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Messaggio 4602 del 25 febbraio 2008
Oggetto:
Decreto Legislativo n. 30 del 6 febbraio 2007 "Attuazione della Direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini UE e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri". Titoli di soggiorno e riflessi sulle tutele previdenziali e assistenziali.
Il Decreto Legislativo n. 30 del 6 febbraio 2007 ‘Attuazione della Direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini UE e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri’ (in G.U. del 27 marzo 2007 n. 72), entrato in vigore l’11 aprile 2007, disciplina le nuove modalità relative al diritto di soggiorno dei cittadini comunitari e dei loro familiari, anche se cittadini extracomunitari.
Per periodi di soggiorno inferiori a tre mesi non sono previste per i cittadini comunitari particolari condizioni o formalità, salvo naturalmente il possesso di un documento di identità valido per l’espatrio rilasciato dal paese di provenienza.
Lo stesso diritto di soggiorno è esteso ai familiari - anche se cittadini di uno stato extra UE - purché abbiano un passaporto in corso di validità e, se richiesto, un regolare visto d’ingresso.
Durante i primi tre mesi di soggiorno, il cittadino UE non gode del diritto di assistenza sociale (art.19, comma3).
Titolo di soggiorno: l’iscrizione anagrafica
Per i periodi di soggiorno superiori a tre mesi la nuova normativa riconosce il diritto di soggiorno al cittadino comunitario se lavoratore autonomo o subordinato, o studente iscritto presso un istituto di formazione professionale riconosciuto dallo Stato o per la frequenza di un corso di formazione professionale, o se intende eleggere la sua residenza nel territorio italiano (art. 7, comma 1).
Superati i tre mesi di permanenza sul territorio nazionale, i cittadini comunitari titolari di un autonomo diritto di soggiorno - ed i loro familiari - sono tenuti a richiedere l’iscrizione anagrafica presso il Comune di residenza (art. 9); il certificato di iscrizione anagrafica rappresenta il titolo di soggiorno che sostituisce di fatto la carta di soggiorno per cittadini UE, prevista dal DPR n. 54/2002.
Le modalità relative a questo tipo di iscrizione anagrafica – che si distingue da quella ordinaria - sono specificatamente disciplinate dalle circolari del Ministero dell’Interno n. 19 del 6 aprile 2007, n. 39 del 18 luglio 2007 e n. 45 dell’ 8 agosto 2007.
Ai fini dell’iscrizione anagrafica il cittadino comunitario deve presentare, ai sensi dell’art. 9, comma 3, lettera a) e b), idonea documentazione attestante lo svolgimento di un’attività lavorativa, di studio o di formazione professionale, ovvero la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sè e per i propri familiari - che può essere autocertificata dall’interessato - (per la relativa quantificazione delle risorse si utilizza il parametro dell’importo dell’assegno sociale), accompagnata dalla titolarità di una polizza assicurativa sanitaria, della durata di almeno un anno e che copra i rischi su tutto il territorio nazionale.
In particolare, ai sensi della circolare del Ministero dell’Interno n. 45 dell’8 agosto 2007, un lavoratore subordinato (stagionale e non stagionale), ai fini dell’iscrizione anagrafica può esibire uno dei seguenti documenti per dimostrare la propria condizione lavorativa:
l'ultima busta paga;
la ricevuta di versamento dei contributi Inps;
il contratto di lavoro contenente i codici identificativi INPS e INAIL;
la comunicazione di assunzione al Centro per l'Impiego (mod. ‘Unificato Lav-assunzione’, ai sensi del DM del 30 ottobre 2007).
In caso di lavoro autonomo, il cittadino comunitario può esibire uno dei seguenti documenti:
il certificato di iscrizione alla Camera di Commercio;
l'attestazione di attribuzione della partita IVA rilasciata dall'Agenzia delle Entrate;
per chi esercita una libera professione, l’iscrizione all’albo del relativo ordine professionale.
Dal dispositivo normativo consegue che:
in caso di ingresso per lavoro, l’iscrizione all’anagrafe comunale può essere successiva all’iscrizione all’INPS; è invece precedente in caso di cittadini comunitari iscritti all’anagrafe per motivi diversi dal lavoro (studio, formazione professionale, residenza) che successivamente accedono all’inserimento lavorativo. In ogni caso la condizione di iscrivibilità in quanto assicurati prescinde dalla richiesta del titolo di soggiorno;
nei rapporti con l’Istituto per la richiesta di prestazioni previdenziali e assistenziali, il titolo di soggiorno richiesto per il cittadino comunitario – nella generalità dei casi - è il certificato di iscrizione anagrafica rilasciato dal Comune di residenza, che dovrà contenere, – ai sensi della circolare del Ministero dell’Interno n. 19 di aprile 2007 – trattandosi di una iscrizione ‘particolare’, il riferimento alla norma ai sensi della quale è stato prodotto (art. 9 D. Lgs. n. 30/2007).
L’art. 7, comma 3, prevede la conservazione del diritto di soggiorno, per il cittadino comunitario già lavoratore subordinato, quando:
è inabile a seguito di infortunio;
è in stato di disoccupazione involontaria, dopo aver esercitato un’attività lavorativa per oltre un anno, e sia iscritto presso il Centro per l’impiego, ovvero ha reso la dichiarazione che attesti l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa;
è in stato di disoccupazione involontaria, al termine di un contratto di lavoro di durata lavorativa determinata inferiore ad un anno ovvero si è trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale;
segue un corso di formazione professionale.
Le vigenti disposizioni prevedono l’erogazione del trattamento di disoccupazione in presenza dei previsti requisiti assicurativi e contributivi.
Altri titoli di soggiorno
La normativa vigente prevede, sia per il titolare che per i familiari ricongiunti, casi particolari per i quali sono riconosciuti altri titoli di soggiorno, validi ai fini dell’iscrizione negli archivi dell’Istituto e della fruizione di prestazioni previdenziali e assistenziali, accompagnati – ove richiesto – dall’iscrizione anagrafica.
Il primo caso è rappresentato dai cittadini comunitari in possesso della Carta di soggiorno alla data di entrata in vigore del decreto in oggetto, per i quali non è previsto l’obbligo dell’iscrizione anagrafica fino alla data di scadenza della stessa.
Nel caso, invece, di cittadini comunitari che hanno presentato domanda di Carta di soggiorno prima dell’11 aprile 2007, l’iscrizione all’anagrafe sarà possibile presentando la ricevuta della Questura o di Poste Italiane e con l’autocertificazione dei requisiti richiesti dalla nuova normativa.
Ne consegue che anche per i cittadini comunitari che alla predetta data avevano maturato i requisiti per poter richiedere la Carta di soggiorno, sussiste l’obbligo di iscrizione all’anagrafe (art. 9).
Nel caso specifico del cittadino comunitario che soggiorna in Italia per lavoro subordinato stagionale, ed intende rimanervi solo per il periodo dello svolgimento dell’attività lavorativa, questi viene iscritto nello schedario della popolazione temporanea e riceve un’attestazione della durata di 1 anno (Circolare del Ministero dell’Interno n.39 del 18 luglio 2007).
Un ulteriore caso di titolo di soggiorno particolare riguarda i familiari extracomunitari dei cittadini UE residenti in Italia o di cittadini italiani, distinti in due fattispecie:
i familiari extracomunitari che rientrano nell’art. 2 del D. Lgs. n. 30/2007 (coniuge, figli e ascendenti) sono tenuti a richiedere la ‘Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione’ in Questura; solo dopo aver ottenuto tale titolo di soggiorno possono richiedere l’iscrizione anagrafica presso il Comune di residenza.
In attesa della definizione del relativo modello di richiesta della carta di soggiorno da parte del Ministero dell’Interno, devono richiedere - in Questura o tramite le Poste - il ‘permesso CE per soggiornanti di lungo periodo’. (art. 10, comma 1)
i familiari extracomunitari che rientrano nell’art. 3 del D. Lgs. n.30/2007 (ogni altro familiare che nel Paese di provenienza sia convivente o a carico del cittadino UE o che necessiti di essere assistito per gravi motivi di salute) sono, invece, tenuti ad entrare in Italia con un visto per residenza elettiva e a richiedere, entro tre mesi, alla Questura il ‘permesso di soggiorno per residenza elettiva’.
Diritto di soggiorno permanente
Il cittadino dell’Unione che soggiorna legalmente ed in via continuativa per cinque anni sul territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente. Tale diritto si estende anche al familiare comunitario e/o extracomunitario che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio, unitamente al cittadino comunitario (art. 14).
Il calcolo dei cinque anni parte dalla data d’inizio di validità del titolo di soggiorno (permesso o carta), se già posseduto dall’interessato, o dalla data di iscrizione all’ Anagrafe comunale (circolare del Ministero dell’Interno n. 39 del 18 luglio 2007).
Pertanto, è possibile che cittadini comunitari (e relativi familiari qualunque sia la loro cittadinanza), regolarmente presenti in Italia prima dell’entrata in vigore del Decreto in esame, abbiano già raggiunto i requisiti per il diritto al soggiorno permanente.
In deroga a quanto previsto dall’art. 14, la legge prevede che, in alcuni casi, il cittadino comunitario acquisisca il diritto di soggiorno permanente prima della maturazione dei cinque anni (art. 15):
se il lavoratore subordinato o autonomo ha raggiunto l’età per percepire la pensione di vecchiaia;
se il lavoratore subordinato cessa di svolgere la propria attività a seguito di pensionamento anticipato, dopo aver svolto in Italia la propria attività almeno negli ultimi dodici mesi e avervi soggiornato per più di tre anni;
se il lavoratore subordinato o autonomo ha soggiornato in modo continuativo da oltre due anni e cessa di esercitare la propria attività professionale per una sopravvenuta incapacità lavorativa permanente (il requisito relativo alla durata del soggiorno viene meno se l’incapacità è causata da infortunio sul lavoro o malattia professionale);
se il lavoratore subordinato o autonomo, dopo tre anni di attività /soggiorno continuativi, esercita un’attività subordinata o autonoma presso un altro Stato membro, pur continuando a risiedere nel territorio nazionale.
Se il coniuge del cittadino comunitario è cittadino italiano o ha perso la cittadinanza italiana a causa del matrimonio con il lavoratore dipendente o autonomo, non è necessario il rispetto delle condizioni relative alla durata del soggiorno per l’acquisizione del diritto di soggiorno permanente (art. 15, comma 4).
In caso di acquisizione del diritto di soggiorno permanente, il comune di residenza rilascia, a richiesta dell’interessato, un attestato di titolare di diritto di soggiorno permanente, che può essere sostituito da un’informazione contenuta nella carta d’identità elettronica, prossima emissione, di cui al D. Lgs. n. 82/2005 (art.16).
Il diritto di soggiorno permanente si estende ai familiari, indipendentemente dalla loro cittadinanza, purché abbiano soggiornato unitamente al cittadino dell’Unione per lo stesso periodo richiesto dalla legge nazionale (5,3 o 2 anni).
In caso di decesso del lavoratore subordinato o autonomo prima dell’ acquisizione del diritto di soggiorno permanente, i familiari acquisiscono tale diritto se si verifica una delle seguenti condizioni (art. 16, comma 6):
il lavoratore subordinato o autonomo ha soggiornato sul territorio nazionale in via continuativa per due anni;
il decesso è avvenuto in seguito a infortunio sul lavoro o a malattia professionale;
il coniuge superstite ha perso la cittadinanza italiana a causa del matrimonio con il lavoratore dipendente o autonomo.
Ai familiari extracomunitari del cittadino comunitario o italiano, che abbiano maturato il diritto di soggiorno permanente, la questura rilascia la ‘Carta di soggiorno permanente per i familiari dei cittadini Ue’ (art.17).
Mantenimento del diritto di soggiorno
Per il mantenimento del diritto di soggiorno vale il vincolo dell’art. 13, comma 1, del Decreto in esame, che lega il diritto di soggiorno dei cittadini comunitari e dei loro familiari alla disponibilità di risorse economiche che 'impediscano di diventare un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante…’, a meno che non si tratti di lavoratori subordinati o autonomi o di cittadini comunitari entrati nel territorio dello Stato in cerca di un posto di lavoro, iscritti al Centro per l’impiego da non più di sei mesi.
Il comma 2 dell’art. 13 prevede che i cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui agli art. 7, 11 e 12 finchè soddisfano le condizioni fissate dagli stessi articoli.
In particolare, l’art. 11 prevede la conservazione del diritto di soggiorno dei familiari in caso di decesso o di partenza del cittadino comunitario nei seguenti casi:
se il familiare è cittadino comunitario ed ha acquisito il diritto di soggiorno permanente di cui all’art. 14 o se è in possesso dei requisiti previsti nel citato art. 7, comma 1 (lavoratore subordinato o autonomo, iscrizione corso di studi ecc.);
se il familiare, non avente la cittadinanza di uno Stato membro, ha soggiornato nel territorio nazionale per almeno un anno prima del decesso del cittadino dell’Unione ed ha acquisito il diritto di soggiorno permanente o dimostri di esercitare un’attività lavorativa subordinata od autonoma o di disporre per sè e per i familiari di risorse sufficienti nonché di una assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato, ovvero di fare parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato, di una persona che soddisfa tali condizioni;
se i figli o il genitore che ne ha l’affidamento, indipendentemente dalla cittadinanza, risiedono nello Stato e sono iscritti presso un istituto scolastico per seguirvi gli studi, fino al termine degli stessi.
L’art. 12 prevede, invece, il mantenimento del diritto di soggiorno dei familiari in caso di divorzio e di annullamento del matrimonio con cittadini dell’Unione alle seguenti condizioni:
il familiare avente la cittadinanza europea deve avere acquisito il permesso di soggiorno permanente o deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’art. 7, comma 1;
il familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro deve avere acquisito il diritto al soggiorno permanente o devono sussistere i seguenti casi:
a) il matrimonio e’ durato almeno tre anni, di cui almeno un anno nel territorio nazionale, prima dell’inizio del procedimento di divorzio o annullamento;
b) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto l’affidamento dei figli del cittadino dell’Unione in base ad accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria;
c) l’interessato risulti parte offesa in procedimento penale, in corso o definito con sentenza di condanna, per reati contro la persona commessi nell’ambito familiare;
d) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro beneficia, in base ad un accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria, di un diritto di visita al figlio minore.
Nei suddetti casi, salvo che gli interessati abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente, il diritto di soggiorno resta comunque subordinato al requisito che essi dimostrino di esercitare un’attività lavorativa subordinata o autonoma, o di disporre per sè e per i familiari di risorse sufficienti nonché di un’assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato, ovvero di fare parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato, di una persona che soddisfa tali condizioni.
Tutele previdenziali e assistenziali
L’art. 19, comma 2, del decreto in oggetto dispone, che ‘ogni cittadino dell’Unione che risiede nel territorio nazionale gode di pari trattamento rispetto ai cittadini italiani nel campo di applicazione del Trattato: il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di Stato membro che siano titolari di autonomo diritto o di diritto di soggiorno permanente’.
In presenza dei suddetti requisiti, comprovabili tramite autocertificazione presso gli Enti preposti e del possesso dei titoli di soggiorno validi, i cittadini comunitari e i loro familiari possono beneficiare, ricorrendone i presupposti, delle prestazioni assistenziali e previdenziali.
Di seguito si forniscono indicazioni riferite alle prestazioni a sostegno della maternità e della paternità e alle prestazioni assistenziali.
Assegno di maternità “dei Comuni” e assegno di maternità “dello Stato” (artt. 74 e 75 del D. Lgs. n.151/2001–D.P.C.M. 452/2000)
Dall’11 aprile 2007, i cittadini comunitari che, superati i tre mesi di permanenza sul territorio nazionale ed avendone i requisiti di legge, intendono richiedere gli assegni di maternità in esame, devono attestare l’iscrizione all’anagrafe del comune di residenza. Si rammenta che, ai fini della concessione dei benefici in esame, l’avente diritto, a prescindere dalla nazionalità, dev’essere residente in Italia anche con riguardo al momento dell’evento (parto o ingresso in famiglia in caso di adozione/affidamento).
I cittadini comunitari in possesso di carta di soggiorno per cittadini UE, non ancora scaduta alla data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 30/2007, possono validamente presentare domanda di assegno unitamente alla citata carta di soggiorno.
La regolarità del soggiorno in Italia, utile anche ai fini della concessione degli assegni di cui trattasi, è altresì comprovata dall’attestato di titolare di diritto di soggiorno permanente rilasciato ai sensi dell’art. 14 e ss. del decreto in oggetto, risultante eventualmente dalla carta di identità elettronica dell’interessato.
Le disposizioni di cui al D. Lgs. n. 30/2007 trovano attuazione anche relativamente ai cittadini rumeni e bulgari, i quali - fermo restando quanto a suo tempo precisato nella circolare n. 46/2007 - beneficiano dell’assegno di maternità se in possesso del certificato di iscrizione all’anagrafe.
Il diritto di soggiorno nel territorio dello Stato, nonché le prestazioni assistenziali, tra le quali si ritengono inclusi gli assegni in questione, sono riconosciute anche in favore dei familiari (comunitari o meno) di cittadini dell’Unione individuati dall’art. 2, regolarmente soggiornanti in Italia sulla base delle norme del decreto in esame.
Conseguentemente, fermi restando gli altri requisiti di legge, le cittadine comunitarie, familiari di cittadini dell’Unione o italiani, possono inoltrare le domande di assegno a condizione che attestino l’iscrizione all’anagrafe del comune di residenza.
I familiari del cittadino dell’Unione, non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, invece, devono richiedere – come precedentemente indicato - al Questore la “Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione” subordinatamente alla quale è possibile anche per costoro procedere all’iscrizione anagrafica.
Come in precedenza indicato, vale il possesso del ‘permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo’ fino all’emanazione del modello di richiesta relativo alla suddetta carta di soggiorno.
Pertanto - fermo restando che gli assegni in questione, in presenza degli altri presupposti di legge, sono concessi alle donne cittadine italiane, comunitarie o extracomunitarie purché residenti nel territorio dello Stato al momento dell’evento tutelato - le cittadine extracomunitarie presenti in Italia, in qualità di familiari del cittadino dell’Unione, possono accedere ai benefici in esame a condizione che le stesse dimostrino, all’atto della domanda di assegno, di essere in possesso della carta di soggiorno sopra indicata (o del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo).
Il diritto di soggiorno permanente - certificato, come prima precisato, dall’attestazione di soggiorno permanente per il cittadino comunitario e dalla “carta di soggiorno permanente per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro”, in caso di familiare non comunitario di cittadino comunitario o italiano – assicura l’accesso ai predetti assegni di maternità e di paternità.
Si rammenta che, anche ai fini del riconoscimento degli assegni in questione, le disposizioni di cui al D. Lgs. n.30/2007 circa il soggiorno in Italia e le correlative prestazioni assistenziali trovano applicazione, se più favorevoli, anche in favore dei familiari (cittadini dell’Unione o meno) di cittadini italiani (circ. Ministero Interno n. 19/2007).
Assegni nucleo familiare (art.65 della Legge 23.12.1998 n. 448)
L’assegno di cui all’art. 65 della legge n. 448/1998 viene concesso, ai sensi dell’art. 80, comma 5 della legge n.338/2000, anche ai nuclei familiari di cittadino comunitario residente in Italia in cui siano presenti almeno tre figli minori.
A decorrere dall’ 11 aprile 2007 i cittadini comunitari che intendono richiedere la prestazione in parola devono attestare l’iscrizione anagrafica dei cittadini residenti secondo quanto previsto dall’art. 9.
Prestazioni assistenziali
Con decorrenza dall'11 aprile 2007, i cittadini comunitari ed i loro familiari a carico che risiedono regolarmente in Italia, per un periodo superiore a tre mesi, possono fare richiesta, in presenza degli altri requisiti, dell'assegno sociale e delle prestazioni di invalidità civile, accludendo alla domanda il certificato di iscrizione anagrafica presso il Comune di residenza.
I titolari di carta di soggiorno, non ancora scaduta alla data dell'11 aprile 2007, possono presentare la domanda, allegando la suddetta carta di soggiorno.
Va precisato che per la concessione delle prestazioni di carattere assistenziale, richieste dai familiari a carico, l'accertamento del requisito reddituale dovrà essere effettuato valutando il solo reddito personale del richiedente, oppure, ove previsto, il reddito cumulato con quello del coniuge (assegno sociale e maggiorazioni sociali).
I familiari a carico, non aventi cittadinanza in uno Stato membro dell'Unione, per ottenere l'iscrizione anagrafica, debbono preventivamente fare richiesta, all'Ufficio Immigrazione della Questura competente, della "carta di soggiorno " di familiare di cittadino dell'Unione.
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Allegati
1) Scheda sintetica riassuntiva su:
casi particolari per i quali il cittadino comunitario è in possesso di altri tipi di documentazione attestante la regolarità del soggiorno;
condizione dei familiari del cittadino comunitario, distinti nelle due categorie previste dal Decreto Legislativo n. 30/2007.
2) Scheda sinottica su:
i titoli di soggiorno, utili ai fini istituzionali, dei cittadini extracomunitari e comunitari.
La tabella sinottica relativa ai titoli di soggiorno è disponibile anche sul sito Intranet del ‘Coordinamento e supporto delle attività connesse al fenomeno migratorio’, nella sezione ‘Utilità’.
Il Direttore generale
Crecco