Home Pensioni Modalità particolari di accesso alla pensione Cumulo ex dlgs 184/1997 Norme Leggi LE 1970 Legge 300 del 20 maggio 1970
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Legge 300 del 20 maggio 1970
Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della
liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale, nei luoghi di lavoro e
norme sul collocamento.
Vigente al: 3-11-2013
TITOLO I
DELLA LIBERTA' E DIGNITA' DEL LAVORATORE
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
Art. 1.
(Liberta' di opinione)
I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e
di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro
opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto
dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge.
Art. 2.
(Guardie giurate)
Il datore di lavoro puo' impiegare le guardie particolari giurate,
di cui agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con
regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, soltanto per scopi di tutela
del patrimonio aziendale.
Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o
fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio
aziendale.
E' fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza
sull'attivita' lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali
non possono accedere nei locali dove si svolge tale attivita',
durante lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per
specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo
comma, in caso di inosservanza da parte di una guardia particolare
giurata delle disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato
del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione dal
servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del
prefetto nei casi piu' gravi.
Art. 3.
(Personale di vigilanza)
I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla
vigilanza dell'attivita' lavorativa debbono essere comunicati ai
lavoratori interessati.
Art. 4.
(Impianti audiovisivi)
E' vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature
per finalita' di controllo a distanza dell'attivita' dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti
da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del
lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilita' di controllo a
distanza dell'attivita' dei lavoratori, possono essere installati
soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali,
oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto
di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato
del lavoro, dettando, ove occorra, le modalita' per l'uso di tali
impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano
alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo,
in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o
con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro
un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando
all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalita' di
uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai
precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le
rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la
commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al
successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla
comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale.
Art. 5.
(Accertamenti sanitari)
Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla
idoneita' e sulla infermita' per malattia o infortunio del lavoratore
dipendente.
Il controllo delle assenze per infermita' puo' essere effettuato
soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali
competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di
lavoro lo richieda.
Il datore di lavoro ha facolta' di far controllare la idoneita'
fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti
specializzati di diritto pubblico.
Art. 6.
(Visite personali di controllo)
Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate
fuorche' nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela
del patrimonio aziendale, in relazione alla qualita' degli strumenti
di lavoro o delle materie prime o dei prodotti.
In tali casi le visite personali potranno essere effettuate
soltanto a condizione che siano eseguite all'uscita dei luoghi di
lavoro, che siano salvaguardate la dignita' e la riservatezza del
lavoratore e che avvengano con l'applicazione di sistemi di selezione
automatica riferiti alla collettivita' o a gruppi di lavoratori.
Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali,
nonche', ferme restando le condizioni di cui al secondo comma del
presente articolo, le relative modalita' debbono essere concordate
dal datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali
oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto
di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato
del lavoro.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro di cui al
precedente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali
aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i
sindacati dei lavoratori di cui al successivo articolo 19 possono
ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Art. 7.
(Sanzioni disciplinari)
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in
relazione alle quali ciascuna di esse puo' essere applicata ed alle
procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a
conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a
tutti. Esse devono applicare quanto in materia e' stabilito da
accordi e contratti di lavoro ove esistano. (5)
Il datore di lavoro non puo' adottare alcun provvedimento
disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli
preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua
difesa. (5) (8)
Il lavoratore potra' farsi assistere da un rappresentante
dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. (5)
(8)
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604,
non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino
mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non
puo' essere disposta per un importo superiore a quattro ore della
retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione
per piu' di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari piu' gravi del
rimprovero verbale, non possono essere applicati prima che siano
trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto
che vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di
lavoro e ferma restando la facolta' di adire l'autorita' giudiziaria,
il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare
puo' promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo
dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato,
la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato,
composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo
membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato
dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni
dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio
rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la
sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro aderisce
l'autorita' giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino
alla definizione del giudizio.
Non puo' tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari
decorsi due anni dalla loro applicazione.
((24))
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AGGIORNAMENTO (5)
La Corte Costituzionale, con sentenza del 29-30 novembre 1982, n.
204 (in G.U. 1a s.s. 09/12/1982, n. 338), ha dichiarato
"l'illegittimita' costituzionale dei commi primo, secondo e terzo
dell'art. 7 (sanzioni disciplinari) l. 20 maggio 1970, n. 300 (norme
sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta'
sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento), interpretati nel senso che siano inapplicabili ai
licenziamenti disciplinari, per i quali detti commi non siano
espressamente richiamati dalla normativa legislativa, collettiva o
validamente posta dal datore di lavoro".
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AGGIORNAMENTO (8)
La Corte Costituzionale, con sentenza del 18-25 luglio 1989, n. 427
(in G.U. 1a s.s. 02/08/1989, n. 31), ha dichiarato "la illegittimita'
costituzionale dell'art. 7, secondo e terzo comma, della legge 20
maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei
lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei
luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nella parte in cui e'
esclusa la loro applicabilita' al licenziamento per motivi
disciplinari irrogato da imprenditore che abbia meno di sedici
dipendenti".
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AGGIORNAMENTO (24)
La L. 28 giugno 2012, n. 92, ha disposto (con l'art. 1, comma 41)
che "Il licenziamento intimato all'esito del procedimento
disciplinare di cui all'articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n.
300, oppure all'esito del procedimento di cui all'articolo 7 della
legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dal comma 40 del
presente articolo, produce effetto dal giorno della comunicazione con
cui il procedimento medesimo e' stato avviato, salvo l'eventuale
diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennita'
sostitutiva; e' fatto salvo, in ogni caso, l'effetto sospensivo
disposto dalle norme del testo unico delle disposizioni legislative
in materia di tutela della maternita' e della paternita', di cui al
decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Gli effetti rimangono
altresi' sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio
occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza
della procedura si considera come preavviso lavorato".
Art. 8.
(Divieto di indagini sulle opinioni)
E' fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come
nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare
indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose
o sindacali del lavoratore, nonche' su fatti non rilevanti ai fini
della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.
Art. 9.
(Tutela della salute e dell'integrita' fisica)
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di
controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca,
l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la
loro salute e la loro integrita' fisica.
Art. 10.
(Lavoratori studenti)
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di
studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di
qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente
riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio
legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai
corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni
di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono
sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi
giornalieri retribuiti.
Il datore di lavoro potra' richiedere la produzione delle
certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e
secondo comma.
Art. 11.
( Attivita' culturali, ricreative e assistenziali ((e controlli sul
servizio di mensa)) )
Le attivita' culturali, ricreative ed assistenziali promosse
nell'azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza dai
rappresentanti dei lavoratori.
((Le rappresentanze sindacali aziendali, costituite a norma
dell'articolo 19, hanno diritto di controllare la qualita' del
servizio di mensa secondo modalita' stabilite dalla contrattazione
collettiva)).
Art. 12.
(Istituti di patronato)
Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per l'adempimento
dei compiti di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello
Stato 29 luglio 1947, n. 804, hanno diritto di svolgere, su un piano
di parita', la loro attivita' all'interno dell'azienda, secondo le
modalita' da stabilirsi con accordi aziendali.
Art. 13.
(Mansioni del lavoratore)
L'articolo 2103 del codice civile e' sostituito dal seguente:
"Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le
quali e' stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria
superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni
equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna
diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni
superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente
all'attivita' svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove
la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore
assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo
fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre
mesi. Egli non puo' essere trasferito da una unita' produttiva ad
un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive.
Ogni patto contrario e' nullo".
TITOLO II
DELLA LIBERTA' SINDACALE
Art. 14.
(Diritto di associazione e di attivita' sindacale)
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di
svolgere attivita' sindacale, e' garantito a tutti i lavoratori
all'interno dei luoghi di lavoro.
Art. 15.
(Atti discriminatori)
E' nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che
aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di
farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di
qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti
disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua
affiliazione o attivita' sindacale ovvero della sua partecipazione ad
uno sciopero.
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresi' ai
patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa,
razziale, di lingua o di sesso ((, di handicap, di eta' o basata
sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni personali)).
Art. 16.
(Trattamenti economici collettivi discriminatori)
E' vietata la concessione di trattamenti economici di maggior
favore aventi carattere discriminatorio a mente dell'articolo 15.
Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti e' stata
attuata la discriminazione di cui al comma precedente o delle
associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato,
accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al pagamento, a
favore del fondo adeguamento pensioni, di una somma pari all'importo
dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente
corrisposti nel periodo massimo di un anno.
Art. 17.
(Sindacati di comodo)
E' fatto divieto ai datori di lavoro e alle associazioni di datori
di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o
altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.
Art. 18.
((Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo))
((Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullita' del
licenziamento perche' discriminatorio ai sensi dell'articolo 3 della
legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col
matrimonio ai sensi dell'articolo 35 del codice delle pari
opportunita' tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11
aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di
cui all'articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della
maternita' e della paternita', di cui al decreto legislativo 26 marzo
2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perche'
riconducibile ad altri casi di nullita' previsti dalla legge o
determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo
1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o
non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di
lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che
sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. La
presente disposizione si applica anche ai dirigenti. A seguito
dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende
risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta
giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia
richiesto l'indennita' di cui al terzo comma del presente articolo.
Il regime di cui al presente articolo si applica anche al
licenziamento dichiarato inefficace perche' intimato in forma orale.
Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna
altresi' il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal
lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la
nullita', stabilendo a tal fine un'indennita' commisurata all'ultima
retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento
sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto
percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre
attivita' lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non
potra' essere inferiore a cinque mensilita' della retribuzione
globale di fatto. Il datore di lavoro e' condannato inoltre, per il
medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e
assistenziali.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto
al secondo comma, al lavoratore e' data la facolta' di chiedere al
datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di
lavoro, un'indennita' pari a quindici mensilita' dell'ultima
retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la
risoluzione del rapporto di lavoro, e che non e' assoggettata a
contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennita' deve essere
effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della
sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio,
se anteriore alla predetta comunicazione.
Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli
estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa
addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato
ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una
sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti
collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il
licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel
posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennita'
risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal
giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione,
dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di
estromissione, per lo svolgimento di altre attivita' lavorative,
nonche' quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza
alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura
dell'indennita' risarcitoria non puo' essere superiore a dodici
mensilita' della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro
e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e
assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della
effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura
legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata
contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo
esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel
rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella
accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre
attivita' lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi
afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati
d'ufficio alla gestione corrispondente all'attivita' lavorativa
svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al
datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il
rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia
ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di
lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennita' sostitutiva
della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma.
Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono
gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa
addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro
con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di
lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva
determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro
mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione
all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei
dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del
comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica
motivazione a tale riguardo.
Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per
violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2, comma
2, della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni,
della procedura di cui all'articolo 7 della presente legge, o della
procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e
successive modificazioni, si applica il regime di cui al quinto
comma, ma con attribuzione al lavoratore di un'indennita'
risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravita'
della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro,
tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilita' dell'ultima
retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a
tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del
lavoratore, accerti che vi e' anche un difetto di giustificazione del
licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal
presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo.
Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma
del presente articolo nell'ipotesi in cui accerti il difetto di
giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli
articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68,
per motivo oggettivo consistente nell'inidoneita' fisica o psichica
del lavoratore, ovvero che il licenziamento e' stato intimato in
violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Puo'
altresi' applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti
la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento
per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta
che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il
giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo
caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennita' tra il
minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al
quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca
di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito
della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n.
604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio,
sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento
risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari,
trovano applicazione le relative tutele previste dal presente
articolo.
Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al
datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna
sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha
avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze piu' di
quindici lavoratori o piu' di cinque se si tratta di imprenditore
agricolo, nonche' al datore di lavoro, imprenditore o non
imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa piu' di
quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito
territoriale occupa piu' di cinque dipendenti, anche se ciascuna
unita' produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali
limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non
imprenditore, che occupa piu' di sessanta dipendenti.
Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui all'ottavo
comma si tiene conto dei lavoratori assunti con contratto a tempo
indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto,
tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unita'
lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione
collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i parenti del
datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea
collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui all'ottavo
comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni
finanziarie o creditizie.
Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purche' effettuata entro
il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro
dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende
ripristinato senza soluzione di continuita', con diritto del
lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla
revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal
presente articolo)).
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo
22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi
aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del
giudizio di merito, puo' disporre con ordinanza, quando ritenga
irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore
di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente puo' essere impugnata con
reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si
applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e
sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza puo' essere revocata con la sentenza che decide la
causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo
22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al
primo comma ovvero all'ordinanza di cui ((all'undicesimo comma)), non
impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, e' tenuto
anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo
adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione
dovuta al lavoratore. (9) (23)
---------------
AGGIORNAMENTO (9)
La L. 11 maggio 1990, n. 108 ha disposto (con l'art. 4, comma 1)
che "Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, le disposizioni
degli articoli 1 e 2 non trovano applicazione nei rapporti
disciplinati dalla legge 2 aprile 1958, n. 339. La disciplina di cui
all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato
dall'articolo 1 della presente legge, non trova applicazione nei
confronti dei datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza
fini di lucro attivita' di natura politica, sindacale, culturale, di
istruzione ovvero di religione o di culto"; ha inoltre disposto (con
l'art. 4, comma 2) che "Le disposizioni di cui all'articolo 18 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo 1 della
presente legge, e dell'articolo 2 non si applicano nei confronti dei
prestatori di lavoro ultrasessantenni, in possesso dei requisiti
pensionistici, sempre che non abbiano optato per la prosecuzione del
rapporto di lavoro ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 22
dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 26
febbraio 1982, n. 54. Sono fatte salve le disposizioni dell'articolo
3 della presente legge e dell'articolo 9 della legge 15 luglio 1966,
n. 604".
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AGGIORNAMENTO (23)
Il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni
dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, ha disposto (con l'art. 6, comma
2-bis) che "L'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 18
della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, nei
confronti del prestatore di lavoro nelle condizioni previste
dall'articolo 4, comma 2, della legge 11 maggio 1990, n. 108, e'
comunque prorogata fino al momento della decorrenza del trattamento
pensionistico di vecchiaia spettante al prestatore medesimo".
TITOLO III
DELL'ATTIVITA' SINDACALE
Art. 19.
(Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali)
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad
iniziativa dei lavoratori in ogni unita' produttiva, nell'ambito:
a) LETTERA ABROGATA DAL D.P.R. 28 LUGLIO 1995, N. 312 A SEGUITO
DI REFERENDUM POPOLARE.
delle associazioni sindacali, che siano firmatarie di contratti
collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva. ((25))
Nell'ambito di aziende con piu' unita' produttive le rappresentanze
sindacali possono istituire organi di coordinamento. (16)
-------------
AGGIORNAMENTO (16)
Il D.P.R. 28 luglio 1995, n. 312 ha disposto (con l'art. 1, comma
2) che l'abrogazione di cui alla lettera a) e l'abrogazione parziale
di cui alla lettera b) del presente articolo hanno effetto decorsi
sessanta giorni dalla data di pubblicazione del medesimo decreto
nella Gazzetta Ufficiale.
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AGGIORNAMENTO (25)
La Corte Costituzionale, con sentenza 3 - 23 luglio 2013, n. 231
(in G.U. 1a s.s. 31/7/2013, n. 31), ha dichiarato "l'illegittimita'
costituzionale dell'articolo 19, primo comma, lettera b), della legge
20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita'
dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale
nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nella parte in cui
non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere
costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non
firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva,
abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi
contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda".
Art. 20.
(Assemblea)
I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unita' produttiva in
cui prestano la loro opera, fuori dell'orario di lavoro, nonche'
durante l'orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le
quali verra' corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni
possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva.
Le riunioni - che possono riguardare la generalita' dei lavoratori
o gruppi di essi - sono indette, singolarmente o congiuntamente,
dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unita' produttiva, con
ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e
secondo l'ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al
datore di lavoro.
Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso al datore di
lavoro, dirigenti esterni del sindacato che ha costituito la
rappresentanza sindacale aziendale.
Ulteriori modalita' per l'esercizio del diritto di assemblea
possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche
aziendali.
Art. 21.
(Referendum)
Il datore di lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo
svolgimento, fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali
che per categoria, su materie inerenti all'attivita' sindacale,
indetti da tutte le rappresentanze sindacali aziendali tra i
lavoratori, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori
appartenenti alla unita' produttiva e alla categoria particolarmente
interessata.
Ulteriori modalita' per lo svolgimento del referendum possono
essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro anche aziendali.
Art. 22.
(Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali
aziendali)
Il trasferimento dall'unita' produttiva dei dirigenti delle
rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19,
dei candidati e dei membri di commissione interna puo' essere
disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di
appartenenza.
Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quarto,
quinto, sesto e settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine
del terzo mese successivo a quello in cui e' stata eletta la
commissione interna per i candidati nelle elezioni della commissione
stessa e sino alla fine dell'anno successivo a quello in cui e'
cessato l'incarico per tutti gli altri.
Art. 23.
(Permessi retribuiti)
I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui
all'articolo 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a
permessi retribuiti.
Salvo clausole piu' favorevoli dei contratti collettivi di lavoro
hanno diritto ai permessi di cui al primo comma almeno:
a) un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale
nelle unita' produttive che occupano fino a 200 dipendenti della
categoria per cui la stessa e' organizzata;
b) un dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per
ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unita' produttive
che occupano fino a 3.000 dipendenti della categoria per cui la
stessa e' organizzata;
c) un dirigente ogni 500 o frazione di 500 dipendenti della
categoria per cui e' organizzata la rappresentanza sindacale
aziendale nelle unita' produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta
al numero minimo di cui alla precedente lettera b).
I permessi retribuiti di cui al presente articolo non potranno
essere inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lettere
b) e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i
permessi retribuiti non potranno essere inferiori ad un'ora all'anno
per ciascun dipendente.
Il lavoratore che intende esercitare il diritto di cui al primo
comma deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola
24 ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali. ((1))
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AGGIORNAMENTO (1)
Il D.L. 2 marzo 1974, n. 30, convertito con modificazioni dalla L.
16 aprile 1974, n. 114, ha disposto (con l'art. 16-ter) che "I
periodi di aspettativa previsti dall'articolo 31 della legge 20
maggio 1970, n. 300, e i permessi spettanti a norma degli articoli 23
e 32 della stessa legge, sono considerati come periodi di effettivo
lavoro ai fini dell'applicazione delle norme sugli assegni familiari
di cui al testo unico 30 maggio 1955, n. 797, o della corresponsione
di altri trattamenti per i familiari a carico comunque denominati".
Art. 24.
(Permessi non retribuiti)
I dirigenti sindacali aziendali di cui all'articolo 23 hanno
diritto a permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative
sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non
inferiore a otto giorni all'anno.
I lavoratori che intendano esercitare il diritto di cui al comma
precedente devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di
regola tre giorni prima, tramite le rappresentanze sindacali
aziendali.
Art. 25.
(Diritto di affissione)
Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere,
su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di
predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all'interno
dell'unita' produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a
materie di interesse sindacale e del lavoro.
Art. 26.
(Contributi sindacali)
I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere
opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali
all'interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale
svolgimento dell'attivita' aziendale.
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 28 LUGLIO 1995, N. 313 A SEGUITO DI
REFERENDUM POPOLARE)).
((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 28 LUGLIO 1995, N. 313 A SEGUITO DI
REFERENDUM POPOLARE)).
Art. 27.
(Locali delle rappresentanze sindacali aziendali)
Il datore di lavoro nelle unita' produttive con almeno 200
dipendenti pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze
sindacali aziendali, per l'esercizio delle loro funzioni, un idoneo
locale comune all'interno della unita' produttiva o nelle immediate
vicinanze di essa.
Nelle unita' produttive con un numero inferiore di dipendenti le
rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne
facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI VARIE E GENERALI
Art. 28.
(Repressione della condotta antisindacale)
Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti
ad impedire o limitare l'esercizio della liberta' e della attivita'
sindacale nonche' del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi
locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano
interesse, il pretore del luogo ove e' posto in essere il
comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le
parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente
la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro,
con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del
comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L'efficacia esecutiva del decreto non puo' essere revocata fino
alla sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro
definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo.
Contro il decreto che decide sul ricorso e' ammessa, entro 15
giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione
davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro che decide con
sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli
articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.
Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo
comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione e'
punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.
L'autorita' giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza
penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice
penale.
((COMMA ABROGATO DALLA L. 11 APRILE 2000, N. 83)).
((COMMA ABROGATO DALLA L. 11 APRILE 2000, N. 83)).
Art. 29.
(Fusione delle rappresentanze sindacali aziendali)
Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19
si siano costituite nell'ambito di due o piu' delle associazioni di
cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo predetto,
nonche' nella ipotesi di fusione di piu' rappresentanze sindacali, i
limiti numerici stabiliti dall'articolo 23, secondo comma, si
intendono riferiti a ciascuna delle associazioni sindacali
unitariamente rappresentate nella unita' produttiva.
Quando la formazione di rappresentanze sindacali unitarie consegua
alla fusione delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo
comma dell'articolo 19, i limiti numerici della tutela accordata ai
dirigenti di rappresentanze sindacali aziendali, stabiliti in
applicazione dell'articolo 23, secondo comma, ovvero del primo comma
del presente articolo restano immutati.
Art. 30.
(Permessi per i dirigenti provinciali e nazionali)
I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle
associazioni di cui all'articolo 19 hanno diritto a permessi
retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la
partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.
Art. 31.
(Aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o
a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali).
I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o del
Parlamento europeo o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad
altre funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere
collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro
mandato.
La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a
ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.
I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono
considerati utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del
riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della
pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria di cui al
regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche
ed integrazioni, nonche' a carico di enti, fondi, casse e gestioni
per forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione
predetta, o che ne comportino comunque l'esonero.
Durante i periodi di aspettativa l'interessato, in caso di
malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei
competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime.
Le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano
qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali
per il trattamento di pensione e per malattia, in relazione
all'attivita' espletata durante il periodo di aspettativa. (1) ((15))
---------------
AGGIORNAMENTO (1)
Il D.L. 2 marzo 1974, n. 30, convertito con modificazioni dalla L.
16 aprile 1974, n. 114, ha disposto (con l'art. 16-ter) che "I
periodi di aspettativa previsti dall'articolo 31 della legge 20
maggio 1970, n. 300, e i permessi spettanti a norma degli articoli 23
e 32 della stessa legge, sono considerati come periodi di effettivo
lavoro ai fini dell'applicazione delle norme sugli assegni familiari
di cui al testo unico 30 maggio 1955, n. 797, o della corresponsione
di altri trattamenti per i familiari a carico comunque denominati".
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AGGIORNAMENTO (15)
La L. 23 dicembre 1994, n. 724 ha disposto (con l'art. 22, comma
39) che "La normativa prevista dall'articolo 31 della legge 20 maggio
1970, n. 300, e successive modificazioni, si interpreta
autenticamente nel senso della sua applicabilita' ai dipendenti
pubblici eletti nel Parlamento nazionale, nel Parlamento europeo e
nei consigli regionali".
Art. 32.
(Permessi ai lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive)
I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o
provinciale che non chiedano di essere collocati in aspettativa sono,
a loro richiesta, autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo
strettamente necessario all'espletamento del mandato, senza alcuna
decurtazione della retribuzione.
I lavoratori eletti alla carica di sindaco o di assessore comunale,
ovvero di presidente di giunta provinciale o di assessore
provinciale, hanno diritto anche a permessi non retribuiti per un
minimo di trenta ore mensili. (1) ((6))
---------------
AGGIORNAMENTO (1)
Il D.L. 2 marzo 1974, n. 30, convertito con modificazioni dalla L.
16 aprile 1974, n. 114, ha disposto (con l'art. 16-ter) che "I
periodi di aspettativa previsti dall'articolo 31 della legge 20
maggio 1970, n. 300, e i permessi spettanti a norma degli articoli 23
e 32 della stessa legge, sono considerati come periodi di effettivo
lavoro ai fini dell'applicazione delle norme sugli assegni familiari
di cui al testo unico 30 maggio 1955, n. 797, o della corresponsione
di altri trattamenti per i familiari a carico comunque denominati".
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AGGIORNAMENTO (6)
La L. 27 dicembre 1985, n. 816 ha disposto (con l'art. 28, comma 1)
che "Le disposizioni della presente legge sostituiscono le
disposizioni contenute nell'articolo 32 della legge 20 maggio 1970,
n. 300, quelle della legge 12 dicembre 1966, n. 1078, della legge 26
aprile 1974, n. 169, e della legge 18 dicembre 1979, n. 632,
limitatamente a quanto espressamente disciplinato nella presente
legge".
TITOLO V
NORME SUL COLLOCAMENTO
Art. 33.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 19 DICEMBRE 2002, N. 297))
Art. 34.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 19 DICEMBRE 2002, N. 297))
TITOLO VI
DISPOSIZIONI FINALI E PENALI
Art. 35.
(Campo di applicazione)
Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni del
titolo III, ad eccezione del primo comma dell'articolo 27, della
presente legge si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale,
ufficio o reparto autonomo che occupa piu' di quindici dipendenti. Le
stesse disposizioni si applicano alle imprese agricole che occupano
piu' di cinque dipendenti.
Le norme suddette si applicano, altresi', alle imprese industriali
e commerciali che nell'ambito dello stesso comune occupano piu' di
quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito
territoriale occupano piu' di cinque dipendenti anche se ciascuna
unita' produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali
limiti.
Ferme restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9, 14, 15, 16 e
17, i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i
principi di cui alla presente legge alle imprese di navigazione per
il personale navigante. (7) (11) ((12))
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AGGIORNAMENTO (7)
La Corte Costituzionale, con sentenza del 26 marzo-3 aprile 1987,
n. 96 (in G.U. 1a s.s. 08/04/1987, n. 15), ha dichiarato "la
illegittimita' costituzionale dell'art. 35, terzo comma, della l. 20
maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei
lavoratori e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme
sul collocamento), nella parte in cui non prevede la diretta
applicabilita' al predetto personale anche dell'art. 18 della stessa
legge".
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AGGIORNAMENTO (11)
La Corte Costituzionale, con sentenza del 17-31 gennaio 1991, n. 41
(in G.U. 1a s.s. 06/02/1991, n. 6), ha dichiarato "la illegittimita'
costituzionale dell'art. 35, terzo comma, della legge 20 maggio 1970,
n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori e
dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro), nella parte in cui
non prevede la diretta applicabilita' al predetto personale anche
dell'art. 18 della stessa legge, come modificato dall'art. 1 della
legge 11 maggio 1990, n. 108 (Disciplina dei licenziamenti
individuali)".
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AGGIORNAMENTO (12)
La Corte Costituzionale, con sentenza del 11-23 luglio 1991, n. 364
(in G.U. 1a s.s. 31/07/1991, n. 30), ha dichiarato "l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 35, terzo comma, della l. 20 maggio 1970, n.
300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori)
nella parte in cui non prevede la diretta applicabilita' al personale
navigante delle "imprese di navigazione" dei commi 1, 2 e 3 dell'art.
7 della medesima legge".
Art. 36.
(Obblighi dei titolari di benefici accordati dallo Stato e degli
appaltatori di opere pubbliche)
Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi
delle vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che
esercitano professionalmente un'attivita' economica organizzata e nei
capitolati di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche,
deve essere inserita la clausola esplicita determinante l'obbligo per
il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei
confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle
risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della
zona.
Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione
degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il
tempo in cui l'imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie
e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni
di legge.
Ogni infrazione al suddetto obbligo che sia accertata
dall'Ispettorato del lavoro viene comunicata immediatamente ai
Ministri nella cui amministrazione sia stata disposta la concessione
del beneficio o dell'appalto.
Questi adotteranno le opportune determinazioni, fino alla revoca
del beneficio, e nei casi piu' gravi o nel caso di recidiva potranno
decidere l'esclusione del responsabile, per un tempo fino a cinque
anni, da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie
o creditizie ovvero da qualsiasi appalto.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche
quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di
appalti concessi da enti pubblici, ai quali l'Ispettorato del lavoro
comunica direttamente le infrazioni per l'adozione delle sanzioni.
((18))
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AGGIORNAMENTO (18)
La Corte Costituzionale, con sentenza 1-19 giugno 1998, n. 226 (in
G.U. 1a s.s. 24/06/1998, n. 25), ha dichiarato "l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme
sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta'
sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento), nella parte in cui non prevede che, nelle concessioni
di pubblico servizio, deve essere inserita la clausola esplicita
determinante l'obbligo per il concessionario di applicare o di far
applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non
inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro
della categoria e della zona".
Art. 37.
(Applicazione ai dipendenti da enti pubblici)
Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti
di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgono
esclusivamente o prevalentemente attivita' economica. Le disposizioni
della presente legge si applicano altresi' ai rapporti di impiego dei
dipendenti dagli altri enti pubblici, salvo che la materia sia
diversamente regolata da norme speciali.
Art. 38.
(Disposizioni penali)
Le violazioni degli articoli 2, ((. . .)) 5, 6, ((. . .)) e 15,
primo comma, lettera a), sono punite, salvo che il fatto non
costituisca piu' grave reato, con l'ammenda da lire 100.000 a lire un
milione o con l'arresto da 15 giorni ad un anno.
Nei casi piu' gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono
applicate congiuntamente.
Quando, per le condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita
nel primo comma puo' presumersi inefficace anche se applicata nel
massimo, il giudice ha facolta' di aumentarla fino al quintuplo.
Nei casi previsti dal secondo comma, l'autorita' giudiziaria ordina
la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti
dall'articolo 36 del codice penale.
Art. 39.
(Versamento delle ammende al Fondo adeguamento pensioni)
L'importo delle ammende e' versato al Fondo adeguamento pensioni
dei lavoratori.
Art. 40.
(Abrogazione delle disposizioni contrastanti)
Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella
presente legge e' abrogata.
Restano salve le condizioni dei contratti collettivi e degli
accordi sindacali piu' favorevoli ai lavoratori.
Art. 41.
(Esenzioni fiscali)
Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione della
presente legge e per l'esercizio dei diritti connessi, nonche' tutti
gli atti e documenti relativi ai giudizi nascenti dalla sua
applicazione sono esenti da bollo, imposte di registro o di qualsiasi
altra specie e da tasse.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserta
nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 20 maggio 1970
SARAGAT
RUMOR - DONAT--CATTIN
- REALE
Visto, il Guardasigilli: REALE