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Regio decreto 262 del 16 marzo 1942
Approvazione del testo del Codice civile.
Vigente al: 6-10-2014
REGIO DECRETO 16 marzo 1942-XX, n. 262.
Approvazione del testo del Codice civile
VITTORIO EMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA' DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA E DI ALBANIA
IMPERATORE D'ETIOPIA
Visti i Regi decreti 12 dicembre 1938-XVII, n. 1852, 26 ottobre 1939-XVII, n. 1586, 30 gennaio 1941-XIX, n. 15, 30 gennaio 1941-XIX, n. 16, 30 gennaio 1941-XIX, n. 17 e 30 gennaio 1941-XIX, n. 18, che danno facolta' al Governo di provvedere alla riunione ed al coordinamento dei libri del Codice civile delle persone, delle successioni per causa di morte e delle donazioni, della proprieta', delle obbligazioni, del lavoro e della tutela dei diritti, approvati con gli stessi Regi decreti;
Vista la legge 30 gennaio 1941-XIX, n. 14, sul valore giuridico della Carta del Lavoro;
Udito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato per la grazia e giustizia;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1.
E' approvato il testo del Codice civile, il quale, preceduto dalle disposizioni sul valore giuridico della Carta del Lavoro, dal testo della Carta del Lavoro, approvato dal Gran Consiglio del Fascismo il 21 aprile 1927-V, e dalle Disposizioni sulla legge in generale, avra' esecuzione a cominciare dal 21 aprile 1942-XX, sostituendo da questa data i libri del Codice stesso, approvati con i Regi decreti 12 dicembre 1938-XVII, n. 1852, 26 ottobre 1939-XVII, n. 1586, 30 gennaio 1941-XIX, n. 15, 30 gennaio 1941-XIX, n. 16, 30 gennaio 1941-XIX, n. 17, e 30 gennaio 1941-XIX, n. 18. ((3))
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AGGIORNAMENTO (3)
Il D.Lgs. Luogotenenziale 14 settembre 1944, n. 287 ha disposto (con l'art. 2, comma 1) che "La legge 30 gennaio 1941, n. 14, sul valore giuridico della Carta del Lavoro e' abrogata, rimanendo soppressa, nell'art. 1 del R. decreto 16 marzo 1942, n. 262, che approva il testo del Codice civile, la menzione delle disposizioni sul valore giuridico della Carta del lavoro e del testo della Carta del lavoro medesima".
Art. 2.
Un esemplare del testo del Codice civile, firmato da Noi e contrassegnato dal Nostro Ministro Segretario di Stato per la grazia e giustizia, servira' di originale e sara' depositato e custodito nell'Archivio del Regno.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 16 marzo 1942-XX
VITTORIO EMANUELE
MUSSOLINI - GRANDI
Visto, il Guardasigilli: GRANDI.
Registrato alla Corte dei conti, addi' 16 marzo 1942-XX
Atti del Governo, registro n. 443, foglio n. 53 - MANCINI
CAPO I
Delle fonti del diritto
DISPOSIZIONI SULLA LEGGE IN GENERALE
Art. 1.
(Indicazione delle fonti).
Sono fonti del diritto:
1) le leggi;
2) i regolamenti;
3) le norme corporative
4) gli usi.
Art. 2.
(Leggi).
La formazione delle leggi e l'emanazione degli atti del Governo aventi forza di legge sono disciplinate da leggi di carattere costituzionale.
Art. 3.
(Regolamenti).
Il potere regolamentare del Governo e' disciplinato da leggi di carattere costituzionale.
Il potere regolamentare di altre autorita' e' esercitato nei limiti delle rispettive competenze, in conformita' delle leggi particolari.
Art. 4.
(Limiti della disciplina regolamentare).
I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi.
I regolamenti emanati a norma del secondo comma dell'art. 3 non possono nemmeno dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo.
Art. 5.
(Norme corporative).
Sono norme corporative le ordinanze corporative, gli accordi economici collettivi, i contratti collettivi di lavoro e le sentenze della magistratura del lavoro nelle controversie collettive.
Art. 6.
(Formazione ed efficacia delle norme corporative).
La formazione e l'efficacia delle norme corporative sono disciplinate nel codice civile e in leggi particolari.
Art. 7.
(Limiti della disciplina corporativa).
Le norme corporative non possono derogare alle disposizioni imperative delle leggi e dei regolamenti.
Art. 8.
(Usi).
Nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati.
Le norme corporative prevalgono sugli usi, anche se richiamati dalle leggi e dai regolamenti, salvo che in esse sia diversamente disposto.
Art. 9.
(Raccolte di usi).
Gli usi pubblicati nelle raccolte ufficiali degli enti e degli organi a cio' autorizzati si presumono esistenti fino a prova contraria.
CAPO II
Dell'applicazione della legge in generale
Art. 10.
(Inizio dell'obbligatorieta' delle leggi e dei regolamenti).
Le leggi e i regolamenti divengono obbligatori nel decimoquinto giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto.
Le norme corporative divengono obbligatorie nel giorno successivo a quello della pubblicazione, salvo che in esse sia altrimenti disposto.
Art. 11.
(Efficacia della legge nel tempo).
Le legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo.
I contratti collettivi di lavoro possono stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla pubblicazione, purche' non preceda quella della stipulazione.
Art. 12.
(Interpretazione della legge).
Nell'applicare la legge non si puo' ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.
Se una controversia non puo' essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato.
Art. 13.
(Esclusione dell'applicazione analogica delle norme corporative).
Le norme corporative non possono essere applicate a casi simili o a materie analoghe a quelli da esse contemplati.
Art. 14.
(Applicazione delle leggi penali ed eccezionali).
Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.
Art. 15.
(Abrogazione delle leggi).
Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilita' tra le nuove disposizioni e le precedenti o perche' la nuova legge regola l'intera materia gia' regolata dalla legge anteriore.
Art. 16.
(Trattamento dello straniero).
Lo straniero e' ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocita' e salve le disposizioni contenute in leggi speciali.
Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere.
Art. 17.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 18.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 19.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218 ((167))
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AGGIORNAMENTO (167)
La Corte Costituzionale, con sentenza 21 giugno-4 luglio 2006, n. 254 (in G.U. 1a s.s. 12/7/2006, n. 28) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19, comma primo, delle disposizioni preliminari al codice civile".
Art. 20.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 21.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 22.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 23.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 24.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 25.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 26.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 27.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 28.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 29.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 30.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
Art. 31.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 MAGGIO 1995, N. 218))
LIBRO PRIMO
DELLE PERSONE E DELLA FAMIGLIA
TITOLO I
DELLE PERSONE FISICHE
Art. 1.
(Capacita' giuridica).
La capacita' giuridica si acquista dal momento della nascita.
I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all'evento della nascita.
((IL D.LGS. LUOGOTENENZIALE 14 SETTEMBRE 1944, N. 287 HA CONFERMATO L'ABROGAZIONE DEL PRESENTE COMMA)).
Art. 2.
(( (Maggiore eta'. Capacita' di agire).))
((La maggiore eta' e' fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore eta' si acquista la capacita' di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una eta' diversa.
Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un'eta' inferiore in materia di capacita' a prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore e' abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro)).
Art. 3.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 8 MARZO 1975, N. 39))
Art. 4.
(Commorienza).
Quando un effetto giuridico dipende dalla sopravvivenza di una persona a un'altra e non consta quale di esse sia morta prima, tutte si considerano morte nello stesso momento.
Art. 5.
(Atti di disposizione del proprio corpo).
Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrita' fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume. ((210))
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AGGIORNAMENTO (210)
La L. 19 settembre 2012, n. 167 ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "In deroga al divieto di cui all'articolo 5 del codice civile, e' ammesso disporre a titolo gratuito di parti di polmone, pancreas e intestino al fine esclusivo del trapianto tra persone viventi".
Art. 6.
(Diritto al nome).
Ogni persona ha diritto al nome che le e' per legge attribuito.
Nel nome si comprendono il prenome e il cognome.
Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalita' dalla legge indicati.
Art. 7.
(Tutela del diritto al nome).
La persona, alla quale si contesti il diritto all'uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall'uso che altri indebitamente ne faccia, puo' chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni.
L'autorita' giudiziaria puo' ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o piu' giornali.
Art. 8.
(Tutela del nome per ragioni familiari).
Nel caso previsto dall'articolo precedente, l'azione puo' essere promossa anche da chi, pur non portando il nome contestato o indebitamente usato, abbia alla tutela del nome un interesse fondato su ragioni familiari degne d'essere protette.
Art. 9.
(Tutela dello pseudonimo).
Lo pseudonimo, usato da una persona in modo che abbia acquistato l'importanza del nome, puo' essere tutelato ai sensi dell'art. 7.
Art. 10.
(Abuso dell'immagine altrui).
Qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione e' dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorita' giudiziaria, su richiesta dell'interessato, puo' disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni.
TITOLO II
DELLE PERSONE GIURIDICHE
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 11.
(Persone giuridiche pubbliche).
Le provincie e i comuni, nonche' gli enti pubblici riconosciuti come persone giuridiche godono dei diritti secondo le leggi e gli usi osservati come diritto pubblico.
Art. 12.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 10 FEBBRAIO 2000, N. 361))
Art. 13
(Societa').
Le societa' sono regolate dalle disposizioni contenute nel libro V.
CAPO II
Delle associazioni e delle fondazioni
Art. 14.
(Atto costitutivo).
Le associazioni e le fondazioni devono essere costituite con atto pubblico.
La fondazione puo' essere disposta anche con testamento.
Art. 15.
(Revoca dell'atto costitutivo della fondazione).
L'atto di fondazione puo' essere revocato dal fondatore fino a quando non sia intervenuto il riconoscimento ovvero il fondatore non abbia fatto iniziare l'attivita' dell'opera da lui disposta.
La facolta' di revoca non si trasmette agli eredi.
Art. 16.
(Atto costitutivo e statuto. Modificazioni).
L'atto costitutivo e lo statuto devono contenere la denominazione dell'ente, l'indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede, nonche' le norme sull'ordinamento e sull'amministrazione. Devono anche determinare, quando trattasi di associazioni, i diritti e gli obblighi degli associati e le condizioni della loro ammissione; e, quando trattasi di fondazioni, i criteri e le modalita' di erogazione delle rendite.
L'atto costitutivo e lo statuto possono inoltre contenere le norme relative alla estinzione dell'ente e alla devoluzione del patrimonio, e, per le fondazioni, anche quelle relative alla loro trasformazione.
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 10 FEBBRAIO 2000, N. 361)).
Art. 17.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 15 MAGGIO 1997, N. 127)) ((108))
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AGGIORNAMENTO (108)
La L. 15 maggio 1997, n. 127 ha disposto (con l'art. 13, comma 2) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore a quella di entrata in vigore della presente legge".
Art. 18.
(Responsabilita' degli amministratori).
Gli amministratori sono responsabili verso l'ente secondo le norme del mandato. E' pero' esente da responsabilita' quello degli amministratori il quale non abbia partecipato all'atto che ha causato il danno, salvo il caso in cui, essendo a cognizione che l'atto si stava per compiere, egli non abbia fatto constare del proprio dissenso.
Art. 19.
(Limitazioni del potere di rappresentanza).
Le limitazioni del potere di rappresentanza, che non risultano dal registro indicato nell'art. 33, non possono essere opposte ai terzi, salvo che si provi che essi ne erano a conoscenza.
Art. 20.
(Convocazione dell'assemblea delle associazioni).
L'assemblea delle associazioni deve essere convocata dagli amministratori una volta l'anno per l'approvazione del bilancio.
L'assemblea deve essere inoltre convocata quando se ne ravvisa la necessita' o quando ne e' fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli associati. In quest'ultimo caso, se gli amministratori non vi provvedono, la convocazione puo' essere ordinata dal presidente del tribunale.
Art. 21.
(Deliberazioni dell'assemblea).
Le deliberazioni dell'assemblea sono prese a maggioranza di voti e con la presenza di almeno la meta' degli associati. In seconda convocazione la deliberazione e' valida qualunque sia il numero degli intervenuti. Nelle deliberazioni di approvazione del bilancio e in quelle che riguardano la loro responsabilita' gli amministratori non hanno voto.
Per modificare l'atto costitutivo e lo statuto, se in essi non e' altrimenti disposto, occorrono la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
Per deliberare lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione del patrimonio occorre il voto favorevole di almeno tre quarti degli associati.
Art. 22.
(Azioni di responsabilita' contro gli amministratori).
Le azioni di responsabilita' contro gli amministratori delle associazioni per fatti da loro compiuti sono deliberate dall'assemblea e sono esercitate dai nuovi amministratori o dai liquidatori.
Art. 23.
(Annullamento e sospensione delle deliberazioni).
Le deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto possono essere annullate su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del pubblico ministero.
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima.
Il presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell'associazione, puo' sospendere, su istanza di colui che ha proposto l'impugnazione, l'esecuzione della deliberazione impugnata, quando sussistono gravi motivi. Il decreto di sospensione deve essere motivato ed e' notificato agli amministratori.
L'esecuzione delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume puo' essere sospesa anche dall'autorita' governativa.
Art. 24.
(Recesso ed esclusione degli associati).
La qualita' di associato non e' trasmissibile, salvo che la trasmissione sia consentita dall'atto costitutivo o dallo statuto.
L'associato puo' sempre recedere dall'associazione se non ha assunto l'obbligo di farne parte per un tempo determinato. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata per iscritto agli amministratori e ha effetto con lo scadere dell'anno in corso, purche' sia fatta almeno tre mesi prima.
L'esclusione d'un associato non puo' essere deliberata dall'assemblea che per gravi motivi: l'associato puo' ricorrere all'autorita' giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli e' stata notificata la deliberazione.
Gli associati, che abbiano receduto o siano stati esclusi o che comunque abbiano cessato di appartenere all'associazione, non possono ripetere i contributi versati, ne' hanno alcun diritto sul patrimonio dell'associazione.
Art. 25.
(Controllo sull'amministrazione delle fondazioni).
L'autorita' governativa esercita il controllo e la vigilanza sull'amministrazione delle fondazioni; provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla, sentiti gli amministratori, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume; puo' sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformita' dello statuto o dello scopo della fondazione o della legge.
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima.
Le azioni contro gli amministratori per fatti riguardanti la loro responsabilita' devono essere autorizzate dall'autorita' governativa e sono esercitate dal commissario straordinario, dai liquidatori o dai nuovi amministratori.
Art. 26.
(Coordinamento di attivita' e unificazione di amministrazione).
L'autorita' governativa puo' disporre il coordinamento dell'attivita' di piu' fondazioni ovvero l'unificazione della loro amministrazione, rispettando, per quanto e' possibile, la volonta' del fondatore.
Art. 27.
(Estinzione della persona giuridica).
Oltre che per le cause previste nell'atto costitutivo e nello statuto, la persona giuridica si estingue quando lo scopo e' stato raggiunto o e' divenuto impossibile.
Le associazioni si estinguono inoltre quando tutti gli associati sono venuti a mancare.
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 10 FEBBRAIO 2000, N. 361)).
Art. 28.
(Trasformazione delle fondazioni)
Quando lo scopo e' esaurito o divenuto impossibile o di scarsa utilita', o il patrimonio e' divenuto insufficiente, l'autorita' governativa, anziche' dichiarare estinta la fondazione, puo' provvedere alla sua trasformazione, allontanandosi il meno possibile dalla volonta' del fondatore.
La trasformazione non e' ammessa quando i fatti che vi darebbero luogo sono considerati nell'atto di fondazione come causa di estinzione della persona giuridica e di devoluzione dei beni a terze persone.
Le disposizioni del primo comma di questo articolo e dell'art. 26 non si applicano alle fondazioni destinate a vantaggio soltanto di una o piu' famiglie determinate.
Art. 29.
(Divieto di nuove operazioni).
Gli amministratori non possono compiere nuove operazioni, appena e' stato loro comunicato il provvedimento che dichiara l'estinzione della persona giuridica o il provvedimento con cui l'autorita', a norma di legge, ha ordinato lo scioglimento dell'associazione, o appena e' stata adottata dall'assemblea la deliberazione di scioglimento dell'associazione medesima. Qualora trasgrediscano a questo divieto, assumono responsabilita' personale e solidale.
Art. 30.
(Liquidazione).
Dichiarata l'estinzione della persona giuridica o disposto lo scioglimento dell'associazione, si procede alla liquidazione del patrimonio secondo le norme di attuazione del codice.
Art. 31.
(Devoluzione dei beni).
I beni della persona giuridica, che restano dopo esaurita la liquidazione, sono devoluti in conformita' dell'atto costitutivo o dello statuto.
Qualora questi non dispongano, se trattasi di fondazione, provvede l'autorita' governativa, attribuendo i beni ad altri enti che hanno fini analoghi; se trattasi di associazione, si osservano le deliberazioni dell'assemblea che ha stabilito lo scioglimento e, quando anche queste mancano, provvede nello stesso modo l'autorita' governativa.
I creditori che durante la liquidazione non hanno fatto valere il loro credito possono chiedere il pagamento a coloro ai quali i beni sono stati devoluti, entro l'anno dalla chiusura della liquidazione, in proporzione e nei limiti di cio' che hanno ricevuto.
Art. 32.
(Devoluzione dei beni con destinazione particolare).
Nel caso di trasformazione o di scioglimento di un ente, al quale sono stati donati o lasciati beni con destinazione a scopo diverso da quello proprio dell'ente, l'autorita' governativa devolve tali beni, con lo stesso onere, ad altre persone giuridiche che hanno fini analoghi.
Art. 33.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 10 FEBBRAIO 2000, N. 361))
Art. 34.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 10 FEBBRAIO 2000, N. 361))
Art. 35.
(Disposizione penale).
Gli amministratori e i liquidatori che non richiedono le iscrizioni prescritte dagli articoli 33 e 34, nel termine e secondo le modalita' stabiliti dalle norme di attuazione del codice, sono puniti con l'ammenda da lire cento a lire cinquemila. ((126))
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AGGIORNAMENTO (126)
Il D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361 ha disposto (con l'art. 11, comma 1, lettera e)) che "Al sensi dell'articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono abrogate le seguenti disposizioni:
[...]
e) articolo 35, limitatamente alle parole: "dagli articoli 33 e 34, nel termine e secondo le modalita' stabilite dalle norme di attuazione del codice"."
CAPO III
Delle associazioni non riconosciute e dei comitati
Art. 36.
(Ordinamento e amministrazione delle associazioni non riconosciute)
L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati.
Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo questi accordi, e' conferita la presidenza o la direzione.
Art. 37.
(Fondo comune).
I contributi degli associati e i beni acquistati con questi contributi costituiscono il fondo comune dell'associazione. Finche' questa dura, i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, ne' pretenderne la quota in caso di recesso.
Art. 38.
(Obbligazioni).
Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione.
Art. 39.
(Comitati).
I comitati di soccorso o di beneficenza e i comitati promotori di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti e simili sono regolati dalle disposizioni seguenti, salvo quanto e' stabilito nelle leggi speciali.
Art. 40.
(Responsabilita' degli organizzatori).
Gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti sono responsabili personalmente e solidalmente della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo annunziato.
Art. 41.
(Responsabilita' dei componenti. Rappresentanza in giudizio).
Qualora il comitato non abbia ottenuto la personalita' giuridica, i suoi componenti rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni assunte. I sottoscrittori sono tenuti soltanto a effettuare le oblazioni promesse.
Il comitato puo' stare in giudizio nella persona del presidente.
Art. 42.
(Diversa destinazione dei fondi).
Qualora i fondi raccolti siano insufficienti allo scopo, o questo non sia piu' attuabile, o, raggiunto lo scopo, si abbia un residuo di fondi, l'autorita' governativa stabilisce la devoluzione dei beni, se questa non e' stata disciplinata al momento della costituzione.
TITOLO III
DEL DOMICILIO E DELLA RESIDENZA
Art. 43.
(Domicilio e residenza).
Il domicilio di una persona e' nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.
La residenza e' nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Art. 44.
(Trasferimento della residenza e del domicilio).
Il trasferimento della residenza non puo' essere opposto ai terzi di buona fede, se non e' stato denunciato nei modi prescritti dalla legge.
Quando una persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza e trasferisce questa altrove, di fronte ai terzi di buona fede si considera trasferito pure il domicilio, se non si e' fatta una diversa dichiarazione nell'atto in cui e' stato denunciato il trasferimento della residenza.
Art. 45.
Domicilio dei coniugi, del minore e dell'interdetto.
Ciascuno dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo in cui ha stabilito la sede principale dei propri affari o interessi. ((45))
Il minore ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia o quello del tutore. Se i genitori sono separati o il loro matrimonio e' stato annullato o sciolto o ne sono cessati gli effetti civili o comunque non hanno la stessa residenza, il minore ha il domicilio del genitore con il quale convive.
L'interdetto ha il domicilio del tutore.
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AGGIORNAMENTO (45)
La Corte Costituzionale, con sentenza 12-14 luglio 1976, n. 171 (in G.U. 1a s.s. 21/7/1976, n. 191) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 45 del codice civile, primo comma (nel testo anteriore alla sostituzione operata dall'art. 1 della legge 19 maggio 1975, n. 151), nella parte in cui, in caso di separazione di fatto dei coniugi ed ai fini della competenza per territorio nel giudizio di separazione, prevede che la moglie, la quale abbia fissato altrove la propria residenza, conservi legalmente il domicilio del marito".
Art. 46.
(Sede delle persone giuridiche).
Quando la legge fa dipendere determinati effetti dalla residenza o dal domicilio, per le persone giuridiche si ha riguardo al luogo in cui e' stabilita la loro sede.
Nei casi in cui la sede stabilita ai sensi dell'art. 16 o la sede risultante dal registro e' diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quest'ultima.
Art. 47.
(Elezione di domicilio).
Si puo' eleggere domicilio speciale per determinati atti o affari.
Questa elezione deve farsi espressamente per iscritto.
TITOLO IV
DELL'ASSENZA E DELLA DICHIARAZIONE DI MORTE PRESUNTA
CAPO
I
Dell'assenza
Art. 48.
(Curatore dello scomparso).
Quando una persona non e' piu' comparsa nel luogo del suo ultimo domicilio o dell'ultima sua residenza e non se ne hanno piu' notizie, il tribunale dell'ultimo domicilio o dell'ultima residenza, su istanza, degli interessati o dei presunti successori legittimi o del pubblico ministero, puo' nominare un curatore che rappresenti la persona in giudizio o nella formazione degli inventari e dei conti e nelle liquidazioni o divisioni in cui sia interessata, e puo' dare gli altri provvedimenti necessari alla conservazione del patrimonio dello scomparso.
Se vi e' un legale rappresentante, non si fa luogo alla nomina del curatore. Se vi e' un procuratore, il tribunale provvede soltanto per gli atti che il medesimo non puo' fare.
Art. 49.
(Dichiarazione di assenza).
Trascorsi due anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia, i presunti successori legittimi e chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti dalla morte di lui possono domandare al tribunale competente, secondo l'articolo precedente, che ne sia dichiarata l'assenza.
Art. 50.
(Immissione nel possesso temporaneo dei beni).
Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara l'assenza, il tribunale, su istanza di chiunque vi abbia interesse o del pubblico ministero, ordina l'apertura degli atti di ultima volonta' dell'assente, se vi sono.
Coloro che sarebbero eredi testamentari o legittimi, se l'assente fosse morto nel giorno a cui risale l'ultima notizia di lui, o i loro rispettivi eredi possono domandare l'immissione nel possesso temporaneo dei beni.
I legatari, i donatari e tutti quelli ai quali spetterebbero diritti dipendenti dalla morte dell'assente possono domandare di essere ammessi all'esercizio temporaneo di questi diritti.
Coloro che per effetto della morte dell'assente sarebbero liberati da obbligazioni possono essere temporaneamente esonerati dall'adempimento di esse, salvo che si tratti delle obbligazioni alimentari previste dall'art. 434.
Per ottenere l'immissione nel possesso, l'esercizio temporaneo dei diritti o la liberazione temporanea dalle obbligazioni si deve dare cauzione nella somma determinata dal tribunale; se taluno non sia in grado di darla, il tribunale puo' stabilire altre cautele, avuto riguardo alla qualita' delle persone e alla loro parentela con l'assente.
Art. 51.
((Assegno alimentare a favore del coniuge dell'assente.))
((Il coniuge dell'assente, oltre cio' che gli spetta per effetto del regime patrimoniale dei coniugi e per titolo di successione, puo' ottenere dal tribunale, in caso di bisogno, un assegno alimentare da determinarsi secondo le condizioni della famiglia e l'entita' del patrimonio dell'assente)).
Art. 52.
(Effetti della immissione nel possesso temporaneo).
L'immissione nel possesso temporaneo dei beni deve essere preceduta dalla formazione dell'inventario dei beni.
Essa attribuisce a coloro che l'ottengono e ai loro successori l'amministrazione dei beni dell'assente, la rappresentanza di lui in giudizio e il godimento delle rendite dei beni nei limiti stabiliti nell'articolo seguente.
Art. 53.
(Godimento dei beni).
Gli ascendenti, i discendenti e il coniuge immessi nel possesso temporaneo dei beni ritengono a loro profitto la totalita' delle rendite. Gli altri devono riservare all'assente il terzo delle rendite.
Art. 54.
(Limiti alla disponibilita' dei beni).
Coloro che hanno ottenuto l'immissione nel possesso temporaneo dei beni non possono alienarli, ipotecarli o sottoporli a pegno, se non per necessita' o utilita' evidente riconosciuta dal tribunale.
Il tribunale nell'autorizzare questi atti dispone circa l'uso e l'impiego delle somme ricavate.
Art. 55.
(Immissione di altri nel possesso temporaneo).
Se durante il possesso temporaneo taluno prova di avere avuto, al giorno a cui risale l'ultima notizia dell'assente, un diritto prevalente o uguale a quello del possessore, puo' escludere questo dal possesso o farvisi associare; ma non ha diritto ai frutti se non dal giorno della domanda giudiziale.
Art. 56.
(Ritorno dell'assente o prova della sua esistenza).
Se durante il possesso temporaneo l'assente ritorna o e' provata l'esistenza di lui, cessano gli effetti della dichiarazione di assenza, salva, se occorre, l'adozione di provvedimenti per la conservazione del patrimonio a norma dell'art. 48.
I possessori temporanei dei beni devono restituirli; ma fino al giorno della loro costituzione in mora continuano a godere i vantaggi attribuiti dagli articoli 52 e 53, e gli atti compiuti ai sensi dell'art. 54 restano irrevocabili.
Se l'assenza e' stata volontaria e non e' giustificata, l'assente perde il diritto di farsi restituire le rendite riservategli dalla norma dell'art. 53.
Art. 57.
(Prova della morte dell'assente).
Se durante il possesso temporaneo e' provata la morte dell'assente, la successione si apre a vantaggio di coloro che al momento della morte erano suoi eredi o legatari.
Si applica anche in questo caso la disposizione del secondo comma dell'articolo precedente.
CAPO II
Della dichiarazione di morte presunta
Art. 58.
(Dichiarazione di morte presunta dell'assente).
Quando sono trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia dell'assente, il tribunale competente secondo l'art. 48, su istanza del pubblico ministero o di taluna delle persone indicate nei capoversi dell'art. 50, puo' con sentenza dichiarare presunta la morte dell'assente nel giorno a cui risale l'ultima notizia.
In nessun caso la sentenza puo' essere pronunziata se non sono trascorsi nove anni dal raggiungimento della maggiore eta' dell'assente.
Puo' essere dichiarata la morte presunta anche se sia mancata la dichiarazione di assenza.
Art. 59.
(Termine per la rinnovazione dell'istanza).
L'istanza, quando e' stata rigettata, non puo' essere riproposta prima che siano decorsi almeno due anni.
Art. 60.
(Altri casi di dichiarazione di morte presunta).
Oltre che nel caso indicato nell'art. 58, puo' essere dichiarata la morte presunta nei casi seguenti:
1) quando alcuno e' scomparso in operazioni belliche alle quali ha preso parte, sia nei corpi armati, sia al seguito di essi, o alle quali si e' comunque trovato presente, senza che si abbiano piu' notizie di lui, e sono trascorsi due anni dall'entrata in vigore del trattato di pace o, in mancanza di questo, tre anni dalla fine dell'anno in cui sono cessate le ostilita';
2) quando alcuno e' stato fatto prigioniero dal nemico, o da questo internato o comunque trasportato in paese straniero, e sono trascorsi due anni dall'entrata in vigore del trattato di pace, o, in mancanza di questo, tre anni dalla fine dell'anno in cui sono cessate le ostilita', senza che si siano avute notizie di lui dopo l'entrata in vigore del trattato di pace ovvero dopo la cessazione delle ostilita';
3) quando alcuno e' scomparso per un infortunio e non si hanno piu' notizie di lui, dopo due anni dal giorno dell'infortunio o, se il giorno non e' conosciuto, dopo due anni dalla fine del mese o, se neppure il mese e' conosciuto, dalla fine dell'anno in cui l'infortunio e' avvenuto.
Art. 61.
(Data della morte presunta).
Nei casi previsti dai numeri 1 e 3 dell'articolo precedente, la sentenza determina il giorno e possibilmente l'ora a cui risale la scomparsa nell'operazione bellica o nell'infortunio, e nel caso indicato dal n. 2 il giorno a cui risale l'ultima notizia.
Qualora non possa determinarsi l'ora, la morte presunta si ha per avvenuta alla fine del giorno indicato.
Art. 62.
(Condizioni e forme della dichiarazione di morte presunta).
La dichiarazione di morte presunta nei casi indicati dall'art. 60 puo' essere domandata quando non si e' potuto procedere agli accertamenti richiesti dalla legge per la compilazione dell'atto di morte.
Questa dichiarazione e' pronunziata con sentenza del tribunale su istanza del pubblico ministero o di alcuna delle persone indicate nei capoversi dell'art. 50.
Il tribunale, qualora non ritenga di accogliere l'istanza di dichiarazione di morte presunta, puo' dichiarare l'assenza dello scomparso.
Art. 63.
(Effetti della dichiarazione di morte presunta dell'assente).
Divenuta eseguibile la sentenza indicata nell'art. 58, coloro che ottennero l'immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente o i loro successori possono disporre liberamente dei beni.
Coloro ai quali fu concesso l'esercizio temporaneo dei diritti o la liberazione temporanea dalle obbligazioni di cui all'art. 50 conseguono l'esercizio definitivo dei diritti o la liberazione definitiva dalle obbligazioni.
Si estinguono inoltre le obbligazioni alimentari indicate nel quarto comma dell'art. 50.
In ogni caso cessano le cauzioni e le altre cautele che sono state imposte.
Art. 64.
(Immissione nel possesso e inventario).
Se non v'e' stata immissione nel possesso temporaneo dei beni, gli aventi diritto indicati nei capoversi dell'art. 50 o i loro successori conseguono il pieno esercizio dei diritti loro spettanti, quando e' diventata eseguibile la sentenza menzionata nell'art. 58.
Coloro che prendono possesso dei beni devono fare precedere l'inventario dei beni.
Parimenti devono far precedere l'inventario dei beni coloro che succedono per effetto della dichiarazione di morte presunta nei casi indicati dall'art. 60.
Art. 65.
(Nuovo matrimonio del coniuge).
Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara la morte presunta, il coniuge puo' contrarre nuovo matrimonio.
Art. 66.
(Prova dell'esistenza della persona di cui e' stata dichiarata la morte presunta).
La persona di cui e' stata dichiarata la morte presunta, se ritorna o ne e' provata l'esistenza, ricupera i beni nello stato in cui si trovano e ha diritto di conseguire il prezzo di quelli alienati, quando esso sia tuttora dovuto, o i beni nei quali sia stato investito.
Essa ha altresi' diritto di pretendere l'adempimento delle obbligazioni considerate estinte ai sensi del secondo comma dell'art. 63.
Se e' provata la data della sua morte, il diritto previsto nel primo comma di questo articolo compete a coloro che a quella data sarebbero stati suoi eredi o legatari. Questi possono inoltre pretendere l'adempimento delle obbligazioni considerate estinte ai sensi del secondo comma dell'art. 63 per il tempo anteriore alla data della morte.
Sono salvi in ogni caso gli effetti delle prescrizioni e delle usucapioni.
Art. 67.
(Dichiarazione di esistenza o accertamento della morte).
La dichiarazione di esistenza della persona di cui e' stata dichiarata la morte presunta e l'accertamento della morte possono essere sempre fatti, su richiesta del pubblico ministero o di qualunque interessato, in contraddittorio di tutti coloro che furono parti nel giudizio in cui fu dichiarata la morte presunta.
Art. 68.
(Nullita' del nuovo matrimonio).
Il matrimonio contratto a norma dell'art. 65 e' nullo, qualora la persona della quale fu dichiarata la morte presunta ritorni o ne sia accertata l'esistenza.
Sono salvi gli effetti civili del matrimonio dichiarato nullo.
La nullita' non puo' essere pronunziata nel caso in cui e' accertata la morte, anche se avvenuta in una data posteriore a quella del matrimonio.
CAPO III
Delle ragioni eventuali che competono alla persona di cui si ignora l'esistenza o di cui e' stata dichiarata la morte presunta
Art. 69.
(Diritti spettanti alla persona di cui si ignora l'esistenza).
Nessuno e' ammesso a reclamare un diritto in nome della persona di cui si ignora l'esistenza, se non prova che la persona esisteva quando il diritto e' nato.
Art. 70.
(Successione alla quale sarebbe chiamata la persona di cui si ignora l'esistenza).
Quando s'apre una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto o in parte una persona di cui s'ignora l'esistenza, la successione e' devoluta a coloro ai quali sarebbe spettata in mancanza della detta persona, salvo il diritto di rappresentazione.
Coloro ai quali e' devoluta la successione devono innanzi tutto procedere all'inventario dei beni, e devono dare cauzione.
Art. 71.
(Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui si ignora l'esistenza).
Le disposizioni degli articoli precedenti non pregiudicano la petizione di eredita' ne' gli altri diritti spettanti alla persona di cui s'ignora l'esistenza o ai suoi eredi o aventi causa, salvi gli effetti della prescrizione o dell'usucapione.
La restituzione dei frutti non e' dovuta se non dal giorno della costituzione in mora.
Art. 72.
(Successione a cui sarebbe chiamata la persona della quale e' stata dichiarata la morte presunta).
Quando s'apre una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto o in parte una persona di cui e' stata dichiarata la morte presunta, coloro ai quali, in sua mancanza, e' devoluta la successione devono innanzi tutto procedere all'inventario dei beni.
Art. 73.
(Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui e' stata dichiarata la morte presunta).
Se la persona di cui e stata dichiarata la morte presunta ritorna o ne e' provata l'esistenza al momento dell'apertura della successione, essa o i suoi eredi o aventi causa possono esercitare la petizione di eredita' e far valere ogni altro diritto, ma non possono recuperare i beni se non nello stato in cui si trovano, e non possono ripetere che il prezzo di quelli alienati, quando e' ancora dovuto, o i beni nei quali esso e' stato investito, salvi gli effetti della prescrizione o dell'usucapione.
Si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 71.
TITOLO V
DELLA PARENTELA E DELL'AFFINITA'
Art. 74
(Parentela).
La parentela e' il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione e' avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui e' avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio e' adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di eta', di cui agli articoli 291 e seguenti.((223))
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 104, comma 4) che "I diritti successori che discendono dall'articolo 74 del codice civile, come modificato dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, sulle eredita' aperte anteriormente al termine della sua entrata in vigore si prescrivono a far data da suddetto termine".
Art. 75.
(Linee della parentela).
Sono parenti in linea retta le persone di cui l'una discende dall'altra; in linea collaterale quelle che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l'una dall'altra.
Art. 76.
(Computo dei gradi).
Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo stipite.
Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo all'altro parente, sempre restando escluso lo stipite.
Art. 77.
(Limite della parentela).
La legge non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati.
(Affinita').
L'affinita' e' il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge.
Nella linea e nel grado in cui taluno e' parente d'uno dei coniugi, egli e' affine dell'altro coniuge.
L'affinita' non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Cessa se il matrimonio e' dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4.
TITOLO VI
DEL MATRIMONIO
CAPO I
Della promessa di matrimonio
Art. 79.
(Effetti).
La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo ne' ad eseguire cio' che si fosse convenuto per il caso di non adempimento.
Art. 80.
(Restituzione dei doni).
Il promittente puo' domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non e' stato contratto.
La domanda non e' proponibile dopo un anno dal giorno in cui s'e' avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti.
Art. 81.
((Risarcimento dei danni.))
((La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata da una persona maggiore di eta' o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a norma dell'articolo 84, oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno e' risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti.))
Lo stesso risarcimento e' dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro.
La domanda non e' proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio.
CAPO II
Del matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico e del matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato
Art. 82.
(Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico)
Il matrimonio celebrato davanti a un ministro del culto cattolico e' regolato in conformita' del Concordato con la Santa Sede e delle leggi speciali sulla materia.
Art. 83.
(Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato).
Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato e' regolato dalle disposizioni del capo seguente, salvo quanto e' stabilito nella legge speciale concernente tale matrimonio.
CAPO III
Del matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato
civile
Sezione I
Delle condizioni necessarie per contrarre matrimonio
Art. 84.
((Eta')).
((I minori di eta' non possono contrarre matrimonio.
Il tribunale, su istanza dell'interessato, accertata la sua maturita' psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, puo' con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni.
Il decreto e' comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e al tutore.
Contro il decreto puo' essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione.
La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio.
Il decreto acquista efficacia quando e' decorso il termine previsto nel quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo)).
Art. 85.
(Interdizione per infermita' di mente).
Non puo' contrarre matrimonio l'interdetto per infermita' di mente.
Se l'istanza di interdizione e' soltanto promossa, il pubblico ministero puo' chiedere che si sospenda la celebrazione del matrimonio; in tal caso la celebrazione non puo' aver luogo finche' la sentenza che ha pronunziato sull'istanza non sia passata in giudicato.
Art. 86.
(Liberta' di stato).
Non puo' contrarre matrimonio chi e' vincolato da un matrimonio precedente.
Art. 87.
Parentela, affinita', adozione ((...)).
Non possono contrarre matrimonio fra loro:
1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta ((...));
2) i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini;
3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote;
4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l'affinita' deriva da matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale e' stata pronunziata la cessazione degli effetti civili;
5) gli affini in linea collaterale in secondo grado;
6) l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti;
7) i figli adottivi della stessa persona;
8) l'adottato e i figli dell'adottante;
9) l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge dell'adottato.
((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154)).
((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154)).
Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, puo' autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5, anche se si tratti di affiliazione ((...)). L'autorizzazione puo' essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando l'affinita' deriva da matrimonio dichiarato nullo.
Il decreto e' notificato agli interessati e al pubblico ministero.
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'articolo 84.
Art. 88.
(Delitto).
Non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali l'una e' stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell'altra.
Se ebbe luogo soltanto rinvio a giudizio ovvero fu ordinata la cattura, si sospende la celebrazione del matrimonio fino a quando non e' pronunziata sentenza di proscioglimento.
Art. 89.
Divieto temporaneo di nuove nozze.
((Non puo' contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio siano stati pronunciati in base all'articolo 3, numero 2, lettere b) ed f), della legge 1 dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi)).
Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, puo' autorizzare il matrimonio quando e' inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta da sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'articolo 84 e del comma quinto dell'articolo 87.
Il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza e' terminata.
Art. 90.
((Assistenza del minore.))
((Con il decreto di cui all'articolo 84 il tribunale o la corte d'appello nominano, se le circostanze lo esigono, un curatore speciale che assista il minore nella stipulazione delle convenzioni matrimoniali)).
Art. 91.
((IL D.LGS. LUOGOTENENZIALE 14 SETTEMBRE 1944, N. 287 HA CONFERMATO L'ABROGAZIONE DEL PRESENTE ARTICOLO))
Art. 92.
(Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali).
Le disposizioni degli articoli 84, 87, numeri 3, 5, 6, 7, 8, 9 e dell'art. 90, quarto comma, non sono applicabili al Re Imperatore e alla Famiglia Reale.
Per la validita' dei matrimoni dei Principi e delle Principesse Reali e' richiesto l'assenso del Re Imperatore.
Sezione II
Delle formalita' preliminari del matrimonio
Art. 93.
(Pubblicazione).
La celebrazione del matrimonio dev'essere preceduta dalla pubblicazione fatta a cura dell'ufficiale dello stato civile.
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 3 NOVEMBRE 2000, N. 396)).
Art. 94.
(Luogo della pubblicazione).
La pubblicazione deve essere richiesta all'ufficiale dello stato civile del comune dove uno degli sposi ha la residenza ed e' fatta nei comuni di residenza degli sposi.
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 3 NOVEMBRE 2000, N. 396)).
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 3 NOVEMBRE 2000, N. 396)).
Art. 95.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 3 NOVEMBRE 2000, N. 396))
Art. 96.
(Richiesta della pubblicazione).
La richiesta della pubblicazione deve farsi da ambedue gli sposi o da persona che ne ha da essi ricevuto speciale incarico.
Art. 97.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 3 NOVEMBRE 2000, N. 396))
Art. 98.
(Rifiuto della pubblicazione).
L'ufficiale dello stato civile che non crede di poter procedere alla pubblicazione rilascia un certificato coi motivi del rifiuto.
Contro il rifiuto e' dato ricorso al tribunale, che provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
Art. 99.
(Termine per la celebrazione del matrimonio).
Il matrimonio non puo' essere celebrato prima del quarto giorno dopo compiuta la pubblicazione.
Se il matrimonio non e' celebrato nei centottanta giorni successivi, la pubblicazione si considera come non avvenuta.
Art. 100.
Riduzione del termine e omissione della pubblicazione.
Il tribunale, su istanza degli interessati, con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, puo' ridurre, per gravi motivi, il termine della pubblicazione. In questo caso la riduzione del termine e' dichiarata nella pubblicazione.
Puo' anche autorizzare, con le stesse modalita', per cause gravissime, l'omissione della pubblicazione, quando gli sposi davanti al cancelliere dichiarano sotto la propria responsabilita' che nessuno degli impedimenti stabiliti dagli articoli 85, 86, 87, 88 e 89 si oppone al matrimonio. (111) (112a)
Il cancelliere deve far precedere alla dichiarazione la lettura di detti articoli e ammonire i dichiaranti sull'importanza della loro attestazione e sulla gravita' delle possibili conseguenze. (111) (112a)
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 3 NOVEMBRE 2000, N. 396)).
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3".
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 101.
(Matrimonio in imminente pericolo di vita).
Nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli sposi, l'ufficiale dello stato civile del luogo puo' procedere alla celebrazione del matrimonio senza pubblicazione e senza l'assenso al matrimonio, se questo e' richiesto, purche' gli sposi prima giurino che non esistono tra loro impedimenti non suscettibili di dispensa.
L'ufficiale dello stato civile dichiara nell'atto di matrimonio il modo con cui ha accertato l'imminente pericolo di vita.
Sezione III
Delle opposizioni al matrimonio
Art. 102.
(Persone che possono fare opposizione).
I genitori e, in mancanza loro, gli altri ascendenti e i collaterali entro il terzo grado possono fare opposizione al matrimonio dei loro parenti per qualunque causa che osti alla sua celebrazione.
Se uno degli sposi e' soggetto a tutela o a cura, il diritto di fare opposizione compete anche al tutore o al curatore.
Il diritto di opposizione compete anche al coniuge della persona che vuole contrarre un altro matrimonio.
Quando si tratta di matrimonio in contravvenzione all'art. 89, il diritto di opposizione spetta anche, se il precedente matrimonio fu sciolto, ai parenti del precedente marito e, se il matrimonio fu dichiarato nullo, a colui col quale il matrimonio era stato contratto e ai parenti di lui.
Il pubblico ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se sa che vi osta un impedimento o se gli consta l'infermita' di mente di uno degli sposi, nei confronti del quale, a causa dell'eta', non possa essere promossa l'interdizione.
Art. 103.
(Atto di opposizione).
L'atto di opposizione deve dichiarare la qualita' che attribuisce all'opponente il diritto di farla, le cause dell'opposizione, e contenere l'elezione di domicilio nel comune dove siede il tribunale nel cui territorio si deve celebrare il matrimonio.
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 3 NOVEMBRE 2000, N. 396)).
Art. 104.
(Effetti dell'opposizione).
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 3 NOVEMBRE 2000, N. 396)).
Se l'opposizione e' respinta, l'opponente, che non sia un ascendente o il pubblico ministero, puo' essere condannato al risarcimento dei danni.
Art. 105.
(Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali).
Le disposizioni di questa sezione e della precedente non si applicano al Re Imperatore e alla Famiglia Reale.
Sezione IV
Della celebrazione del matrimonio
Art. 106.
(Luogo della celebrazione).
Il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa comunale davanti all'ufficiale dello stato civile al quale fu fatta la richiesta di pubblicazione.
Art. 107.
((Forma della celebrazione.))
(( Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla presenza di due testimoni, anche se parenti, da' lettura agli sposi degli articoli 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio.
L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione)).
Art. 108.
(Inapponibilita' di termini e condizioni).
La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e in moglie non puo' essere sottoposta ne' a termine ne' a condizione.
Se le parti aggiungono un termine o una condizione, l'ufficiale dello stato civile non puo' procedere alla celebrazione del matrimonio. Se cio' nonostante il matrimonio e' celebrato, il termine e la condizione si hanno per non apposti.
Art. 109.
(Celebrazione in un comune diverso).
Quando vi e' necessita' o convenienza di celebrare il matrimonio in un comune diverso da quello indicato nell'art. 106, l'ufficiale dello stato civile, trascorso il termine stabilito nel primo comma dell'art. 99, richiede per iscritto l'ufficiale del luogo dove il matrimonio si deve celebrare.
La richiesta e' menzionata nell'atto di celebrazione e in esso inserita. Nel giorno successivo alla celebrazione del matrimonio, l'ufficiale davanti al quale esso fu celebrato invia, per la trascrizione, copia autentica dell'atto all'ufficiale da cui fu fatta la richiesta.
Art. 110.
(Celebrazione fuori della casa comunale).
Se uno degli sposi, per infermita' o per altro impedimento giustificato all'ufficio dello stato civile, e' nell'impossibilita' di recarsi alla casa comunale, l'ufficiale si trasferisce col segretario nel luogo in cui si trova lo sposo impedito, e ivi, alla presenza di quattro testimoni, procede alla celebrazione del matrimonio secondo l'art. 107.
Art. 111.
((Celebrazione per procura.))
((I militari e le persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito delle forze armate possono, in tempo di guerra, celebrare il matrimonio per procura.
La celebrazione del matrimonio per procura puo' anche farsi se uno degli sposi risiede all'estero e concorrono gravi motivi da valutarsi dal tribunale nella cui circoscrizione risiede l'altro sposo. L'autorizzazione e' concessa con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
La procura deve contenere l'indicazione della persona con la quale il matrimonio si deve contrarre.
La procura deve essere fatta per atto pubblico; i militari e le persone al seguito delle forze armate, in tempo di guerra, possono farla nelle forme speciali ad essi consentite.
Il matrimonio non puo' essere celebrato quando sono trascorsi centottanta giorni da quello in cui la procura e' stata rilasciata.
La coabitazione, anche temporanea, dopo la celebrazione del matrimonio, elimina gli effetti della revoca della procura, ignorata dall'altro coniuge al momento della celebrazione)).
Art. 112.
(Rifiuto della celebrazione).
L'ufficiale dello stato civile non puo' rifiutare la celebrazione del matrimonio se non per una causa ammessa dalla legge.
Se la rifiuta, deve rilasciare un certificato con l'indicazione dei motivi.
Contro il rifiuto e' dato ricorso al tribunale, che provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
Art. 113.
(Matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale dello stato civile).
Si considera celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile il matrimonio che sia stato celebrato dinanzi a persona la quale, senza avere la qualita' di ufficiale dello stato civile, ne esercitava pubblicamente le funzioni, a meno che entrambi gli sposi, al momento della celebrazione, abbiano saputo che la detta persona non aveva tale qualita'.
Art. 114.
(Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali).
Nei matrimoni del Re Imperatore e della Famiglia Reale l'ufficiale dello stato civile e' il presidente del Senato.
Il Re Imperatore determina il luogo della celebrazione, la quale puo' anche farsi per procura. In questo caso non si applicano le norme dell'art. 111.
Sezione V
Del matrimonio dei cittadini in paese straniero e degli stranieri nel Regno
Art. 115.
(Matrimonio del cittadino all'estero).
Il cittadino e' soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite.
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 3 NOVEMBRE 2000, N. 396)).
Art. 116.
(Matrimonio dello straniero nel Regno).
Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nel Regno deve presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell'autorita' competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui e' sottoposto nulla osta al matrimonio nonche' un documento attestante la regolarita' del soggiorno nel territorio italiano. ((198))
Anche lo straniero e' tuttavia soggetto alle disposizioni contenute negli articoli 85, 86, 87, numeri, 1, 2 e 4, 88 e 89.
Lo straniero che ha domicilio o residenza nel Regno deve inoltre far fare la pubblicazione secondo le disposizioni di questo codice.
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AGGIORNAMENTO (198)
La Corte Costituzionale, con sentenza 20-25 giugno 2011, n. 245 (in G.U. 1a s.s. 27/7/2011, n. 32), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall'art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «nonche' un documento attestante la regolarita' del soggiorno nel territorio italiano»".
Sezione VI
Della nullita' del matrimonio
Art. 117.
((Matrimonio contratto con violazione degli articoli 84, 86, 87 e 88.))
((Il matrimonio contratto con violazione degli articoli 86, 87 e 88 puo' essere impugnato dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano per impugnarlo un interesse legittimo e attuale.
Il matrimonio contratto con violazione dell'articolo 84 puo' essere impugnato dai coniugi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero. La relativa azione di annullamento puo' essere proposta personalmente dal minore non oltre un anno dal raggiungimento della maggiore eta'. La domanda, proposta dal genitore o dal pubblico ministero, deve essere respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto la maggiore eta' ovvero vi sia stato concepimento o procreazione e in ogni caso sia accertata la volonta' del minore di mantenere in vita il vincolo matrimoniale.
Il matrimonio contratto dal coniuge dell'assente non puo' essere impugnato finche' dura l'assenza.
Nei casi in cui si sarebbe potuta accordare l'autorizzazione ai sensi del quarto comma dell'articolo 87, il matrimonio non puo' essere impugnato dopo un anno dalla celebrazione.
La disposizione del primo comma del presente articolo si applica anche nel caso di nullita' del matrimonio previsto dall'articolo 68)).
Art. 118.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 119.
((Interdizione.))
((Il matrimonio di chi e' stato interdetto per infermita' di mente puo' essere impugnato dal tutore, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo se, al tempo del matrimonio, vi era gia' sentenza di interdizione passata in giudicato, ovvero se la interdizione e' stata pronunziata posteriormente ma l'infermita' esisteva al tempo del matrimonio. Puo' essere impugnato, dopo revocata l'interdizione, anche dalla persona che era interdetta.
L'azione non puo' essere proposta se, dopo revocata l'interdizione, vi e' stata coabitazione per un anno)).
Art. 120.
((Incapacita' di intendere o di volere.))
((Il matrimonio puo' essere impugnato da quello dei coniugi che, quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio.
L'azione non puo' essere proposta se vi e' stata coabitazione per un anno dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza delle facolta' mentali)).
Art. 121.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 122.
((Violenza ed errore.))
((Il matrimonio puo' essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso e' stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravita' derivante da cause esterne allo sposo.
Il matrimonio puo' altresi' essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso e' stato dato per effetto di errore sull'identita' della persona o di errore essenziale su qualita' personali dell'altro coniuge.
L'errore sulle qualita' personali e' essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell'altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente conosciute e purche' l'errore riguardi:
1) l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale;
2) l'esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di intervenuta riabilitazione prima della celebrazione del matrimonio. L'azione di annullamento non puo' essere proposta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile;
3) la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale;
4) la circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni. L'azione di annullamento non puo' essere proposta prima che la condanna sia divenuta irrevocabile;
5) lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore, purche' vi sia stato disconoscimento ai sensi dell'articolo 233, se la gravidanza e' stata portata a termine.
L'azione non puo' essere proposta se vi e' stata coabitazione per un anno dopo che siano cessate la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato scoperto l'errore)).
Art. 123.
((Simulazione.))
((Il matrimonio puo' essere impugnato da ciascuno dei coniugi quando gli sposi abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti da esso discendenti.
L'azione non puo' essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del matrimonio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi successivamente alla celebrazione medesima)).
Art. 124.
(Vincolo di precedente matrimonio).
Il coniuge puo' in qualunque tempo impugnare il matrimonio dell'altro coniuge; se si oppone la nullita' del primo matrimonio, tale questione deve essere preventivamente giudicata.
Art. 125.
(Azione del pubblico ministero).
L'azione di nullita' non puo' essere promossa dal pubblico ministero dopo la morte di uno dei coniugi.
Art. 126.
(Separazione dei coniugi in pendenza del giudizio).
Quando e' proposta domanda di nullita' del matrimonio, il tribunale puo', su istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro separazione temporanea durante il giudizio; puo' ordinarla anche d'ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori o interdetti.
Art. 127.
(Intrasmissibilita' dell'azione).
L'azione per impugnare il matrimonio non si trasmette agli eredi se non quando il giudizio e' gia' pendente alla morte dell'attore.
Art. 128.
Matrimonio putativo.
Se il matrimonio e' dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullita', quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede, oppure quando il loro consenso e' stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravita' derivante da cause esterne agli sposi.
((Il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli.))
Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli.
Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullita' dipenda da ((...)) incesto. (40)
((Nell'ipotesi di cui al quarto comma, rispetto ai figli si applica l'articolo 251.))
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AGGIORNAMENTO (40)
La L. 19 maggio 1975, n. 151 ha disposto (con l'art. 225, comma 1) che "Nel caso previsto dal penultimo comma dell'articolo 128 del codice civile il figlio acquista lo stato di figlio legittimo anche se il matrimonio e' stato dichiarato nullo anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge".
Art. 129.
((Diritti dei coniugi in buona fede.))
((Quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi, il giudice puo' disporre a carico di uno di essi e per un periodo non superiore a tre anni l'obbligo di corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue sostanze, a favore dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato a nuove nozze.
Per i provvedimenti che il giudice adotta riguardo ai figli, si applica l'articolo 155)).
Art. 129-bis.
((Responsabilita' del coniuge in mala fede e del terzo.))
((Il coniuge al quale sia imputabile la nullita' del matrimonio e' tenuto a corrispondere all'altro coniuge in buona fede, qualora il matrimonio sia annullato, una congrua indennita', anche in mancanza di prova del danno sofferto. L'indennita' deve comunque comprendere una somma corrispondente al mantenimento per tre anni. E' tenuto altresi' a prestare gli alimenti al coniuge in buona fede, sempre che non vi siano altri obbligati.
Il terzo al quale sia imputabile la nullita' del matrimonio e' tenuto a corrispondere al coniuge in buona fede, se il matrimonio e' annullato, l'indennita' prevista nel comma precedente.
In ogni caso il terzo che abbia concorso con uno dei coniugi nel determinare la nullita' del matrimonio e' solidalmente responsabile con lo stesso per il pagamento dell'indennita')).
Sezione VII
Delle prove della celebrazione del matrimonio
Art. 130.
(Atto di celebrazione del matrimonio).
Nessuno puo' reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del matrimonio, se non presenta l'atto di celebrazione estratto dai registri dello stato civile.
Il possesso di stato, quantunque allegato da ambedue i coniugi, non dispensa dal presentare l'atto di celebrazione.
Art. 131.
(Possesso di stato).
Il possesso di stato, conforme all'atto di celebrazione del matrimonio, sana ogni difetto di forma.
Art. 132.
(Mancanza dell'atto di celebrazione).
Nel caso di distruzione o di smarrimento dei registri dello stato civile l'esistenza del matrimonio puo' essere provata a norma dell'art. 452.
Quando vi sono indizi che per dolo o per colpa del pubblico ufficiale o per un caso di forza maggiore l'atto di matrimonio non e' stato inserito nei registri a cio' destinati, la prova dell'esistenza del matrimonio e' ammessa, sempre che risulti in modo non dubbio un conforme possesso di stato.
Art. 133.
(Prova della celebrazione risultante da sentenza penale).
Se la prova della celebrazione del matrimonio risulta da sentenza penale, l'iscrizione della sentenza nel registro dello stato civile assicura al matrimonio, dal giorno della sua celebrazione, tutti gli effetti riguardo tanto ai coniugi quanto ai figli.
Sezione VIII
Disposizioni penali
Art. 134.
(Omissione di pubblicazione).
Sono puniti con l'ammenda da lire quattrocento a lire duemila gli sposi e l'ufficiale dello stato civile che hanno celebrato matrimonio senza che la celebrazione sia stata preceduta dalla prescritta pubblicazione.
Art. 135.
(Pubblicazione senza richiesta o senza documenti).
E' punito con l'ammenda da lire duecento a lire mille l'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla pubblicazione di un matrimonio senza la richiesta di cui all'art. 96 o quando manca alcuno dei documenti prescritti dal primo comma dell'art. 97.
Art. 136.
(Impedimenti conosciuti dall'ufficiale dello stato civile).
L'ufficiale dello stato civile che procede alla celebrazione del matrimonio, quando vi osta qualche impedimento o divieto di cui egli ha notizia, e' punito con l'ammenda da lire cinquecento a lire tremila.
Art. 137.
(Incompetenza dell'ufficiale dello stato civile. Mancanza dei testimoni).
E' punito con l'ammenda da lire trecento a lire duemila l'ufficiale dello stato civile che ha celebrato un matrimonio per cui non era competente.
La stessa pena si applica all'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla celebrazione di un matrimonio senza la presenza dei testimoni.
Art. 138.
(Altre infrazioni).
E' punito con l'ammenda stabilita nell'art. 135 l'ufficiale dello stato civile che in qualunque modo contravviene alle disposizioni degli articoli 93, 95, 98, 99, 106, 107, 108, 109, 110 e 112 o commette qualsiasi altra infrazione per cui non sia stabilita una pena speciale in questa sezione.
Art. 139.
((Cause di nullita' note a uno dei coniugi.))
((Il coniuge il quale, conoscendo prima della celebrazione una causa di nullita' del matrimonio, l'abbia lasciata ignorare all'altro, e' punito, se il matrimonio e' annullato, con l'ammenda da lire quarantamila a lire duecentomila)).
Art. 140.
((Inosservanza del divieto temporaneo di nuove nozze.))
((La donna che contrae matrimonio contro il divieto dell'articolo 89, l'ufficiale che lo celebra e l'altro coniuge sono puniti con l'ammenda da lire ventimila a lire ottantamila)).
Art. 141.
(Competenza).
I reati previsti nei precedenti articoli sono di competenza del tribunale.
Art. 142.
(Limiti d'applicazione delle precedenti disposizioni).
Le disposizioni della presente sezione si applicano quando i fatti ivi contemplati non costituiscono reato piu' grave.
CAPO IV
Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio
Art. 143.
((Diritti e doveri reciproci dei coniugi.))
((Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedelta', all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacita' di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia)).
Art. 143-bis.
((Cognome della moglie.))
((La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze)).
Art. 143-ter.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 5 FEBBRAIO 1992, N. 91))
Art. 144.
((Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia.))
((I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato)).
Art. 145.
((Intervento del giudice.))
((In caso di disaccordo ciascuno dei coniugi puo' chiedere, senza formalita', l'intervento del giudice il quale, sentite le opinioni espresse dai coniugi e, per quanto opportuno, dai figli conviventi che abbiano compiuto il sedicesimo anno, tenta di raggiungere una soluzione concordata.
Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerna la fissazione della residenza o altri affari essenziali, il giudice, qualora ne sia richiesto espressamente e congiuntamente dai coniugi, adotta, con provvedimento non impugnabile, la soluzione che ritiene piu' adeguata alle esigenze dell'unita' e della vita della famiglia)).
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AGGIORNAMENTO (19)
La Corte Costituzionale, con sentenza 24 giugno-13 luglio 1970, n. 133 (in G.U. 1a s.s. 15/07/1970, n. 177), ha dichiarato "la illegittimita' costituzionale dell'art. 145, primo comma, del codice civile, nella parte in cui non subordina alla condizione che la moglie non abbia mezzi sufficienti il dovere del marito di somministrarle, in proporzione delle sue sostanze, tutto cio' che e' necessario ai bisogni della vita".
Art. 146.
((Allontanamento dalla residenza familiare. ))
((Il diritto all'assistenza morale e materiale previsto dall'articolo 143 e' sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa dalla residenza familiare, rifiuta di tornarvi.
La proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare.
Il giudice puo', secondo le circostanze, ordinare il sequestro dei beni del coniuge allontanatosi, nella misura atta a garantire l'adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 143, terzo comma, e 147)).
Art. 147.
((Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacita', inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall'articolo 315-bis.))
Art. 148.
((I coniugi devono adempiere l'obbligo di cui all'articolo 147, secondo quanto previsto dall'articolo 316-bis)).
CAPO V
Dello scioglimento del matrimonio e della separazione dei
coniugi
Art. 149.
((Scioglimento del matrimonio.))
((Il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge.
Gli effetti civili del matrimonio celebrato con rito religioso, ai sensi dell'articolo 82 o dell'articolo 83, e regolarmente trascritto, cessano alla morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge)).
Art. 150.
((Separazione personale.))
((E' ammessa la separazione personale dei coniugi.
La separazione puo' essere giudiziale o consensuale.
Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o la omologazione di quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi)).
Art. 151.
((Separazione giudiziale.))
((La separazione puo' essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volonta' di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole.
Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio)).
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AGGIORNAMENTO (12a)
La Corte Costituzionale con sentenza 16-19 dicembre 1968 n. 127 (in G.U. 1a s.s. 28/12/1968 n. 329) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 151, secondo comma, del Codice civile.
Art. 152.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 153.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 154.
((Riconciliazione.))
((La riconciliazione tra i coniugi comporta l'abbandono della domanda di separazione personale gia' proposta)).
Art. 155.
((In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX.))
Art. 155-bis.
(( ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154 ))
Art. 155-ter.
(( ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154 ))
Art. 155-quater.
(( ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154 ))
Art. 155-quinquies.
(( ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154 ))
Art. 155-sexies.
(( ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154 ))
Art. 156.
Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi.
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto e' necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.
L'entita' di tale somministrazione e' determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato.
Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 e seguenti.
Il giudice che pronunzia la separazione puo' imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commi e dall'articolo 155.
La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'articolo 2818.
In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice puo' disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all'obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto. (58) (64) (99) ((104))
Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, puo' disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti.
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AGGIORNAMENTO (8)
La Corte Costituzionale, con sentenza 4 - 23 maggio 1966, n. 46 (in G.U. 1a s.s. 28/5/1966, n. 131), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 156, primo comma, del Codice civile, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto cio' che e' necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei".
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AGGIORNAMENTO (18)
La Corte Costituzionale, con sentenza 24 giugno-13 luglio 1970, n. 128 (in G.U. 1a s.s. 15/7/1970, n. 177), ha dichiarato "illegittimita' costituzionale dell'art. 156, quinto comma, del codice civile, nella parte in cui esclude la pretesa della moglie a non usare il cognome del marito, in regime di separazione per colpa di quest'ultimo, nel caso che da quell'uso possa derivarle un pregiudizio".
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AGGIORNAMENTO (36)
La Corte Costituzionale, con sentenza 4 - 18 aprile 1974, n. 99 (in G.U. 1a s.s. 24/4/1974, n. 107), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 156, primo comma, del codice civile nella parte in cui, disponendo che per i coniugi consensualmente separati perduri l'obbligo reciproco di fedelta', non limita quest'ultimo al dovere di astenersi da quei comportamenti che, per il concorso di determinate circostanze, siano idonei a costituire ingiuria grave all'altro coniuge".
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AGGIORNAMENTO (58)
La Corte Costituzionale, con sentenza 12 - 31 maggio 1983, n. 144 (in G.U. 1a s.s. 8/6/1983, n. 156), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 156, sesto comma del Codice Civile, nella parte in cui non prevede che le disposizioni ivi contenute si applichino a favore dei figli di coniugi consensualmente separati".
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AGGIORNAMENTO (64)
La Corte Costituzionale, con sentenza 14 - 19 gennaio 1987, n. 5 (in G.U. 1a s.s. 28/1/1987, n. 5), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 156, sesto comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che le disposizioni ivi contenute si applichino ai coniugi separati consensualmente".
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AGGIORNAMENTO (99)
La Corte Costituzionale, con sentenza 23 giugno-6 luglio 1994, n. 278 (in G.U. 1a s.s. 13/7/1994, n. 29), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 156, sesto comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che il giudice istruttore possa adottare nel corso della causa di separazione il provvedimento di ordinare ai terzi debitori del coniuge obbligato al mantenimento di versare una parte delle somme direttamente agli aventi diritto".
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AGGIORNAMENTO (104)
La Corte Costituzionale, con sentenza 10-19 luglio 1996, n. 258 (in G.U. 1a s.s.s 24/7/1996, n. 30), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 156, sesto comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che il giudice istruttore possa adottare, nel corso della causa di separazione, il provvedimento di sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato al mantenimento".
Art. 156-bis.
((Cognome della moglie.))
((Il giudice puo' vietare alla moglie l'uso del cognome del marito quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e puo' parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall'uso possa derivarle grave pregiudizio)).
Art. 157.
((Cessazione degli effetti della separazione.))
((I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
La separazione puo' essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione)).
Art. 158.
Separazione consensuale.
La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l'omologazione del giudice.
Quando l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli e' in contrasto con l'interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, puo' rifiutare allo stato l'omologazione. ((70))
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AGGIORNAMENTO (70)
La Corte Costituzionale, con sentenza 10 - 18 febbraio 1988, n. 186 (in G.U. 1a s.s. 24/2/1988, n. 8) ha dichiarato "la illegittimita' costituzionale dell'art. 158 del codice civile, nella parte in cui non prevede che il decreto di omologazione della separazione consensuale costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 del codice civile".
CAPO VI
Del regime patrimoniale della famiglia
Sezione
I
Disposizioni generali
Art. 159.
((Del regime patrimoniale legale tra i coniugi.))
((Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell'articolo 162, e' costituito dalla comunione dei beni regolata dalla sezione III del presente capo)).
Art. 160.
((Diritti inderogabili.))
((Gli sposi non possono derogare ne' ai diritti ne' ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio)).
Art. 161.
(Riferimento generico a leggi o agli usi).
Gli sposi non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti patrimoniali siano in tutto o in parte regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi, ma devono enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali intendono regolare questi loro rapporti.
Art. 162.
Forma delle convenzioni matrimoniali.
Le convenzioni matrimoniali debbono essere stipulate per atto pubblico sotto pena di nullita'.
La scelta del regime di separazione puo' anche essere dichiarata nell'atto di celebrazione del matrimonio.
((Le convenzioni possono essere stipulate in ogni tempo, ferme restando le disposizioni dell'articolo 194)).
Le convenzioni matrimoniali non possono essere opposte ai terzi quando a margine dell'atto di matrimonio non risultano annotati la data del contratto, il notaio rogante e le generalita' dei contraenti, ovvero la scelta di cui al secondo comma.
Art. 163.
((Modifica delle convenzioni.))
((Le modifiche delle convenzioni matrimoniali, anteriori o successive al matrimonio, non hanno effetto se l'atto pubblico non e' stipulato col consenso di tutte le persone che sono state parti nelle convenzioni medesime, o dei loro eredi.
Se uno dei coniugi muore dopo aver consentito con atto pubblico alla modifica delle convenzioni, questa produce i suoi effetti se le altre parti esprimono anche successivamente il loro consenso, salva l'omologazione del giudice. L'omologazione puo' essere chiesta da tutte le persone che hanno partecipato alla modificazione delle convenzioni o dai loro eredi.
Le modifiche convenute e la sentenza di omologazione hanno effetto rispetto ai terzi solo se ne e' fatta annotazione in margine all'atto del matrimonio.
L'annotazione deve inoltre essere fatta a margine della trascrizione delle convenzioni matrimoniali ove questa sia richiesta a norma degli articoli 2643 e seguenti)).
Art. 164.
((Simulazione delle convenzioni matrimoniali.))
((E' consentita ai terzi la prova della simulazione delle convenzioni matrimoniali.
Le controdichiarazioni scritte possono aver effetto nei confronti di coloro tra i quali sono intervenute, solo se fatte con la presenza ed il simultaneo consenso di tutte le persone che sono state parti nelle convenzioni matrimoniali)).
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AGGIORNAMENTO (21)
La Corte Costituzionale, con sentenza 10 - 16 dicembre 1970, n. 188 (in G.U. 1a s.s. 23/12/1970, n. 324), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 164, primo comma, del codice civile nella parte in cui non ammette i terzi a provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali".
Art. 165.
Capacita' del minore.
Il minore ammesso a contrarre matrimonio e' pure capace di prestare il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali sono valide se egli e' assistito dai genitori esercenti la ((responsabilita' genitoriale)) su di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell'articolo 90.
Art. 166.
(Capacita' dell'inabilitato).
Per la validita' delle stipulazioni e delle donazioni, fatte nel contratto di matrimonio dall'inabilitato o da colui contro il quale e' stato promosso giudizio di inabilitazione, e' necessaria l'assistenza del curatore gia' nominato. Se questi non e' stato ancora nominato, si provvede alla nomina di un curatore speciale.
Art. 166-bis.
((Divieto di costituzione di dote.))
((E' nulla ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione di beni in dote)).
Sezione II
((Del fondo patrimoniale))
Art. 167.
((Costituzione del fondo patrimoniale.))
((Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia.
La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata dal terzo, si perfeziona con l'accettazione dei coniugi. L'accettazione puo' essere fatta con atto pubblico posteriore.
La costituzione puo' essere fatta anche durante il matrimonio.
I titoli di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo)).
Art. 168.
((Impiego ed amministrazione del fondo.))
((La proprieta' dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione.
I frutti dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia.
L'amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale e' regolata dalle norme relative all'amministrazione della comunione legale)).
Art. 169.
((Alienazione dei beni del fondo.))
((Se non e' stato espressamente consentito nell'atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessita' od utilita' evidente)).
Art. 170.
((Esecuzione sui beni e sui frutti.))
((La esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non puo' aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia)).
Art. 171.
((Cessazione del fondo.))
((La destinazione del fondo termina a seguito dell'annullamento o dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento della maggiore eta' dell'ultimo figlio. In tale caso il giudice puo' dettare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme per l'amministrazione del fondo.
Considerate le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed ogni altra circostanza, il giudice puo' altresi' attribuire ai figli, in godimento o in proprieta', una quota dei beni del fondo.
Se non vi sono figli, si applicano le disposizioni sullo scioglimento della comunione legale)).
Art. 172.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 173.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 174.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 175.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 176.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Sezione III
((Della comunione legale))
Art. 177.
((Oggetto della comunione.))
((Costituiscono oggetto della comunione:
a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
c) i proventi dell'attivita' separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
d) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi)).
Art. 178.
((Beni destinati all'esercizio di impresa.))
((I beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa)).
Art. 179.
((Beni personali.))
((Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge:
a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell'atto di liberalita' o nel testamento non e' specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
d) i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione;
e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonche' la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacita' lavorativa;
f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purche' cio' sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto.
L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'articolo 2683, effettuato dopo il matrimonio, e' escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge)).
Art. 180.
((Amministrazione dei beni della comunione.))
((L'amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi.
Il compimento degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, nonche' la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi)).
Art. 181.
((Rifiuto di consenso.))
((Se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso e' richiesto, l'altro coniuge puo' rivolgersi al giudice per ottenere l'autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell'atto e' necessaria nell'interesse della famiglia o dell'azienda che a norma della lettera d) dell'articolo 177 fa parte della comunione)).
Art. 182.
((Amministrazione affidata ad uno solo dei coniugi.))
((In caso di lontananza o di altro impedimento di uno dei coniugi l'altro, in mancanza di procura del primo risultante da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, puo' compiere, previa autorizzazione del giudice e con le cautele eventualmente da questo stabilite, gli atti necessari per i quali e' richiesto, a norma dell'articolo 180, il consenso di entrambi i coniugi.
Nel caso di gestione comune di azienda, uno dei coniugi puo' essere delegato dall'altro al compimento di tutti gli atti necessari all'attivita' dell'impresa)).
Art. 183.
((Esclusione dall'amministrazione.))
((Se uno dei coniugi e' minore o non puo' amministrare ovvero se ha male amministrato, l'altro coniuge puo' chiedere al giudice di escluderlo dall'amministrazione.
Il coniuge privato dell'amministrazione puo' chiedere al giudice di esservi reintegrato, se sono venuti meno i motivi che hanno determinato l'esclusione.
La esclusione opera di diritto riguardo al coniuge interdetto e permane sino a quando non sia cessato lo stato di interdizione)).
Art. 184.
((Atti compiuti senza il necessario consenso.))
((Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell'articolo 2683.
L'azione puo' essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l'atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l'azione non puo' essere proposta oltre l'anno dallo scioglimento stesso.
Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell'altro e' obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora cio' non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione)).
Art. 185.
((Amministrazione dei beni personali del coniuge.))
((All'amministrazione dei beni che non rientrano nella comunione o nel fondo patrimoniale si applicano le disposizioni dei commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 217)).
Art. 186.
((Obblighi gravanti sui beni della comunione.))
((I beni della comunione rispondono:
a) di tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dell'acquisto;
b) di tutti i carichi dell'amministrazione;
c) delle spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione e l'educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse della famiglia;
d) di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi)).
Art. 187.
((Obbligazioni contratte dai coniugi prima del matrimonio.))
((I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'articolo 189, non rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei coniugi prima del matrimonio)).
Art. 188.
((Obbligazioni derivanti da donazioni o successioni.))
((I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'articolo 189, non rispondono delle obbligazioni da cui sono gravate le donazioni e le successioni conseguite dai coniugi durante il matrimonio e non attribuite alla comunione)).
Art. 189.
((Obbligazioni contratte separatamente dai coniugi.))
((I beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, rispondono, quando i creditori non possono soddisfarsi sui beni personali, delle obbligazioni contratte dopo il matrimonio, da uno dei coniugi per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza il necessario consenso dell'altro.
I creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito e' sorto anteriormente al matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. Ad essi, se chirografari, sono preferiti i creditori della comunione)).
Art. 190.
((Responsabilita' sussidiaria dei beni personali.))
((I creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi, nella misura della meta' del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti)).
Art. 191.
((Scioglimento della comunione.))
((La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi, per l'annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi.
Nel caso di azienda di cui alla lettera d) dell'articolo 177, lo scioglimento della comunione puo' essere deciso, per accordo dei coniugi, osservata la forma prevista dall'articolo 162)).
Art. 192.
((Rimborsi e restituzioni.))
((Ciascuno dei coniugi e' tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni previste dall'articolo 186.
E' tenuto altresi' a rimborsare il valore dei beni di cui all'articolo 189, a meno che, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione da lui compiuto, dimostri che l'atto stesso sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessita' della famiglia.
Ciascuno dei coniugi puo' richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune.
I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello scioglimento della comunione; tuttavia il giudice puo' autorizzarli in un momento anteriore se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente.
Il coniuge che risulta creditore puo' chiedere di prelevare beni comuni sino a concorrenza del proprio credito. In caso di dissenso si applica il quarto comma. I prelievi si effettuano sul denaro, quindi sui mobili e infine sugli immobili)).
Art. 193.
((Separazione giudiziale dei beni.))
((La separazione giudiziale dei beni puo' essere pronunziata in caso di interdizione o di inabilitazione di uno dei coniugi o di cattiva amministrazione della comunione.
Puo' altresi' essere pronunziata quando il disordine degli affari di uno dei coniugi o la condotta da questi tenuta nell'amministrazione dei beni mette in pericolo gli interessi dell'altro o della comunione o della famiglia, oppure quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni di questa in misura proporzionale alle proprie sostanze e capacita' di lavoro.
La separazione puo' essere chiesta da uno dei coniugi o dal suo legale rappresentante.
La sentenza che pronunzia la separazione retroagisce al giorno in cui e' stata proposta la domanda ed ha lo effetto di instaurare il regime di separazione dei beni regolato nella sezione V del presente capo, salvi i diritti dei terzi.
La sentenza e' annotata a margine dell'atto di matrimonio e sull'originale delle convenzioni matrimoniali)).
Art. 194.
((Divisione dei beni della comunione.))
((La divisione dei beni della comunione legale si effettua ripartendo in parti uguali l'attivo e il passivo.
Il giudice, in relazione alle necessita' della prole e all'affidamento di essa, puo' costituire a favore di uno dei coniugi l'usufrutto su una parte dei beni spettanti all'altro coniuge)).
Art. 195.
((Prelevamento dei beni mobili.))
((Nella divisione i coniugi o i loro eredi hanno diritto di prelevare i beni mobili che appartenevano ai coniugi stessi prima della comunione o che sono ad essi pervenuti durante la medesima per successione o donazione. In mancanza di prova contraria si presume che i beni mobili facciano parte della comunione)).
Art. 196.
((Ripetizione del valore in caso di mancanza delle cose da prelevare.))
((Se non si trovano i beni mobili che ii coniuge o i suoi eredi hanno diritto di prelevare a norma dell'articolo precedente essi possono ripeterne il valore provandone l'ammontare anche per notorieta', salvo che la mancanza di quei beni sia dovuta a consumazione per uso o perimento o per altra causa non imputabile all'altro coniuge)).
Art. 197.
((Limiti al prelevamento nei riguardi dei terzi.))
((Il prelevamento autorizzato dagli articoli precedenti non puo' farsi, a pregiudizio dei terzi, qualora la proprieta' individuale dei beni non risulti da atto avente data certa. E' fatto salvo al coniuge o ai suoi eredi il diritto di regresso sui beni della comunione spettanti all'altro coniuge nonche' sugli altri beni di lui)).
Art. 198.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 199.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 200.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 201.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 202.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151 ((65))
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AGGIORNAMENTO (65)
La Corte Costituzionale, con sentenza 14 - 19 gennaio 1987, n. 6 (in G.U. 1a s.s. 28/1/1987, n. 5) ha dichiarato "la illegittimita' costituzionale dell'art. 202, comma primo, del codice civile, nella parte in cui non prevede la separazione della dote dai beni del marito, su domanda della moglie, quando la separazione personale sia stata pronunziata senza che sia addebitabile all'uno o all'altro dei coniugi".
Art. 203.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 204.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 205.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 206.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 207.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 208.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 209.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Sezione IV
((Della comunione convenzionale))
Art. 210.
((Modifiche convenzionali alla comunione legale dei beni.))
((I coniugi possono, mediante convenzione stipulata a norma dell'articolo 162, modificare il regime della comunione legale dei beni purche' i patti non siano in contrasto con le disposizioni dell'articolo 161.
I beni indicati alle lettere e), d) ed e) dell'articolo 179 non possono essere compresi nella comunione convenzionale.
Non sono derogabili le norme della comunione legale relative all'amministrazione dei beni della comunione e all'uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale)).
Art. 211.
((Obbligazioni dei coniugi contratte prima del matrimonio.))
((I beni della comunione rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei coniugi prima del matrimonio limitatamente al valore dei beni di proprieta' del coniuge stesso prima del matrimonio che, in base a convenzione stipulata a norma dell'articolo 162, sono entrati a far parte della comunione dei beni)).
Art. 212.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 213.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 214.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Sezione V
((Del regime di separazione dei beni))
Art. 215.
((Separazione dei beni.))
((I coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarita' esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio)).
Art. 216.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 217.
((Amministrazione e godimento dei beni.))
((Ciascun coniuge ha il godimento e l'amministrazione dei beni di cui e' titolare esclusivo.
Se ad uno dei coniugi e' stata conferita la procura ad amministrare i beni dell'altro con l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli e' tenuto verso l'altro coniuge secondo le regole del mandato.
Se uno dei coniugi ha amministrato i beni dell'altro con procura senza l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli ed i suoi eredi, a richiesta dell'altro coniuge o allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, sono tenuti a consegnare i frutti esistenti e non rispondono per quelli consumati.
Se uno dei coniugi, nonostante l'opposizione dell'altro, amministra i beni di questo o comunque compie atti relativi a detti beni risponde dei danni e della mancata percezione dei frutti)).
Art. 218.
((Obbligazioni del coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge. ))
((Il coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge e' soggetto a tutte le obbligazioni dell'usufruttuario)).
Art. 219.
((Prova della proprieta' dei beni.))
((Il coniuge puo' provare con ogni mezzo nei confronti dell'altro la proprieta' esclusiva di un bene.
I beni di cui nessuno dei coniugi puo' dimostrare la proprieta' esclusiva sono di proprieta' indivisa per pari quota di entrambi i coniugi)).
Art. 220.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 221.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 222.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 223.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 224.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 225.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 226.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 227.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 228.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 229.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 230.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
((Sezione VI))
((Dell'impresa familiare))
(( Salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attivita' di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonche' agli incrementi della azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantita' e qualita' del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonche' quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all'impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacita' di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potesta' su di essi.
Il lavoro della donna e' considerato equivalente a quello dell'uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma e' intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso puo' essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresi' in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento puo' avvenire in piu' annualita', determinate, in difetto di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull'azienda. Si applica, nei limiti in cui e' compatibile, la disposizione dell'articolo 732.
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme)).
TITOLO VII
((DELLO STATO DI FIGLIO))
CAPO I
((Della presunzione di paternita'))
((...))
Art. 231.
((Paternita' del marito))
((Il marito e' padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio.))
Art. 232.
Presunzione di concepimento durante il matrimonio.
((Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.))
La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.
Art. 233.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154))
Art. 234.
Nascita del figlio dopo i trecento giorni.
Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, e' stato concepito durante il matrimonio.
Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.
((In ogni caso il figlio puo' provare di essere stato concepito durante il matrimonio.))
Art. 235.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154))
((CAPO II
Delle prove della filiazione))
Art. 236.
(Atto di nascita e possesso di stato)
La filiazione ((...)) si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile.
Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato di figlio ((...)).
Art. 237.
(Fatti costitutivi del possesso di stato).
Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere.
((In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:
che il genitore abbia trattato la persona come figlio ed abbia provveduto in questa qualita' al mantenimento, all'educazione e al collocamento di essa.
che la persona sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali.
che sia stata riconosciuta in detta qualita' dalla famiglia.))
Art. 238.
((Irreclamabilita' di uno stato di figlio contrario a quello attribuito dall'atto di nascita))
Salvo quanto disposto dagli articoli 128, ((234, 239, 240 e 244)), nessuno puo' reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l'atto di nascita di figlio legittimo e il possesso di stato conforme all'atto stesso.
((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154)).
Art. 239.
((Reclamo dello stato di figlio))
((Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato, il figlio puo' reclamare uno stato diverso.
L'azione di reclamo dello stato di figlio puo' essere esercitata anche da chi e' nato nel matrimonio ma fu iscritto come figlio di ignoti, salvo che sia intervenuta sentenza di adozione.
L'azione puo' inoltre essere esercitata per reclamare uno stato di figlio conforme alla presunzione di paternita' da chi e' stato riconosciuto in contrasto con tale presunzione e da chi fu iscritto in conformita' di altra presunzione di paternita'.
L'azione puo', altresi', essere esercitata per reclamare un diverso stato di figlio quando il precedente e' stato comunque rimosso.))
Art. 240.
((Contestazione dello stato di figlio))
((Lo stato di figlio puo' essere contestato nei casi di cui al primo e secondo comma dell'articolo 239.))
Art. 241.
((Prova in giudizio))
((Quando mancano l'atto di nascita e il possesso di stato, la prova della filiazione puo' darsi in giudizio con ogni mezzo.))
((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154)).
Art. 242.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154))
Art. 243.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154))
Art. 243-bis.
((Disconoscimento di paternita'))
((L'azione di disconoscimento di paternita' del figlio nato nel matrimonio puo' essere esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio medesimo.
Chi esercita l'azione e' ammesso a provare che non sussiste rapporto di filiazione tra il figlio e il presunto padre.
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternita'.))
((CAPO III
Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di
contestazione e di reclamo dello stato di figlio))
Art. 244.
((Termini dell'azione di disconoscimento))
((L'azione di disconoscimento della paternita' da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio ovvero dal giorno in cui e' venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito al tempo del concepimento.
Il marito puo' disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui e' nato il figlio; se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero l'adulterio della moglie al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza.
Se il marito non si trovava nel luogo in cui e' nato il figlio il giorno della nascita il termine, di cui al secondo comma, decorre dal giorno del suo ritorno o dal giorno del ritorno nella residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.
Nei casi previsti dal primo e dal secondo comma l'azione non puo' essere, comunque, proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita.)) ((223))
((L'azione di disconoscimento della paternita' puo' essere proposta dal figlio che ha raggiunto la maggiore eta'. L'azione e' imprescrittibile riguardo al figlio.
L'azione puo' essere altresi' promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni ovvero del pubblico ministero o dell'altro genitore, quando si tratti di figlio di eta' inferiore.))
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AGGIORNAMENTO (61)
La Corte Costituzionale, con sentenza 2 - 6 maggio 1985, n. 134 (in G.U. 1a s.s. 15/5/1985, n. 113) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale "dell'art. 244, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui non dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie".
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AGGIORNAMENTO (118)
La Corte Costituzionale, con sentenza 10-14 maggio 1999, n. 170 (in G.U. 1a s.s. 19/5/1999, n. 20) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 244, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternita', nell'ipotesi di impotenza solo di generare, contemplata dal numero 2) dell'art. 235 dello stesso codice, decorra per il marito dal giorno in cui esso sia venuto a conoscenza della propria impotenza di generare" e "in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 244, primo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternita', nell'ipotesi di impotenza solo di generare di cui al numero 2) dell'art. 235 dello stesso codice, decorra per la moglie dal giorno in cui essa sia venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito".
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 104, comma 9) che "Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, i termini per proporre l'azione di disconoscimento di paternita', previsti dal quarto comma dell'articolo 244 del codice civile, decorrono dal giorno dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo".
Art. 245.
((Sospensione del termine))
((Se la parte interessata a promuovere l'azione di disconoscimento di paternita' si trova in stato di interdizione per infermita' di mente ovvero versa in condizioni di abituale grave infermita' di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, la decorrenza del termine indicato nell'articolo 244 e' sospesa nei suoi confronti, sino a che duri lo stato di interdizione o durino le condizioni di abituale grave infermita' di mente.
Quando il figlio si trova in stato di interdizione ovvero versa in condizioni di abituale grave infermita' di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, l'azione puo' essere altresi' promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del pubblico ministero, del tutore, o dell'altro genitore. Per gli altri legittimati l'azione puo' essere proposta dal tutore o, in mancanza di questo, da un curatore speciale, previa autorizzazione del giudice.))
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AGGIORNAMENTO (201)
La Corte Costituzionale, con sentenza 21-25 novembre 2011, n. 322 (in G.U. 1a s.s. 30/11/2011, n. 50) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 245 del codice civile, nella parte in cui non prevede che la decorrenza del termine indicato nell'art. 244 cod. civ. e' sospesa anche nei confronti del soggetto che, sebbene non interdetto, versi in condizione di abituale grave infermita' di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, sino a che duri tale stato di incapacita' naturale".
Art. 246.
((Trasmissibilita' dell'azione))
(( Se il presunto padre o la madre titolari dell'azione di disconoscimento di paternita' sono morti senza averla promossa, ma prima che sia decorso il termine previsto dall'articolo 244, sono ammessi ad esercitarla in loro vece i discendenti o gli ascendenti; il nuovo termine decorre dalla morte del presunto padre o della madre, o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore eta' da parte di ciascuno dei discendenti.
Se il figlio titolare dell'azione di disconoscimento di paternita' e' morto senza averla promossa sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio o dal raggiungimento della maggiore eta' da parte di ciascuno dei discendenti.
Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e l'articolo 245.))
Art. 247.
((Legittimazione passiva.))
((Il presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti necessari nel giudizio di disconoscimento.
Se una delle parti e' minore o interdetta, l'azione e' proposta in contraddittorio con un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.
Se una delle parti e' un minore emancipato o un maggiore inabilitato, l'azione e' proposta contro la stessa assistita da un curatore parimenti nominato dal giudice.
Se il presunto padre o la madre o il figlio sono morti l'azione si propone nei confronti delle persone indicate nell'articolo precedente o, in loro mancanza, nei confronti di un curatore parimenti nominato dal giudice)).
Art. 248.
((Legittimazione all'azione di contestazione dello stato di figlio.
Imprescrittibilita'.))
((L'azione di contestazione dello stato di figlio spetta a chi dall'atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse.))
L'azione e' imprescrittibile.
Quando l'azione e' proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell'articolo precedente.
Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori.
((Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e il secondo comma dell'articolo 245.))
Art. 249.
((Legittimazione all'azione di reclamo dello stato di figlio.
Imprescrittibilita'))
((L'azione per reclamare lo stato di figlio spetta al medesimo.
L'azione e' imprescrittibile.
Quando l'azione e' proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell'articolo 247.
Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori.
Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e il secondo comma dell'articolo 245.))
((...))
((...))
((CAPO IV
Del riconoscimento dei figli nati fuori
dal matrimonio))
Art. 250.
Riconoscimento.
((Il figlio nato fuori del matrimonio puo' essere riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dalla madre e dal padre, anche se gia' uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento puo' avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente)).
Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i ((quattordici anni)) non produce effetto senza il suo assenso.
Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i ((quattordici anni)) non puo' avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia gia' effettuato il riconoscimento.
((Il consenso non puo' essere rifiutato se risponde all'interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell'altro genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente, che fissa un termine per la notifica del ricorso all'altro genitore. Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla notifica, il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta opposizione, il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di eta' inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l'opposizione non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell'articolo 315-bis e al suo cognome ai sensi dell'articolo 262)).
Il riconoscimento non puo' essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di eta' ((, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del figlio)).
Art. 251
(Autorizzazione al riconoscimento).
Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinita' in linea retta, puo' essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessita' di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.
Il riconoscimento di una persona minore di eta' e' autorizzato dal ((giudice)).
Art. 252.
((Affidamento del figlio nato fuori del matrimonio e suo inserimento nella famiglia del genitore.))
Qualora il figlio ((nato fuori del matrimonio)) di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all'affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale.
L'eventuale inserimento del figlio ((nato fuori del matrimonio)) nella famiglia legittima di uno dei genitori puo' essere autorizzato dal giudice qualora cio' non sia contrario all'interesse del minore e sia accertato il consenso dell'altro coniuge e dei figli che abbiano compiuto il sedicesimo anno di eta' e siano conviventi, nonche' dell'altro ((genitore)) che abbia effettuato il riconoscimento. ((In questo caso il giudice stabilisce le condizioni cui ciascun genitore deve attenersi.)) ((223))
Qualora il figlio ((...)) sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella famiglia ((...)) e' subordinato al consenso dell'altro coniuge, a meno che il figlio fosse gia' convivente con il genitore all'atto del matrimonio o l'altro coniuge conoscesse l'esistenza del figlio ((...)).
E' altresi' richiesto il consenso dell'altro genitore ((...)) che abbia effettuato il riconoscimento.
((In caso di disaccordo tra i genitori, ovvero di mancato consenso degli altri figli conviventi, la decisione e' rimessa al giudice tenendo conto dell'interesse dei minori. Prima dell'adozione del provvedimento, il giudice dispone l'ascolto dei figli minori che abbiano compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capaci di discernimento.))
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 23, comma 1, lettera c)) che al secondo comma "le parole: "e dei figli legittimi" sono sostituite dalle seguenti: "convivente e degli altri figli"".
Art. 253.
Inammissibilita' del riconoscimento.
In nessun caso e' ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio ((...)) in cui la persona si trova.
Art. 254.
Forma del riconoscimento.
Il riconoscimento del figlio ((nato fuori del matrimonio)) e' fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo. (111) (112a)
((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154)).
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3".
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 255.
(Riconoscimento di un figlio premorto).
Puo' anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto, in favore dei suoi discendenti ((...)).(216)
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AGGIONRAMENTO (216)
La L. 10 dicembre 2012, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 11) che "Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli»."
Art. 256.
((Irrevocabilita' del riconoscimento.))
((Il riconoscimento e' irrevocabile. Quando e' contenuto in un testamento ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento e' stato revocato)).
Art. 257.
(Clausole limitatrici).
E' nulla ogni clausola diretta a limitare gli effetti del riconoscimento.
Art. 258.
Effetti del riconoscimento.
((Il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso)).
L'atto di riconoscimento di uno solo dei genitori non puo' contenere indicazioni relative all'altro genitore. Queste indicazioni, qualora siano state fatte, sono senza effetto.
Il pubblico ufficiale che le riceve e l'ufficiale dello stato civile che le riproduce sui registri dello stato civile sono puniti con l'ammenda da lire ventimila a lire ottantamila. Le indicazioni stesse devono essere cancellate.
Art. 259.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 260.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151)).
Art. 261.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154))
Art. 262.
Cognome del figlio ((nato fuori del matrimonio)).
Il figlio ((...)) assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento e' stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio ((...)) assume il cognome del padre.
((Se la filiazione nei confronti del padre e' stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio puo' assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.))
((Se la filiazione nei confronti del genitore e' stata accertata o riconosciuta successivamente all'attribuzione del cognome da parte dell'ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il secondo comma del presente articolo; il figlio puo' mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identita' personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento da parte di entrambi.))
Nel caso di minore eta' del figlio, il giudice decide circa ((l'assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento)). (105)
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AGGIORNAMENTO (105)
La Corte Costituzionale, con sentenza 18-23 luglio 1996, n. 297 (in G.U. 1a s.s. 31/7/1996, n. 31) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 262 del codice civile, nella parte in cui non prevede che il figlio naturale, nell'assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta, aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identita' personale".
Art. 263.
((Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicita' ))
((Il riconoscimento puo' essere impugnato per difetto di veridicita' dall'autore del riconoscimento, da colui che e' stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.
L'azione e' imprescrittibile riguardo al figlio.
L'azione di impugnazione da parte dell'autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Se l'autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento e' ammessa a provare di aver ignorato l'impotenza del presunto padre. L'azione non puo' essere comunque proposta oltre cinque anni dall'annotazione del riconoscimento.
L'azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Si applica l'articolo 245.))
((223))
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, ha disposto (con l'art. 104, comma 10) che " Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, nel caso di riconoscimento di figlio annotato sull'atto di nascita prima dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo, i termini per proporre l'azione di impugnazione, previsti dall'articolo 263 e dai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 267 del codice civile, decorrono dal giorno dell'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo".
Art. 264.
((Impugnazione da parte del figlio minore))
((L'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicita' puo' essere altresi' promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto quattordici anni, ovvero del pubblico ministero o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio, quando si tratti di figlio di eta' inferiore.))
Art. 265.
(Impugnazione per violenza).
Il riconoscimento puo' essere impugnato per violenza dall'autore del riconoscimento entro un anno dal giorno in cui la violenza e' cessata.
Se l'autore del riconoscimento e' minore, l'azione puo' essere promossa entro un anno dal conseguimento dell'eta' maggiore.
Art. 266.
(Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione giudiziale).
Il riconoscimento puo' essere impugnato per l'incapacita' che deriva da interdizione giudiziale dal rappresentante dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione, dall'autore del riconoscimento, entro un anno dalla data della revoca.
Art. 267.
(Trasmissibilita' dell'azione).
Nei casi indicati dagli articoli 265 e 266, se l'autore del riconoscimento e' morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia scaduto il termine, l'azione puo' essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi.
((Nel caso indicato dal primo comma dell'articolo 263, se l'autore del riconoscimento e' morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia decorso il termine previsto dal terzo comma dello stesso articolo, sono ammessi ad esercitarla in sua vece i discendenti o gli ascendenti, entro un anno decorrente dalla morte dell'autore del riconoscimento o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore eta' da parte di ciascuno dei discendenti.))((223))
((Se il figlio riconosciuto e' morto senza aver promosso l'azione di cui all'articolo 263, sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio riconosciuto o dal raggiungimento della maggiore eta' da parte di ciascuno dei discendenti.))((223))
((La morte dell'autore del riconoscimento o del figlio riconosciuto non impedisce l'esercizio dell'azione da parte di coloro che ne hanno interesse, nel termine di cui al quarto comma dell'articolo 263.))((223))
((Si applicano il sesto comma dell'articolo 244 e l'articolo 245.))
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, ha disposto (con l'art. 104, comma 10) che "Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, nel caso di riconoscimento di figlio annotato sull'atto di nascita prima dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo, i termini per proporre l'azione di impugnazione, previsti dall'articolo 263 e dai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 267 del codice civile, decorrono dal giorno dell'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo".
Art. 268.
(Provvedimenti in pendenza del giudizio).
Quando e' impugnato il riconoscimento, il giudice puo' dare, in pendenza del giudizio, i provvedimenti che ritenga opportuni nell'interesse del figlio.
((CAPO V
Della dichiarazione giudiziale della paternita' e della maternita'))
Art. 269.
Dichiarazione giudiziale di paternita' e maternita'.
La paternita' e la maternita' ((...)) possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento e' ammesso.
La prova della paternita' e della maternita' puo' essere data con ogni mezzo.
La maternita' e' dimostrata provando la identita' di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre.
La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternita' ((...)).
Art. 270.
Legittimazione attiva e termine.
L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternita' o la maternita' ((...)) e' imprescrittibile riguardo al figlio.
Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa puo' essere promossa dai discendenti ((...)), entro due anni dalla morte.
L'azione promossa dal figlio, se egli muore, puo' essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.
((Si applica l'articolo 245.))
Art. 271.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 272.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 273.
Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto.
L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternita' o la maternita' ((...)) puo' essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la ((responsabilita' genitoriale)) prevista dall'articolo 316 o dal tutore. Il tutore pero' deve chiedere l'autorizzazione del giudice, il quale puo' anche nominare un curatore speciale.
Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione se egli ha compiuto l'eta' di ((quattordici)) anni.
Per l'interdetto l'azione puo' essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice.
Art. 274.
Ammissibilita' dell'azione.
L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternita' o di maternita' naturale e' ammessa solo quando occorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata.
Sull'ammissibilita' il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, su ricorso di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si puo' proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio.
L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicita' e deve essere mantenuta segreta. Al termine della inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facolta' di esaminarli e di depositare memorie illustrative.
Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, puo', se trattasi di minore o d'altra persona incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio. ((163))
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AGGIORNAMENTO (7)
La Corte Costituzionale, con sentenza 23 giugno-12 luglio 1965, n. 70 (in G.U. 1a s.s. 17/07/1965, n. 178), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale del secondo comma dell'art. 274 del Codice civile per la parte in cui dispone che la decisione abbia luogo con decreto non motivato e non soggetto a reclamo, nonche' per la parte in cui esclude la necessita' che la decisione abbia luogo in contraddittorio e con assistenza dei difensori, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione" e, "sempre in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, l'illegittimita' costituzionale del terzo comma dell'art. 274 del Codice civile, per la parte in cui dispone la segretezza dell'inchiesta anche nei confronti delle parti".
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AGGIORNAMENTO (163)
La Corte Costituzionale, con sentenza 6-10 febbraio 2006, n. 50 (in G.U. 1a s.s. 15/2/2006, n. 7), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo.
Art. 275.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 276
(Legittimazione passiva).
La domanda per la dichiarazione di paternita' o di maternita' ((...)) deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei confronti dei suoi eredi. In loro mancanza, la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.
Alla domanda puo' contraddire chiunque vi abbia interesse.
Art. 277.
(Effetti della sentenza).
La sentenza che dichiara la filiazione ((...)) produce gli effetti del riconoscimento.
Il giudice puo' anche dare i provvedimenti che stima utili per ((l'affidamento,)) il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui.
Art. 278.
((Autorizzazione all'azione))
((Nei casi di figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinita' in linea retta, l'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternita' o la maternita' non puo' essere promossa senza previa autorizzazione ai sensi dell'articolo 251.))
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AGGIORNAMENTO (140)
La Corte Costituzionale, con sentenza 20-28 novembre 2002, n. 494 (in G.U. 1a s.s. 4/12/2002, n. 48) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 278, primo comma, del codice civile, nella parte in cui esclude la dichiarazione giudiziale della paternita' e della maternita' naturali e le relative indagini, nei casi in cui, a norma dell'art. 251, primo comma, del codice civile, il riconoscimento dei figli incestuosi e' vietato".
Art. 279.
Responsabilita' per il mantenimento e l'educazione.
In ogni caso in cui non puo' proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternita' o di maternita', il figlio ((nato fuori del matrimonio)) puo' agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio ((nato fuori del matrimonio)) se maggiorenne e in stato di bisogno puo' agire per ottenere gli alimenti ((a condizione che il diritto al mantenimento di cui all'articolo 315-bis, sia venuto meno.)).
((L'azione e' ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 251.))
L'azione puo' essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la ((responsabilita' genitoriale)). (40)
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AGGIORNAMENTO (37)
La Corte Costituzionale, con sentenza 2 - 8 maggio 1974, n. 121 (in G.U. 1a s.s. 15/5/1974, n. 126), ha dichiarato "la illegittimita' costituzionale dell'art. 279 del codice civile nella parte in cui, nei casi previsti dall'art. 278 e in ogni altro caso in cui non possa piu' proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternita', non riconosce al figlio naturale, nelle tre ipotesi indicate nello stesso articolo e in aggiunta al diritto agli alimenti, quello al mantenimento, alla educazione e all'istruzione".
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AGGIORNAMENTO (40)
La L. 19 maggio 1975, n. 151 ha disposto (con l'art. 232, comma 1) che "Le disposizioni della presente legge relative all'azione per la dichiarazione giudiziale di paternita' e maternita', nonche' alle azioni previste dall'articolo 279 del codice civile, si applicano anche ai figli nati o concepiti prima della sua entrata in vigore".
Sezione II
Della legittimazione dei figli naturali
((SEZIONE ABROGATA DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 280.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 281.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 282.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 283.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 284.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 285.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 286.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 287.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 288.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 289.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
Art. 290.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 DICEMBRE 2012, N. 219))
TITOLO VIII
((DELL'ADOZIONE DI PERSONE MAGGIORI DI ETA'))
CAPO I
((Dell'adozione di persone maggiori di eta' e dei suoi effetti))
Art. 291.
(Condizioni).
L'adozione e' permessa alle persone che non hanno discendenti legittimi o legittimati, che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l'eta' di coloro che intendano adottare.
Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale puo' autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'eta' di trenta anni, ferma restando la differenza di eta' di cui al comma precedente. (71)((153))
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AGGIORNAMENTO (71)
La Corte Costituzionale, con sentenza 11 - 19 maggio 1988, n. 557 (in G.U. 1a s.s. 25/5/1988, n. 21) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 291 cod. civ., nella parte in cui non consente l'adozione a persone che abbiano discendenti legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti".
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AGGIORNAMENTO (153)
La Corte Costituzionale, con sentenza 8-20 luglio 2004, n. 245 (in G.U. 1a s.s. 28/7/2004, n. 29) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 291 del codice civile nella parte in cui non prevede che l'adozione di maggiorenni non possa essere pronunciata in presenza di figli naturali, riconosciuti dall'adottante, minorenni o, se maggiorenni, non consenzienti".
Art. 292.
((IL D.LGS. LUOGOTENENZIALE 14 SETTEMBRE 1944, N. 287 HA CONFERMATO L'ABROGAZIONE DEL PRESENTE ARTICOLO))
Art. 293.
Divieto d'adozione di figli ((...)).
I figli ((...)) non possono essere adottati dai loro genitori.
COMMA ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184.
COMMA ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184.
Art. 294.
(Pluralita' di adottati o di adottanti).
((E' ammessa l'adozione di piu' persone, anche con atti successivi)).
Nessuno puo' essere adottato da piu' d'una persona, salvo che i due adottanti siano marito e moglie.
Art. 295.
(Adozione da parte del tutore).
Il tutore non puo' adottare la persona della quale ha avuto la tutela, se non dopo che sia stato approvato il conto della sua amministrazione, sia stata fatta la consegna dei beni e siano state estinte le obbligazioni risultanti a suo carico o data idonea garanzia per il loro adempimento.
Art. 296.
(Consenso per l'adozione).
Per l'adozione si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando.
((COMMA ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184)).
((COMMA ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184)).
Art. 297.
Assenso del coniuge o dei genitori.
Per l'adozione e' necessario l'assenso dei genitori dello adottando e l'assenso del coniuge dell'adottante e dello adottando, se coniugati e non legalmente separati.
Quando e' negato l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dello adottante, puo', ove ritenga il rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando, pronunziare ugualmente l'adozione, salvo che si tratti dell'assenso dei genitori esercenti la ((responsabilita' genitoriale)) o del coniuge, se convivente, dell'adottante o dell'adottando. Parimenti il tribunale puo' pronunziare l'adozione quando e' impossibile ottenere l'assenso per incapacita' o irreperibilita' delle persone chiamate ad esprimerlo.
Art. 298.
(Decorrenza degli effetti dell'adozione).
L'adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto che la pronunzia.
Finche' il decreto non e' emanato, tanto l'adottante quanto l'adottando possono revocare il loro consenso.
Se l'adottante muore dopo la prestazione del consenso e prima dell'emanazione del decreto, si puo' procedere al compimento degli atti necessari per l'adozione.
Gli eredi dell'adottante possono presentare alla corte memorie e osservazioni per opporsi all'adozione.
Se l'adozione e' ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell'adottante.
Art. 299.
Cognome dell'adottato.
L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio.
((Nel caso in cui la filiazione sia stata accertata o riconosciuta successivamente all'adozione si applica il primo comma.))
Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante.
Se l'adozione e' compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome del marito.
Se l'adozione e' compiuta da una donna maritata, l'adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei.
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AGGIORNAMENTO (133)
La Corte Costituzionale, con sentenza 7-11 maggio 2001, n. 120 (in G.U. 1a s.s. 16/5/2001, n. 19) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 299, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui nonprevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome dell'adottante anche quello originariamente attribuitogli".
Art. 300.
(Diritti e dovevi dell'adottato).
L'adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine, salve le eccezioni stabilite dalla legge.
L'adozione non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato ne' tra l'adottato e i parenti dell'adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge.
Art. 301.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 302.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 303.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 304.
(Diritti di successione).
L'adozione non attribuisce all'adottante alcun diritto di successione.
I diritti dell'adottato nella successione dell'adottante sono regolati dalle norme contenute nel libro II.
Art. 305.
(Revoca dell'adozione).
L'adozione si puo' revocare soltanto nei casi preveduti dagli articoli seguenti.
Art. 306.
(Revoca per indegnita' dell'adottato).
La revoca dell'adozione puo' essere pronunziata dal tribunale su domanda dell'adottante, quando l'adottato abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso loro di delitto punibile con pena restrittiva della liberta' personale non inferiore nel minimo a tre anni.
Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca dell'adozione puo' essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe l'eredita' in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti.
Art. 307.
((Revoca per indegnita' dell'adottante.))
((Quando i fatti previsti dall'articolo precedente sono stati compiuti dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca puo' essere pronunciata su domanda dell'adottato)).
Art. 308.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 309.
(Decorrenza degli effetti della revoca).
Gli effetti dell'adozione cessano quando passa in giudicato la sentenza di revoca.
Se tuttavia la revoca e' pronunziata dopo la morte dell'adottante per fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi discendenti sono esclusi dalla successione dell'adottante.
Art. 310.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
CAPO II
((Delle forme dell'adozione di persone di maggiore eta'))
Art. 311.
(Manifestazione del consenso).
Il consenso dell'adottante e dell'adottando o del legale rappresentante di questo deve essere manifestato personalmente al presidente della corte di appello nel cui distretto l'adottante ha residenza.
((COMMA SOPPRESSO DALLA L. 5 GIUGNO 1967, N. 431)).
L'assenso delle persone indicate negli articoli 296 e 297 puo' essere dato da persona munita di procura speciale rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.
Art. 312.
((Accertamenti del tribunale.))
((Il tribunale, assunte le opportune informazioni, verifica:
1) se tutte le condizioni della legge sono state adempiute;
2) se l'adozione conviene all'adottando)).
Art. 313.
(( (Provvedimento del tribunale) ))
((Il tribunale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni altra formalita' di procedura, provvede con sentenza decidendo di far luogo o non far luogo alla adozione.
L'adottante, il pubblico ministero, l'adottando, entro trenta giorni dalla comunicazione, possono proporre impugnazione avanti la Corte d'appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero)).
Art. 314.
(( (Pubblicita') ))
((La sentenza definitiva che pronuncia l'adozione e' trascritta a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice dell'impugnazione, su apposito registro e comunicata all'ufficiale di stato civile per l'annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato.
Con la procedura di cui al primo comma deve essere altresi' trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in giudicato.
L'autorita' giudiziaria puo' inoltre ordinare la pubblicazione della sentenza che pronuncia l'adozione o della sentenza di revoca nei modi che ritiene opportuni)).
CAPO III
Dell'adozione speciale
((CAPO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184)).
Art. 314/2.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/3.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/4.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/5.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/6.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/7.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/8.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/9.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/10.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/11.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/12.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/13.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/14.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/15.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/16.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/17.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/18.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/19.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/20.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/21.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/22.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/23.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/24.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/25.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/26.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/27.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
Art. 314/28.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 4 MAGGIO 1983, N. 184))
TITOLO IX
((DELLA RESPONSABILITA' GENITORIALE E DEI DIRITTI E DOVERI DEL FIGLIO))
((CAPO I
Dei diritti e doveri del figlio))
Art. 315
(( (Stato giuridico della filiazione). ))
((Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico)).
Art. 315-bis
(( (Diritti e doveri del figlio). ))
((Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacita', delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacita', alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finche' convive con essa)).
Art. 316.
((Responsabilita' genitoriale.))
((Entrambi i genitori hanno la responsabilita' genitoriale che e' esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacita', delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori puo' ricorrere senza formalita' al giudice indicando i provvedimenti che ritiene piu' idonei.
Il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene piu' utili nell'interesse del figlio e dell'unita' familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il piu' idoneo a curare l'interesse del figlio.
Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilita' genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, e' fatto dai genitori, l'esercizio della responsabilita' genitoriale spetta ad entrambi.
Il genitore che non esercita la responsabilita' genitoriale vigila sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio.))
Art. 316-bis.
((Concorso nel mantenimento .))
((I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacita' di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimita', sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinche' possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, puo' ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.
Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.
L'opposizione e' regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.
Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.))
Art. 317.
Impedimento di uno dei genitori.
Nel caso di lontananza, di incapacita' o di altro impedimento che renda impossibile ad uno dei genitori l'esercizio della ((responsabilita' genitoriale)), questa e' esercitata in modo esclusivo dall'altro.
((La responsabilita' genitoriale di entrambi i genitori non cessa a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio; il suo esercizio, in tali casi, e' regolato dal capo II del presente titolo.))
Art. 317-bis.
(( Rapporti con gli ascendenti.))
((Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.
L'ascendente al quale e' impedito l'esercizio di tale diritto puo' ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinche' siano adottati i provvedimenti piu' idonei nell'esclusivo interesse del minore. Si applica l'articolo 336, secondo comma.))
Art. 318.
Abbandono della casa del genitore.
Il figlio ((, sino alla maggiore eta' o all'emancipazione,)) non puo' abbandonare la casa dei genitori o del genitore che esercita su di lui la ((responsabilita' genitoriale)) ne' la dimora da essi assegnatagli. Qualora se ne allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare.
Art. 319.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 320.
Rappresentanza e amministrazione.
I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la ((responsabilita' genitoriale)), rappresentano i figli nati e nascituri ((, fino alla maggiore eta' o all'emancipazione,)) in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.
Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dello articolo 316.
I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredita' o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione ne' promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessita' o utilita' evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare.
I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l'impiego.
L'esercizio di una impresa commerciale non puo' essere continuato se non con l'autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare. Questi puo' consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza.
Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa ((responsabilita' genitoriale)), o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la ((responsabilita' genitoriale)), il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la ((responsabilita' genitoriale)), la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all'altro genitore.
Art. 321.
Nomina di un curatore speciale.
In tutti i casi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la ((responsabilita' genitoriale)), non possono o non vogliono compiere uno o piu' atti di interesse del figlio, eccedente l'ordinaria amministrazione, il giudice, su richiesta del figlio stesso, del pubblico ministero o di uno dei parenti che vi abbia interesse, e sentiti i genitori, puo' nominare al figlio un curatore speciale autorizzandolo al compimento di tali atti.
Art. 322.
Inosservanza delle disposizioni precedenti.
Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli del presente titolo possono essere annullati su istanza dei genitori esercenti la ((responsabilita' genitoriale)) o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa.
Art. 323.
Atti vietati ai genitori.
I genitori esercenti la ((responsabilita' genitoriale)) sui figli non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore.
Gli atti compiuti in violazione del divieto previsto nel comma precedente possono essere annullati su istanza del figlio o dei suoi eredi o aventi causa.
I genitori esercenti la ((responsabilita' genitoriale)) non possono diventare cessionari di alcuna ragione o credito verso il minore.
Art. 324.
Usufrutto legale.
I genitori esercenti la ((responsabilita' genitoriale)) hanno in comune l'usufrutto dei beni del figlio ((, fino alla maggiore eta' o all'emancipazione)).
I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e all'istruzione ed educazione dei figli.
Non sono soggetti ad usufrutto legale:
1) i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro;
2) i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera, un'arte o una professione;
3) i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la ((responsabilita' genitoriale)) o uno di essi non ne abbiano l'usufrutto: la condizione pero' non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima;
4) i beni pervenuti al figlio per eredita', legato o donazione e accettati nell'interesse del figlio contro la volonta' dei genitori esercenti la ((responsabilita' genitoriale)). Se uno solo di essi era favorevole all'accettazione, l'usufrutto legale spetta esclusivamente a lui.
Art. 325.
((Obblighi inerenti all'usufrutto legale.))
((Gravano sull'usufrutto legale gli obblighi propri dello usufruttuario)).
Art. 326.
((Inalienabilita' dell'usufrutto legale. Esecuzione sui frutti.))
((L'usufrutto legale non puo' essere oggetto di alienazione, di pegno o di ipoteca ne' di esecuzione da parte dei creditori.
L'esecuzione sui frutti dei beni del figlio da parte dei creditori dei genitori o di quello di essi che ne e' titolare esclusivo non puo' aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia)).
Art. 327.
Usufrutto legale di uno solo dei genitori.
Il genitore che esercita in modo esclusivo la ((responsabilita' genitoriale)) e' il solo titolare dell'usufrutto legale.
Art. 328.
((Nuove nozze.))
((Il genitore che passa a nuove nozze conserva l'usufrutto legale, con l'obbligo tuttavia di accantonare in favore del figlio quanto risulti eccedente rispetto alle spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione di quest'ultimo)).
Art. 329.
(Godimento dei beni dopo la cessazione dell'usufrutto legale).
Cessato l'usufrutto legale, se il genitore ha continuato a godere i beni del figlio convivente con esso senza procura ma senza opposizione, o anche con procura ma senza l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli o i suoi eredi non sono tenuti che a consegnare i frutti esistenti al tempo della domanda.
Art. 330.
Decadenza dalla ((responsabilita' genitoriale)) sui figli.
Il giudice puo' pronunziare la decadenza dalla ((responsabilita' genitoriale)) quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.
In tale caso, per gravi motivi, il giudice puo' ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.
Art. 331.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 332.
Reintegrazione nella ((responsabilita' genitoriale)).
Il giudice puo' reintegrare nella ((responsabilita' genitoriale)) il genitore che ne e' decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza e' stata pronunciata, e' escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.
Art. 333.
Condotta del genitore pregiudizievole ai figli.
Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non e' tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze puo' adottare i provvedimenti convenienti e puo' anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ((ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore)).
Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.
Art. 334.
((Rimozione dall'amministrazione.))
((Quando il patrimonio del minore e' male amministrato, il tribunale puo' stabilire le condizioni a cui i genitori devono attenersi nell'amministrazione o puo' rimuovere entrambi o uno solo di essi dall'amministrazione stessa e privarli, in tutto o in parte, dell'usufrutto legale.
L'amministrazione e' affidata ad un curatore, se e' disposta la rimozione di entrambi i genitori)).
Art. 335.
(Riammissione nell'esercizio dell'amministrazione).
Il genitore rimosso dall'amministrazione ed eventualmente privato dell'usufrutto legale puo' essere riammesso dal tribunale nell'esercizio dell'una e nel godimento dell'altro, quando sono cessati i motivi che hanno provocato il provvedimento.
Art. 336.
Procedimento.
I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato.
((Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero; dispone, inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento. Nei casi in cui il provvedimento e' richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito.))
In caso di urgente necessita' il tribunale puo' adottare, anche d'ufficio, provvedimenti temporanei nello interesse del figlio.
Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore.
Art. 336-bis.
((Ascolto del minore.))
((Il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento e' ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l'ascolto e' in contrasto con l'interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all'adempimento dandone atto con provvedimento motivato.
L'ascolto e' condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se gia' nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all'ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell'inizio dell'adempimento.
Prima di procedere all'ascolto il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto. Dell'adempimento e' redatto processo verbale nel quale e' descritto il contegno del minore, ovvero e' effettuata registrazione audio video.))
Art. 337.
Vigilanza del giudice tutelare.
Il giudice tutelare deve vigilare sull'osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilito per l'esercizio della ((responsabilita' genitoriale)) e per l'amministrazione dei beni.
((CAPO II
Esercizio della responsabilita' genitoriale a seguito di
separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili,
annullamento, nullita' del matrimonio ovvero all'esito di
procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio))
Art. 337-bis.
((Ambito di applicazione))
((In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo.))
Art. 337-ter.
((Provvedimenti riguardo ai figli))
((Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalita' indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilita' che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalita' della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresi' la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilita' di affidare il minore ad uno dei genitori, l'affidamento familiare. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento e' trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.
La responsabilita' genitoriale e' esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacita', dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione e' rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice puo' stabilire che i genitori esercitino la responsabilita' genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valutera' detto comportamento anche al fine della modifica delle modalita' di affidamento.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalita', da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio.
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
4) le risorse economiche di entrambi i genitori.
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L'assegno e' automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.))
Art. 337-quater.
((Affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso))
((Il giudice puo' disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore.
Ciascuno dei genitori puo', in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l'affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell'articolo 337-ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice puo' considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo 96 del codice di procedura civile.
Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilita' genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e puo' ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.))
Art. 337-quinquies.
((Revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli))
((I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della responsabilita' genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalita' del contributo.))
Art. 337-sexies.
((Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza))
((Il godimento della casa familiare e' attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprieta'. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643.
In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori e' obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficolta' di reperire il soggetto.))
Art. 337-septies.
((Disposizioni in favore dei figli maggiorenni))
((Il giudice, valutate le circostanze, puo' disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, e' versato direttamente all'avente diritto.
Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.))
Art. 337-octies.
((Poteri del giudice e ascolto del minore))
((Prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all'articolo 337-ter, il giudice puo' assumere, ad istanza di parte o d'ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento. Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all'ascolto se in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo.
Qualora ne ravvisi l'opportunita', il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, puo' rinviare l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 337-ter per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli.))
Art. 338.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151 (40) ((223))
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AGGIORNAMENTO (40)
La L. 19 maggio 1975, n. 151 ha disposto (con l'art. 235, comma 1) che "Dall'entrata in vigore della presente legge cessano di avere efficacia le condizioni stabilite dal padre ai sensi dell'abrogato articolo 338 del codice civile per l'educazione dei figli e per l'amministrazione dei beni e non possono essere iniziate o proseguite azioni per l'inosservanza delle suddette condizioni".
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 7, comma 12) che "Dopo l'articolo 337 del codice civile e' inserito il seguente: " Capo II. "Esercizio della responsabilita' genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio"".
Art. 339.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151 ((223))
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 7, comma 12) che "Dopo l'articolo 337 del codice civile e' inserito il seguente: " Capo II. "Esercizio della responsabilita' genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio"".
Art. 340.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151 (40) ((223))
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AGGIORNAMENTO (40)
La L. 19 maggio 1975, n. 151 ha disposto (con l'art. 236, comma 1) che "Dall'entrata in vigore della presente legge cessano di avere efficacia i provvedimenti emanati dal tribunale ai sensi dell'abrogato articolo 340 del codice civile e non possono essere iniziate o proseguite azioni per l'inosservanza, avvenuta in precedenza, dei suddetti provvedimenti".
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 7, comma 12) che "Dopo l'articolo 337 del codice civile e' inserito il seguente: " Capo II. "Esercizio della responsabilita' genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio"".
Art. 341.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151 ((223))
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 7, comma 12) che "Dopo l'articolo 337 del codice civile e' inserito il seguente: " Capo II. "Esercizio della responsabilita' genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio"".
Art. 342.
IL D.LGS. LUOGOTENENZIALE 14 SETTEMBRE 1944, N. 287 HA CONFERMATO L'ABROGAZIONE DEL PRESENTE ARTICOLO ((223))
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 7, comma 12) che "Dopo l'articolo 337 del codice civile e' inserito il seguente: " Capo II. "Esercizio della responsabilita' genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullita' del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio"".
((TITOLO IX-BIS))
((ORDINI DI PROTEZIONE CONTRO GLI ABUSI FAMILIARI))
Art. 342-bis.
(Ordini di protezione contro gli abusi familiari).
Quando la condotta del coniuge o di altro convivente e' causa di grave pregiudizio all'integrita' fisica o morale ovvero alla liberta' dell'altro coniuge o convivente, il giudice, ((...)) su istanza di parte, puo' adottare con decreto uno o piu' dei provvedimenti di cui all'articolo 342-ter.(132)
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AGGIORNAMENTO (132)
La L. 4 aprile 2001, n. 154 ha disposto (con l'art. 8, comma 1) che "Le disposizioni degli articoli 2 e 3 della presente legge non si applicano quando la condotta pregiudizievole e' tenuta dal coniuge che ha proposto o nei confronti del quale e' stata proposta domanda di separazione personale ovvero di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio se nel relativo procedimento si e' svolta l'udienza di comparizione dei coniugi davanti al presidente prevista dall'articolo 706 del codice di procedura civile ovvero, rispettivamente, dall'articolo 4 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni."
Art. 342-ter.
(Contenuto degli ordini di protezione).
Con il decreto di cui all'articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresi', ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimita' dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.
Il giudice puo' disporre, altresi', ove occorra l'intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonche' delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l'accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati; il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalita' e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all'avente diritto dal datore di lavoro dell'obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante.
Con il medesimo decreto il giudice, nei casi di cui ai precedenti commi, stabilisce la durata dell'ordine di protezione, che decorre dal giorno dell'avvenuta esecuzione dello stesso. Questa non puo' essere superiore a ((un anno)) e puo' essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario.
Con il medesimo decreto il giudice determina le modalita' di attuazione. Ove sorgano difficolta' o contestazioni in ordine all'esecuzione, lo stesso giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti piu' opportuni per l'attuazione, ivi compreso l'ausilio della forza pubblica e dell'ufficiale sanitario.(132)
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AGGIORNAMENTO (132)
La L. 4 aprile 2001, n. 154 ha disposto (con l'art. 8, comma 1) che "Le disposizioni degli articoli 2 e 3 della presente legge non si applicano quando la condotta pregiudizievole e' tenuta dal coniuge che ha proposto o nei confronti del quale e' stata proposta domanda di separazione personale ovvero di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio se nel relativo procedimento si e' svolta l'udienza di comparizione dei coniugi davanti al presidente prevista dall'articolo 706 del codice di procedura civile ovvero, rispettivamente, dall'articolo 4 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni."
TITOLO X
DELLA TUTELA E DELL'EMANCIPAZIONE
CAPO I
Della
tutela
dei
minori
Art. 343.
(Apertura della tutela).
Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la patria potesta', si apre la tutela presso il tribunale del circondario dove e' la sede principale degli affari e interessi del minore.((223))
Se il tutore e' domiciliato o trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela puo' essere ivi trasferita con decreto del tribunale.(111)(112a)
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 56, comma 1) che "1. Al primo comma dell'articolo 343 del codice civile le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".".
Sezione I
Del giudice tutelare
Art. 344.
(Funzioni del giudice tutelare).
Presso ogni tribunale il giudice tutelare soprintende alle tutele e alle curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge.(111)((112a))
Il giudice tutelare puo' chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Sezione II
Del tutore e del protutore
Art. 345.
(Denunzie al giudice tutelare).
L'ufficiale dello stato civile, che riceve la dichiarazione di morte di una persona la quale ha lasciato figli in eta' minore ovvero la dichiarazione di nascita di un figlio di genitori ignoti, e il notaio, che procede alla pubblicazione di un testamento contenente la designazione di un tutore o di un protutore, devono darne notizia al giudice tutelare entro dieci giorni.
Il cancelliere, entro quindici giorni dalla pubblicazione o dal deposito in cancelleria, deve dare notizia al giudice tutelare delle decisioni dalle quali derivi l'apertura di una tutela.
I parenti entro il terzo grado devono denunziare al giudice tutelare il fatto da cui deriva l'apertura della tutela entro dieci giorni da quello in cui ne hanno avuto notizia. La denunzia deve essere fatta anche dalla persona designata quale tutore o protutore entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia della designazione.
Art. 346.
(Nomina del tutore e del protutore).
Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l'apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del protutore.
Art. 347.
((Tutela di piu' fratelli.))
((E' nominato un solo tutore a piu' fratelli e sorelle, salvo che particolari circostanze consiglino la nomina di piu' tutori. Se vi e' conflitto di interessi tra minori soggetti alla stessa tutela, il giudice tutelare nomina ai minori un curatore speciale)).
Art. 348.
(Scelta del tutore).
Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la patria potesta'. La designazione puo' essere fatta per testamento, per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.((223))
Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini del minore, i quali, in quanto sia opportuno, devono essere sentiti.
((Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, dispone l'ascolto del minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento)).
In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto e' prescritto nell'art. 147.
IL D.LGS. LUOGOTENENZIALE 14 SETTEMBRE 1944, N. 287 HA CONFERMATO L'ABROGAZIONE DEL PRESENTE COMMA.
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 57, comma 1, lettera a)) che "al primo comma le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".".
Art. 349.
(Giuramento del tutore).
Il tutore, prima di assumere l'ufficio, presta davanti al giudice tutelare giuramento di esercitarlo con fedelta' e diligenza.
Art. 350.
(Incapacita' all'ufficio tutelare).
Non possono essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono cessare dall'ufficio:
1) coloro che non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio;
2)coloro che sono stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale per ultimo ha esercitato la patria potesta';
3)coloro che hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i discendenti o il coniuge hanno o sono per avere col minore una lite, per effetto della quale puo' essere pregiudicato lo stato del minore o una parte notevole del patrimonio di lui;
4) coloro che sono incorsi nella perdita della patria potesta' o nella decadenza da essa, o sono stati rimossi da altra tutela;
5) il fallito che non e' stato cancellato dal registro dei falliti.((223))
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 58, comma 1) che "All'articolo 350 del codice civile le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".".
Art. 351.
(Dispensa dall'ufficio tutelare).
Sono dispensati dall'ufficio di tutore:
1) i Principi della Famiglia Reale, salve le disposizioni che regolano la tutela dei Principi della stessa Famiglia;
2) il Primo Ministro, Capo del Governo;
3) i membri del Sacro Collegio;
4) i Presidenti delle Assemblee legislative;
5) i Ministri Segretari di Stato.
Le persone indicate nei numeri 2, 3, 4 e 5 possono far noto al giudice tutelare che non intendono valersi della dispensa.
Art. 352.
(Dispensa su domanda).
Hanno diritto di essere dispensati su loro domanda dall'assumere o dal continuare l'esercizio della tutela:
1) i grandi ufficiali dello Stato non compresi nell'articolo precedente;
2) gli arcivescovi, i vescovi e i ministri del culto aventi cura d'anime;
3) ((NUMERO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151));
4) i militari in attivita' di servizio;
5) chi ha compiuto gli anni sessantacinque;
6) chi ha piu' di tre figli minori;
7) chi esercita altra tutela;
8) chi e' impedito di esercitare la tutela da infermita' permanente;
9) chi ha missione dal Governo fuori del Regno o risiede per ragioni di pubblico servizio fuori della circoscrizione del tribunale dove e' costituita la tutela.
Art. 353.
(Domanda di dispensa).
La domanda di dispensa per le cause indicate nell'articolo precedente deve essere presentata al giudice tutelare prima della prestazione del giuramento, salvo che la causa di dispensa sia sopravvenuta.
Il tutore e' tenuto ad assumere e a mantenere l'ufficio fino a quando la tutela non sia stata conferita ad altra persona.
Art. 354.
(Tutela affidata a enti di assistenza).
La tutela dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, puo' essere deferita dal giudice tutelare a un ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore o all'ospizio in cui questi e' ricoverato. L'amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela.
E' tuttavia in facolta' del giudice tutelare di nominare un tutore al minore quando la natura o l'entita' dei beni o altre circostanze lo richiedono.
Art. 355.
(Protutore).
Sono applicabili al protutore le disposizioni stabilite per il tutore in questa sezione.
Non si nomina il protutore nei casi contemplati nel primo comma dell'art. 354.
Art. 356.
(Donazione o disposizione testamentaria a favore del minore).
Chi fa una donazione o dispone con testamento a favore di un minore, anche se questi e' soggetto alla patria potesta', puo' nominargli un curatore speciale per l'amministrazione dei beni donati o lasciati.((223))
Se il donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale deve osservare le forme stabilite dagli articoli 374 e 375 per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.
Si applica in ogni caso al curatore speciale l'art. 384.
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 59, comma 1) che "Al primo comma dell'articolo 356 del codice civile le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".".
Sezione III
Dell'esercizio della tutela
Art. 357.
(Funzioni del tutore).
Il tutore ha la cura della persona del minore, lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni.
Art. 358.
(Doveri del minore).
Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore. Egli non puo' abbandonare la casa o l'istituto al quale e' stato destinato, senza il permesso del tutore.
Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di richiamarvelo, ricorrendo, se e' necessario, al giudice tutelare.
Art. 359.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 360.
(Funzioni del protutore).
Il protutore rappresenta il minore nei casi in cui l'interesse di questo e' in opposizione con l'interesse del tutore.
Se anche il protutore si trova in opposizione d'interessi col minore, il giudice tutelare nomina un curatore speciale.
Il protutore e' tenuto a promuovere la nomina di un nuovo tutore nel caso in cui il tutore e' venuto a mancare o ha abbandonato l'ufficio. Frattanto egli ha cura della persona del minore, lo rappresenta e puo' fare tutti gli atti conservativi e gli atti urgenti di amministrazione.
Art. 361.
(Provvedimenti urgenti).
Prima che il tutore o il protutore abbia assunto le proprie funzioni, spetta al giudice tutelare di dare, sia d'ufficio sia su richiesta del pubblico ministero, di un parente o di un affine del minore, i provvedimenti urgenti che possono occorrere per la cura del minore o per conservare e amministrare il patrimonio. Il giudice puo' procedere, occorrendo, all'apposizione dei sigilli, nonostante qualsiasi dispensa.
Art. 362.
(Inventario).
Il tutore, nei dieci giorni successivi a quello in cui ha avuto legalmente notizia della sua nomina, deve procedere all'inventario dei beni del minore, nonostante qualsiasi dispensa.
L'inventario deve essere compiuto nel termine di trenta giorni, salva al giudice tutelare la facolta' di prorogare il termine se le circostanze lo esigono.
Art. 363.
(Formazione dell'inventario).
L'inventario si fa col ministero del cancelliere del tribunale o di un notaio a cio' delegato dal giudice tutelare, con l'intervento del protutore e, se e' possibile, anche del minore che abbia compiuto gli anni sedici, e con l'assistenza di due testimoni scelti preferibilmente fra i parenti o gli amici della famiglia.(111)((112a))
Il giudice puo' consentire che l'inventario sia fatto senza ministero di cancelliere o di notaio, se il valore presumibile del patrimonio non eccede quindicimila lire.
L'inventario e' depositato presso il tribunale.(111)((112a))
Nel verbale di deposito il tutore e il protutore ne dichiarano con giuramento la sincerita'.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 364.
(Contenuto dell'inventario).
Nell'inventario si indicano gli immobili, i mobili, i crediti e i debiti e si descrivono le carte, note e scritture relative allo stato attivo e passivo del patrimonio, osservando le formalita' stabilite nel codice di procedura civile.
Art. 365.
(Inventario di aziende).
Se nel patrimonio del minore esistono aziende commerciali o agricole, si procede con le forme usate nel commercio o nell'economia agraria alla formazione dell'inventario dell'azienda, con l'assistenza e l'intervento delle persone indicate nell'art. 363. Questi particolari inventari sono pure depositati presso il tribunale e il loro riepilogo e' riportato nell'inventario generale.(111)((112a))
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 366.
(Beni amministrati da curatore speciale).
Il tutore deve comprendere nell'inventario generale del patrimonio del minore anche i beni, la cui amministrazione e' stata deferita a un curatore speciale. Se questi ha formato un inventario particolare di tali beni, deve rimetterne copia al tutore, il quale lo unira' all'inventario generale.
Il curatore deve anche comunicare al tutore copia dei conti periodici della sua amministrazione, salvo che il disponente lo abbia esonerato.
Art. 367.
(Dichiarazione di debiti o crediti del tutore).
Il tutore, che ha debiti, crediti o altre ragioni verso il minore, deve esattamente dichiararli prima della chiusura dell'inventario. Il cancelliere o il notaio hanno l'obbligo di interpellarlo al riguardo.
Nel caso d'inventario senza opera di cancelliere o di notaio, il tutore e' interpellato dal giudice tutelare all'atto del deposito.
In ogni caso si fa menzione dell'interpellazione e della dichiarazione del tutore nell'inventario o nel verbale di deposito.
Art. 368.
(Omissione della dichiarazione).
Se il tutore, conoscendo il suo credito o le sue ragioni, espressamente interpellato non li ha dichiarati, decade da ogni suo diritto.
Qualora, sapendo di essere debitore, non abbia dichiarato fedelmente il proprio debito, puo' essere rimosso dalla tutela.
Art. 369.
(Deposito di titoli e valori).
Il tutore deve depositare il denaro, i titoli di credito al portatore e gli oggetti preziosi esistenti nel patrimonio del minore presso un istituto di credito designato dal giudice tutelare, salvo che questi disponga diversamente per la loro custodia.
Non e' tenuto a depositare le somme occorrenti per le spese urgenti di mantenimento e di educazione del minore e per le spese di amministrazione.
Art. 370.
(Amministrazione prima dell'inventario).
Prima che sia compiuto l'inventario, l'amministrazione del tutore deve limitarsi agli affari che non ammettono dilazione.
Art. 371.
(Provvedimenti circa l'educazione e l'amministrazione).
Compiuto l'inventario, il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera:
((1) sul luogo dove il minore deve essere cresciuto e sul suo avviamento agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, disposto l'ascolto dello stesso minore che abbia compiuto gli anni dieci e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento e richiesto, quando opportuno, l'avviso dei parenti prossimi;))
2) sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e l'istruzione del minore e per l'amministrazione del patrimonio, fissando i modi d'impiego del reddito eccedente;
3) sulla convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le aziende commerciali, che si trovano nel patrimonio del minore, e sulle relative modalita' e cautele.
Nel caso in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il tutore deve domandare l'autorizzazione del tribunale. In pendenza della deliberazione del tribunale il giudice tutelare puo' consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa.
Art. 372.
(Investimento di capitali).
I capitali del minore devono, previa autorizzazione del giudice tutelare, essere dal tutore investiti:
1) in titoli dello Stato o garantiti dallo Stato;
2) nell'acquisto di beni immobili posti nel Regno;
3) in mutui garantiti da idonea ipoteca sopra beni posti nel Regno, o in obbligazioni emesse da pubblici istituti autorizzati a esercitare il credito fondiario;
4) in depositi fruttiferi presso le casse postali o presso altre casse di risparmio o monti di credito su pegno. Il giudice, sentito il tutore e il protutore, puo' autorizzare il deposito presso altri istituti di credito, ovvero, per motivi particolari, un investimento diverso da quelli sopra indicati.
Art. 373.
(Titoli al portatore).
Se nel patrimonio del minore si trovano titoli al portatore, il tutore deve farli convertire in nominativi, salvo che il giudice tutelare disponga che siano depositati in cauta custodia.
Art. 374.
(Autorizzazione del giudice tutelare).
Il tutore non puo' senza l'autorizzazione del giudice tutelare:
1) acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del minore, per l'economia domestica e per l'amministrazione del patrimonio;
2) riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore e per l'ordinaria amministrazione del suo patrimonio;
3) accettare eredita' o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni;
4) fare contratti di locazione d'immobili oltre il novennio o che in ogni caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore eta';
5) promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi.
Art. 375.
(Autorizzazione del tribunale).
Il tutore non puo' senza l'autorizzazione del tribunale:
1) alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento;
2) costituire pegni o ipoteche;
3) procedere a divisioni o promuovere i relativi giudizi;
4) fare compromessi e transazioni o accettare concordati.
L'autorizzazione e' data su parere del giudice tutelare.
Art. 376.
(Vendita di beni).
Nell'autorizzare la vendita di beni, il tribunale determina se debba farsi all'incanto o a trattative private, fissandone in ogni caso il prezzo minimo.
Quando nel dare l'autorizzazione il tribunale non ha stabilito il modo di erogazione o di reimpiego del prezzo, lo stabilisce il giudice tutelare.
Art. 377.
(Atti compiuti senza l'osservanza delle norme dei precedenti articoli).
Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli possono essere annullati su istanza del tutore o del minore o dei suoi eredi o aventi causa.
Art. 378.
(Atti vietati al tutore e al protutore).
Il tutore e il protutore non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per iterposta persona dei beni e dei diritti del minore.
Non possono prendere in locazione i beni del minore senza l'autorizzazione e le cautele fissate dal giudice tutelare.
Gli atti compiuti in violazione di questi divieti possono essere annullati su istanza delle persone indicate dell'articolo precedente, ad eccezione del tutore e del protutore che li hanno compiuti.
Il tutore e il protutore non possono neppure diventare cessionari di alcuna ragione o credito verso il minore.
Art. 379.
(Gratuita' della tutela).
L'ufficio tutelare e' gratuito.
Il giudice tutelare tuttavia, considerando l'entita' del patrimonio e le difficolta' dell'amministrazione, puo' assegnare al tutore un'equa indennita'. Puo' altresi', se particolari circostanze lo richiedono, sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare nell'amministrazione, sotto la sua personale responsabilita', da una o piu' persone stipendiate.
Art. 380.
(Contabilita' dell'amministrazione).
Il tutore deve tenere regolare contabilita' della sua amministrazione e renderne conto ogni anno al giudice tutelare.
Il giudice puo' sottoporre il conto annuale all'esame del protutore e di qualche prossimo parente o affine del minore.
Art. 381
(Cauzione)
Il giudice tutelare, tenuto conto della particolare natura ed entita' del patrimonio, puo' imporre al tutore di prestare una cauzione, determinandone l'ammontare e le modalita'.
Egli puo' anche liberare il tutore in tutto o in parte dalla cauzione che avesse prestata.
Art. 382.
(Responsabilita' del tutore e del protutore).
Il tutore deve amministrare il patrimonio del minore con la diligenza del buon padre di famiglia. Egli risponde verso il minore di ogni danno a lui cagionato violando i propri doveri.
Nella stessa responsabilita' incorre il protutore per cio' che riguarda i doveri del proprio ufficio.
Sezione IV
Della cessazione del tutore dall'ufficio
Art. 383.
(Esonero dall'ufficio)
Il giudice tutelare puo' sempre esonerare il tutore dall'ufficio, qualora l'esercizio di esso sia al tutore soverchiamente gravoso e vi sia altra persona atta a sostituirlo.
Art. 384.
(Rimozione e sospensione del tutore).
Il giudice tutelare puo' rimuovere dall'ufficio il tutore che si sia reso colpevole di negligenza o abbia abusato dei suoi poteri, o si sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi, o sia divenuto immeritevole dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela, ovvero sia divenuto insolvente.
Il giudice non puo' rimuovere il tutore se non dopo averlo sentito o citato; puo' tuttavia sospenderlo dall'esercizio della tutela nei casi che non ammettono dilazione.
Sezione V
Del rendimento del conto finale
Art. 385.
(Conto finale).
Il tutore che cessa dalle funzioni deve fare subito la consegna dei beni e deve presentare nel termine di due mesi il conto finale dell'amministrazione al giudice tutelare. Questi puo' concedere una proroga.
Art. 386.
(Approvazione del conto).
Il giudice tutelare invita il protutore, il minore divenuto maggiore o emancipato, ovvero, secondo le circostanze, il nuovo rappresentante legale a esaminare il conto e a presentare le loro osservazioni.
Se non vi sono osservazioni, il giudice che non trova nel conto irregolarita' o lacune lo approva; in caso contrario nega l'approvazione.
Qualora il conto non sia stato presentato o sia impugnata la decisione del giudice tutelare, provvede l'autorita' giudiziaria nel contraddittorio degli interessati.
Art. 387.
(Prescrizione delle azioni relative alla tutela).
Le azioni del minore contro il tutore e quelle del tutore contro il minore relative alla tutela si prescrivono in cinque anni dal compimento della maggiore eta' o dalla morte del minore. Se il tutore ha cessato dall'ufficio e ha presentato il conto prima della maggiore eta' o della morte del minore, il termine decorre dalla data del provvedimento col quale il giudice tutelare pronunzia sul conto stesso.
Le disposizioni di quest'articolo non si applicano all'azione per il pagamento del residuo che risulta dal conto definitivo.
Art. 388.
(Divieto di convenzioni ((prima che sia decorso un anno dall'approvazione)) del conto).
Nessuna convenzione tra il tutore e il minore divenuto maggiore puo' aver luogo ((prima che sia decorso un anno dall'approvazione)) del conto della tutela.
La convenzione puo' essere annullata su istanza del minore o dei suoi eredi o aventi causa.
Art. 389
(Registro delle tutele).
Nel registro delle tutele, istituito presso ogni giudice tutelare, sono iscritti a cura del cancelliere l'apertura e la chiusura della tutela, la nomina, l'esonero e la rimozione del tutore e del protutore, le risultanze degli inventari e dei rendiconti e tutti i provvedimenti che portano modificazione nello stato personale o patrimoniale del minore.
Dell'apertura e della chiusura della tutela il cancelliere da' comunicazione entro dieci giorni all'ufficiale dello stato civile per l'annotazione in margine all'atto di nascita del minore.
CAPO II
Dell'emancipazione
Art. 390.
(Emancipazione di diritto).
Il minore e' di diritto emancipato col matrimonio.
Art. 391.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 8 MARZO 1975, N. 39))
Art. 392.
(( (Curatore dell'emancipato).))
((Curatore del minore sposato con persona maggiore di eta' e' il coniuge.
Se entrambi i coniugi sono minori di eta', il giudice tutelare puo' nominare un unico curatore, scelto preferibilmente fra i genitori.
Se interviene l'annullamento per una causa diversa dall'eta', o lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o la separazione personale, il giudice tutelare nomina curatore uno dei genitori, se idoneo all'ufficio, o, in mancanza, altra persona. Nel caso in cui il minore contrae successivamente matrimonio, il curatore lo assiste altresi' negli atti previsti nell'articolo 165)).
Art. 393.
(Incapacita' o rimozione del curatore).
Sono applicabili al curatore le disposizioni degli articoli 348, ultimo comma, 350 e 384.
Art. 394.
(Capacita' dell'emancipato).
L'emancipazione conferisce al minore la capacita' di compiere gli atti che non eccedono l'ordinaria amministrazione.
Il minore emancipato puo' con l'assistenza del curatore riscuotere i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e puo' stare in giudizio sia come attore sia come convenuto.
Per gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, oltre il consenso del curatore, e' necessaria l'autorizzazione del giudice tutelare. Per gli atti indicati nell'art. 375 l'autorizzazione, se curatore non e' il genitore, deve essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare.
Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, e' nominato un curatore speciale a norma dell'ultimo comma dell'art. 320.
Art. 395.
(Rifiuto del consenso da parte del curatore).
Nel caso in cui il curatore rifiuta il suo consenso, il minore puo' ricorrere al giudice tutelare, il quale, se stima ingiustificato il rifiuto, nomina un curatore speciale per assistere il minore nel compimento dell'atto, salva, se occorre, l'autorizzazione del tribunale.
Art. 396.
(Inosservanza delle precedenti norme).
Gli atti compiuti senza osservare le norme stabilite nell'art. 394 possono essere annullati su istanza del minore o dei suoi eredi o aventi causa.
Sono applicabili al curatore le disposizioni dell'art. 378.
Art. 397.
(Emancipato autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale).
Il minore emancipato puo' esercitare un'impresa commerciale senza l'assistenza del curatore, se e' autorizzato dal tribunale, previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore.
L'autorizzazione puo' essere revocata dal tribunale su istanza del curatore o d'ufficio, previo, in entrambi i casi, il parere del giudice tutelare e sentito il minore emancipato.
Il minore emancipato, che e' autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale, puo' compiere da solo gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, anche se estranei all'esercizio dell'impresa.
Art. 398.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 8 MARZO 1975, N. 39))
Art. 399.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 8 MARZO 1975, N. 39))
TITOLO XI
((DELL'AFFILIAZIONE E DELL'AFFIDAMENTO))
Art. 400.
(Norme regolatrici dell'assistenza dei minori).
L'assistenza dei minori e' regolata, oltre che dalle leggi speciali, dalle norme del presente titolo.
Art. 401.
Limiti di applicazione delle norme.
Le disposizioni del presente titolo si applicano anche ai minori che sono figli di genitori non conosciuti, ovvero figli riconosciuti dalla sola madre che si trovi nell'impossibilita' di provvedere al loro ((mantenimento)).((223))
Le stesse disposizioni si applicano ai minori ricoverati in un istituto di pubblica assistenza o assistiti da questo per il mantenimento, l'educazione o la rieducazione, ovvero in istato di abbandono materiale o morale.
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 61, comma 1) che "All'articolo 401 del codice civile le parole: "figli naturali riconosciuti dalla sola madre che si trovi" sono sostituite dalle seguenti "figli di genitori che si trovino".".
Art. 402.
(Poteri tutelali spettanti agli istituti di assistenza).
L'istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito, secondo le norme del titolo X, capo I di questo libro, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, e in tutti i casi nei quali l'esercizio della patria potesta' o della tutela sia impedito. Resta salva la facolta' del giudice tutelare di deferire la tutela all'ente di assistenza o all'ospizio, ovvero di nominare un tutore a norma dell'art. 354.((223))
Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della patria potesta', l'istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio. ((223))
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 62, comma 1) che "All'articolo 402 del codice civile le parole: "potesta' dei genitori", ovunque presenti, sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".".
Art. 403.
(Intervento della pubblica autorita' a favore dei minori).
Quando il minore e' moralmente o materialmente abbandonato o e' allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralita', ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere alla educazione di lui, la pubblica autorita', a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione.
Titolo XII
((Delle misure di protezione delle persone prive in tutto
od in parte di autonomia))
((Capo I))
((Dell'amministrazione di
sostegno))
Art. 404.
(( (Amministrazione di sostegno). ))
((La persona che, per effetto di una infermita' ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilita', anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, puo' essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio.))
Art. 405.
(( (Decreto di nomina dell'amministratore di sostegno. Durata dell'incarico e relativa pubblicita'). ))
((Il giudice tutelare provvede entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta alla nomina dell'amministratore di sostegno con decreto motivato immediatamente esecutivo, su ricorso di uno dei soggetti indicati nell'articolo 406.
Il decreto che riguarda un minore non emancipato puo' essere emesso solo nell'ultimo anno della sua minore eta' e diventa esecutivo a decorrere dal momento in cui la maggiore eta' e' raggiunta.
Se l'interessato e' un interdetto o un inabilitato, il decreto e' esecutivo dalla pubblicazione della sentenza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione.
Qualora ne sussista la necessita', il giudice tutelare adotta anche d'ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l'amministrazione del suo patrimonio. Puo' procedere alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio indicando gli atti che e' autorizzato a compiere.
Il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno deve contenere l'indicazione:
1) delle generalita' della persona beneficiaria e dell'amministratore di sostegno;
2) della durata dell'incarico, che puo' essere anche a tempo indeterminato;
3) dell'oggetto dell'incarico e degli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario;
4) degli atti che il beneficiario puo' compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno;
5) dei limiti, anche periodici, delle spese che l'amministratore di sostegno puo' sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o puo' avere la disponibilita';
6) della periodicita' con cui l'amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l'attivita' svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.
Se la durata dell'incarico e' a tempo determinato, il giudice tutelare puo' prorogarlo con decreto motivato pronunciato anche d'ufficio prima della scadenza del termine.
Il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno, il decreto di chiusura ed ogni altro provvedimento assunto dal giudice tutelare nel corso dell'amministrazione di sostegno devono essere immediatamente annotati a cura del cancelliere nell'apposito registro.
Il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno e il decreto di chiusura devono essere comunicati, entro dieci giorni, all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all'atto di nascita del beneficiario. Se la durata dell'incarico e' a tempo determinato, le annotazioni devono essere cancellate alla scadenza del termine indicato nel decreto di apertura o in quello eventuale di proroga.))
Art. 406.
(( (Soggetti). ))
((Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno puo' essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell'articolo 417.
Se il ricorso concerne persona interdetta o inabilitata il medesimo e' presentato congiuntamente all'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione davanti al giudice competente per quest'ultima.
I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso di cui all'articolo 407 o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero.))
Art. 407.
(( (Procedimento). ))
((Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno deve indicare le generalita' del beneficiario, la sua dimora abituale, le ragioni per cui si richiede la nomina dell'amministratore di sostegno, il nominativo ed il domicilio, se conosciuti dal ricorrente, del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario.
Il giudice tutelare deve sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce recandosi, ove occorra, nel luogo in cui questa si trova e deve tener conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa.
Il giudice tutelare provvede, assunte le necessarie informazioni e sentiti i soggetti di cui all'articolo 406; in caso di mancata comparizione provvede comunque sul ricorso. Dispone altresi', anche d'ufficio, gli accertamenti di natura medica e tutti gli altri mezzi istruttori utili ai fini della decisione.
Il giudice tutelare puo', in ogni tempo, modificare o integrare, anche d'ufficio, le decisioni assunte con il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno.
In ogni caso, nel procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno interviene il pubblico ministero.))
Art. 408.
(( (Scelta dell'amministratore di sostegno). ))
((La scelta dell'amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. L'amministratore di sostegno puo' essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacita', mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare puo' designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta, il giudice tutelare preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Le designazioni di cui al primo comma possono essere revocate dall'autore con le stesse forme.
Non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario.
Il giudice tutelare, quando ne ravvisa l'opportunita', e nel caso di designazione dell'interessato quando ricorrano gravi motivi, puo' chiamare all'incarico di amministratore di sostegno anche altra persona idonea, ovvero uno dei soggetti di cui al titolo II al cui legale rappresentante ovvero alla persona che questi ha facolta' di delegare con atto depositato presso l'ufficio del giudice tutelare, competono tutti i doveri e tutte le facolta' previste nel presente capo.))
Art. 409.
(( (Effetti dell'amministrazione di sostegno). ))
((Il beneficiario conserva la capacita' di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno.
Il beneficiario dell'amministrazione di sostegno puo' in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.))
Art. 410.
(( (Doveri dell'amministratore di sostegno). ))
((Nello svolgimento dei suoi compiti l'amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario.
L'amministratore di sostegno deve tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonche' il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso. In caso di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero di negligenza nel perseguire l'interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, questi, il pubblico ministero o gli altri soggetti di cui all'articolo 406 possono ricorrere al giudice tutelare, che adotta con decreto motivato gli opportuni provvedimenti.
L'amministratore di sostegno non e' tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre dieci anni, ad eccezione dei casi in cui tale incarico e' rivestito dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli ascendenti o dai discendenti.))
Art. 411.
(( (Norme applicabili all'amministrazione di sostegno). ))
((Si applicano all'amministratore di sostegno, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 349 a 353 e da 374 a 388. I provvedimenti di cui agli articoli 375 e 376 sono emessi dal giudice tutelare.
All'amministratore di sostegno si applicano altresi', in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 596, 599 e 779.
Sono in ogni caso valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell'amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente.
Il giudice tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l'amministratore di sostegno, o successivamente, puo' disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, si estendano al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, avuto riguardo all'interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle predette disposizioni. Il provvedimento e' assunto con decreto motivato a seguito di ricorso che puo' essere presentato anche dal beneficiario direttamente.))
Art. 412.
(( (Atti compiuti dal beneficiario o dall'amministratore di sostegno in violazione di norme di legge o delle disposizioni del giudice). ))
((Gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice, possono essere annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa.
Possono essere parimenti annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno.
Le azioni relative si prescrivono nel termine di cinque anni. Il termine decorre dal momento in cui e' cessato lo stato di sottoposizione all'amministrazione di sostegno.))
Art. 413.
(( (Revoca dell'amministrazione di sostegno). ))
((Quando il beneficiario, l'amministratore di sostegno, il pubblico ministero o taluno dei soggetti di cui all'articolo 406, ritengono che si siano determinati i presupposti per la cessazione dell'amministrazione di sostegno, o per la sostituzione dell'amministratore, rivolgono istanza motivata al giudice tutelare.
L'istanza e' comunicata al beneficiario ed all'amministratore di sostegno.
Il giudice tutelare provvede con decreto motivato, acquisite le necessarie informazioni e disposti gli opportuni mezzi istruttori.
Il giudice tutelare provvede altresi', anche d'ufficio, alla dichiarazione di cessazione dell'amministrazione di sostegno quando questa si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario. In tale ipotesi, se ritiene che si debba promuovere giudizio di interdizione o di inabilitazione, ne informa il pubblico ministero, affinche' vi provveda. In questo caso l'amministrazione di sostegno cessa con la nomina del tutore o del curatore provvisorio ai sensi dell'articolo 419, ovvero con la dichiarazione di interdizione o di inabilitazione)).
((Capo II))
((Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale))
Art. 414.
(( (Persone che possono essere interdette). ))
((Il maggiore di eta' e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermita' di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando cio' e' necessario per assicurare la loro adeguata protezione)).
Art. 415.
(Persone che possono essere inabilitate).
Il maggiore di eta' infermo di mente, lo stato del quale non e' talmente grave da far luogo all'interdizione, puo' essere inabilitato.
Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalita' o per abuso abituale di bevande alcooliche o di stupefacenti, espongono se' o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici.
Possono infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente, salva l'applicazione dell'art. 414 quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 416.
(Interdizione e inabilitazione nell'ultimo anno di minore eta').
Il minore non emancipato puo' essere interdetto o inabilitato nell'ultimo anno della sua minore eta'. L'interdizione o l'inabilitazione ha effetto dal giorno in cui il minore raggiunge l'eta' maggiore.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 417.
(Istanza d'interdizione o d'inabilitazione).
L'interdizione e l'inabilitazione possono essere promosse dalle persone indicate negli articoli 414 e 415, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero.
Se l'interdicendo o l'inabilitando si trova sotto la patria potesta' o ha per curatore uno dei genitori, l'interdizione o l'inabilitazione non puo' essere promossa che su istanza del genitore medesimo o del pubblico ministero.((223))
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 63, comma 1) che "Al secondo comma dell'articolo 417 del codice civile le parole: "potesta' dei genitori" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilita' genitoriale".".
Art. 418.
(Poteri dell'autorita' giudiziaria).
Promosso il giudizio d'interdizione, puo' essere dichiarata anche d'ufficio l'inabilitazione per infermita' di mente.
Se nel corso del giudizio d'inabilitazione si rivela l'esistenza delle condizioni richieste per l'interdizione, il pubblico ministero fa istanza al tribunale di pronunziare l'interdizione, e il tribunale provvede nello stesso giudizio, premessa l'istruttoria necessaria.
((Se nel corso del giudizio di interdizione o di inabilitazione appare opportuno applicare l'amministrazione di sostegno, il giudice, d'ufficio o ad istanza di parte, dispone la trasmissione del procedimento al giudice tutelare. In tal caso il giudice competente per l'interdizione o per l'inabilitazione puo' adottare i provvedimenti urgenti di cui al quarto comma dell'articolo 405)).
Art. 419.
(Mezzi istruttori e provvedimenti provvisori).
Non si puo' pronunziare l'interdizione o l'inabilitazione senza che si sia proceduto all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando.
Il giudice puo' in questo esame farsi assistere da un consulente tecnico. Puo' anche d'ufficio disporre i mezzi istruttori utili ai fini del giudizio, interrogare i parenti prossimi dell'interdicendo o inabilitando e assumere le necessarie informazioni.
Dopo l'esame, qualora sia ritenuto opportuno, puo' essere nominato un tutore provvisorio all'interdicendo o un curatore provvisorio all'inabilitando.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 420.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 13 MAGGIO 1978, N. 180 ((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 421.
(Decorrenza degli effetti dell'interdizione e dell'inabilitazione).
L'interdizione e l'inabilitazione producono i loro effetti dal giorno della pubblicazione della sentenza, salvo il caso previsto dall'art. 416.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 422.
(Cessazione del tutore e del curatore provvisorio).
Nella sentenza che rigetta l'istanza d'interdizione o d'inabilitazione, puo' disporsi che il tutore o il curatore provvisorio rimanga in ufficio fino a che la sentenza non sia passata in giudicato.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 423.
(Pubblicita').
Il decreto di nomina del tutore o del curatore provvisorio e la sentenza d'interdizione o d'inabilitazione devono essere immediatamente annotati a cura del cancelliere nell'apposito registro e comunicati entro dieci giorni all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all'atto di nascita.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 424.
(Tutela dell'interdetto e curatela dell'inabilitato).
Le disposizioni sulla tutela dei minori e quelle sulla curatela dei minori emancipati si applicano rispettivamente alla tutela degli interdetti e alla curatela degli inabilitati.
Le stesse disposizioni si applicano rispettivamente anche nei casi di nomina del tutore provvisorio dell'interdicendo e del curatore provvisorio dell'inabilitando a norma dell'art. 419. Per l'interdicendo non si nomina il protutore provvisorio.
((Nella scelta del tutore dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato il giudice tutelare individua di preferenza la persona piu' idonea all'incarico tra i soggetti, e con i criteri, indicati nell'articolo 408)).
Art. 425.
(Esercizio dell'impresa commerciale da parte dell'inabilitato).
L'inabilitato puo' continuare l'esercizio dell'impresa commerciale soltanto se autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare. L'autorizzazione puo' essere subordinata alla nomina di un institore.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 426.
(Durata dell'ufficio).
Nessuno e' tenuto a continuare nella tutela dell'interdetto o nella curatela dell'inabilitato oltre dieci anni, ad eccezione del coniuge, ((della persona stabilmente convivente,)) degli ascendenti o dei discendenti.
Art. 427.
(Atti compiuti dall'interdetto e dall'inabilitato).
((Nella sentenza che pronuncia l'interdizione o l'inabilitazione, o in successivi provvedimenti dell'autorita' giudiziaria, puo' stabilirsi che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall'interdetto senza l'intervento ovvero con l'assistenza del tutore, o che taluni atti eccedenti l'ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall'inabilitato senza l'assistenza del curatore)).
Gli atti compiuti dall'interdetto dopo la sentenza di interdizione possono essere annullati su istanza del tutore, dell'interdetto o dei suoi eredi o aventi causa. Sono del pari annullabili gli atti compiuti dall'interdetto dopo la nomina del tutore provvisorio, qualora alla nomina segua la sentenza d'interdizione.
Possono essere annullati su istanza dell'inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione fatti dall'inabilitato, senza l'osservanza delle prescritte formalita', dopo la sentenza di inabilitazione o dopo la nomina del curatore provvisorio, qualora alla nomina sia seguita l'inabilitazione.
Per gli atti compiuti dall'interdetto prima della sentenza d'interdizione o prima della nomina del tutore provvisorio si applicano le disposizioni dell'articolo seguente.
Art. 428.
(Atti compiuti da persona incapace d'intendere o di volere).
Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore.
L'annullamento dei contratti non puo' essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere o per la qualita' del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente.
L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto e' stato compiuto.
Resta salva ogni diversa disposizione di legge.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 429.
(Revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione).
Quando cessa la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione, queste possono essere revocate su istanza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado o degli affini entro il secondo grado, del tutore dell'interdetto, del curatore dell'inabilitato o su istanza del pubblico ministero.
Il giudice tutelare deve vigilare per riconoscere se la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione continui. Se ritiene che sia venuta meno, deve informarne il pubblico ministero.
((Se nel corso del giudizio per la revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione appare opportuno che, successivamente alla revoca, il soggetto sia assistito dall'amministratore di sostegno, il tribunale, d'ufficio o ad istanza di parte, dispone la trasmissione degli atti al giudice tutelare)).
Art. 430.
(Pubblicita').
Alla sentenza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione si applica l'art. 423.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 431.
(Decorrenza degli effetti della sentenza di revoca).
La sentenza che revoca l'interdizione o l'inabilitazione produce i suoi effetti appena passata in giudicato.
Tuttavia gli atti compiuti dopo la pubblicazione della sentenza di revoca non possono essere impugnati se non quando la revoca e' esclusa con sentenza passata in giudicato.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
Art. 432.
(Inabilitazione nel giudizio di revoca dell'interdizione).
L'autorita' giudiziaria che, pur riconoscendo fondata l'istanza di revoca dell'interdizione, non crede che l'infermo abbia riacquistato la piena capacita', puo' revocare l'interdizione e dichiarare inabilitato l'infermo medesimo.
Si applica anche in questo caso il primo comma dell'articolo precedente.
Gli atti non eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti dall'inabilitato dopo la pubblicazione della sentenza che revoca l'interdizione, possono essere impugnati solo quando la revoca e' esclusa con sentenza passata in giudicato.((146))
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AGGIORNAMENTO (146)
La L. 9 gennaio 2004, n. 6 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nel titolo XII del libro primo del codice civile, prima dell'articolo 414 sono inserite le seguenti parole:
"Capo II. - Della interdizione, della inabilitazione e della incapacita' naturale"."
TITOLO XIII
DEGLI ALIMENTI
Persone obbligate.
All'obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell'ordine:
1) il coniuge;
((2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;))
((3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;))
4) i generi e le nuore;
5) il suocero e la suocera;
6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.(216)
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AGGIORNAMENTO (216)
La L. 10 dicembre 2012, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 11) che "Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli»."
Art. 434.
(Cessazione dell'obbligo tra affini).
L'obbligazione alimentare del suocero e della suocera e quella del genero e della nuora cessano:
1) quando la persona che ha diritto agli alimenti e' passata a nuove nozze;
2) quando il coniuge, da cui deriva l'affinita', e i figli nati dalla sua unione con l'altro coniuge e i loro discendenti sono morti.
Art. 435.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 436.
Obbligo tra adottante e adottato.
Lo adottante deve gli alimenti al figlio adottivo con precedenza sui genitori ((...)) di lui.
Art. 437.
(Obbligo del donatario).
Il donatario e' tenuto, con precedenza su ogni altro obbligato, a prestare gli alimenti al donante, a meno che si tratti di donazione fatta in riguardo di un matrimonio o di una donazione rimuneratoria.
Art. 438.
(Misura degli alimenti).
Gli alimenti possono essere chiesti solo da chi versa in istato di bisogno e non e' in grado di provvedere al proprio mantenimento.
Essi devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. Non devono tuttavia superare quanto sia necessario per la vita dell'alimentando, avuto pero' riguardo alla sua posizione sociale.
Il donatario non e' tenuto oltre il valore della donazione tuttora esistente nel suo patrimonio.
Art. 439.
(Misura degli alimenti tra fratelli e sorelle).
Tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario.
((Possono comprendere anche le spese per l'educazione e l'istruzione se si tratta di minore)).
Art. 440.
(Cessazione, riduzione e aumento).
Se dopo l'assegnazione degli alimenti mutano le condizioni economiche di chi li somministra o di chi li riceve, l'autorita' giudiziaria provvede per la cessazione, la riduzione o l'aumento, secondo le circostanze. Gli alimenti possono pure essere ridotti per la condotta disordinata o riprovevole dell'alimentato.
Se, dopo assegnati gli alimenti, consta che uno degli obbligati di grado anteriore e' in condizione di poterli somministrare, l'autorita' giudiziaria non puo' liberare l'obbligato di grado posteriore se non quando abbia imposto all'obbligato di grado anteriore di somministrare gli alimenti.
Art. 441.
(Concorso di obbligati).
Se piu' persone sono obbligate nello stesso grado alla prestazione degli alimenti, tutte devono concorrere alla prestazione stessa, ciascuna in proporzione delle proprie condizioni economiche.
Se le persone chiamate in grado anteriore alla prestazione non sono in condizioni di sopportare l'onere in tutto o in parte, l'obbligazione stessa e' posta in tutto o in parte a carico delle persone chiamate in grado posteriore.
Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrazione degli alimenti, provvede l'autorita' giudiziaria secondo le circostanze.
Art. 442.
(Concorso di aventi diritto).
Quando piu' persone hanno diritto agli alimenti nei confronti di un medesimo obbligato, e questi non e' in grado' di provvedere ai bisogni di ciascuna di esse, l'autorita' giudiziaria da' i provvedimenti opportuni, tenendo conto della prossimita' della parentela e dei rispettivi bisogni, e anche della possibilita' che taluno degli aventi diritto abbia di conseguire gli alimenti da obbligati di grado ulteriore.
Art. 443.
(Modo di somministrazione degli alimenti).
Chi deve somministrare gli alimenti ha la scelta di adempiere questa obbligazione o mediante un assegno alimentare corrisposto in periodi anticipati, o accogliendo e mantenendo nella propria casa colui che vi ha diritto.
L'autorita' giudiziaria puo' pero', secondo le circostanze, determinare il modo di somministrazione.
In caso di urgente necessita' l'autorita' giudiziaria puo' altresi' porre temporaneamente l'obbligazione degli alimenti a carico di uno solo tra quelli che vi sono obbligati, salvo il regresso verso gli altri.
Art. 444.
(Adempimento della prestazione alimentare).
L'assegno alimentare prestato secondo le modalita' stabilite non puo' essere nuovamente richiesto, qualunque uso l'alimentando ne abbia fatto.
Art. 445.
(Decorrenza degli alimenti).
Gli alimenti sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale o dal giorno della costituzione in mora dell'obbligato, quando questa costituzione sia entro sei mesi seguita dalla domanda giudiziale.
Art. 446.
(Assegno provvisorio).
Finche' non sono determinati definitivamente il modo e la misura degli alimenti, il presidente del tribunale puo', sentita l'altra parte, ordinare un assegno in via provvisoria ponendolo, nel caso di concorso di piu' obbligati, a carico anche di uno solo di essi, salvo il regresso verso gli altri.(111)((112a))
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 447.
(Inammissibilita' di cessione e di compensazione).
Il credito alimentare non puo' essere ceduto.
L'obbligato agli alimenti non puo' opporre all'altra parte la compensazione, neppure quando si tratta di prestazioni arretrate.
Art. 448.
(Cessazione per morte dell'obbligato).
L'obbligo degli alimenti cessa con la morte dell'obbligato, anche se questi li ha somministrati in esecuzione di sentenza.
Art. 448-bis
(Cessazione per decadenza dell'avente diritto dalla ((responsabilita' genitoriale)) sui figli).
Il figlio, anche adottivo, e, in sua mancanza, i discendenti prossimi non sono tenuti all'adempimento dell'obbligo di prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale e' stata pronunciata la decadenza dalla ((responsabilita' genitoriale)) e, per i fatti che non integrano i casi di indegnita' di cui all'articolo 463, possono escluderlo dalla successione.
TITOLO XIV
DEGLI ATTI DELLO STATO CIVILE
Art. 449.
(Registri dello stato civile).
I registri dello stato civile sono tenuti in ogni comune in conformita' delle norme contenute nella legge sull'ordinamento dello stato civile.
Art. 450.
(Pubblicita' dei registri dello stato civile).
I registri dello stato civile sono pubblici.
Gli ufficiali dello stato civile devono rilasciare gli estratti e i certificati che vengono loro domandati con le indicazioni dalla legge prescritte.
Essi devono altresi' compiere negli atti affidati alla loro custodia le indagini domandate dai privati.
Art. 451.
(Forza probatoria degli atti).
Gli atti dello stato civile fanno prova, fino a querela di falso, di cio' che l'ufficiale pubblico attesta essere avvenuto alla sua presenza o da lui compiuto.
Le dichiarazioni dei comparenti fanno fede fino a prova contraria.
Le indicazioni estranee all'atto non hanno alcun valore.
Art. 452.
(Mancanza, distruzione o smarrimento di registri).
Se non si sono tenuti i registri o sono andati distrutti o smarriti o se, per qualunque altra causa, manca in tutto o in parte la registrazione dell'atto, la prova della nascita o della morte puo' essere data con ogni mezzo.
In caso di mancanza, di distruzione totale o parziale, di alterazione o di occultamento accaduti per dolo del richiedente, questi non e' ammesso alla prova consentita nel comma precedente.
Art. 453.
(Annotazioni).
Nessuna annotazione puo' essere fatta sopra un atto gia' iscritto nei registri se non e' disposta per legge ovvero non e' ordinata dall'autorita' giudiziaria.
Art. 454.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 3 NOVEMBRE 2000, N. 396)).
Art. 455.
(Efficacia della sentenza di rettificazione).
La sentenza di rettificazione non puo' essere opposta a quelli che non concorsero a domandare la rettificazione, ovvero non furono parti in giudizio o non vi furono regolarmente chiamati.
LIBRO SECONDO
DELLE SUCCESSIONI
TITOLO I
DISPOSIZIONI
GENERALI
SULLE
SUCCESSIONI
CAPO I
Dell'apertura della successione,
della
delazione
e dell'acquisto dell'eredita'
Art. 456.
(Apertura della successione).
La successione si apre al momento della morte, nel luogo dell'ultimo domicilio del defunto.
Art. 457.
(Delazione dell'eredita').
L'eredita' si devolve per legge o per testamento.
Non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria.
Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari.
Art. 458.
(Divieto di patti successori).
((Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti,)) e' nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. E' del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi.
Art. 459.
(Acquisto dell'eredita').
L'eredita' si acquista con l'accettazione. L'effetto dell'accettazione risale al momento nel quale si e' aperta la successione.
Art. 460.
(Poteri del chiamato prima dell'accettazione).
Il chiamato all'eredita' puo' esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari, senza bisogno di materiale apprensione.
Egli inoltre puo' compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea, e puo' farsi autorizzare dall'autorita' giudiziaria a vendere i beni che non si possono conservare o la cui conservazione importa grave dispendio.
Non puo' il chiamato compiere gli atti indicati nei commi precedenti, quando si e' provveduto alla nomina di un curatore dell'eredita' a norma dell'art. 528.
Art. 461.
(Rimborso delle spese sostenute dal chiamato).
Se il chiamato rinunzia all'eredita', le spese sostenute per gli atti indicati dall'articolo precedente sono a carico dell'eredita'.
CAPO II
Della capacita' di succedere
Art. 462.
(Capacita' delle persone fisiche).
Sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell'apertura della successione.
Salvo prova contraria, si presume concepito al tempo dell'apertura della successione chi e' nato entro i trecento giorni dalla morte della persona della cui successione si tratta.
Possono inoltre ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, benche' non ancora concepiti.
CAPO III
Dell'indegnita'
Art. 463.
(Casi d'indegnita').
E' escluso dalla successione come indegno:
1) chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima, purche' non ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilita' a norma della legge penale;
2)chi ha commesso, in danno di una di tali persone, un fatto al quale la legge ((...)) dichiara applicabili le disposizioni sull'omicidio;
3) chi ha denunziato una di tali persone per reato punibile ((...)) con l'ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denunzia e' stata dichiarata calunniosa in giudizio penale; ovvero ha testimoniato contro le persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza e' stata dichiarata, nei confronti di lui, falsa in giudizio penale;
((3-bis) chi, essendo decaduto dalla potesta' genitoriale nei confronti della persona della cui successione si tratta a norma dell'articolo 330, non e' stato reintegrato nella potesta' alla data di apertura della successione della medesima));
4) chi ha indotto con dolo o violenza la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare o mutare il testamento, o ne l'ha impedita;
5) chi ha soppresso, celato o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata;
6) chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso.
Art. 464.
(Restituzione dei frutti).
L'indegno e' obbligato a restituire i frutti che gli sono pervenuti dopo l'apertura della successione.
Art. 465.
(Indegnita' del genitore).
Colui che e' escluso per indegnita' dalla successione non ha sui beni della medesima, che siano devoluti ai suoi figli, i diritti di usufrutto o di amministrazione che la legge accorda ai genitori.
Art. 466.
(Riabilitazione dell'indegno).
Chi e' incorso nell'indegnita' e' ammesso a succedere quando la persona, della cui successione si tratta, ve lo ha espressamente abilitato con atto pubblico o con testamento.
Tuttavia l'indegno non espressamente abilitato, se e' stato contemplato nel testamento quando il testatore conosceva la causa dell'indegnita', e' ammesso a succedere nei limiti della disposizione testamentaria.
CAPO IV
Della rappresentazione
Art. 467.
Nozione.
La rappresentazione fa subentrare i discendenti ((...)) nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non puo' o non vuole accettare l'eredita' o il legato.
Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l'istituto non possa o non voglia accettare la eredita' o il legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale.
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AGGIORNAMENTO (15)
La Corte Costituzionale, con sentenza 2 - 14 aprile 1969, n. 79 (in G.U. 1a s.s. 23/04/1969, n. 105), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo "limitatamente alla parte in cui esclude dalla rappresentazione il figlio naturale di chi, figlio o fratello del de cuius, non potendo o non volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti legittimi".
Art. 468.
(Soggetti).
La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli, legittimati e adottivi, nonche' dei discendenti dei figli del defunto, e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.((223))
I discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunziato all'eredita' della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci o indegni di succedere rispetto a questa. (15)
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AGGIORNAMENTO (15)
La Corte Costituzionale, con sentenza 2 - 14 aprile 1969, n. 79 (in G.U. 1a s.s. 23/04/1969, n. 105), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale "dell'art. 468 del Codice civile, a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e negli stessi limiti di cui al predetto art. 467 del Codice civile".
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 68, comma 1) che "All'articolo 468 del codice civile le parole: "legittimi, legittimati e adottivi" sono sostituite dalle seguenti: "anche adottivi"; le parole: "nonche' dei discendenti dei figli naturali del defunto," sono soppresse".
Art. 469.
(Estensione del diritto di rappresentazione. Divisione)
La rappresentazione ha luogo in infinito, siano uguali o disuguali il grado dei discendenti e il loro numero in ciascuna stirpe.
La rappresentazione ha luogo anche nel caso di unicita' di stirpe.
Quando vi e' rappresentazione, la divisione si fa per stirpi.
Se uno stipite ha prodotto piu' rami, la suddivisione avviene per stirpi anche in ciascun ramo, e per capi tra i membri del medesimo ramo.
CAPO V
DELL'ACCETTAZIONE
DELL'EREDITA'
Sezione
I
Disposizioni
generali
Art. 470.
(Accettazione pura e semplice e accettazione col beneficio d'inventario).
L'eredita' puo' essere accettata puramente e semplicemente o col beneficio d'inventario.
L'accettazione col beneficio d'inventario puo' farsi nonostante qualunque divieto del testatore.
Art. 471.
(Eredita' devolute a minori o interdetti).
Non si possono accettare le eredita' devolute ai minori e agli interdetti, se non col beneficio d'inventario, osservate le disposizioni degli articoli 321 e 374.
Art. 472.
(Eredita' devolute a minori emancipati o a inabilitati).
I minori emancipati e gli inabilitati non possono accettare le eredita', se non col beneficio d'inventario; osservate le disposizioni dell'art. 394.
Art. 473.
(( (Eredita' devolute a persone giuridiche o ad associazioni, fondazioni ed enti non riconosciuti). ))
((L'accettazione delle eredita' devolute alle persone giuridiche o ad associazioni, fondazioni ed enti non riconosciuti non puo' farsi che col beneficio d'inventario.
Il presente articolo non si applica alle societa')).
Art. 474.
(Modi di accettazione).
L'accettazione puo' essere espressa o tacita.
Art. 475.
(Accettazione espressa).
L'accettazione e' espressa quando, in un atto pubblico o in una scrittura privata, il chiamata all'eredita' ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede.
E' nulla la dichiarazione di accettare sotto condizione o a termine.
Parimenti e' nulla la dichiarazione di accettazione parziale di eredita'.
Art. 476.
(Accettazione tacita).
L'accettazione e' tacita quando il chiamato all'eredita' compie un atto che presuppone necessariamente la sua volonta' di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualita' di erede.
Art. 477.
(Donazione, vendita e cessione dei diritti di successione).
La donazione, la vendita o la cessione, che il chiamato all'eredita' faccia dei suoi diritti di successione a un estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuno di questi, importa accettazione dell'eredita'.
Art. 478.
(Rinunzia che importa accettazione).
La rinunzia ai diritti di successione, qualora sia fatta verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, importa accettazione.
Art. 479.
(Trasmissione del diritto di accettazione).
Se il chiamato all'eredita' muore senza averla accettata, il diritto di accettarla si trasmette agli eredi.
Se questi non sono d'accordo per accettare o rinunziare, colui che accetta l'eredita' acquista tutti i diritti e soggiace a tutti i pesi ereditari, mentre vi rimane estraneo chi ha rinunziato.
La rinunzia all'eredita' propria del trasmittente include rinunzia all'eredita' che al medesimo e' devoluta.
Art. 480.
(Prescrizione).
Il diritto di accettare l'eredita' si prescrive in dieci anni.
Il termine decorre dal giorno dell'apertura della successione e, in caso d'istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione.((In caso di accertamento giudiziale della filiazione il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione stessa.))
Il termine non corre per i chiamati ulteriori, se vi e' stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario e' venuto meno.
Art. 481.
(Fissazione di un termine per l'accettazione).
Chiunque vi ha interesse puo' chiedere che l'autorita' giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiara se accetta o rinunzia all'eredita'. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare.
Art. 482.
(Impugnazione per violenza o dolo).
L'accettazione dell'eredita' si puo' impugnare quando e' effetto di violenza o di dolo.
L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui e' cessata la violenza o e' stato scoperto il dolo.
Art. 483.
(Impugnazione per errore).
L'accettazione dell'eredita' non si puo' impugnare se e' viziata da errore.
Tuttavia, se si scopre un testamento del quale non si aveva notizia al tempo dell'accettazione, l'erede non e' tenuto a soddisfare i legati scritti in esso oltre il valore dell'eredita', o con pregiudizio della porzione legittima che gli e' dovuta. Se i beni ereditari non bastano a soddisfare tali legati, si riducono proporzionalmente anche i legati scritti in altri testamenti. Se alcuni legatari sono stati gia' soddisfatti per intero, contro di loro e' data azione di regresso.
L'onere di provare il valore dell'eredita' incombe all'erede.
Sezione II
Del beneficio d'inventario
Art. 484.
(Accettazione col beneficio d'inventario).
L'accettazione col beneficio d'inventario si fa mediante dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si e' aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni conservato nello stesso tribunale.(111)((112a))
Entro un mese dall'inserzione, la dichiarazione deve essere trascritta, a cura del cancelliere, presso l'ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si e' aperta la successione.
La dichiarazione deve essere preceduta o seguita dall'inventario, nelle forme prescritte dal codice di procedura civile.
Se l'inventario e' fatto prima della dichiarazione, nel registro deve pure menzionarsi la data in cui esso e' stato compiuto.
Se l'inventario e' fatto dopo la dichiarazione, l'ufficiale pubblico che lo ha redatto deve, nel termine di un mese, far inserire nel registro l'annotazione della data in cui esso e' stato compiuto.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 485.
(Chiamato all'eredita' che e' nel possesso di beni).
Il chiamato all'eredita', quando a qualsiasi titolo e' nel possesso di beni ereditari, deve fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione o della notizia della devoluta eredita'. Se entro questo termine lo ha cominciato ma non e' stato in grado di completarlo, puo' ottenere dal tribunale del luogo in cui si e' aperta la successione una proroga che, salvo gravi circostanze, non deve eccedere i tre mesi.(111)((112a))
Trascorso tale termine senza che l'inventario sia stato compiuto, il chiamato all'eredita' e' considerato erede puro e semplice.
Compiuto l'inventario, il chiamato che non abbia ancora fatto la dichiarazione a norma dell'art. 484 ha un termine di quaranta giorni da quello del compimento dell'inventario medesimo, per deliberare se accetta o rinunzia all'eredita'. Trascorso questo termine senza che abbia deliberato, e' considerato erede puro e semplice.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 486.
(Poteri).
Durante i termini stabiliti dall'articolo precedente per fare l'inventario e per deliberare, il chiamato, oltre che esercitare i poteri indicati nell'art. 460, puo' stare in giudizio come convenuto per rappresentare l'eredita'.
Se non compare, l'autorita' giudiziaria nomina un curatore all'eredita' affinche' la rappresenti in giudizio.
Art. 487.
(Chiamato all'eredita' che non e' nel possesso di beni).
Il chiamato all'eredita', che non e' nel possesso di beni ereditari, puo' fare la dichiarazione di accettare col beneficio d'inventario fino a che il diritto di accettare non e' prescritto.
Quando ha fatto la dichiarazione, deve compiere l'inventario nel termine di tre mesi dalla dichiarazione, salva la proroga accordata dall'autorita' giudiziaria a norma dell'art. 485; in mancanza, e' considerato erede puro e semplice.
Quando ha fatto l'inventario non preceduto da dichiarazione d'accettazione, questa deve essere fatta nei quaranta giorni successivi al compimento dell'inventario; in mancanza, il chiamato perde il diritto di accettare l'eredita'.
Art. 488.
(Dichiarazione in caso di termine fissato dall'autorita' giudiziaria).
Il chiamato all'eredita',che non e' nel possesso di beni ereditari, qualora gli sia stato assegnato un termine a norma dell'art. 481, deve, entro detto termine, compiere anche l'inventario; se fa la dichiarazione e non l'inventario, e' considerato erede puro e semplice.
L'autorita' giudiziaria puo' accordare una dilazione.
Art. 489.
(Incapaci).
I minori, gli interdetti e gli inabilitati non s'intendono decaduti dal beneficio d'inventario, se non al compimento di un anno dalla maggiore eta' o dal cessare dello stato d'interdizione o d'inabilitazione, qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione.
Art. 490.
(Effetti del beneficio d'inventario).
L'effetto del beneficio d'inventario consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede.
Conseguentemente:
1) l'erede conserva verso l'eredita' tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte;
2) l'erede non e' tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti;
3) i creditori dell'eredita' e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell'erede. Essi pero' non sono dispensati dal domandare la separazione dei beni, secondo le disposizioni del capo seguente, se vogliono conservare questa preferenza anche nel caso che l'erede decada dal beneficio d'inventario o vi rinunzi.
Art. 491.
(Responsabilita' dell'erede nell'amministrazione).
L'erede con beneficio d'inventario non risponde dell'amministrazione dei beni ereditari se non per colpa grave.
Art. 492.
(Garanzia).
Se i creditori o altri aventi interesse lo richiedono, l'erede deve dare idonea garanzia per il valore dei beni mobili compresi nell'inventario, per i frutti degli immobili e per il prezzo dei medesimi che sopravanzi al pagamento dei creditori ipotecari.
Art. 493.
(Alienazioni dei beni ereditari senza autorizzazione).
L'erede decade dal beneficio d'inventario, se aliena o sottopone a pegno o ipoteca beni ereditari, o transige relativamente a questi beni senza l'autorizzazione giudiziaria e senza osservare le forme prescritte dal codice di procedura civile.
Per i beni mobili l'autorizzazione non e' necessaria trascorsi cinque anni dalla dichiarazione di accettare con beneficio d'inventario.
Art. 494.
(Omissioni o infedelta' nell'inventario).
Dal beneficio d'inventario decade l'erede che ha omesso in mala fede di denunziare nell'inventario beni appartenenti all'eredita', o che ha denunziato in mala fede, nell'inventario stesso, passivita' non esistenti.
Art. 495.
(Pagamento dei creditori e legatari).
Trascorso un mese dalla trascrizione prevista nell'art. 484 o dall'annotazione disposta nello stesso articolo per il caso che l'inventario sia posteriore alla dichiarazione, l'erede, quando creditori o legatari non si oppongono ed egli non intende promuovere la liquidazione a norma dell'art. 503, paga i creditori e i legatari a misura che si presentano, salvi i loro diritti di poziorita'.
Esaurito l'asse ereditario, i creditori rimasti insoddisfatti hanno soltanto diritto di regresso contro i legatari, ancorche' di cosa determinata appartenente al testatore, nei limiti del valore del legato.
Tale diritto si prescrive in tre anni dal giorno dell'ultimo pagamento, salvo che il credito sia anteriormente prescritto.
Art. 496.
(Rendimento del conto).
L'erede ha l'obbligo di rendere conto della sua amministrazione ai creditori e ai legatari, i quali possono fare assegnare un termine all'erede.
Art. 497.
(Mora nel rendimento del conto).
L'erede non puo' essere costretto al pagamento con i propri beni, se non quando e' stato costituito in mora a presentare il conto e non ha ancora soddisfatto a quest'obbligo.
Dopo la liquidazione del conto, non puo' essere costretto al pagamento con i propri beni se non fino alla concorrenza delle somme di cui e' debitore.
Art. 498.
(Liquidazione dell'eredita' in caso di opposizione).
Qualora entro il termine indicato nell'art. 495 gli sia stata notificata opposizione da parte di creditori o di legatari, l'erede non puo' eseguire pagamenti, ma deve provvedere alla liquidazione dell'eredita' nell'interesse di tutti i creditori e legatari.
A tal fine egli, non oltre un mese dalla notificazione dell'opposizione, deve, a mezzo di un notaio del luogo dell'aperta successione, invitare i creditori e i legatari a presentare, entro un termine stabilito dal notaio stesso e non inferiore a giorni trenta, le dichiarazioni di credito.
L'invito e' spedito per raccomandata ai creditori e ai legatari dei quali e' noto il domicilio o la residenza ed e' pubblicato nel foglio degli annunzi legali della provincia.
(Procedura di liquidazione).
Scaduto il termine entro il quale devono presentarsi le dichiarazioni di credito, l'erede provvede, con l'assistenza del notaio, a liquidare le attivita' ereditarie facendosi autorizzare alle alienazioni necessarie. Se l'alienazione ha per oggetto beni sottoposti a privilegio o a ipoteca, i privilegi non si estinguono, e le ipoteche non possono essere cancellate sino a che l'acquirente non depositi il prezzo nel modo stabilito dal giudice o non provveda al pagamento dei creditori collocati nello stato di graduazione previsto dal comma seguente.
L'erede forma, sempre con l'assistenza del notaio, lo stato di graduazione. I creditori sono collocati secondo i rispettivi diritti di prelazione. Essi sono preferiti ai legatari. Tra i creditori non aventi diritto a prelazione l'attivo ereditario e' ripartito in proporzione dei rispettivi crediti.
Qualora, per soddisfare i creditori, sia necessario comprendere nella liquidazione anche l'oggetto di un legato di specie, sulla somma che residua dopo il pagamento dei creditori il legatario di specie e' preferito agli altri legatari.
Art. 500.
(Termine per la liquidazione).
L'autorita' giudiziaria, su istanza di alcuno dei creditori o legatari, puo' assegnare un termine all'erede per liquidare le attivita' ereditarie e per formare lo stato di graduazione.
Art. 501.
(Reclami)
Compiuto lo stato di graduazione, il notaio ne da' avviso con raccomandata ai creditori e legatari di cui e' noto il domicilio o la residenza, e provvede alla pubblicazione di un estratto dello stato nel foglio degli annunzi legali della provincia. Trascorsi senza reclami trenta giorni dalla data di questa pubblicazione, lo stato di graduazione diviene definitivo.
Art. 502.
(Pagamento dei creditori e dei legatari).
Divenuto definitivo lo stato di graduazione o passata in giudicato la sentenza che pronunzia sui reclami, l'erede deve soddisfare i creditori e i legatari la conformita' dello stato medesimo. Questo costituisce titolo esecutivo contro l'erede.
La collocazione dei crediti condizionali non impedisce il pagamento dei creditori posteriori, sempre che questi diano cauzione.
I creditori e i legatari che non si sono presentati hanno azione contro l'erede solo nei limiti della somma che residua dopo il pagamento dei creditori e dei legatari collocati nello stato di graduazione. Questa azione si prescrive in tre anni dal giorno in cui lo stato e' divenuto definitivo o e' passata in giudicato la sentenza che ha pronunziato sui reclami, salvo che il credito sia anteriormente prescritto.
Art. 503.
(Liquidazione promossa dall'erede).
Anche quando non vi e' opposizione di creditori o di legatari, l'erede puo' valersi della procedura di liquidazione prevista dagli articoli precedenti.
Il pagamento fatto a creditori privilegiati o ipotecari non impedisce all'erede di valersi di questa procedura.
Art. 504.
(Liquidazione nel caso di piu' eredi)
Se vi sono piu' eredi con beneficio d'inventario, ciascuno puo' promuovere la liquidazione; ma deve convocare i propri coeredi davanti al notaio nel termine che questi ha stabilito per la dichiarazione dei crediti. I coeredi che non si presentano sono rappresentati nella liquidazione dal notaio.
Art. 505.
(Decadenza dal beneficio).
L'erede che, in caso di opposizione, non osserva le norme stabilite dall'art. 498 o non compie la liquidazione o lo stato di graduazione nel termine stabilito dall'art. 500, decade dal beneficio d'inventario.
Parimenti decade dal beneficio d'inventario l'erede che, nel caso previsto dall'art. 503, dopo l'invito ai creditori di presentare le dichiarazioni di credito, esegue pagamenti prima che sia definita la procedura di liquidazione o non osserva il termine che gli e' stato prefisso a norma dell'art. 500.
La decadenza non si verifica quando si tratta di pagamenti a favore di creditori privilegiati o ipotecari.
In ogni caso la decadenza dal beneficio d'inventario puo' essere fatta valere solo dai creditori del defunto e dai legatari.
Art. 506.
(Procedure individuali).
Eseguita la pubblicazione prescritta dal terzo comma dell'art. 498, non possono essere promosse procedure esecutive a istanza dei creditori. Possono tuttavia essere continuate quelle in corso, ma la parte di prezzo che residua dopo il pagamento dei creditori privilegiati e ipotecari deve essere distribuita in base allo stato di graduazione previsto dall'art. 499.
I crediti a termine diventano esigibili. Resta tuttavia il beneficio del termine, quando il credito e' munito di garanzia reale su beni la cui alienazione non si renda necessaria ai fini della liquidazione, e la garanzia stessa e' idonea ad assicurare il soddisfacimento integrale del credito.
Dalla data di pubblicazione dell'invito ai creditori previsto dal terzo comma dell'art. 498 e' sospeso il decorso degl'interessi dei crediti chirografari. I creditori tuttavia hanno diritto, compiuta la liquidazione, al collocamento degli interessi sugli eventuali residui.
Art. 507.
(Rilascio dei beni ai creditori e ai legatari).
L'erede, non oltre un mese dalla scadenza del termine stabilito per presentare le dichiarazioni di credito, se non ha provveduto ad alcun atto di liquidazione, puo' rilasciare tutti i beni ereditari a favore dei creditori e dei legatari.
A tal fine l'erede deve, nelle forme indicate dall'articolo 498, dare avviso ai creditori e ai legatari dei quali e' noto il domicilio o la residenza; deve iscrivere la dichiarazione di rilascio nel registro delle successioni, annotarla in margine alla trascrizione prescritta dal secondo comma dell'art. 484, e trascriverla presso gli uffici dei registri immobiliari dei luoghi in cui si trovano gli immobili ereditari e presso gli uffici dove sono registrati i beni mobili.
Dal momento in cui e' trascritta la dichiarazione di rilascio, gli atti di disposizione dei beni ereditari compiuti dall'erede sono senza effetto rispetto ai creditori e ai legatari.
L'erede deve consegnare i beni al curatore nominato secondo le norme dell'articolo seguente. Eseguita la consegna, egli resta liberato da ogni responsabilita' per i debiti ereditari.
Art. 508.
(Nomina del curatore).
Trascritta la dichiarazione di rilascio, il tribunale del luogo dell'aperta successione, su istanza dell'erede o di uno dei creditori o legatari, o anche d'ufficio, nomina un curatore, perche' provveda alla liquidazione secondo le norme degli articoli 498 e seguenti.(111)((112a))
Il decreto di nomina del curatore e' iscritto nel registro delle successioni.
Le attivita' che residuano, pagate le spese della curatela e soddisfatti i creditori e i legatari collocati nello stato di graduazione, spettano all'erede, salva l'azione dei creditori e legatari, che non si sono presentati, nei limiti determinati dal terzo comma dell'art. 502.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 509.
(Liquidazione proseguita su istanza dei creditori o legatari).
Se, dopo la scadenza del termine stabilito per presentare le dichiarazioni di credito, l'erede incorre nella decadenza dal beneficio d'inventario, ma nessuno dei creditori o legatari la fa valere, il tribunale del luogo dell'aperta successione, su istanza di uno dei creditori o legatari, sentiti l'erede e coloro che hanno presentato le dichiarazioni di credito, puo' nominare un curatore con l'incarico di provvedere alla liquidazione dell'eredita' secondo le norme degli articoli 499 e seguenti. Dopo la nomina del curatore, la decadenza dal beneficio non puo' piu' essere fatta valere.(111)((112a))
Il decreto di nomina del curatore e' iscritto nel registro delle successioni, annotato a margine della trascrizione prescritta dal secondo comma dell'art. 484, e trascritto negli uffici dei registri immobiliari dei luoghi dove si trovano gli immobili ereditari e negli uffici dove sono registrati i beni mobili.
L'erede perde l'amministrazione dei beni ed e' tenuto a consegnarli al curatore. Gli atti di disposizione che l'erede compie dopo trascritto il decreto di nomina del curatore sono senza effetto rispetto ai creditori e ai legatari.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 510.
(Accettazione o inventario fatti da uno dei chiamati).
L'accettazione con beneficio d'inventario fatta da uno dei chiamati giova a tutti gli altri, anche se l'inventario e' compiuto da un chiamato diverso da quello che ha fatto la dichiarazione.
Art. 511.
(Spese).
Le spese dell'apposizione dei sigilli, dell'inventario e di ogni altro atto dipendente dall'accettazione con beneficio d'inventario sono a carico dell'eredita'.
CAPO VI
Della separazione dei beni del defunto da quelli
dell'erede
Art. 512.
(Oggetto della separazione).
La separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede assicura il soddisfacimento, con i beni del defunto, dei creditori di lui e dei legatari che l'hanno esercitata, a preferenza dei creditori dell'erede.
Il diritto alla separazione spetta anche ai creditori o legatari che hanno altre garanzie sui beni del defunto.
La separazione non impedisce ai creditori e ai legatari che l'hanno esercitata, di soddisfarsi anche sui beni propri dell'erede.
Art. 513.
(Separazione contro i legatari di specie).
I creditori del defunto possono esercitare la separazione anche rispetto ai beni che formano oggetto di legato di specie.
Art. 514.
(Rapporti tra creditori separatisti e non separatisti).
I creditori e i legatari che hanno esercitato la separazione hanno diritto di soddisfarsi sui beni separati a preferenza dei creditori e dei legatari che non l'hanno esercitata, quando il valore della parte di patrimonio non separata sarebbe stato sufficiente a soddisfare i creditori e i legatari non separatisti.
Fuori di questo caso, i creditori e i legatari non separatisti possono concorrere con coloro che hanno esercitato la separazione; ma, se parte del patrimonio non e' stata separata, il valore di questa si aggiunge al prezzo dei beni separati per determinare quanto spetterebbe a ciascuno dei concorrenti, e quindi si considera come attribuito integralmente ai creditori e ai legatari non separatisti.
Quando la separazione e' esercitata da creditori e legatari, i creditori sono preferiti ai legatari. La preferenza e' anche accordata, nel caso previsto dal comma precedente, ai creditori non separatisti di fronte ai legatari separatisti.
Restano salve in ogni caso le cause di prelazione.
Art. 515.
(Cessazione della separazione).
L'erede puo' impedire o far cessare la separazione pagando i creditori e i legatari, e dando cauzione per il pagamento di quelli il cui diritto e' sospeso da condizione o sottoposto a termine, oppure e' contestato.
Art. 516.
(Termine per l'esercizio del diritto alla separazione).
Il diritto alla separazione deve essere esercitato entro il termine di tre mesi dall'apertura della successione.
Art. 517.
(Separazione riguardo ai mobili).
Il diritto alla separazione riguardo ai mobili si esercita mediante domanda giudiziale.
La domanda si propone con ricorso al tribunale del luogo dell'aperta successione, il quale ordina l'inventario, se non e' ancora fatto, e da' le disposizioni necessarie per la conservazione dei beni stessi.(111)((112a))
Riguardo ai mobili gia' alienati dall'erede, il diritto alla separazione comprende soltanto il prezzo non ancora pagato.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 518.
(Separazione riguardo agli immobili).
Riguardo agli immobili e agli altri beni capaci d'ipoteca, il diritto alla separazione si esercita mediante l'iscrizione del credito o del legato sopra ciascuno dei beni stessi. L'iscrizione si esegue nei modi stabiliti per iscrivere le ipoteche, indicando il nome del defunto e quello dell'erede, se e' conosciuto, e dichiarando che l'iscrizione stessa viene presa a titolo di separazione dei beni. Per tale iscrizione non e' necessario esibire il titolo.
Le iscrizioni a titolo di separazione, anche se eseguite in tempi diversi, prendono tutte il grado della prima e prevalgono sulle trascrizioni ed iscrizioni contro l'erede o il legatario, anche se anteriori.
Alle iscrizioni a titolo di separazione sono applicabili le norme sulle ipoteche.
CAPO VII
Della rinunzia all'eredita'
Art. 519.
(Dichiarazione di rinunzia)
La rinunzia all'eredita' deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si e' aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni.(111)((112a))
La rinunzia fatta gratuitamente a favore di tutti coloro ai quali si sarebbe devoluta la quota del rinunziante non ha effetto finche', a cura di alcuna delle parti, non siano osservate le forme indicate nel comma precedente.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 520.
(Rinunzia condizionata, a termine o parziale).
E' nulla la rinunzia fatta sotto condizione o a termine o solo per parte.
Art. 521.
(Retroattivita' della rinunzia).
Chi rinunzia all'eredita' e' considerato come se non vi fosse mai stato chiamato.
Il rinunziante puo' tuttavia ritenere la donazione o domandare il legato a lui fatto sino alla concorrenza della porzione disponibile, salve le disposizioni degli articoli 551 e 552.
Art. 522.
(Devoluzione nelle successioni legittime).
Nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante, salvo il diritto di rappresentazione e salvo il disposto dell'ultimo comma dell'art. 571. Se il rinunziante e' solo, l'eredita' si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso che egli mancasse.
Art. 523.
(Devoluzione nelle successioni testamentarie).
Nelle successioni testamentarie, se il testatore non ha disposto una sostituzione e se non ha luogo il diritto di rappresentazione, la parte del rinunziante si accresce ai coeredi a norma dell'art. 674, ovvero si devolve agli eredi legittimi a norma dell'art. 677.
Art. 524.
(Impugnazione della rinunzia da parte dei creditori).
Se taluno rinunzia, benche' senza frode, a un'eredita' con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l'eredita' in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti.
Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia.
Art. 525.
(Revoca della rinunzia).
Fino a che il diritto di accettare l'eredita' non e' prescritto contro i chiamati che vi hanno rinunziato, questi possono sempre accettarla, se non e' gia' stata acquistata da altro dei chiamati, senza pregiudizio delle ragioni acquistate da terzi sopra i beni dell'eredita'.
Art. 526.
(Impugnazione per violenza o dolo).
La rinunzia all'eredita' si puo' impugnare solo se e' l'effetto di violenza o di dolo.
L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui e' cessata la violenza o e' stato scoperto il dolo.
Art. 527.
(Sottrazione di beni ereditari).
I chiamati all'eredita', che hanno sottratto o nascosto beni spettanti all'eredita' stessa, decadono dalla facolta' di rinunziarvi e si considerano eredi puri e semplici, nonostante la loro rinunzia.
CAPO VIII
Dell'eredita' giacente
Art. 528.
(Nomina del curatore).
Quando il chiamato non ha accettato l'eredita' e non e' nel possesso di beni ereditari, il tribunale del circondario in cui si e' aperta la successione, su istanza delle persone interessate o anche d'ufficio, nomina un curatore dell'eredita'.(111)((112a))
Il decreto di nomina del curatore, a cura del cancelliere, e' pubblicato per estratto nel foglio degli annunzi legali della provincia e iscritto nel registro delle successioni.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 529.
(Obblighi del curatore).
Il curatore e' tenuto a procedere l'inventario dell'eredita', a esercitarne e promuoverne le ragioni, a rispondere alle istanze proposte contro la medesima, ad amministrarla, a depositare presso le casse postali o presso un istituto di credito designato dal tribunale il danaro che si trova nell'eredita' o si ritrae dalla vendita dei mobili o degli immobili, e, da ultimo, a rendere conto della propria amministrazione.(111)((112a))
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 530.
(Pagamento dei debiti ereditari).
Il curatore puo' provvedere al pagamento dei debiti ereditari e dei legati, previa autorizzazione del tribunale.(111)((112a))
Se pero' alcuno dei creditori o dei legatari fa opposizione, il curatore non puo' procedere ad alcun pagamento, ma deve provvedere alla liquidazione dell'eredita' secondo le norme degli articoli 498 e seguenti.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 531.
(Inventario, amministrazione e rendimento dei conti).
Le disposizioni della sezione II del capo V di questo titolo, che riguardano l'inventario, l'amministrazione e il rendimento di conti da parte dell'erede con beneficio d'inventario, sono comuni al curatore dell'eredita' giacente, esclusa la limitazione della responsabilita' per colpa.
Art. 532.
(Cessazione della curatela per accettazione dell'eredita').
Il curatore cessa dalle sue funzioni quando l'eredita' e' stata accettata.
CAPO IX
Della petizione di eredita'
Art. 533.
(Nozione).
L'erede puo' chiedere il riconoscimento della sua qualita' ereditaria contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni medesimi.
L'azione e' imprescrittibile, salvi gli effetti della usucapione rispetto ai singoli beni.
Art. 534.
(Diritti dei terzi).
L'erede puo' agire anche contro gli aventi causa da chi possiede a titolo di erede o senza titolo.
Sono salvi i diritti acquistati, per effetto di convenzioni a titolo oneroso con l'erede apparente, dai terzi i quali provino di avere contrattato in buona fede.
La disposizione del comma precedente non si applica ai beni immobili e ai beni mobili iscritti nei pubblici registri, se l'acquisto a titolo di erede e l'acquisto dall'erede apparente non sono stati trascritti anteriormente alla trascrizione dell'acquisto da parte dell'erede o del legatario vero, o alla trascrizione della domanda giudiziale contro l'erede apparente.
Art. 535.
(Possessore di beni ereditari).
Le disposizioni in materia di possesso si applicano anche al possessore di beni ereditari, per quanto riguarda la restituzione dei frutti, le spese, i miglioramenti e le addizioni.
Il possessore in buona fede, che ha alienato pure in buona fede una cosa dell'eredita', e' solo obbligato a restituire all'erede il prezzo o il corrispettivo ricevuto. Se il prezzo o il corrispettivo e' ancora dovuto, l'erede subentra nel diritto di conseguirlo.
E' possessore in buona fede colui che ha acquistato il possesso dei beni ereditari, ritenendo per errore di essere erede. La buona fede non giova se l'errore dipende da colpa grave.
CAPO X
Dei legittimari
Sezione I
Dei diritti
riservati
ai
legittimari
Art. 536.
Legittimari.
Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredita' o altri diritti nella successione sono: il coniuge, ((i figli, gli ascendenti.))
Ai figli ((...)) sono equiparati ((...)) gli adottivi.
A favore dei discendenti dei figli ((...)), i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli ((...)).
(216)
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AGGIORNAMENTO (216)
La L. 10 dicembre 2012, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 11) che "Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli»."
Art. 537.
Riserva a favore dei figli ((...)).
Salvo quanto disposto dall'articolo 542, se il genitore lascia un figlio solo, ((...)) a questi e' riservata la meta' del patrimonio.
Se i figli sono piu', e' loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli ((...)).
((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154)).
(216)
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AGGIORNAMENTO (216)
La L. 10 dicembre 2012, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 11) che "Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli»."
Art. 538.
Riserva a favore degli ascendenti ((...)).
Se chi muore non lascia figli ((...)), ma ascendenti ((...)), a favore di questi e' riservato un terzo del patrimonio, salvo quanto disposto dall'articolo 544.(216)
In caso di pluralita' di ascendenti, la riserva e' ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall'articolo 569.
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AGGIORNAMENTO (30)
La Corte Costituzionale, con sentenza 16 - 30 aprile 1973, n. 50 (in G.U. 1a s.s. 9/5/1973, n. 119), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale, "in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, degli artt. 545 e 546 del codice civile e, conseguentemente, degli artt. 538, 539 e 540 dello stesso codice nelle parti in cui fanno richiamo ai predetti artt. 545 e 546".
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AGGIORNAMENTO (216)
La L. 10 dicembre 2012, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 11) che "Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli»."
Art. 539.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 540.
((Riserva a favore del coniuge.))
((A favore del coniuge e' riservata la meta' del patrimonio dell'altro coniuge, salve le disposizioni dell'articolo 542 per il caso di concorso con i figli.
Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprieta' del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli)).
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AGGIORNAMENTO (30)
La Corte Costituzionale, con sentenza 16 - 30 aprile 1973, n. 50 (in G.U. 1a s.s. 9/5/1973, n. 119), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale, "in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, degli artt. 545 e 546 del codice civile e, conseguentemente, degli artt. 538, 539 e 540 dello stesso codice nelle parti in cui fanno richiamo ai predetti artt. 545 e 546".
Art. 541.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 542.
Concorso di coniuge e figli.
Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, ((...)) a quest'ultimo e' riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge.
Quando i figli ((...)), sono piu' di uno, ad essi e' complessivamente riservata la meta' del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli, legittimi e naturali, e' effettuata in parti uguali.((223))
((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154)).
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 73, comma 1, lettera b)) che "All'articolo 542 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
[...]
b) al secondo comma le parole: ", legittimi o naturali" ovunque presenti sono soppresse".
Art. 543.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 544.
Concorso di ascendenti ((...)) e coniuge.
Quando chi muore non lascia ((figli)), ma ascendenti ((...)) e il coniuge, a quest'ultimo e' riservata la meta' del patrimonio, ed agli ascendenti un quarto.(216)
In caso di pluralita' di ascendenti, la quota di riserva ad essi attribuita ai sensi del precedente comma e' ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall'articolo 569.
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AGGIONRAMENTO (216)
La L. 10 dicembre 2012, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 11) che "Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli»."
Art. 545.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 546.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 547.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 548.
((Riserva a favore del coniuge separato.))
((Il coniuge cui non e' stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato, ai sensi del secondo comma dell'articolo 151, ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato.
Il coniuge cui e' stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato ha diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al momento dell'apertura della successione godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto. L'assegno e' commisurato alle sostanze ereditarie e alla qualita' e al numero degli eredi legittimi, e non e' comunque di entita' superiore a quella della prestazione alimentare goduta. La medesima disposizione si applica nel caso in cui la separazione sia stata addebitata ad entrambi i coniugi)).
Art. 549.
(Divieto di pesi o condizioni sulla quota dei legittimari).
Il testatore non puo' imporre pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari, salva l'applicazione delle norme contenute nel titolo IV di questo libro.
Art. 550.
(Lascito eccedente la porzione disponibile).
Quando il testatore dispone di un usufrutto o di una rendita vitalizia il cui reddito eccede quello della porzione disponibile, i legittimari, ai quali e' stata assegnata la nuda proprieta' della disponibile o di parte di essa, hanno la scelta o di eseguire tale disposizione o di abbandonare la nuda proprieta' della porzione disponibile. Nel secondo caso il legatario, conseguendo la disponibile abbandonata, non acquista la qualita' di erede.
La stessa scelta spetta ai legittimari quando il testatore ha disposto della nuda proprieta' di una parte eccedente la disponibile.
Se i legittimari sono piu', occorre l'accordo di tutti perche' la disposizione testamentaria abbia esecuzione.
Le stesse norme si applicano anche se dell'usufrutto, della rendita o della nuda proprieta' e' stato disposto con donazione.
Art. 551.
(Legato in sostituzione di legittima).
Se a un legittimario e' lasciato un legato in sostituzione della legittima, egli puo' rinunziare al legato e chiedere la legittima.
Se preferisce di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento, nel caso che il valore del legato sia inferiore a quello della legittima, e non acquista la qualita' di erede. Questa disposizione non si applica quando il testatore ha espressamente attribuito al legittimario la facolta' di chiedere il supplemento.
Il legato in sostituzione della legittima grava sulla porzione indisponibile. Se pero' il valore del legato eccede quello della legittima spettante al legittimario, per l'eccedenza il legato grava sulla disponibile.
Art. 552.
(Donazioni e legati in conto di legittima).
Il legittimario che rinunzia all'eredita', quando non si ha rappresentazione, puo' sulla disponibile ritenere le donazioni o conseguire i legati a lui fatti; ma quando non vi e' stata espressa dispensa dall'imputazione, se per integrare la legittima spettante agli eredi e' necessario ridurre le disposizioni testamentarie o le donazioni, restano salve le assegnazioni; fatte dal testatore sulla disponibile, che non sarebbero soggette a riduzione se il legittimario accettasse l'eredita', e si riducono le donazioni e i legati fatti a quest'ultimo.
Sezione II
Della reintegrazione della quota riservata ai
legittimari
Art. 553.
(Riduzione delle porzioni degli eredi legittimi in concorso con legittimari).
Quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in parte la successione legittima, nel concorso di legittimari con altri successibili, le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui e' necessario per integrare la quota riservata ai legittimari, i quali pero' devono imputare a questa, ai sensi dell'art. 564, quanto hanno ricevuto dal defunto in virtu' di donazioni o di legati.
Art. 554.
(Riduzione delle disposizioni testamentarie).
Le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione nei limiti della quota medesima.
Art. 555.
(Riduzione delle donazioni).
Le donazioni, il cui valore eccede la quota della quale il defunto poteva disporre, sono soggette a riduzione fino alla quota medesima.
Le donazioni non si riducono se non dopo esaurito il valore dei beni di cui e' stato disposto per testamento.
Art. 556.
(Determinazione della porzione disponibile).
Per determinare l'ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, secondo il loro valore determinato in base alle regole dettate negli articoli 747 a 750, e sull'asse cosi' formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre.
Art. 557.
(Soggetti che possono chiedere la riduzione).
La riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive della porzione di legittima non puo' essere domandata che dai legittimari e dai loro eredi o aventi causa.
Essi non possono rinunziare a questo diritto, finche' vive il donante, ne' con dichiarazione espressa, ne' prestando il loro assenso alla donazione.
I donatari e i legatari non possono chiedere la riduzione, ne' approfittarne. Non possono chiederla ne' approfittarne nemmeno i creditori del defunto, se il legittimario avente diritto alla riduzione ha accettato con il beneficio d'inventario.
Art. 558.
(Modo di ridurre le disposizioni testamentarie).
La riduzione delle disposizioni testamentarie avviene proporzionalmente, senza distinguere tra eredi e legatari.
Se il testatore ha dichiarato che una sua disposizione deve avere effetto a preferenza delle altre, questa disposizione non si riduce, se non in quanto il valore delle altre non sia sufficiente a integrare la quota riservata ai legittimari.
Art. 559.
(Modo di ridurre le donazioni).
Le donazioni si riducono cominciando dall'ultima e risalendo via via alle anteriori.
Art. 560.
(Riduzione del legato o della donazione d'immobili).
Quando oggetto del legato o della donazione da ridurre e' un immobile, la riduzione si fa separando dall'immobile medesimo la parte occorrente per integrare la quota riservata, se cio' puo' avvenire comodamente.
Se la separazione non puo' farsi comodamente e il legatario o il donatario ha nell'immobile un'eccedenza maggiore del quarto della porzione disponibile, l'immobile si deve lasciare per intero nell'eredita', salvo il diritto di conseguire il valore della porzione disponibile. Se l'eccedenza non supera il quarto, il legatario o il donatario puo' ritenere tutto l'immobile, compensando in danaro i legittimari.
Il legatario o il donatario che e' legittimario puo' ritenere tutto l'immobile, purche' il valore di esso non superi l'importo della porzione disponibile e della quota che gli spetta come legittimario.
Art. 561.
(Restituzione degli immobili).
Gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario puo' averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell'art. 2652. ((I pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione e' domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo in questo caso l'obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni, purche' la domanda sia stata proposta entro dieci anni dall'apertura della successione. Le stesse disposizioni si applicano per i mobili iscritti in pubblici registri)).
I frutti sono dovuti a decorrere dal giorno della domanda giudiziale.
Art. 562.
(Insolvenza del donatario soggetto a riduzione).
Se la cosa donata e' perita per causa imputabile al donatario o ai suoi aventi causa o se la restituzione della cosa donata non puo' essere richiesta contro l'acquirente, e il donatario e' in tutto o in parte insolvente, il valore della donazione che non si puo' recuperare dal donatario si detrae dalla massa ereditaria, ma restano impregiudicate le ragioni di credito del legittimario e dei donatari antecedenti contro il donatario insolvente.
Art. 563.
(Azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione).
Se i donatari contro i quali e' stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla ((trascrizione della)) donazione, il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, puo' chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili.
L'azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l'ordine di data delle alienazioni, cominciando dall'ultima. Contro i terzi acquirenti puo' anche essere richiesta, entro il termine di cui al primo comma, la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede.
Il terzo acquirente puo' liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro.
Salvo il disposto del numero 8) dell'articolo 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all'articolo 561, primo comma, e' sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario ((e dei suoi aventi causa)), un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Il diritto dell'opponente e' personale e rinunziabile. L'opposizione perde effetto se non e' rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione.
Art. 564.
(Condizioni per l'esercizio dell'azione di riduzione).
Il legittimario che non ha accettato l'eredita' col beneficio d'inventario non puo' chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorche' abbiano rinunziato all'eredita'. Questa disposizione non si applica all'erede che ha accettato col beneficio d'inventario e che ne e' decaduto.
In ogni caso il legittimario, che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie, deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato.
Il legittimario che succede per rappresentazione deve anche imputare le donazioni e i legati fatti, senza espressa dispensa, al suo ascendente.
La dispensa non ha effetto a danno dei donatari anteriori.
Ogni cosa, che, secondo le regole contenute nel capo II del titolo IV di questo libro, e' esente da collazione, e' pure esente da imputazione.
TITOLO II
DELLE SUCCESSIONI LEGITTIME
Art. 565.
Categorie dei successibili.
Nella successione legittima l'eredita' si devolve al coniuge, ai discendenti ((...)), agli ascendenti ((...)), ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell'ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo. (48a) (73)
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AGGIORNAMENTO (48a)
La Corte Costituzionale, con sentenza 15 giugno-4 luglio 1979, n. 55 (in G.U. 1a s.s. 11/7/1979, n. 189), ha dichiarato "la illegittimita' costituzionale dell'art. 565 cod. civ. nella parte in cui esclude dalla categoria dei chiamati alla successione legittima, in mancanza di altri successibili, e prima dello Stato, i fratelli e le sorelle naturali riconosciuti o dichiarati, per contrasto con gli artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione".
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AGGIORNAMENTO (73)
La Corte Costituzionale con sentenza 4-12 aprile 1990 n. 184 (in G.U. 1a s.s. 18/04/1990 n. 16) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 565 del codice civile, riformato dall'art. 183 della legge 19 maggio 1975, n. 151 ("Riforma del diritto di famiglia"), nella parte in cui, in mancanza di altri successibili all'infuori dello Stato, non prevede la successione legittima tra fratelli e sorelle naturali, dei quali sia legalmente accertato il rispettivo status di filiazione nei confronti del comune genitore."
CAPO I
((Della successione dei parenti))
Art. 566.
(( Successione dei figli ))
(( Al padre ed alla madre succedono i figli, in parti uguali. ))
Art. 567.
(( Successione dei figli adottivi ))
((Ai figli sono equiparati gli adottivi)).
I figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti dell'adottante.
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AGGIORNAMENTO (216)
La L. 10 dicembre 2012, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 11) che "Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli»."
Art. 568.
(Successione dei genitori).
A colui che muore senza lasciare prole, ne' fratelli o sorelle o loro discendenti, succedono il padre e la madre in eguali porzioni, o il genitore che sopravvive.
Art. 569.
(Successione degli ascendenti).
A colui che muore senza lasciare prole, ne' genitori, ne' fratelli o sorelle o loro discendenti, succedono per una meta' gli ascendenti della linea paterna e per l'altra meta' gli ascendenti della linea materna.
Se pero' gli ascendenti non sono di eguale grado, l'eredita' e' devoluta al piu' vicino senza distinzione di linea.
Art. 570.
(Successione dei fratelli e delle sorelle).
A colui che muore senza lasciare prole, ne' genitori, ne' altri ascendenti, succedono i fratelli e le sorelle in parti uguali.
I fratelli e le sorelle unilaterali conseguono pero' la meta' della quota che conseguono i germani.
Art. 571.
((Concorso di genitori o ascendenti con fratelli e sorelle.))
((Se coi genitori o con uno soltanto di essi concorrono fratelli e sorelle germani del defunto, tutti sono ammessi alla successione del medesimo per capi, purche' in nessun caso la quota, in cui succedono i genitori o uno di essi, sia minore della meta'.
Se vi sono fratelli e sorelle unilaterali, ciascuno di essi consegue la meta' della quota che consegue ciascuno dei germani o dei genitori, salva in ogni caso la quota della meta' in favore di questi ultimi.
Se entrambi i genitori non possono o non vogliono venire alla successione e vi sono ulteriori ascendenti, a questi ultimi si devolve, nel modo determinato dall'articolo 569, la quota che sarebbe spettata a uno dei genitori in mancanza dell'altro)).
Art. 572.
(Successione di altri parenti).
Se alcuno muore senza lasciare prole, ne' genitori, ne' altri ascendenti, ne' fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza distinzione di linea.
La successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado.
Art. 573.
(Successione dei figli).
Le disposizioni relative alla successione dei figli si applicano quando la filiazione e' stata riconosciuta o giudizialmente dichiarata, salvo quanto e' disposto d'all'art. 580.(40)((223))
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AGGIORNAMENTO (40)
La L. 19 maggio 1975, n. 151, ha disposto (con l'art. 184, comma 1) che "I capi I e II del titolo II del libro II del codice civile sono unificati, con la seguente intitolazione: DELLA SUCCESSIONE DEI PARENTI".
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 78, comma 1) che "All'articolo 573 del codice civile, nella rubrica e nel primo comma, la parola: "naturali" e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio"".
Art. 574.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 575.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 576.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 577.
(Successione del figlio naturale all'ascendente legittimo immediato del suo genitore).
Il figlio naturale succede all'ascendente legittimo immediato del suo genitore che non puo' o non vuole accettare l'eredita', se l'ascendente non lascia ne' coniuge, ne' discendenti o ascendenti, ne' fratelli o sorelle o loro discendenti, ne' altri parenti legittimi entro il terzo grado.(15)((40))
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AGGIORNAMENTO (15)
La Corte Costituzionale, con sentenza 2 - 14 aprile 1969, n. 79 (in G.U. 1a s.s. 23/04/1969, n. 105), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo.
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AGGIORNAMENTO (40)
La L. 19 maggio 1975, n. 151, ha disposto (con l'art. 184, comma 1) che "I capi I e II del titolo II del libro II del codice civile sono unificati, con la seguente intitolazione: DELLA SUCCESSIONE DEI PARENTI".
Art. 578.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154))
Art. 579.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 DICEMBRE 2013, N. 154))
Art. 580.
Diritti dei figli non riconoscibili.
Ai figli aventi diritto al mantenimento, all'istruzione e alla educazione, a norma dell'articolo 279, spetta un assegno vitalizio pari all'ammontare della rendita della quota di eredita' alla quale avrebbero diritto, se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta.
I figli hanno diritto di ottenere su loro richiesta la capitalizzazione dell'assegno loro spettante a norma del comma precedente, in denaro, ovvero, a scelta degli eredi legittimi, in beni ereditari. (40) ((223))
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AGGIORNAMENTO (40)
La L. 19 maggio 1975, n. 151 ha disposto (con l'art. 237, comma 1) che "Le disposizioni degli articoli 580 e 594 del codice civile si applicano anche alle successioni apertesi prima dell'entrata in vigore della presente legge se i diritti dei figli naturali non riconoscibili non sono stati definiti con sentenza passata in giudicato o mediante convenzione".
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 79, comma 1, lettere a) e b)) che "All'articolo 580 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella rubrica la parola: "naturali" e' sostituita dalla seguente: "nati fuori del matrimonio";
b) la parola: "naturali", ovunque presente, e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio"".
((CAPO II))
Della successione del coniuge
Art. 581.
Concorso del coniuge con i figli.
Quando con il coniuge concorrono figli ((...)), il coniuge ha diritto alla meta' dell'eredita', se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi.(216)
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AGGIONRAMENTO (216)
La L. 10 dicembre 2012, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 11) che "Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli»."
Art. 582.
Concorso del coniuge con ascendenti ((...)), fratelli e sorelle.
Al coniuge sono devoluti i due terzi dell'eredita' se egli concorre con ascendenti ((...)) o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri. In quest'ultimo caso la parte residua e' devoluta agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle, secondo le disposizioni dell'articolo 571, salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto della eredita'.
Art. 583.
Successione del solo coniuge.
In mancanza di figli ((...)), di ascendenti, di fratelli o sorelle, al coniuge si devolve tutta l'eredita'.(216)
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AGGIORNAMENTO (216)
La L. 10 dicembre 2012, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 11) che "Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli»."
Art. 584.
((Successione del coniuge putativo.))
((Quando il matrimonio e' stato dichiarato nullo dopo la morte di uno dei coniugi, al coniuge superstite di buona fede spetta la quota attribuita al coniuge dalle disposizioni che precedono. Si applica altresi' la disposizione del secondo comma dell'articolo 540.
Egli e' pero' escluso dalla successione, quando la persona della cui eredita' si tratta e' legata da valido matrimonio al momento della morte)).
Art. 585.
((Successione del coniuge separato.))
((Il coniuge cui non e' stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato.
Nel caso in cui al coniuge sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato, si applicano le disposizioni del secondo comma dell'articolo 548)).
((CAPO III))
Della successione dello Stato
Art. 586.
(Acquisto dei beni da parte dello Stato).
In mancanza di altri successibili, l'eredita' e' devoluta allo Stato. L'acquisto si opera di diritto senza bisogno di accettazione e non puo' farsi luogo a rinunzia.
Lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati.
TITOLO III
DELLE SUCCESSIONI
TESTAMENTARIE
CAPO
I
Disposizioni
generali
Art. 587.
(Testamento).
Il testamento e' un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avra' cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un testamento, hanno efficacia, se contenute in un atto che ha la forma del testamento, anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale.
Art. 588.
(Disposizioni a titolo universale e a titolo particolare).
Le disposizioni testamentarie, qualunque sia l'espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono la qualita' di erede, se comprendono l'universalita' o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualita' di legatario.
L'indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio.
Art. 589.
(Testamento congiuntivo o reciproco).
Non si puo' fare testamento da due o piu' persone nel medesimo atto, ne' a vantaggio di un terzo, ne' con disposizione reciproca.
Art. 590.
(Conferma ed esecuzione volontaria di disposizioni testamentarie nulle).
La nullita' della disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non puo' essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullita', ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione.
CAPO II
Della capacita' di disporre per testamento
Art. 591.
(Casi d'incapacita').
Possono disporre per testamento tutti coloro che non sono dichiarati incapaci dalla legge.
((Sono incapaci di testare:
1) coloro che non hanno compiuto la maggiore eta';
2) gli interdetti per infermita' di mente;
3) quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento)).
Nei casi d'incapacita' preveduti dal presente articolo il testamento puo' essere impugnato da chiunque vi ha interesse. L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui e' stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie.
CAPO III
Della capacita' di ricevere per testamento
Art. 592.
( ((Figli)) riconosciuti o riconoscibili).
Se vi sono discendenti legittimi, i ((figli)), quando la filiazione e' stata riconosciuta o dichiarata, non possono ricevere per testamento piu' di quanto avrebbero ricevuto se la successione si fosse devoluta in base alla legge.
I ((figli)) riconoscibili, quando la filiazione risulta nei modi indicati dall'art. 279, non possono ricevere piu' di quanto, secondo la disposizione del comma precedente, potrebbero conseguire se la filiazione fosse stata riconosciuta o dichiarata. (22)
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AGGIORNAMENTO (22)
La Corte Costituzionale, con sentenza 18 - 28 dicembre 1970, n. 205 (in G.U. 1a s.s. 30/12/1970, n. 329), ha dichiarato, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale del presente articolo.
Art. 593.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 594.
Assegno ai figli non riconoscibili.
Gli eredi, i legatari e i donatari sono tenuti, in proporzione a quanto hanno ricevuto, a corrispondere ai figli di cui all'articolo 279 un assegno vitalizio nei limiti stabiliti dall'articolo 580, se il genitore non ha disposto per donazione o testamento in favore dei figli medesimi. Se il genitore ha disposta in loro favore, essi possono rinunziare alla disposizione e chiedere l'assegno. (40) ((223))
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AGGIORNAMENTO (40)
La L. 19 maggio 1975, n. 151 ha disposto (con l'art. 237, comma 1) che "Le disposizioni degli articoli 580 e 594 del codice civile si applicano anche alle successioni apertesi prima dell'entrata in vigore della presente legge se i diritti dei figli naturali non riconoscibili non sono stati definiti con sentenza passata in giudicato o mediante convenzione".
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AGGIORNAMENTO (223)
Il D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto (con l'art. 83, comma 1, lettere a) e b)) che "All'articolo 594 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella rubrica la parola: "naturali" e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio";
b) la parola: "naturali" e' sostituita dalle seguenti: "nati fuori del matrimonio"".
Art. 595.
ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151 ((49))
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AGGIORNAMENTO (49)
La Corte Costituzionale, con sentenza 18-20 dicembre 1979, n. 153 (in G.U. 1a s.s. 29/12/1979, n. 353) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 595 del codice civile nel testo abrogato dall'art. 196 della legge 19 maggio 1975, n. 151 e dell'art. 599 del codice civile nella parte in cui richiama il predetto art. 595".
Art. 596.
(Incapacita' del tutore e del protutore).
Sono nulle le disposizioni testamentarie della persona sottoposta a tutela in favore del tutore, se fatte dopo la nomina di questo e prima che sia approvato il conto o sia estinta l'azione per il rendimento del conto medesimo, quantunque il testatore sia morto dopo l'approvazione. Questa norma si applica anche al protutore, se il testamento e' fatto nel tempo in cui egli sostituiva il tutore.
Sono pero' valide le disposizioni fatte in favore del tutore o del protutore che e' ascendente, discendente, fratello, sorella o coniuge del testatore.
Art. 597.
(Incapacita' del notaio, dei testimoni e dell'interprete).
Sono nulle le disposizioni a favore del notaio o di altro ufficiale che ha ricevuto il testamento pubblico, ovvero a favore di alcuno dei testimoni o dell'interprete intervenuti al testamento medesimo.
Art. 598.
(Incapacita' di chi ha scritto o ricevuto il testamento segreto).
Sono nulle le disposizioni a favore della persona che ha scritto il testamento segreto, salvo che siano approvate di mano dello stesso testatore o nell'atto della consegna. Sono pure nulle le disposizioni a favore del notaio a cui il testamento segreto e' stato consegnato in plico non sigillato.
Art. 599.
(Persone interposte).
Le disposizioni testamentarie a vantaggio delle persone incapaci indicate dagli articoli 592, 593, 595, 596, 597 e 598 sono nulle anche se fatte sotto nome d'interposta persona.
Sono reputate persone interposte il padre, la madre, i discendenti e il coniuge della persona incapace, anche se chiamati congiuntamente con l'incapace. (22) ((49))
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AGGIORNAMENTO (22)
La Corte Costituzionale, con sentenza 18 - 28 dicembre 1970, n. 205 (in G.U. 1a s.s. 30/12/1970, n. 329), ha dichiarato, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 599 del codice civile, nella parte in cui si riferisce agli articoli 592 e 593 del presente codice.
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AGGIORNAMENTO (49)
La Corte Costituzionale, con sentenza 18-20 dicembre 1979, n. 153 (in G.U. 1a s.s. 29/12/1979, n. 353), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 595 del codice civile nel testo abrogato dall'art. 196 della legge 19 maggio 1975, n. 151 e dell'art. 599 del codice civile nella parte in cui richiama il predetto art. 595".
Art. 600.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 15 MAGGIO 1997, N. 127, COME MODIFICATA DALLA L. 22 GIUGNO 2000, N. 192))((123))
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AGGIORNAMENTO (123)
La L. 15 maggio 1997, n. 127 come modificata dalla L. 22 giugno 2000, n. 192 ha disposto (con l'art. 13, comma 2) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore a quella di entrata in vigore della presente legge".
CAPO IV
Della forma dei testamenti
Sezione
I
Dei
testamenti
ordinari
Art. 601.
(Forme).
Le forme ordinarie di testamento sono il testamento olografo e il testamento per atto di notaio.
Il testamento per atto di notaio e' pubblico o segreto.
Art. 602.
(Testamento olografo).
Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore.
La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non e' fatta indicando nome e cognome, e' tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore.
La data deve contenere l'indicazione del giorno, mese e anno. La prova della non verita' della data e' ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacita' del testatore, della priorita' di data tra piu' testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento.
Art. 603.
(Testamento pubblico).
Il testamento pubblico e' ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni.
Il testatore, in presenza dei testimoni, dichiara al notaio la sua volonta', la quale e' ridotta in iscritto a cura del notaio stesso. Questi da' lettura del testamento al testatore in presenza dei testimoni. Di ciascuna di tali formalita' e' fatta menzione nel testamento.
Il testamento deve indicare il luogo, la data del ricevimento e l'ora della sottoscrizione, ed essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio. Se il testatore non puo' sottoscrivere, o puo' farlo solo con grave difficolta', deve dichiararne la causa, e il notaio deve menzionare questa dichiarazione prima della lettura dell'atto.
Per il testamento del muto, sordo o sordomuto si osservano le norme stabilite dalla legge notarile per gli atti pubblici di queste persone. Qualora il testatore sia incapace anche di leggere, devono intervenire quattro testimoni.
Art. 604.
(Testamento segreto).
Il testamento segreto puo' essere scritto dal testatore o da un terzo. Se e' scritto dal testatore, deve essere sottoscritto da lui alla fine delle disposizioni; se e' scritto in tutto o in parte da altri, o se e' scritto con mezzi meccanici, deve portare la sottoscrizione del testatore anche in ciascun mezzo foglio, unito o separato.
Il testatore che sa leggere ma non sa scrivere, o che non ha potuto apporre la sottoscrizione quando faceva scrivere le proprie disposizioni, deve altresi' dichiarare al notaio, che riceve il testamento, di averlo letto ed aggiungere la causa che gli ha impedito di sottoscriverlo: di cio' si fa menzione nell'atto di ricevimento.
Chi non sa o non puo' leggere non puo' fare testamento segreto.
Art. 605.
(Formalita' del testamento segreto).
La carta su cui sono stese le disposizioni o quella che serve da involto deve essere sigillata con un'impronta, in guisa che il testamento non si possa aprire ne estrarre senza rottura o alterazione.
Il testatore, in presenza di due testimoni, consegna personalmente al notaio la carta cosi' sigillata, o la fa sigillare nel modo sopra indicato in presenza del notaio e dei testimoni, e dichiara che in questa carta e' contenuto il suo testamento. Il testatore, se e' muto o sordomuto, deve scrivere tale dichiarazione in presenza dei testimoni e deve pure dichiarare per iscritto di aver letto il testamento, se questo e' stato scritto da altri.
Sulla carta in cui dal testatore e' scritto o involto il testamento, o su un ulteriore involto predisposto dal notaio e da lui debitamente sigillato, si scrive l'atto di ricevimento nel quale si indicano il fatto della consegna e la dichiarazione del testatore, il numero e l'impronta dei sigilli, e l'assistenza dei testimoni a tutte le formalita'.
L'atto deve essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio.
Se il testatore non puo', per qualunque impedimento, sottoscrivere l'atto della consegna, si osserva quel che e' stabilito circa il testamento per atto pubblico. Tutto cio' deve essere fatto di seguito e senza passare ad altri atti.
Art. 606.
(Nullita' del testamento per difetto di forma).
Il testamento e' nullo quando manca l'autografia o la sottoscrizione nel caso di testamento olografo, ovvero manca la redazione per iscritto, da parte del notaio, delle dichiarazioni del testatore o la sottoscrizione dell'uno o dell'altro, nel caso di testamento per atto di notaio.
Per ogni altro difetto di forma il testamento puo' essere annullato su istanza di chiunque vi ha interesse. L'azione di annullamento si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui e' stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie.
Art. 607.
(Validita' del testamento segreto come olografo).
Il testamento segreto, che manca di qualche requisito suo proprio, ha effetto come testamento olografo, qualora di questo abbia i requisiti.
Art. 608.
(Ritiro di testamento segreto od olografo).
Il testamento segreto e il testamento olografo che e' stato depositato possono dal testatore essere ritirati in ogni tempo dalle mani del notaio presso il quale si trovano.
A cura del notaio si redige verbale della restituzione; il verbale e' sottoscritto dal testatore, da due testimoni e dal notaio; se il testatore non puo' sottoscrivere, se ne fa menzione.
Quando il testamento e' depositato in un pubblico archivio, il verbale e' redatto dall'archivista e sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dall'archivista medesimo.
Della restituzione del testamento si prende nota in margine o in calce all'atto di consegna o di deposito.
Sezione II
Dei testamenti speciali
Art. 609.
(Malattie contagiose, calamita' pubbliche o infortuni).
Quando il testatore non puo' valersi delle forme ordinarie, perche' si trova in luogo dove domina una malattia reputata contagiosa, o per causa di pubblica calamita' o d'infortunio, il testamento e' valido se ricevuto da un notaio, dal conciliatore del luogo, dal podesta' o da chi ne fa le veci, o da un ministro di culto, in presenza di due testimoni di eta' non inferiore a sedici anni.(111)((112a))
Il testamento e' redatto e sottoscritto da chi lo riceve; e' sottoscritto anche dal testatore e dai testimoni. Se il testatore o i testimoni non possono sottoscrivere, se ne indica la causa.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D. Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D. Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 610.
(Termine di efficacia).
Il testamento ricevuto nel modo indicato dall'articolo precedente perde la sua efficacia tre mesi dopo la cessazione della causa che ha impedito al testatore di valersi delle forme ordinarie.
Se il testatore muore nell'intervallo, il testamento deve essere depositato, appena e' possibile, nell'archivio notarile del luogo in cui e' stato ricevuto.
Art. 611.
(Testamento a bordo di nave).
Durante il viaggio per mare il testamento puo' essere ricevuto a bordo della nave dal comandante di essa.
Il testamento del comandante puo' essere ricevuto da colui che lo segue immediatamente in ordine di servizio.
Art. 612.
(Forme).
Il testamento indicato dall'articolo precedente e' redatto in doppio originale alla presenza di due testimoni e deve essere sottoscritto dal testatore, dalla persona che lo ha ricevuto e dai testimoni; se il testatore o i testimoni non possono sottoscrivere, si deve indicare il motivo che ha impedito la sottoscrizione.
Il testamento e' conservato tra i documenti di bordo ed e' annotato sul giornale di bordo ovvero sul giornale nautico e sul ruolo d'equipaggio.
Art. 613.
(Consegna).
Se la nave approda a un porto estero in cui vi sia un'autorita' consolare, il comandante e' tenuto a consegnare all'autorita' medesima uno degli originali del testamento e una copia dell'annotazione fatta sul giornale di bordo ovvero sul giornale nautico e sul ruolo d'equipaggio.
Al ritorno della nave nel Regno, i due originali del testamento, o quello non depositato durante il viaggio, devono essere consegnati all'autorita' marittima locale insieme con la copia della predetta annotazione.
Della consegna si rilascia dichiarazione, di cui si fa cenno in margine all'annotazione sopraindicata.
Art. 614.
(Verbale di consegna).
L'autorita' marittima o consolare locale deve redigere verbale della consegna del testamento e trasmettere il verbale e gli atti ricevuti al Ministero della marina o al Ministero delle comunicazioni, secondo che il testamento sia stato ricevuto a bordo di una nave della marina militare o di una nave della marina mercantile. Il Ministero ordina il deposito di uno degli originali nel suo archivio, e trasmette l'altro all'archivio notarile del luogo del domicilio o dell'ultima residenza del testatore.
Art. 615.
(Termine di efficacia).
Il testamento fatto durante il viaggio per mare, nella forma stabilita dagli articoli 611 e seguenti, perde la sua efficacia tre mesi dopo lo sbarco del testatore in un luogo dove e' possibile fare testamento nelle forme ordinarie.
Art. 616.
(Testamento a bordo di aeromobile).
Al testamento fatto a bordo di un aeromobile durante il viaggio si applicano le disposizioni degli articoli 611 a 615.
Il testamento e' ricevuto dal comandante, in presenza di uno o, quando e' possibile, di due testimoni.
Le attribuzioni delle autorita' marittime a norma degli articoli 613 e 614 spettano alle autorita' aeronautiche.
Il testamento e' annotato sul giornale di rotta.
Art. 617.
(Testamento dei militari e assimilati).
Il testamento dei militari e delle persone al seguito delle forze armate dello Stato puo' essere ricevuto da un ufficiale o da un cappellano militare o da un ufficiale della Croce Rossa, in presenza di due testimoni; esso deve essere sottoscritto dal testatore, dalla persona che lo ha ricevuto e dai testimoni. Se il testatore o i testimoni non possono sottoscrivere, si deve indicare il motivo che ha impedito la sottoscrizione.
Il testamento deve essere al piu' presto trasmesso al quartiere generale e da questo al Ministero competente, che ne ordina il deposito nell'archivio notarile del luogo del domicilio o dell'ultima residenza del testatore.
Art. 618.
(Casi e termini d'efficacia).
Nella forma speciale stabilita dall'articolo precedente possono testare soltanto coloro i quali, appartenendo a corpi o servizi mobilitati o comunque impegnati in guerra, si trovano in zona di operazioni belliche o sono prigionieri presso il nemico, e coloro che sono acquartierati o di presidio fuori del Regno o in luoghi dove siano interrotte le comunicazioni.
Il testamento perde la sua efficacia tre mesi dopo il ritorno del testatore in un luogo dove e' possibile far testamento nelle forme ordinarie.
Art. 619.
(Nullita').
I testamenti previsti in questa sezione sono nulli quando manca la redazione in iscritto della dichiarazione del testatore ovvero la sottoscrizione della persona autorizzata a riceverla o del testatore.
Per gli altri difetti di forma si osserva il disposto del secondo comma dell'art. 606.
Sezione III
Della pubblicazione dei testamenti olografi e
dei testamenti segreti
Art. 620.
(Pubblicazione del testamento olografo).
Chiunque e' in possesso di un testamento olografo deve presentarlo a un notaio per la pubblicazione, appena ha notizia della morte del testatore.
Chiunque crede di avervi interesse puo' chiedere, con ricorso al tribunale del circondario in cui si e' aperta la successione, che sia fissato un termine per la presentazione.(111)((112a))
Il notaio procede alla pubblicazione del testamento in presenza di due testimoni, redigendo nella forma degli atti pubblici un verbale nel quale descrive lo stato del testamento, ne riproduce il contenuto e fa menzione della sua apertura, se e' stato presentato chiuso con sigillo. Il verbale e' sottoscritto dalla persona che presenta il testamento, dai testimoni e dal notaio. Ad esso sono uniti la carta in cui e' scritto il testamento, vidimata in ciascun mezzo foglio dal notaio e dai testimoni, e l'estratto dell'atto di morte del testatore o copia del provvedimento che ordina l'apertura degli atti di ultima volonta' dell'assente o della sentenza che dichiara la morte presunta.
Nel caso in cui il testamento e' stato depositato dal testatore presso un notaio, la pubblicazione e' eseguita dal notaio depositario.
Avvenuta la pubblicazione, il testamento olografo ha esecuzione.
Per giustificati motivi, su istanza di chiunque vi ha interesse, il tribunale puo' disporre che periodi o frasi di carattere non patrimoniale siano cancellati dal testamento e omessi nelle copie che fossero richieste, salvo che l'autorita' giudiziaria ordini il rilascio di copia integrale.(111)((112a))
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 621.
(Pubblicazione del testamento segreto).
Il testamento segreto deve essere aperto e pubblicato dal notaio appena gli perviene la notizia della morte del testatore. Chiunque crede di avervi interesse puo' chiedere, con ricorso al tribunale del circondario in cui si e' aperta la successione, che sia fissato un termine per l'apertura e la pubblicazione.(111)((112a))
Si applicano le disposizioni del terzo comma dell'articolo 620.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 622.
(Comunicazione dei testamenti alla pretura).
Il notaio deve trasmettere alla cancelleria del tribunale, nella cui giurisdizione si e' aperta la successione, copia in carta libera dei verbali previsti dagli articoli 620 e 621 e del testamento pubblico.(111)((112a))
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 623.
(Comunicazioni agli eredi e legatari).
Il notaio che ha ricevuto un testamento pubblico, appena gli e' nota la morte del testatore, o, nel caso di testamento olografo o segreto, dopo la pubblicazione, comunica l'esistenza del testamento agli eredi e legatari di cui conosce il domicilio o la residenza.
CAPO V
Dell'istituzione di erede e dei
legati
Sezione
I
Disposizioni
generali
Art. 624.
(Violenza, dolo, errore).
La disposizione testamentaria puo' essere impugnata da chiunque vi abbia interesse quando e' l'effetto di errore, di violenza o di dolo.
L'errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, e' causa di annullamento della disposizione testamentaria, quando il motivo risulta dal testamento ed e' il solo che ha determinato il testatore a disporre.
L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui si e' avuta notizia della violenza, del dolo o dell'errore.
Art. 625.
(Erronea indicazione dell'erede o del legatario o della cosa che forma oggetto della disposizione).
Se la persona dell'erede o del legatario e' stata erroneamente indicata, la disposizione ha effetto, quando dal contesto del testamento o altrimenti risulta in modo non equivoco quale persona il testatore voleva nominare.
La disposizione ha effetto anche quando la cosa che forma oggetto della disposizione e' stata erroneamente indicata o descritta, ma e' certo a quale cosa il testatore intendeva riferirsi.
Art. 626.
(Motivo illecito).
Il motivo illecito rende nulla la disposizione testamentaria, quando risulta dal testamento ed e' il solo che ha determinato il testatore a disporre.
Art. 627.
(Disposizione fiduciaria).
Non e' ammessa azione in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che in realta' riguardano altra persona, anche se espressioni del testamento possono indicare o far presumere che si tratta di persona interposta.
Tuttavia la persona dichiarata nel testamento, se ha spontaneamente eseguito la disposizione fiduciaria trasferendo i beni alla persona voluta dal testatore, non puo' agire per la ripetizione, salvo che sia un incapace.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano al caso in cui l'istituzione o il legato sono impugnati come fatti per interposta persona a favore d'incapaci a ricevere.
Art. 628.
(Disposizione a favore di persona incerta).
E' nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo da non poter essere determinata.
Art. 629.
(Disposizioni a favore dell'anima).
Le disposizioni a favore dell'anima sono valide qualora siano determinati i beni o possa essere determinata la somma da impiegarsi a tale fine.
Esse si considerano come un onere a carico dell'erede o del legatario, e si applica l'art. 648.
Il testatore puo' designare una persona che curi la esecuzione della disposizione, anche nel caso in cui manchi un interessato a richiedere l'adempimento.
Art. 630.
(Disposizioni a favore dei poveri).
Le disposizioni a favore dei poveri e altre simili, espresse genericamente, senza che si determini l'uso o il pubblico istituto a cui beneficio sono fatte, s'intendono fatte in favore dei poveri del luogo in cui il testatore aveva il domicilio al tempo della sua morte, e i beni sono devoluti all'ente comunale di assistenza.
La precedente disposizione si applica anche quando la persona incaricata dal testatore di determinare l'uso o il pubblico istituto non puo' o non vuole accettare l'incarico.
Art. 631.
(Disposizioni rimesse all'arbitrio del terzo).
E' nulla ogni disposizione testamentaria con la quale si fa dipendere dall'arbitrio di un terzo l'indicazione dell'erede o del legatario, ovvero la determinazione della quota di eredita'.
Tuttavia e' valida la disposizione a titolo particolare in favore di persona da scegliersi dall'onerato o da un terzo tra piu' persone determinate dal testatore e appartenenti a famiglie o categorie di persone da lui determinate, ed e' pure valida la disposizione a titolo particolare a favore di uno tra piu' enti determinati del pari dal testatore. Se sono indicate piu' persone in modo alternativo e non e' stabilito chi deve fare la scelta, questa si considera lasciata all'onerato.
Se l'onerato o il terzo non puo' o non vuole fare la scelta, questa e' fatta con decreto dal presidente del tribunale del luogo in cui si e' aperta la successione, dopo avere assunto le opportune informazioni.
Art. 632.
(Determinazione di legato per arbitrio altrui).
E' nulla la disposizione che lascia al mero arbitrio dell'onerato o di un terzo di determinare l'oggetto o la quantita' del legato.
Sono validi i legati fatti a titolo di rimunerazione per i servizi prestati al testatore, anche se non ne sia indicato l'oggetto o la quantita'.
Sezione II
Delle disposizioni condizionali, a termine e modali
Art. 633.
(Condizione sospensiva o risolutiva).
Le disposizioni a titolo universale o particolare possono farsi sotto condizione sospensiva o risolutiva.
Art. 634.
(Condizioni impossibili o illecite).
Nelle disposizioni testamentarie si considerano non apposte le condizioni impossibili e quelle contrarie a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume, salvo quanto e' stabilito dall'art. 626.
Art. 635.
(Condizione di reciprocita').
E' nulla la disposizione a titolo universale o particolare fatta dal testatore a condizione di essere a sua volta avvantaggiato nel testamento dell'erede o del legatario.
Art. 636.
(Divieto di nozze).
E' illecita la condizione che impedisce le prime nozze o le ulteriori.
Tuttavia il legatario di usufrutto o di uso, di abitazione o di pensione, o di altra prestazione periodica per il caso o per il tempo del celibato o della vedovanza, non puo' goderne che durante il celibato o la vedovanza.
Art. 637.
(Termine).
Si considera non apposto a una disposizione a titolo universale il termine dal quale l'effetto di essa deve cominciare o cessare.
Art. 638.
(Condizione di non fare o di non dare).
Se il testatore ha disposto sotto la condizione che l'erede o il legatario non faccia o non dia qualche cosa per un tempo indeterminato, la disposizione si considera fatta sotto condizione risolutiva, salvo che dal testamento risulti una contraria volonta' del testatore.
Art. 639.
(Garanzia in caso di condizione risolutiva).
Se la disposizione testamentaria e' sottoposta a condizione risolutiva, l'autorita' giudiziaria, qualora ne ravvisi l'opportunita', puo' imporre all'erede o al legatario di prestare idonea garanzia a favore di coloro ai quali l'eredita' o il legato dovrebbe devolversi nel caso che la condizione si avverasse.
Art. 640.
(Garanzia in caso di legato sottoposto a condizione sospensiva o a termine).
Se a taluno e' lasciato un legato sotto condizione sospensiva o dopo un certo tempo, l'onerato puo' essere costretto a dare idonea garanzia al legatario, salvo che il testatore abbia diversamente disposto.
La garanzia puo' essere imposta anche al legatario quando il legato e' a termine finale.
Art. 641.
(Amministrazione in caso di condizione sospensiva o di mancata prestazione di garanzia).
Qualora l'erede sia istituito sotto condizione sospensiva, finche' questa condizione non si verifica o non e' certo che non si puo' piu' verificare, e' dato all'eredita' un amministratore.
Vale la stessa norma anche nel caso in cui l'erede o il legatario non adempie l'obbligo di prestare la garanzia prevista dai due articoli precedenti.
Art. 642.
(Persone a cui spetta l'amministrazione).
L'amministrazione spetta alla persona a cui favore e' stata disposta la sostituzione, ovvero al coerede o ai coeredi, quando tra essi e l'erede condizionale vi e' il diritto di accrescimento.
Se non e' prevista la sostituzione o non vi sono coeredi a favore dei quali abbia luogo il diritto di accrescimento, l'amministrazione spetta al presunto erede legittimo.
In ogni caso l'autorita' giudiziaria, quando concorrono giusti motivi, puo' provvedere altrimenti.
Art. 643.
(Amministrazione in caso di eredi nascituri).
Le disposizioni dei due precedenti articoli si applicano anche nel caso in cui sia chiamato a succedere un non concepito, figlio di una determinata persona vivente. A questa spetta la rappresentanza del nascituro, per la tutela dei suoi diritti successori, anche quando l'amministratore dell'eredita' e' una persona diversa.
((Se e' chiamato un concepito, l'amministrazione spetta al padre e alla madre.))
Art. 644.
(Obblighi e facolta' degli amministratori).
Agli amministratori indicati dai precedenti articoli sono comuni le regole che si riferiscono ai curatori dell'eredita' giacente.
Art. 645.
(Condizione sospensiva potestativa senza termine).
Se la condizione apposta all'istituzione di erede o al legato e' sospensiva potestativa e non e' indicato il termine per l'adempimento, gli interessati possono adire l'autorita' giudiziaria perche' fissi questo termine.
Art. 646.
(Retroattivita' della condizione).
L'adempimento della condizione ha effetto retroattivo; ma l'erede o il legatario, nel caso di condizione risolutiva, non e' tenuto a restituire i frutti se non dal giorno in cui la condizione si e' verificata. L'azione per la restituzione dei frutti si prescrive in cinque anni.
Art. 647.
(Onere).
Tanto all'istituzione di erede quanto al legato puo' essere apposto un onere.
Se il testatore non ha diversamente disposto, l'autorita' giudiziaria, qualora ne ravvisi l'opportunita', puo' imporre all'erede o al legatario gravato dall'onere una cauzione.
L'onere impossibile o illecito si considera non apposto; rende tuttavia nulla la disposizione, se ne ha costituito il solo motivo determinante.
Art. 648.
(Adempimento dell'onere).
Per l'adempimento dell'onere puo' agire qualsiasi interessato.
Nel caso d'inadempimento dell'onere, l'autorita' giudiziaria puo' pronunziare la risoluzione della disposizione testamentaria, se la risoluzione e' stata prevista dal testatore, o se l'adempimento dell'onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione.
Sezione III
Dei legati
Art. 649.
(Acquisto del legato).
Il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facolta' di rinunziare.
Quando oggetto del legato e' la proprieta' di una cosa determinata o altro diritto appartenente al testatore, la proprieta' o il diritto si trasmette dal testatore al legatario al momento della morte del testatore.
Il legatario pero' deve domandare all'onerato il possesso della cosa legata, anche quando ne e' stato espressamente dispensato dal testatore.
Art. 650.
(Fissazione di un termine per la rinunzia).
Chiunque ha interesse puo' chiedere che l'autorita' giudiziaria fissi un termine entro il quale il legatario dichiari se intende esercitare la facolta' di rinunziare. Trascorso questo termine senza che abbia fatto alcuna dichiarazione, il legatario perde il diritto di rinunziare.
Art. 651.
(Legato di cosa dell'onerato o di un terzo).
II legato di cosa dell'onerato o di un terzo e' nullo, salvo che dal testamento o da altra dichiarazione scritta dal testatore risulti che questi sapeva che la cosa legata apparteneva all'onerato o al terzo. In quest'ultimo caso l'onerato e' obbligato ad acquistare la proprieta' della cosa dal terzo e a trasferirla al legatario, ma e' in sua facolta' di pagarne al legatario il giusto prezzo.
Se pero' la cosa legata, pur appartenendo ad altri al tempo del testamento, si trova in proprieta' del testatore al momento della sua morte, il legato e' valido.
Art. 652.
(Legato di cosa solo in parte del testatore).
Se al testatore appartiene una parte della cosa legata o un diritto sulla medesima, il legato e' valido solo relativamente a questa parte o a questo diritto, salvo che risulti la volonta' del testatore di legare la cosa per intero, in conformita' dell'articolo precedente.
Art. 653.
(Legato di cosa genericamente determinata).
E' valido il legato di cosa determinata solo nel genere, anche se nessuna del genere ve n'era nel patrimonio del testatore al tempo del testamento e nessuna se ne trova al tempo della morte.
Art. 654.
(Legato di cosa non esistente nell'asse).
Quando il testatore ha lasciato una sua cosa particolare, o una cosa determinata soltanto nel genere da prendersi dal suo patrimonio, il legato non ha effetto se la cosa non si trova nel patrimonio del testatore al tempo della sua morte.
Se la cosa si trova nel patrimonio del testatore al tempo della sua morte, ma non nella quantita' determinata, il legato ha effetto per la quantita' che vi si trova.
Art. 655.
(Legato di cosa da prendersi da certo luogo).
Il legato di cose da prendersi da certo luogo ha effetto soltanto se le cose vi si trovano, e per la parte che vi si trova; ha tuttavia effetto per l'intero quando, alla morte del testatore, le cose non vi si trovano, in tutto o in parte, perche' erano state rimosse temporaneamente dal luogo in cui di solito erano custodite.
Art. 656.
(Legato di cosa del legatario).
Il legato di cosa che al tempo in cui fu fatto il testamento era gia' di proprieta' del legatario e' nullo, se la cosa si trova in proprieta' di lui anche al tempo dell'apertura della successione.
Se al tempo dell'apertura della successione la cosa si trova in proprieta' del testatore, il legato e' valido, ed e' altresi' valido se in questo tempo la cosa si trova in proprieta' dell'onerato o di un terzo, e dal testamento risulta che essa fu legata in previsione di tale avvenimento.
Art. 657.
(Legato di cosa acquistata dal legatario).
Se il legatario, dopo la confezione del testamento, ha acquistato dal testatore, a titolo oneroso o a titolo gratuito, la cosa a lui legata, il legato e' senza effetto in conformita' dell'art. 686.
Se dopo la confezione del testamento la cosa legata e' stata dal legatario acquistata, a titolo gratuito, dall'onerato o da un terzo, il legato e' senza effetto; se l'acquisto ha avuto luogo a titolo oneroso, il legatario ha diritto al rimborso del prezzo, qualora ricorrano le circostanze indicate dall'art. 651.
Art. 658.
(Legato di credito o di liberazione da debito).
Il legato di un credito o di liberazione da un debito ha effetto per la sola parte del credito o del debito che sussiste al tempo della morte del testatore.
L'erede e' soltanto tenuto a consegnare al legatario i titoli del credito legato che si trovavano presso il testatore.
Art. 659.
(Legato a favore del creditore).
Se il testatore, senza fare menzione del debito, fa un legato al suo creditore, il legato non si presume fatto per soddisfare il legatario del suo credito.
Art. 660.
(Legato di alimenti).
Il legato di alimenti, a favore di chiunque sia fatto, comprende le somministrazioni indicate dall'art. 438, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto.
Art. 661.
(Prelegato).
Il legato a favore di uno dei coeredi e a carico di tutta l'eredita' si considera come legato per l'intero ammontare.
Art. 662.
(Onere della prestazione del legato).
Il testatore puo' porre la prestazione del legato a carico degli eredi ovvero a carico di uno o piu' legatari. Quando il testatore non ha disposto, alla prestazione sono tenuti gli eredi.
Su ciascuno dei diversi onerati il legato grava in proporzione della rispettiva quota ereditaria o del legato, se il testatore non ha diversamente disposto.
Art. 663.
(Legato imposto a un solo erede).
Se l'obbligo di adempiere il legato e' stato particolarmente imposto a uno degli eredi, questi solo e' tenuto a soddisfarlo.
Se e' stata legata una cosa propria di un coerede, i coeredi sono tenuti a compensarlo del valore di essa con danaro o con beni ereditari, in proporzione della loro quota ereditaria, quando non consta una contraria volonta' del testatore.
Art. 664.
(Adempimento del legato di genere).
Nel legato di cosa determinata soltanto nel genere, la scelta, quando dal testatore non e' affidata al legatario o a un terzo, spetta all'onerato. Questi e' obbligato a dare cose di qualita' non inferiore alla media; ma se nel patrimonio ereditario vi e' una sola delle cose appartenenti al genere indicato, l'onerato non ha facolta' ne' puo' essere obbligato a prestarne un'altra, salvo espressa disposizione contraria del testatore.
Se la scelta e' lasciata dal testatore al legatario o a un terzo, questi devono scegliere una cosa di media qualita'; ma se cose del genere indicato si trovano nell'eredita', il legatario puo' scegliere la migliore.
Se il terzo non puo' o non vuole fare la scelta, questa e' fatta a norma del terzo comma dell'art. 631.
Art. 665.
(Scelta nel legato alternativo).
Nel legato alternativo la scelta spetta all'onerato, a meno che il testatore l'abbia lasciata al legatario o a un terzo.
Art. 666.
(Trasmissione all'erede della facolta' di scelta).
Tanto nel legato di genere quanto in quello alternativo, se l'onerato o il legatario a cui compete la scelta non ha potuto farla, la facolta' di scegliere si trasmette al suo erede.
La scelta fatta e' irretrattabile.
Art. 667.
(Accessioni della cosa legata).
La cosa legata, con tutte le sue pertinenze, deve essere prestata al legatario nello stato in cui si trova al tempo della morte del testatore.
Se e' stato legato un fondo, sono comprese nel legato anche le costruzioni fatte nel fondo, sia che esistessero gia' al tempo della confezione del testamento, sia che non esistessero, salva in ogni caso l'applicabilita' del secondo comma dell'art. 686.
Se il fondo legato e' stato accresciuto con acquisti posteriori, questi sono dovuti al legatario, purche' siano contigui al fondo e costituiscano con esso una unita' economica.
Art. 668.
(Adempimento del legato).
Se la cosa legata e' gravata da una servitu', da un canone o da altro onere inerente al fondo, ovvero da una rendita fondiaria, il peso ne e' sopportato dal legatario.
Se la cosa legata e' vincolata per una rendita semplice, un censo o altro debito dell'eredita', o anche di un terzo, l'erede e' tenuto al pagamento delle annualita' o degli interessi e della somma principale, secondo la natura del debito, qualora il testatore non abbia diversamente disposto.
Art. 669.
(Frutti della cosa legata).
Se oggetto del legato e' una cosa fruttifera, appartenente al testatore al momento della sua morte, i frutti o gli interessi sono dovuti al legatario da questo momento.
Se la cosa appartiene all'onerato o a un terzo, ovvero se si tratta di cosa determinata per genere o quantita', i frutti o gli interessi sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale o dal giorno in cui la prestazione del legato e' stata promessa, salvo che il testatore abbia diversamente disposto.
Art. 670.
(Legato di prestazioni periodiche).
Se e' stata legata una somma di danaro o una quantita' di altre cose fungibili, da prestarsi a termini periodici, il primo termine decorre dalla morte del testatore, e il legatario acquista il diritto a tutta la prestazione dovuta per il termine in corso, ancorche' fosse in vita soltanto al principio di esso. Il legato pero' non puo' esigersi se non dopo scaduto il termine.
Si puo' tuttavia esigere all'inizio del termine il legato a titolo di alimenti.
Art. 671.
(Legati e oneri a carico del legatario).
Il legatario e' tenuto all'adempimento del legato e di ogni altro onere a lui imposto entro i limiti del valore della cosa legata.
Art. 672.
(Spese per la prestazione del legato).
Le spese per la prestazione del legato sono a carico dell'onerato.
Art. 673.
(Perimento della cosa legata. Impossibilita' della prestazione).
Il legato non ha effetto se la cosa legata e' interamente perita durante la vita del testatore.
L'obbligazione dell'onerato si estingue se, dopo la morte del testatore, la prestazione e' divenuta impossibile per causa a lui non imputabile.
Sezione IV
Del diritto di accrescimento
Art. 674.
(Accrescimento tra coeredi).
Quando piu' eredi sono stati istituiti con uno stesso testamento nell'universalita' dei beni, senza determinazione di parti o in parti uguali, anche se determinate, qualora uno di essi non possa o non voglia accettare, la sua parte si accresce agli altri.
Se piu' eredi sono stati istituiti in una stessa quota, l'accrescimento ha luogo a favore degli altri istituiti nella quota medesima.
L'accrescimento non ha luogo quando dal testamento risulta una diversa volonta' del testatore.
E' salvo in ogni caso il diritto di rappresentazione.
Art. 675.
(Accrescimento tra collegatari).
L'accrescimento ha luogo anche tra piu' legatari ai quali e' stato legato uno stesso oggetto, salvo che dal testamento risulti una diversa volonta' e salvo sempre il diritto di rappresentazione.
Art. 676.
(Effetti dell'accrescimento).
L'acquisto per accrescimento ha luogo di diritto.
I coeredi o i legatari, a favore dei quali si verifica l'accrescimento, subentrano negli obblighi a cui era sottoposto l'erede o il legatario mancante, salvo che si tratti di obblighi di carattere personale.
Art. 677.
(Mancanza di accrescimento).
Se non ha luogo l'accrescimento, la porzione dell'erede mancante si devolve agli eredi legittimi, e la porzione del legatario mancante va a profitto dell'onerato.
Gli eredi legittimi e l'onerato subentrano negli obblighi che gravavano sull'erede o sul legatario mancante, salvo che si tratti di obblighi di carattere personale.
Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso di risoluzione di disposizioni testamentarie per inadempimento dell'onere.
Art. 678.
(Accrescimento nel legato di usufrutto).
Quando a piu' persone e' legato un usufrutto in modo che tra di loro vi sia il diritto di accrescimento, l'accrescimento ha luogo anche quando una di esse viene a mancare dopo conseguito il possesso della cosa su cui cade l'usufrutto.
Se non vi e' diritto di accrescimento, la porzione del legatario mancante si consolida con la proprieta'.
Sezione V
Della revocazione delle disposizioni testamentarie
Art. 679.
(Revocabilita' del testamento).
Non si puo' in alcun modo rinunziare alla facolta' di revocare o mutare le disposizioni testamentarie: ogni clausola o condizione contraria non ha effetto.
Art. 680.
(Revocazione espressa).
La revocazione espressa puo' farsi soltanto con un nuovo testamento, o con un atto ricevuto da notaio in presenza di due testimoni, in cui il testatore personalmente dichiara di revocare, in tutto o in parte, la disposizione anteriore.
Art. 681.
(Revocazione della revocazione).
La revocazione totale o parziale di un testamento puo' essere a sua volta revocata sempre con le forme stabilite dall'articolo precedente. In tal caso rivivono le disposizioni revocate.
Art. 682.
(Testamento posteriore).
Il testamento posteriore, che non revoca in modo espresso i precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili.
Art. 683.
(Testamento posteriore inefficace).
La revocazione fatta con un testamento posteriore conserva la sua efficacia anche quando questo rimane senza effetto perche' l'erede istituito o il legatario e' premorto al testatore, o e' incapace o indegno, ovvero ha rinunziato all'eredita' o al legato.
Art. 684.
(Distruzione del testamento olografo).
Il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l'intenzione di revocarlo.
Art. 685.
(Effetti del ritiro del testamento segreto).
Il ritiro del testamento segreto, a opera del testatore, dalle mani del notaio o dell'archivista presso cui si trova depositato, non importa revocazione del testamento quando la scheda testamentaria puo' valere come testamento olografo.
Art. 686.
(Alienazione e trasformazione della cosa legata).
L'alienazione che il testatore faccia della cosa legata o di parte di essa, anche mediante vendita con patto di riscatto, revoca il legato riguardo a cio' che e' stato alienato, anche quando l'alienazione e' annullabile per cause diverse dai vizi del consenso, ovvero la cosa ritorna in proprieta' del testatore.
Lo stesso avviene se il testatore ha trasformato la cosa legata in un'altra, in guisa che quella abbia perduto la precedente forma e la primitiva denominazione.
E' ammessa la prova di una diversa volonta' del testatore.
Art. 687.
(Revocazione per sopravvenienza di figli).
Le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli o discendenti, sono revocate di diritto per l'esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente ((...)) del testatore, benche' postumo, ((anche)) adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio ((nato fuori del matrimonio)).
((La revocazione ha luogo anche se il figlio e' stato concepito al tempo del testamento.))
La revocazione non ha invece luogo qualora il testatore abbia provveduto al caso che esistessero o sopravvenissero figli o discendenti da essi.
Se i figli o discendenti non vengono alla successione e non si fa luogo a rappresentazione, la disposizione ha il suo effetto.
CAPO VI
Delle sostituzioni
Sezione I
Della sostituzione ordinaria
Art. 688.
(Casi di sostituzione ordinaria).
Il testatore puo' sostituire all'erede istituito altra persona per il caso che il primo non possa o non voglia accettare l'eredita'.
Se il testatore ha disposto per uno solo di questi casi, si presume che egli si sia voluto riferire anche a quello non espresso, salvo che consti una sua diversa volonta'.
Art. 689.
(Sostituzione plurima. Sostituzione reciproca).
Possono sostituirsi piu' persone a una sola e una sola a piu'.
La sostituzione puo' anche essere reciproca tra i coeredi istituiti. Se essi sono stati istituiti in parti disuguali, la proporzione fra le quote fissate nella prima istituzione si presume ripetuta anche nella sostituzione. Se nella sostituzione insieme con gli istituiti e' chiamata un'altra persona, la quota vacante viene divisa in parti uguali tra tutti i sostituiti.
Art. 690.
(Obblighi dei sostituiti).
I sostituiti devono adempiere gli obblighi imposti agli istituiti, a meno che una diversa volonta' sia stata espressa dal testatore o si tratti di obblighi di carattere personale.
Art. 691.
(Sostituzione ordinaria nei legati).
Le norme stabilite in questa sezione si applicano anche ai legati.
Sezione II
Della sostituzione fedecommissaria
Art. 692.
(( Sostituzione fedecommissaria. ))
((Ciascuno dei genitori o degli altri ascendenti in linea retta o il coniuge dell'interdetto possono istituire rispettivamente il figlio, il discendente, o il coniuge con l'obbligo di conservare e restituire alla sua morte i beni anche costituenti la legittima, a favore della persona o degli enti che, sotto la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell'interdetto medesimo.
La stessa disposizione si applica nel caso del minore di eta', se trovasi nelle condizioni di abituale infermita' di mente tali da far presumere che nel termine indicato dall'articolo 416 interverra' la pronuncia di interdizione.
Nel caso di pluralita' di persone o enti di cui al primo comma i beni sono attribuiti proporzionalmente al tempo durante il quale gli stessi hanno avuto cura dell'interdetto.
La sostituzione e' priva di effetto nel caso in cui l'interdizione sia negata o il relativo procedimento non sia iniziato entro due anni dal raggiungimento della maggiore eta' del minore abitualmente infermo di mente. E' anche priva di effetto nel caso di revoca dell'interdizione o rispetto alle persone o agli enti che abbiano violato gli obblighi di assistenza.
In ogni altro caso la sostituzione e' nulla)).((40))
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AGGIORNAMENTO (40)
La L. 19 maggio 1975, n. 151 ha disposto (con l'art. 238, comma 1) che "La disposizione dell'articolo 692 del codice civile si applica anche alle successioni apertesi prima dell'entrata in vigore della presente legge a meno che la nullita' della sostituzione non sia stata gia' pronunziata con sentenza passata in giudicato."
Art. 693.
(Diritti e obblighi dell'istituito).
L'istituito ha il godimento e la libera amministrazione dei beni che formano oggetto della sostituzione, e puo' stare in giudizio per tutte le azioni relative ai beni medesimi. Egli puo' altresi' compiere tutte le innovazioni dirette ad una migliore utilizzazione dei beni.
All'istituito sono comuni, in quanto applicabili, le norme concernenti l'usufruttuario.
((COMMA ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151)).
Art. 694.
(Alienazione dei beni).
L'autorita' giudiziaria puo' consentire l'alienazione dei beni che formano oggetto della sostituzione in caso di utilita' evidente, disponendo il reimpiego delle somme ricavate. Puo' anche essere consentita, con le necessarie cautele, la costituzione d'ipoteche sui beni medesimi a garanzia di crediti destinati a miglioramenti e trasformazioni fondiarie.
Art. 695.
(Diritti dei creditori personali dell'istituito).
I creditori personali dell'istituito possono agire soltanto sui frutti dei beni che formano oggetto della sostituzione.
Art. 696.
(( Devoluzione al sostituito. ))
((L'eredita' si devolve al sostituito al momento della morte dell'istituito.
Se le persone o gli enti che hanno avuto cura dell'incapace muoiono o si estinguono prima della morte di lui, i beni o la porzione dei beni che spetterebbe loro e' devoluta ai successori legittimi dell'incapace)).
Art. 697.
(Sostituzione fedecommissaria nei legati).
Le norme stabilite in questa sezione sono applicabili anche ai legati.
Art. 698.
(Usufrutto successivo).
La disposizione, con la quale e' lasciato a piu' persone successivamente l'usufrutto, una rendita o un'annualita', ha valore soltanto a favore di quelli che alla morte del testatore si trovano primi chiamati a goderne.
Art. 699.
(Premi di nuzialita', opere di assistenza e simili).
E' valida la disposizione testamentaria avente per oggetto l'erogazione periodica, in perpetuo o a tempo, di somme determinate per premi di nuzialita' o di natalita', sussidi per l'avviamento a una professione o a un'arte, opere di assistenza, o per altri fini di pubblica utilita', a favore di persone da scegliersi entro una determinata categoria o tra i discendenti di determinate famiglie. Tali annualita' possono riscattarsi secondo le norme dettate in materia di rendita.
CAPO VII
Degli esecutori testamentari
Art. 700.
(Facolta' di nomina e di sostituzione).
Il testatore puo' nominare uno o piu' esecutori testamentari e, per il caso che alcuni o tutti non vogliano o non possano accettare, altro o altri in loro sostituzione.
Se sono nominati piu' esecutori testamentari, essi devono agire congiuntamente, salvo che il testatore abbia diviso tra loro le attribuzioni, o si tratti di provvedimento urgente per la conservazione di un bene o di un diritto ereditario.
Il testatore puo' autorizzare l'esecutore testamentario a sostituire altri a se stesso, qualora egli non possa continuare nell'ufficio.
Art. 701.
(Persone capaci di essere nominate).
Non possono essere nominati esecutori testamentari coloro che non hanno la piena capacita' di obbligarsi.
Anche un erede o un legatario puo' essere nominato esecutore testamentario.
Art. 702.
(Accettazione e rinunzia alla nomina).
L'accettazione della nomina di esecutore testamentario o la rinunzia alla stessa deve risultare da dichiarazione fatta nella cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione si e' aperta la successione, e deve essere annotata nel registro delle successioni.(111)((112a))
L'accettazione non puo' essere sottoposta a condizione o a termine.
L'autorita' giudiziaria, su istanza di qualsiasi interessato, puo' assegnare all'esecutore un termine per l'accettazione, decorso il quale l'esecutore si considera rinunziante.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 703.
(Funzioni dell'esecutore testamentario).
L'esecutore testamentario deve curare che siano esattamente eseguite le disposizioni di ultima volonta' del defunto.
A tal fine, salvo contraria volonta' del testatore, egli deve amministrare la massa ereditaria, prendendo possesso dei beni che ne fanno parte.
Il possesso non puo' durare piu' di un anno dalla dichiarazione di accettazione, salvo che l'autorita' giudiziaria, per motivi di evidente necessita', sentiti gli eredi, ne prolunghi la durata, che non potra' mai superare un altro anno.
L'esecutore deve amministrare come un buon padre di famiglia e puo' compiere tutti gli atti di gestione occorrenti. Quando e' necessario alienare beni dell'eredita', ne chiede l'autorizzazione all'autorita' giudiziaria, la quale provvede sentiti gli eredi.
Qualsiasi atto dell'esecutore testamentario non pregiudica il diritto del chiamato a rinunziare all'eredita' o ad accettarla col beneficio d'inventario.
Art. 704.
(Rappresentanza processuale).
Durante la gestione dell'esecutore testamentario, le azioni relative all'eredita' devono essere proposte anche nei confronti dell'esecutore. Questi ha facolta' d'intervenire nei giudizi promossi dall'erede e puo' esercitare le azioni relative all'esercizio del suo ufficio.
Art. 705.
(Apposizione di sigilli e inventario).
L'esecutore testamentario fa apporre i sigilli quando tra i chiamati all'eredita' vi sono minori, assenti, interdetti o persone giuridiche.
Egli in tal caso fa redigere l'inventario dei beni dell'eredita' in presenza dei chiamati all'eredita' o dei loro rappresentanti, o dopo averli invitati.
Art. 706.
(Divisione da compiersi dall'esecutore testamentario).
Il testatore puo' disporre che l'esecutore testamentario, quando non e' un erede o un legatario, proceda alla divisione tra gli eredi dei beni dell'eredita'. In questo caso si osserva il disposto dell'art. 733.
Prima di procedere alla divisione l'esecutore testamentario deve sentire gli eredi.
Art. 707.
(Consegna dei beni all'erede).
L'esecutore testamentario deve consegnare all'erede, che ne fa richiesta, i beni dell'eredita' che non sono necessari all'esercizio del suo ufficio.
Egli non puo' rifiutare tale consegna a causa di obbligazioni che debba adempiere conformemente alla volonta' del testatore, o di legati condizionali o a termine, se l'erede dimostra di averli gia' soddisfatti, od offre idonea garanzia per l'adempimento delle obbligazioni, dei legati o degli oneri.
Art. 708.
(Disaccordo tra piu' esecutori testamentari).
Se gli esecutori che devono agire congiuntamente non sono d'accordo circa un atto del loro ufficio, provvede l'autorita' giudiziaria, sentiti, se occorre, gli eredi.
Art. 709.
(Conto della gestione).
L'esecutore testamentario deve rendere il conto della sua gestione al termine della stessa, e anche spirato l'anno della morte del testatore, se la gestione si prolunga oltre l'anno.
Egli e' tenuto, in caso di colpa, al risarcimento dei danni verso gli eredi e verso i legatari.
Gli esecutori testamentari, quando sono piu', rispondono solidalmente per la gestione comune.
Il testatore non puo' esonerare l'esecutore testamentario dall'obbligo di rendere il conto o dalla responsabilita' della gestione.
Art. 710.
(Esonero dell'esecutore testamentario).
Su istanza di ogni interessato, l'autorita' giudiziaria puo' esonerare l'esecutore testamentario dal suo ufficio per gravi irregolarita' nell'adempimento dei suoi obblighi, per inidoneita' all'ufficio o per aver commesso azione che ne menomi la fiducia.
L'autorita' giudiziaria, prima di provvedere, deve sentire l'esecutore e puo' disporre opportuni accertamenti.
Art. 711.
(Retribuzione).
L'ufficio dell'esecutore testamentario e' gratuito. Tuttavia il testatore puo' stabilire una retribuzione a carico dell'eredita'.
Art. 712.
(Spese).
Le spese fatte dall'esecutore testamentario per l'esercizio del suo ufficio sono a carico dell'eredita'.
TITOLO IV
DELLA DIVISIONE
CAPO 1
Disposizioni generali
Art. 713.
(Facolta' di domandare la divisione).
I coeredi possono sempre domandare la divisione.
Quando pero' tutti gli eredi istituiti o alcuni di essi sono minori di eta', il testatore puo' disporre che la divisione non abbia luogo prima che sia trascorso un anno dalla maggiore eta' dell'ultimo nato.
Egli puo' anche disporre che la divisione dell'eredita' o di alcuni beni di essa non abbia luogo prima che sia trascorso dalla sua morte un termine non eccedente il quinquennio.
Tuttavia in ambedue i casi l'autorita' giudiziaria, qualora gravi circostanze lo richiedano, puo', su istanza di uno o piu' coeredi, consentire che la divisione si effettui senza indugio o dopo un termine minore di quello stabilito dal testatore.
Art. 714.
(Godimento separato di parte dei beni).
Puo' domandarsi la divisione anche quando uno o piu' coeredi hanno goduto separatamente parte dei beni ereditari, salvo che si sia verificata l'usucapione per effetto di possesso esclusivo.
Art. 715.
(Casi d'impedimento alla divisione).
Se tra i chiamati alla successione vi e' un concepito, la divisione non puo' aver luogo prima della nascita del medesimo. Parimenti la divisione non puo' aver luogo durante la pendenza di un giudizio ((sulla filiazione)) di colui che, in caso di esito favorevole del giudizio, sarebbe chiamato a succedere, ne' puo' aver luogo durante lo svolgimento della procedura amministrativa per l'ammissione del riconoscimento previsto dal quarto comma dell'art. 252 o per il riconoscimento dell'ente istituito erede.
L'autorita' giudiziaria puo' tuttavia autorizzare la divisione, fissando le opportune cautele.
La disposizione del comma precedente si applica anche se tra i chiamati alla successione vi sono nascituri non concepiti.
Se i nascituri non concepiti sono istituiti senza determinazione di quote, l'autorita' giudiziaria puo' attribuire agli altri coeredi tutti i beni ereditari o parte di essi, secondo le circostanze, disponendo le opportune cautele nell'interesse dei nascituri.
Art. 716.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))
Art. 717.
(Sospensione della divisione per ordine del giudice).
L'autorita' giudiziaria, su istanza di uno dei coeredi, puo' sospendere, per un periodo di tempo non eccedente i cinque anni, la divisione dell'eredita' o di alcuni beni, qualora l'immediata sua esecuzione possa recare notevole pregiudizio al patrimonio ereditario.
Art. 718.
(Diritto ai beni in natura).
Ciascun coerede puo' chiedere la sua parte in natura dei beni mobili e immobili dell'eredita', salve le disposizioni degli articoli seguenti.
Art. 719.
(Vendita dei beni per il pagamento dei debiti ereditari).
Se i coeredi aventi diritto a piu' della meta' dell'asse concordano nella necessita' della vendita per il pagamento dei debiti e pesi ereditari, si procede alla vendita all'incanto dei beni mobili e, se occorre, di quei beni immobili la cui alienazione rechi minor pregiudizio agli interessi dei condividenti.
Quando concorre il consenso di tutte le parti, la vendita puo' seguire tra i soli condividenti e senza pubblicita', salvo che vi sia opposizione dei legatari o dei creditori.
Art. 720.
(Immobili non divisibili).
Se nell'eredita' vi sono immobili non comodamente divisibili, o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell'igiene, e la divisione dell'intera sostanza non puo' effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell'eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di piu' coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l'attribuzione. Se nessuno dei coeredi e' a cio' disposto, si fa luogo alla vendita all'incanto.
Art. 721.
(Vendita degli immobili).
I patti e le condizioni della vendita degli immobili, qualora non siano concordati dai condividenti, sono stabiliti dall'autorita' giudiziaria.
Art. 722.
(Beni indivisibili nell'interesse della produzione nazionale).
In quanto non sia diversamente disposto dalle leggi speciali, le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche nel caso in cui nell'eredita' vi sono beni che la legge dichiara indivisibili nell'interesse della produzione nazionale.
Art. 723.
(Resa dei conti).
Dopo la vendita, se ha avuto luogo, dei mobili e degli immobili si procede ai conti che i condividenti si devono rendere, alla formazione dello stato attivo e passivo dell'eredita' e alla determinazione delle porzioni ereditarie e dei conguagli o rimborsi che si devono tra loro i condividenti.
Art. 724.
(Collazione e imputazione).
I coeredi tenuti a collazione, a norma del capo II di questo titolo, conferiscono tutto cio' che e' stato loro donato.
Ciascun erede deve imputare alla sua quota le somme di cui era debitore verso il defunto e quelle di cui e' debitore verso i coeredi in dipendenza dei rapporti di comunione.
Art. 725.
(Prelevamenti).
Se i beni donati non sono conferiti in natura, o se vi sono debiti da imputare alla quota di un erede a norma del secondo comma dell'articolo precedente, gli altri eredi prelevano dalla massa ereditaria beni in proporzione delle loro rispettive quote.
I prelevamenti, per quanto e' possibile, si formano con oggetti della stessa natura e qualita' di quelli che non sono stati conferiti in natura.
Art. 726.
(Stima e formazione delle parti).
Fatti i prelevamenti, si provvede alla stima di cio' che rimane nella massa, secondo il valore venale dei singoli oggetti.
Eseguita la stima, si procede alla formazione di tante porzioni quanti sono gli eredi o le stirpi condividenti in proporzione delle quote.
Art. 727.
(Norme per la formazione delle porzioni).
Salvo quanto e' disposto dagli articoli 720 e 722, le porzioni devono essere formate, previa stima dei beni, comprendendo una quantita' di mobili, immobili e crediti di eguale natura e qualita', in proporzione dell'entita' di ciascuna quota.
Si deve tuttavia evitare, per quanto e' possibile, il frazionamento delle biblioteche, gallerie e collezioni che hanno un'importanza storica, scientifica o artistica.
Art. 728.
(Conguagli in danaro).
L'ineguaglianza in natura nelle quote ereditarie si compensa con un equivalente in danaro.
Art. 729.
(Assegnazione o attribuzione delle porzioni).
L'assegnazione delle porzioni eguali e' fatta mediante estrazione a sorte. Per le porzioni diseguali si procede mediante attribuzione. Tuttavia, rispetto a beni costituenti frazioni eguali di quote diseguali, si puo' procedere per estrazione a sorte.
Art. 730.
(Deferimento delle operazioni a un notaio).
Le operazioni indicate negli articoli precedenti possono essere, col consenso di tutti i coeredi, deferite a un notaio. La nomina di questo, in mancanza di accordo, e' fatta con decreto dal trbunale del luogo dell'aperta successione.(111)((112a))
Qualora sorgano contestazioni nel corso delle operazioni, esse sono riservate e rimesse tutte insieme alla cognizione dell'autorita' giudiziaria competente, che provvede con unica sentenza.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 731.
(Suddivisioni tra stirpi).
Le norme sulla divisione dell'intero asse si osservano anche nelle suddivisioni tra i componenti di ciascuna stirpe.
Art. 732.
(Diritto di prelazione).
Il coerede, che vuole alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall'ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall'acquirente e da ogni successivo avente causa, finche' dura lo stato di comunione ereditaria.
Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono piu', la quota e' assegnata a tutti in parti uguali.
Art. 733.
(Norme date dal testatore per la divisione).
Quando il testatore ha stabilito particolari norme per formare le porzioni, queste norme sono vincolanti per gli eredi, salvo che l'effettivo valore dei beni non corrisponda alle quote stabilite dal testatore.
Il testatore puo' disporre che la divisione si effettui secondo la stima di persona da lui designata che non sia erede o legatario: la divisione proposta da questa persona non vincola gli eredi, se l'autorita' giudiziaria, su istanza di taluno di essi, la riconosce contraria alla volonta' del testatore o manifestamente iniqua.
Art. 734.
(Divisione fatta dal testatore).
Il testatore puo' dividere i suoi beni tra gli eredi comprendendo nella divisione anche la parte non disponibile.
Se nella divisione fatta dal testatore non sono compresi tutti i beni lasciati al tempo della morte, i beni in essa non compresi sono attribuiti conformemente alla legge, se non risulta una diversa volonta' del testatore.
Art. 735.
(Preterizione di eredi e lesione di legittima).
La divisione nella quale il testatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari o degli eredi istituiti e' nulla.
Il coerede che e' stato leso nella quota di riserva puo' esercitare l'azione di riduzione contro gli altri coeredi.
Art. 736.
(Consegna dei documenti).
Compiuta la divisione, si devono rimettere a ciascuno dei condividenti i documenti relativi ai beni e diritti particolarmente loro assegnati.
I documenti di una proprieta' che e' stata divisa rimangono a quello che ne ha la parte maggiore, con l'obbligo di comunicarli agli altri condividenti che vi hanno interesse, ogni qualvolta se ne faccia richiesta. Gli stessi documenti, se la proprieta' e' divisa in parti eguali, e quelli comuni all'intera eredita' si consegnano alla persona scelta a tal fine da tutti gli interessati, la quale ha obbligo di comunicarli a ciascuno di essi, a ogni loro domanda. Se vi e' contrasto nella scelta, la persona e' determinata con decreto dal tribunale del luogo dell'aperta successione, su ricorso di alcuno degli interessati, sentiti gli altri.(111)((112a))
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
CAPO II
Della collazione
Art. 737.
Soggetti tenuti alla collazione.
I figli ((...)) e i loro discendenti ((...)) ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto cio' che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente salvo che il defunto non li abbia da cio' dispensati.(216)
La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile.
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AGGIORNAMENTO (216)
La L. 10 dicembre 2012, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 11) che "Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli»."
Art. 738.
(( Limiti della collazione per il coniuge. ))
((Non sono soggetti a collazione le donazioni di modico valore fatte al coniuge)).
Art. 739.
(Donazioni ai discendenti o al coniuge dell'erede. Donazioni a coniugi).
L'erede non e' tenuto a conferire le donazioni fatte ai suoi discendenti o al coniuge, ancorche' succedendo a costoro ne abbia conseguito il vantaggio.
Se le donazioni sono state fatte congiuntamente a coniugi di cui uno e' discendente del donante, la sola porzione a questo donata e' soggetta a collazione.
Art. 740.
(( Donazioni fatte all'ascendente dell'erede. ))
((Il discendente che succede per rappresentazione deve conferire cio' che e' stato donato all'ascendente, anche nel caso in cui abbia rinunziato all'eredita' di questo)).
Art. 741.
(( Collazione di assegnazioni varie. ))
((E' soggetto a collazione cio' che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per assegnazioni fatte a causa di matrimonio, per avviarli all'esercizio di una attivita' produttiva o professionale, per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a loro favore o per pagare i loro debiti)).
Art. 742.
(Spese non soggette a collazione).
Non sono soggette a collazione le spese di mantenimento e di educazione e quelle sostenute per malattia, ne' quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze.
Le spese per il corredo nuziale e quelle per l'istruzione artistica o professionale sono soggette a collazione solo per quanto eccedono notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni economiche del defunto.
Non sono soggette a collazione le liberalita' previste dal secondo comma dell'art. 770.
Art. 743.
(Societa' contratta con l'erede).
Non e' dovuta collazione di cio' che si e' conseguito per effetto di societa' contratta senza frode tra il defunto e alcuno dei suoi eredi, se le condizioni sono state regolate con atto di data certa.
Art. 744.
(Perimento della cosa donata).
Non e' soggetta a collazione la cosa perita per causa non imputabile al donatario.
Art. 745.
(Frutti e interessi).
I frutti delle cose e gli interessi sulle somme soggette a collazione non sono dovuti che dal giorno in cui si e' aperta la successione.
Art. 746.
(Collazione d'immobili).
La collazione di un bene immobile si fa o col rendere il bene in natura o con l'imputarne il valore alla propria porzione, a scelta di chi conferisce.
Se l'immobile e' stato alienato o ipotecato, la collazione si fa soltanto con l'imputazione.
Art. 747.
(Collazione per imputazione).
La collazione per imputazione si fa avuto riguardo al valore dell'immobile al tempo dell'aperta successione.
Art. 748.
(Miglioramenti, spese e deterioramenti).
In tutti i casi, si deve dedurre a favore del donatario il valore delle migliorie apportate al fondo nei limiti del loro valore al tempo dell'aperta successione.
Devono anche computarsi a favore del donatario le spese straordinarie da lui sostenute per la conservazione della cosa, non cagionate da sua colpa.
Il donatario dal suo canto e' obbligato per i deterioramenti che, per sua colpa, hanno diminuito il valore dell'immobile.
Il coerede che conferisce un immobile in natura puo' ritenerne il possesso sino all'effettivo rimborso delle somme che gli sono dovute per spese e miglioramenti.
Art. 749.
(Miglioramenti e deterioramenti dell'immobile alienato).
Nel caso in cui l'immobile e' stato alienato dal donatario, i miglioramenti e i deterioramenti fatti dall'acquirente devono essere computati a norma dell'articolo precedente.
Art. 750.
(Collazione di mobili).
La collazione dei mobili si fa soltanto per imputazione, sulla base del valore che essi avevano al tempo dell'aperta successione.
Se si tratta di cose delle quali non si puo' far uso senza consumarle, e il donatario le ha gia' consumate, si determina il valore che avrebbero avuto secondo il prezzo corrente al tempo dell'aperta successione.
Se si tratta di cose che con l'uso si deteriorano, il loro valore al tempo dell'aperta successione e' stabilito con riguardo allo stato in cui si trovano.
La determinazione del valore dei titoli dello Stato, degli altri titoli di credito quotati in borsa e delle derrate e delle merci il cui prezzo corrente e' stabilito dalle mercuriali, si fa in base ai listini di borsa e alle mercuriali del tempo dell'aperta successione.
Art. 751.
(Collazione del danaro).
La collazione del danaro donato si fa prendendo una minore quantita' del danaro che si trova nell'eredita', secondo il valore legale della specie donata o di quella ad essa legalmente sostituita all'epoca dell'aperta successione.
Quando tale danaro non basta e il donatario non vuole conferire altro danaro o titoli dello Stato, sono prelevati mobili o immobili ereditari, in proporzione delle rispettive quote.
CAPO III
Del pagamento dei debiti
Art. 752.
(Ripartizione dei debiti ereditari tra gli eredi).
I coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto.
Art. 753.
(Immobili gravati da rendita redimibile).
Ogni coerede, quando i beni immobili dell'eredita' sono gravati con ipoteca da una prestazione di rendita redimibile, puo' chiedere che gli immobili ne siano affrancati e resi liberi prima che si proceda alla formazione delle quote ereditarie. Se uno dei coeredi si oppone, decide l'autorita' giudiziaria. Se i coeredi dividono l'eredita' nello stato in cui si trova, l'immobile gravato deve stimarsi con gli stessi criteri con cui si stimano gli altri beni immobili, detratto dal valore di esso il capitale corrispondente alla prestazione, secondo le norme relative al riscatto della rendita, salvo che esista un patto speciale intorno al capitale da corrispondersi per l'affrancazione.
Alla prestazione della rendita e' tenuto solo l'erede, nella cui quota cade detto immobile, con l'obbligo di garantire i coeredi.
Art. 754.
(Pagamento dei debiti e rivalsa).
Gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e pesi ereditari personalmente in proporzione della loro quota ereditaria e ipotecariamente per l'intero. Il coerede che ha pagato oltre la parte a lui incombente puo' ripetere dagli altri coeredi soltanto la parte per cui essi devono contribuire a norma dell'articolo 752, quantunque si sia fatto surrogare nei diritti dei creditori.
Il coerede conserva la facolta' di chiedere il pagamento del credito a lui personale e garantito da ipoteca, non diversamente da ogni altro creditore, detratta la parte che deve sopportare come coerede.
Art. 755.
(Quota di debito ipotecario non pagata da un coerede).
In caso d'insolvenza di un coerede, la sua quota di debito ipotecario e' ripartita in proporzione tra tutti gli altri coeredi.
Art. 756.
(Esenzione del legatario dal pagamento dei debiti).
Il legatario non e' tenuto a pagare i debiti ereditari, salvo ai creditori l'azione ipotecaria sul fondo legato e l'esercizio del diritto di separazione; ma il legatario che ha estinto il debito di cui era gravato il fondo legato subentra nelle ragioni del creditore contro gli eredi.
CAPO IV
Degli effetti della divisione e della garanzia delle quote
Art. 757.
(Diritto dell'erede sulla propria quota).
Ogni coerede e' reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla successione, anche per acquisto all'incanto, e si considera come se non avesse mai avuto la proprieta' degli altri beni ereditari.
Art. 758.
(Garanzia tra coeredi).
I coeredi si devono vicendevole garanzia per le sole molestie ed evizioni derivanti da causa anteriore alla divisione.
La garanzia non ha luogo, se e' stata esclusa con clausola espressa nell'atto di divisione, o se il coerede soffre l'evizione per propria colpa.
Art. 759.
(Evizione subita da un coerede).
Se alcuno dei coeredi subisce evizione, il valore del bene evitto, calcolato al momento dell'evizione, deve essere ripartito tra tutti i coeredi ai fini della garanzia stabilita dall'articolo precedente, in proporzione del valore che i beni attribuiti a ciascuno di essi hanno al tempo dell'evizione e tenuto conto dello stato in cui si trovano al tempo della divisione.
Se uno dei coeredi e' insolvente, la parte per cui e' obbligato deve essere egualmente ripartita tra l'erede che ha sofferto l'evizione e tutti gli eredi solventi.
Art. 760.
(Inesigibilita' di crediti).
Non e' dovuta garanzia per l'insolvenza del debitore di un credito assegnato a uno dei coeredi, se l'insolvenza e' sopravvenuta soltanto dopo che e' stata fatta la divisione.
La garanzia della solvenza del debitore di una rendita e' dovuta per i cinque anni successivi alla divisione.
CAPO V
Dell'annullamento e della rescissione in materia di
divisione
Art. 761.
(Annullamento per violenza o dolo).
La divisione puo' essere annullata quando e' l'effetto di violenza o di dolo.
L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui e' cessata la violenza o in cui il dolo e' stato scoperto.
Art. 762.
(Omissione di beni ereditari).
L'omissione di uno o piu' beni dell'eredita' non da' luogo a nullita' della divisione, ma soltanto a un supplemento della divisione stessa.
Art. 763.
(Rescissione per lesione).
La divisione puo' essere rescissa quando taluno dei coeredi prova di essere stato leso oltre il quarto.
La rescissione e' ammessa anche nel caso di divisione fatta dal testatore, quando il valore dei beni assegnati ad alcuno dei coeredi e' inferiore di oltre un quarto all'entita' della quota ad esso spettante.
L'azione si prescrive in due anni dalla divisione.
Art. 764.
(Atti diversi dalla divisione).
L'azione di rescissione e' anche ammessa contro ogni altro atto che abbia per effetto di far cessare tra i coeredi la comunione dei beni ereditari.
L'azione non e' ammessa contro la transazione con la quale si e' posta fine alle questioni insorte a causa della divisione o dell'atto fatto in luogo della medesima, ancorche' non fosse al riguardo incominciata alcuna lite.
Art. 765.
(Vendita del diritto ereditario fatta al coerede).
L'azione di rescissione non e' ammessa contro la vendita del diritto ereditario fatta senza frode a uno dei coeredi, a suo rischio e pericolo, da parte degli altri coeredi o di uno di essi.
Art. 766.
(Stima dei beni).
Per conoscere se vi e' lesione si procede alla stima dei beni secondo il loro stato e valore al tempo della divisione.
Art. 767.
(Facolta' del coerede di dare il supplemento).
Il coerede contro il quale e' promossa l'azione di rescissione puo' troncarne il corso e impedire una nuova divisione, dando il supplemento della porzione ereditaria, in danaro o in natura, all'attore e agli altri coeredi che si sono a lui associati.
Art. 768.
(Alienazione della porzione ereditaria).
Il coerede che ha alienato la sua porzione o una parte di essa non e' piu' ammesso a impugnare la divisione per dolo o violenza, se l'alienazione e' seguita quando il dolo era stato scoperto o la violenza era cessata.
Il coerede non perde il diritto di proporre l'impugnazione, se la vendita e' limitata a oggetti di facile deterioramento o di valore minimo in rapporto alla quota.
((Capo V-bis))
((Del patto di famiglia))
Art. 768-bis.
(( (Nozione) )).
((E' patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o piu' discendenti.))
Art. 768-ter.
(( (Forma). ))
((A pena di nullita' il contratto deve essere concluso per atto pubblico.))
Art. 768-quater.
(( (Partecipazione). ))
((Al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell'imprenditore.
Gli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura.
I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell'azienda, secondo il valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti; l'assegnazione puo' essere disposta anche con successivo contratto che sia espressamente dichiarato collegato al primo e purche' vi intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li abbiano sostituiti.
Quanto ricevuto dai contraenti non e' soggetto a collazione o a riduzione.))
Art. 768-quinquies.
(( (Vizi del consenso). ))
((Il patto puo' essere impugnato dai partecipanti ai sensi degli articoli 1427 e seguenti.
L'azione si prescrive nel termine di un anno.))
Art. 768-sexies.
(( (Rapporti con i terzi). ))
((All'apertura della successione dell'imprenditore, il coniuge e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto possono chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma prevista dal secondo comma dell'articolo 768-quater, aumentata degli interessi legali.
L'inosservanza delle disposizioni del primo comma costituisce motivo di impugnazione ai sensi dell'articolo 768-quinquies.))
Art. 768-septies.
(( (Scioglimento). ))
((Il contratto puo' essere sciolto o modificato dalle medesime persone che hanno concluso il patto di famiglia nei modi seguenti:
1) mediante diverso contratto, con le medesime caratteristiche e i medesimi presupposti di cui al presente capo;
2) mediante recesso, se espressamente previsto nel contratto stesso e, necessariamente, attraverso dichiarazione agli altri contraenti certificata da un notaio.))
Art. 768-octies.
(( (Controversie). ))
((Le controversie derivanti dalle disposizioni di cui al presente capo sono devolute preliminarmente a uno degli organismi di conciliazione previsti dall'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5)).
TITOLO V
DELLE DONAZIONI
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 769.
(Definizione).
La donazione e' il contratto col quale, per spirito di liberalita', una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione.
Art. 770.
(Donazione rimuneratoria).
E' donazione anche la liberalita' fatta per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione.
Non costituisce donazione la liberalita' che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque in conformita' agli usi.
Art. 771.
(Donazione di beni futuri).
La donazione non puo' comprendere che i beni presenti del donante. Se comprende beni futuri, e' nulla rispetto a questi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati.
Qualora oggetto della donazione sia un'universalita' di cose e il donante ne conservi il godimento trattenendola presso di se', si considerano comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungono successivamente, salvo che dall'atto risulti una diversa volonta'.
Art. 772.
(Donazione di prestazioni periodiche).
La donazione che ha per oggetto prestazioni periodiche si estingue alla morte del donante, salvo che risulti dall'atto una diversa volonta'.
Art. 773.
(Donazione a piu' donatari).
La donazione fatta congiuntamente a favore di piu' donatari s'intende fatta per parti uguali, salvo che dall'atto risulti una diversa volonta'.
E' valida la clausola con cui il donante dispone che, se uno dei donatari non puo' o non vuole accettare, la sua parte si accresca agli altri.
CAPO II
Della capacita' di disporre e di ricevere per donazione
Art. 774.
(Capacita' di donare).
Non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacita' di disporre dei propri beni. E' tuttavia valida la donazione fatta dal minore e dall'inabilitato nel loro contratto di matrimonio a norma degli articoli 165 e 166.
Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore emancipato autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale.
Art. 775.
(Donazione fatta da persona incapace d'intendere o di volere).
La donazione fatta da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui la donazione e' stata fatta, puo' essere annullata su istanza del donante, dei suoi eredi o aventi causa.
L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui la donazione e' stata fatta.
Art. 776.
(Donazione fatta dall'inabilitato).
La donazione fatta dall'inabilitato, anche se anteriore alla sentenza d'inabilitazione o alla nomina del curatore provvisorio, puo' essere annullata se fatta dopo che e' stato promosso il giudizio d'inabilitazione.
Il curatore dell'inabilitato per prodigalita' puo' chiedere l'annullamento della donazione, anche se fatta nei sei mesi anteriori all'inizio del giudizio d'inabilitazione.
Art. 777.
(Donazioni fatte da rappresentanti di persone incapaci).
Il padre e il tutore non possono fare donazioni per la persona incapace da essi rappresentata.
Sono consentite, con le forme abilitative richieste, le liberalita' in occasione di nozze a favore dei discendenti dell'interdetto o dell'inabilitato.
Art. 778.
(Mandato a donare).
E' nullo il mandato con cui si attribuisce ad altri la facolta' di designare la persona del donatario o di determinare l'oggetto della donazione.
E' peraltro valida la donazione a favore di persona che un terzo scegliera' tra piu' persone designate dal donante o appartenenti a determinate categorie, o a favore di una persona giuridica tra quelle indicate dal donante stesso.
E' del pari valida la donazione che ha per oggetto una cosa che un terzo determinera' tra piu' cose indicate dal donante o entro i limiti di valore dal donante stesso stabiliti.
Art. 779.
(Donazione a favore del tutore o protutore).
E' nulla la donazione a favore di chi e' stato tutore o protutore del donante, se fatta prima che sia stato approvato il conto o sia estinta l'azione per il rendimento del conto medesimo.
Si applicano le disposizioni dell'art. 599.
Art. 780.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 19 MAGGIO 1975, N. 151))((40))
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AGGIORNAMENTO (40)
La L. 19 maggio 1975, n. 151 ha disposto (con l'art. 239, comma 1) che "Dall'entrata in vigore della presente legge non puo' essere piu' pronunziata la nullita' prevista dall'abrogato articolo 780 del codice civile rispetto agli atti anteriori."
Art. 781.
(Donazione tra coniugi).
I coniugi non possono, durante il matrimonio, farsi l'uno all'altro alcuna liberalita', salve quelle conformi agli usi.((31))
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AGGIORNAMENTO (31)
La Corte Costituzionale con sentenza 14 - 27 giugno 1973 n. 91 (in G.U. 1a s.s. 27/06/1973 n. 169) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 781 del codice civile."
CAPO III
Della forma e degli effetti della donazione
Art. 782.
(Forma della donazione).
La donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullita'. Se ha per oggetto cose mobili, essa non e' valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell'atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio.
L'accettazione puo' essere fatta nell'atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la donazione non e' perfetta se non dal momento in cui l'atto di accettazione e' notificato al donante.
Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione.
((COMMA ABROGATO DALLA L. 15 MAGGIO 1997, N. 127 COME MODIFICATA DALLA L. 22 GIUGNO 2000, N. 192)).((123))
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AGGIORNAMENTO (123)
La L. 15 maggio 1997, n. 127 come modificata dalla L. 22 giugno 2000, n. 192 ha disposto (con l'art. 13, comma 2) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore a quella di entrata in vigore della presente legge".
Art. 783.
(Donazioni di modico valore).
La donazione di modico valore che ha per oggetto beni mobili e' valida anche se manca l'atto pubblico, purche' vi sia stata la tradizione.
La modicita' deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante.
Art. 784.
(Donazione a nascituri).
La donazione puo' essere fatta anche a favore di chi e' soltanto concepito, ovvero a favore dei figli di una determinata persona vivente al tempo della donazione, benche' non ancora concepiti.
L'accettazione della donazione a favore di nascituri benche' non concepiti, e' regolata dalle disposizioni degli articoli 320 e 321.
Salvo diversa disposizione del donante, l'amministrazione dei beni donati spetta al donante o ai suoi eredi, i quali possono essere obbligati a prestare idonea garanzia. I frutti maturati prima della nascita sono riservati al donatario se la donazione e' fatta a favore di un nascituro gia' concepito. Se e' fatta a favore di un non concepito, i frutti sono riservati al donante sino al momento della nascita del donatario.
Art. 785.
(Donazione in riguardo di matrimonio).
La donazione fatta in riguardo di un determinato futuro matrimonio, sia dagli sposi tra loro, sia da altri a favore di uno o di entrambi gli sposi o dei figli nascituri da questi, si perfeziona senza bisogno che sia accettata, ma non produce effetto finche' non segua il matrimonio.
L'annullamento del matrimonio importa la nullita' della donazione. Restano tuttavia salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede tra il giorno del matrimonio e il passaggio in giudicato della sentenza che dichiara la nullita' del matrimonio. Il coniuge di buona fede non e' tenuto a restituire i frutti percepiti anteriormente alla domanda di annullamento del matrimonio.
La donazione in favore di figli nascituri rimane efficace per i figli rispetto ai quali si verificano gli effetti del matrimonio putativo.
Art. 786.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 15 MAGGIO 1997, N. 127, COME MODIFICATA DALLA L. 22 GIUGNO 2000, N. 192))((123))
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AGGIORNAMENTO (123)
La L. 15 maggio 1997, n. 127, come modificata dalla L. 22 giugno 2000, n. 192 ha disposto (con l'art. 13, comma 1) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore a quella di entrata in vigore della presente legge".
Art. 787.
(Errore sul motivo della donazione).
La donazione puo' essere impugnata per errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, quando il motivo risulta dall'atto ed e' il solo che ha determinato il donante a compiere la liberalita'.
Art. 788.
(Motivo illecito).
Il motivo illecito rende nulla la donazione quando risulta dall'atto ed e' il solo che ha determinato il donante alla liberalita'.
Art. 789.
(Inadempimento o ritardo nell'esecuzione).
Il donante, in caso d'inadempimento o di ritardo nell'eseguire la donazione, e' responsabile soltanto per dolo o per colpa grave.
Art. 790.
(Riserva di disporre di cose determinate).
Quando il donante si e' riservata la facolta' di disporre di qualche oggetto compreso nella donazione o di una determinata somma sui beni donati, e muore senza averne disposto, tale facolta' non puo' essere esercitata dagli eredi.
Art. 791.
(Condizione di riversibilita').
Il donante puo' stipulare la riversibilita' delle cose donate, sia per il caso di premorienza del solo donatario, sia per il caso di premorienza del donatario e dei suoi discendenti.
Nel caso in cui la donazione e' fatta con generica indicazione della riversibilita', questa riguarda la premorienza, non solo del donatario, ma anche dei suoi discendenti.
Non si fa luogo a riversibilita' che a beneficio del solo donante. Il patto a favore di altri si considera non apposto.
Art. 792.
(Effetti della riversibilita').
Il patto di riversibilita' produce l'effetto di risolvere tutte le alienazioni dei beni donati e di farli ritornare al donante liberi da ogni peso o ipoteca, ad eccezione dell'ipoteca iscritta a garanzia della dote o di altre convenzioni matrimoniali, quando gli altri beni del coniuge donatario non sono sufficienti, e nel caso soltanto in cui la donazione e' stata fatta con lo stesso contratto matrimoniale da cui l'ipoteca risulta.
E' valido il patto per cui la riversione non deve pregiudicare la quota di riserva spettante al coniuge superstite sul patrimonio del donatario, compresi in esso i beni donati.
Art. 793.
(Donazione modale).
La donazione puo' essere gravata da un onere.
Il donatario e' tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti del valore della cosa donata.
Per l'adempimento dell'onere puo' agire, oltre il donante, qualsiasi interessato, anche durante la vita del donante stesso.
La risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di donazione, puo' essere domandata dal donante o dai suoi eredi.
Art. 794.
(Onere illecito o impossibile).
L'onere illecito o impossibile si considera non apposto; rende tuttavia nulla la donazione se ne ha costituito il solo motivo determinante.
Art. 795.
(Divieto di sostituzione).
Nelle donazioni non sono permesse le sostituzioni se non nei casi e nei limiti stabiliti per gli atti di ultima volonta'.
La nullita' delle sostituzioni non importa nullita' della donazione.
Art. 796.
(Riserva di usufrutto).
E' permesso al donante di riservare l'usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di un'altra persona o anche di piu' persone, ma non successivamente.
Art. 797.
(Garanzia per evizione).
Il donante e' tenuto a garanzia verso il donatario, per l'evizione che questi puo' soffrire delle cose donate, nei casi seguenti:
1) se ha espressamente promesso la garanzia;
2) se l'evizione dipende dal dolo o dal fatto personale di lui;
3) se si tratta di donazione che impone oneri al donatario, o di donazione rimuneratoria, nei quali casi la garanzia e' dovuta fino alla concorrenza dell'ammontare degli oneri o dell'entita' delle prestazioni ricevute dal donante.
Art. 798.
(Responsabilita' per vizi della cosa).
Salvo patto speciale, la garanzia del donante non si estende ai vizi della cosa, a meno che il donante sia stato in dolo.
Art. 799.
(Conferma ed esecuzione volontaria di donazioni nulle).
La nullita' della donazione, da qualunque causa dipenda, non puo' essere fatta valere dagli eredi o aventi causa dal donante che, conoscendo la causa della nullita', hanno, dopo la morte di lui, confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione.
CAPO IV
Della revocazione delle donazioni
Art. 800.
(Cause di revocazione).
La donazione puo' essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza di figli.
Art. 801.
(Revocazione per ingratitudine).
La domanda di revocazione per ingratitudine non puo' essere proposta che quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti dai numeri 1, 2 e 3 dell'art. 463, ovvero si e' reso colpevole d'ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi degli articoli 433, 435 e 436.
Art. 802.
(Termini e legittimazione ad agire).
La domanda di revocazione per causa d'ingratitudine deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi eredi, entro l'anno dal giorno in cui il donante e' venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione.
Se il donatario si e' reso responsabile di omicidio volontario in persona del donante o gli ha dolosamente impedito di revocare la donazione, il termine per proporre l'azione e' di un anno dal giorno in cui gli eredi hanno avuto notizia della causa di revocazione.
Art. 803.
(( Revocazione per sopravvenienza di figli ))
((Le donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente del donante. Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del figlio.
La revocazione puo' essere domandata anche se il figlio del donante era gia' concepito al tempo della donazione.))
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AGGIORNAMENTO (122)
La Corte Costituzionale con sentenza 22 giugno-3 luglio 2000 n. 250 (in G.U. 1a s.s. 05/07/2000 n. 28) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 803, primo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede che - in caso di sopravvenienza di un figlio naturale - la donazione possa essere revocata solo se il riconoscimento del figlio sia intervenuto entro due anni dalla donazione."
Art. 804.
(Termine per l'azione).
L'azione di revocazione per sopravvenienza di figli deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio ((nato nel matrimonio)) o discendente ((...)) ovvero della notizia dell'esistenza del figlio o discendente, ovvero dell'avvenuto riconoscimento del figlio ((nato fuori del matrimonio)).
Il donante non puo' proporre o proseguire l'azione dopo la morte del figlio o del discendente.
Art. 805.
(Donazioni irrevocabili).
Non possono revocarsi per causa d'ingratitudine, ne' per sopravvenienza di figli, le donazioni rimuneratorie e quelle fatte in riguardo di un determinato matrimonio.
Art. 806.
(Inammissibilita' della rinunzia preventiva).
Non e' valida la rinunzia preventiva alla revocazione della donazione per ingratitudine o per sopravvenienza di figli.
Art. 807.
(Effetti della revocazione).
Revocata la donazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli, il donatario deve restituire i beni in natura, se essi esistono ancora, e i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda.
Se il donatario ha alienato i beni, deve restituirne il valore, avuto riguardo al tempo della domanda, e i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda stessa.
Art. 808.
(Effetti nei riguardi dei terzi).
La revocazione per ingratitudine o per sopravvenienza di figli non pregiudica i terzi che hanno acquistato diritti anteriormente alla domanda, salvi gli effetti della trascrizione di questa.
Il donatario, che prima della trascrizione della domanda di revocazione ha costituito sui beni donati diritti reali che ne diminuiscono il valore, deve indennizzare il donante della diminuzione di valore sofferta dai beni stessi.
Art. 809.
(Norme sulle donazioni applicabili ad altri atti di liberalita').
Le liberalita', anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall'art. 769, sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d'ingratitudine e per sopravvenienza di figli, nonche' a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari.
Questa disposizione non si applica alle liberalita' previste dal secondo comma dell'art. 770 e a quelle che a norma dell'art. 742 non sono soggette a collazione.
LIBRO TERZO
DELLA PROPRIETA'
TITOLO I
DEI BENI
CAPO I
Dei
beni
in
generale
Art. 810.
(Nozione).
Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti.
Sezione I
Dei beni nell'ordine corporativo
Art. 811.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D. LGS. LUOGOTENENZIALE 14 SETTEMBRE 1944, N. 287))
Sezione II
Dei beni immobili e mobili
Art. 812.
(Distinzione dei beni).
Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto cio' che naturalmente o artificialmente e' incorporato al suolo.
Sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all'alveo o sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione.
Sono mobili tutti gli altri beni.
Art. 813.
(Distinzione dei diritti).
Salvo che dalla legge risulti diversamente, le disposizioni concernenti i beni immobili si applicano anche ai diritti reali che hanno per oggetto beni immobili e alle azioni relative; le disposizioni concernenti i beni mobili si applicano a tutti gli altri diritti.
Art. 814.
(Energie).
Si considerano beni mobili le energie naturali che hanno valore economico.
Art. 815.
(Beni mobili iscritti in pubblici registri).
I beni mobili iscritti in pubblici registri sono soggetti alle disposizioni che li riguardano e, in mancanza, elle disposizioni relative ai beni mobili.
Art. 816.
(Universalita' di mobili).
E' considerata universalita' di mobili la pluralita' di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria.
Le singole cose componenti l'universalita' possono formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici.
Art. 817.
(Pertinenze).
Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa.
La destinazione puo' essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima.
Art. 818.
(Regime delle pertinenze).
Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non e' diversamente disposto.
Le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici.
La cessazione della qualita' di pertinenza non e' opponibile ai terzi i quali abbiano anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale.
Art. 819.
(Diritti dei terzi sulle pertinenze).
La destinazione di una cosa al servizio o all'ornamento di un'altra non pregiudica i diritti preesistenti su di essa a favore dei terzi. Tali diritti non possono essere opposti ai terzi di buona fede se non risultano da scrittura avente data certa anteriore, quando la cosa principale e' un bene immobile o un bene mobile iscritto in pubblici registri.
Sezione III
Dei frutti
Art. 820.
(Frutti naturali e frutti civili).
Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa, vi concorra o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la legna, i parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere.
Finche' non avviene la separazione, i frutti formano parte della cosa. Si puo' tuttavia disporre di essi come di cosa mobile futura.
Sono frutti civili quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia. Tali sono gli interessi dei capitali, i canoni enfiteutici, le rendite vitalizie e ogni altra rendita, il corrispettivo delle locazioni.
Art. 821.
(Acquisto dei frutti).
I frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce, salvo che la loro proprieta' sia attribuita ad altri. In quest'ultimo caso la proprieta' si acquista con la separazione.
Chi fa propri i frutti deve, nei limiti del loro valore, rimborsare colui che abbia fatto spese per la produzione e il raccolto.
I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto.
CAPO II
Dei beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici
e
agli
enti ecclesiastici
Art. 822.
(Demanio pubblico).
Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale.
Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.
Art. 823.
(Condizione giuridica del demanio pubblico).
I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Spetta all'autorita' amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facolta' sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprieta' e del possesso regolati dal presente codice.
Art. 824.
(Beni delle provincie e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali).
I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'art. 822, se appartengono alle provincie o ai comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico.
Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali.
Art. 825.
(Diritti demaniali su beni altrui).
Sono parimenti soggetti al regime del demanio pubblico i diritti reali che spettano allo Stato, alle provincie e ai comuni su beni appartenenti ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilita' di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi.
Art. 826.
(Patrimonio dello Stato, delle provincie e dei comuni).
I beni appartenenti allo Stato, alle provincie e ai comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle provincie e dei comuni.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilita' ne e' sottratta al proprietario del fondo, le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della Corona, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle provincie e dei comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.
Art. 827.
(Beni immobili vacanti).
I beni immobili che non sono in proprieta' di alcuno spettano al patrimonio dello Stato.
Art. 828.
(Condizione giuridica dei beni patrimoniali).
I beni che costituiscono il patrimonio dello Stato, delle provincie e dei comuni sono soggetti alle regole particolari che li concernono e, in quanto non e' diversamente disposto, alle regole del presente codice.
I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Art. 829.
(Passaggio di beni dal demanio al patrimonio).
Il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato dev'essere dichiarato dall'autorita' amministrativa. Dell'atto deve essere dato annunzio nella Gazzetta Ufficiale del Regno.
Per quanto riguarda i beni delle provincie e dei comuni, il provvedimento che dichiara il passaggio al patrimonio dev'essere pubblicato nei modi stabiliti per i regolamenti comunali e provinciali.
Art. 830.
(Beni degli enti pubblici non territoriali).
I beni appartenenti agli enti pubblici non territoriali sono soggetti alle regole del presente codice, salve le disposizioni delle leggi speciali.
Ai beni di tali enti che sono destinati a un pubblico servizio si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 828.
Art. 831.
(Beni degli enti ecclesiastici ed edifici di culto).
I beni degli enti ecclesiastici sono soggetti alle norme del presente codice, in quanto non e' diversamente disposto dalle leggi speciali che li riguardano.
Gli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto cattolico, anche se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla loro destinazione neppure per effetto di alienazione, fino a che la destinazione stessa non sia cessata in conformita' delle leggi che li riguardano.
TITOLO II
DELLA PROPRIETA'
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 832.
(Contenuto del diritto).
Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.
Art. 833.
(Atti d'emulazione).
Il proprietario non puo' fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri.
Art. 834.
(Espropriazione per pubblico interesse).
Nessuno puo' essere privato in tutto o in parte dei beni di sua proprieta', se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e contro il pagamento di una giusta indennita'.
Le norme relative all'espropriazione per causa di pubblico interesse sono determinate da leggi speciali.
Art. 835.
(Requisizioni).
Quando ricorrono gravi e urgenti necessita' pubbliche, militari o civili, puo' essere disposta la requisizione dei beni mobili o immobili. Al proprietario e' dovuta una giusta indennita'.
Le norme relative alle requisizioni sono determinate da leggi speciali.
Art. 836.
(Vincoli e obblighi temporanei).
Per le cause indicate dall'articolo precedente l'autorita' amministrativa, nei limiti e con le forme stabiliti da leggi speciali, puo' sottoporre a particolari vincoli od obblighi di carattere temporaneo le aziende commerciali e agricole.
Art. 837.
(Ammassi).
Allo scopo di regolare la distribuzione di determinati prodotti agricoli o industriali nell'interesse della produzione nazionale sono costituiti gli ammassi.
Le norme per il conferimento dei prodotti negli ammassi sono contenute in leggi speciali.
Art. 838.
(Espropriazione di beni che interessano la produzione nazionale o di prevalente interesse pubblico).
Salve le disposizioni delle leggi penali e di polizia, nonche' le norme dell'ordinamento corporativo e le disposizioni particolari concernenti beni determinati, quando il proprietario abbandona la conservazione, la coltivazione o l'esercizio di beni che interessano la produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle esigenze della produzione stessa, puo' farsi luogo all'espropriazione dei beni da parte dell'autorita' amministrativa, premesso il pagamento di una giusta indennita'.
La stessa disposizione si applica se il deperimento dei beni ha per effetto di nuocere gravemente al decoro delle citta' o alle ragioni dell'arte, della storia o della sanita' pubblica.
Art. 839.
(Beni d'interesse storico e artistico).
Le cose di proprieta' privata, immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico, sono sottoposte alle disposizioni delle leggi speciali.
CAPO II
Della proprieta' fondiaria
Sezione I
Disposizioni
generali
Art. 840.
(Sottosuolo e spazio sovrastante al suolo).
La proprieta' del suolo si estende al sottosuolo, con tutto cio' che vi si contiene, e il proprietario puo' fare qualsiasi escavazione od opera che non rechi danno al vicino. Questa disposizione non si applica a quanto forma oggetto delle leggi sulle miniere, cave e torbiere. Sono del pari salve le limitazioni derivanti dalle leggi sulle antichita' e belle arti, sulle acque, sulle opere idrauliche e da altre leggi speciali.
Il proprietario del suolo non puo' opporsi ad attivita' di terzi che si svolgano a tale profondita' nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle.
Art. 841.
(Chiusura del fondo).
Il proprietario puo' chiudere in qualunque tempo il fondo.
Art. 842.
(Caccia e pesca).
Il proprietario di un fondo non puo' impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno.
Egli puo' sempre opporsi a chi non e' munito della licenza rilasciata dall'autorita'.
Per l'esercizio della pesca occorre il consenso del proprietario del fondo.
Art. 843.
(Accesso al fondo).
Il proprietario deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessita', al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.
Se l'accesso cagiona danno, e' dovuta un'adeguata indennita'.
Il proprietario deve parimenti permettere l'accesso a chi vuole riprendere la cosa sua che vi si trovi accidentalmente o l'animale che vi si sia riparato sfuggendo alla custodia. Il proprietario puo' impedire l'accesso consegnando la cosa o l'animale.
Art. 844.
(Immissioni).
Il proprietario di un fondo non puo' impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilita', avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Nell'applicare questa norma l'autorita' giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprieta'. Puo' tener conto della priorita' di un determinato uso.
Art. 845.
(Regole particolari per scopi di pubblico interesse).
La proprieta' fondiaria e' soggetta a regole particolari per il conseguimento di scopi di pubblico interesse nei casi previsti dalle leggi speciali e dalle disposizioni contenute nelle sezioni seguenti.
Sezione II
Del riordinamento della proprieta' rurale
Art. 846.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 18 MAGGIO 2001, N. 228, COME MODIFICATO DAL D. LGS. 29 MARZO 2004, N. 99))
Art. 847.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 18 MAGGIO 2001, N. 228, COME MODIFICATO DAL D. LGS. 29 MARZO 2004, N. 99))
Art. 848.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 18 MAGGIO 2001, N. 228, COME MODIFICATO DAL D. LGS. 29 MARZO 2004, N. 99))
Art. 849.
(Fondi compresi entro maggiori unita' fondiarie).
Indipendentemente dalla formazione del consorzio previsto dall'articolo seguente, il proprietario di terreni entro i quali sono compresi appezzamenti appartenenti ad altri, di estensione inferiore alla minima unita' colturale, puo' domandare che gli sia trasferita la proprieta' di questi ultimi, pagandone il prezzo, allo scopo di attuare una migliore sistemazione delle unita' fondiarie. In caso di contrasto decide l'autorita' giudiziaria, sentite le associazioni professionali circa la sussistenza delle condizioni che giustificano la richiesta di trasferimento.
Art. 850.
(Consorzi a scopo di ricomposizione fondiaria).
Quando piu' terreni contigui e inferiori alla minima unita' colturale appartengono a diversi proprietari, puo', su istanza di alcuno degli interessati o per iniziativa dell'autorita' amministrativa, essere costituito un consorzio tra gli stessi proprietari, allo scopo di provvedere a una ricomposizione fondiaria idonea alla migliore utilizzazione dei terreni stessi.
Per la costituzione del consorzio si applicano le norme stabilite per i consorzi di bonifica.
Art. 851.
(Trasferimenti coattivi).
Il consorzio indicato dall'articolo precedente puo' predisporre il piano di riordinamento.
Per la migliore sistemazione delle unita' fondiarie puo' procedersi a espropriazioni e a trasferimenti coattivi; puo' anche procedersi a rettificazioni di confini e ad arrotondamento di fondi.
Art. 852.
(Terreni esclusi dai trasferimenti).
Dai trasferimenti coattivi previsti dall'articolo precedente sono esclusi:
1) gli appezzamenti forniti di casa di abitazione civile o colonica;
2) i terreni adiacenti ai fabbricati e costituenti di pendenze dei medesimi;
3) le aree fabbricabili;
4) gli orti, i giardini, i parchi;
5) i terreni necessari per piazzali o luoghi di deposito di stabilimenti industriali o commerciali;
6) i terreni soggetti a inondazioni, a scoscendimenti o ad altri gravi rischi;
7) i terreni che per la loro speciale destinazione, ubicazione o singolarita' di coltura presentano caratteristiche di spiccata individualita'.
Art. 853.
(Trasferimento dei diritti reali).
Nei trasferimenti coattivi le servitu' prediali sono abolite, conservate o create in relazione alle esigenze della nuova sistemazione.
Gli altri diritti reali di godimento sono trasferiti sui terreni assegnati in cambio e, qualora non siano costituiti su tutti i terreni dello stesso proprietario, sono trasferiti soltanto su una parte determinata del fondo assegnato in cambio, che corrisponda in valore ai terreni su cui esistevano.
Le ipoteche che non siano costituite su tutti i terreni dello stesso proprietario sono trasferite sul fondo di nuova assegnazione per una quota corrispondente in valore ai terreni su cui erano costituite. In caso di espropriazione forzata dell'immobile gravato da ipoteca su una quota, l'immobile e' espropriato per intero e il credito e' collocato, secondo il grado dell'ipoteca, sulla parte del prezzo corrispondente alla quota soggetta all'ipoteca medesima.
Art. 854.
(Notifica e trascrizione del piano di riordinamento).
Il piano di riordinamento dev'essere preventivamente portato a cognizione degli interessati, e contro di esso e' ammesso reclamo in via amministrativa, nelle forme e nei termini stabiliti da leggi speciali.
Il provvedimento amministrativo di approvazione definitiva del piano dev'essere trascritto presso l'ufficio dei registri immobiliari nella cui circoscrizione sono situati i beni.
Art. 855.
(Effetti dell'approvazione del piano di riordinamento).
Con l'approvazione del piano di riordinamento si operano i trasferimenti di proprieta' e degli altri diritti reali; sono anche costituite le servitu' imposte nel piano stesso.
Art. 856.
(Competenza dell'autorita' giudiziaria).
Nelle materie indicate dagli articoli 850 e seguenti e' salva la competenza dell'autorita' giudiziaria ordinaria per la tutela dei diritti degli interessati. L'autorita' giudiziaria non puo' tuttavia con le sue decisioni provocare una revisione del piano di riordinamento, ma puo' procedere alla conversione e liquidazione in danaro dei diritti da essa accertati.
Il credito relativo e' privilegiato a norma delle leggi speciali.
Sezione III
Della bonifica integrale
Art. 857.
(Terreni soggetti a bonifica).
Per il conseguimento di fini igienici, demografici, economici o di altri fini sociali possono essere dichiarati soggetti a bonifica i terreni che si trovano in un comprensorio, in cui sono laghi, stagni, paludi e terre paludose, ovvero costituito da terreni montani dissestati nei riguardi idrogeologici e forestali, o da terreni estensivamente coltivati per gravi cause d'ordine fisico o sociale, i quali siano suscettibili di una radicale trasformazione dell'ordinamento produttivo.
Art. 858.
(Comprensorio di bonifica e piano delle opere).
Il comprensorio di bonifica e il piano generale dei lavori e di attivita' coordinate sono determinati e pubblicati a norma della legge speciale.
Art. 859.
(Opere di competenza dello Stato).
Il piano generale indicato dall'articolo precedente stabilisce quali opere di bonifica siano di competenza dello Stato.
Art. 860.
(Concorso dei proprietari nella spesa).
I proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica.
Art. 861.
(Opere di competenza dei privati).
I proprietari degli immobili indicati dall'articolo precedente sono obbligati a eseguire, in conformita' del piano generale di bonifica e delle connesse direttive di trasformazione agraria, le opere di competenza privata che siano d'interesse comune a piu' fondi o d'interesse particolare a taluno di essi.
Art. 862.
(Consorzi di bonifica).
All'esecuzione, alla manutenzione e all'esercizio delle opere di bonifica puo' provvedersi a mezzo di consorzi tra i proprietari interessati.
A tali consorzi possono essere anche affidati l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle altre opere d'interesse comune a piu' fondi o d'interesse particolare a uno di essi.
I consorzi sono costituiti per decreto reale e, in mancanza dell'iniziativa privata, possono essere formati anche d'ufficio.
Essi sono persone giuridiche pubbliche e svolgono la loro attivita' secondo le norme dettate dalla legge speciale.
Art. 863.
(Consorzi di miglioramento fondiario).
Nelle forme stabilite per i consorzi di bonifica possono essere costituiti anche consorzi per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio di opere di miglioramento fondiario comuni a piu' fondi e indipendenti da un piano generale di bonifica.
Essi sono persone giuridiche private. Possono tuttavia assumere il carattere di persone giuridiche pubbliche quando, per la loro vasta estensione territoriale o per la particolare importanza delle loro funzioni ai fini dell'incremento della produzione, sono riconosciuti d'interesse nazionale con provvedimento dell'autorita' amministrativa.
Art. 864.
(Contributi consorziali).
I contributi dei proprietari nella spesa di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario sono esigibili con le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria.
Art. 865.
(Espropriazione per inosservanza degli obblighi).
Quando l'inosservanza degli obblighi imposti ai proprietari risulta tale da compromettere l'attuazione del piano di bonifica, puo' farsi luogo all'espropriazione parziale o totale del fondo appartenente al proprietario inadempiente, osservate le disposizioni della legge speciale.
L'espropriazione ha luogo a favore del consorzio, se questo ne fa richiesta, o, in mancanza, a favore di altra persona che si obblighi ad eseguire le opere offrendo opportune garanzie.
Sezione IV
Dei vincoli idrogeologici e delle difese fluviali
Art. 866.
(Vincoli per scopi idrogeologici e per altri scopi).
Anche indipendentemente da un piano di bonifica, i terreni di qualsiasi natura e destinazione possono essere sottoposti a vincolo idrogeologico, osservate le forme e le condizioni stabilite dalla legge speciale, al fine di evitare che possano con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilita' o turbare il regime delle acque.
L'utilizzazione dei terreni e l'eventuale loro trasformazione, la qualita' delle colture, il governo dei boschi e dei pascoli sono assoggettati, per effetto del vincolo, alle limitazioni stabilite dalle leggi in materia.
Parimenti, a norma della legge speciale, possono essere sottoposti a limitazione nella loro utilizzazione i boschi che per la loro speciale ubicazione difendono terreni o fabbricati dalla caduta di valanghe, dal rotolamento dei sassi, dal sorrenamento e dalla furia dei venti, e quelli ritenuti utili per le condizioni igieniche locali.
Art. 867.
(Sistemazione e rimboschimento dei terreni vincolati).
Al fine del rimboschimento e del rinsaldamento i terreni vincolati possono essere assoggettati a espropriazione, a occupazione temporanea o a sospensione dell'esercizio del pascolo, nei modi e con le forme stabiliti dalle leggi in materia.
Art. 868.
(Regolamento protettivo dei corsi d'acqua).
I proprietari d'immobili situati in prossimita' di corsi d'acqua che arrecano o minacciano danni all'agricoltura, ad abitati o a manufatti d'interesse pubblico sono obbligati, anche indipendentemente da un piano di bonifica, a contribuire all'esecuzione delle opere necessarie per il regolamento del corso d'acqua nelle forme stabilite dalle leggi speciali.
Sezione V
Della proprieta' edilizia
Art. 869.
(Piani regolatori).
I proprietari d'immobili nei comuni dove sono formati piani regolatori devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti.
Art. 870.
(Comparti).
Quando e' prevista la formazione di comparti, costituenti unita' fabbricabili con speciali modalita' di costruzione e di adattamento, gli aventi diritto sugli immobili compresi nel comparto devono regolare i loro reciproci rapporti in modo da rendere possibile l'attuazione del piano. Possono anche riunirsi in consorzio per l'esecuzione delle opere. In mancanza di accordo, puo' procedersi all'espropriazione a norma delle leggi in materia.
Art. 871.
(Norme di edilizia e di ornato pubblico).
Le regole da osservarsi nelle costruzioni sono stabilite dalla legge speciale e dai regolamenti edilizi comunali.
La legge speciale stabilisce altresi' le regole da osservarsi per le costruzioni nelle localita' sismiche.
Art. 872.
(Violazione delle norme di edilizia).
Le conseguenze di carattere amministrativo della violazione delle norme indicate dall'articolo precedente sono stabilite da leggi speciali.
Colui che per effetto della violazione ha subito danno deve esserne risarcito, salva la facolta' di chiedere la riduzione in pristino quando si tratta della violazione delle norme contenute nella sezione seguente o da questa richiamate.
Sezione VI
Delle distanze nelle costruzioni, piantagioni e
scavi,
e
dei muri, fossi e siepi interposti tra i fondi
Art. 873.
(Distanze nelle costruzioni).
Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali puo' essere stabilita una distanza maggiore.
Art. 874.
(Comunione forzosa del muro sul confine).
Il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui puo' chiederne la comunione per tutta l'altezza o per parte di essa, purche' lo faccia per tutta l'estensione della sua proprieta'. Per ottenere la comunione deve pagare la meta' del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la meta' del valore del suolo su cui il muro e' costruito. Deve inoltre eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino.
Art. 875.
(Comunione forzosa del muro che non e' sul confine).
Quando il muro si trova a una distanza dal confine minore di un metro e mezzo ovvero a distanza minore della meta' di quella stabilita dai regolamenti locali, il vicino puo' chiedere la comunione del muro soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso, pagando, oltre il valore della meta' del muro, il valore del suolo da occupare con la nuova fabbrica, salvo che il proprietario preferisca estendere il suo muro sino al confine.
Il vicino che intende domandare la comunione deve interpellare preventivamente il proprietario se preferisca di estendere il muro al confine o di procedere alla sua demolizione. Questi deve manifestare la propria volonta' entro un termine di giorni quindici e deve procedere alla costruzione o alla demolizione entro sei mesi dal giorno in cui ha comunicato la risposta.
Art. 876.
(Innesto nel muro sul confine).
Se il vicino vuole servirsi del muro esistente sul confine solo per innestarvi un capo del proprio muro, non ha l'obbligo di renderlo comune a norma dell'art. 874, ma deve pagare un'indennita' per l'innesto.
Art. 877.
(Costruzioni in aderenza).
Il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, puo' costruire sul confine stesso in aderenza, ma senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente.
Questa norma si applica anche nel caso previsto dall'art. 875; il vicino in tal caso deve pagare soltanto il valore del suolo.
Art. 878.
(Muro di cinta).
Il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri non e' considerato per il computo della distanza indicata dall'articolo 873.
Esso, quando e' posto sul confine, puo' essere reso comune anche a scopo d'appoggio, purche' non preesista al di la' un edificio a distanza inferiore ai tre metri.
Art. 879.
(Edifici non soggetti all'obbligo delle distanze o a comunione forzosa).
Alla comunione forzosa non sono soggetti gli edifici appartenenti al demanio pubblico e quelli soggetti allo stesso regime, ne' gli edifici che sono riconosciuti di interesse storico, archeologico o artistico, a norma delle leggi in materia. Il vicino non puo' neppure usare della facolta' concessa dall'art. 877.
Alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi le leggi e i regolamenti che le riguardano.
Art. 880.
(Presunzione di comunione del muro divisorio).
Il muro che serve di divisione tra edifici si presume comune fino alla sua sommita' e, in caso di altezze ineguali, fino al punto in cui uno degli edifici comincia ad essere piu' alto.
Si presume parimenti comune il muro che serve di divisione tra cortili, giardini e orti o tra recinti nei campi.
Art. 881.
(Presunzione di proprieta' esclusiva del muro divisorio).
Si presume che il muro divisorio tra i campi, cortili, giardini od orti appartenga al proprietario del fondo verso il quale esiste il piovente e in ragione del piovente medesimo.
Se esistono sporti, come cornicioni, mensole e simili, o vani che si addentrano oltre la meta' della grossezza del muro, e gli uni e gli altri risultano costruiti col muro stesso, si presume che questo spetti al proprietario dalla cui parte gli sporti o i vani si presentano, anche se vi sia soltanto qualcuno di tali segni.
Se uno o piu' di essi sono da una parte, e uno o piu' dalla parte opposta, il muro e' reputato comune: in ogni caso la positura del piovente prevale su tutti gli altri indizi.
Art. 882.
(Riparazioni del muro comune).
Le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a carico di tutti quelli che vi hanno diritto e in proporzione del diritto di ciascuno, salvo che la spesa sia stata cagionata dal fatto di uno dei partecipanti.
Il comproprietario di un muro comune puo' esimersi dall'obbligo di contribuire nelle spese di riparazione e ricostruzione, rinunziando al diritto di comunione, purche' il muro comune non sostenga un edificio di sua spettanza.
La rinunzia non libera il rinunziante dall'obbligo delle riparazioni e ricostruzioni a cui abbia dato causa col fatto proprio.
Art. 883.
(Abbattimento di edificio appoggiato al muro comune).
Il proprietario che vuole atterrare un edificio sostenuto da un muro comune puo' rinunziare alla comunione di questo, ma deve farvi le riparazioni e le opere che la demolizione rende necessarie per evitare ogni danno al vicino.
Art. 884.
(Appoggio e immissione di travi e catene nel muro comune).
Il comproprietario di un muro comune puo' fabbricare appoggiandovi le sue costruzioni e puo' immettervi travi, purche' le mantenga a distanza di cinque centimetri dalla superficie opposta, salvo il diritto dell'altro comproprietario di fare accorciare la trave fino alla meta' del muro, nel caso in cui egli voglia collocare una trave nello stesso luogo, aprirvi un incavo o appoggiarvi un camino. Il comproprietario puo' anche attraversare il muro comune con chiavi e catene di rinforzo, mantenendo la stessa distanza. Egli e' tenuto in ogni caso a riparare i danni causati dalle opere compiute.
Non puo' fare incavi nel muro comune, ne' eseguirvi altra opera che ne comprometta la stabilita' o che in altro modo lo danneggi.
Art. 885.
(Innalzamento del muro comune).
Ogni comproprietario puo' alzare il muro comune, ma sono a suo carico tutte le spese di costruzione e conservazione della parte sopraedificata. Anche questa puo' dal vicino essere resa comune a norma dell'articolo 874.
Se il muro non e' atto a sostenere la sopraedificazione, colui che l'esegue e' tenuto a ricostruirlo o a rinforzarlo a sue spese. Per il maggiore spessore che sia necessario, il muro deve essere costruito sul suolo proprio, salvo che esigenze tecniche impongano di costruirlo su quello del vicino. In entrambi i casi il muro ricostruito o ingrossato resta di proprieta' comune, e il vicino deve essere indennizzato di ogni danno prodotto dall'esecuzione delle opere. Nel secondo caso il vicino ha diritto di conseguire anche il valore della meta' del suolo occupato per il maggiore spessore.
Qualora il vicino voglia acquistare la comunione della parte sopraelevata del muro, si tiene conto, nel calcolare il valore di questa, anche delle spese occorse per la ricostruzione o per il rafforzamento.
Art. 886.
(Costruzione del muro di cinta).
Ciascuno puo' costringere il vicino a contribuire per meta' nella spesa di costruzione dei muri di cinta che separano le rispettive case, i cortili e i giardini posti negli abitati. L'altezza di essi, se non e' diversamente determinata dai regolamenti locali o dalla convenzione, deve essere di tre metri.
Art. 887.
(Fondi a dislivello negli abitati).
Se di due fondi posti negli abitati uno e' superiore e l'altro inferiore, il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza del proprio suolo, ed entrambi i proprietari devono contribuire per tutta la restante altezza.
Il muro deve essere costruito per meta' sul terreno del fondo inferiore e per meta' sul terreno del fondo superiore.
Art. 888.
(Esonero dal contributo nelle spese).
Il vicino si puo' esimere dal contribuire nelle spese di costruzione del muro di cinta o divisorio, cedendo, senza diritto a compenso, la meta' del terreno su cui il muro di separazione deve essere costruito. In tal caso il muro e' di proprieta' di colui che l'ha costruito, salva la facolta' del vicino di renderlo comune ai sensi dell'art. 874, senza obbligo pero' di pagare la meta' del valore del suolo su cui il muro e' stato costruito.
Art. 889.
(Distanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi).
Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare la distanza di almeno due metri tra il confine e il punto piu' vicino del perimetro interno delle opere predette.
Per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine.
Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali.
Art. 890.
(Distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi).
Chi presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, vuole fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle e simili, o vuol collocare materie umide o esplodenti o in altro modo nocive, ovvero impiantare macchinari, per i quali puo' sorgere pericolo di danni, deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidita', salubrita' e sicurezza.
Art. 891.
(Distanze per canali e fossi).
Chi vuole scavare fossi o canali presso il confine, se non dispongono in modo diverso i regolamenti locali, deve osservare una distanza eguale alla profondita' del fosso o canale. La distanza si misura dal confine al ciglio della sponda piu' vicina, la quale deve essere a scarpa naturale ovvero munita di opere di sostegno. Se il confine si trova in un fosso comune o in una via privata, la distanza si misura da ciglio a ciglio o dal ciglio al lembo esteriore della via.
Art. 892.
(Distanze per gli alberi).
Chi vuol piantare alberi presso il confine deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono, devono essere osservate le seguenti distanze dal confine:
1) tre metri per gli alberi di alto fusto. Rispetto alle distanze, si considerano alberi di alto fusto quelli il cui fusto, semplice o diviso in rami, sorge ad altezza notevole, come sono i noci, i castagni, le querce, i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e simili;
2) un metro e mezzo per gli alberi di non alto fusto. Sono reputati tali quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in rami;
3) mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo.
La distanza deve essere pero' di un metro, qualora le siepi siano di ontano, di castagno o di altre piante simili che si recidono periodicamente vicino al ceppo, e di due metri per le siepi di robinie.
La distanza si misura dalla linea del confine alla base esterna del tronco dell'albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al luogo dove fu fatta la semina.
Le distanze anzidette non si devono osservare se sul confine esiste un muro divisorio, proprio o comune, purche' le piante siano tenute ad altezza che non ecceda la sommita' del muro.
Art. 893.
(Alberi presso strade, canali e sul confine di boschi).
Per gli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con terreni non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, si osservano, trattandosi di boschi, canali e strade di proprieta' privata, i regolamenti e, in mancanza, gli usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono, si osservano le distanze prescritte dall'articolo precedente.
Art. 894.
(Alberi a distanza non legale).
Il vicino puo' esigere che si estirpino gli alberi e le siepi che sono piantati o nascono a distanza minore di quelle indicate dagli articoli precedenti.
Art. 895.
(Divieto di ripiantare alberi a distanza non legale).
Se si e' acquistato il diritto di tenere alberi a distanza minore di quelle sopra indicate, e l'albero muore o viene reciso o abbattuto, il vicino non puo' sostituirlo, se non osservando la distanza legale.
La disposizione non si applica quando gli alberi fanno parte di un filare situato lungo il confine.
Art. 896.
(Recisione di rami protesi e di radici).
Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino puo' in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e puo' egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi pero' in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali.
Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti.
Se a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario dell'albero, per la raccolta di essi si applica il disposto dell'art. 843.
Art. 896-bis
(( (Distanze minime per gli apiari). ))
((Gli apiari devono essere collocati a non meno di dieci metri da strade di pubblico transito e a non meno di cinque metri dai confini di proprieta' pubbliche o private.
Il rispetto delle distanze di cui al primo comma non e' obbligatorio se tra l'apiario e i luoghi ivi indicati esistono dislivelli di almeno due metri o se sono interposti, senza soluzioni di continuita', muri, siepi o altri ripari idonei a non consentire il passaggio delle api. Tali ripari devono avere una altezza di almeno due metri. Sono comunque fatti salvi gli accordi tra le parti interessate.
Nel caso di accertata presenza di impianti industriali saccariferi, gli apiari devono rispettare una distanza minima di un chilometro dai suddetti luoghi di produzione)).
Art. 897.
(Comunione di fossi).
Ogni fosso interposto tra due fondi si presume comune.
Si presume che il fosso appartenga al proprietario che se ne serve per gli scoli delle sue terre, o al proprietario del fondo dalla cui parte e' il getto della terra o lo spurgo ammucchiatovi da almeno tre anni.
Se uno o piu' di tali segni sono da una parte e uno o piu' dalla parte opposta, il fosso si presume comune.
Art. 898.
(Comunione di siepi).
Ogni siepe tra due fondi si presume comune ed e' mantenuta a spese comuni, salvo che vi sia termine di confine o altra prova in contrario.
Se uno solo dei fondi e' recinto, si presume che la siepe appartenga al proprietario del fondo recinto, ovvero di quello dalla cui parte si trova la siepe stessa in relazione ai termini di confine esistenti.
Art. 899.
(Comunione di alberi).
Gli alberi sorgenti nella siepe comune sono comuni.
Gli alberi sorgenti sulla linea di confine si presumono comuni, salvo titolo o prova in contrario.
Gli alberi che servono di limite o che si trovano nella siepe comune non possono essere tagliati, se non di comune consenso o dopo che l'autorita' giudiziaria abbia riconosciuto la necessita' o la convenienza del taglio.
Sezione VII
Delle luci e delle vedute
Art. 900.
(Specie di finestre).
Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci, quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.
Art. 901.
(Luci).
Le luci che si aprono sul fondo del vicino devono:
1) essere munite di un'inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati;
2) avere il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri, se sono ai piani superiori;
3) avere il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l'altezza stessa.
Art. 902.
(Apertura priva dei requisiti prescritti per le luci).
L'apertura che non ha i caratteri di veduta o di prospetto e' considerata come luce, anche se non sono state osservate le prescrizioni indicate dall'art. 901.
Il vicino ha sempre il diritto di esigere che essa sia resa conforme alle prescrizioni dell'articolo predetto.
Art. 903.
(Luci nel muro proprio o nel muro comune).
Le luci possono essere aperte dal proprietario del muro contiguo al fondo altrui.
Se il muro e' comune, nessuno dei proprietari puo' aprire luci senza il consenso dell'altro; ma chi ha sopraelevato il muro comune puo' aprirle nella maggiore altezza a cui il vicino non abbia voluto contribuire.
Art. 904.
(Diritto di chiudere le luci).
La presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare la comunione del muro medesimo ne' di costruire in aderenza.
Chi acquista la comunione del muro non puo' chiudere le luci se ad esso non appoggia il suo edificio.
Art. 905.
(Distanza per l'apertura di vedute dirette e balconi).
Non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi e' la distanza di un metro e mezzo.
Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul fondo del vicino, se non vi e' la distanza di un metro e mezzo tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere.
Il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi e' una via pubblica.
Art. 906.
(Distanza per l'apertura di vedute laterali od oblique).
Non si possono aprire vedute laterali od oblique sul fondo del vicino se non si osserva la distanza di settantacinque centimetri, la quale deve misurarsi dal piu' vicino lato della finestra o dal piu' vicino sporto.
Art. 907.
(Distanza delle costruzioni dalle vedute).
Quando si e' acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non puo' fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'art. 905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia.
Sezione VIII
Dello stillicidio
Art. 908.
(Scarico delle acque piovane).
Il proprietario deve costruire i tetti in maniera che le acque piovane scolino nel suo terreno e non puo' farle cadere nel fondo del vicino.
Se esistono pubblici colatoi, deve provvedere affinche' le acque piovane vi siano immesse con gronde o canali. Si osservano in ogni caso i regolamenti locali e le leggi sulla polizia idraulica.
Sezione IX
Delle acque
Art. 909.
(Diritto sulle acque esistenti nel fondo).
Il proprietario del suolo ha il diritto di utilizzare le acque in esso esistenti, salve le disposizioni delle leggi speciali per le acque pubbliche e per le acque sotterranee.
Egli puo' anche disporne a favore d'altri, qualora non osti il diritto di terzi; ma, dopo essersi servito delle acque, non puo' divertirle in danno d'altri fondi.
Art. 910.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 18 FEBBRAIO 1999, N. 238))
Art. 911.
(Apertura di nuove sorgenti e altre opere).
Chi vuole aprire sorgenti, stabilire capi o aste di fonte e in genere eseguire opere per estrarre acque dal sottosuolo o costruire canali o acquedotti, oppure scavarne, profondarne o allargarne il letto, aumentarne o diminuirne il pendio o variarne la forma, deve, oltre le distanze stabilite nell'art. 891, osservare le maggiori distanze ed eseguire le opere che siano necessarie per non recare pregiudizio ai fondi altrui, sorgenti, capi o aste di fonte, canali o acquedotti preesistenti e destinati all'irrigazione dei terreni o agli usi domestici o industriali.
Art. 912.
(Conciliazione di opposti interessi).
Se sorge controversia tra i proprietari a cui un'acqua non pubblica puo' essere utile, l'autorita' giudiziaria deve valutare l'interesse dei singoli proprietari nei loro rapporti e rispetto ai vantaggi che possono derivare all'agricoltura o all'industria dall'uso a cui l'acqua e' destinata o si vuol destinare.
L'autorita' giudiziaria puo' assegnare un'indennita' ai proprietari che sopportino diminuzione del proprio diritto.
In tutti i casi devono osservarsi le disposizioni delle leggi sulle acque e sulle opere idrauliche.
Art. 913.
(Scolo delle acque).
Il fondo inferiore e' soggetto a ricevere le acque che dal fondo piu' elevato scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l'opera dell'uomo.
Il proprietario del fondo inferiore non puo' impedire questo scolo, ne' il proprietario del fondo superiore puo' renderlo piu' gravoso.
Se per opere di sistemazione agraria dell'uno o dell'altro fondo si rende necessaria una modificazione del deflusso naturale delle acque, e' dovuta un'indennita' al proprietario del fondo a cui la modificazione stessa ha recato pregiudizio.
Art. 914.
(Consorzi per regolare il deflusso delle acque).
Qualora per esigenze della produzione si debba provvedere a opere di sistemazione degli scoli, di soppressione di ristagni o di raccolta di acque, l'autorita' amministrativa, su richiesta della maggioranza degli interessati o anche d'ufficio, puo' costituire un consorzio tra i proprietari dei fondi che traggono beneficio dalle opere stesse.
Si applicano a tale consorzio le disposizioni del secondo e del terzo comma dell'art. 921.
Art. 915.
(Riparazione di sponde e argini).
Qualora le sponde o gli argini che servivano di ritegno alle acque siano stati in tutto o in parte distrutti o atterrati, ovvero per la naturale variazione del corso delle acque si renda necessario costruire nuovi argini o ripari, e il proprietario del fondo non provveda sollecitamente a ripararli o a costruirli, ciascuno dei proprietari che hanno sofferto o possono ricevere danno puo' provvedervi, previa autorizzazione del tribunale, che provvede in via d'urgenza.(111)((112a))
Le opere devono essere eseguite in modo che il proprietario del fondo, in cui esse si compiono, non ne subisca danno, eccetto quello temporaneo causato dall'esecuzione delle opere stesse.
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AGGIORNAMENTO (111)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
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AGGIORNAMENTO (112a)
Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3."
Art. 916.
(Rimozione degli ingombri).
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche quando si tratta di togliere un ingombro formatosi sulla superficie di un fondo o in un fosso, rivo, colatoio o altro alveo, a causa di materie in essi impigliate, in modo che le acque danneggino o minaccino di danneggiare i fondi vicini.
Art. 917.
(Spese per la riparazione, costruzione o rimozione).
Tutti i proprietari, ai quali torna utile che le sponde e gli argini siano conservati o costruiti e gli ingombri rimossi, devono contribuire nella spesa in proporzione del vantaggio che ciascuno ne ritrae.
Tuttavia, se la distruzione degli argini, la variazione delle acque o l'ingombro nei loro corsi deriva da colpa di alcuno dei proprietari, le spese di conservazione, di costruzione o di riparazione gravano esclusivamente su di lui, salvo in igni caso il risarcimento dei danni.
Art. 918.
(Consorzi volontari).
Possono costituirsi in consorzio i proprietari di fondi vicini che vogliano riunire e usare in comune le acque defluenti dal medesimo bacino di alimentazione o da bacini contigui.
L'adesione degli interessati e il regolamento del consorzio devono risultare da atto scritto.
Il regolamento del consorzio e' deliberato dalla maggioranza calcolata in base all'estensione dei terreni a cui serve l'acqua.
Art. 919.
(Scioglimento del consorzio).
Lo scioglimento del consorzio non ha luogo se non quando e' deliberato da una maggioranza eccedente i tre quarti, o quando, potendosi la divisione effettuare senza grave danno, essa e' domandata da uno degli interessati.
Art. 920.
(Norme applicabili).
Salvo quanto e' disposto dagli articoli precedenti, si applicano ai consorzi volontari ivi indicati le norme stabilite per la comunione.
Art. 921.
(Consorzi coattivi).
Nel caso indicato dall'art. 918, il consorzio puo' anche essere costituito d'ufficio dall'autorita' amministrativa, allo scopo di provvedere a una migliore utilizzazione delle acque.
Per le forme di costituzione e il funzionamento si osservano le norme stabilite per i consorzi di miglioramento fondiario.
Il consorzio puo' anche procedere all'espropriazione dei singoli diritti, mediante il pagamento delle dovute indennita'.
CAPO III
Dei modi di acquisto della proprieta'
Art. 922.
(Modi di acquisto).
La proprieta' si acquista per occupazione, per invenzione, per accessione, per specificazione, per unione o commistione, per usucapione, per effetto di contratti, per successione a causa di morte e negli altri modi stabiliti dalla legge.
Sezione I
Dell'occupazione e dell'invenzione
Art. 923.
(Cose suscettibili di occupazione).
Le cose mobili che non sono proprieta' di alcuno si acquistano con l'occupazione.
Tali sono le cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di caccia o di pesca.
Art. 924.
(Sciami di api).
Il proprietario di sciami di api ha diritto d'inseguirli sul fondo altrui, ma deve indennita' per il danno cagionato al fondo; se non li ha inseguiti entro due giorni o ha cessato durante due giorni d'inseguirli, puo' prenderli e ritenerli il proprietario del fondo.
Art. 925.
(Animali mansuefatti).
Gli animali mansuefatti possono essere inseguiti dal proprietario nel fondo altrui, salvo il diritto del proprietario del fondo a indennita' per il danno.
Essi appartengono a chi se ne e' impossessato, se non sono reclamati entro venti giorni da quando il proprietario ha avuto conoscenza del luogo dove si trovano.
Art. 926.
(Migrazione di colombi, conigli e pesci).
I conigli o pesci che passano ad un'altra conigliera o peschiera si acquistano dal proprietario di queste, purche' non vi siano stati attirati con arte o con frode.
La stessa norma si osserva per i colombi che passano ad altra colombaia, salve le diverse disposizioni di legge sui colombi viaggiatori.
Art. 927.
(Cose ritrovate).
Chi trova una cosa mobile deve restituirla al proprietario, e, se non lo conosce, deve consegnarla senza ritardo al podesta' del luogo in cui l'ha trovata, indicando le circostanze del ritrovamento.
Art. 928.
(Pubblicazione del ritrovamento).
Il podesta' rende nota la consegna per mezzo di pubblicazione nell'albo pretorio del comune, da farsi per due domeniche successive e da restare affissa per tre giorni ogni volta.
Art. 929.
(Acquisto di proprieta' della cosa ritrovata).
Trascorso un anno dall'ultimo giorno della pubblicazione senza che si presenti il proprietario, la cosa oppure il suo prezzo, se le circostanze ne hanno richiesto la vendita, appartiene a chi l'ha trovata.
Cosi' il proprietario come il ritrovatore, riprendendo la cosa o ricevendo il prezzo, devono pagare le spese occorse.
Art. 930.
(Premio dovuto al ritrovatore).
Il proprietario deve pagare a titolo di premio al ritrovatore, se questi lo richiede, il decimo della somma o del prezzo della cosa ritrovata.
Se tale somma o prezzo eccede le diecimila lire, il premio per il sovrappiu' e' solo del ventesimo.
Se la cosa non ha valore commerciale, la misura del premio e' fissata dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento.
Art. 931.
(Equiparazione del possessore o detentore al proprietario).
Agli effetti delle disposizioni contenute negli articoli 927 e seguenti, al proprietario sono equiparati, secondo le circostanze, il possessore e il detentore.
Art. 932.
(Tesoro).
Tesoro e' qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno puo' provare d'essere proprietario.
Il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova. Se il tesoro e' trovato nel fondo altrui, purche' sia stato scoperto per solo effetto del caso, spetta per meta' al proprietario del fondo e per meta' al ritrovatore. La stessa disposizione si applica se il tesoro e' scoperto in una cosa mobile altrui.
Per il ritrovamento degli oggetti d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico si osservano le disposizioni delle leggi speciali.
Art. 933.
(Rigetti del mare e piante sul lido. Relitti aeronautici).
I diritti sopra le cose gettate in mare o sopra quelle che il mare rigetta e sopra le piante e le erbe che crescono lungo le rive del mare sono regolati dalle leggi speciali.
Parimenti si osservano le leggi speciali per il ritrovamento di aeromobili e di relitti di aeromobili.
Sezione II
Dell'accessione, della specificazione, dell'unione e della commistione
Art. 934.
(Opere fatte sopra o sotto il suolo).
Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo quanto e' disposto dagli articoli 935, 936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge.
Art. 935.
(Opere fatte dal proprietario del suolo con materiali altrui).
Il proprietario del suolo che ha fatto costruzioni, piantagioni od opere con materiali altrui deve pagarne il valore, se la separazione non e' chiesta dal proprietario dei materiali, ovvero non puo' farsi senza che si rechi grave danno all'opera costruita o senza che perisca la piantagione. Deve inoltre, anche nel caso che si faccia la separazione, il risarcimento dei danni, se e' in colpa grave.
In ogni caso la rivendicazione dei materiali non e' ammessa trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione.
Art. 936.
(Opere fatte da un terzo con materiali propri).
Quando le piantagioni, costruzioni od opere sono state fatte da un terzo con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle.
Se il proprietario preferisce di ritenerle, deve pagare a sua scelta il valore dei materiali e il prezzo della mano d'opera oppure l'aumento di valore recato al fondo.
Se il proprietario del fondo domanda che siano tolte, esse devono togliersi a spese di colui che le ha fatte. Questi puo' inoltre essere condannato al risarcimento dei danni.
Il proprietario non puo' obbligare il terzo a togliere le piantagioni, costruzioni od opere, quando sono state fatte a sua scienza e senza opposizione o quando sono state fatte dal terzo in buona fede.
La rimozione non puo' essere domandata trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione.
Art. 937.
(Opere fatte da un terzo con materiali altrui).
Se le piantagioni, costruzioni o altre opere sono state fatte da un terzo con materiali altrui, il proprietario di questi puo' rivendicarli, previa separazione a spese del terzo, se la separazione puo' ottenersi senza grave danno delle opere e del fondo.
La rivendicazione non e' ammessa trascorsi sei mesi dal giorno in cui proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione.
Nel caso che la separazione dei materiali non sia richiesta o che i materiali siano inseparabili, il terzo che ne ha fatto uso e il proprietario del suolo che sia stato in mala fede sono tenuti in solido al pagamento di un'indennita' pari al valore dei materiali stessi. Il proprietario dei materiali puo' anche esigere tale indennita' dal proprietario del suolo, ancorche' in buona fede, limitatamente al prezzo che da questo fosse ancora dovuto. Puo' altresi' chiedere il risarcimento dei danni, tanto nei confronti del terzo che ne abbia fatto uso senza il suo consenso, quanto nei confronti del proprietario del suolo che in mala fede abbia autorizzato l'uso.
Art. 938.
(Occupazione di porzione di fondo attiguo).
Se nella costruzione di un edificio si occupa in buona fede una porzione del fondo attiguo, e il proprietario di questo non fa opposizione entro tre mesi dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione, l'autorita' giudiziaria, tenuto conto delle circostanze, puo' attribuire al costruttore la proprieta' dell'edificio e del suolo occupato. Il costruttore e' tenuto a pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie occupata, oltre il risarcimento dei danni.
Art. 939.
(Unione e commistione).
Quando piu' cose appartenenti a diversi proprietari sono state unite o mescolate in guisa da formare un sol tutto, ma sono separabili senza notevole deterioramento, ciascuno conserva la proprieta' della cosa sua e ha diritto di ottenerne la separazione. In caso diverso, la proprieta' ne diventa comune in proporzione del valore delle cose spettanti a ciascuno.
Quando pero' una delle cose si puo' riguardare come principale o e' di molto superiore per valore, ancorche' serva all'altra di ornamento, il proprietario della cosa principale acquista la proprieta' del tutto. Egli ha l'obbligo di pagare all'altro il valore della cosa che vi e' unita o mescolata; ma se l'unione o la mescolanza e' avvenuta senza il suo consenso ad opera del proprietario della cosa accessoria, egli non e' obbligato a corrispondere che la somma minore tra l'aumento di valore apportato alla cosa principale e il valore della cosa accessoria.
E' inoltre dovuto il risarcimento dei danni in caso di colpa grave.
Art. 940.
(Specificazione).
Se taluno ha adoperato una materia che non gli apparteneva per formare una nuova cosa, possa o non possa la materia riprendere la sua prima forma, ne acquista la proprieta' pagando al proprietario il prezzo della materia, salvo che il valore della materia sorpassi notevolmente quello della mano d'opera. In quest'ultimo caso la cosa spetta al proprietario della materia, il quale deve pagare il prezzo della mano d'opera.
Art. 941.
(Alluvione).
Le unioni di terra e gli incrementi, che si formano successivamente e impercettibilmente nei fondi posti lungo le rive dei fiumi o torrenti, appartengono al proprietario del fondo, salvo quanto e' disposto dalle leggi speciali.
Art. 942.
(( (Terreni abbandonati dalle acque correnti). ))
((I terreni abbandonati dalle acque correnti, che insensibilmente si ritirano da una delle rive portandosi sull'altra, appartengono al demanio pubblico, senza che il confinante della riva opposta possa reclamare il terreno perduto.
Ai sensi del primo comma, si intendono per acque correnti i fiumi, i torrenti e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia.
Quanto stabilito al primo comma vale anche per i terreni abbandonati dal mare, dai laghi, dalle lagune e dagli stagni appartenenti al demanio pubblico)).
Art. 943.
(Laghi e stagni).
Il terreno che l'acqua copre quando essa e' all'altezza dello sbocco del lago o dello stagno appartiene al proprietario del lago o dello stagno, ancorche' il volume dell'acqua venga a scemare.
Il proprietario non acquista alcun diritto sopra la terra lungo la riva che l'acqua ricopre nei casi di piena straordinaria.
Art. 944.
(Avulsione).
Se un fiume o torrente stacca per forza istantanea una parte considerevole e riconoscibile di un fondo contiguo al suo corso e la trasporta verso un fondo inferiore o verso l'opposta riva, il proprietario del fondo al quale si e' unita la parte staccata ne acquista la proprieta'. Deve pero' pagare all'altro proprietario un'indennita' nei limiti del maggior valore recato al fondo dall'avulsione.
Art. 945.
(Isole e unioni di terra).
Le isole e unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi o torrenti appartengono al demanio pubblico.
((COMMA ABROGATO DALLA L. 5 GENNAIO 1994, N. 37)).
((COMMA ABROGATO DALLA L. 5 GENNAIO 1994, N. 37)).
Art. 946.
(( (Alveo abbandonato). ))
((Se un fiume o un torrente si forma un nuovo letto, abbandonando l'antico, il terreno abbandonato rimane assoggettato al regime proprio del demanio pubblico)).
Art. 947.
(( (Mutamenti del letto dei fiumi derivanti da regolamento del loro corso). ))
((Le disposizioni degli articoli 942, 945 e 946 si applicano ai terreni comunque abbandonati sia a seguito di eventi naturali che per fatti artificiali indotti dall'attivita' antropica, ivi comprendendo anche i terreni abbandonati per fenomeni di inalveamento.
La disposizione dell'articolo 941 non si applica nel caso in cui le alluvioni derivano da regolamento del corso dei fiumi, da bonifiche o da altri fatti artificiali indotti dall'attivita' antropica.
In ogni caso e' esclusa la sdemanializzazione tacita dei beni del demanio idrico)).
CAPO IV
Delle azioni a difesa della proprieta'
Art. 948.
(Azione di rivendicazione).
Il proprietario puo' rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e puo' proseguire l'esercizio dell'azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal caso il convenuto e' obbligato a ricuperarla per l'attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno.
Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della cosa, e' tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.
L'azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell'acquisto della proprieta' da parte di altri per usucapione.
Art. 949.
(Azione negatoria).
Il proprietario puo' agire per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio.
Se sussistono anche turbative o molestie, il proprietario puo' chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al risarcimento del danno.
Art. 950.
(Azione di regolamento di confini).
Quando il confine tra due fondi e' incerto, ciascuno dei proprietari puo' chiedere che sia stabilito giudizialmente.
Ogni mezzo di prova e' ammesso.
In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali.
Art. 951.
(Azione per apposizione di termini).
Se i termini tra fondi contigui mancano o sono diventati irriconoscibili, ciascuno dei proprietari ha diritto di chiedere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni.
TITOLO III
DELLA SUPERFICIE
Art. 952.
(Costituzione del diritto di superficie).
Il proprietario puo' costituire il diritto di fare e mantenere al disopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprieta'.
Del pari puo' alienare la proprieta' della costruzione gia' esistente, separatamente dalla proprieta' del suolo.
Art. 953.
(Costituzione a tempo determinato).
Se la costituzione del diritto e' stata fatta per un tempo determinato, allo scadere del termine il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione.
Art. 954.
(Estinzione del diritto di superficie).
L'estinzione del diritto di superficie per scadenza del termine importa l'estinzione dei diritti reali imposti dal superficiario. I diritti gravanti sul suolo si estendono alla costruzione, salvo, per le ipoteche, il disposto del primo comma dell'art. 2816.
I contratti di locazione, che hanno per oggetto la costruzione, non durano se non per l'anno in corso alla scadenza del termine.
Il perimento della costruzione non importa, salvo patto contrario, l'estinzione del diritto di superficie.
Il diritto di fare la costruzione sul suolo altrui si estingue per prescrizione per effetto del non uso protratto per venti anni.
Art. 955.
(Costruzioni al disotto del suolo).
Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso in cui e' concesso il diritto di fare e mantenere costruzioni al disotto del suolo altrui.
Art. 956.
(Divieto di proprieta' separata delle piantagioni).
Non puo' essere costituita o trasferita la proprieta' delle piantagioni separatamente dalla proprieta' del suolo.
TITOLO IV
DELL'ENFITEUSI
Art. 957.
(Disposizioni inderogabili).
L'enfiteusi, salvo che il titolo disponga altrimenti, e' regolata dalle norme contenute negli articoli seguenti.
Il titolo non puo' tuttavia derogare alle norme contenute negli articoli 958, secondo comma, 961, secondo comma, 962, 965, 968, 971 e 973.
Art. 958.
(Durata).
L'enfiteusi puo' essere perpetua o a tempo.
L'enfiteusi temporanea non puo' essere costituita per una durata inferiore ai venti anni.
Art. 959.
(Diritti dell'enfiteuta).
L'enfiteuta ha gli stessi diritti che avrebbe il proprietario sui frutti del fondo, sul tesoro e relativamente alle utilizzazioni del sottosuolo in conformita' delle disposizioni delle leggi speciali.
Il diritto dell'enfiteuta si estende alle accessioni.
Art. 960.
(Obblighi dell'enfiteuta).
L'enfiteuta ha l'obbligo di migliorare il fondo e di pagare al concedente un canone periodico. Questo puo' consistere in una somma di danaro ovvero in una quantita' fissa di prodotti naturali.
L'enfiteuta non puo' pretendere remissione o riduzione del canone per qualunque insolita sterilita' del fondo o perdita di frutti.
Art. 961.
(Pagamento del canone).
L'obbligo del pagamento del canone grava solidalmente su tutti i coenfiteuti e sugli eredi dell'enfiteuta finche' dura la comunione.
Nel caso in cui segua la divisione e il fondo venga goduto separatamente dagli enfiteuti o dagli eredi, ciascuno risponde per gli obblighi inerenti all'enfiteusi proporzionalmente al valore della sua porzione.
Art. 962.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 22 LUGLIO 1966, N. 607))
Art. 963.
(Perimento totale o parziale del fondo).
Quando il fondo enfiteutico perisce interamente, l'enfiteusi si estingue.
Se e' perita una parte notevole del fondo e il canone risulta sproporzionato al valore della parte residua, l'enfiteuta, secondo le circostanze, puo' chiedere una congrua riduzione del canone, o rinunziare al suo diritto, restituendo il fondo al concedente, salvo il diritto al rimborso dei miglioramenti sulla parte residua.
La domanda di riduzione del canone e la rinunzia al diritto non sono ammesse, decorso un anno dall'avvenuto perimento.
Qualora il fondo sia assicurato e l'assicurazione sia fatta anche nell'interesse del concedente, l'indennita' e' ripartita tra il concedente e l'enfiteuta in proporzione del valore dei rispettivi diritti.
Nel caso di espropriazione per pubblico interesse, l'indennita' si ripartisce a norma del comma precedente.
Art. 964.
(Imposte e altri pesi).
Le imposte e gli altri pesi che gravano sul fondo sono a carico dell'enfiteuta, salve le disposizioni delle leggi speciali.
Se in virtu' del titolo costitutivo sono a carico del concedente, tale obbligo non puo' eccedere l'ammontare del canone.
Art. 965.
(Disponibilita' del diritto dell'enfiteuta).
L'enfiteuta puo' disporre del proprio diritto, sia per atto tra vivi, sia per atto di ultima volonta'.
Per l'alienazione del diritto dell'enfiteuta non e' dovuta alcuna prestazione al concedente.
Nell'atto costitutivo puo' essere vietato all'enfiteuta di disporre per atto tra vivi, in tutto o in parte, del proprio diritto, per un tempo non maggiore di venti anni.
Nel caso di alienazione compiuta contro tale divieto, l'enfiteuta non e' liberato dai suoi obblighi verso il concedente ed e' tenuto a questi solidalmente con l'acquirente.
Art. 966.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 18 DICEMBRE 1970, N. 1138))
Art. 967.
(Diritti e obblighi dell'enfiteuta e del concedente in caso di alienazione).
In caso di alienazione, il nuovo enfiteuta e' obbligato solidalmente col precedente al pagamento dei canoni non soddisfatti.
Il precedente enfiteuta non e' liberato dai suoi obblighi, prima che sia stato notificato l'atto di acquisto al concedente.
In caso di alienazione del diritto del concedente, l'acquirente non puo' pretendere l'adempimento degli obblighi dell'enfiteuta prima che a questo sia stata notificata l'alienazione.
Art. 968.
(Subenfiteusi).
La subenfiteusi non e' ammessa.
Art. 969.
(Ricognizione).
Il concedente puo' richiedere la ricognizione del proprio diritto da chi si trova nel possesso del fondo enfiteutico, un anno prima del compimento del ventennio.
Per l'atto di ricognizione non e' dovuta alcuna prestazione. Le spese dell'atto sono a carico del concedente.
Art. 970.
(Prescrizione del diritto dell'enfiteuta).
Il diritto dell'enfiteuta si prescrive per effetto del non uso protratto per venti anni.
Art. 971.
(Affrancazione).
((COMMA ABROGATO DALLA L. 18 DICEMBRE 1970, N. 1138)).
((COMMA ABROGATO DALLA L. 18 DICEMBRE 1970, N. 1138)).
((COMMA ABROGATO DALLA L. 18 DICEMBRE 1970, N. 1138)).
Se piu' sono gli enfiteuti, l'affrancazione puo' promuoversi anche da uno solo di essi, ma per la totalita'. In questo caso l'affrancante subentra nei diritti del concedente verso gli altri enfiteuti, salva, a favore di questi, una riduzione proporzionale del canone.
Se piu' sono i concedenti, l'affrancazione puo' effettuarsi per la quota che spetta a ciascun concedente.
L'affrancazione si opera mediante il pagamento di una somma risultante dalla capitalizzazione del canone annuo sulla base dell'interesse legale. Le modalita' sono stabilite da leggi speciali.
Art. 972.
(Devoluzione).
Il concedente puo' chiedere la devoluzione del fondo enfiteutico:
1) se l'enfiteuta deteriora il fondo o non adempie all'obbligo di migliorarlo;
2) se l'enfiteuta e' in mora nel pagamento di due annualita' di canone. La devoluzione non ha luogo se l'enfiteuta ha effettuato il pagamento dei canoni maturati prima che sia intervenuta nel giudizio sentenza, ancorche' di primo grado, che abbia accolto la domanda.
La domanda di devoluzione non preclude all'enfiteuta il diritto di affrancare, sempre che ricorrano le condizioni previste dall'art. 971. ((PERIODO SOPPRESSO DALLA L. 22 LUGLIO 1966, N. 607)).((PERIODO SOPPRESSO DALLA L. 22 LUGLIO 1966, N. 607)).
Art. 973.
(Clausola risolutiva espressa).
La dichiarazione del concedente di valersi della clausola risolutiva espressa non impedisce l'esercizio del diritto di affrancazione, ((...)).
Art. 974.
(Diritti dei creditori dell'enfiteuta).
I creditori dell'enfiteuta possono intervenire nel giudizio di devoluzione per conservare le loro ragioni, valendosi all'uopo anche del diritto di affrancazione che spetti all'enfiteuta; possono offrire il risarcimento dei danni e dare cauzione per l'avvenire.
I creditori, che hanno iscritto ipoteca contro l'enfiteuta anteriormente alla trascrizione della domanda di devoluzione e ai quali questa non e' stata notificata in tempo utile per poter intervenire, conservano il diritto di affrancazione anche dopo avvenuta la devoluzione.
Art. 975.
(Miglioramenti e addizioni).
Quando cessa l'enfiteusi, all'enfiteuta spetta il rimborso dei miglioramenti nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali sono accertati al tempo della riconsegna.
Se in giudizio e' stata fornita qualche prova della sussistenza in genere dei miglioramenti, all'enfiteuta compete la ritenzione del fondo fino a quando non e' soddisfatto il suo credito.
Per le addizioni fatte dall'enfiteuta, quando possono essere tolte senza nocumento del fondo, il concedente, se vuole ritenerle, deve pagarne il valore al tempo della riconsegna. Se le addizioni non sono separabili senza nocumento e costituiscono miglioramento, si applica la disposizione del primo comma di questo articolo.
Art. 976.
(Locazioni concluse dall'enfiteuta).
Per le locazioni concluse dall'enfiteuta si applicano le norme dell'art. 999.
Art. 977.
(Enfiteusi costituite dalle persone giuridiche).
Le disposizioni contenute negli articoli precedenti si applicano anche alle enfiteusi costituite dalle persone giuridiche, salvo che sia disposto diversamente dalle leggi speciali.
TITOLO V
DELL'USUFRUTTO, DELL'USO
E
DELL'ABITAZIONE
CAPO
I
Dell'usufrutto
Sezione
I
Disposizioni
generali
Art. 978.
(Costituzione).
L'usufrutto e' stabilito dalla legge o dalla volonta' dell'uomo. Puo' anche acquistarsi per usucapione.
Art. 979.
(Durata).
La durata dell'usufrutto non puo' eccedere la vita dell'usufruttuario.
L'usufrutto costituito a favore di una persona giuridica non puo' durare piu' di trent'anni.
Art. 980.
(Cessione dell'usufrutto).
L'usufruttuario puo' cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se cio' non e' vietato dal titolo costitutivo.
La cessione dev'essere notificata al proprietario; finche' non sia stata notificata, l'usufruttuario e' solidalmente obbligato con il cessionario verso il proprietario.
Sezione II
Dei diritti nascenti dall'usufrutto
Art. 981.
(Contenuto del diritto di usufrutto).
L'usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione economica.
Egli puo' trarre dalla cosa ogni utilita' che questa puo' dare, fermi i limiti stabiliti in queste capo.
Art. 982.
(Possesso della cosa).
L'usufruttuario ha il diritto di conseguire il possesso della cosa di cui ha l'usufrutto, salvo quanto e' disposto dall'art. 1002.
Art. 983.
(Accessioni).
L'usufrutto si estende a tutte le accessioni della cosa.
Se il proprietario dopo l'inizio dell'usufrutto, con il consenso dell'usufruttuario, ha fatto nel fondo costruzioni o piantagioni, l'usufruttuario e' tenuto a corrispondere gli interessi sulle somme impiegate. La norma si applica anche nel caso in cui le costruzioni o piantagioni sono state fatte per disposizione della pubblica autorita'.
Art. 984.
(Frutti).
I frutti naturali e i frutti civili spettano all'usufruttuario per la durata del suo diritto.
Se il proprietario e l'usufruttuario si succedono nel godimento della cosa entro l'anno agrario o nel corso di un periodo produttivo di maggiore durata, l'insieme di tutti i frutti si ripartisce fra l'uno e l'altro in proporzione della durata del rispettivo diritto nel periodo stesso.
Le spese per la produzione e il raccolto sono a carico del proprietario e dell'usufruttuario nella proporzione indicata dal comma precedente ed entro i limiti del valore dei frutti.
Art. 985.
(Miglioramenti).
L'usufruttuario ha diritto a un'indennita' per i miglioramenti che sussistono al momento della restituzione della cosa.
L'indennita' si deve corrispondere nella minor somma tra l'importo della spesa e l'aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti.
L'autorita' giudiziaria, avuto riguardo alle circostanze, puo' disporre che il pagamento dell'indennita' prevista dai commi precedenti sia fatto ratealmente, imponendo in questo caso idonea garanzia.
Art. 986.
(Addizioni).
L'usufruttuario puo' eseguire addizioni che non alterino la destinazione economica della cosa.
Egli ha diritto di toglierle alla fine dell'usufrutto, qualora cio' possa farsi senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse. In questo caso deve essere corrisposta all'usufruttuario un'indennita' pari alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna.
Se le addizioni non possono separarsi senza nocumento della cosa e costituiscono miglioramento di essa, si applicano le disposizioni relative ai miglioramenti.
Art. 987.
(Miniere, cave e torbiere).
L'usufruttuario gode delle cave e torbiere gia' aperte e in esercizio all'inizio dell'usufrutto. Non ha facolta' di aprirne altre senza il consenso del proprietario.
Per le ricerche e le coltivazioni minerarie, di cui abbia ottenuto il permesso, l'usufruttuario deve indennizzare il proprietario dei danni che saranno accertati alla fine dell'usufrutto.
Se il permesso e' stato ottenuto dal proprietario o da un terzo, questi devono all'usufruttuario un'indennita' corrispondente al diminuito godimento del fondo durante l'usufrutto.
Art. 988.
(Tesoro).
Il diritto dell'usufruttuario non si estende al tesoro che si scopra durante l'usufrutto, salve le ragioni che gli possono competere come ritrovatore.
Art. 989.
(Boschi, filari e alberi sparsi di alto fusto).
Se nell'usufrutto sono compresi boschi o filari cedui ovvero boschi o filari di alto fusto destinati alla produzione di legna, l'usufruttuario puo' procedere ai tagli ordinari, curando il mantenimento dell'originaria consistenza dei boschi o dei filari e provvedendo, se occorre, alla loro ricostituzione.
Circa il modo, l'estensione, l'ordine e l'epoca dei tagli, l'usufruttuario e' tenuto a uniformarsi, oltre che alle leggi e ai regolamenti forestali, alla pratica costante della regione.
Le stesse regole si applicano agli alberi di alto fusto sparsi per la campagna, destinati ad essere tagliati.
Art. 990.
(Alberi di alto fusto divelti, spezzati o periti).
Gli alberi di alto fusto divelti, spezzati o periti per accidente spettano al proprietario. L'usufruttuario puo' servirsi di essi soltanto per le riparazioni che sono a suo carico.
Art. 991.
(Alberi fruttiferi).
Gli alberi fruttiferi che periscono e quelli divelti o spezzati per accidente appartengono all'usufruttuario, ma questi ha l'obbligo di sostituirne altri.
Art. 992.
(Pali per vigne e per altre coltivazioni).
L'usufruttuario puo' prendere nei boschi i pali occorrenti per le vigne e per le altre coltivazioni che ne abbisognano, osservando sempre la pratica costante della regione.
Art. 993.
(Semenzai).
L'usufruttuario puo' servirsi dei piantoni dei semenzai, ma deve osservare la pratica costante della regione per il tempo e il modo dell'estrazione e per la rimessa dei virgulti.
Art. 994.
(Perimento delle mandre o dei greggi).
Se l'usufrutto e' stabilito sopra una mandra o un gregge, l'usufruttuario e' tenuto a surrogare gli animali periti, fino alla concorrente quantita' dei nati, dopo che la mandra o il gregge ha cominciato ad essere mancante del numero primitivo.
Se la mandra o il gregge perisce interamente per causa non imputabile all'usufruttuario, questi non e' obbligato verso il proprietario che a rendere conto delle pelli o del loro valore.
Art. 995.
(Cose consumabili).
Se l'usufrutto comprende cose consumabili, l'usufruttuario ha diritto di servirsene e ha l'obbligo di pagarne il valore al termine dell'usufrutto secondo la stima convenuta.
Mancando la stima, e' in facolta' dell'usufruttuario di pagare le cose secondo il valore che hanno al tempo in cui finisce l'usufrutto o di restituirne altre in eguale qualita' e quantita'.
Art. 996.
(Cose deteriorabili).
Se l'usufrutto comprende cose che, senza consumarsi in un tratto, si deteriorano a poco a poco, l'usufruttuario ha diritto di servirsene secondo l'uso al quale sono destinate, e alla fine dell'usufrutto e' soltanto tenuto a restituirle nello stato in cui si trovano.
Art. 997.
(Impianti, opifici e macchinari).
Se l'usufrutto comprende impianti, opifici o macchinari che hanno una destinazione produttiva, l'usufruttuario e' tenuto a riparare e a sostituire durante l'usufrutto le parti che si logorano, in modo da assicurare il regolare funzionamento delle cose suddette. Se l'usufruttuario ha sopportato spese che eccedono quelle delle ordinarie riparazioni, il proprietario, al termine dell'usufrutto, e' tenuto a corrispondergli una congrua indennita'.
Art. 998.
(Scorte vive e morte).
Le scorte vive e morte di un fondo devono essere restituite in eguale quantita' e qualita'. L'eccedenza o la deficienza di esse deve essere regolata in danaro, secondo il loro valore al termine dell'usufrutto.
Art. 999.
(Locazioni concluse dall'usufruttuario).
Le locazioni concluse dall'usufruttuario, in corso al tempo della cessazione dell'usufrutto, purche' constino da atto pubblico o da scrittura privata di data certa anteriore, continuano per la durata stabilita, ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto.
Se la cessazione dell'usufrutto avviene per la scadenza del termine stabilito, le locazioni non durano in ogni caso se non per l'anno, e, trattandosi di fondi rustici dei quali il principale raccolto e' biennale o triennale, se non per il biennio o triennio che si trova in corso al tempo in cui cessa l'usufrutto.
Art. 1000.
(Riscossione di capitali).
Per la riscossione di somme che rappresentano un capitale gravato d'usufrutto, e' necessario il concorso del titolare del credito e dell'usufruttuario. Il pagamento fatto a uno solo di essi non e' opponibile all'altro, salve in ogni caso le norme relative alla cessione dei crediti.
Il capitale riscosso dev'essere investito in modo fruttifero e su di esso si trasferisce l'usufrutto. Se le parti non sono d'accordo sul modo d'investimento, provvede l'autorita' giudiziaria.
Sezione III
Degli obblighi nascenti dall'usufrutto