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Messaggio 3905 del 7 aprile 2014
Oggetto:
Accertamento Tecnico Preventivo ex art.445bis c.p.c.
L’art. 445 bis del codice di procedura civile in materia di controversie relative all’invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché pensione di inabilità e assegno d’invalidità ex legge 222/1984, prevede che il ricorrente debba proporre istanza di accertamento tecnico per la verifica “preventiva” (ATP) dei requisiti sanitari richiesti dalla legge ai fini del riconoscimento della prestazione.
In tale procedimento il Giudice provvede alla nomina di un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) a cui affida l’incarico di effettuare una perizia per l’accertamento delle condizioni sanitarie che legittimano la pretesa fatta valere. Espletata la consulenza e in assenza di contestazioni, il Giudice omologa (con decreto non impugnabile né modificabile) l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze indicate nella relazione del CTU.
Di recente, in tale materia, si sono susseguiti alcuni interventi dei Giudici di legittimità (sentenze nn. 5338, 6010, 6084, 6085/2014) che hanno fornito un’interpretazione univoca sulla natura di tale istituto e, in particolare, sul ruolo del Consulente Tecnico d’Ufficio nella prima fase del procedimento di ATPO.
I Giudici di Cassazione, infatti, attribuiscono un ruolo essenziale al parere espresso dal CTU con tali decisioni: “la sussistenza del requisito sanitario nei termini espressi dal CTU ovvero la sua inesistenza, se non vengono proposte contestazioni, diventa quindi intangibile” e “ in questa fase la decisione è rimessa esclusivamente al consulente medico, senza possibilità per il Giudice di discostarsi dal suo parere”.
Risulta quindi fondamentale l’acquisizione tempestiva della consulenza espletata durante la fase dell’ATP da parte dell’Istituto.
Infatti l’Inps, ai fini della liquidazione o meno della prestazione richiesta, si dovrà attenere a quanto specificatamente accertato nella relazione del CTU, fermo restando la verifica dei requisiti socio-economici previsti dalla legge.
Pertanto, nel caso in cui il decreto di omologa del Giudice non fosse conforme all’accertamento del CTU-relativamente all’insussistenza del requisito sanitario- non si dovrà procedere alla liquidazione della prestazione e nell’ipotesi di eventuale contenzioso instaurato dalla controparte per la concessione della prestazione in base alla diversa indicazione del Giudice nel decreto (v. sentenza Cassazione n. 6085/ 2014), si dovrà contrastare il ricorso proposto in base al parere del CTU.
Secondo l’interpretazione adottata dalla Suprema Corte nelle citate sentenze, il Giudice adito con l’istanza per ATP è legittimato soltanto a disporre la consulenza e non è chiamato a verificare altri requisiti preliminari, poiché il legislatore considera l’ATP fase preliminare necessaria, quali che siano gli ostacoli che precluderebbero comunque il diritto alla prestazione richiesta nelle singole fattispecie.
Sulla base di tale orientamento, appare necessario che le strutture dell’Istituto formulino, nella fase che precede la nomina del CTU da parte del giudice, le eccezioni preliminari dirette a precludere le ulteriori fasi del procedimento cui l’ATP si riferisce.
In particolare, si evidenziano i casi più ricorrenti:
- decorso del termine decadenziale di sei mesi di cui all’art. 42, legge 326/2003, per la proposizione dell’istanza di ATP;
- esistenza di un precedente giudicato;
- mancanza della previa domanda amministrativa;
- esistenza di una precedente domanda amministrativa non ancora definita (ai sensi dell’art. 5, legge 69/2009);
- incompetenza territoriale del giudice adito;
- eventuali oggettive preclusioni in punto di diritto rilevabili nella fase preliminare. (ad es: limiti di età).
Il Direttore centrale
Marco Ghersevich