Home Prestazioni a sostegno del reddito Cessazione del rapporto di lavoro Mobilità Prolungamento dell’intervento di tutela del reddito Norme Circolari Inps CI 1992 Circolare 48 del 19 febbraio 1992
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Circolare 48 del 19 febbraio 1992
Oggetto:
Assegno per il nucleo familiare. Corresponsione della prestazione nei casi di separazione legale o divorzio e nei casi in cui i nuclei comprendano figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori.
In attesa della risoluzione di talune problematiche
interpretative all'esame degli Organi ministeriali, anche ai
fini di una omogenizzazione dei criteri nel settore pubblico
ed in quello privato, le Sedi sono state, a suo tempo,
interessate a soprassedere al rilascio delle autorizzazioni
per la corresponsione dell'assegno per il nucleo familiare
relative a situazioni di separazione legale o divorzio
nonche' di quelle relative a figli naturali riconosciuti da
entrambi i genitori richieste dal coniuge o ex coniuge non
affidatario dei figli o dal genitore non convivente con il
figlio naturale riconosciuto.
La necessita' di definire la questione e
l'obiettivo di evitare situazioni di incertezza hanno
indotto questa Sede Centrale, con il concorde avviso del
Comitato Amministratore della Gestione prestazioni
temporanee ai lavoratori dipendenti, a fornire istruzioni
che valgano a sciogliere la riserva accennata e consentano
di evadere le domande in sospeso, sia pure tenendo presente
l'eventualita' di un diverso futuro orientamento
ministeriale.
Quanto a tali istruzioni vanno, comunque, premesse
alcune considerazioni.
I) Figli di coniugi separati legalmente o divorziati
Il "nucleo familiare" di cui all'accennata norma
dell'art. 2 della legge 13 maggio 1988, n. 153, va
considerato il destinatario dell'assegno stabilito dalla
stessa legge, in una visione normativa che innova la
precedente disciplina sugli assegni familiari e vede il
lavoratore (o pensionato ecc.) richiedente, nell'esercitare
il diritto all'assegno, come agente per la realizzazione di
tale finalita'.
La norma dell'art. 211 della legge 19 maggio 1975,
n. 151, che non puo' non essere applicata anche alla nuova
prestazione, subisce, pertanto, gli adattamenti resi
necessari dalla diversita' della disciplina in cui e'
destinata ad operare.
Nella nuova realta' applicativa deve ritenersi che,
in rapporto al diritto attribuito dal citato art. 211 al
coniuge affidatario di percepire gli assegni familiari,
questi sia l'unico soggetto legittimato a chiedere l'assegno
per il nucleo sia come soggetto direttamente tutelato
(lavoratore, pensionato, ecc.) sia in quanto fruente della
medesima tutela accordata all'altro coniuge, quando egli
stesso non sia titolare di una propria posizione protetta,
agendo, come gia' detto, nell'uno e nell'altro caso, per
consentire al nucleo il conseguimento della prestazione.
Per effetto della separazione coniugale viene
infatti a costituirsi un "nucleo familiare" autonomo che fa
capo al coniuge affidatario sia che questi vanti una
posizione tutelata sia che la possa acquisire dalla
posizione dell'altro coniuge.
Realizzatasi la condizione giuridica per la
titolarita' dell'assegno nel nucleo dell'affidatario, in
quel nucleo dovranno verificarsi i richiesti requisiti di
fatto (reddito familiare, percentuale di reddito da lavoro
dipendente) concorrenti nel loro insieme alla attuazione dei
previsti criteri di proporzionalita' tra il numero dei
componenti il nucleo e l'ammontare del reddito.
Nell'uno e nell'altro caso le situazioni di
affidamento tutelate, direttamente o indirettamente, sono
regolamentate in maniera omogenea nel senso che debbono
essere valutati sempre i redditi del nucleo dell'affidatario
e l'assegno va rapportato oltre che a tale reddito anche al
numero dei relativi componenti.
Ne consegue che ove i figli non siano tutti
affidati ad un solo coniuge, ma alcuni anche all'altro,
ciascuno dei coniugi esercita il diritto nella sua qualita'
di affidatario relativamente ai figli affidatigli.
Cio' premesso, il riconoscimento del diritto
all'assegno per il nucleo familiare nelle situazioni di
separazione legale o di divorzio va definito secondo i
seguenti punti:
1) il coniuge affidatario titolare di una posizione tutelata
(rapporto di lavoro, pensione, ecc. ) e' l'esclusivo
titolare del diritto a percepire l'assegno per il proprio
nucleo familiare di cui e' componente insieme ai figli
affidati;
2) il coniuge affidatario che non e' titolare di una
posizione protetta esercita il diritto all'assegno per il
proprio nucleo familiare sulla posizione tutelata dell'altro
coniuge o ex coniuge a norma dell'art. 211 della legge n.
151/1975. Il nucleo e' costituito dall'affidatario e dai
figli affidati (1) ed il reddito familiare e' quello
corrispondente a tale composizione. Naturalmente l'assegno
non potra' essere percepito ove non si realizzino le
previste condizioni ed in particolare quella che prevede che
il totale dei redditi da lavoro dipendente e/o equiparato
(in questa categoria rientra l'assegno di mantenimento
dell'affidatario corrisposto dall'altro coniuge) sia almeno
pari alla percentuale del 70% del reddito familiare
complessivo.
Dal canto suo l'altro coniuge o ex coniuge avra'
diritto a percepire l'assegno solo se avra' un suo nucleo
(ad esempio, se i figli non sono stati affidati ad un solo
genitore, ma alcuni anche all'altro) ed in rapporto alla
composizione del nucleo stesso ed al relativo reddito
complessivo.
3) In caso di nuovo matrimonio del coniuge affidatario
divorziato, viene meno il diritto per l'affidatario stesso
di avvalersi del citato art. 211 al fine di ottenere
l'assegno sulla posizione tutelata dell'ex coniuge.
Infatti, con il matrimonio il coniuge affidatario
costituisce, insieme ai figli affidatigli, un nuovo nucleo
che puo' divenire oggetto della tutela prevista al 6 comma
dell'art. 2 della legge n. 153/1988, laddove stabilisce che
del nucleo fanno parte, in virtu' delle norme di
equiparazione, i figli nati da precedente matrimonio di uno
dei coniugi.
Percio', quando l'affidatario non sia tutelato
direttamente dalla normativa sull'assegno per il nucleo
familiare ed il nuovo coniuge si trova in una posizione che
da' diritto all'assegno, questo verra' corrisposto in
relazione al numero dei componenti il nuovo nucleo nel suo
complesso (compreso quindi il coniuge affidatario e i figli
nati dal precedente matrimonio di quest'ultimo) ed i redditi
relativi.
Se invece il nuovo coniuge non si trova nella
predetta posizione giuridica, cosi' come non vi si trova il
coniuge affidatario, l'assegno non potra' essere
corrisposto.
Autorizzazioni
Le domande di autorizzazione formulate dai coniugi
non affidatari, sospese per effetto della disposizione di
cui al punto 3.1 della circolare n. 39 del 23 febbraio 1989
devono essere respinte.
Le autorizzazioni rilasciate ai coniugi affidatari
restano comunque condizionate dal definitivo orientamento
della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le Sedi terranno, quindi, in apposita evidenza le
autorizzazioni rilasciate facendo presente agli interessati
e ai datori di lavoro la possibilita' di recupero di quanto
percepito ove la prestazione dovesse risultare non dovuta
per effetto di interpretazione definitiva di segno diverso.
II) Figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori
Il criterio interpretativo enunciato per le
situazioni regolate dall'art. 211 della legge 151/1975,
secondo il quale il "nucleo familiare" deve essere
considerato destinatario dell'assegno e, quindi il
lavoratore, il pensionato ecc., agiscono ai fini della
corresponsione al nucleo della prestazione, impone
un'attenta valutazione dei nuclei nei quali sono compresi
figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori.
Mentre, infatti, i nuclei costituiti da entrambi i
genitori naturali ed i relativi figli non presentano
particolarita' rispetto ai nuclei sorti con il matrimonio -
salvo quella che non puo' essere cumulato nel reddito
familiare il reddito del genitore non richiedente e che
questi non va considerato tra i componenti il nucleo poiche'
non riveste la qualifica di coniuge - i nuclei costituiti
intorno ad un solo genitore, ancorche' i figli siano stati
riconosciuti anche dall'altro, presentano caratteristiche
loro proprie da valutare ai fini del riconoscimento del
diritto all'assegno.
Quest'ultima situazione (nella quale l'esercizio
della potesta' di genitore, ai sensi dell'art. 317 bis c.c,
spetta solo al genitore con il quale il figlio convive) puo'
essere considerata in certo senso analoga alla separazione
legale (o al divorzio) in quanto, analogamente al nucleo
formato dall'affidatario e dai figli affidati, in tale caso
esso e' costituito dal genitore naturale e dai figli che
dalla documentazione anagrafica risultano conviventi.
L'altro genitore naturale che ha riconosciuto il
figlio non puo' essere autorizzato alla percezione
dell'assegno per il nucleo familiare, se tale figlio sia
compreso nel nucleo dell'altro genitore che pure l'abbia
riconosciuto, in quanto non costituisce nucleo familiare con
quel figlio.
Del pari l'autorizzazione non puo' essere
rilasciata a favore del genitore coniugato che non abbia nel
proprio nucleo familiare il figlio naturale, ancorche' lo
abbia riconosciuto.
Per il genitore coniugato, il diritto sorge solo
nei casi nei quali il figlio naturale fa parte del nucleo
familiare per esservi stato immesso secondo quanto disposto
dall'art. 252 c.c. (2) che disciplina l'immissione dei figli
naturali nel nucleo familiare formato "dai coniugi non
legalmente ed effettivamente separati", cioe' nella famiglia
legittima. Diversamente i figli naturali non fanno parte di
tale nucleo che non puo' essere considerato equivalente a
quello naturale determinato dal semplice rapporto di
filiazione.
Ai fini pratici anche in tali casi e' quindi
sufficiente che il figlio naturale sia compreso nello stato
di famiglia del genitore naturale e del relativo coniuge.
Ove cio' non si riscontri, potra' essere prodotto,
se esistente, il provvedimento con il quale il giudice ha
inserito nel nucleo legittimo tale figlio.
Diversa e', invece, la situazione del genitore
naturale coniugato che sia separato legalmente ed
effettivamente dal proprio coniuge: in tale ipotesi, in cui
il separato non fa piu' parte del nucleo originato dal
matrimonio, e' possibile che venga a costituirsi un nucleo,
comprendente il genitore stesso ed il figlio, per il quale
compete la prestazione.
Autorizzazioni
Le domande di autorizzazione formulate dai genitori
naturali non conviventi con i figli riconosciuti anche
dall'altro genitore nonche' quelle dei genitori naturali
coniugati i cui figli naturali non siano stati immessi nel
nucleo sorto con il matrimonio devono essere pertanto
respinte.
Le Sedi sono invitate a portare a conoscenza dei
datori di lavoro, delle relative associazioni di categoria,
dei consulenti del lavoro, degli Enti di patronato e delle
Organizzazioni sindacali i chiarimenti e le istruzioni
contenute nella presente circolare, con la massima
sollecitudine.
IL DIRETTORE GENERALE
F.TO BILLIA
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(1) Per quanto riguarda i figli ultradiciottenni inabili,
che a suo tempo furono affidati, il richiedente che ne
era affidatario deve rilasciare una dichiarazione dalla
quale risulti che con la maggiore eta' non si e'
familiare preesistente, permanendo tra genitore e figlio
le condizioni che hanno determinato l'affidamento (circ,
n. 6301 G.S. dell'8 novembre 1982).
(2) Si chiarisce che, a norma dell'art. 252 c.c.:
- per il figlio naturale di genitore coniugato
riconosciuto durante il matrimonio, il giudice
(Tribunale dei minorenni) decide in ordine
all'affidamento e puo' autorizzarne l'inserimento
nella famiglia legittima del genitore coniugato previo
consenso dell'altro coniuge e dei figli legittimi
ultrasedicenni conviventi, nonche' dell'altro genitore
che abbia effettuato il riconoscimento. In tal caso il
giudice stabilisce le condizioni che il genitore cui
il figlio e' affidato deve osservare e quelle cui deve
attenersi l'altro genitore;
- quando il figlio naturale sia stato riconosciuto
anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella
famiglia legittima e' subordinato al consenso
dell'altro coniuge, a meno che il figlio fosse gia'
convivente con il genitore all'atto del matrimonio o
l'altro coniuge ne conoscesse l'esistenza. Deve
altresi' essere dato il consenso anche dall'altro
genitore naturale che abbia riconosciuto il figlio.