con
le stesse modalita' le amministrazioni che, nell'anno precedente, non
hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche
se comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o
autorizzato incarichi.
13. Entro il 30 giugno di ciascun anno le amministrazioni di
appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione
pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per
ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico
conferito o autorizzato, i compensi, relativi all'anno precedente, da
esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai
soggetti di cui al comma 11.
14. Al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui
all'articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n.
662, e successive modificazioni e integrazioni, le amministrazioni
pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione
pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro il 30
giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti
anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio; sono
altresi' tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei
collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati
incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione
dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti. Le
amministrazioni rendono noti, mediante inserimento nelle proprie
banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi
dei propri consulenti indicando l'oggetto, la durata e il compenso
dell'incarico nonche' l'attestazione dell'avvenuta verifica
dell'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di
interessi. Le informazioni relative a consulenze e incarichi
comunicate dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione
pubblica, nonche' le informazioni pubblicate dalle stesse nelle
proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica ai
sensi del presente articolo, sono trasmesse e pubblicate in tabelle
riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale
standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a
fini statistici, i dati informatici. Entro il 31 dicembre di ciascun
anno il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei
conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere
e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al terzo
periodo del presente comma in formato digitale standard aperto. Entro
il 31 dicembre di ciascun anno il Dipartimento della funzione
pubblica trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle
amministrazioni che hanno omesso di effettuare la comunicazione,
avente ad oggetto l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti
cui sono stati affidati incarichi di consulenza.
15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi
da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non
adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni
di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma
9.
16. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre
di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti, adotta le
relative misure di pubblicita' e trasparenza e formula proposte per
il contenimento della spesa per gli incarichi e per la
razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi.
16-bis. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica puo' disporre verifiche del rispetto delle
disposizioni del presente articolo e dell' articolo 1, commi 56 e
seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il tramite
dell'Ispettorato per la funzione pubblica. A tale fine quest'ultimo
opera d'intesa con i Servizi ispettivi di finanza pubblica del
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno
esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere,
nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico
impiego, attivita' lavorativa o professionale presso i soggetti
privati destinatari dell'attivita' della pubblica amministrazione
svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli
incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente
comma sono nulli ed e' fatto divieto ai soggetti privati che li hanno
conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni
per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi
eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti. (48)
-------------
AGGIORNAMENTO (48)
La L. 6 novembre 2012, n. 190 ha disposto (con l'art. 1, comma 43)
che "Le disposizioni di cui all'articolo 53, comma 16-ter, secondo
periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, introdotto dal
comma 42, lettera l), non si applicano ai contratti gia' sottoscritti
alla data di entrata in vigore della presente legge".
Art. 54.
(( (Codice di comportamento). ))
((1. Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti
delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualita' dei
servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei
doveri costituzionali di diligenza, lealta', imparzialita' e servizio
esclusivo alla cura dell'interesse pubblico. Il codice contiene una
specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati in
relazione alle funzioni attribuite, e comunque prevede per tutti i
dipendenti pubblici il divieto di chiedere o di accettare, a
qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilita', in connessione
con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati,
fatti salvi i regali d'uso, purche' di modico valore e nei limiti
delle normali relazioni di cortesia.)) ((48))
((2. Il codice, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione, previa intesa in sede di Conferenza unificata, e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente, che
lo sottoscrive all'atto dell'assunzione.
3. La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento,
compresi quelli relativi all'attuazione del Piano di prevenzione
della corruzione, e' fonte di responsabilita' disciplinare. La
violazione dei doveri e' altresi' rilevante ai fini della
responsabilita' civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le
stesse responsabilita' siano collegate alla violazione di doveri,
obblighi, leggi o regolamenti. Violazioni gravi o reiterate del
codice comportano l'applicazione della sanzione di cui all'articolo
55-quater, comma 1.
4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli
organi delle associazioni di categoria adottano un codice etico a cui
devono aderire gli appartenenti alla magistratura interessata. In
caso di inerzia, il codice e' adottato dall'organo di autogoverno.))
((48))
((5. Ciascuna pubblica amministrazione definisce, con procedura
aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio
organismo indipendente di valutazione, un proprio codice di
comportamento che integra e specifica il codice di comportamento di
cui al comma 1. Al codice di comportamento di cui al presente comma
si applicano le disposizioni del comma 3. A tali fini, la Commissione
per la valutazione, la trasparenza e l'integrita' delle
amministrazioni pubbliche (CIVIT) definisce criteri, linee guida e
modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione.
6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo
vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture
di controllo interno e gli uffici di disciplina.
7. Le pubbliche amministrazioni verificano annualmente lo stato di
applicazione dei codici e organizzano attivita' di formazione del
personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli
stessi)).
-------------
AGGIORNAMENTO (48)
La L. 6 novembre 2012, n. 190 ha disposto (con l'art. 1, comma 45)
che "I codici di cui all'articolo 54, commi 1 e 4, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dal comma 44, sono
approvati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge".
Art. 54-bis.
(( (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). ))
((1. Fuori dei casi di responsabilita' a titolo di calunnia o
diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043
del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all'autorita'
giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio
superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza
in ragione del rapporto di lavoro, non puo' essere sanzionato,
licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o
indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi
collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.
2. Nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identita' del
segnalante non puo' essere rivelata, senza il suo consenso, sempre
che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su
accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora
la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla
segnalazione, l'identita' puo' essere rivelata ove la sua conoscenza
sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.
3. L'adozione di misure discriminatorie e' segnalata al
Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di
competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le
stesse sono state poste in essere.
4. La denuncia e' sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22
e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni)).
Articolo 55
(( (Responsabilita', infrazioni e sanzioni, procedure
conciliative).
1. Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, fino
all'articolo 55-octies, costituiscono norme imperative, ai sensi e
per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice
civile, e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2,
comma 2, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui
all'articolo 1, comma 2.
2. Ferma la disciplina in materia di responsabilita' civile,
amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di cui al
comma 1 si applica l'articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto
previsto dalle disposizioni del presente Capo, la tipologia delle
infrazioni e delle relative sanzioni e' definita dai contratti
collettivi. La pubblicazione sul sito istituzionale
dell'amministrazione del codice disciplinare, recante l'indicazione
delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli
effetti alla sua affissione all'ingresso della sede di lavoro.
3. La contrattazione collettiva non puo' istituire procedure di
impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta salva la facolta'
di disciplinare mediante i contratti collettivi procedure di
conciliazione non obbligatoria, fuori dei casi per i quali e'
prevista la sanzione disciplinare del licenziamento, da instaurarsi e
concludersi entro un termine non superiore a trenta giorni dalla
contestazione dell'addebito e comunque prima dell'irrogazione della
sanzione. La sanzione concordemente determinata all'esito di tali
procedure non puo' essere di specie diversa da quella prevista, dalla
legge o dal contratto collettivo, per l'infrazione per la quale si
procede e non e' soggetta ad impugnazione. I termini del procedimento
disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della procedura
conciliativa e riprendono a decorrere nel caso di conclusione con
esito negativo. Il contratto collettivo definisce gli atti della
procedura conciliativa che ne determinano l'inizio e la conclusione.
4. Fermo quanto previsto nell'articolo 21, per le infrazioni
disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis,
comma 7, e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente
stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4
del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del
procedimento sono adottate dal dirigente generale o titolare di
incarico conferito ai sensi dell'articolo 19, comma 3.))
Art. 55-bis
(( (Forme e termini del procedimento disciplinare).
1. Per le infrazioni di minore gravita', per le quali e' prevista
l'irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed
inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della
retribuzione per piu' di dieci giorni, il procedimento disciplinare,
se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si
svolge secondo le disposizioni del comma 2. Quando il responsabile
della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le
infrazioni punibili con sanzioni piu' gravi di quelle indicate nel
primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge secondo le
disposizioni del comma 4. Alle infrazioni per le quali e' previsto il
rimprovero verbale si applica la disciplina stabilita dal contratto
collettivo.
2. Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in
cui il dipendente lavora, anche in posizione di comando o di fuori
ruolo, quando ha notizia di comportamenti punibili con taluna delle
sanzioni disciplinari di cui al comma 1, primo periodo, senza indugio
e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l'addebito al
dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa,
con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un
rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce
o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro
il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende
presentarsi, puo' inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed
oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del
termine per l'esercizio della sua difesa. Dopo l'espletamento
dell'eventuale ulteriore attivita' istruttoria, il responsabile della
struttura conclude il procedimento, con l'atto di archiviazione o di
irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione
dell'addebito. In caso di differimento superiore a dieci giorni del
termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la
conclusione del procedimento e' prorogato in misura corrispondente.
Il differimento puo' essere disposto per una sola volta nel corso del
procedimento. La violazione dei termini stabiliti nel presente comma
comporta, per l'amministrazione, la decadenza dall'azione
disciplinare ovvero, per il dipendente, dall'esercizio del diritto di
difesa.
3. Il responsabile della struttura, se non ha qualifica
dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare e' piu' grave di
quelle di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro
cinque giorni dalla notizia del fatto, all'ufficio individuato ai
sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all'interessato.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento,
individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai
sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta
l'addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua
difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto
nel comma 2, ma, se la sanzione da applicare e' piu' grave di quelle
di cui al comma 1, primo periodo, con applicazione di termini pari al
doppio di quelli ivi stabiliti e salva l'eventuale sospensione ai
sensi dell'articolo 55-ter. Il termine per la contestazione
dell'addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai
sensi del comma 3 ovvero dalla data nella quale l'ufficio ha
altrimenti acquisito notizia dell'infrazione, mentre la decorrenza
del termine per la conclusione del procedimento resta comunque
fissata alla data di prima acquisizione della notizia
dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della
struttura in cui il dipendente lavora. La violazione dei termini di
cui al presente comma comporta, per l'amministrazione, la decadenza
dall'azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall'esercizio
del diritto di difesa.
5. Ogni comunicazione al dipendente, nell'ambito del procedimento
disciplinare, e' effettuata tramite posta elettronica certificata,
nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta,
ovvero tramite consegna a mano. Per le comunicazioni successive alla
contestazione dell'addebito, il dipendente puo' indicare, altresi',
un numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la
disponibilita'. In alternativa all'uso della posta elettronica
certificata o del fax ed altresi' della consegna a mano, le
comunicazioni sono effettuate tramite raccomandata postale con
ricevuta di ritorno. Il dipendente ha diritto di accesso agli atti
istruttori del procedimento. E' esclusa l'applicazione di termini
diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente
articolo.
6. Nel corso dell'istruttoria, il capo della struttura o l'ufficio
per i procedimenti disciplinari possono acquisire da altre
amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la
definizione del procedimento. La predetta attivita' istruttoria non
determina la sospensione del procedimento, ne' il differimento dei
relativi termini.
7. Il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla
stessa amministrazione pubblica dell'incolpato o ad una diversa, che,
essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di
informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso,
rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta
dall'autorita' disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni
false o reticenti, e' soggetto all'applicazione, da parte
dell'amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare
della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione,
commisurata alla gravita' dell'illecito contestato al dipendente,
fino ad un massimo di quindici giorni.
8. In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in
un'altra amministrazione pubblica, il procedimento disciplinare e'
avviato o concluso o la sanzione e' applicata presso quest'ultima. In
tali casi i termini per la contestazione dell'addebito o per la
conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e
riprendono a decorrere alla data del trasferimento.
9. In caso di dimissioni del dipendente, se per l'infrazione
commessa e' prevista la sanzione del licenziamento o se comunque e'
stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento
disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente
articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli
effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di
lavoro. ))
Art. 55-ter
(( (Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento
penale).
1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o
in parte, fatti in relazione ai quali procede l'autorita'
giudiziaria, e' proseguito e concluso anche in pendenza del
procedimento penale. Per le infrazioni di minore gravita', di cui
all'articolo 55-bis, comma 1, primo periodo, non e' ammessa la
sospensione del procedimento. Per le infrazioni di maggiore gravita',
di cui all'articolo 55-bis, comma 1, secondo periodo, l'ufficio
competente, nei casi di particolare complessita' dell'accertamento
del fatto addebitato al dipendente e quando all'esito
dell'istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare
l'irrogazione della sanzione, puo' sospendere il procedimento
disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilita'
di adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti
del dipendente.
2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con
l'irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento
penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione
che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o
non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo
ha commesso, l'autorita' competente, ad istanza di parte da proporsi
entro il termine di decadenza di sei mesi dall'irrevocabilita' della
pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne
o confermarne l'atto conclusivo in relazione all'esito del giudizio
penale.
3. Se il procedimento disciplinare si conclude con l'archiviazione
ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna,
l'autorita' competente riapre il procedimento disciplinare per
adeguare le determinazioni conclusive all'esito del giudizio penale.
Il procedimento disciplinare e' riaperto, altresi', se dalla sentenza
irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al
dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del
licenziamento, mentre ne e' stata applicata una diversa.
4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 il procedimento disciplinare
e', rispettivamente, ripreso o riaperto entro sessanta giorni dalla
comunicazione della sentenza all'amministrazione di appartenenza del
lavoratore ovvero dalla presentazione dell'istanza di riapertura ed
e' concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla
riapertura. La ripresa o la riapertura avvengono mediante il rinnovo
della contestazione dell'addebito da parte dell'autorita'
disciplinare competente ed il procedimento prosegue secondo quanto
previsto nell'articolo 55-bis. Ai fini delle determinazioni
conclusive, l'autorita' procedente, nel procedimento disciplinare
ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell'articolo 653, commi
1 ed 1-bis, del codice di procedura penale. ))
Art. 55-quater
(( (Licenziamento disciplinare).
1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o
per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal
contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare
del licenziamento nei seguenti casi:
a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante
l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre
modalita' fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal
servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta
falsamente uno stato di malattia;
b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di
giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un
biennio o comunque per piu' di sette giorni nel corso degli ultimi
dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza
ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;
c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto
dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio;
d) falsita' documentali o dichiarative commesse ai fini o in
occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di
progressioni di carriera;
e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte
aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive
dell'onore e della dignita' personale altrui;
f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale e'
prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero
l'estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.
2. Il licenziamento in sede disciplinare e' disposto, altresi', nel
caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non
inferiore al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza
formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali
concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni
pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo e'
dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la
prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari,
dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti
dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di
cui all'articolo 54.
3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il
licenziamento e' senza preavviso. ))
Art. 55-quinquies
(( (False attestazioni o certificazioni).
1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore
dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la
propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di
rilevamento della presenza o con altre modalita' fraudolente, ovvero
giustifica l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica
falsa o falsamente attestante uno stato di malattia e' punito con la
reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro
1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro
concorre nella commissione del delitto.
2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la
responsabilita' penale e disciplinare e le relative sanzioni, e'
obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso
corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia
accertata la mancata prestazione, nonche' il danno all'immagine
subiti dall'amministrazione.
3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena
per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il medico, la sanzione
disciplinare della radiazione dall'albo ed altresi', se dipendente di
una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio
sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza
dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se
il medico, in relazione all'assenza dal servizio, rilascia
certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati
ne' oggettivamente documentati. ))
Art. 55-sexies
(( (Responsabilita' disciplinare per condotte
pregiudizievoli per l'amministrazione e limitazione della
responsabilita' per l'esercizio dell'azione disciplinare).
1. La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del
danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore dipendente,
degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da
norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o
individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di
appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54,
comporta l'applicazione nei suoi confronti, ove gia' non ricorrano i
presupposti per l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare,
della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da
un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in
proporzione all'entita' del risarcimento.
2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, il lavoratore, quando
cagiona grave danno al normale funzionamento dell'ufficio di
appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate
dall'amministrazione ai sensi delle disposizioni legislative e
contrattuali concernenti la valutazione del personale delle
amministrazioni pubbliche, e' collocato in disponibilita', all'esito
del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilita', e si
applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all'articolo 33,
comma 8, e all'articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4. Il provvedimento che
definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la
qualifica per le quali puo' avvenire l'eventuale ricollocamento.
Durante il periodo nel quale e' collocato in disponibilita', il
lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi
sopravvenuti.
3. Il mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare,
dovuti all'omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli
atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull'insussistenza
dell'illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate,
in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza
disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica
dirigenziale, l'applicazione della sanzione disciplinare della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in
proporzione alla gravita' dell'infrazione non perseguita, fino ad un
massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il
licenziamento, ed altresi' la mancata attribuzione della retribuzione
di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del
periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi
qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non
diversamente stabilito dal contratto collettivo.
4. La responsabilita' civile eventualmente configurabile a carico
del dirigente in relazione a profili di illiceita' nelle
determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento
disciplinare e' limitata, in conformita' ai principi generali, ai
casi di dolo o colpa grave. ))
Art. 55-septies
(Controlli sulle assenze).
1. Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo
superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di
malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente
mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria
pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario
nazionale.
2. In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica
e' inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla
struttura sanitaria che la rilascia, all'Istituto nazionale della
previdenza sociale, secondo le modalita' stabilite per la
trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato
dalla normativa vigente, e in particolare dal decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri previsto dall'articolo 50, comma 5-bis,
del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, introdotto
dall'articolo 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e
dal predetto Istituto e' immediatamente inoltrata, con le medesime
modalita', all'amministrazione interessata. Il medico o la struttura
sanitaria invia telematicamente la medesima certificazione
all'indirizzo di posta elettronica personale del lavoratore qualora
il medesimo ne faccia espressa richiesta fornendo un valido
indirizzo.
3. L'Istituto nazionale della previdenza sociale, gli enti del
servizio sanitario nazionale e le altre amministrazioni interessate
svolgono le attivita' di cui al comma 2 con le risorse finanziarie,
strumentali e umane disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
4. L'inosservanza degli obblighi di trasmissione per via telematica
della certificazione medica concernente assenze di lavoratori per
malattia di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare e, in
caso di reiterazione, comporta l'applicazione della sanzione del
licenziamento ovvero, per i medici in rapporto convenzionale con le
aziende sanitarie locali, della decadenza dalla convenzione, in modo
inderogabile dai contratti o accordi collettivi. Affinche' si
configuri l'ipotesi di illecito disciplinare devono ricorrere sia
l'elemento oggettivo dell'inosservanza all'obbligo di trasmissione,
sia l'elemento soggettivo del dolo o della colpa. Le sanzioni sono
applicate secondo criteri di gradualita' e proporzionalita', secondo
le previsioni degli accordi e dei contratti collettivi di
riferimento.
5. Le pubbliche amministrazioni dispongono per il controllo sulle
assenze per malattia dei dipendenti valutando la condotta complessiva
del dipendente e gli oneri connessi all'effettuazione della visita,
tenendo conto dell'esigenza di contrastare e prevenire l'assenteismo.
Il controllo e' in ogni caso richiesto sin dal primo giorno quando
l'assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle
non lavorative.
5-bis. Le fasce orarie di reperibilita' entro le quali devono
essere effettuate le visite di controllo e il regime delle esenzioni
dalla reperibilita' sono stabiliti con decreto del Ministro per la
pubblica amministrazione e l'innovazione. Qualora il dipendente debba
allontanarsi dall'indirizzo comunicato durante le fasce di
reperibilita' per effettuare visite mediche, prestazioni o
accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi, che
devono essere, a richiesta, documentati, e' tenuto a darne preventiva
comunicazione all'amministrazione.
5-ter. Nel caso in cui l'assenza per malattia abbia luogo per
l'espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od
esami diagnostici ((il permesso e' giustificato)) mediante la
presentazione di attestazione ((, anche in ordine all'orario,))
rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno
svolto la visita o la prestazione ((o trasmessa da questi ultimi
mediante posta elettronica)). (38)
6. Il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora
nonche' il dirigente eventualmente preposto all'amministrazione
generale del personale, secondo le rispettive competenze, curano
l'osservanza delle disposizioni del presente articolo, in particolare
al fine di prevenire o contrastare, nell'interesse della
funzionalita' dell'ufficio, le condotte assenteistiche. Si applicano,
al riguardo, le disposizioni degli articoli 21 e 55-sexies, comma 3.
-------------
AGGIORNAMENTO (38)
Il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla L.
15 luglio 2011, n. 111, ha disposto (con l'art. 16, comma 10) che "Le
disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter, dell'articolo 55-septies,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano anche ai
dipendenti di cui all'articolo 3 del medesimo decreto."
Art. 55-octies
(( (Permanente inidoneita' psicofisica).
1. Nel caso di accertata permanente inidoneita' psicofisica al
servizio dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, di cui
all'articolo 2, comma 2, l'amministrazione puo' risolvere il rapporto
di lavoro. Con regolamento da emanarsi, ai sensi dell'articolo 17,
comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono
disciplinati, per il personale delle amministrazioni statali, anche
ad ordinamento autonomo, nonche' degli enti pubblici non economici:
a) la procedura da adottare per la verifica dell'idoneita' al
servizio, anche ad iniziativa dell'Amministrazione;
b) la possibilita' per l'amministrazione, nei casi di pericolo
per l'incolumita' del dipendente interessato nonche' per la sicurezza
degli altri dipendenti e degli utenti, di adottare provvedimenti di
sospensione cautelare dal servizio, in attesa dell'effettuazione
della visita di idoneita', nonche' nel caso di mancata presentazione
del dipendente alla visita di idoneita', in assenza di giustificato
motivo;
c) gli effetti sul trattamento giuridico ed economico della
sospensione di cui alla lettera b), nonche' il contenuto e gli
effetti dei provvedimenti definitivi adottati dall'amministrazione in
seguito all'effettuazione della visita di idoneita';
d) la possibilita', per l'amministrazione, di risolvere il
rapporto di lavoro nel caso di reiterato rifiuto, da parte del
dipendente, di sottoporsi alla visita di idoneita'. ))
Art. 55-novies
(( (Identificazione del personale a contatto con il
pubblico).
1. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono
attivita' a contatto con il pubblico sono tenuti a rendere
conoscibile il proprio nominativo mediante l'uso di cartellini
identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro.
2. Dall'obbligo di cui al comma 1 e' escluso il personale
individuato da ciascuna amministrazione sulla base di categorie
determinate, in relazione ai compiti ad esse attribuiti, mediante uno
o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del
Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, su proposta
del Ministro competente ovvero, in relazione al personale delle
amministrazioni pubbliche non statali, previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza Stato-citta'
ed autonomie locali. ))((33))
---------------
AGGIORNAMENTO (33)
Il D.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, ha disposto (con l'art. 73,
comma 2) che l'obbligo di esposizione di cartellini o targhe
identificativi, previsto dal presente articolo decorre dal
novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore del medesimo
decreto.
Articolo 56
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 27 OTTOBRE 2009, N. 150))
Articolo 57
Pari opportunita'
(Art.61 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.29 del
d.lgs n.546 del 1993, successivamente modificato prima dall'art.43,
comma 8 del d.lgs n.80 del 1998 e poi dall'art.l7 del d.lgs n.387 del
1998)
01. Le pubbliche amministrazioni costituiscono al proprio interno,
entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, il "Comitato unico di garanzia per le pari opportunita', la
valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le
discriminazioni" che sostituisce, unificando le competenze in un solo
organismo, i comitati per le pari opportunita' e i comitati
paritetici sul fenomeno del mobbing, costituiti in applicazione della
contrattazione collettiva, dei quali assume tutte le funzioni
previste dalla legge, dai contratti collettivi relativi al personale
delle amministrazioni pubbliche o da altre disposizioni.
02. Il Comitato unico di garanzia per le pari opportunita', la
valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le
discriminazioni ha composizione paritetica ed e' formato da un
componente designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative a livello di amministrazione e da un
pari numero di rappresentanti dell'amministrazione in modo da
assicurare nel complesso la presenza paritaria di entrambi i generi.
Il presidente del Comitato unico di garanzia e' designato
dall'amministrazione.
03. Il Comitato unico di garanzia, all'interno dell'amministrazione
pubblica, ha compiti propositivi, consultivi e di verifica e opera in
collaborazione con la consigliera o il consigliere nazionale di
parita'. Contribuisce all'ottimizzazione della produttivita' del
lavoro pubblico, migliorando l'efficienza delle prestazioni collegata
alla garanzia di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto
dei principi di pari opportunita', di benessere organizzativo e dal
contrasto di qualsiasi forma di discriminazione e di violenza morale
o psichica per i lavoratori.
04. Le modalita' di funzionamento dei Comitati unici di garanzia
sono disciplinate da linee guida contenute in una direttiva emanata
di concerto dal Dipartimento della funzione pubblica e dal
Dipartimento per le pari opportunita' della Presidenza del Consiglio
dei ministri entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente disposizione.
05. La mancata costituzione del Comitato unico di garanzia comporta
responsabilita' dei dirigenti incaricati della gestione del
personale, da valutare anche al fine del raggiungimento degli
obiettivi.
1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari
opportunita' tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il
trattamento sul lavoro:
a) riservano alle donne, salva motivata impossibilita', almeno un
terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso, fermo
restando il principio di cui all'articolo 35, comma 3, lettera e) ((;
in caso di quoziente frazionario si procede all'arrotondamento
all'unita' superiore qualora la cifra decimale sia pari o superiore a
0,5 e all'unita' inferiore qualora la cifra decimale sia inferiore a
0,5));
b) adottano propri atti regolamentari per assicurare pari
opportunita' fra uomini e donne sul lavoro, conformemente alle
direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento della funzione pubblica;
c) garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai
corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto
proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai
corsi medesimi, adottando modalita' organizzative atte a favorirne la
partecipazione, consentendo la conciliazione fra vita professionale e
vita familiare;
d) possono finanziare programmi di azioni positive e l'attivita'
dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunita', per la
valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le
discriminazioni, nell'ambito delle proprie disponibilita' di
bilancio.
((1-bis. L'atto di nomina della commissione di concorso e' inviato,
entro tre giorni, alla consigliera o al consigliere di parita'
nazionale ovvero regionale, in base all'ambito territoriale
dell'amministrazione che ha bandito il concorso, che, qualora ravvisi
la violazione delle disposizioni contenute nel comma 1, lettera a),
diffida l'amministrazione a rimuoverla entro il termine massimo di
trenta giorni. In caso di inottemperanza alla diffida, la consigliera
o il consigliere di parita' procedente propone, entro i successivi
quindici giorni, ricorso ai sensi dell'articolo 37, comma 4, del
codice delle pari opportunita' tra uomo e donna, di cui al decreto
legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e successive modificazioni; si
applica il comma 5 del citato articolo 37 del codice di cui al
decreto legislativo n. 198 del 2006, e successive modificazioni. Il
mancato invio dell'atto di nomina della commissione di concorso alla
consigliera o al consigliere di parita' comporta responsabilita' del
dirigente responsabile del procedimento, da valutare anche al fine
del raggiungimento degli obiettivi)).
2. Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalita' di cui
all'articolo 9, adottano tutte le misure per attuare le direttive
dell'Unione europea in materia di pari opportunita', contrasto alle
discriminazioni ed alla violenza morale o psichica, sulla base di
quanto disposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento della funzione pubblica.
Titolo V
CONTROLLO DELLA SPESA
Articolo 58
Finalita'
(Art.63 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.30 del
d.lgs n.546 del 1993)
1. Al fine di realizzare il piu' efficace controllo dei bilanci,
anche articolati per funzioni e per programmi, e la rilevazione dei
costi, con particolare riferimento al costo del lavoro, il Ministero
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, d'intesa
con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica, provvede alla acquisizione delle informazioni sui
flussi finanziari relativi a tutte le amministrazioni pubbliche.
2. Per le finalita' di cui al comma 1, tutte le amministrazioni
pubbliche impiegano strumenti di rilevazione e sistemi informatici e
statistici definiti o valutati dall'Autorita' per l'informatica nella
pubblica amministrazione di cui al decreto legislativo 12 febbraio
1993, n.39, e successive modificazioni ed integrazioni, sulla base
delle indicazioni definite dal Ministero del tesoro, d'intesa con la
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione
pubblica.
3. Per l'immediata attivazione del sistema di controllo della
spesa del personale di cui al comma 1, il Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica d'intesa con la Presidenza
del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica,
avvia un processo di integrazione dei sistemi informativi delle
amministrazioni pubbliche che rilevano i trattamenti economici e le
spese del personale, facilitando la razionalizzazione delle modalita'
di pagamento delle retribuzioni. Le informazioni acquisite dal
sistema informativo del Dipartimento della ragioneria generale dello
Stato sono disponibili per tutte le amministrazioni e gli enti
interessati.
Articolo 59
Rilevazione dei costi
(Art.64 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art. 31 del
d.lgs n.546 del 1993)
1. Le amministrazioni pubbliche individuano i singoli programmi di
attivita' e trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica tutti gli elementi
necessari alla rilevazione ed al controllo dei costi.
2. Ferme restando le attuali procedure di evidenziazione della
spesa ed i relativi sistemi di controllo, il Ministero del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica al fine di
rappresentare i profili economici della spesa, previe intese con la
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione
pubblica, definisce procedure interne e tecniche di rilevazione e
provvede, in coerenza con le funzioni di spesa riconducibili alle
unita' amministrative cui compete la gestione dei programmi, ad
un'articolazione dei bilanci pubblici a carattere sperimentale.
3. Per la omogeneizzazione delle procedure presso i soggetti
pubblici diversi dalle amministrazioni sottoposte alla vigilanza
ministeriale, la Presidenza del Consiglio dei ministri adotta
apposito atto di indirizzo e coordinamento.
Art. 60
Controllo del costo del lavoro
(Art. 65 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 32 del
d.lgs. n. 546 del 1993)
1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento della funzione pubblica, definisce un modello di
rilevazione della consistenza del personale, in servizio e in
quiescenza, e delle relative spese, ivi compresi gli oneri
previdenziali e le entrate derivanti dalle contribuzioni, anche per
la loro evidenziazione a preventivo e a consuntivo, mediante allegati
ai bilanci. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica elabora, altresi', un conto annuale che
evidenzi anche il rapporto tra contribuzioni e prestazioni
previdenziali relative al personale delle amministrazioni statali.
2. Le amministrazioni pubbliche presentano, entro il mese di maggio
di ogni anno, alla Corte dei conti ((e alla Presidenza del Consiglio
dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica)), per il tramite
del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato ((...)), il
conto annuale delle spese sostenute per il personale, rilevate
secondo il modello di cui al comma 1. Il conto e' accompagnato da una
relazione, con cui le amministrazioni pubbliche espongono i risultati
della gestione del personale, con riferimento agli obiettivi che, per
ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai regolamenti
e dagli atti di programmazione. La mancata presentazione del conto e
della relativa relazione determina, per l'anno successivo a quello
cui il conto si riferisce, l'applicazione delle misure di cui
all'articolo 30, comma 11, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni ed integrazioni. Le comunicazioni previste
dal presente comma sono trasmesse, a cura del Ministero dell'economia
e delle finanze, anche all'Unione delle province d'Italia (UPI),
all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e all'Unione
nazionale comuni, comunita', enti montani (UNCEM), per via
telematica.
((3. Gli enti pubblici economici, le aziende che producono servizi
di pubblica utilita', le societa' non quotate partecipate
direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti
finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle societa' dalle
stesse controllate, nonche' gli enti e le aziende di cui all'articolo
70, comma 4, e la societa' concessionaria del servizio pubblico
generale radiotelevisivo, relativamente ai singoli rapporti di lavoro
dipendente o autonomo, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al
Ministero dell'economia e delle finanze, il costo annuo del personale
comunque utilizzato, in conformita' alle procedure definite dal
Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il predetto
Dipartimento della funzione pubblica.)) ((57))
4. La Corte dei conti riferisce annualmente al Parlamento sulla
gestione delle risorse finanziarie destinate al personale del settore
pubblico, avvalendosi di tutti i dati e delle informazioni
disponibili presso le amministrazioni pubbliche. Con apposite
relazioni in corso d'anno, anche a richiesta del Parlamento, la Corte
riferisce altresi' in ordine a specifiche materie, settori ed
interventi.
5. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, anche su espressa richiesta del Ministro per la funzione
pubblica, dispone visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di
finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato,
coordinate anche con altri analoghi servizi, per la valutazione e la
verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei
contratti collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte
dei conti le irregolarita' riscontrate. Tali verifiche vengono
eseguite presso le amministrazioni pubbliche, nonche' presso gli enti
e le aziende di cui al comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato
delle verifiche ispettive, i servizi ispettivi di finanza del
Dipartimento della ragioneria generale dello Stato esercitano presso
le predette amministrazioni, enti e aziende sia le funzioni di cui
all'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica
20 febbraio 1998, n. 38 e all'articolo 2, comma 1, lettera b) del
decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 154, sia i
compiti di cui all'articolo 27, comma quarto, della legge 29 marzo
1983, n. 93.
6. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica e' istituito l'Ispettorato per la funzione
pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro delegato.
L'Ispettorato vigila e svolge verifiche sulla conformita' dell'azione
amministrativa ai principi di imparzialita' e buon andamento,
sull'efficacia della sua attivita' con particolare riferimento alle
riforme volte alla semplificazione delle procedure, sul corretto
conferimento degli incarichi, sull'esercizio dei poteri disciplinari,
sull'osservanza delle disposizioni vigenti in materia di controllo
dei costi, dei rendimenti, dei risultati, di verifica dei carichi di
lavoro. Collabora alle verifiche ispettive di cui al comma 5.
Nell'ambito delle proprie verifiche, l'Ispettorato puo' avvalersi
della Guardia di Finanza che opera nell'esercizio dei poteri ad essa
attribuiti dalle leggi vigenti. Per le predette finalita'
l'Ispettorato si avvale altresi' di un numero complessivo di dieci
funzionari scelti tra esperti del Ministero dell'economia e delle
finanze, del Ministero dell'interno, o comunque tra il personale di
altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando o fuori
ruolo, per il quale si applicano l'articolo 17, comma 14, della legge
15 maggio 1997, n. 127, e l'articolo 56, comma 7, del Testo unico
delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili
dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. Per l'esercizio delle
funzioni ispettive connesse, in particolare, al corretto conferimento
degli incarichi e ai rapporti di collaborazione, svolte anche
d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze,
l'Ispettorato si avvale dei dati comunicati dalle amministrazioni al
Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell'articolo 53.
L'Ispettorato, inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da
parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte
irregolarita', ritardi o inadempienze delle amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, puo' richiedere chiarimenti e riscontri in
relazione ai quali l'amministrazione interessata ha l'obbligo di
rispondere, anche per via telematica, entro quindici giorni. A
conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte
dall'ispettorato costituiscono obbligo di valutazione, ai fini
dell'individuazione delle responsabilita' e delle eventuali sanzioni
disciplinari di cui all'articolo 55, per l'amministrazione medesima.
Gli ispettori, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno piena
autonomia funzionale ed hanno l'obbligo, ove ne ricorrano le
condizioni, di denunciare alla Procura generale della Corte dei conti
le irregolarita' riscontrate.
-------------
AGGIORNAMENTO (57)
Il D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla
L. 30 ottobre 2013, n. 125, ha disposto (con l'art. 2, comma 11) che
la modifica del comma 3 del presente articolo decorre dal 1° gennaio
2014.
Art. 61
interventi correttivi del costo del personale
(Art.66 del d.lgs n.29 del 1993)
1. Fermo restando il disposto dell'articolo 11-ter, comma 7, della
legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed
integrazioni, e salvi i casi di cui ai commi successivi, qualora si
verifichino o siano prevedibili, per qualunque causa, scostamenti
rispetto agli stanziamenti previsti per le spese destinate al
personale, il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, informato dall'amministrazione competente,
ne riferisce al Parlamento, proponendo l'adozione di misure
correttive idonee a ripristinare l'equilibrio del bilancio. La
relazione e' trasmessa altresi' al nucleo di valutazione della spesa
relativa al pubblico impiego istituito presso il CNEL.
((1-bis. Le pubbliche amministrazioni comunicano alla Presidenza
del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e
al Ministero dell'economia e delle finanze l'esistenza di
controversie relative al rapporti di lavoro dalla cui soccombenza
potrebbero derivare oneri aggiuntivi significativamente rilevanti per
il numero dei soggetti direttamente o indirettamente interessati o
comunque per gli effetti sulla finanza pubblica. La Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica,
d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, puo'
intervenire nel processo ai sensi dell'articolo 105 del codice di
procedura civile)).
2. Le pubbliche amministrazioni che vengono, in qualunque modo, a
conoscenza di decisioni giurisdizionali che comportino oneri a carico
del bilancio, ne danno immediata comunicazione alla Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, al
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Ove tali decisioni producano nuovi o maggiori oneri rispetto alle
spese autorizzate, il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica presenta, entro trenta giorni dalla data di
pubblicazione delle sentenze della Corte costituzionale o dalla
conoscenza delle decisioni esecutive di altre autorita'
giurisdizionali, una relazione al Parlamento, impegnando Governo e
Parlamento a definire con procedura d'urgenza una nuova disciplina
legislativa idonea a ripristinare i limiti della spesa globale.
3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica provvede, con la stessa procedura di cui al comma 2, a
seguito di richieste pervenute alla Presidenza del Consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica per la estensione
generalizzata di decisioni giurisdizionali divenute esecutive, atte a
produrre gli effetti indicati nel medesimo comma 2 sulla entita'
della spesa autorizzata.
Articolo 62
Commissario del Governo
(Art. 67 del d.lgs n. 29 del 1993)
1. Il Commissario del Governo, fino all'entrata in vigore del
regolamento di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 300, rappresenta lo Stato nel territorio
regionale. Egli e' responsabile, nei confronti del Governo, del
flusso di informazioni degli enti pubblici operanti nel territorio,
in particolare di quelli attivati attraverso gli allegati ai bilanci
e il conto annuale di cui all'articolo 60, comma 1. Ogni
comunicazione del Governo alla regione avviene tramite il Commissario
del Governo.
Titolo VI
GIURISDIZIONE
Art. 63.
Controversie relative ai rapporti di lavoro
(Art.68 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito prima dall'art.33
del d.lgs n.546 del 1993 e poi dall'art.29 del d.lgs n.80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art.18 del d.lgs n.387 del 1998)
1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del
lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1,
comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui
al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al
lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la
responsabilita' dirigenziale, nonche' quelle concernenti le
indennita' di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte,
ancorche' vengano in questione atti amministrativi presupposti.
Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il
giudice li disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al
giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella
controversia non e' causa di sospensione del processo.
2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche
amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi
o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le
sentenze con le quali riconosce il diritto all'assunzione, ovvero
accerta che l'assunzione e' avvenuta in violazione di norme
sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente
costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.
3. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del
lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle
pubbliche amministrazioni ai sensi dell'articolo 28 della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e le
controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall'ARAN o dalle
pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione
collettiva di cui all'articolo 40 e seguenti del presente decreto.
4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo
le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonche', in sede di
giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di
lavoro di cui all'articolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai
diritti patrimoniali connessi.
5. Nelle controversie di cui ai commi 1 e 3 e nel caso di cui
all'articolo 64, comma 3, il ricorso per cassazione puo' essere
proposto anche per violazione o falsa applicazione dei contratti e
accordi collettivi nazionali di cui all'articolo 40.
Art. 63-bis
(( (Intervento dell'ARAN nelle controversie
relative ai rapporti di lavoro). ))
((1. L'ARAN puo' intervenire nei giudizi innanzi al giudice
ordinario, in funzione di giudice del lavoro, aventi ad oggetto le
controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle
pubbliche amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70,
comma 4, al fine di garantire la corretta interpretazione e
l'uniforme applicazione dei contratti collettivi. Per le controversie
relative al personale di cui all'articolo 3, derivanti dalle
specifiche discipline ordinamentali e retributive, l'intervento in
giudizio puo' essere assicurato attraverso la Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica,
d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze. ))
Articolo 64
Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validita' ed
interpretazione dei contratto collettivi
(Art. 68-bis del d.lgs n.29 del 1993, aggiunto dall'art.30 del d.lgs
n.80 del 1998 e successivamente modificato dall'art.19, commi 1 e 2
del d.lgs n.387 del 1998)
1. Quando per la definizione di una controversia individuale di cui
all'articolo 63, e' necessario risolvere in via pregiudiziale una
questione concernente l'efficacia, la validita' o l'interpretazione
delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale,
sottoscritto dall'ARAN ai sensi dell'articolo 40 e seguenti, il
giudice, con ordinanza non impugnabile, nella quale indica la
questione da risolvere, fissa una nuova udienza di discussione non
prima di centoventi giorni e dispone la comunicazione, a cura della
cancelleria, dell'ordinanza, del ricorso introduttivo e della memoria
difensiva all'ARAN.
2. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, l'ARAN
convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la
possibilita' di un accordo sull'interpretazione autentica del
contratto o accordo collettivo, ovvero sulla modifica della clausola
controversa. All'accordo sull'interpretazione autentica o sulla
modifica della clausola si applicano le disposizioni dell'articolo
49. Il testo dell'accordo e' trasmesso, a cura dell'ARAN, alla
cancelleria del giudice procedente, la quale provvede a darne avviso
alle parti almeno dieci giorni prima dell'udienza. Decorsi novanta
giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, in mancanza di accordo,
la procedura si intende conclusa.
3. Se non interviene l'accordo sull'interpretazione autentica o sulla
modifica della clausola controversa, il giudice decide con sentenza
sulla sola questione di cui al comma 1, impartendo distinti
provvedimenti per l'ulteriore istruzione o, comunque, per la
prosecuzione della causa. La sentenza e' impugnabile soltanto con
ricorso immediato per Cassazione, proposto nel termine di sessanta
giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza. Il
deposito nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa
di una copia del ricorso per cassazione, dopo la notificazione alle
altre parti, determina la sospensione del processo.
4. La Corte di cassazione, quando accoglie il ricorso a norma
dell'articolo 383 del codice di procedura civile, rinvia la causa
allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. La
riassunzione della causa puo' essere fatta da ciascuna delle parti
entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione
della sentenza di cassazione. In caso di estinzione del processo, per
qualsiasi causa, la sentenza della Corte di cassazione conserva i
suoi effetti.
5. L'ARAN e le organizzazioni sindacali firmatarie possono
intervenire nel processo anche oltre i] termine previsto
dall'articolo 419 del codice di procedura civile e sono legittimate,
a seguito dell'intervento alla proposizione dei mezzi di'
impugnazione delle sentenze che decidono una questione di cui al
comma 1. Possono, anche se non intervenute, presentare memorie nel
giudizio di merito ed in quello per cassazione. Della presentazione
di memorie e' dato avviso alle parti, a cura della cancelleria.
6. In pendenza del giudizio davanti alla Corte di cassazione, possono
essere sospesi i processi la cui definizione dipende dalla
risoluzione della medesima questione sulla quale la Corte e' chiamata
a pronunciarsi. Intervenuta la decisione della Corte di cassazione,
il giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per la prosecuzione del
processo.
7. Quando per la definizione di altri processi e' necessario
risolvere una questione di cui al comma 1 sulla quale e' gia'
intervenuta una pronuncia della Corte di cassazione e il giudice non
ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte, si applica il
disposto del comma 3.
8. La Corte di cassazione, nelle controversie di cui e' investita ai
sensi del comma 3, puo' condannare la parte soccombente, a norma
dell'articolo 96 del codice di procedura civile, anche in assenza di
istanza di parte.
Articolo 65
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 NOVEMBRE 2010, N. 183))
Articolo 66
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 NOVEMBRE 2010, N. 183))
Titolo VII
DISPOSIZIONI DIVERSE E NORME TRANSITORIE FINALI
Capo I
Disposizioni diverse
Articolo 67
Integrazione funzionale del Dipartimento della funzione pubblica con
la Ragioneria generale dello Stato
(Art.70 del d.lgs n.29 del 1993, come sostituito dall'art.35 del
d.lgs n.546 del 1993)
1. Il piu' efficace perseguimento degli obiettivi di cui
all'articolo 48, commi da 1 a 3, ed agli articoli da 58 a 60 e'
realizzato attraverso l'integrazione funzionale della Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica con il
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica -
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da conseguirsi
mediante apposite conferenze di servizi presiedute dal Ministro per
la funzione pubblica o da un suo delegato.
2. L'applicazione dei contratti collettivi di lavoro, nazionali e
decentrati, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, e'
oggetto di verifica del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e della Presidenza del Consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica, con riguardo,
rispettivamente, al rispetto dei costi prestabiliti ed agli effetti
degli istituti contrattuali sull'efficiente organizzazione delle
amministrazioni pubbliche e sulla efficacia della loro azione.
3. Gli schemi di provvedimenti legislativi e i progetti di' legge,
comunque sottoposti alla valutazione del Governo, contenenti
disposizioni relative alle amministrazioni pubbliche richiedono il
necessario concerto del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e del Dipartimento della funzione pubblica.
I provvedimenti delle singole amministrazioni dello Stato incidenti
nella medesima materia sono adottati d'intesa con il Ministero del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con la
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione
pubblica in apposite conferenze di servizi da indire ai sensi e con
le modalita' di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n.
241, e successive modificazioni ed integrazioni.
Articolo 68
Aspettativa per mandato parlamentare
(Art.71, commi da 1 a 3 e 5 del d.lgs n.29 del 1993)
1. I dipendenti delle pubbliche amministrazioni eletti al
Parlamento nazionale, al Parlamento europeo e nei Consigli regionali
sono collocati in aspettativa senza assegni per la durata del
mandato. Essi possono optare per la conservazione, in luogo
dell'indennita' parlamentare e dell'analoga indennita' corrisposta ai
consiglieri regionali, del trattamento economico in godimento presso
l'amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima.
2. Il periodo di aspettativa e' utile ai fini dell'anzianita' di
servizio e del trattamento di quiescenza e di previdenza.
3. Il collocamento in aspettativa ha luogo all'atto della
proclamazione degli eletti; di questa le Camere ed i Consigli
regionali danno comunicazione alle amministrazioni di appartenenza
degli eletti per i conseguenti provvedimenti.
4. Le regioni adeguano i propri ordinamenti ai principi di cui ai
commi 1, 2 e 3.
Capo II
Norme transitorie e finali
Art. 69
Norme transitorie
(Art. 25, comma 4 del d.lgs. n. 29 del 1993; art. 50, comma 14 del
d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 17 del d.lgs.
n. 470 del 1993 e poi dall'art. 2 del d.lgs. n. 396 del 1997; art.
72, commi 1 e 4 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti dall'art.
36 del d.lgs. n. 546 del 1993; art. 73, comma 2 del d.lgs. n. 29 del
1993, come sostituito dall'art. 37 del d.lgs. n. 546 del 1993; art.
28, comma 2 del d.lgs. n. 80 del 1998; art. 45, commi 5, 9, 17 e 25
del d.lgs. n. 80 del 1998, come modificati dall'art. 22, comma 6 del
d.lgs. n. 387 del 1998; art. 24, comma 3 del d.lgs. n. 387 del 1998)
1. Salvo che per le materie di cui all'articolo 2, comma 1, lettera
c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, gli accordi sindacali
recepiti in decreti deI Presidente della Repubblica in base alla
legge 29 marzo 1983, n. 93, e le norme generali e speciali del
pubblico impiego, vigenti alla data del 13 gennaio 1994 e non
abrogate, costituiscono, limitatamente agli istituti del rapporto di
lavoro, la disciplina di cui all'articolo 2, comma 2. Tali
disposizioni sono inapplicabili a seguito della stipulazione dei
contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, in relazione ai
soggetti e alle materie dagli stessi contemplati. Tali disposizioni
cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della
sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, dei contratti
collettivi del quadriennio 1998-2001.
2. In attesa di una nuova regolamentazione contrattuale della
materia, resta ferma per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2,
la disciplina vigente in materia di trattamento di fine rapporto.
3. Il personale delle qualifiche ad esaurimento di cui agli
articoli 60 e 61 del decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1972. n. 748, e successive modificazioni ed integrazioni, e
quello di cui all'articolo 15 della legge 9 marzo 1989, n. 88, i cui
ruoli sono contestualmente soppressi dalla data del 21 febbraio 1993,
conserva le qualifiche ad personam. A tale personale sono attribuite
funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di
particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonche' compiti di
studio, ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal
dirigente. Il trattamento economico e' definito tramite il relativo
contratto collettivo. ((3))
4. La disposizione di cui all'articolo 56, comma 1, si applica, per
ciascun ambito di riferimento, a far data dalla entrata in vigore dei
contratti collettivi del quadriennio contrattuale 1998-2001.
5. Le disposizioni di cui all'articolo 22, commi 17 e 18, della
legge 29 dicembre 1994, n. 724, continuano ad applicarsi alle
amministrazioni che non hanno ancora provveduto alla determinazione
delle dotazioni organiche previa rilevazione dei carichi di lavoro.
6. Con riferimento ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2,
comma 3, del presente decreto, non si applica l'articolo 199 del
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
7. Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del
lavoro, le controversie di cui all'articolo 63 del presente decreto,
relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro
successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni
attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data
restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di
decadenza, entro il 15 settembre 2000.
8. Fino all'entrata in vigore della nuova disciplina derivante dal
contratto collettivo per il comparto scuola, relativo al quadriennio
1998-2001, continuano ad applicarsi al personale della scuola le
procedure di cui all'articolo 484 del decreto legislativo 16 aprile
1994, n.297.
9. Per i primi due bandi successivi alla data del 22 novembre 1998,
relativi alla copertura di posti riservati ai concorsi di cui
all'articolo 28, comma 2, lettera b, del presente decreto, con il
regolamento governativo di cui al comma 3, del medesimo articolo e'
determinata la quota di posti per i quali sono ammessi soggetti anche
se non in possesso del previsto titolo di specializzazione.
10. Sino all'applicazione dell'articolo 46, comma 12. l'ARAN
utilizza personale in posizione di comando e fuori ruolo nei limiti
massimi delle tabelle previste dal decreto del Presidente della
Repubblica 25 gennaio 1994. n. 144, come modificato dall'articolo 8,
comma 4, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
11. In attesa di una organica normativa nella materia, restano
ferme le norme che disciplinano, per i dipendenti delle
amministrazioni pubbliche, l'esercizio delle professioni per le quali
sono richieste l'abilitazione o l'iscrizione ad ordini o albi
professionali. Il personale di cui all'articolo 6, comma 5, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni ed integrazioni, puo' iscriversi, se in possesso dei
prescritti requisiti, al relativo ordine professionale.
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AGGIORNAMENTO (3)
La L. 15 luglio 2002, n. 145 ha disposto (con l'art. 5, comma 1)
che " Nei limiti del 50 per cento dei posti disponibili nell'ambito
della dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia dei ruoli di
ciascuna amministrazione, il personale di cui all'articolo 69, comma
3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in servizio alla
data di entrata in vigore della presente legge, e' inquadrato, previo
superamento di concorso riservato per titoli di servizio e
professionali, da espletarsi entro centottanta giorni dalla medesima
data, nella seconda fascia dirigenziale."
Art. 70
Norme finali
(Art. 73, commi 1, 3, 4, 5 e 6-bis del d.lgs n. 29 del 1993, come
modificati dall'art. 21 del d.lgs n. 470 del 1993, successivamente
sostituiti dall'art. 37 del d.lgs n. 546 del 1993 e modificati
dall'art. 9, comma 2 del d.lgs n. 396 del 1997, dall'art. 45, comma 4
del d.lgs n. 80 del 1998 e dall'art. 20 del d.lgs n. 387 del 1998;
art. 45, commi 1, 2, 7, 10, 11, 21, 22 e 23 del d.lgs n. 80 del 1998,
come modificati dall'art. 22, comma 6 del d.lgs n. 387 del 1998,
dall'art. 89 della legge n. 342 del 2000 e dall'art. 51, comma 13,
della legge n. 388 del 2000)
1. Restano salve per la regione Valle d'Aosta le competenze in
materia, le norme di attuazione e la disciplina sul bilinguismo.
Restano comunque salve, per la provincia autonoma di Bolzano, le
competenze in materia, le norme di attuazione, la disciplina vigente
sul bilinguismo e la riserva proporzionale di' posti nel pubblico
impiego.
2. Restano ferme le disposizioni di cui al titolo IV, capo II del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, riguardanti i segretari
comunali e provinciali, e alla legge 7 marzo 1986, n. 65 - esclusi
gli articoli 10 e 13 - sull'ordinamento della Polizia municipale. Per
il personale disciplinato dalla stessa legge 7 marzo 1986, n. 65 il
trattamento economico e normativo e' definito nei contratti
collettivi previsti dal presente decreto, nonche', per i segretari
comunali e provinciali, dall'art. 11, comma 8 del Decreto del
Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465.
3. Il rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti locali e'
disciplinato dai contratti collettivi previsti dal presente decreto
nonche' dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
4. Le aziende e gli enti di cui alle leggi 26 dicembre 1936, n.
2174, e successive modificazioni ed integrazioni, 13 luglio 1984. n.
312, 30 maggio 1988, n.l86, 11 luglio 1988, n. 266, 31 gennaio 1992,
n. 138, legge 30 dicembre 1986, n. 936 , decreto legislativo 25
luglio 1997, n. 250 , decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39
adeguano i propri ordinamenti ai principi di cui al titolo I. I
rapporti di lavoro dei dipendenti dei predetti enti ed aziende
nonche' della Cassa depositi e prestiti sono regolati da contratti
collettivi ed individuali in base alle disposizioni di cui agli
articoli 2, comma 2, all'articolo 8, comma 2, ed all'articolo 60,
comma 3. ((PERIODO SOPPRESSO DAL D.LGS. 27 OTTOBRE 2009, N. 150.
PERIODO SOPPRESSO DAL D.LGS. 27 OTTOBRE 2009, N. 150. PERIODO
SOPPRESSO DAL D.LGS. 27 OTTOBRE 2009, N. 150.))
5. Le disposizioni di cui all'articolo 7 del decreto-legge 19
settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14
novembre 1992, n. 438, vanno interpretate nel senso che le medesime,
salvo quelle di cui al comma 7, non si riferiscono al personale di
cui al decreto legislativo 26 agosto 1998, n. 319.
6. A decorrere dal 23 aprile 1998, le disposizioni che conferiscono
agli organi di governo l'adozione di atti di gestione e di atti o
provvedimenti amministrativi di cui all'articolo 4, comma 2, del
presente decreto, si intendono nel senso che la relativa competenza
spetta ai dirigenti.
7. A decorrere dal 23 aprile 1998, le disposizioni vigenti a tale
data, contenute in leggi, regolamenti, contratti collettivi o
provvedimenti amministrativi riferite ai dirigenti generali si
intendono riferite ai dirigenti di uffici dirigenziali generali.
8. Le disposizioni del presente decreto si applicano al personale
della scuola. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 21
della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto legislativo 12
febbraio 1993, n. 35. Sono fatte salve le procedure di reclutamento
del personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297 e successive modificazioni ed integrazioni.
9. Per il personale della carriera prefettizia di cui all'articolo
3, comma I del presente decreto, gli istituti della partecipazione
sindacale di cui all'articolo 9 del medesimo decreto sono
disciplinati attraverso apposito regolamento emanato ai sensi
dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni ed integrazioni.
10. I limiti di cui all'articolo 19, comma 6, del presente decreto
non si applicano per la nomina dei direttori degli Enti parco
nazionale.
11. Le disposizioni in materia di mobilita' di cui agli articoli 30
e seguenti del presente decreto non si applicano al personale del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
12. In tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei
quali enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre
amministrazioni pubbliche, dotate di autonomia finanziaria sono
tenute ad autorizzare la utilizzazione da parte di altre pubbliche
amministrazioni di proprio personale, in posizione di comando, di
fuori ruolo, o in altra analoga posizione, l'amministrazione che
utilizza il personale rimborsa all'amministrazione di appartenenza
l'onere relativo al trattamento fondamentale. La disposizione di cui
al presente comma si' applica al personale comandato, fuori ruolo o
in analoga posizione presso l'ARAN a decorrere dalla completa
attuazione del sistema di finanziamento previsto dall'articolo 46,
commi 8 e 9, del presente decreto, accertata dall'organismo di
coordinamento di cui all'articolo 41, comma 6 del medesimo decreto.
Il trattamento economico complessivo del personale inserito nel ruolo
provvisorio ad esaurimento del Ministero delle finanze istituito
dall'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1998, n.
283, in posizione di comando, di' fuori ruolo o in altra analoga
posizione, presso enti pubblici territoriali, enti pubblici non
economici o altre amministrazioni pubbliche dotate di autonomia
finanziaria, rimane a carico dell'amministrazione di appartenenza.
13. In materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni
applicano la disciplina prevista dal decreto del Presidente della
Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed
integrazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto
dagli articoli 35 e 36, salvo che la materia venga regolata, in
coerenza con i principi ivi previsti, nell'ambito dei rispettivi
ordinamenti.
Articolo 71
Disposizioni inapplicabili a seguito della sottoscrizione di
contratti collettivi
1. Ai sensi dell'art. 69, comma 1, secondo periodo, a seguito
della stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio
1994-1997, cessano di produrre effetti per ciascun ambito di
riferimento le norme di cui agli allegati A) e B) al presente
decreto, con le decorrenze ivi previste, in quanto contenenti le
disposizioni espressamente disapplicate dagli stessi contratti
collettivi. Rimangono salvi gli effetti di quanto previsto dallo
stesso comma 1 dell'articolo 69, con riferimento all'inapplicabilita'
delle norme incompatibili con quanto disposto dalla contrattazione
collettiva nazionale.
2. Per il personale delle Regioni ed autonomie locali, cessano di
produrre effetti, a seguito della stipulazione dei contratti
collettivi della tornata 1998-2001, le norme contenute nell'allegato
C), con le decorrenze ivi previste.
3. Alla fine della tornata contrattuale 1998-2001 per tutti i
comparti ed aree di contrattazione verranno aggiornati gli allegati
del presente decreto, ai sensi dell'articolo 69, comma 1, ultimo
periodo. La contrattazione relativa alla tornata contrattuale
1998-2001, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, provvedera' alla
disapplicazione espressa delle disposizioni generali o speciali del
pubblico impiego, legislative o recepite in decreto del Presidente
della Repubblica, che risulteranno incompatibili con la stipula dei
contratti collettivi nazionali o dei contratti quadro.
Articolo 72
Abrogazioni di norme
(Art. 74 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 38 del
d.lgs n. 546 del 1993 e modificato prima dall'art. 43, comma 2 del
d.lgs n. 80 del 1998 e poi dall'art. 21 del d.lgs n. 387 del 1998;
art. 43, commi 1, 3, 4, 5, 6 e 7 del d.lgs n. 80 del 1998, come
modificati dall'art. 22, commi da 1 a 3 del d.lgs n. 387 del 1998;
art. 28, comma 2 del d.lgs n. 80 del 1998)
1. Sono abrogate o rimangono abrogate le seguenti norme:
a) articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n. 3;
b) capo I, titolo I, del decreto del Presidente della Repubblica
30 giugno 1972, n. 748, e successive modificazioni ed integrazioni,
ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli da 4 a 12,
nonche' 15, 19, 21, 24 e 25, che, nei limiti di rispettiva
applicazione, continuano ad applicarsi al personale dirigenziale
delle carriere previste dall'articolo 15, comma 1, secondo periodo
del presente decreto, nonche' le altre disposizioni del medesimo
decreto n. 748 del 1972 incompatibili con quelle del presente
decreto;
c) articolo 5, commi secondo e terzo della legge 11 agosto 1973,
n. 533;
d) articoli 4, commi decimo, undicesimo, dodicesimo e tredicesimo
e 6 della legge 11 luglio 1980, n. 312;
e) articolo 2 del decreto legge 6 giugno 1981, n. 283,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 1981, n. 432;
f) articoli da 2 a 15, da 17 a 21, 22, a far data dalla
stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997;
23, 26, comma quarto, 27, comma primo, n. 5, 28 e 30, comma terzo
della legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) legge 10 luglio 1984, n. 301, ad esclusione delle disposizioni
che riguardano l'accesso alla qualifica di primo dirigente del Corpo
forestale dello Stato;
h) articolo 2 della legge 8 marzo 1985, n. 72;
i) articoli 27 e 28 del decreto del Presidente della Repubblica 8
maggio 1987, n. 266, come integrato dall'articolo 10 del decreto del
Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;
j) decreto del Presidente della Repubblica 5 dicembre 1987, n.
551;
k) articoli 4, commi 3 e 4, e articolo 5 della legge 8 luglio
1988, n. 254;
l) articolo 17, comma 1, lettera e), della legge 23 agosto 1988,
n. 400;
m) articolo 9 della legge 9 maggio 1989, n. 168;
n) articoli 4, comma 9, limitatamente alla disciplina sui
contratti di lavoro riguardanti i dipendenti delle amministrazioni,
aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale; e 10, comma 2 della
legge 30 dicembre 1991, n. 412;
o) articolo 2, comma 8, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359,
limitatamente al personale disciplinato dalla legge 4 giugno 1985, n.
281;
p) articolo 7, comma 1, del decreto-legge 19 settembre 1992, n.
384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n.
438, limitatamente al personale disciplinato dalle leggi 4 giugno
1985, n. 281 e 10 ottobre 1990, n. 287;
q) articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 533;
r) articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 534;
s) articolo 6-bis del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 9,
convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67;
t) decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
u) articolo 3, commi 5, 6, 23, 27, 31 ultimo periodo e da 47 a 52
della legge 24 dicembre 1993, n. 537;
v) articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 14 gennaio 1994,
n. 20;
w) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 settembre
1994, n. 716;
x) articolo 2, lettere b), d) ed e) del decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri 18 ottobre 1994, n. 692, a decorrere dalla
data di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 19 del
presente decreto;
y) articolo 22, comma 15, della legge 23 dicembre 1994, n. 724;
z) decreto del Ministro per la funzione pubblica 27 febbraio
1995, n. 112;
aa) decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396;
bb)decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 ad eccezione degli
articoli da 33 a 42 e 45, comma 18;
cc) decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387 ad eccezione
degli articoli 19, commi da 8 a 18 e 23.
2. Agli adempimenti e alle procedure gia' previsti dall'articolo 31
del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni e integrazioni, continuano ad essere tenute le
amministrazioni che non vi hanno ancora provveduto alla data di
entrata in vigore del presente decreto.
3. A far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il
quadriennio 1994-1997, per ciascun ambito di riferimento, sono
abrogate tutte le disposizioni in materia di sanzioni disciplinari
per i pubblici impiegati incompatibili con le disposizioni del
presente decreto.
4. A far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il
quadriennio 1994-1997, per ciascun ambito di riferimento, ai
dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, non si applicano gli
articoli da 100 a 123 del decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n. 3, e le disposizioni ad essi collegate.
5. A far data dalla entrata in vigore dei contratti collettivi del
quadriennio 1998-2001, per ciascun ambito di' riferimento, cessano di
produrre effetti i commi 7, 8 e 9 dell'articolo 55 del presente
decreto.
6. Contestualmente alla definizione della normativa contenente la
disciplina di cui all'articolo 50, sono abrogate le disposizioni che
regolano la gestione e la fruizione delle aspettative e dei permessi
sindacali nelle amministrazioni pubbliche.
Articolo 73
Norma di rinvio
1. Quando leggi, regolamenti, decreti, contratti collettivi od
altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a norme del d.lgs n.29
del 1993 ovvero del d.lgs n.396 del 1997, del d.lgs n.80 del 1998 e
387 del 1998, e fuori dai casi di abrogazione per incompatibilita',
il riferimento si intende effettuato alle corrispondenti disposizioni
del presente decreto, come riportate da ciascun articolo.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara'
inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo
e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 30 marzo 2001
CIAMPI
Amato, Presidente del Consiglio dei
Ministri
Bassanini, Ministro per la funzione
pubblica
Visto, il Guardasigilli: Fassino
Allegato A
(Art. 71, comma 1)
Norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla
data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 29 del 1993 e
dei relativi decreti correttivi emanati ai sensi dell'art. 2, comma 5
della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che cessano di produrre effetti
a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi per il
quadriennio 1994-1997 per il personale non dirigenziale ai sensi
dell'art. 69, comma 1, secondo periodo del presente decreto.
I. Ministeri
1. Dal 17 maggio 1995 (art. 43 CCNL 1994-1997):
a) articoli da 12 a 17, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a
8; 70, 71, da 78 a 87, da 91 a 99, 134, 146, commi 1, lettera d) e
parte successiva, e 2, decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 18, da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente
della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;
c) art. 15, legge 11 luglio 1980, n. 312;
d) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
e) art. 8, legge 8 agosto 1985, n. 455;
f) art. 4, comma 4, decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853,
convertito con legge 17 dicembre 1985, n. 17;
g) art. 4, da 11 a 14, 18, 20 e 21, comma 1, lettera b),
decreto Presidente della Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
h) art. 10, decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 10 giugno 1986;
i) art. 19, comma 8, legge 1o dicembre 1986, n. 870;
j) art. 23, comma 8, legge 30 dicembre 1986, n. 936;
k) articoli 13, 15, 16, 18, 19, 32 e 50, decreto Presidente
della Repubblica 8 maggio 1987, n. 266;
l) art. 4, decreto-legge 28 agosto 1987, n. 356, convertito
con legge 27 ottobre 1987, n. 436;
m) articoli da 5 a 7, decreto Presidente della Repubblica 17
settembre 1987, n. 494;
n) art. 9, comma 4, decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86,
convertito con legge 20 maggio 1988, n. 160;
o) articoli 4, 15 e 16, decreto del Presidente della
Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;
p) legge 22 giugno 1988, n. 221;
q) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
r) art. 3, comma 1, lettera i) punto 2, legge 10 ottobre
1989, n. 349;
s) articoli 2 e 3, legge 29 dicembre 1989, n. 412;
t) articoli 7, 8, commi da 12 a 14; 10, 14, decreto del
Presidente della Repubblica 17 gennaio 1990, n. 44;
u) art. 14, legge 7 agosto 1990, n. 245;
v) art. 10, commi 1 e 2, decreto-legge 29 marzo 1991, n.
108, convertito con legge 1o giugno 1991, n. 169;
w) art. 1, legge 25 febbraio 1992, n. 209;
x) art. 3, comma 3, decreto-legge 4 dicembre 1992, n. 469,
convertito con legge 1o febbraio 1993, n. 23.
y) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 13 gennaio 1996 (art. 10, CCNL integrativo del 12
gennaio 1996):
a) articoli 9, commi 7 e 8; da 10 a 12, decreto del
Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 266.
3. Dal 23 ottobre 1997 (art. 8, CCNL integrativo del 22
ottobre 1997):
a) articoli 10, 67, 69, 70 e 124, decreto del Presidente
della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) art. 50, legge 18 marzo 1968, n. 249;
c) articoli 29 e 31, decreto del Presidente della Repubblica
8 maggio 1987, n. 266;
d) articoli da 14 a 16, decreto del Presidente della
Repubblica 18 maggio 1987, n. 269;
e) articoli 15 e 21, decreto del Presidente della Repubblica
4 agosto 1990, n. 335;
f) art. 1, legge 15 gennaio 1991, n. 14.
4. Dal 27 febbraio 1998 (art. 7 CCNL integrativo del 26
febbraio 1998, relativo al personale dell'amministrazione civile
dell'interno):
a) articoli 9, 10 e 11, fatto salvo il disposto della legge
del 27 ottobre 1977, n. 801; 13, 17, 18, limitatamente al personale
della carriera di ragioneria; da 20 a 27 e 43, decreto del Presidente
della Repubblica 24 aprile 1982, n. 340.
II. Enti pubblici non economici
1. Dal 7 luglio 1995 (art. 50, CCNL 1994 -1997):
a) articoli 8, comma 1; 9, comma 1 e 2, salvo quanto
previsto dall'art. 3, decreto del Presidente della Repubblica 26
maggio 1976, n. 411, e comma 3, per la parte relativa alle assenze
per gravidanza e puerperio e per infermita'; 11, 12, 23, 27 e 28,
legge 20 marzo 1975, n. 70;
b) articoli 7 e 18, decreto del Presidente della Repubblica
26 maggio 1976, n. 411;
c) articoli 6, 17 e 21, decreto del Presidente della
Repubblica 16 ottobre 1979, n. 509;
d) articoli 2 e 5, decreto del Presidente della Repubblica
25 giugno 1983, n. 346;
e) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
f) articoli 4, 7, 8, da 11 a 14, 18, 20 e 21 lettera b),
decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
g) articoli 5, commi da 1 a 7; 7, da 10 a 16 e 24, decreto
del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 267;
h) art. 7, decreto del Presidente della Repubblica 17
settembre 1987, n. 494;
i) articoli 2, 4, 15 e 16, decreto del Presidente della
Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;
j) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
k) articoli 5 e 13, decreto del Presidente della Repubblica
13 gennaio 1990, n. 43;
l) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 12 ottobre 1996 (art. 96 CCNL 1994-97 per il personale
con qualifica dirigenziale - sezione II):
a) articoli 9 e 10, decreto del Presidente della Repubblica
10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 8, comma 1; 9, comma 1; commi 1, 2 e 3, per la
parte relativa alle assenze per gravidanza e puerperio e per
infermita'; 11, 12, 23, 27 e 28, legge 20 marzo 1975, n. 70;
c) articoli 17 e 18, decreto del Presidente della Repubblica
26 maggio 1976, n. 411;
d) articoli 6, 17, 21, decreto del Presidente della
Repubblica 16 ottobre 1979, n. 509;
e) articoli 2 e 7, con le decorrenze di cui all'art. 66
ultimo periodo del contratto collettivo nazionale del lavoro per il
personale con qualifica dirigenziale, decreto del Presidente della
Repubblica 25 giugno 1983, n. 346 ;
f) art. 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) articoli da 11 a 14 e da 18 a 21, decreto del Presidente
della Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
h) articoli 4, 5, commi da 1 a 7; 7, 9, con le decorrenze di
cui all'art. 66, ultimo periodo del Contratto collettivo nazionale
del lavoro, per il personale con qualifica dirigenziale; da 10 a 16 e
24, decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 267;
i) articoli 7 e 10, decreto del Presidente della Repubblica
17 settembre 1987, n. 494;
j) articoli 2, 4 e 15, decreto del Presidente della
Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;
k) articoli 1, da 3 a 5, 12 e 13, decreto del Presidente
della Repubblica 13 gennaio 1990, n. 43;
l) art. 17, decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio
1994, n. 487;
m) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
III. Regioni ed autonomie locali
1.Dal 7 luglio 1995 (art. 47 CCNL 1994-1997):
a) articoli da 12 a 17, 37, 68, commi da 1 a 7; 70 e 71,
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della
Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;
c) art. 9, decreto del Presidente della Repubblica 11
novembre 1980, n. 810;
d) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
e) articoli 7, 8, da 17 a 19, decreto del Presidente della
Repubblica 25 giugno 1983, n. 347;
f) articoli 4, 11 e da 18 a 21, decreto del Presidente della
Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
g) articoli 2, 4, lettera a) comma 1 e lettera b) commi 6 e
7; 11, commi da 1 a 11; 14, 15, da 25 a 29, 34, comma 1, lettera a) e
b); 56 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987,
n. 268;
h) articoli 4 e 16, decreto del Presidente della Repubblica
23 agosto 1988, n. 395;
i) art. 7, comma 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554,
disapplicato fino al 13 maggio 1996;
j) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
k) articoli 1 e 5, decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 30 marzo 1988, n. 127;
l) articoli 3 e 4, 5, con effetto dal 1o gennaio 1996; 6,
con effetto dal 1o gennaio 1996; 16, da 30 a 32, da 43 a 47, decreto
del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333;
m) art. 51, commi 9 e 10, legge 8 giugno 1990, n. 142 ;
n) art. 3, commi 23 e da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n.
537.
2. Dal 14 maggio 1996 (art. 10 del CCNL integrativo del 13
maggio 1996):
a) art. 124, decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n. 3;
b) art. 25, decreto del Presidente della Repubblica 25
giugno 1983, n. 347;
c) art. 18, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto
1990, n. 333.
IV. Sanita'
1. Dal 2 settembre 1995 (art. 56 CCNL 1994-1997):
a) articoli da 12 a 17; da 37 a 41, 67, 68, commi da 1 a 7;
da 69 a 71, da 78 a 123, 129 e 130, decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della
Repubblica 3 maggio 1957 n. 686;
c) art. 7, comma 3, legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
limitatamente ai primi 30 giorni di permessi retribuiti fruibili nel
primo triennio di vita del bambino;
d) articoli 9, comma 4; 14, 27, comma 1, limitatamente alla
parola "doveri"; 27, comma 4; 32, 33, 37, 38, da 39 a 42, 47, 51, 52,
da 54 a 58, 60, 61 e 63, ultimo comma, decreto del Presidente della
Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761;
e) articoli 18, commi 3 e 4, 19 e 20, decreto del Ministro
della sanita' 30 gennaio 1982;
f) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983,
n. 348;
h) articoli 4, 11, da 18 a 21, decreto del Presidente della
Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
i) articoli da 2 a 4, 11, 16, 26, 28, 29, 31, 38, 40, 55, 57
e 112, decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n.
270;
j) art. 46, decreto del Presidente della Repubblica 17
settembre 1987, n. 494;
k) decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo
1989, n. 127;
l) art. 7, comma 6, ultimi due periodi, legge 29 dicembre
1988, n. 554;
m) art. 4 decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto
1988, n. 395;
n) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto
Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
o) articoli 1, da 3 a 7; 23, commi 1, 4 e 5; 34, da 41 a 43,
46, comma 1, relativamente all'indennita' di bilinguismo e comma 2,
ultimo periodo; 49, comma 1, primo periodo e comma 2, per la parte
riferita al medesimo periodo del comma 1 nonche' commi da 3 a 7; da
50 a 52 e da 57 a 67, con effetto dal 1o gennaio 1996, fatto salvo
quanto disposto dall'art. 47, comma 8 del contratto collettivo
nazionale del lavoro per il quale la disapplicazione dell'art. 57,
lettera b) dello stesso decreto del Presidente della Repubblica
decorre dal 1o gennaio 1997; 68, commi da 4 a 7, decreto del
Presidente della Repubblica 28 novembre 1990, n. 384;
p) art. 3, commi 23 e da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n.
537.
2. Dal 2 settembre 1995 (art. 14, comma 2, e art. 18, comma 1
CCNL del 22 maggio 1997):
a) art. 87, del decreto del Presidente della Repubblica 20
maggio 1987, n. 270.
V. Istituzioni ed enti di ricerca
1. Dall'8 ottobre 1996 (art. 55 CCNL 1994-1997):
a) articoli 9, 10, da 12 a 17, 36, 37, 39, 40, 41, 68 commi
da 1 a 7, e 8 ad esclusione della parte relativa all'equo indennizzo;
70, 71, da 78 a 87, da 91 a 99, 124, 126, 127, 129, 130, 131, 134,
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) art. 14, 18, da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente
della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;
c) articoli 8, comma 1, 9, commi 1 e 3, per la parte
relativa alle assenze per gravidanza, puerperio e infermita'; 11, 12,
23, 36, 39, legge 20 marzo 1975, n. 70;
d) articoli 7, 18, 52, 53 e 65, decreto del Presidente della
Repubblica 26 maggio 1976, n. 411;
e) articoli 11, commi 3 e 4; 21, decreto del Presidente
della Repubblica 16 ottobre 1979, n. 509;
f) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) articoli 4, 7, 8, 11, 18, 20 commi 1, 2, 4; 21 lettera
b), decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
h) articoli da 3 a 6, da 9 a 11, 29 e 36, decreto del
Presidente della Repubblica 28 settembre 1987, n. 568;
i) articoli 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica
23 agosto 1988, n. 395;
j) art. 7, commi da 2 a 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554;
k) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
l) art. 1, decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, 30 marzo 1989, n. 127
m) articoli 11, 15, 16, 17, comma 15; 21, con esclusione del
comma 5; 23, fatti salvi gli effetti delle assunzioni gia' avvenute
alla data di stipulazione del Contratto collettivo nazionale del
lavoro; 34, 37, 38, comma 3, 39, decreto del Presidente della
Repubblica 12 febbraio 1991, n. 171;
n) art. 3, commi da 37 a 41, della legge 24 dicembre 1993,
n. 537.
VI. Scuola
1. Dal 5 agosto 1995 (art. 82 CCNL 1994-97):
a) art. 39, regio decreto 30 aprile 1924, n. 965;
b) art. 350, regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297;
c) art. 2, comma 1, decreto legislativo n. 576 del 1948;
d) articoli 12, da 13 a 17, solo con riferimento al
personale ATA, da 14 a 17, 37, 39, 40, comma 1; 68, comma 7; 70, 71,
solo con riferimento al personale ATA; da 78 a 87, da 91 a 99, da 100
a 123 e 134, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957,
n. 3;
e) articoli da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della
Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;
f) art. 28, legge 15 novembre 1973, n. 734;
g) articoli 60, commi da 1 a 10; 88, commi 1 e 3, decreto
del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417;
h) art. 50, legge 11 luglio 1980, n. 312;
i) art. 19, legge 20 maggio 1982, n. 270;
j) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
k) art. 7, comma 15, legge 22 dicembre 1984, n. 887;
l) decreto del Presidente della Repubblica 7 marzo 1985, n.
588;
m) articoli 4, da 18 a 20, 21, lett. b), decreto del
Presidente della Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
n) articoli 2, comma 7; 5, con esclusione del comma 2; 7, 9,
11, 12, commi 1, 5, 6 e 8; da 13 a 21, 23 e 30, decreto del
Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 209;
o) art. 67, decreto del Presidente della Repubblica n. 494
del 1987;
p) articoli 4, 11 e 16, decreto del Presidente della
Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;
q) articoli 2, 3, commi da 1 a 5, 8 e 9; 4, commi 1, 2 e 12;
da 6 a 13, 14, commi da 1 a 6, 7, primo periodo, da 8 a 11, 14, 18,
19 e 21; 15, 16, 18, 20, da 23 a 26, 28 e 29, decreto del Presidente
della Repubblica 23 agosto 1988, n. 399;
r) articoli 1, commi 1 e 3; da 2 a 6, decreto del Presidente
del Consiglio 17 marzo 1989, n. 117;
s) articoli 3, commi 37, 38, 39, 40, 41; 4, comma 20, legge
24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 2 maggio 1996 (art. 9 dell'accordo successivo, con
riguardo al personale in servizio presso le istituzioni educative):
a) articoli da 92 a 102, regio decreto 1o settembre 1925, n.
2009;
b) art. 14, comma 16, decreto del Presidente della
Repubblica 23 agosto 1988, n. 399.
VII. Universita'
1. Dal 22 maggio 1996 (art. 56 del CCNL 1994-1997):
a) articoli 9, 10, da 12 a 17, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi
da 1 a 8; 70, 71, da 78 a 87, da 91 a 99, 124, 126, 127, da 129 a 131
e 134, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 14, 18, da 30 a 34 e 61 del decreto del
Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;
c) art. 50, legge 18 marzo 1968 n. 249;
d) art. 5, legge 25 ottobre 1977, n. 808;
e) articoli 15 e 170, legge 11 luglio 1980, n. 312;
f) art. 26, decreto del Presidente della Repubblica 11
luglio 1980, n. 382;
g) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
h) articoli 4, 7, 8, da 11 a 14, da 18 a 20 e 21, lettera
b), decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
i) articoli 2, 23, commi da 1 a 3; 24, comma 3, legge 29
gennaio 1986, n. 23;
j) articoli da 2 a 7; 8, con la decorrenza prevista nello
stesso art. 56 del Contratto collettivo nazionale del lavoro, 9, 12,
13, 20, comma 5; 23 comma 2; da 24 a 28, decreto del Presidente della
Repubblica 28 settembre 1987, n. 567;
k) articoli 2, 4, 15 e 16, decreto del Presidente della
Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;
l) art. 7, commi da 2 a 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554;
m) articoli 1, comma 1; 2, commi 1; da 3 a 6, decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 marzo 1989 n. 117;
n) art. 1, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
30 marzo 1989, n. 127;
o) articoli 5, 7, 10, 13, commi 1 e 2; 14, 16, 18, commi 2 e
3; 27, commi 3 e 4, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto
1990, n. 319;
p) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
VIII. Aziende autonome
1. Dal 6 aprile 1996 (art. 73 CCNL 1994-1997):
a) articoli 10, da 12 a 17, 36, 37, 39, 40, 41, comma 1, 68,
commi da 1 a 8; 70, 71, da 78 a 87, da 91 a 99 e 134, decreto del
Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 18, da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente
della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;
c) art. 50, legge 18 marzo 1968, n. 249;
d) art. 15, legge 11 luglio 1980, n. 312;
e) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
f) articoli 4, 11, 18, 20 e 21, decreto del Presidente della
Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
g) art. 10, decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 10 giugno 1986;
h) art. 53, decreto del Presidente della Repubblica 17
settembre 1987, n. 494;
i) articoli da 2 a 5, 11, da 14 a 16, 27, 37 e 105 lett. d),
decreto del Presidente della Repubblica 18 maggio 1987, n. 269;
j) art. 6, legge 10 agosto 1988, n. 357;
k) articoli 4 e 16, decreto del Presidente della Repubblica
23 agosto 1988, n. 395;
l) art. 32, commi da 1 a 5, legge 5 dicembre 1988, n. 521;
m) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
n) articoli 5, 15 e 21, decreto del Presidente della
Repubblica 4 agosto 1990, n. 335;
o) articoli 3, commi 23, 37, 38, 39, 40, 4; 4, comma 20,
legge del 24 dicembre 1993, n. 537.
IX. Enea
1. Dal 4 agosto 1997 (art. 79 CCNL 1994 1997):
a) art. 3, commi da 39 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537;
b) articoli 1, 1-bis, 1-ter, da 2 a 19, 19-bis, 19-ter, 20,
20-bis, 22, da 24 a 27, da 29 a 33, da 35 a 39, 41, 42,
comma 1, da 44 a 55, 57, 59, 60, da 63 a 79 del C.C.L. ENEA
31 dicembre 1988 - 30 dicembre 1991;
c) Parte generale, allegati, appendici e codici di
autoregolamentazione del diritto di sciopero afferenti al previgente
C.C.L. ENEA 31 dicembre 1988-30 dicembre 1991.
Allegato B
(Art. 71, comma 1)
Norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data
di entrata in vigore del decreto legislativo n. 29 del 1993 e dei
relativi decreti correttivi emanati ai sensi dell'art. 2, comma 5
della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che cessano di produrre effetti
a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi per il
quadriennio 1994-1997 per il personale dirigenziale ai sensi
dell'art. 69, comma 1, secondo periodo del presente decreto.
I. Ministeri
1. Dal 10 gennaio 1997 (art. 45 CCNL 1994-1997):
a) articoli 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 8;
70, 71, da 78 a 87, da 91 a 99 e 200, decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 18, da 30 a 34, decreto del Presidente della
Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;
c) art. 20, da 47 a 50, del decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1972, n. 748;
d) decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1977,
n. 422;
e) articoli da 133 a 135, legge 11 luglio 1980, n. 312;
f) decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681, convertito con
legge 20 novembre 1982, n. 869;
g) legge 17 aprile 1984, n. 79;
h) art. 8, legge 8 agosto 1985, n. 455;
i) art. 4, comma 4, decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853,
convertito con legge 17 dicembre 1985, n. 17;
j) articoli da 12 a 14, decreto del Presidente della
Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
k) art. 19, comma 8, legge 1o dicembre 1986, n. 870;
l) art. 23, comma 8, legge 30 dicembre 1986, n. 936;
m) art. 4, decreto-legge 28 agosto 1987, n. 356, convertito
con legge 27 ottobre 1987, n. 436;
n) art. 9, comma 4, decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86,
convertito con legge 20 maggio 1988, n. 160;
o) legge 22 giugno 1988, n. 221;
p) art. 3, comma 1, lettera i) parte 2, legge 10 ottobre
1989, n. 349;
q) articoli 2 e 3, legge 29 dicembre 1989, n. 412;
r) art. 14, legge 7 agosto 1990, n. 245;
s) art. 10, commi 1 e 2, decreto-legge 29 marzo 1991, n.
108, convertito con legge 1o giugno 1991, n. 169;
t) art. 1, legge 25 febbraio 1992, n. 209;
u) art. 3, comma 3, decreto-legge 4 dicembre 1992, n. 469,
convertito con legge 1o febbraio 1993, n. 23;
v) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 30 settembre 1997 (art. 15 CCNL integrativo 30
settembre 1997):
a) art. 18, comma 2-bis, decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502.
II. Enti pubblici non economici
1. Dal 12 ottobre 1996 (art. 50 CCNL 1994-1997):
a) articoli 9, 10, 37, 66, 68, commi da 1 a 7; 70 e 71,
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) art. 20, decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1972, n. 748;
c) articoli 9, comma 2; 23, legge 20 marzo 1975, n. 70;
d) art. 4, legge 17 aprile 1984, n. 79;
e) articoli 2, 3, commi 1 e 2, decreto-legge 11 gennaio
1985, n. 2, convertito, con modificazioni, con legge 8 marzo 1985, n.
72;
f) articoli 5, 6, 12, commi 1 e 2; 14, 15 e 16, comma 1,
decreto del Presidente della Repubblica 5 dicembre 1987, n. 551;
g) art. 13, comma 4, legge 9 marzo 1989, n. 88;
h) art. 5, comma 3, decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344,
convertito con legge 23 gennaio 1991, n. 21;
i) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
III. Regioni ed autonomie locali
1. Dall'11 aprile 1996 (art. 48 CCNL 1994-1997):
a) articoli 12, 37, 68, commi da 1 a 7; 70 e 71, decreto del
Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della
Repubblica del 3 maggio 1957, n. 686;
c) art. 9, decreto del Presidente della Repubblica 11
novembre 1980 n. 810;
d) art. 25, legge 29 marzo 1983 n. 93;
e) art. 7, da 17 a 19, 25, decreto del Presidente della
Repubblica 25 giugno 1983 n. 347;
f) articoli 11, da 18 a 21, decreto del Presidente della
Repubblica 1o febbraio 1986 n. 13;
g) art. 2, 15, da 25 a 29, 34, comma 1, lettera d); da 40 a
42, 56, 61 e 69, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica 13
maggio 1987 n. 268;
h) articoli 4, 16, decreto del Presidente della Repubblica
23 agosto 1988 n. 395;
i) art. 51, commi 9 e 10, legge 8 giugno 1990 n. 142, salvo
che per i limitati casi di cui all'art. 46;
j) articoli 3, 4, 16, da 30 a 32, da 37 a 40, 43, 44, 46,
decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990 n. 333;
k) articoli 3, commi dal 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n.
537.
IV. Sanita'
1. Per il personale con qualifica dirigenziale medica e
veterinaria, dal 6 dicembre 1996 (articoli 14, comma 6, 72, comma 7 e
75 CCNL 1994-1997):
a) articoli 12, da 37 a 41, 67, 68, commi da 1 a 7; da 69 a
71, da 78 a 123, con l'avvertenza che i procedimenti disciplinari in
corso alla data di stipulazione del Contratto collettivo nazionale
del lavoro vengono portati a termine secondo le norme e le procedure
vigenti alla data del loro inizio, decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della
Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;
c) art. 7, comma 3, legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
limitatamente ai primi 30 giorni di assenza retribuita in ciascun
anno di vita del bambino fino al compimento del terzo anno;
d) articoli 14, 16, 27, comma 4; 32, 33, 35, 37, 38, 47, 51,
52, 54, 55, 56, comma a punti 1) e 2); 57, 60, 61, decreto del
Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761;
e) articoli 18 e 20, decreto del Ministro della sanita' 30
gennaio 1982;
f) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno del
1983, n. 348;
h) articoli da 18 a 21, decreto del Presidente della
Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
i) art. 69, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica
13 maggio 1987, n. 268;
j) articoli 28, 29, 38, 53, 54, da 73 a 78, 80, da 82 a 90,
92, comma 8; 112, decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio
1987, n. 270;
k) art. 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto
1988, n. 395;
l) articoli 38 e 43, decreto del Presidente della Repubblica
3 agosto 1990, n. 333;
m) articoli 7; da 73 a 76; 79; 86; 102; 104; 108; 109, 110,
commi 1, 5 e 6; da 111 a 114, 116, 118, 119, 123, fatto salvo quanto
previsto dall'art. 65, comma 9, del Contratto collettivo nazionale
del lavoro 1994-1997 per il quale la disapplicazione della lettera b)
del sesto comma decorre dal 1o gennaio 1997; da 124 a 132; 134, commi
da 4 a 6, decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 1990,
n. 384;
n) art. 18, commi 1 lettera f) e 2-bis, eccetto l'ultimo
periodo del secondo capoverso, decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502;
o) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 6 agosto 1997 (art. 1 comma 14 del CCNL del 5 agosto
1997):
a) art. 9, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica
20 dicembre 1979, n. 761;
b) art. 9, comma 17, legge 20 maggio 1985, n. 207,
limitatamente alla durata dell'incarico;
c) art. 3, comma 23, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
3. Per il personale con qualifica dirigenziale sanitaria
professionale, tecnica, amministrativa, dal 6 dicembre 1996 (articoli
14, comma 6 e 72 CCNL 1994 - 1997):
a) articoli 12, da 37 a 41, 67, 68, commi da 1 a 7; da 69 a
71, da 78 a 123, con l'avvertenza che i procedimenti disciplinari in
corso alla data di stipulazione del Contratto collettivo nazionale
del lavoro vengono portati a termine secondo le norme e le procedure
vigenti alla data del loro inizio, decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della
Repubblica 3 maggio 1957 n. 686;
c) art. 7, comma 3, legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
limitatamente ai primi trenta giorni di assenza retribuita in ciascun
anno di vita del bambino fino al compimento del terzo anno;
d) articoli 14, 16, 27, comma 4; 32, 33, 37, 38, 47, 51, 52,
54, 55, 56, comma 1, punto 1) e 2); 57, 60 e 61, decreto del
Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761;
e) articoli 18 e 20, decreto del Ministro della sanita' 30
gennaio 1982;
f) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983,
n. 348;
h) articoli da 18 a 21, decreto del Presidente della
Repubblica 1 febbraio 1986, n. 13;
i) art. 69, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica
13 maggio 1987, n. 268;
j) articoli da 2 a 4, 16, 18, 26, 28, 29, 38 e 112, decreto
del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270;
k) art. 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto
1988, n. 395;
l) articoli 38 e 43, decreto del Presidente della Repubblica
3 agosto 1990, n. 333;
m) articoli da 3 a 7, 9, 10 nei limiti definiti dall'art 72
del Contratto collettivo nazionale del lavoro; 16, 34, 41, da 44 a
47, 53, da 57 a 67, nei limiti definiti dall'art. 72 del contratto
collettivo nazionale del lavoro; 68, commi 4, 5 e 9; 76, decreto del
Presidente della Repubblica 28 novembre 1990, n. 384 ;
n) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537;
o) art. 18, commi 1 p.to f) e 2-bis, eccetto l'ultimo
periodo del secondo capoverso, decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502.
4. Dal 6 agosto 1997 (articolo 1 comma 14 del CCNL del 5
agosto 1997):
a) art. 9, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica
20 dicembre 1979, n. 761;
b) art. 7, comma 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554;
c) art. 9, comma 17, legge 20 maggio 1985, n. 207,
limitatamente alla durata dell'incarico;
d) articoli 1 e 5, decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 30 marzo 1989, n. 127;
e) art. 3, comma 23, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
V. Istituzioni ed enti di ricerca
1. Dal 6 Marzo 1998 (art. 80 CCNL 1994-1997):
a) articoli 9, 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a
7 e comma 8, con esclusione del riferimento all'equo indennizzo; 70,
71, da 78 a 122, 124, 126, 127, da 129 a 131, decreto del Presidente
della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 14 e 18, decreto del Presidente della Repubblica
3 maggio 1957, n. 686;
c) articoli 8, comma 1, relativamente all'obbligo di
residenza; 9, commi 1 e 3; 11, 12, 23 e 39, legge 20 marzo 1975, n.
70;
d) articoli. 52, 53 e 65, decreto del Presidente della
Repubblica 26 maggio 1976, n. 411;
e) articoli 11, commi 3 e 4; 17, decreto del Presidente
della Repubblica 16 ottobre 1979, n. 509;
f) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) articoli 7, 8, 18, 20, commi 1, 2 e 4; 21, lettera b),
decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
h) articoli 1, da 3 a 6, 9, 10, 36, decreto del Presidente
della Repubblica 28 settembre 1987, n. 568;
i) articoli 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica
23 agosto 1988, n. 395;
l) articoli 1, 11, 17, commi 1 e da 5 a 13, con la
decorrenza prevista dall'art. 80 del contratto collettivo nazionale
del lavoro; 18, commi 1, 2 e 5, con la decorrenza prevista dall'art.
80 del contratto collettivo nazionale del lavoro e 6; 19, commi 1 e
2; 34, 38, comma 3; 39, decreto del Presidente della Repubblica del
12 febbraio 1991, n. 171;
m) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
VI. Universita'
1. Dal 6 febbraio 1997 (art. 50 CCNL 1994-1997):
a) articoli 9, 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 66, 68, commi da
1 a 7; 70, 71, da 78 a 87, da 91 a 122, 124, 126, 127, 129 e 131,
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 18, 30, da 31 a 34, decreto del Presidente della
Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;
c) art. 20, decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1972, n. 748;
d) articoli 15, da 133 a 135, legge 11 luglio 1980, n. 312;
e) art. 4, legge 17 aprile 1984, n. 79;
f) art. 4, legge 10 luglio 1984, n. 301;
g) art. 2, 3 comma 2, decreto-legge 11 gennaio 1985, n. 2,
convertito con legge 8 marzo 1985, n. 72;
h) art. 21, decreto del Presidente della Repubblica 1o
febbraio 1986, n. 13;
i) art. 1, decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413,
convertito con legge 28 febbraio 1990, n. 37;
j) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537;
k) art. 13, del decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 21 aprile 1994, n. 439.
VII. Aziende autonome
1. Dall'11 novembre 1997 (art. 53 CCNL 1994-1997):
a) articoli 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 8;
da 69 a 71, da 78 a 87, da 91 a 99 e 200, con le decorrenze previste
dall'art. 53 lett. h, del contratto collettivo nazionale del lavoro,
decreto del Presidente della Repubblica del 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 18, da 30 a 34, decreto del Presidente della
Repubblica 3 maggio 1957 n. 686;
c) legge 3 luglio 1970, n. 483, per la parte relativa al
personale con qualifica dirigenziale;
d) articoli 20, da 47 a 50, decreto del Presidente della
Repubblica, 30 giugno 1972, n. 748:
e) decreto del Presidente della Repubblica, 22 luglio 1977,
n. 422;
f) articoli da 133 a 135, legge 11 luglio 1980, n. 312;
g) decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681, convertito con
legge 20 novembre 1982, n. 869;
h) articolo 11, comma 3, legge 13 maggio 1983, n. 197;
i) legge 17 aprile 1984, n. 79;
j) articoli da 12 a 14, decreto del Presidente della
Repubblica 1o febbraio 1986, n. 13;
k) decreto-legge 10 maggio 1986, n. 154, convertito con
legge 11 luglio 1986, n. 341;
l) art. 13 decreto-legge 4 agosto 1987, n. 325, convertito
con legge 3 ottobre 1987, n. 402;
m) art. 6, decreto-legge 7 settembre 1987, n. 370,
convertito con legge 4 novembre 1987, n. 460;
n) art. 9, comma 4, decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86,
convertito con legge 20 maggio 1988, n. 160;
o) art. 6, legge 10 agosto 1988, n. 357;
p) art. 3 commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
VIII. Enea
1. Dal 4 agosto 1997 (art. 90 CCNL 4 agosto 1997):
a) art. 3, commi da 39 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537;
b) articoli 1, 1-bis, 1-ter, da 2 a 16, 16-bis, 17, 18, 19,
19-bis, 19-ter, 20, 20-bis, 22, da 24 a 27, da 29 a 39, 41,
42, da 44 a 55, 57, 59, 60, 63, 64, 67, 69, 70, 75, da 77 a
79 del previgente CCL ENEA 31 dicembre 1988 - 30 dicembre
1991;
c) Parte generale, gli allegati, e le appendici ed i Codici
di autoregolamentazione del diritto di sciopero afferenti al
previgente CCL ENEA 31 dicembre 1988-30 dicembre 1991.
Allegato C
(Art. 71, comma 2)
Norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data
di entrata in vigore del decreto legislativo n. 29 del 1993 e dei
relativi decreti correttivi emanati ai sensi dell'art. 2, comma 5
della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che cessano di produrre effetti
a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali per
il quadriennio 1998-2001 per il personale delle Regioni ed autonomie
locali (ai sensi dell'art. 69, comma 1, terzo periodo del presente
decreto).
I. Personale non dirigenziale
1. Dal 1o aprile 1999 (art. 28 CCNL 1998-2001):
a) articoli 10, 27, e allegato A, decreto del Presidente
della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347;
b) allegato A, decreto del Presidente della Repubblica 31
maggio 1984, n. 665;
c) articoli 10, 21, escluso comma 4, da 57 a 59, 62, comma
1; 69, comma 1; 71 e 73, del decreto del Presidente della Repubblica
13 maggio 1987, n. 268;
d) articoli 22, comma 1, 33, escluso comma 5; da 34 a 36,
del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333 e
tabelle 1, 2 e 3 allegate;
e) articoli 16, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 253,
dalla data di effettiva attuazione del comma 3, art. 21 del Contratto
collettivo nazionale del lavoro.
Decreto Legislativo n. 151 del 26 marzo 2001
(Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2001 - Supplemento Ordinario n. 93)
Oggetto:
"Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53".
Nota: si segnalano in particolare i seguenti articoli:
Art. 33. Prolungamento del congedo
Art. 42. Riposi e permessi per i figli con handicap grave
Art. 53. Lavoro notturno
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l’articolo 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53, recante delega al Governo per l’emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità, nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro le disposizioni vigenti in materia, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 15 dicembre 2000;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 15 gennaio 2001;
Acquisito il parere delle competenti commissioni parlamentari;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 marzo 2001;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, per le pari opportunità e per la funzione pubblica;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1.
Oggetto
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 5;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 17, comma 3)
1. Il presente testo unico disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità.
2. Sono fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione.
Art. 2.
Definizioni
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 1, e 13)
1. Ai fini del presente testo unico:
a) per "congedo di maternità" si intende l’astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice;
b) per "congedo di paternità" si intende l’astensione dal lavoro del lavoratore, fruito in alternativa al congedo di maternità;
c) per "congedo parentale", si intende l’astensione facoltativa della lavoratrice o del lavoratore;
d) per "congedo per la malattia del figlio" si intende l’astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore in dipendenza della malattia stessa;
e) per "lavoratrice" o "lavoratore", salvo che non sia altrimenti specificato, si intendono i dipendenti, compresi quelli con contratto di apprendistato, di amministrazioni pubbliche, di privati datori di lavoro nonché i soci lavoratori di cooperative.
2. Le indennità di cui al presente testo unico corrispondono, per le pubbliche amministrazioni, ai trattamenti economici previsti, ai sensi della legislazione vigente, da disposizioni normative e contrattuali. I trattamenti economici non possono essere inferiori alle predette indennità.
Art. 3.
Divieto di discriminazione
1. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale, attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, secondo quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 1 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
2. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale, per quanto concerne sia l’accesso sia i contenuti, secondo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 1 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
3. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda la retribuzione, la classificazione professionale, l’attribuzione di qualifiche e mansioni e la progressione nella carriera, secondo quanto previsto dagli articoli 2 e 3 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
Art. 4.
Sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 11;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 10)
1. In sostituzione delle lavoratrici e dei lavoratori assenti dal lavoro, in virtù delle disposizioni del presente testo unico, il datore di lavoro può assumere personale con contratto a tempo determinato o temporaneo, ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 1, secondo comma, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, e dell’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 24 giugno 1997, n. 196, e con l’osservanza delle disposizioni delle leggi medesime.
2. L’assunzione di personale a tempo determinato e di personale temporaneo, in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo ai sensi del presente testo unico può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di inizio del congedo, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva.
3. Nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi a carico del datore di lavoro che assume personale con contratto a tempo determinato in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo, è concesso uno sgravio contributivo del 50 per cento. Quando la sostituzione avviene con contratto di lavoro temporaneo, l’impresa utilizzatrice recupera dalla società di fornitura le somme corrispondenti allo sgravio da questa ottenuto.
4. Le disposizioni del comma 3 trovano applicazione fino al compimento di un anno di età del figlio della lavoratrice o del lavoratore in congedo o per un anno dall’accoglienza del minore adottato o in affidamento.
5. Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui al Capo XI, è possibile procedere, in caso di maternità delle suddette lavoratrici, e comunque entro il primo anno di età del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, all’assunzione di personale a tempo determinato e di personale temporaneo, per un periodo massimo di dodici mesi, con le medesime agevolazioni di cui al comma 3.
Art. 5.
Anticipazione del trattamento di fine rapporto
(legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 7)
1. Durante i periodi di fruizione dei congedi di cui all’articolo 32, il trattamento di fine rapporto può essere anticipato ai fini del sostegno economico, ai sensi dell’articolo 7 della legge 8 marzo 2000, n. 53. Gli statuti delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, possono prevedere la possibilità di conseguire tale anticipazione.
Capo II
TUTELA DELLA SALUTE DELLA LAVORATRICE
Art. 6.
Tutela della sicurezza e della salute
(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 1; legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 9)
1. Il presente Capo prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio, che hanno informato il datore di lavoro del proprio stato, conformemente alle disposizioni vigenti, fatto salvo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 8.
2. La tutela si applica, altresì, alle lavoratrici che hanno ricevuto bambini in adozione o in affidamento, fino al compimento dei sette mesi di età.
3. Salva l’ordinaria assistenza sanitaria e ospedaliera a carico del Servizio sanitario nazionale, le lavoratrici, durante la gravidanza, possono fruire presso le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, con esclusione dal costo delle prestazioni erogate, oltre che delle periodiche visite ostetrico-ginecologiche, delle prestazioni specialistiche per la tutela della maternità, in funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale, previste dal decreto del Ministro della sanità di cui all’articolo 1, comma 5, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, purchè prescritte secondo le modalità ivi indicate.
Art. 7.
Lavori vietati
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 3, 30, comma 8, e 31, comma 1; decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 3; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 12, comma 3)
1. È vietato adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri. I lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono indicati dall’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, riportato nell’allegato A del presente testo unico. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, provvede ad aggiornare l’elenco di cui all’allegato A.
2. Tra i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono inclusi quelli che comportano il rischio di esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro, indicati nell’elenco di cui all’allegato B.
3. La lavoratrice è addetta ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto.
4. La lavoratrice è, altresì, spostata ad altre mansioni nei casi in cui i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, d’ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna.
5. La lavoratrice adibita a mansioni inferiori a quelle abituali conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originale. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora la lavoratrice sia adibita a mansioni equivalenti o superiori.
6. Quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, può disporre l’interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui al presente Capo, in attuazione di quanto previsto all’articolo 17.
7. L’inosservanza delle disposizioni contenute nei commi 1, 2, 3 e 4 è punita con l’arresto fino a sei mesi.
Art. 8.
Esposizione a radiazioni ionizzanti
(decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, art. 69)
1. Le donne, durante la gravidanza, non possono svolgere attività in zone classificate o, comunque, essere adibite ad attività che potrebbero esporre il nascituro ad una dose che ecceda un millisievert durante il periodo della gravidanza.
2. È fatto obbligo alle lavoratrici di comunicare al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza, non appena accertato.
3. È altresì vietato adibire le donne che allattano ad attività comportanti un rischio di contaminazione.
Art. 9.
Polizia di Stato, penitenziaria e municipale
(legge 7 agosto 1990, n. 232, art. 13;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 14)
1. Fermo restando quanto previsto dal presente Capo, durante la gravidanza è vietato adibire al lavoro operativo le appartenenti alla Polizia di Stato.
2. Per le appartenenti alla Polizia di Stato, gli accertamenti tecnico-sanitari previsti dal presente testo unico sono devoluti al servizio sanitario dell’amministrazione della pubblica sicurezza, in conformità all’articolo 6, lettera z), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni.
3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano al personale femminile del corpo di polizia penitenziaria e ai corpi di polizia municipale.
Art. 10.
Personale militare femminile
(decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, art. 4, comma 3)
1. Fatti salvi i periodi di divieto di adibire al lavoro le donne previsti agli articoli 16 e 17, comma 1, durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi successivi al parto il personale militare femminile non può svolgere incarichi pericolosi, faticosi ed insalubri, da determinarsi con decreti adottati, sentito il comitato consultivo di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 20 ottobre 1999, n. 380, dal Ministro della difesa, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e delle pari opportunità per il personale delle Forze armate, nonché con il Ministro dei trasporti e della navigazione per il personale delle capitanerie di porto, e dal Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e delle pari opportunità per il personale del Corpo della guardia di finanza.
Art. 11.
Valutazione dei rischi
(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 4)
1. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 7, commi 1 e 2, il datore di lavoro, nell’ambito ed agli effetti della valutazione di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, valuta i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, in particolare i rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, processi o condizioni di lavoro di cui all’allegato C, nel rispetto delle linee direttrici elaborate dalla Commissione dell’Unione europea, individuando le misure di prevenzione e protezione da adottare.
2. L’obbligo di informazione stabilito dall’articolo 21 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, comprende quello di informare le lavoratrici ed i loro rappresentati per la sicurezza sui risultati della valutazione e sulle conseguenti misure di protezione e di prevenzione adottate.
Art. 12.
Conseguenze della valutazione
(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 5)
1. Qualora i risultati della valutazione di cui all’articolo 11, comma 1, rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinchè l’esposizione al rischio delle lavoratrici sia evitata, modificandone temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro.
2. Ove la modifica delle condizioni o dell’orario di lavoro non sia possibile per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro applica quanto stabilito dall’articolo 7, commi 3, 4 e 5, dandone contestuale informazione scritta al servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, che può disporre l’interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui all’articolo 6, comma 1, in attuazione di quanto previsto all’articolo 17.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 trovano applicazione al di fuori dei casi di divieto sanciti dall’articolo 7, commi 1 e 2.
4. L’inosservanza della disposizione di cui al comma 1 è punita con la sanzione di cui all’articolo 7, comma 7.
Art. 13.
Adeguamento alla disciplina comunitaria
(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, articoli 2 e 8)
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, sono recepite le linee direttrici elaborate dalla Commissione dell’Unione europea, concernenti la valutazione degli agenti chimici, fisici e biologici, nonché dei processi industriali ritenuti pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici e riguardanti anche i movimenti, le posizioni di lavoro, la fatica mentale e fisica e gli altri disagi fisici e mentali connessi con l’attività svolta dalle predette lavoratrici.
2. Con la stessa procedura di cui al comma 1, si provvede ad adeguare ed integrare la disciplina contenuta nel decreto di cui al comma 1, nonché a modificare ed integrare gli elenchi di cui agli allegati B e C, in conformità alle modifiche alle linee direttrici e alle altre modifiche adottate in sede comunitaria.
Art. 14.
Controlli prenatali
(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 7)
1. Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l’orario di lavoro.
2. Per la fruizione dei permessi di cui al comma 1 le lavoratrici presentano al datore di lavoro apposita istanza e successivamente presentano la relativa documentazione giustificativa attestante la data e l’orario di effettuazione degli esami.
Art. 15.
Disposizioni applicabili
(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 9)
1. Per quanto non diversamente previsto dal presente Capo, restano ferme le disposizioni recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, nonché da ogni altra disposizione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.
Capo III
CONGEDO DI MATERNITÀ
Art. 16.
Divieto di adibire al lavoro le donne
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4)
1. È vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all’articolo 20;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto;
d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternita' dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.
(Rinvio e sospensione del congedo di maternita').
1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternita' per il periodo di cui all'articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino. 2. Il diritto di cui al comma 1 puo' essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed e' subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilita' dello stato di salute della donna con la ripresa dell'attivita' lavorativa.
Art. 17.
Estensione del divieto
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi 6, 7, 9 e 10)
1. Il divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all’avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all’emanazione del primo decreto ministeriale, l’anticipazione del divieto di lavoro è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.
2. Il servizio ispettivo del Ministero del lavoro può disporre, sulla base di accertamento medico, avvalendosi dei competenti organi del Servizio sanitario nazionale, ai sensi degli articoli 2 e 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, l’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza, fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell’articolo 16, per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dal servizio stesso, per i seguenti motivi:
a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12.
3. L’astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, secondo le risultanze dell’accertamento medico ivi previsto. In ogni caso il provvedimento dovrà essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell’istanza della lavoratrice.
4. L’astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 può essere disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, d’ufficio o su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attività di vigilanza constati l’esistenza delle condizioni che danno luogo all’astensione medesima.
5. I provvedimenti dei servizi ispettivi previsti dai presente articolo sono definitivi.
Art. 18.
Sanzioni
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 1)
1. L’inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 16 e 17 è punita con l’arresto fino a sei mesi.
Art. 19.
Interruzione della gravidanza
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 20)
1. L’interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è considerata a tutti gli effetti come malattia.
2. Ai sensi dell’articolo 17 della legge 22 maggio 1978, n. 194, la pena prevista per chiunque cagioni ad una donna, per colpa, l’interruzione della gravidanza o un parto prematuro è aumentata se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro.
Art. 20.
Flessibilità del congedo di maternità
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4-bis;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 12, comma 2)
1. Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, definisce con proprio decreto l’elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni del comma 1.
Art. 21.
Documentazione
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, comma 5, e 28)
1. Prima dell’inizio del periodo di divieto di lavoro di cui all’articolo 16, lettera a), le lavoratrici devono consegnare al datore di lavoro e all’istituto erogatore dell’indennità di maternità il certificato medico indicante la data presunta del parto. La data indicata nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione.
2. La lavoratrice è tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato di nascita del figlio, ovvero la dichiarazione sostitutiva, ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
Art. 22.
Trattamento economico e normativo
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5;
legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 3, comma 2;
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, commi 4 e 5)
1. Le lavoratrici hanno diritto ad un’indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.
2. L’indennità è corrisposta con le modalità di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, ed è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.
3. I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
4. I medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità di cui all’articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell’indennità di mobilità. I medesimi periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell’indennità di mobilità.
5. Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.
6. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
7. Non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell’articolo 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di maternità, rifiuta l’offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero l’avviamento a corsi di formazione professionale.
Art. 23.
Calcolo dell’indennità
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 16)
1. Agli effetti della determinazione della misura dell’indennità, per retribuzione s’intende la retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità.
2. Al suddetto importo va aggiunto il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati alla lavoratrice.
3. Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono considerati agli effetti della determinazione delle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria per le indennità economiche di malattia.
4. Per retribuzione media globale giornaliera si intende l’importo che si ottiene dividendo per trenta l’importo totale della retribuzione del mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo. Qualora le lavoratrici non abbiano svolto l’intero periodo lavorativo mensile per sospensione del rapporto di lavoro con diritto alla conservazione del posto per interruzione del rapporto stesso o per recente assunzione si applica quanto previsto al comma 5, lettera c).
5. Nei confronti delle operaie dei settori non agricoli, per retribuzione media globale giornaliera s’intende:
a) nei casi in cui, o per contratto di lavoro o per la effettuazione di ore di lavoro straordinario, l’orario medio effettivamente praticato superi le otto ore giornaliere, l’importo che si ottiene dividendo l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero dei giorni lavorati o comunque retribuiti;
b) nei casi in cui, o per esigenze organizzative contingenti dell’azienda o per particolari ragioni di carattere personale della lavoratrice, l’orario medio effettivamente praticato risulti inferiore a quello previsto dal contratto di lavoro della categoria, l’importo che si ottiene dividendo l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero delle ore di lavoro effettuato e moltiplicando il quoziente ottenuto per il numero delle ore giornaliere di lavoro previste dal contratto stesso. Nei casi in cui i contratti di lavoro prevedano, nell’ambito di una settimana, un orario di lavoro identico per i primi cinque giorni della settimana e un orario ridotto per il sesto giorno, l’orario giornaliero è quello che si ottiene dividendo per sei il numero complessivo delle ore settimanali contrattualmente stabilite;
c) in tutti gli altri casi, l’importo che si ottiene dividendo l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti, risultanti dal periodo stesso.
Art. 24.
Prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, comma 3)
1. L’indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall’articolo 54, comma 3, lettere b) e c), che si verifichino durante i periodi di congedo di maternità previsti dagli articoli 16 e 17.
2. Le lavoratrici gestanti che si trovino, all’inizio del periodo di congedo di maternità, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate, sono ammesse al godimento dell’indennità giornaliera di maternità purchè tra l’inizio della sospensione, dell’assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più di sessanta giorni.
3. Ai fini del computo dei predetti sessanta giorni, non si tiene conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali, nè del periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternità, nè del periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento, nè del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale.
4. Qualora il congedo di maternità abbia inizio trascorsi sessanta giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all’inizio del periodo di congedo stesso, disoccupata e in godimento dell’indennità di disoccupazione, ha diritto all’indennità giornaliera di maternità anzichè all’indennità ordinaria di disoccupazione.
5. La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel comma 4, ma che non è in godimento della indennità di disoccupazione perchè nell’ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all’indennità giornaliera di maternità, purchè al momento dell’inizio del congedo di maternità non siano trascorsi più di centottanta giorni dalla data di risoluzione del rapporto e, nell’ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo favore, nell’assicurazione obbligatoria per le indennità di maternità, ventisei contributi settimanali.
6. La lavoratrice che, nel caso di congedo di maternità iniziato dopo sessanta giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi, all’inizio del congedo stesso, sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogo di tale trattamento, all’indennità giornaliera di maternità.
7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai casi di fruizione dell’indennità di mobilità di cui all’articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223.
Art. 25.
Trattamento previdenziale
(decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, art. 2, commi 1, 4, 6)
1. Per i periodi di congedo di maternità, non è richiesta, in costanza di rapporto di lavoro, alcuna anzianità contributiva pregressa ai fini dell’accreditamento dei contributi figurativi per il diritto alla pensione e per la determinazione della misura stessa.
2. In favore dei soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, i periodi corrispondenti al congedo di maternità di cui agli articoli 16 e 17, verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il soggetto possa far valere, all’atto della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro. La contribuzione figurativa viene accreditata secondo le disposizioni di cui all’articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155, con effetto dal periodo in cui si colloca l’evento.
3. Per i soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti ed ai fondi sostitutivi dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, gli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 2 sono addebitati alla relativa gestione pensionistica. Per i soggetti iscritti ai fondi esclusivi dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia ed i superstiti, gli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 2 sono posti a carico dell’ultima gestione pensionistica del quinquennio lavorativo richiesto nel medesimo comma.
Art. 26.
Adozioni e affidamenti
(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1)
“1. Il congedo di maternità come regolato dal presente Capo spetta, per un periodo massimo di cinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore.
2. In caso di adozione nazionale, il congedo dev’essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice.
3. In caso di adozione internazionale, il congedo può essere fruito prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia.
4. La lavoratrice che, per il periodo di permanenza all’estero di cui al comma 3, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternità, può fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità.
5. L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero della lavoratrice.
6. Nel caso di affidamento di minore, il congedo può essere fruito entro cinque mesi dall’affidamento, per un periodo massimo di tre mesi”.
Art. 27.
Abrogato
Capo IV
CONGEDO DI PATERNITÀ
Congedo di paternita'
(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, commi 1 e 2)
1. Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternita' o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, si applicano anche qualora la madre sia lavoratrice autonoma avente diritto all'indennita' di cui all'articolo 66. (33) ((35))
1-ter. L'indennita' di cui all'articolo 66 spetta al padre lavoratore autonomo, previa domanda all'INPS, per tutta la durata del congedo di maternita' o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. (33) ((35))
2. Il padre lavoratore che intende avvalersi del diritto di cui ai commi 1 e 1-bis presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L'INPS provvede d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari all'erogazione dell'indennita' di cui al comma 1-ter, con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente. (33) ((35))
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AGGIORNAMENTO (33)
Il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80 ha disposto:
- (con l'art. 26, comma 2) che le presenti modifiche si applicano in via sperimentale esclusivamente per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell'anno 2015 medesimo;
- (con l'art. 26, comma 3) che "Il riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 e' condizionato alla entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria";
- (con l'art. 26, comma 4) che "Nel caso in cui non entrino in vigore i provvedimenti di cui al comma 3, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con riferimento alle giornate di astensione riconosciute a decorrere dall'anno 2016, le disposizioni modificate dagli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 si applicano nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto".
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AGGIORNAMENTO (35)
Il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 nel modificare l'art. 26, comma 2 del D.Lgs. 15 giugmo 2015, n. 80 ha conseguentemente disposto (con l'art. 43, comma 2) che "I benefici di cui agli articoli dal 2 al 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, sono riconosciuti anche per gli anni successivi al 2015, in relazione ai quali continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui all'articolo 27 del predetto decreto legislativo".
Art. 29.
Trattamento economico e normativo
(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 3)
1. Il trattamento economico e normativo è quello spettante ai sensi degli articoli 22 e 23.
Art. 30.
Trattamento previdenziale
1. Il trattamento previdenziale è quello previsto dall’articolo 25.
Art. 31.
Adozioni e affidamenti
1. Il congedo di cui all’art. 26, commi 1, 2 e 3, che non sia stato chiesto dalla lavoratrice spetta , alle medesime condizioni, al lavoratore.
2. Il congedo di cui all’art. 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore. L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero del lavoratore”.
Capo V
CONGEDO PARENTALE
Congedo parentale (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, e 7, commi 1, 2 e 3)
1. Per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalita' stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fattosalvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete: (33) ((35))
a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternita' di cui al Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2;
c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.
1-bis. La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalita' di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonche' i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Per il personale del comparto sicurezza e difesa di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico, la disciplina collettiva prevede, altresi', al fine di tenere conto delle peculiari esigenze di funzionalita' connesse all'espletamento dei relativi servizi istituzionali, specifiche e diverse modalita' di fruizione e di differimento del congedo.
1-ter. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalita' di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore puo' scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria e' consentita in misura pari alla meta' dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Nei casi di cui al presente comma e' esclusa la cumulabilita' della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico. (33) ((35))
2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori e' elevato a undici mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore e' tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilita', a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalita' e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso e' pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria. (33) ((35))
4. Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.
4-bis. Durante il periodo di congedo, il lavoratore e il datore di lavoro concordano, ove necessario, adeguate misure di ripresa dell'attivita' lavorativa, tenendo conto di quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva.
Art. 33.
Prolungamento del congedo
(legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, commi 1 e 2;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 20)
1. Per ogni minore con handicap in situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all'articolo 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore. (33) ((35))
2. In alternativa al prolungamento del congedo possono essere fruiti i riposi di cui all'articolo 42, comma 1.
3. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.
4. PERIODO SOPPRESSO DAL D.LGS. 18 LUGLIO 2011, N. 119. Il prolungamento di cui al comma 1 decorre dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale spettante al richiedente ai sensi dell'articolo 32.
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AGGIORNAMENTO (33)
Il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80 ha disposto:
- (con l'art. 26, comma 2) che la presente modifica si applica in via sperimentale esclusivamente per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell'anno 2015 medesimo;
- (con l'art. 26, comma 3) che "Il riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 e' condizionato alla entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria";
- (con l'art. 26, comma 4) che "Nel caso in cui non entrino in vigore i provvedimenti di cui al comma 3, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con riferimento alle giornate di astensione riconosciute a decorrere dall'anno 2016, le disposizioni modificate dagli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 si applicano nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto".
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AGGIORNAMENTO (35)
Il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 nel modificare l'art. 26, comma 2 del D.Lgs. 15 giugmo 2015, n. 80 ha conseguentemente disposto (con l'art. 43, comma 2) che "I benefici di cui agli articoli dal 2 al 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, sono riconosciuti anche per gli anni successivi al 2015, in relazione ai quali continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui all'articolo 27 del predetto decreto legislativo".
Art. 34.
Trattamento economico e normativo
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 15, commi 2 e 4, e 7, comma 5)
1. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 alle lavoratrici e ai lavoratori e' dovuta ((fino al sesto anno)) di vita del bambino, un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. L'indennita' e' calcolata secondo quanto previsto all'articolo 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso. ((33))
2. Si applica il comma 1 per tutto il periodo di prolungamento del congedo di cui all'articolo 33.
3. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 ulteriori rispetto a quanto previsto ai commi 1 e 2 e' dovuta ((, fino all'ottavo anno di vita del bambino,)) un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito e' determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo. ((33))
4. L'indennita' e' corrisposta con le modalita' di cui all'articolo 22, comma 2.
5. I periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianita' di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilita' o alla gratifica natalizia.
6. Si applica quanto previsto all'articolo 22, commi 4, 6 e 7.
Art. 35.
Trattamento previdenziale
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 15, comma 2, lettere a) e b);
decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, articoli 2, commi 2, 3 e 5)
1. I periodi di congedo parentale che danno diritto al trattamento economico e normativo di cui all’articolo 34, commi 1 e 2, sono coperti da contribuzione figurativa. Si applica quanto previsto al comma 1 dell’articolo 25.
2. I periodi di congedo parentale di cui all’articolo 34, comma 3, compresi quelli che non danno diritto al trattamento economico, sono coperti da contribuzione figurativa, attribuendo come valore retributivo per tale periodo il 200 per cento del valore massimo dell’assegno sociale, proporzionato ai periodi di riferimento, salva la facoltà di integrazione da parte dell’interessato, con riscatto ai sensi dell’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, ovvero con versamento dei relativi contributi secondo i criteri e le modalità della prosecuzione volontaria.
3. Per i dipendenti di amministrazioni pubbliche e per i soggetti iscritti ai fondi sostitutivi dell’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Istituto nazionale previdenza sociale (INPS) ai quali viene corrisposta una retribuzione ridotta o non viene corrisposta alcuna retribuzione nei periodi di congedo parentale, sussiste il diritto, per la parte differenziale mancante alla misura intera o per l’intera retribuzione mancante, alla contribuzione figurativa da accreditare secondo le disposizioni di cui all’articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155.
4. Gli oneri derivanti dal riconoscimento della contribuzione figurativa di cui al comma 3, per i soggetti iscritti ai fondi esclusivi o sostitutivi dell’assicurazione generale obbligatoria, restano a carico della gestione previdenziale cui i soggetti medesimi risultino iscritti durante il predetto periodo.
5. Per i soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, i periodi non coperti da assicurazione e corrispondenti a quelli che danno luogo al congedo parentale, collocati temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro, possono essere riscattati, nella misura massima di cinque anni, con le modalità di cui all’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, e successive modificazioni, a condizione che i richiedenti possano far valere, all’atto della domanda, complessivamente almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di effettiva attività lavorativa.
Art. 36.
Adozioni e affidamenti
(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 2;
legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 7;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5)
1. Il congedo parentale di cui al presente Capo spetta anche per le adozioni e gli affidamenti.
2. Il congedo parentale puo' essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l'eta' del minore, ((entro dodici anni dall'ingresso del minore in famiglia)), e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore eta'. ((33))
3. L'indennita' di cui all'articolo 34, comma 1, e' dovuta, per il periodo massimo complessivo ivi previsto, entro i sei anni dall'ingresso del minore in famiglia.)).
Art. 37
Adozioni e affidamenti preadottivi internazionali
(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 2;
legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 31, comma 3, lettera n), e 39-quater, lettera b)
1. In caso di adozione e di affidamento preadottivo internazionale si applicano le disposizioni dell’articolo 36.
2. L’Ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del congedo parentale.
Art. 38.
Sanzioni
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)
1. Il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui al presente Capo sono puniti con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni.
Capo VI
RIPOSI E PERMESSI
Art. 39.
Riposi giornalieri della madre
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10)
1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.
2. I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall’azienda.
3. I periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
Art. 40.
Riposi giornalieri del padre
(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-ter)
1. I periodi di riposo di cui all’articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore:
a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in caso di morte o di grave infermità della madre.
Art. 41.
Riposi per parti plurimi
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10, comma 6)
1. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dall’articolo 39, comma 1, possono essere utilizzate anche dal padre.
Art. 42.
Riposi e permessi per i figli con handicap grave
(legge 8 marzo 2000, n. 53, articoli 4, comma 4-bis, e 20)
1. Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità e in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale, si applica l’articolo 33, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativo alle due ore di riposo giornaliero retribuito.
2. Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre hanno diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Detti permessi sono fruibili anche in maniera continuativa nell’ambito del mese.
3. Successivamente al raggiungimento della maggiore età del figlio con handicap in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre hanno diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Ai sensi dell’articolo 20 della legge 8 marzo 2000, n. 53, detti permessi, fruibili anche in maniera continuativa nell’ambito del mese, spettano a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in assenza di convivenza, che l’assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva.
4. I riposi e i permessi, ai sensi dell’articolo 33, comma 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio.
5. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge medesima da almeno cinque anni e che abbiano titolo a fruire dei benefici di cui all’articolo 33, commi 1, 2 e 3, della medesima legge per l’assistenza del figlio, hanno diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa; l’indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di lire 70 milioni annue per il congedo di durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall’anno 2002, sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti all’ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l’assicurazione per le prestazioni di maternità, l’indennità di cui al presente comma è corrisposta con le modalità di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33. Il congedo fruito ai sensi del presente comma alternativamente da entrambi i genitori non può superare la durata complessiva di due anni; durante il periodo di congedo entrambi i genitori non possono fruire dei benefici di cui all’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, fatte salve le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 del medesimo articolo.
il comma 5 e' sostituito dai seguenti:
«5. Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.
5-bis. Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non puo' superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa. Il congedo e' accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza. Il congedo ed i permessi di cui articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 non possono essere riconosciuti a piu' di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravita', i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore non puo' fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma 1, del presente decreto.
5-ter. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennita' corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo e' coperto da contribuzione figurativa; l'indennita' e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale. Detto importo e' rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2011, sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L'indennita' e' corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalita' previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternita'. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l'importo dell'indennita' dall'ammontare dei contributi previdenziali dovuti all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non e' prevista l'assicurazione per le prestazioni di maternita', l'indennita' di cui al presente comma e' corrisposta con le modalita' di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33.
5-quater. I soggetti che usufruiscono dei congedi di cui al comma 5 per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa.
5-quinquies. Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilita' e del trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.».
6. I riposi, i permessi e i congedi di cui al presente articolo spettano anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.
Art. 43.
Trattamento economico e normativo
(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 8;
legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 4;
decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito dalla legge 27 ottobre 1993, n. 423, art. 2, comma 3-ter)
1. Per i riposi e i permessi di cui al presente Capo è dovuta un’indennità, a carico dell’ente assicuratore, pari all’intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi e ai permessi medesimi. L’indennità è anticipata dal datore di lavoro ed è portata a conguaglio con gli apporti contributivi dovuti all’ente assicuratore.
2. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 34, comma 5.
Art. 44.
Trattamento previdenziale
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10, comma 5;
legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 4)
1. Ai periodi di riposo di cui al presente Capo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 35, comma 2.
2. I tre giorni di permesso mensile di cui all’articolo 42, commi 2 e 3, sono coperti da contribuzione figurativa.
Art. 45.
Adozioni e affidamenti
(legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5;
legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 7)
1. Le disposizioni in materia di riposi di cui agli articoli 39, 40 e 41 si applicano anche in caso di adozione e di affidamento entro il primo anno di vita del bambino.
2. Le disposizioni di cui all’articolo 42 si applicano anche in caso di adozione e di affidamento di soggetti con handicap in situazione di gravità.
Art. 46.
Sanzioni
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)
1. L’inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 39, 40 e 41 è punita con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni.
Capo VII
CONGEDI PER LA MALATTIA DEL FIGLIO
Art. 47.
Congedo per la malattia del figlio
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, 7, comma 4, e 30, comma 5)
1. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni.
2. Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all’anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni.
3. Per fruire dei congedi di cui ai commi 1 e 2 il genitore deve presentare il certificato di malattia rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato.
4. La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento per i periodi di cui ai commi 1 e 2.
5. Ai congedi di cui al presente articolo non si applicano le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore.
6. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.
Art. 48.
Trattamento economico e normativo
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 7, comma 5)
1. I periodi di congedo per la malattia del figlio sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia.
2. Si applica quanto previsto all’articolo 22, commi 4, 6 e 7.
Art. 49.
Trattamento previdenziale
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 15, comma 3)
1. Per i periodi di congedo per la malattia del figlio è dovuta la contribuzione figurativa fino al compimento del terzo anno di vita del bambino. Si applica quanto previsto all’articolo 25.
2. Successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al compimento dell’ottavo anno, è dovuta la copertura contributiva calcolata con le modalità previste dall’articolo 35, comma 2.
3. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 35, commi 3, 4 e 5.
Art. 50.
Adozioni e affidamenti
(legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5)
1. Il congedo per la malattia del bambino di cui al presente Capo spetta anche per le adozioni e gli affidamenti.
2. Il limite di età, di cui all’articolo 47, comma 1, è elevato a sei anni. Fino al compimento dell’ottavo anno di età si applica la disposizione di cui al comma 2 del medesimo articolo.
3. Qualora, all’atto dell’adozione o dell’affidamento, il minore abbia un’età compresa fra i sei e i dodici anni, il congedo per la malattia del bambino è fruito nei primi tre anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare alle condizioni previste dall’articolo 47, comma 2.
Art. 51.
Documentazione
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 7, comma 5)
1. Ai fini della fruizione del congedo di cui al presente Capo, la lavoratrice ed il lavoratore sono tenuti a presentare una dichiarazione rilasciata ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante che l’altro genitore non sia in congedo negli stessi giorni per il medesimo motivo.
Art. 52.
Sanzioni
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)
1. Il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui al presente Capo sono puniti con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni.
Capo VIII
LAVORO NOTTURNO
Art. 53.
Lavoro notturno
(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 5, commi 1 e 2, lettere a) e b)
1. È vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
2. Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:
a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;
b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni.
3. Ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 9 dicembre 1977, n. 903, non sono altresì obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.
Capo IX
DIVIETO DI LICENZIAMENTO, DIMISSIONI, DIRITTO AL RIENTRO
Art. 54.
Divieto di licenziamento
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, commi 1, 2, 3, 5, e art. 31, comma 2;
legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 4;
decreto legislativo 9 settembre 1994, n. 566, art. 2, comma 2;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 18, comma 1)
1. Le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.
2. Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla quale risulti l’esistenza all’epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.
3. Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:
a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
b) di cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta;
c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;
d) di esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui all’articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni.
4. Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l’attività dell’azienda o del reparto cui essa è addetta, semprechè il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in mobilità a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni.
5. Il licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, è nullo.
6. È altresì nullo il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore.
7. In caso di fruizione del congedo di paternità, di cui all’articolo 28, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. Si applicano le disposizioni del presente articolo, commi 3, 4 e 5.
8. L’inosservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire cinque milioni. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
9. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e di affidamento. Il divieto di licenziamento si applica fino a un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare, in caso di fruizione del congedo di maternità e di paternità.
Art. 55.
Dimissioni
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 12; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 18, comma 2)
1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell’articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità.
3. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel caso di adozione e di affidamento, entro un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare.
4. La richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro.
5. Nel caso di dimissioni di cui al presente articolo, la lavoratrice o il lavoratore non sono tenuti al preavviso.
Art. 56.
Diritto al rientro e alla conservazione del posto
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 6;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 17, comma 1)
1. Al termine dei periodi di divieto di lavoro previsti dal Capo II e III, le lavoratrici hanno diritto di conservare il posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate all’inizio del periodo di gravidanza o in altra ubicata nel medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno altresì diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche al lavoratore al rientro al lavoro dopo la fruizione del congedo di paternità.
3. Negli altri casi di congedo, di permesso o di riposo disciplinati dal presente testo unico, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, al rientro nella stessa unità produttiva ove erano occupati al momento della richiesta, o in altra ubicata nel medesimo comune; hanno altresì diritto di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e di affidamento. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano fino a un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare.
Capo X
DISPOSIZIONI SPECIALI
Art. 57.
Rapporti di lavoro a termine nelle pubbliche amministrazioni
(decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, art. 8)
1. Ferma restando la titolarità del diritto ai congedi di cui al presente testo unico, alle lavoratrici e ai lavoratori assunti dalle amministrazioni pubbliche con contratto a tempo determinato, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 230, o con contratto di lavoro temporaneo, di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196, spetta il trattamento economico pari all’indennità prevista dal presente testo unico per i congedi di maternità, di paternità e parentali, salvo che i relativi ordinamenti prevedano condizioni di migliore favore.
2. Alle lavoratrici e ai lavoratori di cui al comma 1 si applica altresì quanto previsto dall’articolo 24, con corresponsione del trattamento economico a cura dell’amministrazione pubblica presso cui si è svolto l’ultimo rapporto di lavoro.
Art. 58.
Personale militare
(decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, art. 4, comma 2, e 5, commi 2 e 3)
1. Le assenze dal servizio per motivi connessi allo stato di maternità, disciplinate dal presente testo unico, non pregiudicano la posizione di stato giuridico del personale in servizio permanente delle Forze armate e del Corpo della guardia di finanza, salvo quanto previsto dal comma 2.
2. I periodi di congedo di maternità, previsti dagli articoli 16 e 17, sono validi a tutti gli effetti ai fini dell’anzianità di servizio. Gli stessi periodi sono computabili ai fini della progressione di carriera, salva la necessità dell’effettivo compimento nonché del completamento degli obblighi di comando, di attribuzioni specifiche, di servizio presso enti o reparti e di imbarco, previsti dalla normativa vigente.
3. Il personale militare che si assenta dal servizio per congedo parentale e per la malattia del figlio è posto in licenza straordinaria per motivi privati, equiparata a tutti gli effetti a quanto previsto agli articoli 32 e 47. Il periodo trascorso in tale licenza è computabile, ai fini della progressione di carriera, nei limiti previsti dalla disciplina vigente in materia di documenti caratteristici degli ufficiali, dei sottufficiali e dei militari di truppa dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica relativamente al periodo massimo di assenza che determina la fine del servizio.
Art. 59.
Lavoro stagionale
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 4)
1. Le lavoratrici addette ad industrie e lavorazioni che diano luogo a disoccupazione stagionale, di cui alla tabella annessa al decreto ministeriale 30 novembre 1964, e successive modificazioni, le quali siano licenziate a norma della lettera b) del comma 3 dell’articolo 54, hanno diritto, per tutto il periodo in cui opera il divieto di licenziamento, semprechè non si trovino in periodo di congedo di maternità, alla ripresa dell’attività lavorativa stagionale e alla precedenza nelle riassunzioni.
2. Alle lavoratrici e ai lavoratori stagionali si applicano le disposizioni dell’articolo 7 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, in materia contributiva.
3. Alle straniere titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale è riconosciuta l’assicurazione di maternità, ai sensi della lettera d), comma 1, dell’articolo 25 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 60.
Lavoro a tempo parziale
(decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, art. 4, comma 2)
1. In attuazione di quanto previsto dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e, in particolare, del principio di non discriminazione, la lavoratrice e il lavoratore a tempo parziale beneficiano dei medesimi diritti di un dipendente a tempo pieno comparabile, per quanto riguarda la durata dei congedi previsti dal presente testo unico. Il relativo trattamento economico è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa.
2. Ove la lavoratrice o il lavoratore a tempo parziale e il datore di lavoro abbiano concordato la trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo pieno per un periodo in parte coincidente con quello del congedo di maternità, è assunta a riferimento la base di calcolo più favorevole della retribuzione, agli effetti di quanto previsto dall’articolo 23, comma 4.
3. Alle lavoratrici e ai lavoratori di cui al comma 1 si applicano le disposizioni dell’articolo 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, in materia contributiva.
Art. 61.
Lavoro a domicilio
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, 13, 18, 22;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3)
1. Le lavoratrici e i lavoratori a domicilio hanno diritto al congedo di maternità e di paternità. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3, 16, 17, 22, comma 3, e 54, ivi compreso il relativo trattamento economico e normativo.
2. Durante il periodo di congedo, spetta l’indennità giornaliera di cui all’articolo 22, a carico dell’INPS, in misura pari all’80 per cento del salario medio contrattuale giornaliero, vigente nella provincia per i lavoratori interni, aventi qualifica operaia, della stessa industria.
3. Qualora, per l’assenza nella stessa provincia di industrie similari che occupano lavoratori interni, non possa farsi riferimento al salario contrattuale provinciale di cui al comma 2, si farà riferimento alla media dei salari contrattuali provinciali vigenti per la stessa industria nella regione, e, qualora anche ciò non fosse possibile, si farà riferimento alla media dei salari provinciali vigenti nella stessa industria del territorio nazionale.
4. Per i settori di lavoro a domicilio per i quali non esistono corrispondenti industrie che occupano lavoratori interni, con apposito decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali interessate, si prenderà a riferimento il salario medio contrattuale giornaliero vigente nella provincia per i lavoratori aventi qualifica operaia dell’industria che presenta maggiori caratteri di affinità.
5. La corresponsione dell’indennità di cui al comma 2 è subordinata alla condizione che, all’inizio del congedo di maternità, la lavoratrice riconsegni al committente tutte le merci e il lavoro avuto in consegna, anche se non ultimato.
Art. 62.
Lavoro domestico
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, 13, 19, 22;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3)
1. Le lavoratrici e i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari hanno diritto al congedo di maternità e di paternità. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3, 16, 17, 22, comma 3 e 6, ivi compreso il relativo trattamento economico e normativo.
2. Per il personale addetto ai servizi domestici familiari, l’indennità di cui all’articolo 22 ed il relativo finanziamento sono regolati secondo le modalità e le disposizioni stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403.
Art. 63.
Lavoro in agricoltura
(decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, art. 14;
decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 5;
decreto legislativo 16 aprile 1997, n. 146, art. 4;
legge 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 21)
1. Le prestazioni di maternità e di paternità di cui alle presenti disposizioni per le lavoratrici e i lavoratori agricoli a tempo indeterminato sono corrisposte, ferme restando le modalità erogative di cui all’articolo 1, comma 6 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, con gli stessi criteri previsti per i lavoratori dell’industria.
2. Le lavoratrici e i lavoratori agricoli con contratto a tempo determinato iscritti o aventi diritto all’iscrizione negli elenchi nominativi di cui all’articolo 7, n. 5), del decreto-legge 3 febbraio 1970, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 1970, n. 83, hanno diritto alle prestazioni di maternità e di paternità a condizione che risultino iscritti nei predetti elenchi nell’anno precedente per almeno 51 giornate.
3. È consentita l’ammissione delle lavoratrici e dei lavoratori alle prestazioni di maternità e di paternità, mediante certificazione di iscrizione d’urgenza negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, ai sensi dell’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo luogotenenziale 9 aprile 1946, n. 212, e successive modificazioni.
4. Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli a tempo indeterminato le prestazioni per i congedi, riposi e permessi di cui ai Capi III, IV, V e VI sono calcolate sulla base della retribuzione di cui all’articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, prendendo a riferimento il periodo mensile di paga precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo.
5. Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli a tempo determinato, esclusi quelli di cui al comma 6, le prestazioni per i congedi, riposi e permessi sono determinate sulla base della retribuzione fissata secondo le modalità di cui all’articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488, ai sensi dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1972, n. 457.
6. Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli di cui al comma 2 il salario medio convenzionale determinato con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e rilevato nel 1995, resta fermo, ai fini della contribuzione e delle prestazioni temporanee, fino a quando il suo importo per le singole qualifiche degli operai agricoli non sia superato da quello spettante nelle singole province in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. A decorrere da tale momento trova applicazione l’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni.
7. Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli compartecipanti e piccoli coloni l’ammontare della retribuzione media è stabilito in misura pari a quella di cui al comma 5.
Art. 64.
Collaborazioni coordinate e continuative
1. In materia di tutela della maternità, alle lavoratrici di cui all’articolo 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme obbligatorie, si applicano le disposizioni di cui al comma 16 dell’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
2. Ai sensi del comma 12 dell’articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la tutela della maternità prevista dalla disposizione di cui al comma 16, quarto periodo, dell’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, avviene nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente.
«Art. 64-bis (Adozioni e affidamenti). - 1. In caso di adozione, nazionale o internazionale, alle lavoratrici di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme obbligatorie, spetta, sulla base di idonea documentazione, un'indennita' per i cinque mesi successivi all'effettivo ingresso del minore in famiglia, alle condizioni e secondo le modalita' di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato ai sensi dell'articolo 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Art. 64-ter (Automaticita' delle prestazioni). - 1. I lavoratori e le lavoratrici iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritti ad altre forme obbligatorie, hanno diritto all'indennita' di maternita' anche in caso di mancato versamento alla gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente.».
Art. 65.
Attività socialmente utili
(decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, art. 8, comma 3, 15, 16 e 17;
decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, articoli 4 e 10)
1. Le lavoratrici e i lavoratori di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni, impegnati in attività socialmente utili hanno diritto al congedo di maternità e di paternità. Alle lavoratrici si applica altresì la disciplina di cui all’articolo 17 del presente testo unico.
2. Alle lavoratrici e ai lavoratori di cui al comma 1, che non possono vantare una precedente copertura assicurativa ai sensi dell’articolo 24, per i periodi di congedo di maternità e di paternità, viene corrisposta dall’INPS un’indennità pari all’80 per cento dell’importo dell’assegno previsto dall’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468. I conseguenti oneri sono rimborsati, annualmente, tramite rendiconto dell’INPS, a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, o del soggetto finanziatore dell’attività socialmente utile.
3. Alle lavoratrici e ai lavoratori viene riconosciuto il diritto a partecipare alle medesime attività socialmente utili ancora in corso o prorogate al termine del periodo di congedo di maternità e di paternità.
4. Alle lavoratrici e ai lavoratori impegnati a tempo pieno in lavori socialmente utili sono riconosciuti, senza riduzione dell’assegno, i riposi di cui agli articoli 39 e 40.
5. L’assegno è erogato anche per i permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, anche ai sensi di quanto previsto all’articolo 42, commi 2, 3 e 6, del presente testo unico.
Capo XI
LAVORATRICI AUTONOME
Indennita' di maternita' per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole (legge 29 dicembre 1987, n. 546, art. 1)
1. Alle lavoratrici autonome, coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attivita' commerciali di cui alle leggi 26 ottobre 1957, n. 1047, 4 luglio 1959, n. 463, e 22 luglio 1966, n. 613, alle imprenditrici agricole a titolo principale, nonche' alle pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne, di' cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, e successive modificazioni, e' corrisposta una indennita' giornaliera per il periodo di gravidanza e per quello successivo al parto calcolata ai sensi dell'articolo 68.
1-bis. L'indennita' di cui al comma 1 spetta al padre lavoratore autonomo, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. (33) ((35))
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AGGIORNAMENTO (33)
Il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80 ha disposto:
- (con l'art. 26, comma 2) che la presente modifica si applica in via sperimentale esclusivamente per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell'anno 2015 medesimo;
- (con l'art. 26, comma 3) che "Il riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 e' condizionato alla entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria";
- (con l'art. 26, comma 4) che "Nel caso in cui non entrino in vigore i provvedimenti di cui al comma 3, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con riferimento alle giornate di astensione riconosciute a decorrere dall'anno 2016, le disposizioni modificate dagli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 si applicano nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto".
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AGGIORNAMENTO (35)
Il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 nel modificare l'art. 26, comma 2 del D.Lgs. 15 giugmo 2015, n. 80 ha conseguentemente disposto (con l'art. 43, comma 2) che "I benefici di cui agli articoli dal 2 al 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, sono riconosciuti anche per gli anni successivi al 2015, in relazione ai quali continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui all'articolo 27 del predetto decreto legislativo".
Modalita' di erogazione (legge 29 dicembre 1987, n. 546, art. 2)
1. L'indennita' di cui all'articolo 66 viene erogata dall'INPS a seguito di apposita domanda in carta libera, corredata da un certificato medico rilasciato dall'azienda sanitaria locale competente per territorio, attestante la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto ovvero dell'interruzione della gravidanza spontanea o volontaria ai sensi della legge 22 maggio 1978, n. 194.
1-bis. L'indennita' di cui all'articolo 66, comma 1-bis, e' erogata previa domanda all'INPS, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padre lavoratore autonomo ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. (33) ((35))
2. In caso di adozione o di affidamento, l'indennita' di maternita' di cui all'articolo 66 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto all'articolo 26. (33) ((35))
3. L'INPS provvede d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari.
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AGGIORNAMENTO (33)
Il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80 ha disposto:
- (con l'art. 26, comma 2) che le presenti modifiche si applicano in via sperimentale esclusivamente per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell'anno 2015 medesimo;
- (con l'art. 26, comma 3) che "Il riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 e' condizionato alla entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria";
- (con l'art. 26, comma 4) che "Nel caso in cui non entrino in vigore i provvedimenti di cui al comma 3, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con riferimento alle giornate di astensione riconosciute a decorrere dall'anno 2016, le disposizioni modificate dagli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 si applicano nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto".
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AGGIORNAMENTO (35)
Il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 nel modificare l'art. 26, comma 2 del D.Lgs. 15 giugmo 2015, n. 80 ha conseguentemente disposto (con l'art. 43, comma 2) che "I benefici di cui agli articoli dal 2 al 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, sono riconosciuti anche per gli anni successivi al 2015, in relazione ai quali continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui all'articolo 27 del predetto decreto legislativo".
Art. 68.
Misura dell’indennità
(legge 29 dicembre 1987, n. 546, articoli 3, 4 e 5)
1. Alle coltivatrici dirette, colone e mezzadre e alle imprenditrici agricole è corrisposta, per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla stessa, una indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione minima giornaliera per gli operai agricoli a tempo indeterminato, come prevista dall’articolo 14, comma 7, del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, in relazione all’anno precedente il parto.
2. Alle lavoratrici autonome, artigiane ed esercenti attività commerciali è corrisposta, per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla stessa data effettiva del parto, una indennità giornaliere pari all’80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall’articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo articolo 1.
3. In caso di interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, verificatasi non prima del terzo mese di gravidanza, su certificazione medica rilasciata dall’azienda sanitaria locale competente per territorio, è corrisposta una indennità giornaliera calcolata ai sensi dei commi 1 e 2 per un periodo di trenta giorni.
Art. 69.
Congedo parentale
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 4)
1. Alle lavoratrici di cui al presente Capo, madri di bambini nati a decorrere dal 1° gennaio 2000, è esteso il diritto al congedo parentale di cui all’articolo 32, compreso il relativo trattamento economico, limitatamente ad un periodo di tre mesi, entro il primo anno di vita del bambino.
Capo XII
LIBERE PROFESSIONISTE
Art. 70.
Indennità di maternità per le libere professioniste
(legge 11 dicembre 1990, n. 379, art. 1)
1. Alle libere professioniste, iscritte a una cassa di previdenza e assistenza di cui alla tabella D allegata al presente testo unico, è corrisposta un’indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa.
2. L’indennità di cui al comma 1 viene corrisposta in misura pari all’80 per cento di cinque dodicesimi del reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dalla libera professionista nel secondo anno precedente a quello della domanda.
3. In ogni caso l’indennità di cui al comma 1 non può essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione calcolata nella misura pari all’80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall’articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo articolo.
Art. 71.
Termini e modalità della domanda
(legge 11 dicembre 1990, n. 379, art. 2)
1. L’indennità di cui all’articolo 70 è corrisposta, indipendentemente dall’effettiva astensione dall’attività, dalla competente cassa di previdenza e assistenza per i liberi professionisti, a seguito di apposita domanda presentata dall’interessata a partire dal compimento del sesto mese di gravidanza ed entro il termine perentorio di centottanta giorni dal parto.
2. La domanda, in carta libera, deve essere corredata da certificato medico comprovante la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto, nonché dalla dichiarazione redatta ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante l’inesistenza del diritto alle indennità di maternità di cui al Capo III e al Capo XI.
3. L’indennità di maternità spetta in misura intera anche nel caso in cui, dopo il compimento del sesto mese di gravidanza, questa sia interrotta per motivi spontanei o volontari, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194.
4. Le competenti casse di previdenza e assistenza per i liberi professionisti provvedono d’ufficio agli accertamenti amministrativi necessari.
Art. 72.
Adozioni e affidamenti
(legge 11 dicembre 1990, n. 379, art. 3)
1. L’indennità di cui all’articolo 70 spetta altresì per l’ingresso del bambino adottato o affidato, a condizione che non abbia superato i sei anni di età.
2. La domanda, in carta libera, deve essere presentata dalla madre alla competente cassa di previdenza e assistenza per i liberi professionisti entro il termine perentorio di centottanta giorni dall’ingresso del bambino e deve essere corredata da idonee dichiarazioni, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestanti l’inesistenza del diritto a indennità di maternità per qualsiasi altro titolo e la data di effettivo ingresso del bambino nella famiglia.
3. Alla domanda di cui al comma 2 va allegata copia autentica del provvedimento di adozione o di affidamento.
Art. 73.
Indennità in caso di interruzione della gravidanza
(legge 11 dicembre 1990, n. 379, art. 4)
1. In caso di interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, verificatasi non prima del terzo mese di gravidanza, l’indennità di cui all’articolo 70 è corrisposta nella misura pari all’80 per cento di una mensilità del reddito o della retribuzione determinati ai sensi dei commi 2 e 3 del citato articolo 70.
2. La domanda deve essere corredata da certificato medico, rilasciato dalla U.S.L. che ha fornito le prestazioni sanitarie, comprovante il giorno dell’avvenuta interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, ai sensi della legge 22 maggio 1978, n. 194, e deve essere presentata alla competente cassa di previdenza e assistenza per i liberi professionisti entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data dell’interruzione della gravidanza.
Capo XIII
SOSTEGNO ALLA MATERNITÀ E ALLA PATERNITÀ
Art. 74.
Assegno di maternità di base
(legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 66, commi 1, 2, 3, 4, 5-bis, 6;
legge 23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, comma 12;
legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 80, commi 10 e 11)
1. Per ogni figlio nato dal 1° gennaio 2001, o per ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento dalla stessa data, alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che non beneficiano dell’indennità di cui agli articoli 22, 66 e 70 del presente testo unico, è concesso un assegno di maternità pari a complessive L. 2.500.000.
2. Ai trattamenti di maternità corrispondono anche i trattamenti economici di maternità corrisposti da datori di lavoro non tenuti al versamento dei contributi di maternità.
3. L’assegno è concesso dai comuni nella misura prevista alla data del parto, alle condizioni di cui al comma 4. I comuni provvedono ad informare gli interessati invitandoli a certificare il possesso dei requisiti all’atto dell’iscrizione all’anagrafe comunale dei nuovi nati.
4. L’assegno di maternità di cui al comma 1, nonché l’integrazione di cui al comma 6, spetta qualora il nucleo familiare di appartenenza della madre risulti in possesso di risorse economiche non superiori ai valori dell’indicatore della situazione economica (ISE), di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, tabella 1, pari a lire 50 milioni annue con riferimento a nuclei familiari con tre componenti.
5. Per nuclei familiari con diversa composizione detto requisito economico è riparametrato sulla base della scala di equivalenza prevista dal predetto decreto legislativo n. 109 del 1998, tenendo anche conto delle maggiorazioni ivi previste.
6. Qualora il trattamento della maternità corrisposto alle lavoratrici che godono di forme di tutela economica della maternità diverse dall’assegno istituito al comma 1 risulti inferiore all’importo di cui al medesimo comma 1, le lavoratrici interessate possono avanzare ai comuni richiesta per la concessione della quota differenziale.
7. L’importo dell’assegno è rivalutato al 1° gennaio di ogni anno, sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall’ISTAT.
8. L’assegno di cui al comma 1, ferma restando la titolarità concessiva in capo ai comuni, è erogato dall’INPS sulla base dei dati forniti dai comuni, secondo modalità da definire nell’ambito dei decreti di cui al comma 9.
9. Con uno o più decreti del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono emanate le necessarie disposizioni regolamentari per l’attuazione del presente articolo.
10. Con tali decreti sono disciplinati i casi nei quali l’assegno, se non ancora concesso o erogato, può essere corrisposto al padre o all’adottante del minore.
11. Per i procedimenti di concessione dell’assegno di maternità relativi ai figli nati dal 2 luglio 1999 al 30 giugno 2000 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Per i procedimenti di concessione dell’assegno di maternità relativi ai figli nati dal 1° luglio 2000 al 31 dicembre 2000 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al comma 12 dell’articolo 49 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
Art. 75.
Assegno di maternità per lavori atipici e discontinui
(legge 23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, commi 8, 9, 11, 12, 13, 14;
legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 80, comma 10)
1. Alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie ovvero in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per le quali sono in atto o sono stati versati contributi per la tutela previdenziale obbligatoria della maternità, è corrisposto, per ogni figlio nato, o per ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento dal 2 luglio 2000, un assegno di importo complessivo pari a lire 3 milioni, per l’intero nel caso in cui non beneficiano dell’indennità di cui agli articoli 22, 66 e 70 del presente testo unico, ovvero per la quota differenziale rispetto alla prestazione complessiva in godimento se questa risulta inferiore, quando si verifica uno dei seguenti casi:
a) quando la donna lavoratrice ha in corso di godimento una qualsiasi forma di tutela previdenziale o economica della maternità e possa far valere almeno tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti alla nascita o all’effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare;
b) qualora il periodo intercorrente tra la data della perdita del diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento, per almeno tre mesi, di attività lavorativa, così come individuate con i decreti di cui al comma 5, e la data della nascita o dell’effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare, non sia superiore a quello del godimento di tali prestazioni, e comunque non sia superiore a nove mesi. Con i medesimi decreti è altresì definita la data di inizio del predetto periodo nei casi in cui questa non risulti esattamente individuabile;
c) in caso di recesso, anche volontario, dal rapporto di lavoro durante il periodo di gravidanza, qualora la donna possa far valere tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti alla nascita.
2. Ai trattamenti di maternità corrispondono anche i trattamenti economici di maternità corrisposti da datori di lavoro non tenuti al versamento dei contributi di maternità.
3. L’assegno di cui al comma 1 è concesso ed erogato dall’INPS, a domanda dell’interessata, da presentare in carta semplice nel termine perentorio di sei mesi dalla nascita o dall’effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare.
4. L’importo dell’assegno è rivalutato al 1° gennaio di ogni anno, sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall’ISTAT.
5. Con i decreti di cui al comma 6 sono disciplinati i casi nei quali l’assegno, se non ancora concesso o erogato, può essere corrisposto al padre o all’adottante del minore.
6. Con uno o più decreti del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono emanate le disposizioni regolamentari necessarie per l’attuazione del presente articolo.
Capo XIV
VIGILANZA
Art. 76.
Documentazione
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 29 e 30, commi 2, 3 e 4)
1. Al rilascio dei certificati medici di cui al presente testo unico, salvo i casi di ulteriore specificazione, sono abilitati i medici del Servizio sanitario nazionale.
2. Qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quelli di cui al comma 1, il datore di lavoro o l’istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità hanno facoltà di accettare i certificati stessi ovvero di richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice interessata.
3. I medici dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro hanno facoltà di controllo.
4. Tutti i documenti occorrenti per l’applicazione del presente testo unico sono esenti da ogni imposta, tassa, diritto o spesa di qualsiasi specie e natura.
Art. 77.
Vigilanza
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 30, comma 1, e 31, comma 4)
1. L’autorità competente a ricevere il rapporto per le violazioni amministrative previste dal presente testo unico e ad emettere l’ordinanza di ingiunzione è il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.
2. La vigilanza sul presente testo unico, ad eccezione dei Capi XI, XII e XIII, è demandata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la esercita attraverso i servizi ispettivi.
3. La vigilanza in materia di controlli di carattere sanitario spetta alle regioni, e per esse al Servizio sanitario nazionale.
Capo XV
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ONERI CONTRIBUTIVI
Art. 78.
Riduzione degli oneri di maternità
(legge 23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, commi 1, 4, e 11)
1. Con riferimento ai parti, alle adozioni o agli affidamenti intervenuti successivamente al 1° luglio 2000 per i quali è riconosciuta dal vigente ordinamento la tutela previdenziale obbligatoria, il complessivo importo della prestazione dovuta se inferiore a lire 3 milioni, ovvero una quota fino a lire 3 milioni se il predetto complessivo importo risulta pari o superiore a tale valore, è posto a carico del bilancio dello Stato. Conseguentemente, e, quanto agli anni successivi al 2001, subordinatamente all’adozione dei decreti di cui al comma 2 dell’articolo 49 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, sono ridotti gli oneri contributivi per maternità, a carico dei datori di lavoro, per 0,20 punti percentuali.
2. Gli oneri contributivi per maternità, a carico dei datori di lavoro del settore dei pubblici servizi di trasporto e nel settore elettrico, sono ridotti dello 0,57 per cento.
3. L’importo della quota di cui al comma 1 è rivalutato al 1° gennaio di ogni anno, sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall’ISTAT.
Art. 79.
Oneri contributivi nel lavoro subordinato privato
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 21)
1. Per la copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al presente testo unico relativi alle lavoratrici e ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato privato e in attuazione della riduzione degli oneri di cui all’articolo 78, è dovuto dai datori di lavoro un contributo sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti nelle seguenti misure:
a) dello 0,46 per cento sulla retribuzione per il settore dell’industria, dell’artigianato, marittimi, spettacolo;
b) dello 0,24 per cento sulla retribuzione per il settore del terziario e servizi, proprietari di fabbricati e servizi di culto;
c) dello 0,13 per cento sulla retribuzione per il settore del credito, assicurazione e servizi tributari appaltati;
d) dello 0,03 per cento per gli operai agricoli e dello 0,43 per cento per gli impiegati agricoli. Il contributo è calcolato, per gli operai a tempo indeterminato secondo le disposizioni di cui al decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, per gli operai agricoli a tempo determinato secondo le disposizioni del decreto legislativo 16 aprile 1997, n. 146; e per i piccoli coloni e compartecipanti familiari prendendo a riferimento i salari medi convenzionali di cui all’articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488;
e) dello 0,01 per cento per gli allievi dei cantieri scuola e lavoro di cui alla legge 6 agosto 1975, n. 418.
2. Per gli apprendisti è dovuto un contributo di lire 32 settimanali.
3. Per i giornalisti iscritti all’Istituto nazionale di previdenza per i giornalisti italiani "Giovanni Amendola" è dovuto un contributo pari allo 0,65 per cento della retribuzione.
4. In relazione al versamento dei contributi di cui al presente articolo, alle trasgressioni degli obblighi relativi ed a quanto altro concerne il contributo medesimo, si applicano le disposizioni relative ai contributi obbligatori.
5. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con quello per il tesoro, la misura dei contributi stabiliti dal presente articolo può essere modificata in relazione alle effettive esigenze delle relative gestioni.
Art. 80.
Oneri derivanti dall’assegno di maternità di base
(legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 66, commi 5 e 5-bis)
1. Per il finanziamento dell’assegno di maternità di cui all’articolo 74 è istituito un Fondo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la cui dotazione è stabilita in lire 25 miliardi per l’anno 1999, in lire 125 miliardi per l’anno 2000 e in lire 150 miliardi a decorrere dall’anno 2001.
2. A tal fine sono trasferite dal bilancio dello Stato all’INPS le relative somme, con conguaglio, alla fine di ogni esercizio, sulla base di specifica rendicontazione.
Art. 81.
Oneri derivanti dall’assegno di maternità per lavori atipici e discontinui
(legge 23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, comma 9)
1. L’assegno di cui all’articolo 75 è posto a carico dello Stato.
Art. 82.
Oneri derivanti dal trattamento di maternità delle lavoratrici autonome
(legge 29 dicembre 1987, n. 546, art. 6, 7 e 8;
legge 23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, comma 1)
1. Alla copertura degli oneri derivanti dall’applicazione del Capo XI, si provvede con un contributo annuo di lire 14.500 per ogni iscritto all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, vecchiaia e superstiti per le gestioni dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri, artigiani ed esercenti attività commerciali.
2. Al fine di assicurare l’equilibrio delle singole gestioni previdenziali, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sentito il consiglio di amministrazione dell’INPS, con proprio decreto stabilisce le variazioni dei contributi di cui al comma 1, in misura percentuale uguale alle variazioni delle corrispettive indennità.
Art. 83.
Oneri derivanti dal trattamento di maternità delle libere professioniste
(legge 11 dicembre 1990, n. 379, art. 5;
legge 23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, comma 1)
1. Alla copertura degli oneri derivanti dall’applicazione del Capo XII, si provvede con un contributo annuo a carico di ogni iscritto a casse di previdenza e assistenza per i liberi professionisti. Il contributo è annualmente rivalutato con lo stesso indice di aumento dei contributi dovuti in misura fissa di cui all’articolo 22 della legge 3 giugno 1975, n. 160, e successive modificazioni.
2. A seguito della riduzione degli oneri di maternità di cui all’articolo 78, alla ridefinizione dei contributi dovuti si provvede con i decreti di cui al comma 5 dell’articolo 75, sulla base di un procedimento che preliminarmente consideri una situazione di equilibrio tra contributi versati e prestazioni assicurate.
3. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, accertato che le singole casse di previdenza e assistenza per i liberi professionisti abbiano disponibilità finanziarie atte a far fronte agli oneri derivanti dalla presente legge, possono decidere la riduzione della contribuzione o la totale eliminazione di detto contributo, sentito il parere dei consigli di amministrazione delle casse.
Art. 84.
Oneri derivanti dal trattamento di maternità delle collaboratrici coordinate e continuative
(legge 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 16)
1. Per i soggetti che non risultano iscritti ad altre forme obbligatorie, il contributo alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è elevato di una ulteriore aliquota contributiva pari a 0,5 punti percentuali, per il finanziamento dell’onere derivante dall’estensione agli stessi anche della tutela relativa alla maternità.
Capo XVI
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 85.
Disposizioni in vigore
1. Restano in vigore, in particolare, le seguenti disposizioni legislative, fatte salve le disapplicazioni disposte dai contratti collettivi ai sensi dell’articolo 72, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29:
a) l’articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) l’articolo 157-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, come sostituito dall’articolo 1 del decreto legislativo 7 aprile 2000, n. 103;
c) l’articolo 3 della legge 8 agosto 1972, n. 457;
d) l’articolo 10 della legge 18 maggio 1973, n. 304;
e) la lettera c) del comma 2 dell’articolo 5 della legge 9 dicembre 1977, n. 903;
f) l’articolo 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;
g) l’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33;
h) il comma 2 dell’articolo 54 della legge 1° aprile 1981, n. 121;
i) l’articolo 12 della legge 23 aprile 1981, n. 155;
j) l’articolo 8-bis del decreto-legge 30 aprile 1981, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 giugno 1981, n. 331;
k) l’articolo 14 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54;
l) l’articolo 7 della legge 26 aprile 1985, n. 162;
m) la lettera d) del comma 1 dell’articolo 4 del decreto-legge 4 agosto 1987, n. 325, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 402;
n) il comma 1-bis dell’articolo 3 del decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1990, n. 58;
o) il comma 8 dell’articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223;
p) il comma 2 dell’articolo 7, il comma 2 dell’articolo 18 e il comma 2 dell’articolo 27 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443;
q) il comma 4 dell’articolo 2 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 197;
r) il comma 2, seconda parte, dell’articolo 5 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 201;
s) il comma 40 dell’articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335;
t) gli articoli 5, 7 e 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564;
u) l’articolo 23 della legge 4 marzo 1997, n. 62;
v) il comma 16 dell’articolo 59 della legge 27 dicembre 1991, n. 449;
w) il comma 2 dell’articolo 2 del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52;
x) il comma 1 dell’articolo 25 e il comma 3 dell’articolo 34 e il comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
y) la lettera a) del comma 5 dell’articolo 1 del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124;
z) l’articolo 18 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135;
aa) la lettera e) del comma 2, dell’articolo 1 del decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230;
bb) l’articolo 65 della legge 2 agosto 1999, n. 302;
cc) il comma 1 dell’articolo 41 della legge 23 dicembre 1999, n. 488;
dd) i commi 2 e 3 dell’articolo 12 della legge 8 marzo 2000, n. 53, limitatamente alla previsione del termine di sei mesi ivi previsto:
ee) il comma 2 dell’articolo 10 e il comma 2 dell’articolo 23 del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146;
ff) gli articoli 5 e 18, il comma 3 dell’articolo 25, il comma 3 dell’articolo 32, il comma 6 dell’articolo 41 e il comma 3 dell’articolo 47 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334;
gg) il comma 12 dell’articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
2. Restano in vigore, in particolare, le seguenti disposizioni regolamentari:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403;
b) il decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, ad eccezione degli articoli 1, 11 e 21;
c) il comma 4 dell’articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382;
d) il comma 2, dell’articolo 20-quinquies e il comma 2 dell’articolo 25-quater del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 337;
e) il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 2 giugno 1982;
f) il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 23 maggio 1991;
g) l’articolo 14 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 aprile 1994, n. 439, fino al momento della sua abrogazione così come prevista dalla lettera c) del comma 1 dell’articolo 10 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287;
h) il decreto del Ministro della sanità 6 marzo 1995;
i) il comma 4 dell’articolo 8 e il comma 3 dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465;
j) il comma 2 dell’articolo 7 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 25 marzo 1998, n. 142;
k) il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 27 maggio 1998;
l) il comma 1 dell’articolo 1 del decreto del Ministro della sanità 10 settembre 1998;
m) gli articoli 1 e 3 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12 febbraio 1999;
n) il comma 2 dell’articolo 6 del decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica 30 aprile 1999, n. 224;
o) il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 4 agosto 1999;
p) il comma 6 dell’articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
q) il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 20 dicembre 1999, n. 553;
r) il decreto del Ministro della sanità 24 aprile 2000.
Art. 86.
Disposizioni abrogate
(legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 3, comma 2;
legge 29 dicembre 1987, n. 546, articolo 9;
legge 8 marzo 2000, n. 53, articoli 15 e 17, comma 4)
1. Restano abrogate le seguenti disposizioni:
a) gli articoli 18 e 19 della legge 26 aprile 1934, n. 653;
b) la legge 26 agosto 1950, n. 860.
2. Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni legislative:
a) la legge 30 dicembre 1971, n. 1204 e successive modificazioni;
b) il secondo comma dell’articolo 3; i commi 1 e 2, lettere a) e b), dell’articolo 5; gli articoli 6, 6-bis, 6-ter e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903;
c) la lettera n) del comma 3 dell’articolo 31 e l’articolo 39-quater della legge 4 maggio 1983, n. 184, nonché le parole "e gli articoli 6 e 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, si applicano anche agli affidatari di cui al comma precedente" del secondo comma dell’articolo 80 della legge 4 maggio 1983, n. 184;
d) il comma 4 dell’articolo 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41;
e) la legge 29 dicembre 1987, n. 546;
f) l’articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n. 232, così come modificato dall’articolo 3 del decreto-legge 6 maggio 1994, n. 271, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1994, n. 433;
g) la legge 11 dicembre 1990, n. 379;
h) l’articolo 8 del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166;
i) il comma 1 dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
j) i commi 1 e 3 dell’articolo 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503;
k) i commi 3, 4 e 5 dell’articolo 6 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236;
l) il comma 2 dell’articolo 2 del decreto legislativo 9 settembre 1994, n. 566;
m) l’articolo 69 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230;
n) l’articolo 2 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564;
o) il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645;
p) il comma 15 dell’articolo 8 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468;
q) l’articolo 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, così come modificato dagli articoli 50 e 63 della legge 17 maggio 1999, n. 144;
r) i commi 1, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 dell’articolo 49 della legge 23 dicembre 1999, n. 488;
s) i commi 2 e 3 dell’articolo 4 e i commi 2 e 3 dell’articolo 5 del decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24;
t) il comma 5 dell’articolo 3, il comma 4-bis dell’articolo 4 e l’articolo 10 e i commi 2 e 3 dell’articolo 12, salvo quanto previsto dalla lettera dd) dell’articolo 85 del presente testo unico, e gli articoli 14, 17 e 18 della legge 8 marzo 2000, n. 53;
u) i commi 10 e 11 dell’articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
3. Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogate le seguenti disposizioni regolamentari:
a) gli articoli 1, 11 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026. (1)
(1) lettera così moficata dall'errata corrige pubblcato il Gazzetta Ufficiale 8 ottobre 2001, n. 234
Art. 87.
Disposizioni regolamentari di attuazione
1. Fino all’entrata in vigore delle disposizioni regolamentari di attuazione del presente testo unico, emanate ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, si applicano le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, salvo quanto stabilito dall’articolo 86 del presente testo unico.
2. Le disposizioni del citato decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, che fanno riferimento alla disciplina della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sono da intendersi riferite alle corrispondenti disposizioni del presente testo unico.
Art. 88.
Entrata in vigore
1. Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Allegato A
(Articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026)
ELENCO DEI LAVORI FATICOSI, PERICOLOSI
E INSALUBRI DI CUI ALL’ART. 7
Il divieto di cui all’art. 7, primo comma, del testo unico si intende riferito al trasporto, sia a braccia e a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida, e al sollevamento dei pesi, compreso il carico e scarico e ogni altra operazione connessa.
I lavori faticosi, pericolosi ed insalubri, vietati ai sensi dello stesso articolo, sono i seguenti:
A) quelli previsti dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345 e dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 262;
B) quelli indicati nella tabella allegata al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, per i quali vige l’obbligo delle visite mediche preventive e periodiche: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
C) quelli che espongono alla silicosi e all’asbestosi, nonché alle altre malattie professionali di cui agli allegati 4 e 5 al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni: durante la gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto;
D) i lavori che comportano l’esposizione alle radiazioni ionizzanti: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
E) i lavori su scale ed impalcature mobili e fisse: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
F) i lavori di manovalanza pesante: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
G) i lavori che comportano una stazione in piedi per più di metà dell’orario o che obbligano ad una posizione particolarmente affaticante, durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
H) i lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a pedale, quando il ritmo del movimento sia frequente, o esiga un notevole sforzo: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
I) i lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense vibrazioni: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
L) i lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
M) i lavori agricoli che implicano la manipolazione e l’uso di sostanze tossiche o altrimenti nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
N) i lavori di monda e trapianto del riso: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
O) i lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullman e di ogni altro mezzo di comunicazione in moto: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro.
Allegato B
(Decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, allegato 2)
ELENCO NON ESAURIENTE DI AGENTI
E CONDIZIONI DI LAVORO DI CUI ALL’ART. 7
A. Lavoratrici gestanti di cui all’art. 6 del testo unico.
1. Agenti:
a) agenti fisici: lavoro in atmosfera di sovrapressione elevata, ad esempio in camere sotto pressione, immersione subacquea;
b) agenti biologici:
toxoplasma;
virus della rosolia, a meno che sussista la prova che la lavoratrice è sufficientemente protetta contro questi agenti dal suo stato di immunizzazione;
c) agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui questi agenti possono essere assorbiti dall’organismo umano.
2. Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.
B. Lavoratrici in periodo successivo al parto di cui all’art. 6 del testo unico.
1. Agenti:
a) agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui tali agenti possono essere assorbiti dall’organismo umano.
2. Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.
Allegato C
(Decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, allegato 1)
ELENCO NON ESAURIENTE DI AGENTI PROCESSI
E CONDIZIONI DI LAVORO DI CUI ALL’ART. 11
A. Agenti.
1. Agenti fisici, allorchè vengono considerati come agenti che comportano lesioni del feto e/o rischiano di provocare il distacco della placenta, in particolare:
a) colpi, vibrazioni meccaniche o movimenti;
b) movimentazione manuale di carichi pesanti che comportano rischi, soprattutto dorsolombari;
c) rumore;
d) radiazioni ionizzanti;
e) radiazioni non ionizzanti;
f) sollecitazioni termiche;
g) movimenti e posizioni di lavoro, spostamenti, sia all’interno sia all’esterno dello stabilimento, fatica mentale e fisica e altri disagi fisici connessi all’attività svolta dalle lavoratrici di cui all’art. 1.
2. Agenti biologici.
Agenti biologici dei gruppi di rischio da 2 a 4 ai sensi dell’art. 75 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni, nella misura in cui sia noto che tali agenti o le terapie che essi rendono necessarie mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, semprechè non figurino ancora nell’allegato II.
3. Agenti chimici.
Gli agenti chimici seguenti, nella misura in cui sia noto che mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, semprechè non figurino ancora nell’allegato II:
a) sostanze etichettate R 40; R 45; R 46 e R 47 ai sensi della direttiva n. 67/548/CEE, purchè non figurino ancora nell’allegato II;
b) agenti chimici che figurano nell’allegato VIII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni;
c) mercurio e suoi derivati;
d) medicamenti antimitotici;
e) monossido di carbonio;
f) agenti chimici pericolosi di comprovato assorbimento cutaneo.
B. Processi.
Processi industriali che figurano nell’allegato VIII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni.
C. Condizioni di lavoro.
Lavori sotterranei di carattere minerario.
Allegato D
(legge 11 dicembre 1990, n. 379, art. 1)
ELENCO DELLE CASSE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA
PER I LIBERI PROFESSIONISTI DI CUI ALL’ART. 70
1. Cassa nazionale del notariato.
2. Cassa azionale di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e procuratori.
3. Ente nazionale di previdenza e di assistenza farmacisti.
4. Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari.
5. Ente nazionale di previdenza e assistenza medici.
6. Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei geometri.
7. Cassa di previdenza per l’assicurazione degli sportivi.
8. Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti.
9. Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti.
10. Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali.
*-11. Ente nazionale di previdenza e assistenza per i consulenti del lavoro.