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Decorrenza applicazione surroga
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Flusso procedurale
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Istruzioni contabili
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L'azione di surrogazione nelle prestazioni pensionistiche
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Momento cui riferire il calcolo del valore capitale
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Monitoraggio
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Prescrizione
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Revisione delle tabelle
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Surrogazione nei diritti del superstite il cui coniuge è stato riconosciuto inabile
Circolare 74 del 15 Luglio 2008
OGGETTO:
Intervento del Fondo di garanzia istituito per la liquidazione del TFR in caso di insolvenza del datore di lavoro. Riepilogo delle disposizioni vigenti ed orientamenti giurisprudenziali
SOMMARIO:
La presente circolare recepisce le innovazioni introdotte dal decreto legislativo n. 169/2007 entrato in vigore l’1.1.2008.
Pertanto la circolare n. 53 del 7 marzo 2007 è integralmente sostituita dalla presente.
1. Premesse
2. Il Fondo di garanzia
2.1. I soggetti assicurati
3. Il Trattamento di fine rapporto
3.1. Presupposti per l’intervento del Fondo di garanzia
3.2. La richiesta di intervento
3.3. I documenti a corredo della domanda
3.4. Prescrizione
3.5. Tempi di definizione
3.6. Oneri accessori (interessi e rivalutazione monetaria)
3.7. Tassazione
3.8. Ricorsi amministrativi e giudiziali
4. I crediti di lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto
4.1. Modalità applicative
4.2. I presupposti per l’intervento del Fondo di garanzia
4.3. La richiesta di intervento
4.4. I documenti a corredo della domanda
4.5. Prescrizione
4.6. Tempi di definizione
4.7. Oneri accessori (interessi e rivalutazione monetaria)
4.8. Tassazione
4.9. Ricorsi
Con direttiva 987/80 del 20.10.1980 il Consiglio della CEE ha voluto garantire ai lavoratori subordinati una tutela minima in caso di insolvenza del datore di lavoro. A tale scopo la direttiva ha delineato un meccanismo di tutela basato sulla creazione di specifici organismi di garanzia, che si sostituiscono al datore di lavoro per il pagamento di taluni crediti dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza di quest’ultimo.
In attuazione di detta direttiva lo Stato italiano ha adottato due testi normativi, la legge 29 maggio 1982, n. 297, istitutiva del Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto ed il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, con il quale la garanzia è stata estesa anche alle ultime retribuzioni (artt. 1 e 2). Di recente, la disciplina del Fondo di Garanzia è stata integrata dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 186 adottato in attuazione della direttiva del Consiglio dell’Unione Europea 2002/74/CE del 23 settembre 2002, che ha regolamentato le cd. situazioni trasnazionali.
Sulla materia, nel tempo, sono intervenute decisioni della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, della Suprema Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale; inoltre due successive riforme del diritto fallimentare (la prima, introdotta dal decreto legislativo 9.1.2006, n. 5, è entrata in vigore il 16.7.2006; la seconda, introdotta dal decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, è entrata in vigore il 1.1.2008) hanno avuto notevoli riflessi sulle condizioni di accesso alle prestazioni del Fondo di garanzia.
Si ritiene pertanto opportuno fornire un quadro riassuntivo aggiornato delle disposizioni in materia.
Ai sensi dell'art. 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88 il Fondo afferisce alla Gestione Prestazioni Temporanee ai Lavoratori Dipendenti, nel cui ambito ha una contabilità separata.
Il Fondo è alimentato con un contributo a carico dei soli datori di lavoro pari allo 0,20%[1] della retribuzione imponibile, elevato allo 0,40% per i dirigenti di aziende industriali. Per garantire il pareggio della gestione l'aliquota contributiva può essere modificata con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, sentito il Consiglio di Amministrazione dell'Istituto.
L'art. 2, 9° comma, della legge n. 297/1982, prevede per i datori di lavoro l'obbligo di inserire i dati concernenti l'accantonamento del trattamento di fine rapporto nelle denunce annuali dei dipendenti. Detta informazione sino alla competenza 1997 era reperibile nel modello 01/M, successivamente, sino al 2004 era inserita nel CUD[2]. Da ultimo, a seguito della mensilizzazione della trasmissione dei dati retributivi e contributivi[3] all’Istituto, i dati relativi all’accantonamento del TFR sono contenuti nelle denuncia del mese di febbraio dell’anno successivo.
Possono richiedere l'intervento del Fondo tutti i lavoratori dipendenti da datori di lavoro tenuti al versamento all'Istituto del contributo che alimenta la Gestione, compresi i lavoratori con la qualifica di apprendista ed i dirigenti di aziende industriali[4].
Ai soci delle cooperative di lavoro tale tutela è stata riconosciuta dall’art. 24, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196. La norma ha previsto che i contributi versati al Fondo prima dell’entrata in vigore della legge conservino la loro efficacia ai fini dell’erogazione delle prestazioni; di conseguenza, ai dipendenti, potrà essere corrisposto anche il TFR maturato in periodi anteriori all’entrata in vigore della legge sopra indicata, purché risultino versati i relativi contributi. Al contrario, nel caso in cui le società cooperative non abbiano effettuato alcun versamento, ai soci lavoratori potrà essere erogata solo la quota di TFR maturata dopo il 1.7.1997[5].
In caso di decesso del lavoratore, l'intervento del Fondo può essere richiesto dagli "aventi diritto", da identificare secondo le disposizioni dell'art. 2122 c.c., con preferenza per il coniuge, i figli e, se vivevano a carico del lavoratore, i parenti entro il terzo grado[6] e gli affini[7] entro il secondo.
Eventuali domande presentate da società finanziarie o da altri soggetti in qualità di cessionari del credito di TFR del lavoratore, diversi da quelli sopra indicati, dovranno essere respinte[8].
Sono esclusi dall'intervento del Fondo gestito dall'INPS i giornalisti in quanto la prestazione è assicurata dall'INPGI[9]; qualora, nel corso dello stesso rapporto di lavoro, il dipendente sia stato iscritto al Fondo gestito dall'INPS e, in successione, a quello gestito dall'INPGI, l'Istituto assicuratore tenuto a garantire l'intera prestazione, è quello competente al momento della cessazione del rapporto di lavoro[10].
3. IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO
Il Trattamento di fine rapporto (d'ora in poi TFR), regolamentato dall'art. 2120 c.c., è quella somma che il datore di lavoro deve corrispondere al dipendente in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro. Il trattamento in parola si calcola sommando, per ogni anno, una quota pari alla retribuzione annuale diviso per 13,5 ed alla quale va aggiunta la rivalutazione[11] dell'importo accantonato l'anno precedente.
Il diritto al TFR matura esclusivamente al momento della cessazione del rapporto di lavoro[12], essendo le quote annuali meri accantonamenti contabili. Si precisa che la dichiarazione di fallimento, l’apertura di una procedura di liquidazione coatta amministrava, o di amministrazione straordinaria, non determinano di per sé la risoluzione del rapporto di lavoro[13], essendo a tal fine necessario il licenziamento da parte del responsabile della procedura o le dimissioni del lavoratore stesso.
Stante l’unicità ed infrazionabilità del rapporto di lavoro sino alla sua risoluzione, momento in cui diviene esigibile il TFR, non vi è ragione di distinguere tra la quota maturata prima dell’apertura della procedura e quella eventualmente maturata successivamente, durante la continuazione dell’esercizio di impresa; anche quest’ultima potrà essere pertanto corrisposta dal fondo purché ammessa allo stato passivo in prededuzione.
Il diritto al TFR si prescrive in cinque anni (art. 2948, comma 5, c.c.) che decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Quando il diritto al TFR è riconosciuto da sentenza di condanna passata in giudicato si prescrive in dieci anni (art. 2953 c.c.).
3.1. I presupposti per l'intervento del Fondo di garanzia
Preliminarmente occorre distinguere a seconda che il datore di lavoro sia soggetto o meno alle disposizioni del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare), perché diversi sono i requisiti del diritto alle prestazioni del Fondo nell’uno e nell’altro caso.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione[14], intervenuta sulla materia, ebbe a chiarire che il criterio distintivo tra le due categorie deve essere unicamente la condizione soggettiva di cui all’art. 1 della succitata legge, ovvero l’essere il datore di lavoro un imprenditore commerciale privato.
L'art. 1 della legge fallimentare - così come da ultimo modificato dal D.Lgs. 12.9.2007, n. 169 - stabilisce che sono soggetti al fallimento ed al concordato preventivo gli imprenditori esercenti un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici. Il secondo comma del medesimo articolo precisa che sono altresì esclusi gli imprenditori che dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti[15]:
aver avuto, in ciascuno dei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
a) aver realizzato, in qualunque modo risulti, in ciascuno dei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
b) avere un ammontare di debiti, anche non scaduti, non superiore ad euro cinquecentomila.
Pertanto, ai fini dell’applicazione della legge fallimentare, perdono ogni rilevanza sia la nozione di piccolo imprenditore, sia la forma con la quale viene esercitata l’impresa (individuale o collettiva).
Ne consegue che, ad esclusione dell'imprenditore esercente attività agricola, tutti gli altri, compresi gli artigiani e gli imprenditori individuali, possono essere assoggettati a fallimento se superano le soglie di cui sopra; di contro, anche una società commerciale potrebbe non essere assoggettabile a procedura concorsuale[16].
L’onere di dimostrare il possesso congiunto dei requisiti sopra indicati grava sull’imprenditore il quale, nel caso in cui non partecipi all’istruttoria prefallimentare (o nel corso della stessa non emergano elementi di prova sufficienti), verrà dichiarato fallito.
3.1.1. Datore di lavoro soggetto alle procedure concorsuali.
Requisiti dell’intervento del Fondo di garanzia sono:
a) la cessazione del rapporto di lavoro subordinato;
b) l’apertura di una procedura concorsuale;
c) l’esistenza del credito per TFR rimasto insoluto.
a) Cessazione del rapporto di lavoro subordinato
La garanzia del Fondo opera indipendentemente dalla causa che ha determinato la cessazione del rapporto, dimissioni, licenziamento e scadenza del termine in caso di contratto a tempo determinato.
Il requisito della cessazione del rapporto di lavoro deve essere valutato con attenzione in tutti i casi di trasferimento d'azienda, compresi l'affitto e l'usufrutto. Infatti l'art. 2112 c.c., in materia di “Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda”[17] prevede, di regola, la continuazione del rapporto di lavoro con il cessionario, che pertanto è l'unico obbligato a corrispondere il TFR, anche per la parte maturata alle dipendenze dell'impresa cedente[18].
Ne consegue che, se il datore di lavoro insolvente è il cedente, il Fondo non sarà tenuto ad intervenire in quanto il TFR dovrà essere corrisposto per l'intero dal cessionario; al contrario, in caso di fallimento del cessionario, il fondo sarà tenuto a corrispondere l'intero TFR maturato.
In caso di vendita di aziende poste in fallimento, amministrazione straordinaria[19], concordato preventivo con cessione dei beni o liquidazione coatta amministrativa, l'art. 47, comma 5, della L. 428/90 stabilisce che ai lavoratori il cui rapporto continua con l'acquirente non si applica l'art. 2112 c.c.. Di conseguenza il Fondo corrisponderà il TFR maturato alle dipendenze del cedente sino alla data del trasferimento, salvo che l'accordo sindacale preliminare al trasferimento non abbia previsto, quale condizione di miglior favore, l'accollo del TFR da parte dell’acquirente stesso.
Si chiarisce che la fruizione da parte del lavoratore del trattamento straordinario di integrazione salariale concesso ai sensi dell’art. 3 della L. 223/91, presuppone la continuazione reale – e non fittizia - del rapporto di lavoro con l’impresa fallita[20] fino al termine di concessione di detta provvidenza. Di conseguenza l’intervento del Fondo, relativamente alla quota del TFR maturata prima del trattamento straordinario di integrazione salariale – con esclusione della quota riferibile al beneficio assistenziale la quale grava sulla Gestione di cui all’art. 37 della legge n. 88/89 - potrà essere richiesto al termine del periodo di fruizione del trattamento in parola, purché intervenga una causa di risoluzione del rapporto (licenziamento o dimissioni).
Da ultimo, si precisa che nel concordato preventivo sono soggetti al concorso solo i crediti sorti prima del decreto di apertura della procedura (art. 184 L.F.) e pertanto il Fondo potrà corrispondere solo il TFR maturato prima di tale data ed a condizione che il rapporto di lavoro, al momento della richiesta, sia cessato.
b) Apertura di una procedura concorsuale
Le procedure concorsuali che danno titolo all’intervento del Fondo sono: il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa (art. 2 L. 297/82) e l’amministrazione straordinaria (art. 102 D.lgs. 270/99).
La legge 14 maggio 2005, n. 80 di conversione del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, che ha riformato la disciplina del concordato preventivo, ha modificato l’originario comma 1 dell’art. 160 L.F. stabilendo che possa essere ammesso a tale procedura «l'imprenditore che si trova in stato di crisi». Al riguardo, stante la precisazione contenuta nel comma 2 del citato articolo[21] secondo cui per «stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza», si ritiene che la situazione giuridica dell’imprenditore cui si riferisce la riforma non escluda la garanzia del Fondo perché lo stato di crisi sottende un dissesto economico generale ed irreversibile al pari dello stato di insolvenza cui fanno riferimento sia la L. 297/82 sia il D.lgs. 80/92.
In talune ipotesi, che di seguito si esemplificano, non si fa luogo all’apertura della procedura concorsuale:
- quando, a norma degli artt. 10 e 11 L.F. l’imprenditore non può essere dichiarato fallito essendo trascorso più di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese;
- nel caso, previsto dall’art. 15, comma 9, L.F, in cui risulti che il complessivo ammontare dei debiti scaduti e non pagati accertati nel corso dell’istruttoria prefallimentare è inferiore a Euro 30.000[22]. Questo limite non è riferito al singolo debito del lavoratore, o dei lavoratori, ma a tutti i debiti dell’azienda.
Allo stato, le richieste di intervento che rientrano in questa casistica non potranno trovare accoglimento.
Nelle segnalate ipotesi non potranno trovare accoglimento le domande presentate sulla base dei requisiti che devono far valere i dipendenti di datori di lavoro non soggetti alle procedure concorsuali (par. 3.1.2.).
Il legislatore, con decreto legislativo 19.8.2005, n. 186 pubblicato sulla G.U. del 21.9.2005, in attuazione della direttiva 2002/74/CE, ha provveduto a regolamentare le situazioni c.d. transnazionali. L'art. 2, comma 4 bis della legge 29 maggio 1982, n. 297, ha infatti previsto l'intervento del Fondo di garanzia anche nel caso in cui il datore di lavoro sia sottoposto a procedura concorsuale nel territorio di un altro Stato membro a condizione che:
- l'attività del datore di lavoro sia svolta sul territorio di almeno due Stati membri;
- l'impresa sia stata costituita secondo il diritto dello Stato membro dove è stata aperta la procedura concorsuale;
- il dipendente abbia abitualmente svolto la sua attività in Italia e quindi sia prevista la contribuzione al Fondo.
Il Fondo interviene solo per le procedure aperte dopo l'entrata in vigore del decreto (6.10.2005).
Non essendo al momento disponibile un elenco delle procedure concorsuali in vigore negli altri Stati membri dell’Unione Europea, si ritiene che diano titolo all’intervento quelle procedure che, anche nello Stato in cui sono state aperte, consentono l’intervento degli organismi di garanzia di cui alla direttiva 80/987/CEE e ss. modifiche.
c) Accertamento del credito
L'accertamento del credito in caso di fallimento, amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa, avviene con l'ammissione del credito nello stato passivo della procedura.
Da tale requisito, per costante giurisprudenza della Corte di Cassazione[23], non può prescindersi neanche nel caso in cui il lavoratore non sia responsabile della mancata ammissione. Una siffatta situazione può verificarsi:
- quando il Tribunale decreti di non procedere all'accertamento del passivo a causa della previsione di insufficiente realizzo, come previsto dall’art. 102 della nuova L.F.:
- quando la tardiva ammissione del credito allo stato passivo sia impedita dall’avvenuta chiusura della procedura concorsuale[24].
L'ammissione del credito nello stato passivo determina la misura dell'obbligazione del Fondo di garanzia[25].
3.1.2. Datore di lavoro non soggetto alle procedure concorsuali
Requisiti dell’intervento del Fondo di garanzia sono:
a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato;
b) inapplicabilità al datore di lavoro delle procedure concorsuali per mancanza dei requisiti soggettivi di cui all’art. 1 L.F.;
c) insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata;
d) l'esistenza del credito per TFR rimasto insoluto.
a) Cessazione del rapporto di lavoro subordinato
Si rinvia al paragrafo 3.1.1. lett. a).
b) Dimostrazione che il datore di lavoro non è soggetto alle procedure concorsuali
Coma già indicato nel paragrafo 3.1., i requisiti soggettivi per definire l’ambito di applicazione della L.F., sono diventati prevalentemente quantitativi.
La valutazione che non sono stati superati i parametri economici minimi di legge, condizione escludente il fallimento, può risultare piuttosto difficile, atteso che né l’Istituto né il lavoratore istante - sul quale grava l'onere di dimostrare che il datore di lavoro non è assoggettabile a procedura concorsuale[26] - dispongono di elementi sufficienti a compiere una stima esaustiva della situazione patrimoniale e del conto economico del datore di lavoro insolvente; la legge fallimentare infatti, come da ultimo modificata dal D.lgs. 12 settembre 2007 n. 169, pone a carico del debitore l’onere di provare il possesso di quei requisiti che comportano l’esclusione dal fallimento.
Pertanto, in via generale, il lavoratore al fine di dimostrare che il datore di lavoro non è assoggettabile a procedura concorsuale dovrà esibire copia del decreto del Tribunale di reiezione dell’istanza di fallimento per insussistenza dei presupposti (e non per i motivi di cui agli artt. 10, 11 e 15, comma 9, L.F.).
La presentazione di tale decreto non è necessaria:
a) quando l’Istituto ne sia già in possesso per aver tentato in proprio di far dichiarare il fallimento del datore di lavoro insolvente;
b) quando il datore di lavoro sia un imprenditore agricolo;
c) quando il datore di lavoro sia una società a responsabilità limitata (anche unipersonale) ed il lavoratore esibisca i Bilanci depositati presso il Registro delle imprese relativi ai tre anni precedenti la data della domanda di intervento del Fondo o quella di cessazione dell’attività aziendale se precedente[27], dai quali risultino soddisfatti contemporaneamente i seguenti requisiti: 1) valore dell’attivo patrimoniale[28] non superiore ad Euro trecentomila in ciascuno dei tre anni considerati; 2) ricavi lordi[29] non superiori ad Euro duecentomila in ciascuno dei tre anni considerati; 3) ammontare dei debiti[30], scaduti e non scaduti, non superiore ad Euro 500.000 nell’ultimo bilancio considerato.
Qualora tali bilanci non siano stati depositati, il lavoratore dovrà esibire copia del decreto di reiezione dell’istanza di fallimento per i motivi di cui all’art. 1 L.F.;
d) quando il datore di lavoro, imprenditore individuale o società di persone, risulti non avere avuto, in media, più di tre dipendenti[31] nei tre anni precedenti la data della domanda di intervento del Fondo o quella di cessazione dell’attività aziendale se precedente.
c) Dimostrazione dell’insufficienza della garanzie patrimoniali
Ai sensi dell’art. 2, comma 5, della legge 29 maggio 1982, n. 297, la prova dell’insolvenza del datore di lavoro deve essere fornita attraverso la dimostrazione che, a seguito dell’esecuzione forzata sul patrimonio dello stesso, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti a soddisfare il credito del lavoratore.
Al riguardo la giurisprudenza della Corte di Cassazione[32] ha ritenuto sufficiente che il lavoratore esperisca, o meglio tenti di esperire, in modo serio ed adeguato, quell’esecuzione forzata che, in relazione al genere ed alla consistenza dei beni pignorati e dell’eventuale concorso di altri creditori maggiormente garantiti, appaia possibile ed utile allo scopo.
Di conseguenza il lavoratore non deve dimostrare di aver tentato tutte le azioni esecutive in astratto esperibili ed in particolare non deve tentare l’esecuzione presso terzi, purché egli dimostri di aver cercato di realizzare il proprio credito nei confronti del datore di lavoro in modo “serio ed adeguato”, ricercando, con la normale diligenza, i beni del datore di lavoro nei luoghi ricollegabili alla persona del debitore.
Dal punto di vista operativo si ritiene che la dimostrazione dell’insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro sia soddisfatta allorché si verifichi una delle seguenti ipotesi:
- il lavoratore esibisca il verbale di pignoramento mobiliare negativo tentato presso i locali dell’azienda e presso il luogo di residenza del datore di lavoro se imprenditore individuale;
- il lavoratore esibisca il verbale di pignoramento mobiliare negativo tentato presso i locali dell’azienda e presso la residenza di tutti coloro che rispondono illimitatamente delle obbligazioni sociali in caso di società di persone;
- il lavoratore esibisca il verbale di pignoramento mobiliare negativo tentato presso la sede della società (legale ed operativa se diverse).
Il lavoratore inoltre deve dimostrare l’impossibilità, o l’inutilità del pignoramento immobiliare allegando la visura o il certificato della Conservatoria dei registri immobiliari dei luoghi di nascita e di residenza del datore di lavoro, da cui risulti, rispettivamente, che lo stesso non è titolare di beni immobili o che gli stessi sono gravati da ipoteche in misura superiore al valore del bene.
Ai fini dell’intervento del Fondo, al pignoramento negativo può essere equiparato quello mancato quando: a) l’ufficiale giudiziario abbia accertato l’irreperibilità del datore di lavoro all’indirizzo di residenza che risulta dai registri dell’anagrafe comunale; b) l’ufficiale giudiziario abbia constatato, in occasione di almeno due accessi, l’assenza del debitore.
Nel caso in cui il datore di lavoro sia deceduto, le azioni esecutive dovranno essere eseguite nei confronti di tutti gli eredi.
Se i chiamati hanno rinunciato all’eredità (ed è stata aperta una procedura di eredità giacente), o hanno accettato con beneficio d’inventario, il lavoratore potrà accedere alla tutela del Fondo solo qualora si munisca di titolo esecutivo e sia stata aperta la procedura di liquidazione prevista dall’art. 499 c.c. (liquidazione concorsuale) e se, al termine della liquidazione stessa, il credito del lavoratore sia rimasto in tutto o in parte insoddisfatto per incapienza dei beni ereditari.
Al riguardo si precisa che lo stato di graduazione di cui all’art. 499, comma 2, c.c., non è equivalente, sul piano giuridico, allo stato passivo delle procedure concorsuali e pertanto, dovendosi applicare l’art. 2, comma 5 della L. 297/82, nessun pagamento potrà essere posto a carico del Fondo prima che sia terminata la liquidazione.
d) Accertamento dell'esistenza di uno specifico credito per TFR
In tutti i casi in cui il Fondo interviene ai sensi dell’art. 2, comma 5 L. 297/82, ovvero al di fuori di una procedura concorsuale, il credito del lavoratore deve essere stato accertato in giudizio.
Nelle esecuzioni individuali l'accertamento del credito avviene con sentenza, con decreto ingiuntivo o con il decreto di esecutività di cui all’art. 411, comma 3, c.p.c. del verbale di conciliazione di cui all'art. 410 c.p.c..
Anche nell’ipotesi di eredità giacente o accettata con beneficio di inventario e liquidata secondo la procedura prevista dall’art. 499 c.c., il credito del lavoratore dovrà essere accertato giudizialmente, non essendo sufficiente il solo inserimento del credito nello stato di graduazione[33].
3.2. La richiesta di intervento
La domanda di intervento del Fondo deve essere presentata dal lavoratore o dai suoi eredi alla Sede dell'INPS nella cui competenza territoriale l'assicurato ha la propria residenza; se avanzata ad una Sede diversa essa verrà trasferita d'ufficio a quella territorialmente competente.
Qualora il lavoratore sia residente all'estero, la sede competente sarà quella dell'ultima residenza in Italia dell'assicurato oppure quella in cui l’assicurato stesso elegge domicilio.
La domanda può essere presentata sul modello appositamente predisposto (TFR/CL - SR50) oppure in carta semplice purché vengano riportate tutte le informazioni contenute nel citato modello.
Se la domanda non è firmata davanti al funzionario addetto alla ricezione, ad essa dovrà essere allegata copia del documento di identità del sottoscrittore.
L'art. 2, comma 2, della legge 29 maggio 1982, n. 297 prevede che la domanda possa essere presentata:
a) in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa ed amministrazione straordinaria, dal 15° giorno successivo al deposito dello stato passivo reso esecutivo ai sensi degli art. 97 e 209 della L.F.;
b) nel caso in cui siano state proposte impugnazioni o opposizioni riguardanti il credito del lavoratore, dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza che decide su di esse;
c) in caso di concordato preventivo, dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza di omologa (ora del decreto di omologazione), ovvero della sentenza (ora del decreto) che decide di eventuali opposizioni o impugnazioni;
d) in caso di insinuazione tardiva del credito nella procedura fallimentare, dal giorno successivo al decreto di ammissione al passivo o dopo la sentenza che decide dell’eventuale contestazione;
e) in caso di esecuzione individuale, dal giorno successivo alla data del verbale di pignoramento negativo, ovvero, in caso di pignoramento in tutto o in parte positivo, dal giorno successivo alla data del provvedimento di assegnazione all’interessato del ricavato dell’esecuzione.
3.3. I documenti a corredo della domanda
Con riferimento ai documenti da produrre a corredo della domanda, si richiama l’attenzione sul principio di diritto dettato dalla Corte di Cassazione, secondo il quale «Al fine di ottenere dall’INPS il pagamento del TFR in sostituzione del datore di lavoro fallito, il lavoratore è tenuto a corredare la relativa istanza con la documentazione necessaria richiesta dall’Ente previdenziale, cui non incombe l’obbligo di provvedere d’ufficio all’acquisizione dei dati necessari per la liquidazione del dovuto»[34] e sulla circostanza che rientra nei poteri regolamentari dell’Istituto determinare la documentazione da allegare alla domanda, indispensabile all’accoglimento della medesima.
Di seguito si individua la documentazione occorrente di massima per l’istruttoria delle domande, salvo che la necessità di acquisire ulteriore documentazione si palesi nell’esame di particolari situazioni.
3.3.1. Fallimento, Liquidazione coatta amministrativa e Amministrazione straordinaria
· copia di un documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di un funzionario dell’Istituto);
· modello tfr 3/bis timbrato e sottoscritto dal responsabile della procedura ;
· copia autentica dello stato passivo (anche per estratto) oppure, in caso di ammissione tardiva,
· copia autentica del decreto di ammissione tardiva allo stato passivo;
· attestazione della cancelleria del tribunale che il credito del lavoratore non e’ stato oggetto di opposizione o di impugnazione sensi del 2° e 3° comma dell’art. 98 L.F. (sostituibile con analoga dichiarazione del responsabile della procedura concorsuale);
· copia di un documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di un funzionario dell’Istituto);
· modello tfr 3/bis timbrato e sottoscritto dal commissario giudiziale e dal liquidatore nominato dal Tribunale in caso di concordato con cessione di beni;
· copia mod. CUD relativo ai redditi dell’anno in cui e’ avvenuta la cessazione del rapporto di lavoro (eventuale);
· copia autentica della sentenza (ora decreto) di omologazione;
· attestazione della Cancelleria del Tribunale che il concordato omologato non è stato appellato o reclamato dinanzi alla Corte d’Appello.
3.3.3. Procedura concorsuale aperta in un altro Stato membro dell’Unione Europea
· copia autentica dello Stato Passivo munita di traduzione legale (da cui si deve evincere, in maniera inequivocabile, che le somme sono dovute a titolo TFR);
· dichiarazione del Tribunale (o del responsabile della procedura) munita di traduzione legale che attesti che lo stato passivo è definitivo ovvero non è soggetto, per quanto riguarda il credito del lavoratore, a modifiche;
· mod. TFR3/bis SOST da compilare e sottoscrivere a cura del lavoratore in forma di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà;
· copia mod. CUD relativo ai redditi dell’anno in cui e’ avvenuta la cessazione del rapporto di lavoro (per i rapporti di lavoro terminati entro il 31.12.2004) o copia della busta paga relativa al TFR;
· copia della lettera o contratto di assunzione e della lettera di licenziamento.
· copia di un documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di un funzionario dell’Istituto);
· mod. TFR3/bis SOST da compilare e sottoscrivere a cura del lavoratore in forma di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà;
· copia mod. CUD relativo ai redditi dell’anno in cui e’ avvenuta la cessazione del rapporto di lavoro (eventuale);
· decreto del Tribunale di reiezione dell’istanza di fallimento perché trattasi di piccolo imprenditore (i casi in cui tale documento non è necessario sono indicati al par. 3.1.2. lett. b);
· originale del titolo esecutivo in base al quale è stata esperita l’esecuzione forzata;
· copia del ricorso sulla base del quale è stato ottenuto il titolo esecutivo, completo di allegati (eventuale);
· copia autentica del verbale di pignoramento negativo, eseguito secondo le disposizioni indicate al paragrafo 3.1.2. - lett. c);
· visura o certificato della Conservatoria dei registri immobiliari dei luoghi di nascita e di residenza del datore di lavoro;
· certificato di residenza del datore di lavoro.
Con riferimento alla dichiarazione del responsabile della procedura - modello TFR3/bis – si segnala che il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella L. 4 agosto 2006, n. 248, ha previsto che anche il curatore fallimentare ed il commissario liquidatore siano “sostituti di imposta”[35] e, come tali, tenuti alla sua compilazione.
Tuttavia, nel caso eccezionale di comprovato rifiuto da parte del responsabile della procedura concorsuale, le informazioni utili alla liquidazione potranno essere fornite direttamente dal lavoratore interessato tramite la produzione di idonea documentazione[36] e del modello TFR 3/bis SOST, oppure disponendo accertamenti ispettivi o di reparto presso il responsabile della procedura.
· certificato di morte del datore di lavoro;
· originale del titolo esecutivo con il quale è stato riconosciuto il credito per TFR del lavoratore;
· copia autentica dello stato di graduazione di cui all’art. 499 c.c.;
· copia autentica del riparto finale;
· copia autentica del provvedimento di chiusura della liquidazione.
3.3.6. Domanda presentata dagli eredi
Oltre ai documenti di cui ai punti precedenti è necessario produrre:
A) in caso di successione legittima:
· certificato di morte del lavoratore dante causa o dichiarazione sostitutiva, da cui risultino lo stato civile, nonché l’ultimo domicilio;
· stato di famiglia aggiornato alla data del decesso o dichiarazione sostitutiva;
· atto di notorietà attestante: 1) le generalità del de cuius, comprensive del luogo e della data di nascita, dello stato civile e del luogo di ultima residenza; 2) che tra il de cuius ed il coniuge superstite non è stata pronunciata sentenza di separazione, passata in giudicato, con addebito a carico del coniuge separato; 3) l’indicazione delle persone che hanno la rappresentanza o l’assistenza di minori o di incapaci, ove vi siano tra gli aventi diritto alla successione; 4) l’indicazione delle persone di cui non consti in modo certo l’esistenza in vita (scomparsi, assenti, morti presunti), ove vi siano tra gli aventi diritto alla successione; 5) che trattasi di successione legittima, non avendo il de cuius disposto con testamento della prestazione domandata.
· delega alla riscossione in favore di uno solo degli eredi (eventuale).
B) in caso di successione testamentaria:
· copia autentica del testamento pubblico o del verbale di pubblicazione del testamento olografo o segreto, contenente il certificato di morte;
· documentazione che dovesse risultare necessaria in base al contenuto delle disposizioni testamentarie (istituzione di erede o legato)
· delega alla riscossione in favore di uno solo degli eredi (eventuale).
La legge 297/82 non ha previsto un particolare termine di prescrizione entro il quale con la domanda di liquidazione del T.F.R. a carico del Fondo di garanzia deve essere esercitato il relativo diritto: esso, pertanto, rimane quello quinquennale stabilito dall'art. 2948 p. 5) c.c. per il TFR.
La giurisprudenza prevalente della Corte di Cassazione[37] ha riconosciuto che il Fondo di garanzia in virtù dell’accollo legislativamente previsto diviene condebitore solidale del datore di lavoro, pertanto, in forza dell’art. 1310 c.c.: a) tutti gli atti con i quali il lavoratore interrompe la prescrizione nei confronti del datore di lavoro hanno effetti anche nei confronti del Fondo di Garanzia; b) l'eventuale rinuncia alla prescrizione fatta dal datore di lavoro (o dalla procedura concorsuale) non ha effetto nei confronti del Fondo.
Di conseguenza nell'istruttoria delle domande dovrà essere preliminarmente verificato che tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e la data di deposito della domanda di ammissione allo stato passivo non siano trascorsi più di cinque anni, salve eventuali interruzioni della prescrizione fatte nei confronti del datore di lavoro. A questo proposito si ricorda che la prescrizione è interrotta da qualsiasi atto scritto con il quale il lavoratore costituisce in mora il proprio datore di lavoro e che la proposizione di una domanda giudiziale interrompe la prescrizione con effetti permanenti sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio (artt. 2943 e 2945 c.c.).
Come già detto l’art. 94 della L.F. prevede che la domanda di insinuazione nello stato passivo “produce gli effetti della domanda giudiziale” interrompendo, “per tutto il corso del fallimento”, la prescrizione, che ricomincerà a decorrere, per la sua intera durata, dalla data di chiusura della procedura. Pertanto, a condizione che il lavoratore abbia insinuato il proprio credito nel termine di cinque anni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, lo stesso potrà richiedere l'intervento del Fondo entro cinque anni dalla chiusura della procedura. Tale principio è valido anche per la procedura di amministrazione straordinaria.
Nel caso della liquidazione coatta amministrativa, se l'ammissione non avviene a seguito di istanza del lavoratore, l'effetto interruttivo decorre dalla data di ricezione della raccomandata con cui il Commissario liquidatore comunica l'importo del credito risultante dalle scritture contabili (art. 207 L.F.).
La procedura concorsuale si conclude:
- fallimento: data del decreto di chiusura di cui all'art. 119 L.F.;
- amministrazione straordinaria: data del decreto di chiusura di cui all'art. 76 d.lgs. 270/99;
- liquidazione coatta amministrativa: data approvazione del bilancio finale di liquidazione (ventesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della notizia di deposito del bilancio finale di liquidazione, se non sono state proposte contestazioni).
Nel concordato preventivo, poiché non è applicabile in via analogica l'art. 94 L.F. non esistendo un processo di verifica dei crediti, non si ha alcun effetto interruttivo permanente della prescrizione; pertanto il Fondo potrà intervenire solo se tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e la data di presentazione della domanda all'Istituto non siano trascorsi più di cinque anni, fatti salvi eventuali atti interruttivi della prescrizione.
L'Istituto è tenuto a liquidare il TFR a carico del Fondo di garanzia nel termine di 60 gg. decorrenti dalla data di presentazione della domanda completa di tutta la documentazione (art. 2, comma 7 della L. 297/82).
3.6. Oneri accessori (interessi e rivalutazione monetaria)
Gi oneri accessori sul TFR, ancorché non ammessi allo stato passivo del datore di lavoro[38], devono essere corrisposti dalla data di cessazione del rapporto di lavoro sino alla data di effettivo soddisfo[39].
L'Istituto, quale sostituto di imposta ai sensi della vigente normativa fiscale, è tenuto ad assoggettare a ritenuta le somme erogate a titolo di TFR e oneri accessori.
Al riguardo si segnala che il decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47 ha previsto che gli uffici finanziari debbano provvedere alla riliquidazione dell'imposta in base all'aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, pertanto la ritenuta fiscale operata dall'Istituto ha carattere provvisorio.
Si ricorda inoltre che l'accertamento dei crediti di lavoro, sia nelle procedure concorsuali che nelle esecuzioni individuali, deve intendersi fatto al lordo delle ritenute fiscali[40].
Pertanto anche qualora nello stato passivo sia stato ammesso l'importo netto del TFR, su di esso andranno operate le ritenute fiscali, fatta salva la possibilità per il lavoratore di presentare domanda tardiva di cui all'art. 101 L.F. per la differenza.
3.8.1. Ricorsi amministrativi
Contro il provvedimento di reiezione della domanda, o di liquidazione della prestazione in misura inferiore a quella richiesta, è ammesso ricorso amministrativo al Comitato Provinciale entro novanta giorni dalla sua ricezione (art. 46 c. 5 legge 88/89). In caso di mancata adozione del provvedimento da parte dell'Istituto il termine per la proposizione del ricorso decorre dal 61° giorno successivo a quello di presentazione della domanda[41] completa della documentazione.
Il ricorso, redatto in carta semplice, deve essere presentato all'Ufficio che ha adottato il provvedimento.
Da ultimo si ricorda che i ricorsi tardivi, perché presentati dopo l’esaurimento del procedimento amministrativo (ossia dopo il 240° giorno dalla presentazione della domanda) non incidono sul decorso del termine annuale di decadenza cui soggiace la domanda giudiziaria, mentre i ricorsi ulteriormente tardivi, perché presentati dopo l’avveramento della decadenza suddetta dovranno essere rigettati[42], senza alcun esame nel merito, perché non più sussiste un credito che possa ricevere tutela giudiziaria.
3.8.2. Ricorsi giudiziali
L’art. 4 del D.L. 19 settembre 1992, n. 384 - convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438 - prevede il temine di decadenza di un anno per la proposizione dell’azione giudiziaria per le prestazioni afferenti alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti (art. 24 L. 88/89) nella quale espressamente rientra il Fondo di garanzia per il TFR.
Tale termine decorre dalle date stabilite nel comma 2 dell’art. 47 D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, come sostituito dalla novella del 1992, che variano in relazione agli sviluppi del procedimento amministrativo.
4. I crediti di lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto
Com’è noto il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80 ha esteso la garanzia del Fondo anche ai crediti di lavoro diversi dal TFR.
4.1.1. Il periodo coperto dalla garanzia del Fondo
Il Fondo corrisponde esclusivamente i crediti retributivi inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro purché rientrino nei dodici mesi che precedono i termini indicati dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 80/92 e cioè:
a) la data della domanda diretta all’apertura della procedura concorsuale a carico del datore di lavoro, se il lavoratore ha cessato il proprio rapporto prima dell’apertura della procedura stessa.
In caso di fallimento il dies a quo da cui partire per individuare i dodici mesi in cui devono essere compresi gli ultimi tre mesi del rapporto è la data del deposito in Tribunale del primo ricorso che ha originato la dichiarazione di fallimento, indipendentemente dal soggetto che l’ha proposto[43].
In caso di liquidazione coatta amministrativa, il dies a quo è la data del ricorso al Tribunale per la dichiarazione di insolvenza (art. 195 L.F.), o, se precedente, la data del decreto di liquidazione emesso dall’autorità amministrativa che ha la vigilanza sull’impresa.
In caso di concordato preventivo il dies a quo ai fini dell’individuazione del periodo coperto dalla garanzia del Fondo è la data del deposito del ricorso per l’apertura della procedura (art. 161 L.F.).
In caso di amministrazione straordinaria il dies a quo è la data del deposito in Tribunale del ricorso per la dichiarazione di insolvenza (art. 3 D.lvo 270/99) o, la data della presentazione al Ministero delle Attività Produttive della domanda per l’ammissione alla procedura in caso di imprese di notevoli dimensioni (art. 2 legge 18.2.2004 n. 39 di conversione del decreto legge 23.12.2003 n. 347).
Qualora il lavoratore, prima delle date indicate ai punti precedenti, abbia agito in giudizio per il soddisfacimento dei crediti per i quali chiede il pagamento del Fondo, il dies a quo da cui calcolare i dodici mesi in cui devono ricadere gli ultimi tre del rapporto, è la data del deposito in Tribunale del relativo ricorso[44]. Al riguardo si precisa che:
· La richiesta di espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'art. 410 c.p.c., in quanto attinente ad una fase precontenziosa, non può essere equiparata ad un'iniziativa giudiziaria;
· La possibilità di anticipare il "dies a quo" ad una data precedente la domanda di apertura della procedura concorsuale è riservata esclusivamente al lavoratore che prima di detta data abbia agito in giudizio, senza che gli altri dipendenti dello stesso datore di lavoro possano avvantaggiarsene.
b) la data di deposito in Tribunale del ricorso per la tutela dei crediti di lavoro, nel caso in cui l’intervento del Fondo avvenga a seguito di esecuzione individuale[45].
c) la data del provvedimento di messa in liquidazione, di cessazione dell’esercizio provvisorio, di revoca dell’autorizzazione alla continuazione all’esercizio di impresa, per i lavoratori che dopo l’apertura di una procedura concorsuale abbiano effettivamente continuato a prestare attività lavorativa.
Se la cessazione del rapporto di lavoro è intervenuta durante la continuazione dell’attività dell’impresa, i dodici mesi dovranno essere calcolati a partire dalla data di licenziamento o di dimissioni del lavoratore[46].
Tale disposizione deve essere applicata solo a quei lavoratori che hanno effettivamente prestato attività lavorativa dopo l’apertura della procedura e non a coloro il cui rapporto, per l’intero periodo successivo, sia stato sospeso.
4.1.2. I crediti garantiti dal Fondo
I crediti che possono essere corrisposti a carico del Fondo sono quelli inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, da intendersi come tre mesi di calendario o, più precisamente, come l’arco di tempo compreso tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e la stessa data del terzo mese precedente[47].
Si precisa inoltre che qualora gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro coincidano, in tutto o in parte, con un periodo di sospensione del rapporto durante il quale non è sorto alcun diritto retributivo - per esempio per la fruizione di permessi non retribuiti o di trattamenti previdenziali interamente sostituivi della retribuzione - la garanzia è riferibile ai tre mesi immediatamente precedenti, purché rientranti nei dodici mesi di cui al punto precedente.
Tale interpretazione è conforme alla nozione comunitaria di rapporto di lavoro adottata dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in relazione alla direttiva 80/987/CEE[48] e confermata anche dalla giurisprudenza nazionale[49].
Nel caso in cui gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro coincidano con un periodo successivo all’apertura della procedura (cfr. par. 4.1.1 punto c) essi potranno essere posti a carico del Fondo se non corrisposti dalla procedura ed ammessi allo stato passivo in prededuzione.
Possono essere posti a carico del Fondo solo i crediti di lavoro (diversi dal TFR) maturati nell’ultimo trimestre ed aventi natura di retribuzione propriamente detta, compresi i ratei di tredicesima e di altre mensilità aggiuntive[50], nonché le somme dovute dal datore di lavoro a titolo di prestazioni di malattia e maternità; devono invece essere escluse l’indennità di preavviso[51], l’indennità per ferie non godute, l’indennità di malattia a carico dell’INPS che il datore di lavoro avrebbe dovuto anticipare.
4.1.3. Limiti della garanzia del Fondo: il massimale
La garanzia prestata dal Fondo per i crediti di lavoro in questione è limitata ad una somma pari a tre volte la misura massima del trattamento straordinario di integrazione salariale mensile al netto delle trattenute assistenziali e previdenziali[52].
Al riguardo si ricorda che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee[53] pronunciandosi sul sistema di calcolo del massimale ha chiarito che da esso non devono essere sottratte le somme eventualmente corrisposte dal datore di lavoro negli ultimi tre mesi e che lo stesso, essendo un limite di pagamento, non deve essere rapportato al periodo per il quale si richiede l’intervento del Fondo.
L’art. 2, comma 4, D.lgs. n. 80/92 prevedeva inoltre l’incumulabilità del pagamento, fino a concorrenza degli importi, con: a) il trattamento straordinario di integrazione salariale percepito nell’arco dei dodici mesi; b) le retribuzioni corrisposte al lavoratore nell’arco degli ultimi tre mesi; c) l’indennità di mobilità riconosciuta ai sensi della L. 23 luglio 1991, n. 223, nell’arco dei tre mesi successivi alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Tale disposizione, espressamente abrogata per quanto riguarda il punto b) dal d.lgs. 19 agosto 2005, n. 186, deve ritenersi superata anche con riferimento ai punti a) e c).
La Corte di Giustizia delle Comunità Europee infatti, con la nota sentenza del 10 luglio 1997[54], ha giudicato la legislazione italiana non conforme al diritto comunitario nella parte in cui prevede l’incumulabilità delle prestazioni del Fondo con il trattamento di mobilità di cui alla L. 223/91, diretto a sovvenire ai bisogni del lavoratore licenziato nei tre mesi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro.
Con riferimento all’incumulabilità con il trattamento straordinario di integrazione salariale, con circolare n. 58 del 9 marzo 1999, era stato chiarito che essa era limitata ai soli periodi coincidenti con gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro. Alla luce della nozione comunitaria di rapporto di lavoro elaborata dalla Corte di Giustizia[55], secondo la quale non sia ha un rapporto di lavoro preclusivo della garanzia del Fondo nei periodi in cui non sorgono diritti retributivi, anche questa previsione deve ritenersi non più applicabile. Resta confermata la previsione, già contenuta nella citata circolare, per la quale la prestazione di cui al d.lgs. 80/92 deve essere erogata anche in presenza del trattamento C.I.G.S., concesso ai sensi dell’art. 3 della L. 23 luglio 1991, n. 223.
4.2. I presupposti per l’intervento del Fondo di garanzia
I presupposti per l’intervento del Fondo per i crediti di lavoro sono gli stessi previsti per il TFR, pertanto si rinvia al par. 3.1..
4.3. La richiesta di intervento
Il decreto espressamente rinvia alle disposizioni dettate per la liquidazione del TFR per quel che riguarda i termini per la presentazione della domanda[56], pertanto si rinvia al par. 3.2..
4.4. I documenti a corredo della domanda
4.4.1. Fallimento, Liquidazione coatta amministrativa e Amministrazione straordinaria
· copia di un documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di un funzionario dell’Istituto);
· modello CL timbrato e sottoscritto dal responsabile della procedura ;
· copia autentica dello stato passivo (anche per estratto) oppure, in caso di ammissione tardiva,
· copia autentica del decreto di ammissione tardiva allo stato passivo;
· attestazione della cancelleria del tribunale che il credito del lavoratore non e’ stato oggetto di opposizione o di impugnazione ai sensi del 2° e 3° comma art. 98 L.F. (sostituibile con analoga dichiarazione del responsabile della procedura concorsuale);
· copia della domanda di ammissione al passivo e relativi conteggi;
· copia delle buste paga relative al periodo richiesto (se disponibili).
4.4.2. Concordato preventivo
· copia di un documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di un funzionario dell’Istituto);
· modello CL timbrato e sottoscritto dal commissario giudiziale e dal liquidatore nominato dal Tribunale in caso di concordato con cessione di beni;
· copia autentica della sentenza (ora decreto) di omologazione;
· copia delle buste paga relative al periodo richiesto.
4.4.3. Procedura concorsuale aperta in un altro Stato membro dell’Unione Europea
· copia autentica dello Stato Passivo munita di traduzione legale (da cui si deve evincere, in maniera inequivocabile, che le somme sono dovute a titolo di retribuzione dei mesi per i quali viene chiesto l’intervento);
· dichiarazione del Tribunale (o del responsabile della procedura) munita di traduzione legale che attesti che lo stato passivo è definitivo ovvero non è soggetto, per quanto riguarda il credito del lavoratore, a modifiche;
· mod. CL SOST da compilare e sottoscrivere a cura del lavoratore in forma di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà;
· copia delle buste paga relative al periodo richiesto;
4.4.4. Esecuzione individuale
· copia di un documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di un funzionario dell’Istituto);
· mod. CL SOST;
· decreto del Tribunale di reiezione dell’istanza di fallimento in quanto non ricorrono le condizioni di cui all’art. 1 della L.F.;
· originale del titolo esecutivo in base al quale è stata esperita l’esecuzione forzata;
· copia del ricorso sulla base del quale è stato ottenuto il titolo esecutivo, completo di allegati ed in particolare dei conteggi;
· copia autentica del verbale di pignoramento negativo, come precisato al paragrafo 3.1.2. lett. c);
· visura o certificato della Conservatoria dei registri immobiliari dei luoghi di nascita e di residenza del datore di lavoro;
· certificato di residenza del datore di lavoro;
· copia delle buste paga relative al periodo richiesto (se disponibili).
Con riferimento al modello CL si rinvia a quanto precisato con riguardo al modello TFR3/bis al paragrafo 3.3.4.
4.4.5. Eredità giacente
Si rinvia al paragrafo 3.3.5..
4.4.6. Domanda presentata dagli eredi
Si rinvia al paragrafo 3.3.6..
L’art. 2, comma 5 del D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 80 prevede che il diritto alla prestazione si prescrive in un anno. Tale termine, secondo quanto comunemente previsto in materia di decorrenza della prescrizione ai sensi dell’art. 2935 c.c., decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere ovvero, dalle date indicate nel par. 3.2..
La Corte di Cassazione tuttavia ha affermato, secondo l’indirizzo maggiormente accreditato, che il Fondo di Garanzia in virtù dell’accollo legislativamente previsto diviene condebitore solidale del datore di lavoro; ne consegue che, in forza dell’art. 1310 c.c., tutti gli atti con i quali il lavoratore interrompe la prescrizione nei confronti del datore di lavoro hanno effetti anche nei confronti del Fondo di Garanzia e che l’eventuale rinunzia alla prescrizione fatta dal datore di lavoro (o dalla procedura concorsuale) non ha efficacia nei confronti del Fondo.
Di conseguenza anche nell'istruttoria delle domande di liquidazione dei crediti diversi dal TFR dovrà essere preliminarmente verificato che tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e la data di deposito della domanda di ammissione allo stato passivo non siano trascorsi più di cinque anni[57], salve eventuali interruzioni della prescrizione fatte nei confronti del datore di lavoro.
Come già precisato a proposito dell’intervento del Fondo per il TFR, anche per i crediti di lavoro la domanda di insinuazione nello stato passivo produce gli effetti della domanda giudiziale, interrompendo la prescrizione per tutto il corso del fallimento. Pertanto, a condizione che il lavoratore abbia insinuato il proprio credito nel termine di cinque anni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, lo stesso potrà richiedere l'intervento del Fondo entro un anno dalla chiusura della procedura. Si rinvia al par. 3.4. per il dettaglio delle singole procedure.
Il termine di prescrizione non deve, in nessun caso, essere confuso con quello di cui all’art. 2, comma 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, ovvero con il «dies a quo» necessario per individuare il periodo coperto dalla garanzia del Fondo, per il quale si rinvia alle disposizioni impartite al par. 4.1.1.
Il D.Lgs. n.80/92 espressamente rinvia alle disposizioni dettate per la liquidazione del TFR per quel che riguarda i tempi di definizione[58], pertanto si rinvia al par. 3.5..
4.7. Oneri accessori (interessi e rivalutazione monetaria)
Il comma 5 dell’art. 2 del d.lgs.80/92 ha stabilito che “gli interessi e la svalutazione monetaria sono dovuti dalla data della domanda”. Pertanto, a differenza di quanto avviene per il TFR, gli oneri accessori devono essere corrisposti dalla data di presentazione della domanda amministrativa, completa di tutta la documentazione, sino alla data di effettivo soddisfo.
Le prestazioni erogate dal Fondo a titolo di crediti di lavoro, costituiscono redditi di lavoro dipendente ai sensi dell'art. 46 del T.U.I.R. e sono di conseguenza assoggettate a ritenuta alla fonte, calcolata col sistema della tassazione separata, ai sensi dell'art. 16, comma 1, lett. b) del citato T.U.I.R., qualora trattasi di emolumenti corrisposti in anni successivi rispetto a quello in cui e' maturato il diritto.
Per tale tipologia si fa espresso rinvio al par. 3.8.
Il Direttore generale
Crecco
Circolare 26 del 28 febbraio 2008
OGGETTO:
Decreto 31/08/2007 - Facoltà di riscatto di aspettativa per motivi di famiglia e adeguamento delle tabelle per l’applicazione dell’art.13 della legge 12 agosto 1962 n.1338, ai sensi dell’art.1, commi 789 e 790, della legge 27 dicembre 2006 n.296
SOMMARIO:
1.Generalità
2.Soggetti aventi diritto
3.Ambito di applicazione
a) definizione dei gravi motivi familiari
b) documentazione
4.Individuazione del periodo riscattabile
5.Adeguamento delle tabelle per l’applicazione dell’art.13 della legge 12 agosto 1962 n.1338, per i lavoratori dipendenti
L’art.1, comma 789, della legge n.296 del 27 dicembre 2006 (finanziaria 2007) ha esteso la facoltà di riscatto dei periodi di aspettativa per motivi di famiglia di cui all’art.4, comma 2, della legge 08 marzo 2000, n.53[1] anche ai periodi antecedenti al 31 dicembre 1996.
Con Decreto 31 agosto 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 258 del 06/11/2007[2], il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con il Ministro delle Politiche per la Famiglia e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha definito le modalità di esercizio della facoltà di riscatto di cui all’art.1, comma 789, citato e, con riferimento ai lavoratori dipendenti, ha adeguato le tariffe per il calcolo della riserva matematica ai fini dell’applicazione dell’art.13 della legge 12 agosto 1962, n.1338. Il decreto “entra” in vigore il 21/11/2007.
Con la presente Circolare si forniscono le istruzioni operative per l’applicazione delle disposizioni di cui all’oggetto.
La nuova facoltà di riscatto trova applicazione a decorrere dal 1°/1/2007 e quindi per le domande presentate a partire da tale data ancorché riferite a periodi antecedenti il 31/12/1996.
Hanno titolo ad esercitare la facoltà di riscatto i lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati che abbiano fruito di periodi di aspettativa per gravimotivi di famiglia antecedenti al 31 dicembre 1996 nell’ambito dello svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato.
Poiché il testo normativo si riferisce esplicitamente ai “lavoratori” dipendenti, l’accesso al riscatto è limitato ai soggetti in condizione attiva al momento della presentazione della domanda; restano pertanto esclusi i già pensionati e loro superstiti all’atto della richiesta di riscatto. Resta inteso altresì che la domanda va presentata presso l’ordinamento previdenziale nel quale risulta accreditata la contribuzione del periodo nel quale si inserisce quello di aspettativa.
Quanto alle richieste di riscatto relative ad aspettative inserite in periodi contributivi oggetto di trasferimento o ricongiunzione definiti si fa riserva di fornire ulteriori disposizioni.
Come già precisato con messaggio n. 028310 del 26/11/2007, l’art. 1, comma 3, del D.M. citato, ha previsto che i soggetti in condizione attiva al 1° gennaio 2007, divenuti titolari di pensione diretta con decorrenza compresa entro la data di entrata in vigore del decreto in esame, potevano presentare la domanda di riscatto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo (e quindi entro il 19/02/2008).
Le Sedi territoriali, già autorizzate a ricevere le domande in questione, provvederanno ora alla loro definizione sulla base delle indicazioni fornite con la presente circolare contattando gli interessati ed invitandoli a produrre la documentazione richiesta.
L’ambito di applicazione del decreto in esame è delimitato dall’art.4, comma 2, della legge n.53/2000 che ha introdotto il congedo per gravi e documentati motivi familiari e dal successivo D.M. 21 luglio 2000, n.278 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 11 ottobre 2000 n.238)[3] che ha individuato i criteri per la fruizione del congedo (art.2) nonché la documentazione da produrre (art.3).
a) definizione dei gravi motivi familiari (Art.2, comma 1, Decreto ministeriale 21/07/2000 n.278)
In particolare, l’aspettativa riscattabile dovrà essere stata fruita per gravi motivi relativi alle situazioni personali:
del lavoratore stesso;
della famiglia anagrafica di questi;
dei soggetti di cui all’articolo 433 del codice civile anche se non conviventi;
dei soggetti portatori di handicap, parenti o affini entro il terzo grado del lavoratore, anche se non conviventi.
Per gravi motivi, ai sensi del suddetto decreto ministeriale 21 luglio 2000, si intendono:
a) le necessità familiari derivanti dal decesso di una delle persone sopra indicate;
b) le situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell’assistenza delle persone sopra richiamate;
c) le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo;
d) le situazioni, riferite ai soggetti di cui sopra a esclusione del richiedente, derivanti dalle seguenti patologie:
1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post – traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;
4) patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1,2, e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.
La fruizione del periodo di aspettativa per motivi di famiglia ante 31/12/1996 deve risultare da registrazioni ufficiali quali libro paga, libro matricola, libretto di lavoro, dichiarazioni /autorizzazioni dell’epoca, rilasciate dal datore di lavoro.
Per i medesimi periodi, i lavoratori devono comprovare la ricorrenza dei gravi motivi come sopra definiti. A tal fine, all’atto della presentazione della domanda di riscatto, gli stessi devono produrre, con riferimento a ciascuno dei casi indicati, la documentazione di data certa prevista dall’art.3, commi 1, 2, e 3, del decreto 21 luglio 2000, n.278, citato.
Poiché trattasi di periodi remoti e per aspettative già godute dal lavoratore, è necessario che la documentazione probatoria sia risalente all’epoca della fruizione dell’aspettativa medesima (se di formazione successiva è comunque necessario che non vi siano elementi tali da far presumere che la stessa sia stata precostituita allo scopo di usufruire della facoltà di riscatto), in modo da fornire la prova oggettiva che siano stati proprio i “gravi motivi familiari” a giustificare la richiesta dell’aspettativa da parte del lavoratore. In via generale si esclude pertanto la possibilità di ricorrerea dichiarazioni rilasciate ora per allora, a meno che le stesse non provengano da enti o strutture pubbliche sulla base delle risultanze degli atti d’ufficio.
4. INDIVIDUAZIONE DEL PERIODO RISCATTABILE
I periodi ante 31/12/1996 ammessi a riscatto ai sensi dell’art.1, comma 789, della legge finanziaria 2007 rientrano nel limite massimo spettante a ciascun lavoratore ai sensi dell’art.4, comma 2, della legge n.53/2000 di due anni di congedo, continuativo o frazionato, per gravi e documentati motivi familiari.
Ne consegue che, qualora il lavoratore abbia già riscattato un periodo di congedo ai sensi dell’art.4, comma 2, citato o abbia beneficiato della copertura figurativa ai sensi dell’art.42, comma 5, del decreto legislativo 27 marzo 2001, n.151[4] (congedo straordinario fruito da familiari di soggetti con handicap in situazione di gravità ) il riscatto ante 31/12/1996 può essere autorizzato solo a capienza, nel rispetto del limite massimo dei due anni nell’arco della vita lavorativa.
La facoltà di riscatto in esame può essere poi esercitata solo in corrispondenza di periodi che non risultino già coperti da altra tipologia di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, da riscatto) nelle varie gestioni pensionistiche, nelle quali gli interessati siano titolari di conto assicurativo.
Su tale presupposto, gli interessati dovranno attestare ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, la scopertura contributiva del periodo oggetto di riscatto nelle diverse gestioni assicurative.
5. ADEGUAMENTO DELLE TABELLE PER L’APPLICAZIONE DELL’ART.13 DELLA LEGGE 12/08/1962 n.1338 PER I LAVORATORI DIPENDENTI
A decorrere dal 21 novembre 2007, data di entrata in vigore del decreto 31 agosto 2007, le tariffe di cui al decreto ministeriale 19 febbraio 1981 per il calcolo della riserva matematica ai fini dell’applicazione dell’art.13 della legge 12/08/1962 n.1338, sono adeguate nelle misure contenute nelle tabelle allegate allo stesso decreto[5].
Per le domande presentate in data anteriore a quella di entrata in vigore del decreto, e non ancora definite, continuano ad applicarsi le tariffe approvate con il decreto ministeriale 19 febbraio 1981, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.129 del 13 maggio 1981 (v. circ. n. 146 del 6/7/1981).
Per quanto attiene i lavoratori autonomi, in attesa che venga emanato apposito decreto di adeguamento, continuano ad applicarsi le tariffe pubblicate con decreto ministeriale 29 febbraio 1988 (v. Atti Ufficiali marzo 1988 – pag. 701).
Tanto premesso, si conferma che le domande di riscatto dei periodi di aspettativa per motivi di famiglia di cui all’art. 1, comma 789, della legge n. 296/2006, oggetto della presente Circolare, non possono avere decorrenza anteriore al 1° gennaio 2007 e, a migliore precisazione di quanto indicato nel messaggio n.028310 del 26.11.2007, la definizione delle stesse dovrà avvenire sulla base delle tariffe vigenti alla data di presentazione delle relative domande.
In merito all’istituzione dei nuovi codici “Tipo pratica” ed alle ulteriori istruzioni per consentire l’acquisizione in procedura automatizzata delle nuove domande di riscatto, si fa riserva di successive comunicazioni.
Il Direttore generale
Crecco
ISTRUZIONI RELATIVE ALL'APPLICAZIONE DELLA TARIFFA PER IL CALCOLO DEGLI ONERI DI RICONGIUNZIONE E DI RISCATTO NEL FONDO PENSIONI LAVORATORI DIPENDENTI DA APPLICARSI ALLE DOMANDE PRESENTATE DAL 6 NOVEMBRE 2007.
Relativamente all'uso delle tavole valgono le seguenti osservazioni generali:
1. L'importo annuo della pensione o la maggior quota di pensione potenzialmente o effettivamente acquisita a seguito dell'operazione deve essere determinata con le norme vigenti al momento in cui è proposta l'operazione. A tale data devono parimenti essere riferite le condizioni di diritto nelle quali viene a trovarsi il soggetto ad operazione acquisita.
2. Si determina l'età dell'assicurato o del beneficiario dell'operazione, con riferimento alla data alla quale l'operazione è stata proposta. L'età deve computarsi per valori interi e perciò saranno trascurate le frazioni di anno inferiori a sei mesi, mentre saranno computate per un anno le frazioni pari o superiori a sei mesi.
3. Quando l'operazione riguarda un gruppo composto da vedovo o vedova ed orfani l'età deve essere calcolata soltanto per il beneficiario principale: il vedovo o la vedova.
4. Si determina l'anzianità contributiva complessiva risultante al momento del calcolo, tenendo conto sia dei periodi regolarmente coperti da contributi sia dei periodi da riconoscere, trascurandosi anche a questo fine le frazioni di anno inferiori a sei mesi e computandosi per un anno le frazioni pari o superiori. Il calcolo dell'anzianità contributiva deve essere eseguito solo qualora l'operazione riguardi individui di condizione attiva e, in ogni caso, con riferimento alla data alla quale è proposta l'operazione stessa.
5. Si cerca il coefficiente nella sezione corrispondente al caso esaminato tenendo conto del sesso e dell'età e dell'anzianità contributiva raggiunte.
6. Si moltiplica il coefficiente trovato per l'ammontare annuo della pensione calcolata come al precedente punto 1); il prodotto ottenuto rappresenta la riserva che deve essere versata, perché possa darsi luogo al riconoscimento del periodo al quale si riferisce l'operazione.
Qualora si verifichino casi non inquadrabili in alcuna sezione prevista, come per il passato, occorrerà comunicare alla Direzione generale - Coordinamento generale statistico attuariale dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale i dati relativi all'operazione richiesta; la determinazione del coefficiente sarà effettuata utilizzando le stesse basi tecniche con le quali è stata compilata la tariffa.
Periodi di aspettativa dal /al |
Datore di lavoro |
I predetti periodi sono comprovati dalla documentazione sotto elencata (2) (3), allegata alla presente richiesta: |
1) |
2) |
3) |
^^^^^^^^^^^^^^^^^^
(1) Sono riscattabili periodi di aspettativa antecedenti al 31/12/1996 fruiti per gravi motivi di famiglia come definiti dall’art. 2, comma 1, del D.M. 21.7.2000 n. 278 e collocati nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato;
(2) Il periodo di aspettativa deve risultare da documentazione di data certa ( libri paga, libro matricola, libretto di lavoro, dichiarazioni/autorizzazioni dell’epoca rilasciate dal datore di lavoro) risalenti all’epoca di fruizione dell’aspettativa;
(3) I gravi motivi di famiglia previsti dall’art.2, comma 1, del D.M. 21.7.2000 n. 278 devono essere comprovati da documenti di data certa risalenti al periodo di fruizione dell’aspettativa.
__l__sottoscritt _/_ dichiara (4) inoltre:
Di aver già riscattato periodo di congedo straordinario non retribuito per “gravi e documentati motivi familiari” avvalendosi della facoltà prevista dall’art.4, comma 2, legge n.53/2000 |
SI |
NO |
Di aver fruito di periodi di congedo straordinario in qualità di familiare di soggetti con handicap in situazione di gravità avvalendosi della facoltà prevista dall’art.42, comma 5, decreto legislativo n.151/2001 |
SI |
NO |
Di essere titolare di periodi contributivi presso altre gestioni previdenziali (INPDAP – ENPALS – Casse Professionali – Gestioni dei lavoratori autonomi – Gestione Separata ecc. ) coincidenti, totalmente o parzialmente,con i periodi chiesti a riscatto. In caso di risposta affermativa indicare la gestione previdenziale _______________________________ |
SI |
NO |
Di aver prestato servizio militare ovvero servizio ad esso equiparato. In caso di risposta positiva allegare foglio matricolare, stato di servizio o autocertificazione |
SI |
NO |
Di avere in corso pratiche di regolarizzazione contributiva presso la Sede di _______________________________ |
SI |
NO |
Di aver chiesto il trasferimento/la ricongiunzione dei periodi contributivi presso _________________/ in data ____/____/________ |
SI |
NO |
Di essere titolare di pensione diretta (anzianità, vecchiaia) In caso di risposta affermativa indicare la decorrenza _____/_________ |
SI |
NO |
Di aver presentato domanda di pensione a ___________________ (indicare l’Ente, se diverso da INPS) in data ____/____/________ |
SI |
NO |
Data ___________ Firma ___________________________________
^^^^^^^^^^^^^^^^^^
(4) Le dichiarazioni sono rese ai sensi del DPR 445/2000 con piena assunzione di responsabilità in ordine a quanto in esse contenuto.
Informativa sul trattamento dei dati personali
(Art. 13 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, recante “Codice in materia di protezione dei dati personali”)
L’Inps con sede in Roma, via Ciro il Grande, 21, in qualità di Titolare del trattamento, la informa che tutti i dati personali che la riguardano, compresi quelli sensibili e giudiziari, raccolti attraverso la compilazione del presente modulo, saranno trattati in osservanza dei presupposti e dei limiti stabiliti dal Codice, nonché dalla legge e dai regolamenti, al fine di svolgere le funzioni istituzionali in materia previdenziale, fiscale, assicurativa, assistenziale e amministrativa su base sanitaria.
Il trattamento dei dati avverrà, anche con l’utilizzo di strumenti elettronici, ad opera di dipendenti dell’Istituto opportunamente incaricati e istruiti, attraverso logiche strettamente correlate alle finalità per le quali sono raccolti; eccezionalmente potranno conoscere i suoi dati altri soggetti, che forniscono servizi o svolgono attività strumentali per conto dell’Inps e operano in qualità di Responsabili designati dall’Istituto. Il loro elenco completo ed aggiornato è disponibile sul sito www.inps.it.
I suoi dati personali potranno essere comunicati, se strettamente necessario per la definizione della pratica, ad altri soggetti pubblici o privati, tra cui Istituti di credito o Uffici Postali, altre Amministrazioni, Enti o Casse di previdenza obbligatoria.
Il conferimento dei dati è obbligatorio e la mancata fornitura potrà comportare impossibilità o ritardi nella definizione dei procedimenti che la riguardano.
L’Inps la informa, infine, che è nelle sue facoltà esercitare il diritto di accesso previsto dall’art. 7 del Codice, rivolgendosi direttamente al direttore della struttura territorialmente competente all’istruttoria della presente domanda; se si tratta di un’ agenzia, l’istanza deve essere presentata al direttore provinciale o subprovinciale, anche per il tramite dell’ agenzia stessa.
ALLEGATO 5
RISCATTO PERIODI DI ASPETTATIVA PER GRAVI MOTIVI DI FAMIGLIA
(art. 1, comma 789, legge 27 dicembre 2006, n. 296)
All’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale Sede /Agenzia di ____________________ |
_l_ sottoscritt_ |
nat_ il |
Cognome e nome
a |
provincia |
Comune di nascita
codice fiscale |
residente in |
CAP |
via o frazione e numero civico
comune |
provincia |
Comune di residenza
avvalendosi della facoltà prevista dall’articolo 1, comma 789, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e dal Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 31 agosto 2007 |
CHIEDE
il riscatto dei periodi di aspettativa per gravi motivi di famiglia di cui all’art.4, comma 2, della legge n.53/2000 fruiti prima del 3.12.1996
di seguito indicati (1) :
%%A%%
[1] Vedi Allegato n.1
[2] Vedi Allegato n.2
[3] Vedi allegato n.3
[4] I periodi di congedo ex art.42, comma 5, del decreto legislativo 27 marzo 2001, n.151 rientrano nel limite massimo spettante a ciascun lavoratore ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della legge 53/2000 (Circolari INPS n.64/01; 85/02; 147/02)
[5] Vedi Allegato n.4
Circolare 63 del 28 Maggio 2008
OGGETTO:
Integrazioni salariali ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato. Requisito minimo occupazionale: art. 8 della legge n.457/72
SOMMARIO:
- Corte di Cassazione: pronunce n.16235/2002 e n.453/2003
- Art. 8 della legge n.457/72
- Calcolo delle giornate di infortunio, malattia, assenza obbligatoria per gravidanza e puerperio ai fini del raggiungimento del requisito occupazionale di oltre 180 giornate lavorative
La Corte di Cassazione con le pronunce n. 16235 del 2002 e n. 453 del 2003 ha innovato il precedente indirizzo della Corte stessa risalente alla sentenza n. 4098 del 1981 in materia di calcolo delle giornate di infortunio, malattia, assenza obbligatoria per gravidanza e puerperio ai fini del raggiungimento del requisito occupazionale di oltre 180 giornate lavorative presso la stessa azienda richiesto dall'art. 8 della legge n. 457/72 per beneficiare delle integrazioni salariali in favore di lavoratori agricoli a tempo indeterminato.
Il mutamento giurisprudenziale – comportante la rilevanza per il conseguimento del predetto requisito occupazionale (180 giorni) oltre che del lavoro effettivo, anche delle giornate per le quali esista una causa legittima di sospensione del rapporto di lavoro (cfr. art. 2110 cod. civ.) – va ricondotto alla nota e progressiva tendenza del sistema normativo della previdenza agricola (sia negli aspetti rivolti ai datori di lavoro, sia in quelli concernenti i lavoratori) a confluire nel sistema previdenziale generale, con conseguente estensione al primo di regole già in vigore per quest’ultimo.
In particolare, la citata giurisprudenza dei primi anni ’80 volta dal rilievo alle sole giornate di lavoro effettivamente prestato da parte dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato, rinvenire una sua ragion d’essere nel sistema di rilevazione del lavoro agricolo all’epoca vigente, imperniato sul meccanismo degli elenchi anagrafici – la cui tenuta era affidata allo S.C.A.U. – nei quali venivano registrati unicamente le giornate di impiego effettivo. Successivamente, l’avvenuta soppressione dello S.C.A.U. ad opera della legge 23 marzo 1994, n. 724 e l’attribuzione delle relative funzioni all’Istituto e, circostanza ancor più rilevante, l’avvenuta soppressione degli elenchi anagrafici in relazione ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato (art. 13 del D.Lgs. n. 375 del 1993), hanno fatto venir meno le ragioni che ostacolavano una compiuta rilevazione per tale categoria anche delle giornate per le quali sussistevano cause di legittima sospensione del rapporto di lavoro, portando dunque a una valorizzazione delle stesse ai fini che qui interessano.
Incidentalmente, per completezza, si segnala che l’analogo processo di assimilazione ai fini previdenziale tra il lavoro effettivo e le cause di legittimo impedimento della prestazione lavorativa (art. 2110 cod. civ.) aveva interessato, nell’ambito del lavoro non agricolo, il trattamento speciale di disoccupazione di cui all’art. 8, comma 1°, della legge 5 novembre 1968 n. 115, per il quale occorreva un trimestre di lavoro effettivo (Cass. 6 novembre 1992, n. 12039).
Le considerazioni di ordine generale sopra evidenziate impongono di adeguare le norme interne all’indicato orientamento giurisprudenziale.
Si chiarisce, inoltre, che in tema di mancato raggiungimento del requisito occupazionale dei 180 giorni, le relative controversie intentate dal singolo lavoratore, vertendo su situazioni giuridiche configurabili quali diritti soggettivi, sono di competenza del Giudice ordinario, e la relativa azione giudiziaria soggiace ai termini di cui all'art. 47, c. 3, del D.P.R. n. 639/70, come sostituito dall'art. 4 della legge 438/2002, essendo l'integrazione salariale agricola un trattamento previdenziale la cui erogazione è affidata alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti di cui all'art. 24 legge 88/89, norma alla quale l'art. 47 fa espresso rinvio.
Tutto ciò premesso, le Direzioni dell’Istituto, in sede di verifica del requisito occupazionale di oltre 180 giornate di lavoro effettivo, di cui all’art. 8 delle legge n.457 del 1972, comprenderanno come utili anche le giornate di infortunio, malattia e assenza obbligatoria per gravidanza o puerperio.
Le Direzioni potranno riesaminare tutti i casi di specie ancora pendenti, intendendosi come tali quelle situazioni giuridiche per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato o estinzione del diritto per prescrizione.
Il Direttore generale
Crecco
Circolare 21 del 22 febbraio 2008
Oggetto:
Ricostruzione della posizione assicurativa dei soggetti rimpatriati dall’Albania, ai sensi dell’art. 1, comma 1164, della legge 27 dicembre 2006, n. 296
1 ) Preambolo
L’art. 1, comma 1164 (allegato 1), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria per il 2007, pubblicata su G. Uff. n. 299 del 27.12.2006) riconosce, a decorrere dall’anno 2008, ai cittadini italiani rimpatriati dall’Albania la facoltà di ottenere a domanda, dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, la ricostruzione, nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, delle posizione assicurative relative a periodi di lavoro dipendente ed autonomo effettivamente svolti nel predetto Paese dall’ 1 gennaio 1955 al 31 dicembre 1997.
Con Decreto del Ministro del lavoro e della Previdenza Sociale del 31 luglio 2007 (allegato 2), pubblicato su G. Uff. - Serie Generale - n. 231 del 4.10.2007, sono state disciplinate le modalità di attuazione della menzionata disposizione.
2 ) Presentazione della domanda e periodi riconoscibili
La facoltà di ricostruire la posizione assicurativa relativa ai periodi di lavoro svolti in Albania può essere esercitata a decorrere dal 1.1.2008. Eventuali istanze presentate in epoca antecedente devono essere pertanto considerate come pervenute alla predetta data.
Il diritto alla ricostruzione riguarda periodi di lavoro dipendente ed autonomo effettivamente svolti in Albania dall’1 gennaio 1955 al 31 dicembre 1997.
Il beneficio della ricostruzione della posizione assicurativa non può essere riconosciuto, peraltro, per i periodi di lavoro autonomo in Albania anteriori all’inizio, in Italia, dell’obbligo assicurativo nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi. Non è perciò consentito il riconoscimento dei periodi:
gennaio 1955/dicembre 1956, nella Gestione C.D./C.M.;
gennaio 1955/dicembre 1958 nella Gestione Artigiani;
gennaio 1955/dicembre 1964 nella Gestione Commercianti.
3 ) Soggetti e condizioni soggettive
L’art. 1, comma 1, del Decreto Ministeriale 31 luglio 2007 elenca tassativamente i soggetti che possono avvalersi della facoltà di ricostruzione della posizione assicurativa e le condizione soggettive.
3.1) Rimpatrio
Per ottenere la ricostruzione della posizione assicurativa l’interessato dovrà dimostrare di essere stato rimpatriato in Italia dall’Albania entro il 31.12.1997.
Per la prova delle condizioni di rimpatrio l’interessato dovrà esibire, in originale o copia autenticata da pubblico ufficiale, documentazione rilasciata dalle competenti Autorità Consolari Italiane o un’attestazione del Ministero degli Esteri.
3.2) Soggetti
I soggetti a cui è data facoltà di ricostruire laposizione assicurativa corrispondente ai periodi di attività lavorativa svolta in Albania sono:
a) cittadini italiani in possesso della cittadinanza italiana entro il 31.12.1997;
b) coniugi, di cittadinanza italiana, dei soggetti di cui alla lettera a);
c) discendenti in linea retta, di cittadinanza italiana dei soggetti di cui alla lettera a);
d) coniugi, di cittadinanza italiana, dei soggetti di cui alla lettera c).
L’interessato dovrà esibire in originale o copia autenticata da pubblico ufficiale la documentazione comprovante le condizioni inerenti a stato civile, anagrafico e di cittadinanza proprio e, a seconda delle situazioni personali sopra elencate, del coniuge e dell’ascendente.
In particolare, nel caso in cui la condizione soggettiva del richiedete corrisponda a quella indicata ai punti B), C) sarà necessario che l’interessato produca, a corredo della domanda, anche la documentazione comprovante lo stato di cittadinanza relativo al soggetto di cui alla lettera A) .
Nel caso in cui la condizione soggettiva del richiedete corrisponda invece a quella indicata al punto D) sarà necessario che l’interessato produca, a corredo della domanda, anche la documentazione comprovante lo stato di cittadinanza e familiare relativo al soggetto di cui alla lettera A) e al soggetto di cui alla lettera C).
In sostituzione della citata documentazione l’interessato potrà rilasciare dichiarazione sostitutiva di certificazione e dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 445 del 28.12.2000.
4) Prova dei periodi di lavoro
L’art. 1, comma 2, del D.M. 31 luglio 2007 stabilisce che, a corredo della domanda di ricostruzione della posizione assicurativa, gli interessati debbano produrre idonea documentazione, di data certa, comprovante i periodi di lavoro dipendente ed autonomo effettivamente svolti in Albania dall’1.1.1955 al 31.12.1997.
Il richiedente ha l’onere di esibire documentazione, in originale o copia autenticata da pubblico ufficiale, idonea a dimostrare l’esistenza, la durata e le caratteristiche del lavoro.
La prova dell’esistenza, della durata e delle caratteristiche del lavoro potrà essere provata anche mediante certificazioni, attestati e dichiarazioni rilasciate ora per allora da Autorità consolari e/o Enti Pubblici Italiani ovvero Albanesi. Tali attestati, certificazioni e dichiarazioni dovranno necessariamente riportare le fonti documentali sulla cui base gli stessi sono stati rilasciati.
L’interessato deve essere invitato a fornire la traduzione dei documenti redatti in lingua straniera. La traduzione fornita dal richiedente deve recare la convalida dell’autorità diplomatica o consolare Albanese ovvero dei traduttori italiani a ciò autorizzati.
Avverso eventuale provvedimento di reiezione è ammesso ricorso al Comitato Amministratore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti ed ai Comitati Amministratori delle gestioni interessate.
5 ) Effetti della ricostruzione
La ricostruzione della posizione assicurativa nell’AGO dà titolo al riconoscimento, ai fin del calcolo della pensione, di un’anzianità contributiva corrispondente al periodo effettivamente lavorato in Albania, e comporta l'accredito di un valore pari al minimale di retribuzione/reddito vigente in Italia per i rispettivi settori nei periodi interessati dalla ricostruzione. La qualifica di appartenenza dovrà essere individuata confrontando le indicazioni contenute nel documento prodotto dagli interessati con quella maggiormente corrispondente in Italia secondo il principio di maggior favore per l’interessato/a.
Relativamente ai soggetti che durante la loro permanenza in Albania hanno esercitato attività autonoma come artigiani o commercianti dovrà essere riconosciuto nella rispettiva Gestione speciale - per ciascun mese o frazione di mese di attività lavorativa svolta in qualità di titolare o di collaboratore - il minimale mensile di reddito in vigore in Italia nel periodo cui l'accredito si riferisce, determinato secondo i criteri fissati dalla legge 2 agosto 1990, n. 233 e successive modificazioni ed integrazioni.
Per coloro che hanno esercitato attività come coltivatori diretti, coloni e mezzadri, l'accredito dei contributi dovrà essere effettuato in base alle norme della Gestione speciale dei C.D./C.M., accreditando 3 giornate a settimana (2 giornate per le donne ed i ragazzi fino al 1974), con attribuzione di un valore corrispondente alla prima fascia di reddito (reddito medio convenzionale giornaliero per n° giornate riconosciute) in vigore in ciascuno degli anni interessati dalla ricostruzione.
La ricostruzione è riconosciuta entro i limiti dell’anzianità contributiva massima valutabile nel sistema pensionistico italiano ed ha effetto dalla data di decorrenza della prestazione pensionistica. A tale proposito si precisa che - laddove i contributi in questione siano determinanti per il perfezionamento del diritto a pensione - questa non potrà avere decorrenza anteriore al primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda di ricostituzione della posizione assicurativa.
Per coloro che, alla data di entrata in vigore della norma, risultino già titolari di pensione, la contribuzione riconosciuta che si collochi anteriormente alla decorrenza della pensione, dà luogo alla ricostituzione del trattamento in essere con effetto dal mese successivo alla data di presentazione della domanda di ricostruzione della posizione.
La contribuzione riconosciuta ai sensi delle disposizioni in esame, riferita a periodi successivi alla decorrenza della pensione, potrà essere utilizzata per la liquidazione di un supplemento, sussistendone le condizioni.
I titolari di pensione sociale o di assegno sociale che acquisiscano diritto alla prestazione per effetto della ricostruzione dei periodi di lavoro prestati in Albania perderanno ildiritto alla pensione o all’assegno sociale stesso dal mese di decorrenza della pensione AGO, ove venga meno il requisito reddituale.
In caso di ricongiunzione o di totalizzazione, gli effetti della ricostruzione decorreranno analogamente dalla data della domanda diricongiunzione o di totalizzazione.
Nel caso in cui i periodi per i quali viene chiesta la ricostruzione siano già stati oggetto di riscatto ai sensi dell'art. 51, comma 2, della legge 30 aprile 1969, n. 153 e successive modificazioni, l’ammontare dei relativi oneri deve essere rimborsato. In tale ipotesi, qualora il richiedente sia già titolare di una pensione calcolata valutando i periodi riscattati al predetto titolo, dovrà essere dedotta dal rimborso la quota parte relativa ai periodi già goduti della corrispondente pensione. La quota parte da porre in detrazione dalle somme oggetto di rimborso dovrà essere determinata tenendo conto degli effetti della ricostruzione dei periodi lavorati in Albania, ricostruzione che dovrà confermare il diritto alla quota di pensione relativa al periodo già oggetto di riscatto
Detta quota, inoltre, dovrà essere calcolata secondo i criteri stabiliti con circolare n. 665 R.C.V. - n. 344 B./5 del 7 gennaio 1985. I coefficienti di rendita temporanea, necessari al calcolo della riserva matematica da rimborsare, dovranno essere richiesti al Coordinamento Generale Statistico Attuariale di questa Direzione Generale, al quale le Sedi indirizzeranno le singole richieste, comunicando anche gli elementi di calcolo del valore di riscatto originario.
6) Istruzioni operative
Per la richiesta di ricostruzione della posizione assicurativa di cui al decreto in esame è stato predisposto il facsimile di domanda (allegato 3), che le Sedi avranno cura di riprodurre e di rendere disponibile per gli interessati.
La trattazione delle pratiche di ricostruzione dovrà avvenire utilizzando la procedura 3Erre. Il codice tipo pratica e la messa in linea dei programmi che ne consentiranno la trattazione e la diretta registrazione in ARPA saranno comunicati successivamente, con apposito messaggio.
7) Istruzioni contabili
In relazione alla rilevazione degli oneri derivanti dalla ricostituzione delle posizioni e alle istruzioni in materia contabile si fa riserva di fornire successive indicazioni.
Il Direttore Generale
Crecco
Allegato 1
Circolare 11 del 1° Febbraio 2008
OGGETTO:
determinazione per l’anno 2008 del limite minimo di retribuzione giornaliera ed aggiornamento degli altri valori per il calcolo di tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza ed assistenza sociale.
SOMMARIO:
1. Minimali di retribuzione per la generalità dei lavoratori
2. Retribuzioni convenzionali in genere
3. Lavoratori di società e organismi cooperativi di cui al DPR n. 602/70
4. Cooperative sociali
5. Rapporti di lavoro a tempo parziale
6. Quota di retribuzione soggetta nell’anno 2008 all’aliquota aggiuntiva di un punto percentuale ai sensi dell’art. 3-ter della legge 14.11.1992, n. 438
7. Aggiornamento del massimale annuo della base contributiva e pensionabile
8. Limite per l’accredto dei contributi obbligatori e figurativi
9. Valore degli importi che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente
10. Massimale giornaliero per i contributi di malattia e maternità dei lavoratori dello spettacolo con contratto atempo determinato
11. Rivalutazione dell’importo a carico del bilancio dello Stato per prestazioni di maternità obbligatoria
12. Regolarizzazione relativa al mese di gennaio 2008
1. Minimali di retribuzione per la generalità dei lavoratori
Il D.L. 9.10.989, n. 338, convertito in legge 7.12.1989, n. 389, sancisce all'art. 1, co. 1 che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione d'importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.
Come più volte precisato, anche i datori di lavoro non aderenti neppure di fatto alla disciplina collettiva posta in essere dalle citate organizzazioni sindacali, in forza della predetta norma, sono obbligati, agli effetti del versamento delle contribuzioni previdenziali ed assistenziali, al rispetto dei trattamenti retributivi stabiliti dalla citata disciplina collettiva.
Per trattamenti retributivi si devono intendere quelli scaturenti dai vari istituti contrattuali incidenti sulla misura della retribuzione.
Inoltre, l'art. 2, co. 25 della legge 28.12.1995, n. 549, ha introdotto una norma interpretativa precisando che:
"l'art. 1 del D.L. 9.10.1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7.12.1989, n. 389, si interpreta nel senso che, in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria." (1)
La norma di cui all'art. 1, co. 1, della legge n. 389 del 1989 non sopprime i preesistenti minimali di retribuzione giornaliera (2). Pertanto il reddito da lavoro dipendente da assoggettare a contribuzione, determinato ai sensi dell'articolo 6 del D.Lgs. n. 314 del 1997 e con l’osservanza delle disposizioni in materia di retribuzione minima imponibile di cui all'art. 1, co. 1, della legge n. 389 del 1989, deve essere adeguato, se inferiore ai minimali di retribuzione giornaliera di cui alla disciplina già vigente.
Poiché è stato accertato dall'Istat che, nell'anno 2008, la variazione percentuale ai fini della perequazione automatica delle pensioni è stata pari al 1,7 % (3) nelle tabelle A) e B) (v. allegato 1), si riportano i limiti di retribuzione giornaliera, da valere dal periodo di paga in corso all’ 1.1.2008 a seguito dell'applicazione di tale aliquota.
Si ricorda che tali limiti devono essere ragguagliati, qualora dovessero essere d'importo inferiore, a € 42,14 (9,5% dell'importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in vigore al 1.1.2008, pari a € 443,56 mensili) (4).
anno 2008
Euro
Trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fpld
443,56
Minimale giornaliero (9,5%)
42,14
1.1. Inosservanza del minimale nelle ipotesi di corresponsione da parte del datore di lavoro di trattamenti integrativi di prestazioni mutualistiche.
Si rammenta che non sussiste l’obbligo di osservare il minimale di retribuzione ai fini contributivi in caso di erogazione da parte del datore di lavoro di trattamenti integrativi di prestazioni mutualistiche d’importo inferiore al predetto limite minimo.
Si richiamano le istruzioni impartite al riguardo con le circolari in nota (5).
1.2. Minimale di retribuzione per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea (Fondo volo)
In virtù di quanto disposto dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 164/1997, recante disposizioni di armonizzazione della normativa del Fondo volo a quella vigente nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (IVS), la retribuzione imponibile per il personale iscritto al predetto Fondo, è determinata, a decorrere dal 1.1.1998, ai sensi dell’art. 12 della Legge n. 153/69 e successive modificazioni e integrazioni.
Il decreto legislativo in commento prevede inoltre al comma 10 dell’articolo 1 l’applicazione per il personale iscritto al Fondo volo delle disposizioni dell’art. 1 , comma 1, del D.L. 9.10.989, n. 338, convertito in legge 7.12.1989, n. 389 (minimo contrattuale) valide per la generalità dei lavoratori (vedi punto 1).
In assenza di contratti collettivi nazionali di lavoro, precisa la norma (secondo periodo del comma 10), “i limiti minimi di retribuzione imponibile per ciascuna categoria professionale sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie professionali che concorrono al Fondo. A tali limiti vanno comunque adeguate le retribuzioni contrattuali che risultino inferiori agli stessi.”
In applicazione della citata disposizione con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (G.U. n. 180 del 3.08.2000) sono stati stabiliti i limiti minimi di retribuzione imponibile mensile per ciascuna categoria professionale interessata (6).
La retribuzione imponibile ai fini contributivi del personale iscritto al Fondo volo, determinata secondo le suesposte modalità, non può essere, in ogni caso, inferiore al limite minimo di retribuzione giornaliera (si veda la nota 4).
Per l’anno 2008 detta retribuzione è pari a € 42,14 .
2. Retribuzioni convenzionali in genere
Ai fini dell’individuazione del limite minimo di retribuzione giornaliera per le retribuzioni in argomento occorre riferirsi a quanto disposto dall’art. 1 del D.L. n. 402 del 1981, convertito in legge n. 537 del 1981, il quale fissa, per tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale, ivi compresa la misura giornaliera dei salari medi convenzionali, una retribuzione minima di € 5,16 (7). Il limite minimo di retribuzione giornaliera per le retribuzioni in argomento, già fissato a seguito degli adeguamenti annuali in € 20,72 (8) é pari, per l’anno 2008, a € 23,41.
anno 2008: retribuzioni convenzionali in genere
Euro
Retribuzione giornaliera minima
23,41
2.1. Retribuzioni convenzionali per gli equipaggi delle navi da pesca (legge n. 413 del 1984).
Per quanto attiene alle retribuzioni convenzionali degli equipaggi delle navi da pesca disciplinati dalla legge 26.7.1984, n. 413, si rinvia alle istruzioni fornite con circolare n. 62 del 2/5/2006.
2.2. Retribuzione convenzionale per i pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne associati in cooperativa (legge n. 250 del 1958).
Per i soci delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13.3.1958, n. 250, la retribuzione convenzionale per l'anno 2008 è fissata in € 585,00 mensili (23,41x25gg.).
anno 2008: soci delle cooperative della piccola pesca
Retribuzione convenzionale mensile
Euro
585,00
2.3. Lavoratori a domicilio.
Il limite minimo di retribuzione giornaliera per la categoria in epigrafe varia in relazione all'aumento dell'indice medio del costo della vita in applicazione dell'art. 22 della legge n. 160 del 1975. Pertanto, considerato che il predetto indice è pari per l’anno 2008 al 1,7 %, il limite minimo di retribuzione giornaliera per i lavoratori a domicilio già fissato in € 20,72 è pari, per il 2008, a € 23,41 (9). Detto limite deve essere comunque ragguagliato a € 42,14 (10).
Si rammenta che anche per i lavoranti a domicilio trova applicazione l’art.1, co. 1, della legge n. 389 del 1989.
3. Lavoratori di società ed organismi cooperativi di cui al DPR 30.4.1970, n.602
Come è noto, a decorrere dal 1° gennaio 2007 (11) la retribuzione imponibile, ai fini del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, per i lavoratori in oggetto deve essere determinata secondo le norme previste per la generalità dei lavoratori (art. 6 del D.Lgs. n. 314 del 1997 e art. 1, comma 1, del D.L. 9.10.989, n. 338, convertito in L. n. 389/89).
Si veda il paragrafo 1 della presente circolare.
4. Cooperative sociali
Come già illustrato con circolare n. 56 del 9 marzo 2007, l’art. 1, comma 787, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007) ha previsto, per il periodo 2007-2009, un sistema di graduale aumento della retribuzione imponibile ai fini contributivi per la categoria dei lavoratori soci di cooperative sociali finalizzato all’equiparazione della contribuzione previdenziale ed assistenziale dei predetti lavoratori a quella dei dipendenti da impresa.
In particolare la norma in esame prevede che la retribuzione giornaliera imponibile debba essere, a partire dall’anno 2007, aumentata nella misura percentuale prestabilita per ciascun anno di riferimento.
Per l’anno 2008 detta percentuale è pari al 60%.
Per le modalità di calcolo della retribuzione giornaliera imponibile e dell’aumento percentuale si vedano rispettivamente i punti 4.1. e 4.2. della presente circolare.
La disposizione in commento, come chiarito nella predetta circolare n. 56/2007, trova applicazione per i lavoratori soci delle seguenti tipologie di cooperative:
1. lavoratori soci delle cooperative sociali di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) della legge n. 381/91 ;
2. lavoratori soci delle cooperative operanti nell’area dei servizi socio-assistenziali, sanitari e socio-educativi ;
3. lavoratori soci di altre cooperative operanti in settori ed ambiti territoriali per le quali siano stati adottati, ai sensi dell’art. 35 del T.U.A.F., i decreti ministeriali ai fini del versamento dei contributi di previdenza e assistenza sociale.
4.1. Retribuzione giornaliera imponibile da assumere ai fini del calcolo dell’aumento percentuale.
Per i lavoratori soci delle cooperative sociali interessate dall’applicazione delle nuova disciplina di cui all’art. 1, comma 787, della legge n.296/2006, la retribuzione giornaliera da prendere come riferimento ai fini del calcolo dell’aumento percentuale è quella fissata dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 35 del TUAF.
Relativamente ai lavoratori soci delle cooperative sociali di cui all’art. 1 , comma 1, lett. a) della legge 381/91 (punto 1 del precedete paragrafo) e per quelli delle cooperative operanti nell’area dei servizi socio-assistenziali, sanitari e socio-educativi (punto 2) detta retribuzione, nel rispetto di quanto stabilito dal D.M. 22/09/2000 (12), al fine di assicurare una copertura assicurativa pari a 52 settimane annue, non può essere inferiore, su base annua, al 40% del trattamento minimo di pensione a carico del FPLD.
Detto trattamento minimo per l’anno 2008 ammonta a € 443,56, il 40% risulta pari ad una retribuzione settimanale di € 177,42 (v. paragrafo 8). .
Pertanto l’imponibile giornaliero convenzionale , per l’anno 2008, è pari a € 29,57 (177,42 :6).
Sono fatti salvi, in ogni caso, gli imponibili giornalieri più elevati determinati con i decreti ministeriali ex art. 35 del TUAF.
4.2. Modalità di calcolo dell’aumento della retribuzione giornaliera imponibile.
Ai sensi di quanto stabilito dall’art. 1, comma 787, della legge n. 296/2006, la retribuzione giornaliera, individuata come indicato al punto 4.1., deve essere aumentata, per l’anno 2008, ai fini del calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali, del 60%.
Come disposto dalla norma in commento il calcolo dell’incremento retributivo deve essere effettuato sulla differenza esistente tra la predetta retribuzione giornaliera imponibile e il corrispondente minimo contrattuale giornaliero di cui all’art. 1, comma 1, del decreto legge n. 338/1989 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 389/1989.
Si precisa che il predetto minimo contrattuale deve intendersi riferito soltanto agli elementi retributivi, desumibili dalla contrattazione collettiva nazionale di settore o della categoria affine, costituiti da paga-base, indennità di contingenza e dall’elemento distinto della retribuzione (EDR) trattandosi di un percorso convenzionale di adeguamento (13) .
La percentuale di aumento determinata secondo le predette modalità deve poi essere sommata alla retribuzione giornaliera imponibile determinata come indicato al punto 4.1.
ANNO 2008
calcolo della retribuzione imponibile
cooperative sociali
1. Minimo contrattuale giornaliero ( paga base + EDR + indennità di contingenza)
2. Retribuzione giornaliera imponibile ex D.M.*
3. differenza retributiva (importo di cui al punto 1 – importo di cui al punto 2)
4. incremento retributivo anno 2008 (60% dell’importo di cui al punto 3)
5. retribuzione giornaliera imponibile anno 2008 = somma degli importi di cui ai punti 2 e 4
* per i lavoratori soci delle cooperative sociali di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) della legge n. 381/91 e quelli delle cooperative operanti nell’area dei servizi socio-assistenziali, sanitari e socio-educativi la retribuzione non può essere inferore al 40% del trattamento minimo di pensione.
4.3. Periodo di occupazione media mensile.
Per le cooperative sociali rientranti nell’ambito di applicazione del D.M. 22 settembre 2000 (punti 1 e 2 del paragrafo 4.) per tutto il triennio (2007-2009) di graduale innalzamento della retribuzione imponibile il periodo di occupazione media mensile non può essere inferiore alle 26 giornate.
Per le restanti cooperative sociali (punto 3 del paragrafo 4.) continuano a trovare applicazione, per tutta la durata del percorso di adeguamento, i periodi di occupazione media mensile fissati dai decreti ministeriali di cui all’art. 35 del TUAF.
5. Rapporti di lavoro a tempo parziale
Si rammenta che anche per i rapporti di lavoro a tempo parziale trova applicazione l'art. 1, co. 1 della legge n. 389 del 1989 (14), ferma restando la nozione di retribuzione imponibile definita dall'art. 6 del D.Lgs. n. 314 del 1997. La retribuzione così determinata deve peraltro essere ragguagliata, se inferiore, a quella individuata dall’ art. 1, co. 4 della legge n. 389 del 1989, confermato dall'art. 9 del D.Lgs. n. 61 del 2000.
Dette norme stabiliscono un apposito minimale di retribuzione oraria applicabile ai fini contributivi per i rapporti di lavoro a tempo parziale, a decorrere dall’1.1.1989 (15).
In linea generale, nell’ipotesi di orario normale di 40 ore settimanali, il procedimento del calcolo è il seguente:
(€ 42,14) x (6) / (40) = € 6,32
6. Art. 3-ter della legge 14.11.1992, n. 438. Quota di retribuzione soggetta nell'anno 2008 all'aliquota aggiuntiva di un punto percentuale
A decorrere dall’1.1.1993, è dovuta un’aliquota aggiuntiva a carico del lavoratore nella misura di un punto percentuale sulle quote di retribuzione eccedenti il limite della prima fascia di retribuzione pensionabile (16) in favore di tutti i regimi pensionistici che prevedano aliquote contributive a carico del lavoratore inferiori al 10%.
La prima fascia di retribuzione pensionabile è stata determinata per l'anno 2008 in € 40.765,00.
Pertanto a decorrere dall’1.1.2008 l'aliquota aggiuntiva dell’1% deve essere applicata sulla quota di retribuzione eccedente il limite annuo di € 40.765,00 che, rapportato a dodici mesi, è pari a € 3397,00.
anno 2008
Euro
Prima fascia di retribuzione pensionabile annua
40.765,00
Importo mensilizzato
3397,00
Si ribadisce che ai fini del versamento del contributo aggiuntivo in questione deve essere osservato il criterio della mensilizzazione (17).
7. Aggiornamento del massimale annuo della base contributiva e pensionabile
Il massimale annuo della base contributiva e pensionabile previsto dall'art. 2, co. 18, della legge 8.8.1995, n. 335, per i nuovi iscritti dal 1° gennaio 1996 a forme pensionistiche obbligatorie e per coloro che optano per la pensione con il sistema contributivo (18) rivalutato in base all'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato nella misura del 1,7 %, è pari, per l'anno 2008, a € 88.669, 31 che arrotondato all’unità di euro è pari a € 88.669,00.
anno 2008
Euro
Massimale annuo della base contributiva
88.669,00
Si rammenta che dall’1.1.2003 è stato soppresso il massimale contributivo, di cui all’art.3, comma 7, del D.Lgs. n. 181/97, previsto per i dirigenti di aziende industriali .
8. Limite per l'accredito dei contributi obbligatori e figurativi
Il limite di retribuzione per l'accredito dei contributi obbligatori e figurativi (19) è fissato nella misura del 40% del trattamento minimo di pensione in vigore al 1° gennaio dell'anno di riferimento.
Detto parametro rapportato al trattamento minimo di € 443,56 per l'anno 2008 risulta, pertanto, pari ad una retribuzione settimanale di € 177,42.
anno 2008
Euro
trattamento minimo di pensione
443,56
Limite settimanale per l’accredito dei contributi (40%)
177,42
Limite annuale per l’accredito dei contributi
9225,84
L'art. 7 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, non si applica ai lavoratori della piccola pesca marittima e delle acque interne soggetti alla legge 13 marzo 1958, n. 250 (20). La legge 29.12.2001 n. 448 (finanziaria 2002) ha stabilito, all’art. 43, co. 3 l’applicazione di tale norma con effetto retroattivo a decorrere dall’entrata in vigore della legge n. 638 del 1983.
9. Importi che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente
Si riportano i predetti importi per l’anno 2008 (21) con la precisazione che si tratta degli stessi già fissati dal D.Lgs. n. 314 del 1997.
anno 2008
Lire
Euro
Erogazioni liberali (tetto)
500.000
258,23
Valore delle prestazioni e delle
indennità sostitutive della mensa
10.240
5,29
Fringe benefit (tetto)
500.000
258,23
Indennità di trasferta intera Italia
90.000
46,48
Indennità di trasferta 2/3 Italia
60.000
30,99
Indennità di trasferta 1/3 Italia
30.000
15,49
Indennità di trasferta intera estero
150.000
77,47
Indennità di trasferta 2/3 estero
100.000
51,65
Indennità di trasferta 1/3 estero
50.000
25,82
Indennità di trasferimento Italia (tetto)
3.000.000
1549,37
Indennità di trasferimento estero (tetto)
9.000.000
4648,11
Azioni offerte ai dipendenti (tetto)
4.000.000
2065,83
Per la materia si rinvia alla circolare n. 263 del 24.12.1997.
In particolare per il valore delle prestazioni e delle indennità sostitutive della mensa si veda la circolare n. 104 del 14.05.1998 e la circolare n.1 del 3 gennaio 2007 mentre per l’azionariato dei dipendenti circolare n. 11 del 22.01.2001.
10. Massimale giornaliero per i contributi di malattia e maternità dei lavoratori dello spettacolo con contratto a tempo determinato
Il massimale giornaliero, previsto dall’art. 6, comma 15, del D.L. 30.12.87 n. 536 convertito con L. 29.2.88 n. 48, da prendere a riferimento ai fini del calcolo della contribuzione di malattia e maternità dei lavoratori dello spettacolo con contratto a tempo determinato è confermato, per l’anno 2008, in € 67,14.
anno 2008
Euro
Massimale giornaliero per i contributi di malattia e maternità dei lavoratori dello spettacolo a tempo determinato
€ 67,14
11. Rivalutazione dell’importo a carico del bilancio dello Stato per prestazioni di maternità obbligatoria
Con riferimento alle istruzioni fornite con circolare n. 181 del 16.12.2002 si comunica che l’importo dell’indennità di maternità obbligatoria a carico del bilancio dello Stato ai sensi di quanto disposto dall’art. 78 del D.Lgs. 26.03.2001 n. 151, già stabilito per l’anno 2007 in € 1813,08, è pari per l’anno 2008 a € 1843,90.
anno 2008
Euro
Importo a carico del bilancio dello Stato per prestazioni di maternità obbligatoria
€ 1843,90
12. Regolarizzazione relativa al mese di gennaio 2008
Le aziende che per il versamento dei contributi relativi al mese di gennaio 2008 non hanno potuto tenere conto delle disposizioni illustrate ai precedenti punti, possono regolarizzare detto periodo ai sensi della deliberazione n. 5 del Consiglio di amministrazione dell'Istituto del 26.3.1993 (22).
Detta regolarizzazione deve essere effettuata, senza oneri aggiuntivi, entro il giorno 16 del terzo mese successivo a quello di emanazione della presente circolare.
Ai fini della regolarizzazione in questione si impartiscono le seguenti istruzioni.
12.1. regolarizzazione di cui ai punti da 1) a 5).
Ai fini della compilazione del modello DM10 le aziende si atterranno alle seguenti modalità:
- calcoleranno le differenze tra le retribuzioni imponibili in vigore all’ 1.1.2008 e quelle assoggettate a contribuzione per lo stesso mese;
- le differenze così determinate saranno portate in aumento delle retribuzioni imponibili del mese in cui è effettuata la regolarizzazione, calcolando i contributi dovuti sui totali ottenuti.
12.2. regolarizzazione di cui al punto 6).
L'importo della differenza contributiva a credito dell'azienda, da restituire al lavoratore, sarà riportato in uno dei righi in bianco del quadro "D" del mod. DM10, utilizzando uno dei codici previsti al punto 4 della circolare n. 136 del 21.12.2007, in relazione alla gestione di appartenenza del lavoratore.
Il Direttore generale
Crecco
Riferimenti normativi:
(1) Si veda la circolare n. 40 del 20.2.1996.
(2) Detti minimali, come noto, devono essere rivalutati ogni anno ai sensi del co. 2 dell'art. 1 del D.L. n. 402 del 1981, convertito in legge 26.9.1981, n. 537 in relazione all'aumento dell'indice medio del costo della vita calcolato dall'Istat.
(3) Gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni sono calcolati applicando all’importo della pensione spettante alla fine di ciascun periodo la percentuale di variazione che si determina rapportando il valore medio dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all’anno precedente il mese di decorrenza dell’aumento all’analogo valore medio relativo all’anno precedente (art. 11, D.Lgs. 30.12.1992, n. 503). L’indice del 1,7% viene utilizzato ai fini contributivi per la determinazione della retribuzione imponibile al fine di consentire gli adempimenti contributivi su valori aggiornati. Detti valori acquisiranno, ai fini pensionistici, carattere di definitività a seguito dell’emanazione del previsto D.M..
(4) Si veda quanto disposto dall’art. 7 della legge 11.11. 1983, n. 638, modificato dall’art. 1, co. 2, del D.L. n. 338 del 1989, convertito nella legge n. 389 del 1989.
(5) Cir. 9674 del 06.05.78, cir. N. 806 del 21.07.1986, cir. 205 del 25.07.95, e da ultimo cir. n. 33 dell’8.02.2002 punto 1.1..
(6) Si veda la circolaren. 156/2000.
(7) La misura giornaliera dei salari medi convenzionali (in origine fissata in £ 10.000) è rivalutabile, ai sensi dell’art. 22 della legge 3.6.1975, n. 160, in relazione all'aumento dell'indice medio del costo della vita calcolato dall'Istat, fatta eccezione per gli importi che risultano determinati nell'anno precedente (o perché stabiliti per la prima volta o perché modificati).
(8) Si veda la circolare n. 100 del 22 maggio 2000.
(9) Cfr. art. 1 della legge n. 537 del 1981.
(10) Cfr.art. 7 della legge n. 638 del 1983, come modificato dall'art. 1, co. 2, del D.L. n. 338 del 1989, convertito in legge n. 389/1989.
(11) Si veda circolare n. 34 del 6 febbraio 2007.
(12) Si veda la circolare 4 dicembre 2000, n. 200.
(13) Si veda circolare n. 56 del 9 marzo 2007.
(14) In base a tale disposizione la retribuzione da prendere a base ai fini del calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.
(15) Pertanto in tale settore l’esistenza di un apposito minimale non esime dall’obbligo del rispetto, ai fini contributivi, del disposto dell’art. 1, co. 1, della legge n. 389 del 1989.Per l'illustrazione di detto criterio, si rinvia alla circolare n. 68 del 10.4.1989.
(16) Determinata ai fini dell’applicazione dell’art. 21, comma 6, della L.11.03.1988, n. 67, circolare 298 del 30.12. 1992 e circolare n. 151 del 7.7. 1993.
(17) Si veda la circolare n. 136 del 21.12.2007 punto 4.
(18) Si veda la circolare n. 136 del 21.12.2007 punto 3.
(19) Si veda l'art. 7, co. 1, primo periodo, del D.L. 12.9.1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, modificato dall'art. 1, co. 2, della legge n. 389 del 1989.
(20) Cfr.art. 69, co. 7 della legge 23.12.2000, n. 388 e circolare n. 41 del 22.02.2002.
(21) Il co. 9 dell'art. 48 del T.u.i.r., approvato con D.P.R. 22.12.1986, n. 917 (come sostituito dall’art. 3 del D.Lgs. n. 314 del 1997), ha previsto che tutti gli ammontari degli importi che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente possono essere rivalutati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri quando la variazione percentuale del valore medio dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo al periodo di 12 mesi terminante al 31 agosto, supera il 2% rispetto al valore medio del medesimo indice rilevato con riferimento allo stesso periodo dell'anno 1998.
(22) Approvata con D.M. 7.10.1993 (cfr. circolare n. 292 del 23.12.1993, punto 1).