Home Prestazioni a sostegno del reddito Sospensione attività lavorativa Assegno residuale Norme Circolari Inps CI 1990
-
Assegno residuale
-
Codifica aziende e compilazione flusso Uniemens
-
Finanziamento delle prestazioni
-
Imprese che rientrano nel campo di applicazione del Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l’Artigianato
-
Imprese di gestione esattoriale e imprese esercenti attività di trasporto
-
Lavoratori svantaggiati delle cooperative sociali di tipo b)
-
Modalità di recupero del contributo versato illegittimamente
-
Natura giuridica, obblighi di bilancio e gestione del Fondo
-
Prestazioni concesse dal fondo
-
Requisito dimensionale del datore di lavoro
-
Ricorsi amministrativi
-
Settore e tipologia del datore di lavoro
-
Settori Credito e Credito cooperativo
-
Settori esclusi
-
Tabella con le caratteristiche delle aziende
-
Università non statali legalmente riconosciute
Circolare 242 del 20 novembre 1990
Allegati 2
OGGETTO: Legge 2 agosto 1990, n.233, recante "Riforma dei
trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi". Criteri di
applicazione delle disposizioni in materia di prestazioni pensionistiche.
La Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 188, del 13 agosto 1990 ha
pubblicato la legge 2 agosto 1990, n.233, avente per oggetto "Riforma dei
trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi" (allegato 1).
Il provvedimento introduce, con effetto dal 1 luglio 1990,
radicali innovazioni nel sistema previdenziale dei lavoratori
autonomi, sia per quanto riguarda i criteri di finanziamento delle
relative gestioni assicurative sia per cio' che concerne i
trattamenti pensionistici, per i quali viene stabilito un nuovo
sistema di calcolo commisurato al reddito, sostanzialmente analogo a
quello retributivo in vigore per i lavoratori dipendenti.
In materia di prestazioni pensionistiche le disposizioni di
piu' diretto rilievo sono contenute negli articoli 5 e 6, che
dettano la disciplina per il calcolo delle pensioni degli artigiani
e dei commercianti, negli articoli 8 e 9, che regolano il calcolo
delle pensioni dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, e
nell'articolo 16, che disciplina il calcolo delle pensioni da
liquidare con il cumulo di contributi versati in piu' gestioni
assicurative.
Disposizioni che influiscono sulla determinazione dei
trattamenti pensionistici sono inoltre contenute anche negli
articoli 1, 3 e 7 del provvedimento.
Nell'ambito della gestione dei coltivatori diretti,
mezzadri e coloni assume poi particolare rilievo l'articolo 12, per
effetto del quale vengono rimosse, a far tempo dal 1 gennaio 1991,
le residue limitazioni al diritto a pensione indiretta o di
reversibilita' nei confronti dei superstiti di iscritti alla
gestione e viene esteso ai superstiti degli assicurati nella
gestione medesima il diritto all'indennita' per morte prevista
dall'articolo 13 della legge 4 aprile 1952, n. 218, e successive
modificazioni ed integrazioni.
Cio' premesso, si illustrano i criteri di applicazione
della nuova normativa.
1 - CALCOLO DELLE PENSIONI DEGLI ARTIGIANI E DEGLI ESERCENTI
ATTIVITA' COMMERCIALI
Gli articoli 5 e 6 della legge n. 233 dettano i nuovi
criteri per il calcolo in forma "retributiva" delle pensioni
autonome e supplementari e dei supplementi di pensione da liquidare
a carico delle gestioni degli artigiani e dei commercianti con
decorrenza successiva al 30 giugno 1990.
Si tratta di criteri articolati che tengono conto del
diverso sistema di versamento dei contributi in vigore nelle
gestioni, rispettivamente, per i periodi dal 1 luglio 1990 e per
quelli anteriori a tale data.
1.1 - Determinazione del reddito annuo pensionabile per i periodi di
contribuzione successivi al 30 giugno 1990
1.1.1 - Periodi di contribuzione obbligatoria
L'articolo 5, comma 1, stabilisce che la misura delle
pensioni da liquidare, con effetto dal 1 luglio 1990, nei confronti
degli iscritti alle gestioni degli artigiani e degli esercenti
attivita' commerciali e' pari, per ogni anno di iscrizione e
contribuzione alle rispettive gestioni, al 2 per cento del reddito
annuo di impresa determinato, per ciascun assicurato, ai sensi
dell'articolo 1 della stessa legge n. 233, quale risulta dalla media
dei redditi relativi agli ultimi dieci anni coperti di
contribuzione, o al minor numero di essi, anteriori alla decorrenza
della pensione.
Ai sensi del comma 2 dell'articolo 5, la misura massima
della percentuale di commisurazione della pensione al reddito e'
stabilita nell'80 per cento, corrispondente ad un'anzianita'
contributiva di 40 anni, mentre le misure intermedie sono pari a
quelle determinate nella tabella C annessa alla legge 30 aprile
1969, n. 153.
Per la individuazione del reddito di impresa da attribuire
a ciascun anno, va tenuto presente che, ai sensi dell'articolo 1 del
provvedimento in esame,a decorrere dal 1 luglio 1990 per i soggetti
iscritti alle gestioni previdenziali degli artigiani e dei
commercianti il reddito assoggettabile a contributo e' il "reddito
annuo derivante dall'attivita' di impresa che da' titolo
all'iscrizione alla gestione, dichiarato ai fini Irpef, relativo
all'anno precedente".
Per i periodi di contribuzione successivi al 30 giugno 1990
e' pertanto stabilita una piena correlazione, nell'ambito di ciascun
anno, tra reddito imponibile ai fini contributivi e reddito da
utilizzare per lo stesso anno ai fini del calcolo della pensione.
A seguito della nuova disciplina di calcolo delle pensioni
in forma "retributiva", il comma 3 dell'articolo in esame abroga
espressamente le disposizioni sul calcolo delle pensioni dei
lavoratori autonomi introdotte dall'art.6, commi 8 e 9, della legge
11 novembre 1983, n.638, disposizioni emanate con carattere di
provvisorieta', in attesa della riforma del sistema pensionistico.
Il comma 4 dell'articolo 5 stabilisce che, qualora il
reddito imponibile ecceda il limite di retribuzione annua
pensionabile al quale si applica la percentuale massima di
commisurazione della pensione prevista per l'assicurazione generale
obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei
lavoratori dipendenti, sulla parte eccedente e fino a concorrenza
dell'importo preso in considerazione ai fini del versamento dei
contributi, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21,
comma 6, della legge 11 marzo 1988, n.67, e successive modificazioni
ed integrazioni, secondo le corrispondenti percentuali di
commisurazione ivi previste.
Per effetto di tale disposizione vengono estesi alle
gestioni degli artigiani e dei commercianti i criteri in vigore per
i lavoratori dipendenti ai fini della determinazione della pensione
in presenza di redditi di importo superiore a quello al quale si
applica la percentuale massima di commisurazione del trattamento
pensionistico.
Peraltro, considerato che il nuovo sistema di versamento
dei contributi, quale risulta dalla disciplina contenuta
nell'articolo 1 della legge in esame, prevede un "massimale" di
reddito imponibile ai fini contributivi, il legislatore ha ritenuto
di dover precisare che il reddito utilizzabile ai fini pensionistici
e' soltanto quello "preso in considerazione ai fini del versamento
dei contributi".
Ai sensi del comma 6 dell'articolo 5, il reddito annuo di
impresa di cui all'articolo 1 deve essere rivalutato in misura
corrispondente alla variazione dell'indice annuo del costo della
vita, calcolato dall'Istat ai fini della scala mobile dei lavoratori
dell'industria, tra l'anno solare "cui il reddito si riferisce" e
quello precedente la decorrenza della pensione.
Trattasi dello stesso indice e degli stessi criteri di
rivalutazione delle retribuzioni in vigore per il calcolo delle
pensioni dei lavoratori dipendenti; anche per il calcolo delle
pensioni degli artigiani e dei commercianti sono quindi esclusi
dalla rivalutazione sia il reddito dell'anno di decorrenza della
pensione sia il reddito dell'anno precedente.
Quanto all'espressione "anno solare cui il reddito si
riferisce", essa va interpretata tenendo conto del sistema delineato
dalla legge n. 233. In tale sistema che, come si e' rilevato,
realizza una stretta interdipendenza tra reddito imponibile in un
determinato anno e reddito utile a pensione per lo stesso anno,
l'anno cui il reddito si riferisce e' quello nel quale il reddito
stesso viene assoggettato a contribuzione ed e' conseguentemente
valutabile anche ai fini pensionistici. Pertanto e' a tale anno che
deve essere fatto riferimento per l'individuazione del coefficiente
di rivalutazione da applicare e non a quello nel quale il reddito e'
stato prodotto.
Qualora nel periodo utile per il calcolo del reddito
pensionabile vi siano periodi di iscrizione alle gestioni per i
quali il reddito di impresa sia assente ovvero sia inferiore al
livello minimo imponibile di cui al comma 3 dell'articolo 1 della
legge n.233, deve essere preso in considerazione, ai sensi del comma
8 dell'articolo 5, un reddito di ammontare pari al livello minimo
imponibile.
Al riguardo va considerato che il comma 3 dell'articolo 1
ha introdotto un livello minimo di reddito imponibile ai fini
contributivi in misura pari al minimale annuo di retribuzione che si
ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero stabilito, al
1 gennaio dell'anno cui si riferiscono i contributi, per gli operai
del settore artigianato e commercio; per effetto di quanto disposto
dal comma 8 dell'articolo 5, per i periodi successivi al 30 giugno
1990 per i quali il versamento dei contributi risultera' effettuato
sul "minimale" in quanto il reddito di impresa e' assente o e'
inferiore al livello minimo imponibile, deve essere preso in
considerazione ai fini pensionistici un reddito di ammontare pari al
"minimale" assoggettato a contribuzione.
Anche i redditi di ammontare pari al livello minimo
imponibile hanno titolo alla rivalutazione di cui al comma 6
dell'articolo 5 in esame, con esclusione ovviamente del reddito
dell'anno di decorrenza della pensione e di quello dell'anno
precedente.
1.1.2 - Periodi di contribuzione volontaria
Ai fini della individuazione del reddito da valutare per i
periodi di contribuzione volontaria successivi al 30 giugno 1990,
vanno tenuti presenti i nuovi criteri di determinazione della classe
di reddito da attribuire ai prosecutori volontari, stabiliti
dall'art. 3 della legge n. 233.
In applicazione di tali criteri, per i periodi di
contribuzione volontaria compresi tra il 1 luglio 1990 ed il 31
dicembre 1990 deve essere attribuito il reddito medio imponibile
stabilito, per la classe di reddito assegnata, dalla Tabella A
allegata alla stessa legge n. 233. Per i periodi successivi al 31
dicembre 1990 saranno valutati i redditi che verranno determinati,
per ciascun anno, con i criteri indicati dal comma 2 del citato
articolo 3.
Per i periodi di contribuzione volontaria inferiori
all'anno solare, l'importo del reddito da valutare sara' determinato
dividendo per 52 il reddito medio imponibile relativo all'intero
anno e moltiplicando il quoziente cosi' ottenuto per le settimane di
contribuzione volontaria dell'anno.
1.2 - Determinazione del reddito per i familiari collaboratori
Il comma 7 dell'articolo 5 dispone che per i familiari
iscritti in qualita' di collaboratori il reddito da prendere a base
per il calcolo della pensione e' rappresentato dalla quota di
reddito denunciata per ciascuno di essi dal titolare ai fini del
versamento dei contributi, ai sensi dell'articolo 1 della legge.
Nel nuovo sistema contributivo introdotto, con effetto dal
1 luglio 1990, dall'articolo 1 della legge n. 233 e' previsto
infatti che, ai fini del versamento dei contributi il titolare
dell'impresa indichi la quota di reddito di pertinenza di ciascun
collaboratore; il complesso delle quote dei collaboratori non puo'
in ogni caso superare il 49 per cento del reddito di impresa.
Per i periodi di contribuzione successivi al 30 giugno
1990, il reddito da valutare ai fini pensionistici per ciascun
componente (titolare e collaboratore) dell'impresa artigiana e
commerciale sara' pertanto determinato sulla base della quota
indicata dal titolare all'atto del versamento dei contributi
relativi all'anno considerato.
In proposito occorre sottolineare che il comma 5
dell'articolo 1 citato, con disposizione di portata generale,
precisa che la ripartizione del reddito tra titolare e collaboratori
operata ai fini del versamento dei contributi "ha effetto anche ai
fini della commisurazione del reddito per il diritto alle
prestazioni previdenziali ed assistenziali in favore dei lavoratori
autonomi artigiani ed esercenti attivita' commerciali".
Viene cosi' risolto in via legislativa il problema della
ripartizione del reddito tra titolare e collaboratori; in
applicazione di quanto e' stabilito dalla disposizione richiamata,
in tutti i casi in cui per il diritto ad una prestazione
previdenziale e assistenziale assume rilievo il reddito di un
familiare assicurato in qualita' di collaboratore di impresa
artigiana o commerciale (ad esempio, per l'accertamento del
requisito della vivenza a carico ai fini del diritto alle quote di
maggiorazione su pensioni dei lavoratori autonomi; per la
corresponsione dei trattamenti di famiglia; per la determinazione
del diritto al trattamento minimo), il reddito stesso, per i periodi
di attivita' successivi al 30 giugno 1990, sara' individuato nella
quota indicata per il familiare in questione dal titolare all'atto
del versamento dei contributi relativi all'anno che interessa.
Con gli stessi criteri va ovviamente determinato il reddito di
pertinenza del titolare.
1.3 - Determinazione del reddito per i periodi di contribuzione
anteriori al 1 luglio 1990
I commi 9 e 10 dell'articolo 5 dettano i criteri per la
determinazione del reddito da attribuire ai periodi di contribuzione
anteriori al 1 luglio 1990.
Si tratta di criteri diversi a seconda che il periodo da
valutare sia o meno anteriore al 1 gennaio 1982, data dalla quale il
contributo aggiuntivo aziendale dovuto dagli artigiani e dai
commercianti e' stato destinato, per espressa previsione dell'art. 2
della legge 26 febbraio 1982, n. 54, "anche ai fini del calcolo
della pensione".
In particolare, secondo il disposto del comma 9, i periodi
di contribuzione anteriori al 1 gennaio 1982 vengono considerati
coperti con un reddito "convenzionale" , da attribuire sia al
titolare dell'impresa che a ciascuno dei familiari collaboratori, il
cui importo e' indicato nelle tabelle B e C allegate alla legge,
rispettivamente, per gli artigiani e per gli esercenti attivita'
commerciali.
A proposito della tabella C si precisa che anche per l'anno
1965, che risulta omesso nella tabella, va attribuito un reddito di
lire 124.400, coincidente con quello previsto nella tabella B per
gli artigiani.
Per i periodi di contribuzione inferiori all'anno deve
essere attribuito un reddito pari ad un dodicesimo di quello annuo
per i mesi interi e ad un ventiseiesimo della quota mensile, per i
periodi inferiori al mese.
Per quanto riguarda quest'ultima indicazione, va precisato
che nei confronti degli artigiani e dei commercianti la necessita'
di valutare un periodo di contribuzione inferiore al mese non puo'
verificarsi ne' per i periodi di iscrizione obbligatoria ne' per
quelli di prosecuzione volontaria, essendo i relativi contributi
mensili non frazionabili.
Ai sensi del comma 10 dell'articolo 5, per i periodi di
contribuzione compresi tra il 1 gennaio 1982 ed il 30 giugno 1990,
il reddito da attribuire e' quello corrispondente alla quota di
imponibile che si ricava considerando versato in base all'aliquota
del 12 per cento il contributo in cifra fissa ed in percentuale
dovuto per l'assicurazione invalidita', vecchiaia e superstiti per
ciascuno degli anni del periodo in questione.
A titolo di esempio, se un artigiano ha versato per l'anno
1989 un importo complessivo di contribuzione I.V.S. pari a
lire 1.758.780 (lire 1.358.780 di contributo in cifra fissa e lire
400.000 di contributo in percentuale), il reddito da valutare per
tale anno e' di importo pari a lire 14.656.500 (1.758.780 x 100:12).
Lo stesso comma 10 dell'articolo 5 dispone che qualora vi
siano familiari collaboratori il reddito deve essere ripartito sulla
base delle quote indicate dal titolare ai sensi del comma 5
dell'articolo 1.
Trattandosi di periodi anteriori al 1 luglio 1990, la
ripartizione prevista dal comma 10 in questione riguardera' il solo
contributo in percentuale e servira' per determinare la quota di
tale contributo riferibile all'interessato per l'anno considerato.
L'ammontare di detta quota, sommato all'importo del contributo in
cifra fissa dovuto per lo stesso anno, costituira' la contribuzione
complessiva sulla cui base sara' determinato il reddito
corrispondente.
Per i periodi di contribuzione che coprono solo una parte
dell'anno solare, il reddito calcolato in base ai criteri indicati
sara' attribuito al minor periodo di assicurazione esistente
nell'anno.
In coerenza con il nuovo sistema di calcolo introdotto
dalla legge n. 233, anche i redditi relativi a periodi anteriori al
1 luglio 1990, determinati con i criteri di cui ai commi 9 e 10
dell'articolo 5, debbono essere rivalutati ai sensi del comma 6
dello stesso articolo, in misura corrispondente alla variazione
dell'indice annuo del costo della vita calcolato tra l'anno solare
cui i redditi si riferiscono e quello precedente la decorrenza della
pensione.
I criteri di rilevazione del reddito stabiliti dai commi 9
e 10 dell'articolo 5 si applicano anche per i periodi di
contribuzione volontaria anteriori al 1 luglio 1990.
Si precisa al riguardo che per i periodi successivi al 1
gennaio 1982 per i quali i versamenti volontari siano stati
effettuati nella misura minima stabilita per i lavoratori dipendenti
comuni, il reddito corrispondente sara' determinato considerato
versato in base all'aliquota del 12% il contributo dovuto per la
prosecuzione volontaria.
1.4 - Determinazione dell'importo della pensione
In sintesi, per la determinazione dell'importo della
pensione ai sensi dell'articolo 5 della legge in esame occorre:
- individuare le ultime 520 settimane di contribuzione, o il minor
numero di esse, anteriori alla decorrenza della pensione. Si
precisa che, al fine di determinare direttamente la misura della
pensione mensile, anche per artigiani e commercianti si fara'
riferimento a valori settimanali;
- sommare i redditi previamente rivalutati relativi agli anni che si
collocano nel priodo cosi' individuato. Si ricorda che non devono
essere rivalutati i redditi che si riferiscono all'anno di
decorrenza della pensione o all'anno anteriore. Per l'anno di
decorrenza della pensione e per l'anno iniziale del periodo utile
per il calcolo del reddito pensionabile deve essere preso in
considerazione il reddito risultante dalla moltiplicazione
dell'importo del reddito medio settimanale determinato per
ciascuno degli anni in questione per il numero delle settimane
dell'anno stesso valutabili;
- dividere l'importo cosi' ottenuto per le 520 settimane o il minor
numero di esse, che hanno concorso a determinarlo. Il quoziente
della divisione costituisce il reddito settimanale pensionabile.
Si ritiene utile precisare che l'ipotesi che il reddito
medio pensionabile debba essere determinato sulla base di un numero
di settimane inferiore a 520 puo' verificarsi, oltre che nei casi di
prestazioni il cui diritto sia stato conseguito con un periodo di
assicurazione inferiore a dieci anni (prestazioni per invalidita',
pensioni ai superstiti, pensioni supplementari, supplementi), anche
nei casi di prestazioni liquidate con il cumulo di contribuzione
versata in piu' gestioni assicurative, per le quali debbano essere
seguiti, ai fini del calcolo della relativa misura, i criteri
dettati dall'articolo 16 della legge n. 233 in esame (v. punto 3).
Una volta determinato l'importo del reddito medio
settimanale, qualora lo stesso risulti non superiore al limite
massimo pensionabile in vigore nell'assicurazione generale
obbligatoria dei lavoratori dipendenti nell'anno di decorrenza della
pensione da liquidare, si determinera' l'importo mensile della
pensione stessa moltiplicando il reddito settimanale per il numero
delle settimane di anzianita' contributiva e per il coefficiente
0,00153846.
Nel caso che il reddito medio settimanale risulti superiore
a detto limite massimo, si procedera' alla suddivisione del reddito
stesso in fasce, come previsto dall'articolo 21 della legge
n.67/1988, e si determinera' la misura della pensione con i criteri
indicati nella circolare n.133 del 9 giugno 1988 per le pensioni da
liquidare nell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori
dipendenti.
1.5 - Integrazione al minimo
Il comma 5 dell'articolo 5 conferma integralmente la
disciplina previgente per quanto riguarda l'integrazione al minimo
delle prestazioni pensionistiche liquidate secondo i nuovi criteri.
1.6 - Riliquidazione delle pensioni con decorrenza anteriore al 1
luglio 1990
La seconda parte del comma 10 dell'articolo 5 prevede che,
con effetto dal 1 luglio 1990, vengano riliquidate secondo le nuove
disposizioni, se piu' favorevoli, le "pensioni" con decorrenza
compresa tra il 1 gennaio 1982 e il 30 giugno 1990.
Considerato il generico riferimento alle "pensioni", hanno
titolo alla riliquidazione tutte le pensioni, autonome e
supplementari, aventi decorrenza compresa nel periodo indicato dalla
legge.
Per le pensioni di reversibilita' occorre far riferimento,
per accertare il diritto alla riliquidazione, alla data di
decorrenza della pensione diretta.
Non hanno titolo alla riliquidazione i supplementi atteso
che, come precisato dalla Corte Costituzionale con sentenza n.1118
del 12-20 dicembre 1988, essi hanno natura di prestazione
previdenziale autonoma alla quale non e' estensibile la disciplina
dettata per le pensioni, in assenza di un'espressa previsione
legislativa in tal senso.
Alla stregua dei criteri seguiti per la riliquidazione in
forma retributiva delle pensioni contributive dei lavoratori
dipendenti, la riliquidazione sara' operata tenendo conto di tutta
la contribuzione versata antecedentemente al 1 luglio 1990, sia
stata o meno utilizzata per la liquidazione di supplementi.
Ai fini del calcolo del reddito medio settimanale
pensionabile dovra' essere preso in considerazione il reddito degli
ultimi dieci anni di contribuzione, o del minor periodo, anteriori
al 1 luglio 1990, determinato con i criteri di cui ai commi 9 e 10
dell'articolo 5 (v. punto 1.3). Il reddito degli anni anteriori al
1989 sara' rivalutato con i coefficienti previsti per le pensioni
con decorrenza compresa nell'anno 1990.
L'importo del reddito medio settimanale, moltiplicato per
il numero delle settimane di anzianita' contributiva maturate al 30
giugno 1990 e per il coefficiente 0,00153846, costituira' l'importo
mensile della pensione riliquidata.
Qualora l'importo cosi' determinato risulti piu' elevato di
quello "da calcolo" spettante al 1 luglio 1990 in base alla
normativa previgente, dal 1 luglio 1990 verra' posta in pagamento
la pensione riliquidata.
Per le pensioni riliquidate l'eventuale contribuzione
versata per periodi successivi al 30 giugno 1990 potra' essere
utilizzata per la liquidazione di supplementi con la periodicita'
stabilita dall'articolo 7 della legge 23 aprile 1981, n. 155,
facendo riferimento alla data di decorrenza della riliquidazione.
La riliquidazione di cui al comma 10 dell'articolo 5 deve
essere operata d'ufficio.
Ovviamente vanno comunque definite le domande eventualmente
presentate dagli interessati.
1.7 - Pensioni con decorrenza compresa entro il 31 dicembre 1995
Il comma 11 dell'articolo 5 dispone che per le pensioni
aventi decorrenza compresa tra il 1 luglio 1990 ed il 31 dicembre
1995 deve essere fatto salvo, se piu' favorevole, l'importo
risultante dal calcolo effettuato secondo le norme vigenti
anteriormente all'entrata in vigore della legge n.233.
Considerato che queste ultime prevedevano a loro volta la
salvaguardia dell'importo determinato secondo le norme vigenti
anteriormente al 1 ottobre 1983, se piu' favorevole, ne discende
che per le pensioni degli artigiani e commercianti con decorrenza
compresa nel periodo in questione dovranno essere effettuati, ai
fini della scelta dell'importo da porre in pagamento, tre distinti
calcoli: con il nuovo sistema introdotto dalla legge n.233/1990; con
i criteri di cui all'articolo 6, commi 8 e 9, della legge
n.638/1983; con il sistema contributivo vigente anteriormente alla
legge n.638/1983.
Si precisa che ai fini del calcolo "contributivo" si dovra'
continuare a far riferimento, per i periodi di contribuzione
successivi al 30 giugno 1990, all'importo del contributo "base" in
essere alla data di entrata in vigore della legge, pari a lire 390
mensili sia per gli artigiani che per i commercianti.
1.8 - Pensioni supplementari e supplementi.
L'articolo 6 della legge n. 233 estende alle pensioni
supplementari ed ai supplementi di pensione da liquidare a carico
delle gestioni degli artigiani e dei commercianti con decorrenza dal
1 luglio 1990 le nuove disposizioni per il calcolo delle pensioni
introdotte dall'articolo 5, fatta eccezione per le norme relative
all'integrazione al minimo.
La disposizione precisa inoltre che per il calcolo della
misura del supplemento si prendono in considerazione i redditi "di
cui all'articolo 1" ed i periodi relativi.
Peraltro l'articolo 1 richiamato detta la disciplina per
l'individuazione del reddito imponibile e pensionabile per i soli
periodi successivi al 30 giugno 1990. Qualora per il calcolo del
supplemento debbano essere presi in considerazione periodi di
contribuzione anteriori al 1 luglio 1990, i relativi redditi debbono
necessariamente essere determinati utilizzando i criteri dettati dai
commi 9 e 10 dell'articolo 5, illustrati al punto 1.3.
Anche per le pensioni supplementari e per i supplementi di
pensione con decorrenza compresa entro il 1995 si dovra' procedere
al calcolo sia secondo le nuove norme sia secondo le disposizioni
previgenti, al fine di garantire l'importo piu' favorevole.
In proposito, si ricorda che i supplementi di pensione sono
stati esclusi dal sistema di calcolo disciplinato dai commi 8 e 9
dell'articolo 6 della legge n.638/1983, il cui ambito di
operativita' e' rimasto circoscritto, com'e' noto, alle sole
pensioni, autonome e supplementari.
Al riguardo, si ritiene utile far presente che la Corte
Costituzionale, con sentenza n.1118 del 12-20 dicembre 1988, ha
dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale
sollevata dal Pretore di Modena con riferimento alla mancata
inclusione dei supplementi tra le prestazioni alle quali si applica
l'articolo 6, commi 8 e 9, della legge n. 638 citata; a giudizio
della Corte la diversita' di disciplina non risulta in contrasto con
i principi costituzionali in quanto e' giustificata dalla diversa
natura del supplemento rispetto al trattamento di pensione.
Si precisa, infine, che il nuovo sistema di calcolo
introdotto dalla legge n. 233 si applica a tutti i supplementi da
liquidare con decorrenza successiva al 30 giugno 1990 sulla base di
contribuzione versata nelle gestioni degli artigiani e dei
commercianti, qualunque sia la gestione cui fa carico la pensione
alla quale gli stessi accedono.
2 - CALCOLO DELLE PENSIONI DEI COLTIVATORI DIRETTI, MEZZADRI E
COLONI
I nuovi criteri di calcolo delle pensioni, autonome e
supplementari, e dei supplementi di pensione a carico della gestione
dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni sono contenuti negli
articoli 8 e 9 della legge n.233.
Anche per le pensioni in argomento sono dettati criteri
differenziati per la determinazione del reddito pensionabile,
rispettivamente, per i periodi di contribuzione successivi al 30
giugno 1990 e per quelli compresi entro tale data.
2.1 - Determinazione del reddito pensionabile per i periodi di
contribuzione successivi al 30 giugno 1990
2.1.1 - Periodi di contribuzione obbligatoria
Ai sensi del comma 1 dell'articolo 8, la misura dei
trattamenti pensionistici da liquidare con effetto dal 1 luglio
1990 in favore degli iscritti alla gestione dei coltivatori diretti,
mezzadri e coloni e' pari, per ogni anno di iscrizione e
contribuzione alla gestione, al 2 per cento del reddito
pensionabile.
Secondo quanto stabilito dal comma 2 dello stesso articolo,
la misura massima della percentuale di commisurazione e' stabilita
nell'80 per cento, corrispondente ad un'anzianita' contributiva di
40 anni, e le misure intermedie della percentuale stessa sono pari a
quelle determinate nella tabella C annessa alla legge 30 aprile
1969, n.153.
Il comma 3 dell'articolo 8 precisa che il reddito
pensionabile e' pari alla media dei redditi relativi agli ultimi
dieci anni di contribuzione, o al minor numero di essi, anteriori
alla decorrenza della pensione.
Per i periodi di iscrizione alla gestione successivi al 30
giugno 1990, il reddito da valutare per ciascun anno e' quello
determinato ai fini del calcolo dei contributi, ai sensi
dell'articolo 7 del provvedimento. Esso e' pari al reddito medio
convenzionale, determinato per ciascun anno su base nazionale con
decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale per la
fascia di reddito agrario nella quale risulta inclusa l'azienda,
moltiplicato per il numero di giornate indicate per la fascia stessa
nella tabella D allegata alla legge n.233.
Il comma 4 dell'articolo 8 stabilisce che il reddito
relativo a ciascun anno deve essere rivalutato in misura
corrispondente alla variazione dell'indice annuo del costo della
vita, calcolato dall'Istat ai fini della scala mobile delle
retribuzioni dei lavoratori dell'industria, tra l'anno solare di
riferimento e quello precedente la decorrenza della pensione.
Anche per il calcolo delle pensioni in argomento restano
quindi esclusi dalla rivalutazione sia il reddito dell'anno di
decorrenza della pensione sia quello dell'anno precedente.
2.1.2 - Periodi di contribuzione volontaria
Per i periodi di contribuzione volontaria successivi al 30
giugno 1990 il reddito pensionabile sara' determinato in misura pari
al reddito medio imponibile della classe di contribuzione assegnata.
Qualora il versamento dei contributi volontari venga
effettuato nella misura minima stabilita per i lavoratori dipendenti
comuni, il reddito corrispondente sara' determinato considerando
versato in base all'aliquota del 14 per cento il contributo dovuto
per la prosecuzione volontaria.
2.2 - Determinazione del reddito pensionabile per i periodi di
contribuzione anteriori al 1 luglio 1990
Per i periodi di iscrizione anteriori al 1 luglio 1990,
per gli iscritti alla gestione in attivita' a tale data, ai sensi
del comma 5 dell'articolo 8 della legge n. 233 si tiene conto di un
reddito di importo pari a quello determinato per il 1990, primo anno
di applicazione della legge stessa.
Per coloro che hanno cessato l'attivita' prima del 1
luglio 1990, si tiene conto del reddito attribuibile per l'anno 1990
alle unita' appartenenti alle aziende classificate nella prima
fascia di reddito della tabella D allegata alla legge.
Il comma 6 dell'articolo 8 precisa che ai fini della
rivalutazione i redditi degli anni "anteriori al 1989" sono valutati
alla stessa stregua del reddito dell'anno 1990.
L'espressione letterale della disposizione sembrerebbe
escludere dalla rivalutazione il reddito relativo all'anno 1989.
Considerata peraltro la chiara motivazione della norma che,
per la scelta del coefficiente di rivalutazione da applicare per gli
anni anteriori al 1990, tiene conto della circostanza che per tali
anni deve essere valutato lo stesso reddito previsto per il 1990, e'
senz'altro da ritenere che anche il reddito dell'anno 1989 debba
essere ricompreso tra quelli da rivalutare con il coefficiente
previsto per l'anno 1990.
Particolare rilievo assume il comma 9 dell'articolo 7 il
quale precisa che "ai fini dell'accertamento del diritto e
dell'anzianita' contributiva per la determinazione della misura
delle pensioni di vecchiaia, di anzianita', di inabilita' ed ai
superstiti, o dell'assegno di invalidita', non possono comunque
essere computate, in favore degli iscritti, piu' di 156 giornate per
anno".
Per effetto di tale disposizione, il limite delle 156
giornate per anno, pari a 52 settimane, gia' stabilito ai fini
dell'accertamento del diritto a pensione a carico della gestione per
i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, e' ribadito anche ai fini
della determinazione dell'anzianita' contributiva utile per il
calcolo della misura della pensione "retributiva".
In assenza di specifiche diverse disposizioni, i criteri
stabiliti dal comma 5 dell'articolo 8 ai fini dell'individuazione
del reddito pensionabile valgono anche per i periodi di
contribuzione volontaria anteriori al 1 luglio 1990.
2.3 - Integrazione al minimo
Il comma 7 dell'articolo 8 conferma integralmente la
disciplina contenuta negli articoli 6 della legge 11 novembre 1983,
n. 638, 1 e 2 della legge 12 giugno 1984, n. 222, per quanto
riguarda l'integrazione al minimo delle pensioni da liquidare a
carico della gestione con decorrenza dal 1 luglio 1990.
2.5 - Riliquidazione delle pensioni con decorrenza anteriore al 1
luglio 1990
La prima parte del comma 8 dell'articolo 8 prevede che, con
effetto dal 1 luglio 1990, vengano riliquidate secondo le nuove
disposizioni, se piu' favorevoli, le pensioni con decorrenza
compresa tra il 1 gennaio 1982 e il 30 giugno 1990.
Per quanto riguarda le pensioni di reversibilita', per
accertare il diritto alla riliquidazione occorre far riferimento
alla data di decorrenza della pensione diretta.
Come gia' chiarito a proposito dell'analoga disposizione
contenuta nell'articolo 5, sono senz'altro esclusi dalla
riliquidazione i supplementi, mentre sono da ritenere ricomprese
nell'ambito di applicazione della disposizione le pensioni
supplementari.
Ai fini della riliquidazione dovra' essere presa in
considerazione, sia per la determinazione dell'anzianita'
contributiva che per il calcolo della retribuzione pensionabile,
tutta la contribuzione versata fino al 30 giugno 1990, sia stata o
meno utilizzata per la liquidazione di supplementi.
Qualora l'importo cosi' determinato risulti piu' elevato di
quello " da calcolo" spettante al 1 luglio 1990 in base alla
normativa previgente, verra' posta in pagamento la pensione
riliquidata.
Per la valutazione della contribuzione successiva alla
decorrenza della riliquidazione, si rinvia ai criteri di cui al
punto 1.6.
2.6 - Pensioni con decorrenza compresa entro il 31 dicembre 1995
La seconda parte del comma 8 dell'articolo 8 dispone che
per le pensioni aventi decorrenza compresa tra il 1 luglio 1990 ed
il 31 dicembre 1995 deve essere fatto salvo, se piu' favorevole,
l'importo risultante dal calcolo effettuato secondo le norme vigenti
anteriormente all'entrata in vigore della legge n.233.
Anche per le pensioni dei coltivatori diretti, coloni e
mezzadri con decorrenza compresa nel periodo in questione dovranno
essere effettuati, ai fini della scelta dell'importo da porre in
pagamento, tre distinti calcoli: con il sistema introdotto dalla
legge n.233/1990; con i criteri di cui agli articoli 8 e 9 della
legge n.638/1983; con il sistema contributivo vigente anteriormente
alla legge n.638/1983.
Si precisa che ai fini del calcolo in forma "contributiva"
si dovra' continuare a far riferimento, per i periodi di
contribuzione successivi al 30 giugno 1990, all'importo del
contributo "base" in essere alla data di entrata in vigore della
legge pari a lire 6 giornaliere.
2.7 - Pensioni supplementari e supplementi
L'articolo 9 della legge n. 233 estende alle pensioni
supplementari ed ai supplementi di pensione da liquidare a carico
della gestione dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri con
decorrenza dal 1 luglio 1990 le nuove disposizioni per il calcolo
delle pensioni introdotte dall'articolo 8 fatta eccezione per le
norme relative all'integrazione al minimo.
Anche per le pensioni supplementari e per i supplementi di
pensione con decorrenza compresa entro il 1995 si dovra' pertanto
procedere al calcolo sia secondo le nuove norme sia secondo le
disposizioni previgenti al fine di garantire l'importo piu'
favorevole.
I nuovi criteri di calcolo si applicano a tutti i
supplementi con decorrenza successiva al 30 giugno 1990, qualunque
sia la gestione cui fa carico la pensione alla quale accedono .
3 - CALCOLO DELLE PENSIONI LIQUIDATE CON IL CUMULO DEI CONTRIBUTI
VERSATI IN DIVERSE GESTIONI ASSICURATIVE
Com'e' noto, le norme che disciplinano la liquidazione
delle pensioni a carico delle gestioni dei lavoratori autonomi
consentono il cumulo dei contributi versati nelle gestioni stesse e
nell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti,
sia ai fini del conseguimento del diritto che della misura della
prestazione (articoli 20 e 21 della legge 22 luglio 1966, n. 613).
Per quanto riguarda la determinazione della misura secondo
il nuovo sistema, l'articolo 16 della legge n. 233 stabilisce al
comma 1 che, per i lavoratori che liquidano la prestazione con il
cumulo di contributi versati in diverse gestioni, l'importo della
pensione e' determinato dalla somma della quota di pensione
calcolata ai sensi degli articoli 5 e 8, per i periodi di iscrizione
alle gestioni dei lavoratori autonomi, e della quota di pensione
calcolata con le norme dell'assicurazione generale obbligatoria, per
i periodi di iscrizione a tale assicurazione.
Ai sensi del comma 2 dell'articolo 16, gli oneri relativi
alle quote di pensione determinate con i criteri di cui al comma 1
sono a carico delle rispettive gestioni assicurative.
Per determinare l'importo delle pensioni costituite sulla
base di contribuzione versata in piu' gestioni, da liquidare con
decorrenza dal 1 luglio 1990, occorre pertanto procedere, in
applicazione di quanto disposto dall'articolo 16 in esame, al
calcolo di tante distinte quote di pensione per quante sono le
gestioni nelle quali sono stati versati i contributi.
In particolare, per ciascuna gestione l'anzianita'
contributiva e' quella corrispondente al periodo di contribuzione
fatto valere nella stessa gestione; il reddito pensionabile deve
essere calcolato sulla base dei redditi relativi agli ultimi dieci
anni, o al minor periodo, di contribuzione nella gestione,
rivalutati con i criteri in vigore alla data di decorrenza della
pensione.
Il limite dei 40 anni di anzianita' contributiva massima
(pari a 2080 settimane) deve essere osservato nell'ambito della
singola gestione; va inoltre considerato che puo' legittimamente
verificarsi che per uno stesso periodo temporale risultino versati
contributi in piu' gestioni assicurative (ad esempio, iscrizione ad
una gestione per lavoratori autonomi contemporanea a prosecuzione
volontaria nell'AGO).
Per le pensioni con decorrenza compresa tra il 1 luglio
1990 e il 31 dicembre 1995, le quote a carico delle gestioni dei
lavoratori autonomi saranno determinate in base alle norme vigenti
anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 233, se piu'
favorevoli.
Per le pensioni con decorrenza compresa tra il 1 gennaio
1982 ed il 30 giugno 1990 da riliquidare con effetto dal 1 luglio
1990, devono essere applicati i criteri di calcolo stabiliti
dall'articolo 16, qualora la contribuzione utile per la
riliquidazione risulti versata in piu' gestioni assicurative.
4 - SUPERSTITI DI ISCRITTI ALLA GESTIONE DEI COLTIVATORI DIRETTI,
MEZZADRI E COLONI. DIRITTO ALLA PENSIONE INDIRETTA O DI
REVERSIBILITA' ED ALL'INDENNITA' PER MORTE
4.1 - Requisiti per il diritto alle prestazioni
L'articolo 12 della legge n. 233 realizza la completa
parificazione delle norme in materia di trattamenti spettanti ai
superstiti di iscritti alla gestione dei coltivatori diretti,
mezzadri e coloni con quelle in vigore nelle altre gestioni dei
lavoratori autonomi e nell'assicurazione generale obbligatoria dei
lavoratori dipendenti.
A tal fine il primo comma dell'articolo riconosce, a
decorrere dal 1 gennaio 1991, il diritto a pensione indiretta o di
reversibilita' con le stesse norme stabilite per l'assicurazione
generale obbligatoria, in favore dei superstiti di assicurati nella
gestione deceduti anteriormente al 2 maggio 1969 nonche' dei
superstiti di titolari di pensione con decorrenza anteriore al 1
gennaio 1970.
Si tratta, com'e' noto, delle residue ipotesi per le quali,
ai sensi dell'articolo 25 della legge 30 aprile 1969, n. 153, il
diritto a pensione indiretta o di reversibilita' continuava ad
essere regolato dalle piu' restrittive disposizioni dell'articolo 18
della legge 26 ottobre 1957, n. 1047, nella formulazione risultante
a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 33 del 20 -
25 febbraio 1975.
In coerenza con le finalita' di completa parificazione dei
trattamenti ai superstiti perseguite dal legislatore, il secondo
comma dell'articolo 12 abroga i commi primo e secondo dell'articolo
18 della legge n. 1047/1957 e i commi secondo, terzo e quarto
dell'articolo 25 della legge 30 aprile 1969, n.153.
In assenza di diverse indicazioni l'abrogazione delle norme
citate ha effetto dal 28 agosto 1990, data di entrata in vigore
della legge n. 233.
In proposito, non si pongono particolari problemi per
quanto riguarda il primo comma dell'articolo 18: la sua abrogazione
fa venir meno anche la preclusione alla liquidazione dell'indennita'
per morte, dalla quale i superstiti di iscritti alla gestione per i
coltivatori diretti, mezzadri e coloni erano rimasti esclusi.
Correlativamente il comma 3 dell'articolo 12 estende
espressamente agli anzidetti superstiti il diritto all'indennita'
per morte.
Pertanto, nel caso di assicurati nella gestione deceduti a
far tempo dal 28 agosto 1990 senza che sussista diritto a pensione,
ai superstiti indicati dall'articolo 13 della legge 4 aprile 1952,
n. 218, spetta, alle condizioni ivi previste, un'indennita' pari a
45 volte l'ammontare dei contributi versati e, comunque, in misura
non inferiore a lire 43.200 ne' superiore a lire 129.000 (art. 23
della legge 21 luglio 1965, n. 903).
Problemi nascono invece per l'abrogazione del secondo comma
dell'articolo 18 della legge n. 1047/1957 e dei commi secondo, terzo
e quarto dell'articolo 25 della legge n. 153/1969, sotto il profilo
del coordinamento con quanto disposto dal primo comma dell'articolo
12 in merito alla decorrenza del diritto a pensione ai superstiti
secondo le nuove norme.
A stretto rigore, per i decessi di titolari di pensione con
decorrenza anteriore al 1 gennaio 1970 intervenuti dal 28 agosto
1990 al 30 novembre 1990 la liquidazione della pensione di
reversibilita' non potrebbe avere decorrenza anteriore al 1 gennaio
1991, anche in presenza delle condizioni richieste per il diritto a
pensione dall'articolo 18 della legge n. 1047/1957, dal momento che
tale norma risulta abrogata dalla data di entrata in vigore della
legge n. 233.
Considerato, peraltro, l'evidente contrasto con le
intenzioni del legislatore, quali emergono dall'intero contesto
dell'articolo 12, di una applicazione della legge fatta nei termini
sopra prospettati, si ritiene che nei casi di cui e' cenno si debba
procedere ugualmente alla liquidazione della pensione ai superstiti
in favore degli aventi diritto con decorrenza dal mese successivo a
quello della morte del dante causa.
Per quanto riguarda il riconoscimento del diritto a pensione
indiretta o di reversibilita' a far tempo dal 1 gennaio 1991, va
tenuto presente quanto segue:
- qualora il dante causa sia un assicurato deceduto prima del 2
maggio 1969, alla data della morte dovevano sussistere nei suoi
confronti i requisiti di assicurazione e di contribuzione previsti
dalle norme all'epoca vigenti per il diritto a pensione;
- al momento della morte dell'assicurato o del pensionato i
superstiti dovevano essere in possesso dei requisiti soggettivi
richiesti per il diritto a pensione dall'articolo 22 della legge
21 luglio 1965, n.903;
- tra la data di morte del dante causa e il 1 gennaio 1991 non si
deve essere verificato alcuno degli eventi che determinano la
cessazione dal diritto a pensione in base alle norme vigenti.
Le domande di pensione ai superstiti e i ricorsi pendenti
non definibili positivamente secondo la normativa previgente
dovranno essere esaminati e definiti sulla base delle indicazioni
fornite per l'applicazione della disposizione in esame.
4.2 - Criteri di calcolo delle pensioni ai superstiti
Per il calcolo delle pensioni ai superstiti spettanti ai
sensi dell'articolo 12 in esame, in assenza di diverse indicazioni
legislative saranno seguiti i criteri in atto per la generalita'
delle pensioni ai superstiti.
In particolare, le pensioni da liquidare ai superstiti di
pensionato saranno determinate applicando alla pensione spettante
al de cuius alla data della morte l'aliquota prevista in relazione
al numero ed alla qualita' dei superstiti aventi diritto a pensione;
alla pensione cosi' calcolata saranno applicati gli aumenti
intervenuti fino al 1 gennaio 1991. L'importo risultante dalle
anzidette operazioni costituira' l'importo "da calcolo" della
pensione di reversibilita' spettante al 1 gennaio 1991.
Le pensioni da liquidare ai superstiti di assicurato
deceduto prima del 2 maggio 1969 saranno calcolate con i criteri
vigenti alla data della morte del dante causa e rivalutate con gli
aumenti intervenuti fino al 1 gennaio 1991. L'importo cosi'
determinato costituira' l'importo "da calcolo" della pensione
indiretta, spettante al 1 gennaio 1991.
5 - PROCEDURE AUTOMATIZZATE
In attesa della predisposizione delle procedure
automatizzate per la liquidazione delle pensioni dei lavoratori
autonomi in base ai nuovi criteri, le pensioni in argomento
continueranno ad essere liquidate con i criteri stabiliti dalla
normativa previgente, secondo quanto precisato con messaggio n.
33496 del 30 luglio 1990 (allegato 2).
Si ritiene comunque utile far presente che le pensioni da
ricalcolare secondo le nuove disposizioni, ivi comprese quelle con
decorrenza successiva al 30 giugno 1990 nel frattempo liquidate con
i criteri vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della
legge n. 233, saranno individuate in via automatizzata e segnalate
alle Sedi per la riliquidazione.
IL DIRETTORE GENERALE
BILLIA
Circolare 249 del 28 novembre 1990
OGGETTO: Istruttoria delle richieste di integrazione salariale ordinaria da parte di aziende soggette a contrazioni ricorrenti della produzione, in particolare calzaturiere.
Allo scopo di agevolare l'acquisizione di elementi e dati concernenti la situazione aziendale sui quali deve
fondarsi la valutazione di richieste di integrazioni
salariali da parte di aziende soggette a contrazioni
ricorrenti della produzione, in particolare calzaturiere, in
applicazione dei criteri vigenti in materia (v. circolare n.
3834 G.S. del 20 aprile 1984) si impartiscono le seguenti
istruzioni ad integrazione di detti criteri.
1) Temporaneita' dell'evento
L'esame delle situazioni dichiarate deve essere
volto ad accertare se il requisito di cui all'art. 1, n. 1,
della legge n. 164/75 risulti o meno soddisfatto.
In proposito deve essere valutato, pi che la
collocazione temporale delle contrazioni dell'attivita' in
determinati periodi dell'anno, la entita' del ricorso in
ciascun anno alle integrazioni salariali. Ed infatti non
puo' essere considerato transitorio un evento che si
ripresenta nel tempo con dimensioni di consistente entita'.
2) Anni da prendere in esame
La istruttoria delle richieste di cui trattasi deve
far riferimento ad un numero di anni che deve essere congruo
rispetto alle finalita' delle indagini da esperire.
Tale numero, di norma, non puo' essere inferiore a
cinque.
Nei casi di imprese che abbiano iniziato
l'attivita' da un numero di anni inferiore, non puo'
escludersi "a priori" la insussistenza delle cause ostative
alla concessione delle integrazioni salariali; tuttavia la
valutazione delle stesse va condotta con rigore
proporzionato alla minore durata dell'attivita' produttiva
per cui la ricorrenza della sosta deve risultare con
maggiore evidenza.
2) Causale
Le richieste da prendere in considerazione sono
quelle originate da eventi attinenti il processo produttivo;
devono quindi escludersi dall'esame quelle che non hanno
rilevanza ai fini che interessano (ad es. guasti dei
macchinari, incendio, etc.).
3) Numero delle ore integrate
In considerazione che le domande di integrazione
salariale possono riguardare periodi non ancora scaduti alla
data di presentazione, puo' verificarsi che nella redazione
delle richieste il numero delle ore di integrazione
salariale venga stimato in misura che puo' risultare
maggiorata rispetto al numero delle ore effettivamente
utilizzate.
In tale ipotesi, il numero delle ore da prendere in
considerazione e' quello effettivamente usufruito dalla
azienda.
4) Rapporto fra le ore di integrazione salariale e quelle
lavorative
Il numero delle ore usufruite in ciascuna fase
lavorativa (primavera-estate ed inverno-autunno) e' gia' di
per se' piu' significativo rispetto al semplice numero delle
settimane di contrazione, stante che queste ultime possono
essere di sospensione ovvero di riduzione dell'orario.
Tuttavia maggiore valore puo' assumere il dato in questione,
se e' rapportato al monte-ore potenziale di lavoro del
periodo.
Si ritiene in altri termini utile rapportare il
numero complessivo delle ore di integrazione salariale
usufruite con quello relativo alle ore lavorative
complessive che potrebbero effettuare tutti gli operai
dell'azienda (compresi quelli in integrazione salariale).
In pratica, in ciascun semestre, sara' determinato
il monte-ore lavorative e su tale dato sara' calcolata
l'incidenza percentuale costituita dalle ore di integrazione
salariale godute. Potra' conferirsi valore significativo
all'elemento in questione solo se l'incidenza predetta
assume apprezzabile rilevanza anche in relazione alla
estensione del periodo.
5) Ulteriori elementi
Altri elementi indicativi della situazione
aziendale possono essere dedotti dal numero di ore di lavoro
straordinario effettuato nel corso del semestre in esame
nonche' dall'avvenuto o meno utilizzo di istituti
contrattuali costituenti soluzioni alternative al ricorso
alle integrazioni salariali (riposi compensativi, orario
flessibile, etc.).
Per la raccolta degli elementi sopra illustrati,
che ai fini di interesse vanno naturalmente valutati nel
loro complesso, viene istituita una scheda che la ditta
richiedente alleghera' alla domanda (Mod.IGi 15) e sulla
quale la Sede competente effettuera' gli opportuni
controlli.
IL DIRETTORE GENERALE
F.to GIANNI BILLIA
Circolare 182 del 30 luglio 1990
OGGETTO: Prestazioni economiche di malattia e maternita' in favore dei
lavoratori italiani occupati in Paesi extracomunitari con i quali
non vigono accordi di sicurezza sociale (legge n.398/1987).
Si fa seguito alla circolare n. 156 del 12 luglio 1988, pari oggetto
della presente, e si forniscono, a scioglimento delle riserve ivi
contenute, le seguenti ulteriori istruzioni.
Si premette che, raggiunte le necessarie intese operative con il
Ministero degli Affari Esteri, lo stesso ha fatto pervenire il telespresso
che si allega in copia ad ogni buon conto (all.1), con il quale ha portato
a conoscenza delle rappresentanze diplomatiche italiane interessate il
contenuto della normativa in epigrafe, con specifico riguardo alle
prestazioni economiche di malattia e maternita' ed alle modalita'
procedurali che il lavoratore deve osservare per il concreto esercizio del
diritto.
Come risulta dalla lettura del succitato telespresso, oggetto delle
intese e' stata la "verifica" della certificazione sanitaria,
l'effettuazione delle visite mediche di controllo e la comunicazione
dell'esistenza di eventuali forme di assicurazione obbligatoria estera.
Si illustrano, di seguito, i contenuti delle predette intese,
relativamente ai punti sopra individuati.
1 - Verifica e trasmissione all'Istituto della certificazione sanitaria.
La certificazione acquisita, unitamente alla eventuale busta di
spedizione, dalla rappresentanza diplomatica o consolare, e' da questa
timbrata, all'arrivo, con timbro-datario, tradotta in italiano - a meno che
sia stata stilata in maniera talmente schematica ed evidente, ed in una
delle lingue piu' conosciute (inglese, francese o spagnolo), da farlo
ritenere suplerfluo - ed opportunamente legalizzata e "verificata" prima di
essere trasmessa in Italia.
La legalizzazione e' limitata all'attestazione, anche mediante timbro,
che il documento di cui trattasi e' valido ai fini certificatori secondo la
legislazione locale, (conformemente alle modalita' in tema di procedure di
certificazione estera - vds allegato alla circ. n.1092 C.I. del
27.12.1984), ovvero viene comunemente usato a tale scopo, ovvero ancora
che, non esistendo nel Paese una prassi certificativa, il documento stesso
prova indirettamente quanto richiesto.
Quanto alla "verifica" della certificazione ad opera del medico di
fiducia dell'Ambasciata o del Consolato, essa si sostanzia in un esame di
merito del certificato, inteso ad appurare circostanze diverse a seconda
che trattasi di malattia o maternita'.
Nel primo caso, la verifica e' diretta ad accertare:
- la congruita' della prognosi - riferita all'incapacita' lavorativa -
rispetto alla diagnosi evidenziata;
- la connotazione "comune" della malattia denunciata, in contrapposizione
con l'eventuale natura professionale della stessa, ovvero con
l'infortunio sul lavoro, entrambi di competenza dell'INAIL;
- l'eventuale origine traumatica dell'evento morboso, relativamente alla
quale sia ipotizzabile una responsabilita' di terzi e, correlativamente,
un diritto di surrogazione dell'Istituto nei confronti del creditore
infortunato.
Documentata mediante "sigla" sul certificato ad opera del medico di
fiducia di cui sopra, la verifica culmina, nei casi di malattia, in una
valutazione circa l'opportunita' di sottoporre il lavoratore infermo ad
eventuale visita medica di controllo (domiciliare, ovvero ambulatoriale,
presso la sede ritenuta piu' idonea).
Quanto all'accertamento di cui al terzo alinea, ove non sia stato
ritenuto necessario un controllo diretto, l'origine traumatica dell'evento
morboso sara' opportunamente evidenziata, ai fini degli ulteriori
adempimenti di pertinenza dell'Istituto.
Nel caso invece della maternita', la verifica del certificato di
gravidanza consiste in una valutazione medica in ordine all'opportunita', o
meno, di sottoporre la gestante ad una visita di controllo sullo stato di
gravidanza.
II - Visite mediche di controllo.
Come e' noto, le visite mediche di controllo possono essere effettuate,
oltre che di iniziativa del sanitario di fiducia della rappresentanza
diplomatica o consolare (c.d. controlli d'ufficio), anche su richiesta
dell'Istituto o dell'azienda: in quest'ultima evenienza, il datore
rimborsera' direttamente all'Ambasciata (o al Consolato) il costo della
visita.
I controlli d'ufficio riguarderanno esclusivamente i lavoratori aventi
diritto all'indennita' giornaliera di malattia: l'esito di tali controlli,
cosi' come di quelli richiesti dall'azienda, ove concernano similmente
soggetti aventi diritto alle prestazioni economiche, sara' comunicato
all'Istituto (1), essendo l'individuazione dei soggetti in questione resa
possibile dalla previa acquisizione e disamina del modello di
"Dichiarazione" di cui - rispettivamente - agli allegati 4 e 5 alla citata
circolare n. 156 del 12 luglio 1988 (vds comunque il nuovo testo, all. 2 e
3, quale risulta dopo talune marginali modifiche a seguito di richiesta
ministeriale).
Il referto medico di controllo sara' redatto su apposito modulo (all.
4) in quattro copie (una per il lavoratore, una per l'INPS, una eventuale
per il datore di lavoro, una per gli atti degli uffici diplomatici o
consolari). Quest'ultimi rimetteranno all'azienda la copia di pertinenza
nell'ipotesi che sia stata la stessa a richiedere il controllo, ovvero
allorquando, in assenza della predetta richiesta, la visita di controllo si
sia conclusa con giudizio di idoneita' al lavoro per una data anteriore a
quella indicata sul certificato medico rilasciato dal curante.
Nelle more della stampa del modulario di cui trattasi a cura
dell'Istituto (per la quale si fa riserva di comunicazioni), le
rappresentanze diplomatiche utilizzeranno semplici fotocopie del cennato
allegato 2, previa eventuale sottotraduzione in lingua locale.
III - Forme assicurative obbligatorie estere
Il Ministero degli Esteri ha condiviso l'esigenza manifestata
dall'Istituto di essere ragguagliato circa l'eventuale esistenza, nel Paese
straniero, di una qualche forma di legislazione sociale che contempli forme
obbligatorie di assicurazione per le malattie o per la maternita', e
l'erogazione di prestazioni economiche al verificarsi del rischio.
Conseguentemente, le singole rappresentanze diplomatiche o consolari
provvederanno, in uno con l'invio della documentazione sanitaria ed
amministrativa acquisita alla Sede INPS competente (2), ad informare se
esistono "in loco" forme di assicurazione obbligatoria. In caso positivo,
saranno fatti conoscere i criteri previsti per la corresponsione delle
indennita' spettanti, nonche' l'entita' delle stesse.(3)
IV - Questioni varie
Per quanto concerne l'elenco delle malattie professionali di competenza
INAIL, relativamente al quale era stato preannunciato - in conformita' a
quanto disposto dalla legge n. 398/1987 - un prossimo aggiornamento sulla
base delle tecnopatie proprie delle aree geografiche dove i lavoratori
svolgono la propria attivita', si fa presente che il relativo decreto non
risulta ancora emanato. Cio' stante, vale ancora quanto osservato al
riguardo nella richiamata circolare n.156/1988, a proposito della
necessita' di tenere in debita evidenza gli episodi morbosi caratterizzati
da diagnosi non sufficientemente chiare o comunque inusuali.
Con riferimento infine alla previsione contenuta nell'art.11 del D.L.
30 dicembre 1987, n. 536, convertito con modificazioni dalla legge 29
febbraio 1988, n. 48, si osserva quanto segue.
La fattispecie in questione inerisce al caso di lavoratori utilizzati -
al momento, ovvero in precedenza - in conseguenza di contratti o di
obbligazioni assunte anteriormente alla data del 9 gennaio 1986, e prive di
clausole revisionali o di aggiornamento del prezzo, che consentano di
traslare al committente i maggiori oneri contributivi sopravvenuti per
effetto della legge n. 398/1987: in tale ipotesi, le aziende interessate
sono esonerate dall'obbligo del versamento dei contributi per la parte di
essi che eccede la misura dei contributi stessi su base convenzionale,
autorizzati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale
anteriormente alla data di entrata in vigore del summenzionato D.L. n.
536/1987.
Cio' significa che i lavoratori in parola, a decorrere dal periodo
previsto dalla legge n. 398/1987, sono obbligatoriamente iscritti a tutte
le forme assicurative previste dalla legge medesima, e quindi - purche'
ovviamente appartenenti a categoria assicurabile, anche a quella per le
prestazioni economiche di malattia e maternita', ancorche' per gli stessi
possano, ai sensi dell'art. 11 predetto, non essere versati i relativi
contributi.
In altri termini - e fatti salvi, ovviamente, i limiti prescrizionali -
i lavoratori considerati dall'art. 11 della legge n. 48/1988 hanno gli
stessi diritti di quelli assunti ex lege n.398/1987, consistendo il
beneficio soltanto in un esonero contributivo (parziale) previsto a favore
delle aziende.
Con l'occasione si rende noto che sono state fissate le retribuzioni
convenzionali imponibili ex art. 4 della legge 3.10.1987 n. 388 da valere
dall'1 gennaio 1990 per i lavoratori di cui trattasi occupati in paesi
extracomunitari con i quali non vigono accordi di sicurezza sociale. Al
riguardo si rinvia a quanto contenuto nella circ. n.72 del 21.3.1990.
IL DIRETTORE GENERALE
Prof.Billia
---------------------------
(1)Nell'ipotesi che il controllo richiesto dal datore di lavoro inerisca a
soggetti non aventi diritto all'indennita', il relativo referto non
verra' trasmesso all'Istituto.
(2)Si ricorda che la SAP competente e' quella presso la quale l'azienda
versa i contributi: tale Sede "girera'" quindi la predetta
documentazione, dopo i dovuti controlli amministrativi, alla SAP di
residenza del lavoratore.
(3)Al riguardo si allega (all.5) copia della nota del 7.3.1989 con la quale
l'Ambasciata italiana a Rabat, nel comunicare che esiste in Marocco un
regime di affiliazione obbligatoria presso la Caisse Nazionale de
Securite' Sociale (C.M.S.S.) per malattia, maternita' e pensionamento,
ha reso noto i criteri previsti per l'erogazione delle indennita' di cui
trattasi, nonche' l'entita' delle stesse.
Circolare 137 del 13 giugno 1990
PARTE I
Importo dei contributi volontari
1) Lavoratori dipendenti non agricoli
L'art. 2 comma 5 della legge 26.9.1981, n. 537 (1),
stabilisce che, con effetto dal 1 gennaio di ciascun anno, le
retribuzioni medie settimanali, di cui alla tabella F)
allegata alla legge stessa, devono essere aumentate nella
stessa misura percentuale prevista per le pensioni.
Secondo quanto risulta dagli accertamenti espletati
dall'ISTAT, come da comunicazione del Ministero del Lavoro e
della Previdenza Sociale, la variazione percentuale
dell'indice del costo della vita e' risultata pari al 6,5%. Si
e', pertanto, provveduto a predisporre una nuova tabella (V.
all. 1) di retribuzioni medie valide dal 1.1.1990.
L'art. 7, comma 7, della legge 11.11.1983, n. 638 (2)
prevede che l'importo minimo della retribuzione settimanale
sulla quale sono commisurati i contributi volontari non puo'
essere inferiore a quella della retribuzione media della
classe di retribuzione di cui alla citata tabella F), pari o
immediatamente inferiore, alla retribuzione settimanale,
determinata ai sensi del comma 1 dell'articolo stesso.
Dal combinato disposto di tale norma e dell'art. 1, comma
2, del D.L. 338/1989, n. 196 convertito in legge 7.12.89 n.
389 la classe minima di retribuzione e' risultata, per l'anno
1990, corrispondente alla classe 18 della tabella sopra
citata.
Sulla base delle variazioni soprariportate si e'
provveduto a predisporre nuove tabelle di contribuzione
volontaria per le singole categorie di prosecutori volontari
(V. all. n. 2, 3 e 4) valide dal 1.1.1990.
Per quanto riguarda i prosecutori volontari, autorizzati
con la qualifica di addetti ai servizi domestici e familiari
la retribuzione minima di riferimento porta, per l'anno 1990,
ad un importo di contribuzione minima settimanale di L.20.167
di cui L. 251 a titolo di quota base.
2) Lavoratori agricoli dipendenti - coloni e mazzadri
reinseriti.
Per l'anno 1990 gli importi dei contributi volontari
settimanali per l'assicurazione IVS dei lavoratori agricoli
dipendenti e dei mezzadri e coloni reinseriti sono quelli
riportati rispettivamente nelle tabelle di cui agli allegati
n. 5 e 6.
Il calcolo dei nuovi contributi volontari e' stato
effettuato tenendo conto sia di quanto disposto dall'art. 1,
comma 3, del D.L. 9.10.1989, n. 338, convertito nella legge
7.12.1989, n. 389, sia dell'adeguamento annuale delle
retribuzioni settimanali di cui alla tabella F) della legge n.
537/81 previsto dall'art. 2 della legge stessa.
Si rammenta, inoltre, che - ai sensi di quanto disposto
dall'art. 7, comma 8, della legge n. 638/1983 - gli importi
dei contributi volontari minimi dovuti, per l'anno 1990, dalle
due categorie di prosecutori volontari in parola sono quelli
che si ottengono applicando all'importo minimo della
retribuzione media settimanale (classe 18), determinata in
base a quanto disposto dal comma 7 del citato art. 7, le
aliquote contributive in vigore per le predette categorie di
lavoratori.
Pertanto, l'importo del contributo volontario minimo
dovuto per l'anno 1990 e' di L. 26.871 per i lavoratori
agricoli dipendenti e di L. 15.878 per i coloni e mezzadri
reinseriti.
3) Coltivatori diretti, mezzadri e coloni.
Come e' noto, l'importo del contributo volontario
settimanale IVS dovuto dai coltivatori diretti, mezzadri e
coloni - ai sensi delle disposizioni dettate dal citato art.
7, comma 8, della legge n. 638/1983 - non puo' essere
inferiore a quello che deve essere versato, quale
contribuzione minima, dai lavoratori dipendenti comuni.
Pertanto, a far tempo dal 1 gennaio 1990, l'importo del
contributo volontario settimanale in questione e' di L. 47.865
(V. all. n. 7).
4) Artigiani ed esercenti attivita' commerciali
In base al disposto dell'art. 22, comma 1, lett. c) della
legge 28 febbraio 1986, n. 41 (3) l'importo del contributo
volontario dovuto alle Gestioni Speciali dei lavoratori in
oggetto e' pari a quello previsto per i lavoratori dipendenti
assegnati alla classe 15 di cui alla tabella F) della legge n.
537/1981, rapportato a mese.
Poiche' i lavoratori dipendenti assegnati alla classe 15,
per effetto dell'elevazione del limite minimo di retribuzione
disposta dall'art. 1 comma 2 della legge n. 389 citata, sono
tenuti a versare una somma settimanale pari L. 47.865,
l'importo del contributo volontario vigente dal 1.1.1990 per
gli artigiani e gli esercenti attivita' commerciali e' pari a
L. 207.399 mensili (L. 622.197 trimestrali).
Il contributo base resta confermato nell'importo di L. 390
mensili (V. citato art. 22 lett. d).
Parte II
Criteri di massima.
1) Variazione di classe, di qualifica e di gestione.
Dall'esame dei ricorsi inoltrati al Comitato
Amministratore del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti si e'
rilevato che sussistono numerosi dubbi sui criteri da seguire
nella definizione delle domande di variazione di gestione,
qualifica o classe di contribuzione.
Si ritiene. pertanto, utile fornire una sintesi dei
principi che regolano la materia.
a) Variazione di classe e qualifica.
L'assicurato che riprende i versamenti volontari dopo un
periodo di rioccupazione, puo' chiedere, entro 180 giorni
dalla cessazione dell'obbligo assicurativo, la
rideterminazione della classe o qualifica gia' assegnata.
Il termine di cui sopra e un termine di decadenza e,
pertanto, ove l'interessato non si avvalga di tale facolta',
restera' assegnato alla classe originariamente attribuita.
La possibilita' di integrare i versamenti decorre dalla
data di presentazione della relativa domanda.
Poiche', peraltro, frequentemente gli interessati
ritengono, erroneamente, di dover sospendere i versamenti
nelle more della definizione della domanda di cui sopra, e'
opportuno che le Sedi avvertano gli assicurati che la
presentazione della domanda non si pone come causa di
sospensione dei termini per il versamento trimestrale dei
contributi.
b) Variazione di gestione.
La domanda di variazione di gestione e' assimilabile alla
domanda di autorizzazione ai versamenti volontari avendo le
stesse caratteristiche (accertamento preventivo dei requisiti,
determinazione della classe e qualifica).
Ne consegue da quanto sopra, che la possibilita' di
versare nella nuova gestione decorre dalla data di
presentazione della relativa domanda.
Ne' puo' essere fatto obbligo al prosecutore volontario di
continuare i versamenti, nelle more della definizione della
domanda stessa, sulla base della precedente autorizzazione.
Cio' in quanto, non essendo sempre certo che i versamenti
dovuti per effetto del cambio di gestione siano maggiori di
quelli gia' versati, si accollerebbe sull'assicurato un onere
non previsto da alcuna norma di legge.
2) Coefficiente di determinazione della retribuzione
pensionabile per i prosecutori volontari autorizzati con la
qualifica di "addetti ai servizi domestici e familiari".
Nessuna variazione dell'aliquota contributiva dovuta al
Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti dagli addetti ai servizi
domestici e familiari e' intervenuta per l'anno 1990.
Si conferma, pertanto, che il coefficiente di
determinazione della retribuzione pensionabile per l'anno
sopraindicato e' 0,106375.
************
Per i contributi volontari dovuti da tutte le categorie di
assicurati di cui alla presente circolare, sono stati
determinati i nuovi coefficienti di ripartizione fra le varie
gestioni assicurative (v. all. n.8); in relazione a tali
coefficienti sono state predisposte le tabelle di cui agli
allegati n.9 e n.10 per l'imputazione contabile
rispettivamente dei versamenti e dei rimborsi dei contributi
di cui trattasi.
IL DIRETTORE GENERALE
F.to BILLIA
(1) V. Atti Ufficiali 1981 pag. 2133
(2) V. Atti Ufficiali 1983 pag. 2961
(3) V. Atti Ufficiali 1987 pag. 535
Circolare 183 del 30 luglio 1990
Oggetto:
Sentenza della Corte Costituzionale n. 568/1989. Parziale illegittimità costituzionale dell'art. 13, 4 e 5 comma, della legge 12.8.1962, n. 1338.
Con sentenza n. 568 del 13 dicembre 1989 pubblicata
sulla G.U. n. 52 del 27.12.1989, la Corte Costituzionale ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13,
quarto e quinto comma, della legge 12 agosto 1962, n. 1338
(Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di
pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita',
la vecchia e i superstiti), nella parte in cui, salva la
necessita' della prova scritta sull'esistenza del rapporto
di lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di
provare altrimenti la durata del rapporto stesso e l'ammon-
tare della retribuzione (cfr. allegato).
Come si evince dalla lettura della sentenza - sia della
parte motiva che del dispositivo - la Corte Costituzionale,
distinguendo tra l'esistenza del rapporto di lavoro, la sua
durata e l'ammontare della retribuzione, ha previsto, in
ordine ai suddetti elementi di fatto, un regime probatorio
differenziato.
In particolare, per quanto attiene al requisito della
"esistenza" del rapporto di lavoro, la Corte ha ritenuto che
questa "non debba apparire solo verosimile, ma risultare
certa, onde la necessita' dell'ammissione della sola prova
documentale", prevedendo peraltro che la data del documento
possa essere accertata mediante "qualunque mezzo di prova".
Per quanto riguarda, invece, la durata del rapporto di
lavoro e l'ammontare della retribuzione, elementi qualifi-
cati "semplici modalita' del rapporto" la Corte ha ammesso
la possibilita' che la relativa prova venga fornita "con
altri mezzi".
oooooooooooo
In ordine alle conseguenze della sentenza sulla trat-
tazione delle pratiche di costituzione di rendita vitalizia
ex art. 13 della legge n. 1338, si forniscono le seguenti
indicazioni che recepiscono anche quanto precisato in merito
dall'Avvocatura Centrale.
- Esistenza del rapporto di lavoro
Come gia' evidenziato, resta ferma la necessita' del
documento come sola fonte di prova, ma viene ammesso il
ricorso a qualunque mezzo probatorio per l'accertamento -
quando necessario - della data dello stesso.
Cio' consente di confermare la prassi amministrativa in
vigore, sintetizzata ai punti 13) e 14) delle "Istruzioni di
servizio n. 11", in ordine alla tipologia della documenta-
zione da esibire e alla necessita' che la stessa sia stata
redatta all'epoca dello svolgimento del rapporto di lavoro o
anche in un tempo successivo - ma non, comunque, all'epoca
della domanda di applicazione dell'art. 13 in esame - a
condizione che non sussistano elementi che la facciano
ritenere costituita allo specifico fine di usufruire della
facolta' concessa dal medesimo art. 13, con la particola-
rita' che - all'occorrenza - con qualsiasi mezzo probatorio,
anche testimoniale, possa essere fornita la prova della data
dei documenti esibiti.
Si conferma, altresi', che le dichiarazioni rilasciate
ora per allora possono essere ritenute valide solo se
provenienti da pubbliche amministrazioni e sottoscritte dai
funzionari responsabili in quanto basate sulle risultanze
degli atti d'ufficio.
Durata del rapporto di lavoro e ammontare della
retribuzione.
La portata innovativa della sentenza si manifesta
principalmente in ordine a tali elementi per i quali non e'
piu' richiesta la prova documentale di data certa, a condi-
zione che l'esistenza del rapporto di lavoro sia stata
dimostrata nei modi sopra indicati.
Al riguardo va osservato che l'ampiezza e la generici-
ta' del tenore letterale del dispositivo (nel quale si
riconosce la possibilita' di provare "altrimenti" i suddetti
elementi), nonche' le argomentazioni sviluppate nella
motivazione (nella quale si afferma che "la durata e l'am-
montare della retribuzione possono essere provati con altri
mezzi, anche orali") non consentono di escludere il ricorso
alla prova testimoniale di terze persone.
Si precisa in merito che la circostanza che tali
dichiarazioni non siano suffragate da giuramento (va comun-
que ricordato che l'art. 26 della L. 15/68 prevede sanzioni
penali per le dichiarazioni mendaci) non e' elemento suffi-
ciente a far escludere la loro ammissibilita'.
Per quanto concerne le cautele che possono legittima-
mente adottarsi in sede amministrativa nella valutazione
delle prove testimoniali (ovvero delle dichiarazioni sosti-
tutive di notorieta' ex L. 15/68), si puo' per un verso fare
riferimento a quelle previste dallo stesso codice che
all'art. 252 cpc dispone che chi rende la dichiarazione
testimoniale deve preliminarmente dichiarare se ha rapporti
di parentela, affinita', affiliazione o dipendenza con la
parte interessata, ovvero un qualche interesse nei fatti sui
quali rende la propria dichiarazione, e per altro verso
richiedere chiaramente che le dichiarazioni ex art. 4 L. n.
15/68 abbiano ad oggetto non solo la mera conoscenza dei
fatti che vengono dichiarati (in cio' esaurendosi), ma
anche, ed in particolare, gli elementi di fatto che diano
ragione di come si sia venuti a conoscenza di tali fatti, in
modo tale da offrire un qualche elemento di riscontro (anche
solo potenziale).
Va invero sottolineato, come criterio di orientamento,
che dopo la sentenza n. 568/89 e' solo la plausibil-
ita'-credibilita' delle dichiarazioni che puo' far ritenere
raggiunta la prova della "durata" del pregresso rapporto di
lavoro.
L'esigenza delle cautele suddette si delinea con
particolare evidenza ove si consideri che la durata del
rapporto di lavoro puo', in sostanza, identificarsi con la
sua stessa esistenza.
Al riguardo si precisa altresi' che le dichiarazioni di
conoscenza attestanti il dilatarsi nel tempo di un rapporto
di lavoro del quale, con prova documentale, sia stata
dimostrata l'esistenza in un preciso momento, oltre a
presentare le caratteristiche sopra evidenziate, devono
soddisfare la condizione della mancanza di soluzione di
continuita' tra la data documentalmente dimostrata e il
periodo cui si riferisce la dichiarazione di conoscenza.
Qualora si ipotizzi, ad esempio, che sia documenta-
lmente accertata l'esistenza di un rapporto di lavoro in una
determinata data, puo' essere ritenuta idonea a dimostrare
il protrarsi del rapporto fino ad un momento successivo la
testimonianza in tal senso resa da un compagno di lavoro in
attivita' per l'intero periodo, mentre non altrettanto
idonea e' da ritenere la dichiarazione di conoscenza di un
lavoratore che sia stato assunto in epoca successiva alla
data documentalmente accertata.
Tale ultima testimonianza non risulta nemmeno idonea a
fornire la prova del rapporto di lavoro a partire dalla data
di assunzione in servizio del testimone in quanto, rilevan-
dosi una soluzione di continuita' tra tale data e quella
documentalmente accertata, non risulta dimostrato che si
tratti dello stesso rapporto di lavoro invece che di due
distinti rapporti intervallati da un periodo di inattivita',
per cui la prova testimoniale non puo' essere supportata da
quella documentale.
ooooooooooooooo
Secondo i principi gia' noti le disposizioni dell'art.
13 dichiarate incostituzionali hanno cessato di avere
efficacia a partire dal giorno successivo a quello di
pubblicazione sulla G.U. della relativa sentenza.
Ne consegue che le istruzioni impartite con la presente
circolare dovranno essere applicate per la definizione sia
delle domande e dei ricorsi ancora in trattazione che dei
giudizi pendenti.
Potranno altresi' essere riesaminati, a richiesta degli
interessati, i provvedimenti ancora non definitivi; il
provvedimento deve intendersi non definitivo ove non sia
decorso il termine decennale previsto per l'esperibilita'
dell'azione giudiziaria, qualora non siano intervenuti atti
negoziali ad effetti interamente esauriti (transazione,
rinuncia) oppure sia stato oggetto di azione giudiziaria che
non si sia conclusa con sentenza passata in giudicato.
Ovviamente l'eventuale concessione della costituzione
di posizione ex art. 13 in argomento potra' essere riferita
all'originaria domanda (in particolare per quanto concerne
la determinazione del corrispondente onere) solo nell'ipo-
tesi in cui la prova documentale dell'esistenza del rapporto
di lavoro, che possa supportare le prove orali ammesse dalla
Corte Costituzionale, sia stata tempestivamente fornita.
IL DIRETTORE GENERALE
F.TO BILLIA