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Circolare 255 del 14 dicembre 1996
OGGETTO: INDENNITA' DI MOBILITA'. SENTENZE DELLA CORTE
COSTITUZIONALE N. 218/1995 E N. 423/1995. QUESTIONI VARIE.
SOMMARIO: Criteri derivanti da due sentenze della Corte
Costituzionale: facolta' di opzione fra la pensione o
l'assegno di invalidita' e l'indennita' di mobilita', anche
per i periodi precedenti la data del 20.1.1994 (sentenza n.
218/1995); utilizzazione dei periodi di astensione
obbligatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio ai fini
della ricerca del requisito lavorativo per l'indennita' di
mobilita' (sentenza n. 423/1995). Indennita' di mobilita'
residua in caso di rioccupazione, ai sensi dell'art. 2, comma
6, della legge n. 451/1994. Dimissioni in caso di
rioccupazione a tempo parziale ovvero a tempo determinato.
1) OPZIONE TRA L'INDENNITA' DI MOBILITA' E LA PENSIONE O
L'ASSEGNO DI INVALIDITA'.
L'art. 5 del D.L. 11 dicembre 1992, n. 478, convertito
nell'art. 6, comma 7, della legge 19 luglio 1993, n. 236, ha
introdotto una disposizione che stabilisce, a decorrere dal
15.12.1992, l'incompatibilita' tra tutte le prestazioni di
disoccupazione ed i trattamenti pensionistici diretti.
Istruzioni per l'applicazione di tale norma sono state
fornite con circolare n. 9 del 12.1.1993, parte II.
Il D.L. 18 gennaio 1994, n. 40, reiterato piu' volte e
convertito nella legge 19 luglio 1994, n. 451, ha introdotto
agli artt. 2, comma 5, e 12, comma 2, una disposizione che
ha modificato il criterio della incompatibilita',
riconoscendo la facolta', per i lavoratori che siano iscritti
nelle liste di mobilita' dal 20.1.1994 e che fruiscano
dell'assegno o della pensione di invalidita', di optare fra
tali trattamenti e quello di mobilita'.
Le relative istruzioni sono contenute nella circolare
n. 178 del 9.6.1994.
A tale riguardo - e con riferimento ai quesiti avanzati
da alcune Sedi - si precisa che la Corte Costituzionale, con
sentenza n. 218 del 9.5.1995, ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 7, della legge n. 236/1993
e dell'art. 1 della medesima legge - che fa salvi gli effetti
prodotti da precedenti analoghe disposizioni contenute nei
decreti-legge non convertiti - nella parte in cui non
prevedono che all'atto dell'iscrizione nelle liste di
mobilita' i lavoratori che fruiscono dell-'assegno o della
pensione di invalidita' possono optare fra tali trattamenti e
quello di mobilita' nei modi e con gli effetti previsti dagli
artt. 2, comma 5, e 12, comma 2, della legge n. 451/1994.
Pertanto - tenuto conto di quanto affermato dalla Corte
Costituzionale - le Sedi dovranno riesaminare, su istanza
avanzata dai singoli lavoratori, corredata da una specifica
dichiarazione di opzione da parte degli stessi, le domande a
suo tempo respinte per incompatibilita' tra la pensione o
l'assegno di invalidita' e l'indennita' di mobilita',
disponendo il pagamento di tale ultima prestazione dopo aver
accertato la sussistenza dei requisiti di legge e la
regolarita' di iscrizione nelle liste di mobilit-a'.
Per coloro che, nel periodo di vigenza delle norme che
hanno istituito l'incompatibilita' tra le prestazioni in
parola, non abbiano invece avanzato domanda di indennita' di
mobilita' nel presupposto che non esistesse il relativo
diritto, si consente che possano essere prese in
considerazione e ritenute utilmente presentate eventuali
domande avanzate entro il periodo di sessanta giorni dalla
data della presente circolare.
2) REQUISITO LAVORATIVO PER IL DIRITTO ALL'INDENNITA' DI MOBILITA'.
L'art. 16, comma 1, della legge n. 223/1991 dispone che
i lavoratori collocati in mobilita' hanno diritto alla
relativa indennita' a condizione che facciano valere, tra
l'altro, una anzianita' aziendale di almeno dodici mesi di
cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, ivi
compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da
ferie, festivita' ed infortuni.
Al riguardo si fa presente che la Corte Costituzionale,
con sentenza n. 423 del 6.9.1995, ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale del combinato disposto degli
artt. 7, comma 1, e 16, comma 1, della legge n. 223/1991,
nella parte in cui non prevedono che i periodi di astensione
obbligatoria dal lavoro della lavoratrice in gravidanza e
puerperio siano computabili al fine del raggiungimento del
suddetto requisito di sei mesi di lavoro effettivamente
prestato.
Pertanto, in relazione ai quesiti avanzati in merito da
alcune Sedi, si precisa che, nel caso in cui una lavoratrice
possa far valere, nel corso di un rapporto di lavoro, periodi
di astensione obbligatoria per gravidanza e puerperio, di cui
agli artt. 4 e 5 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, tali
periodi devono essere computati nel calcolo da effettuare per
accertare l'esistenza del requisito di lavoro effettivo.
In tal senso vanno, quindi, integrate le istruzioni
contenute nella circolare n. 3 del 2.1.1992, tenendo presente
che le pratiche in corso di definizione devono essere
esaminate e decise alla luce del criterio affermato dalla
Corte Costituzionale; le domande gia' respinte per carenza
del requisito in parola dovranno invece essere riesaminate su
specifica istanza delle interessate.
3) INDENNITA' DI MOBILITA' RESIDUA IN CASO DI RIOCCUPAZIONE.
Alcune Sedi hanno chiesto se nei confronti dei
lavoratori, rioccupati con contratto di lavoro a tempo
indeterminato e licenziati per "giusta causa" prima della
maturazione dei requisiti previsti per accedere nuovamente
alla mobilita', possa trovare applicazione l'art. 2, comma 6,
del D.L. 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451.
Al riguardo si fa presente che tale norma - che dispone
che "il lavoratore in mobilita' assunto da un'impresa, ove
venga da questa licenziato senza aver maturato i requisiti
temporali previsti dall'art. 16, comma 1, della legge 23
luglio 1991, n. 223, e' reiscritto nelle liste di mobilita'
ed ha diritto ad usufruire della relativa indennita' per un
periodo corrispondente alla parte residua non goduta
decurtata del periodo di attivita' lavorativa prestata" - e'
da ritenere applicabile in tutti i casi in -cui la
risoluzione del rapporto di lavoro sia comunque conseguente
ad un licenziamento, ivi compreso, quindi, quello disposto
per "giusta causa".
4) DIMISSIONI IN CASO DI RIOCCUPAZIONE A TEMPO PARZIALE
OVVERO A TEMPO DETERMINATO.
Con circolare n. 230 del 14.10.1993, parte B), punto 2,
e' stato precisato che le dimissioni avanzate da un
lavoratore in mobilita', che si e' rioccupato a tempo
parziale ovvero a tempo determinato, comportano di regola la
decadenza dal diritto alla relativa indennita' in quanto
dette dimissioni sono da considerare assimilabili al rifiuto
di un'occupazione ritenuta adeguata.
Al riguardo il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale - sentita anche la Commissione di studio Ministero
del lavoro-INPS, istituita con D.M. 4 ottobre 1995 - con
circolare n. 163/96 del 4.12.1996, ha fornito alcuni
chiarimenti in merito.
Piu' precisamente tale Dicastero "ritiene che, con
riferimento a rapporti di lavoro a tempo determinato o
parziale, non si ponga il problema degli effetti delle
dimissioni del lavoratore sulla sua permanenza in lista di
mobilita', nel senso che detto lavoratore, ove dimessosi, non
deve essere cancellato dalle liste medesime".
Di conseguenza, in presenza di tali situazioni, le Sedi
potranno riammettere i lavoratori in parola , dopo aver
accertato la reiscrizione degli stessi nelle liste di
mobilita', al beneficio della relativa indennita' residua.
Pertanto le pratiche in essere dovranno essere definite
applicando il suddetto criterio e quelle conclusesi senza
concessione di indennita' residua potranno essere riesaminate
dalle Sedi su specifica istanza presentata dagli interessati.
IL DIRETTORE GENERALE
TRIZZINO