Circolare 197 del 23 dicembre 2003
Direzione Centrale delle Prestazioni
Oggetto:
Cumulo dei trattamenti pensionistici con i redditi da lavoro autonomo e dipendente.
SOMMARIO:
Si riepilogano e coordinano le istruzioni succedutesi dal 1994 al 2003 in merito al regime di cumulo pensione-redditi da lavoro per i trattamenti di vecchiaia, anzianità, invalidità e supers
PREMESSA
A decorrere dal 1°gennaio 1994 la normativa che regola il cumulo tra pensione e redditi da lavoro autonomo e dipendente ha subìto profonde innovazioni.
La disciplina contenuta nell’art. 10 D.Lgs. 30/12/1992, n. 503 (con le modifiche di cui all’art.11 della legge 24/12/1993, n. 537) è stata parzialmente modificata dalla legge 8/8/1995, n. 335, dall’art 1, co.185-190 della legge 23/12/1996, n. 662 , dall’art. 59, comma 14 della legge 27/12/1997, n. 449, dall’art. 77 della legge 23/12/1998, n. 448, dall’art. 72 della legge 23/12/2000, n. 388 nonché, da ultimo, dall’art. 44 della legge 27/12/2002, n. 289.
La presente circolare riepiloga la regolamentazione vigente in materia di cumulo pensione-redditi da lavoro dal 1°gennaio 1994 ad oggi richiamando le circolari e i messaggi emanati nel tempo per fornire istruzioni applicative in merito.
Poiché il regime del cumulo varia secondo il tipo di reddito percepito dal pensionato (reddito da lavoro dipendente o autonomo), la tipologia del trattamento pensionistico ed il periodo di riferimento, si procederà nell’esposizione tenendo conto di queste tre variabili.
1 -INDIVIDUAZIONE DEL REDDITO DA LAVORO AUTONOMO
Per quanto riguarda l'individuazione del reddito da lavoro autonomo, stante la genericità del disposto legislativo che ha previsto la rilevanza di tale reddito ai fini del cumulo con i trattamenti pensionistici (art. 10 del D.Lgs.30/12/1992, n. 503), debbono essere presi in considerazione tutti i redditi comunque ricollegabili ad un'attività di lavoro svolta senza vincolo di subordinazione.
Rientrano pertanto nel regime di limitazioni al cumulo introdotto dall'art. 10 in parola, non solo i redditi prodotti dai coltivatori diretti, mezzadri e coloni, dagli artigiani e dagli esercenti attività commerciali, iscritti alle particolari gestioni previdenziali amministrate dall'Istituto, ma anche ogni altro reddito da lavoro autonomo, indipendentemente dalle modalità di dichiarazione a fini fiscali (circolare n. 91 del 31 marzo 1995).
Devono considerarsi, ai predetti fini, redditi da lavoro autonomo:
· i redditi di impresa connessi ad attività di lavoro.
· i compensi percepiti per l'esercizio di arti e professioni;
· i redditi prodotti dai titolari di rapporti di collaborazione continuativa e coordinata.Tali redditi debbono continuare ad essere valutati come redditi da lavoro autonomo ai fini del cumulo con i trattamenti pensionistici indipendentemente dalla innovazione introdotta dall’art. 34 della legge 21/11/2000, n. 342 che li ha ricompresi, per quanto concerne il trattamento fiscale, nei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’art. 47 del Tuir, approvato con D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001, punto 7)
· i compensi percepiti per gli altri rapporti di collaborazione, quali quelli derivanti dagli uffici di amministratore, sindaco e revisore di società ed enti, dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, dalle attività relative ad incarichi di presidente di enti o associazioni, di componente dei rispettivi consigli o comitati, ecc..
· le indennità percepite per gli incarichi di presidente e di membro di organi collegiali;
· le partecipazioni agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione, nei casi in cui l'apporto è costituito dalla prestazione di lavoro;
· i redditi derivanti dalla qualità di socio accomandante di società in accomandita semplice e di società in nome collettivo connessi ad attività di lavoro autonomo (messaggio n. 292 del 31 ottobre 2001);
Le indennità percepite dagli amministratori locali in applicazione dell’art. 82 del D.Lgs.18/08/2000, n. 267 Testo unico degli enti locali e, più in generale, tutte le indennità comunque connesse a cariche pubbliche elettive non devono essere considerate redditi da lavoro autonomo ai fini del cumulo con i trattamenti pensionistici. Quindi, non sono rilevanti ai fini del cumulo le indennità percepite dai presidenti e dai membri dei consigli regionali e quelle dei parlamentari nazionali ed europei (circolare n. 58 del 10 marzo 1998), nonché quelle relative alle cariche richiamate nei primi due commi dell’art. 82 del TUEL (messaggio n. 340 del 29 settembre 2003).
1.1 - REDDITI DA DICHIARARE
I redditi da lavoro autonomo devono essere dichiarati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali e a lordo delle ritenute erariali.
Il reddito d’impresa deve essere dichiarato al netto anche delle eventuali perdite deducibili imputabili all’anno di riferimento del reddito.
Il reddito da lavoro autonomo dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni deve essere individuato nel reddito agrario, indipendentemente dalle modalità con cui tale reddito viene dichiarato ai fini fiscali (messaggio n. 59 del 12 marzo 1997).
Dal reddito agrario può essere dedotta la contribuzione versata all’Istituto per costituire la propria posizione previdenziale ed assistenziale, ferma restando, in ogni caso, l’indeducibilità della parte di contributi che si riferisce ai lavoratori dipendenti (messaggio n. 14211 del 24 giugno 1997).
Il reddito così individuato deve essere ripartito dal capo famiglia, con apposita dichiarazione di responsabilità, tra i componenti il nucleo familiare in relazione alla quantità e qualità del lavoro svolto da ciascuno. Le quote complessivamente attribuite ai componenti il nucleo familiare non possono comunque superare il 49% del reddito, restando in tal modo attribuito al titolare dell’azienda almeno il 51% del reddito.
Tali indicazioni recepiscono il criterio stabilito dall’art. 5, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22/12/1986, n. 917, per la ripartizione, ai fini fiscali, del reddito dell’impresa familiare costituita a norma dell’art. 230-bis del codice civile.
Nei casi di mancata costituzione dell’impresa familiare, la ripartizione del reddito tra le unità attive del nucleo familiare iscritte alla gestione previdenziale dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, può essere effettuata in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, senza alcun vincolo in ordine all’ammontare della quota di reddito da riservare al capo famiglia titolare dell’azienda.
La dichiarazione di ripartizione del reddito da parte del titolare dell'azienda, richiesta ai fini fiscali per le imprese familiari, deve ritenersi non necessaria a corredo della dichiarazione individuale, in quanto la dichiarazione rilasciata dal singolo componente del nucleo è sufficiente ad attestare l'ammontare dei redditi conseguiti negli anni di interesse (messaggio n. 9333 del 15 maggio 1997).
Per quanto riguarda, infine, il reddito da lavoro autonomo degli artigiani e degli esercenti attività commerciali deve essere individuato nel reddito di impresa dichiarato ai fini IRPEF, al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Qualora ai fini fiscali l’intero reddito sia attribuito al titolare, ai fini del regime di incumulabilità della pensione il titolare dell'impresa artigiana o commerciale deve indicare la quota di pertinenza di ciascun coadiuvante o coadiutore, in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Il complesso delle quote dei collaboratori non può comunque superare il 49% del reddito di impresa (messaggio n. 59 del 12 marzo 1997).
Anche per tali assicurati valgono i criteri enunciati con riferimento agli iscritti alla gestione dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni sia per quanto concerne la validità della sola dichiarazione reddituale resa dal singolo componente senza che si renda necessaria la dichiarazione di ripartizione da parte del titolare (messaggio n. 9333 del 15 maggio 1997).
2 - PENSIONI DI VECCHIAIA
2.1 DISCIPLINA GENERALE IN VIGORE DAL 1°GENNAIO 2001.
L'art. 72 della legge 23/12/2000, n. 388 dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della medesima e delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente, indipendentemente dall’anzianità contributiva utilizzata per il riconoscimento e la liquidazione della prestazione.
A partire dalle quote di pensione in pagamento dal 1°gennaio 2001, sono pertanto interamente cumulabili con i redditi in parola anche le pensioni di vecchiaia con decorrenza anteriore.
Nulla è innovato per quanto riguarda il requisito della cessazione del rapporto di lavoro dipendente, richiesto per il diritto alla pensione di vecchiaia dall’articolo 1, comma 7, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503. Per poter conseguire la pensione di vecchiaia i lavoratori dipendenti devono quindi risolvere il rapporto di lavoro.
2.2 - DISCIPLINE PARTICOLARI
2.2.1 - PENSIONI DI VECCHIAIA CONTRIBUTIVE
In materia di cumulo con i redditi da lavoro della pensione di vecchiaia liquidata esclusivamente con il sistema contributivo trovano applicazione le disposizioni della legge 8/08/1995, n. 335.
Per i pensionati di età inferiore ai 63 anni la pensione liquidata esclusivamente con il sistema contributivo è incumulabile totalmente con i redditi da lavoro dipendente e nella misura del 50% della parte eccedente il trattamento minimo dell'assicurazione generale obbligatoria con i redditi da lavoro autonomo, fino a concorrenza con i redditi stessi (articolo 1, comma 21, della legge 8/08/1995, n. 335). Per i pensionati di età pari o superiore ai 63 anni la pensione non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente ed autonomo nella misura del 50% della parte eccedente il trattamento minimo dell'assicurazione generale obbligatoria, fino a concorrenza con i redditi stessi (articolo 1, comma 22, della legge 8/08/1995, n. 335).
2.2.2 -
CUMULO DEI TRATTAMENTI ANTICIPATI DI VECCHIAIA RICONOSCIUTI A NORMA DELL'ARTICOLO 2 DELLA LEGGE 19/12/1984, n. 863, E DELL'ARTICOLO 19 DELLA LEGGE 23/07/1991, n. 223.
Per tali trattamenti continuano a trovare applicazione le normative speciali stabilite in materia di cumulo con i redditi da lavoro di cui all’articolo 2 della legge 19/12/1984, n. 863, e all’articolo 19 della legge 23/07/1991, n. 223 (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001).
A)
Trattamenti anticipati di vecchiaia riconosciuti a norma dell'articolo 2 della legge 19/12/1984, n. 863.
Il trattamento anticipato di vecchiaia riconosciuto per effetto dell’articolo 2 della legge 19/12/1984, n. 863, ai lavoratori dipendenti da imprese che abbiano stipulato contratti di solidarietà a norma della stessa legge è cumulabile con la retribuzione, relativamente al periodo di anticipazione, nel limite massimo della somma corrispondente al trattamento retributivo perso dal lavoratore al momento della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Dalla data di compimento da parte del lavoratore dell’età pensionabile trova applicazione per le pensioni in parola il regime generale in materia di cumulo con i redditi da lavoro previsto per le pensioni di vecchiaia. Il regime generale in materia di cumulo previsto per le pensioni di vecchiaia trova del pari applicazione nel caso in cui, durante il periodo di anticipazione, venga ripristinato il rapporto di lavoro a tempo pieno nell’ambito della stessa impresa ovvero il lavoratore si occupi presso altro datore di lavoro (articolo 2 della legge 19/12/1984, n. 863; art. 10 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503; circolare n. 53634 A.G.O. n. 3534 O. del 17/04/1987; circolare n. 315 del 30 novembre 1994).
Dal 1°gennaio 2001, le pensioni di vecchiaia sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente (art. 72 della legge 23/12/2000, n.388 – circolare n. 20 del 26 gennaio 2001).
B)
Trattamenti anticipati di vecchiaia riconosciuti a norma dell’articolo 19 della legge 23/07/1991, n. 223
Il trattamento anticipato di vecchiaia riconosciuto per effetto dell’art. 19 della legge 23/07/1991, n. 223 ai lavoratori dipendenti da imprese che abbiano stipulato contratti di solidarietà a norma della stessa legge, relativamente al periodo di anticipazione è cumulabile con la retribuzione percepita in relazione al rapporto di lavoro a tempo parziale per la parte corrispondente alla differenza fra il trattamento retributivo che il lavoratore avrebbe percepito se avesse continuato a lavorare a tempo pieno e il trattamento retributivo effettivamente percepito per il lavoro svolto a tempo parziale. In sostanza, la pensione in parola è cumulabile con i redditi da lavoro percepiti dal lavoratore in relazione al rapporto di lavoro a tempo parziale entro i limiti della mancata retribuzione corrispondente alle ore prestate in meno a seguito della trasformazione del rapporto.
Dalla data di compimento dell’età pensionabile da parte del lavoratore trova applicazione, per le pensioni in parola, il regime generale in materia di cumulo con i redditi da lavoro previsto per le pensioni di vecchiaia (art. 19 della legge 23/07/1991, n. 223; art. 10 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503; circolari n. 78 del 14 marzo 1992 e n. 315 del 30 novembre 1994).
In caso di risoluzione del rapporto di lavoro a tempo parziale ovvero di ripristino nell’ambito della stessa impresa del rapporto di lavoro a tempo pieno, il trattamento pensionistico in parola viene revocato con decorrenza dal mese successivo a quello in cui si è verificata la risoluzione o il ripristino del rapporto originario. A tal fine gli interessati devono dare immediata comunicazione all’Istituto della risoluzione del rapporto di lavoro a tempo parziale ovvero del ripristino del rapporto di lavoro a tempo pieno (circolare n. 91 del 31 marzo 1995, punti 4, 4.1, 4.2).
2.3 DISCIPLINA VIGENTE ANTERIORMENTE AL 1°GENNAIO 2001
2.3.1 – Fino al 31 dicembre 1993
In base all’art. 20 del D.P.R 27/04/1968, n.488 (modificato dall’art. 20 della legge 30/04/1969, n. 153) fino al 31 dicembre 1993, salvo le esclusioni previste dalla legge, vige per le pensioni di vecchiaia un regime di incumulabilità con i redditi da lavoro dipendente per la quota eccedente il trattamento minimo.
La pensione è, invece, totalmente cumulabile con redditi da lavoro autonomo.
2.3.2 – Dal 1°gennaio 1994 al 31 dicembre 2000
Dal 1 gennaio 1994 fino al 31 dicembre 2000, le pensioni di vecchiaia non sono cumulabili con i redditi da lavoro dipendente per il 50% della quota di pensione eccedente il trattamento minimo (art.10, comma 1, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503, come modificato dall’art. 11 della legge 24/12/1993, n. 537).
Per quanto concerne, invece, i redditi da lavoro autonomo si prevedono due ipotesi:
1) nei confronti di titolari di pensione di vecchiaia con decorrenza compresa entro il31 dicembre 1994 e dei lavoratori che entro tale data hanno perfezionato i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia, trova applicazione il regime di totale cumulabilità della pensione con i redditi da lavoro autonomo previsto dall’art. 10, comma 8 del D.Lgs. 30/12/1992, n.503, come modificato dall’art 11, comma 10 della legge 24/12/1993, n. 537 (circolare n. 91 del 31 marzo 1995, punto 5);
2) le pensioni di vecchiaia aventi decorrenza successiva al 31.12.1994 sono incumulabili con i redditi da lavoro autonomo, fino a concorrenza del relativo ammontare, per il 50% della quota eccedente il trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (art. 10, comma 1, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503), salvo i casi di maturazione dei requisiti entro il 31 dicembre 1994 di cui al punto 1).
Il divieto di cumulo con i redditi da lavoro dipendente o autonomo non opera nei seguenti casi (circolare n. 91 del 31 marzo 1995, punto 1.2):
a) pensionati assunti con contratti di lavoro a termine di durata complessivamente non superiore a cinquanta giornate nell’anno solare (art. 10, comma 2, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503). L’esclusione è correlata soltanto alla durata complessiva nell’anno solare dei rapporti di lavoro instaurati sulla base di contratti a termine; in caso di superamento nel corso dell’anno delle cinquanta giornate di lavoro per effetto di più rapporti di lavoro a termine, l’esclusione dal divieto di cumulo non trova più applicazione e l’incumulabilità opera per la totalità delle giornate di lavoro effettuate (art. 10, comma 4, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503);
b) titolari di pensione di vecchiaiadalla cui attività dipendente o autonoma deriva un reddito complessivo annuo, al netto dei trattamenti di famiglia e delle quote dovute per contributi previdenziali e assistenziali, non superiore all’importo annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (art. 10, comma 2, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503). L’esclusione prescinde dalla durata e dalla tipologia dell’attività lavorativa svolta, essendo correlata esclusivamente all’entità del lavoro prodotto;
c) pensionati che svolgono la loro attività nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili promosse da enti locali ed altre istituzioni pubbliche e private (art. 10, comma 5, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503);
d) pensionati occupati in qualità di operai agricoli (art. 20, comma 5, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni);
e) pensionati occupati in qualità di addetti ai servizi domestici e familiari (art. 20, comma 5, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni);
f) pensionati occupati in qualità di agenti non di ruolo alle dipendenze delle Comunità europee da data anteriore al 1° febbraio 1991, a norma del regolamento n. 31(CEE), n. 11 (CEEA) dei Consigli, del 18 dicembre 1961, come modificato dal regolamento (CEE, EURATOM, CECA) n. 259 del Consiglio del 20 febbraio 1968, e successive modificazioni (art. 20, comma 6, del D.P.R. n. 488, come modificato dall’art. 7, comma 2, della legge n. 236 del 1993; circolare n. 558 R.C.V. del 3 aprile 1981);
g) pensionati che svolgono la funzione di giudice di pace, per le indennità percepite per l’esercizio di tale funzione (comma 4-bis, aggiunto all’art. 33 della legge 21/11/1991, n.374, dalla legge 6 dicembre 1994, n.673);
h) pensionati che svolgono la funzione di giudice onorario aggregato, per le indennità percepite per l’esercizio di tale funzione di cui all’art. 8 della legge 22/07/1997 n. 276 e successive modificazioni ed integrazioni (circolare n. 67 del 24 marzo 2000).
i) i pensionati che svolgono funzioni connesse a cariche pubbliche elettive per tutte le indennità connesse a tali funzioni (indennità disciplinate dal D.Lgs. 18/08/2000, n. 267 Testo Unico degli Enti Locali, indennità per i presidenti e i membri dei consigli regionali, per i parlamentari nazionali ed europei, etc.). Dette indennità non devono essere considerate redditi da lavoro ai fini del cumulo con la pensione.
Il divieto di cumulo non si applica alla tredicesima rata di pensione, ad eccezione degli aumenti di perequazione in cifra fissa attribuiti a norma dell’art. 10 della legge 3/06/1975, n. 160, fatto comunque salvo l’importo di pensione corrispondente al trattamento minimo (art. 20, comma 6, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni; art. 16, comma 3, della legge 21/12/1978, n. 843).
Ai fini dell’applicazione del divieto di cumulo, le pensioni e le retribuzioni si intendono al netto dei trattamenti di famiglia; dalle retribuzioni devono inoltre essere detratte le quote dovute per contributi previdenziali ed assistenziali (art. 20, comma 2, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni).
Per i lavoratori assicurati sulla base di salari medi convenzionali ai fini del divieto di cumulo con la pensione deve essere presa in considerazione la retribuzione effettivamente percepita dal pensionato, al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali calcolati sulla retribuzione convenzionale. Per il computo delle giornate per le quali deve essere operata la trattenuta, si deve fare riferimento alle giornate comunque retribuite nel corso di ciascun mese e non al periodo di occupazione media mensile convenzionale.
Le disposizioni di materia di cumulo si applicano anche alle pensioni dell’assicurazione generale obbligatoria sulle quali è esercitato il diritto di sostituzione in qualsiasi forma da parte di fondi obbligatori di previdenza gestiti dall’Istituto (art. 20, comma 3, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni).
Nei casi in cui sulle pensioni liquidate a carico dell’assicurazione generale obbligatoria è esercitato il diritto di sostituzione o rivalsa da parte di amministrazioni dello Stato e di enti locali, il divieto di cumulo trova applicazione limitatamente alla quota di pertinenza del titolare (art. 20, comma 4, del D.P.R. n. 488, e successive modificazioni).
3 - PENSIONI DI ANZIANITA'
3.1 - DISCIPLINA GENERALE IN VIGORE DAL 1°GENNAIO 2003
Con effetto dal 1°gennaio 2003, sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo o dipendente :
le pensioni di anzianità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, per le quali, alla data di decorrenza della pensione sussista un’anzianità contributiva pari o superiore a 37 anni, a condizione che il lavoratore abbia compiuto i 58 anni di età (art. 44, comma 1, della legge 27/12/2002, n. 289 – circolare n. 16 del 27 gennaio 2003).
Per stabilire se l'anzianità contributiva sia o meno pari a 37 anni ai fini dell'applicazione della nuova disciplina deve essere valutata la contribuzione utile per il diritto, ovvero se più favorevole, la contribuzione utile per la misura del trattamento pensionistico.
Ai fini del raggiungimento dei 37 anni di anzianità contributiva è ininfluente la contribuzione versata ma non ricongiunta; né vanno ricompresi i periodi per i quali viene chiesto il supplemento di pensione in quanto liquidati successivamente alla data di pensionamento.
le pensioni di anzianità liquidate con un’anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni (con effetto dal 1°gennaio 2001 ex art. 72 della legge 23/12/2000, n. 388).
Per stabilire se l’anzianità contributiva sia o meno pari a 40 anni ai fini dell’applicazione della nuova disciplina, deve essere valutata la contribuzione utile ai fini del diritto, ovvero, se più favorevole, la contribuzione utile per la misura del trattamento pensionistico, compresa la contribuzione utilizzata successivamente al pensionamento per la liquidazione di supplementi (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001, punto 3);
le pensioni di anzianità i cui titolari abbiano compiuto l'età di vecchiaia (art. 10, comma 7, del decreto 30/12/1992, n. 503 e art. 72 della legge 23/12/2000, n. 388);
Le pensioni di anzianità per le quali non ricorrono le predette condizioni sono:
- incumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 30 per cento della quota eccedente il minimo e comunque nei limiti del 30% del reddito da lavoro autonomo (regime di cumulo con i redditi da lavoro autonomo previsto dall’art. 72 della legge 23/12/2000, n. 388);
- totalmente incumulabili con i redditi da lavoro dipendente(art. 10 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503).
Agli effetti del regime di cumulo, le pensioni di anzianità sono equiparate alle pensioni di vecchiaia quando i titolari compiono l’età stabilita per il pensionamento di vecchiaia (art. 10, comma 7, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503). Al predetto fine dal 1° gennaio 1994 occorre fare riferimento ai limiti di età previsti dalla tabella A allegata al D.Lgs. 30/12/1992, n.503, come sostituita dall’articolo 11 della legge 23/12/1994, n.724.
L’equiparazione delle pensioni di anzianità alle pensioni di vecchiaia agli effetti del cumulo opera dal primo giorno del mese successivo a quello di compimento dell’età pensionabile (circolare n. 91 del 31 marzo 1995, punto 2.3).
Nulla è innovato per quanto riguarda il requisito della cessazione del rapporto di lavoro dipendente richiesto in via generale per il diritto alla pensione di anzianità dall’art.10, comma 6, del D.Lgs. 30/12/1992, n.503, nel testo sostituito dall’art.11, comma 9, della legge 24/12/1993, n. 537.
3.2 - DISCIPLINE PARTICOLARI
3.2.1 -
Pensioni di anzianità liquidate a norma dell’art.1, commi 185 e 186, della legge 23/12/1996 n. 662.
Nei confronti dei lavoratori che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e conseguono la pensione di anzianità, anche nei casi in cui facciano valere un'anzianità contributiva pari o superiore a 37 anni e 58 anni di età, ovvero 40 anni di contribuzione, restano confermate le disposizioni speciali dell'art. 1, commi 185 e 186, della legge 23/12/1996, n. 662 (circolari n. 30 del 13 febbraio 1997, n. 236 del 21 novembre 1997 e n. 16 del 27 gennaio 2003).
3.2.2 -
Possibilità di accesso al regime di cumulo di cui all'art. 44, commi 2 e 4, della legge 27/12/2002 n. 289.
Coloro che erano pensionati alla data del 1°dicembre 2002 e per i quali non sussistevano all’atto del pensionamento le condizioni che, a norma dell’art. 44, consentono la deroga al divieto di cumulo hanno potuto accedere al regime di cumulabilità totale, con effetto dal 1°gennaio 2003, subordinatamente al pagamento di una somma da versare una tantum (commi 2 e 4 dell'art. 44 della legge 27/12/2002, n. 289).
Le modalità in base alle quali effettuare il versamento sono diverse a seconda che i titolari di pensione fossero o meno in attività al 30 novembre 2002.
Coloro che erano in attività alla data del 30 novembre 2002, hanno avuto accesso al più favorevole regime previsto dall'art. 44, versando l’importo stabilito dalla legge entro il termine perentorio del 17 marzo 2003 in misura intera o rateale.
Se non in attività al 30 novembre 2002, il versamento può essere effettuato anche successivamente al 17 marzo 2003, purchè entro tre mesi dall'inizio dell'attività lavorativa, su una base di calcolo costituita dall'ultima mensilità di pensione lorda erogata nel mese precedente l'inizio dell'attività lavorativa, con la maggiorazione del 20% (circolare n. 16 del 27 gennaio 2003).
3.3 DISCIPLINA VIGENTE ANTERIORMENTE AL 1°GENNAIO 2003
3.3.1 -
Periodo compreso entro il 31 dicembre 1994 (art. 22, comma 7 della legge 30/04/1969, n. 153 e art. 7, comma 2, della legge 29/12/1990, n. 407).
circolare n. 91 del 31 marzo 1995, punto 5.2
In applicazione delle disposizioni dell’art. 22, comma 7 della legge 30/04/1969, n. 153 e successive modifiche ed integrazioni vige la totale incumulabilità delle pensioni di anzianità con i redditi da lavoro dipendente prodotti sia in Italia che all’estero.
Il divieto di cumulo delle pensioni di anzianità con i redditi da lavoro dipendente non trova applicazione nei seguenti casi:
a) pensionati occupati in qualità di operai agricoli (comma 8, aggiunto all’art. 22 della legge n. 30/04/1969, n. 153 dall’articolo 23-quinquies della legge 11/08/1972, n. 485);
b) pensionati occupati in qualità di addetti ai servizi domestici e familiari (comma 8, aggiunto all’art. 22 della legge n. 30/04/1969, n. 153, dall’art. 23-quinquies della legge 11/08/1972, n. 485);
c) pensionati occupati in qualità di agenti non di ruolo alle dipendenze delle Comunità europee da data anteriore al 1°febbraio 1991, a norma del regolamento n. 31 (CEE), n. 11 (CEEA) dei Consigli, del 18 dicembre 1961, come modificato dal regolamento (CEE, EURATOM, CECA) n. 259 del Consiglio del 20 febbraio 1968, e successive modificazioni (comma 8, aggiunto all’art. 22 della legge n. 153 del 1969, dall’articolo 23-quinquies della legge 11/08/1972, n. 485 e come modificato dall’art. 7, comma 2, della legge 29/12/1990, n. 407 e dall’art. 6, comma 8-bis, della legge n. 236 del 1993; circolare n. 558 R.C.V. del 3 aprile 1981);
La disciplina in materia di cumulo delle pensioni di anzianità vigente in tale periodo non prevede l’incumulabilità con il reddito da lavoro autonomo (circolare n. 91 del 31 marzo 1995, punto 5.2).
3.3.2 -
Periodo tra il 1°gennaio 1995 e il 30 settembre1996 (tra il 1°gennaio 1995 e il 31 dicembre 1996 per le pensioni a carico delle gestioni lavoratori autonomi) art.10 commi 6, 7, 8 del D.Lgs. 30/12/1992 n. 503 come sostituito da art.11 della legge 24/12/1993, n. 537.
circolare n. 91del 31 marzo 1995
A) Disciplina generale
Le pensioni di anzianità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi e delle forme di previdenza sostitutive, nonché i trattamenti anticipati di anzianità delle forme esclusive, non sono cumulabili con i redditi da lavoro dipendente nella loro interezza e con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 50% della quota eccedente il trattamento minimo del fondo pensioni lavoratori dipendenti (art. 10, commi 6 e 6-bis, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503, nel testo risultante dall’art. 11, comma 9, della legge 24/12/1993, n. 537). L’incumulabilità opera, in ogni caso, fino a concorrenza dell’ammontare delle retribuzioni e del reddito.
B) Esclusioni dal divieto di cumulo
Il divieto di cumulo della pensione di anzianità con i redditi da lavoro non trova applicazione nei seguenti casi:
a) pensionati che svolgono la loro attività nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili promosse da enti locali ed altre istituzioni pubbliche e private (art. 10, comma 5, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503);
b) pensionati che svolgono la funzione di giudice di pace, per le indennità percepite per l’esercizio di tale funzione (comma 4-bis, aggiunto all’art. 11 della legge 21/11/1991, n. 374, dalla legge 6/12/1994, n. 673);
C) Disciplina transitoria
Ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 1994 sono titolari di pensione, ovvero hanno raggiunto i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di anzianità, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa, se più favorevole (disciplina transitoria ex art.10, comma 8, del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503 come sostituito da art.11 della legge 24/12/1993, n. 537).
Per effetto di tale disposizione le pensioni di anzianità con decorrenza compresa entro il 31 dicembre 1994 e quelle con decorrenza successiva i cui requisiti sono stati maturati entro il 1994 continuano ad essere totalmente cumulabili con il reddito da lavoro autonomo e con i redditi da lavoro dipendente di cui alla lett. a), b) e c) del punto 3.3.1.
Il divieto di cumulo delle pensioni di anzianità con redditi da lavoro si applica anche alla tredicesima mensilità di pensione.
3.3.3 -
Periodo tra il 1°ottobre 1996 e il 31 dicembre 1997 ( tra il 1 gennaio 1997 e il 31 dicembre 1997 per le pensioni a carico delle gestioni dei lavoratori autonomi) art.1 ,commi 189 e 190, della legge 23/12/1996, n. 662.
circolare 263 del 28 dicembre 1996 circolare 26 del 10 febbraio 1997
A)Pensioni dei lavoratori dipendenti
Disciplina generale
A norma dell'art. 1, comma 189, della legge 23/12/1996, n. 662, le pensioni di anzianità liquidate con decorrenza dal 30 settembre 1996 a carico dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e delle forme di previdenza sostitutive, nonchè i trattamenti anticipati di anzianità delle forme di previdenza esclusive, non sono cumulabili, limitatamente alla quota liquidata col sistema retributivo, con i redditi da lavoro di qualsiasi natura, fino a concorrenza dei redditi stessi (circolare n.263 del 28 dicembre 1996, punto 12).
Disciplina transitoria
Ai lavoratori che alla data del 30 settembre 1996 sono titolari di pensione, ovvero che hanno maturato il requisito contributivo di 36 anni, ovvero il requisito contributivo di 35 anni unitamente a quello anagrafico di 52 anni, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa. La previgente normativa continua altresì ad applicarsi nei confronti dei lavoratori che liquidano la pensione con 40 anni di contribuzione, ovvero con l'anzianità contributiva massima prevista dall'ordinamento di appartenenza.
Sentenza Corte Costituzionale n. 416 del 27 ottobre-4novembre 1999
Con la sentenza n. 416 del 27 ottobre-4novembre 1999 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.1, comma 189, della legge 23/12/1996, nella parte in cui, con effetto sui trattamenti liquidati dal 30 novembre 1996 al 31 dicembre 1996, prevede, quanto alla quota liquidata con il sistema retributivo, il totale divieto di cumulo dei ratei della pensione di anzianità e dei trattamenti anticipati di anzianità, maturati in detto periodo, con i redditi da lavoro autonomo.
Di conseguenza per le pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria con decorrenza 1°dicembre 1996 continua a trovare applicazione la disciplina previgente alla legge n.662/1996 e cioè quella indicata dall’art.10 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503 come modificato dall’art. 11 della legge 24/12/1993, n. 537 (v. punto 3.3.2).
B) Pensioni delle gestioni dei lavoratori autonomi
Disciplina generale
A norma dell'art. 1, comma 190, della citata legge 23/12/1996, n. 662, le pensioni di anzianità liquidate con decorrenza dal 1°gennaio 1997 a carico delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi non sono cumulabili nella misura del 50% con i redditi da lavoro autonomo, fino a concorrenza dei redditi stessi.
Disciplina transitoria
Ai lavoratori che alla data del 30 settembre 1996 sono titolari di pensione ovvero hanno maturato il requisito contributivo di 35 anni unitamente a quello anagrafico di 55 anni continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa.
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Ai fini della disciplina transitoria di cui alle lettere A) e B) si ricorda che la PREVIGENTE NORMATIVA prevede la totale cumulabilità con i redditi da lavoro autonomo delle pensioni di anzianità con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1995, nonchè delle pensioni di anzianità con decorrenza successiva al 31 dicembre 1994 liquidate in favore di lavoratori che abbiano maturato entro il 1994 i requisiti di assicurazione e di contribuzione richiesti per il diritto alla pensione in tale anno. Per i lavoratori che liquidano la pensione di anzianità con decorrenza successiva al 1994, avendo maturato i relativi requisiti successivamente al 1994, non e' cumulabile con i redditi da lavoro autonomo la meta' della quota di pensione eccedente il trattamento minimo (art. 10 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503, nel testo modificato dall'art. 11, commi 9 e 10, della legge 24/12/1993, n. 537).
In sintesi, per il periodo di cui trattasi, si richiama il contenuto del messaggio n. 28476 del 10 febbraio 1997 (allegato 1).
3.3.4 - Periodo dal 1°gennaio al 31 dicembre 1998 (art. 59, comma 14 della legge 27/12/1997, n. 449)
L'art. 59, comma 14, della legge 27/12/1997, n. 449 stabilisce che le quote dei trattamenti pensionistici di anzianità eccedenti il trattamento minimo del FPLD non sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 50% fino alla concorrenza dei redditi stessi.
Per i trattamenti liquidati in data precedente al 1°gennaio 1998 si applica la disciplina previgente, se più favorevole.
Per la disciplina previgente più favorevole applicabile alle pensioni con decorrenza anteriore al 1°gennaio 1998 si rinvia ai punti precedenti (circolare n. 263 del 28 dicembre 1996, punto 12).
Nessuna modifica è operata dall'art. 59, comma 14 della legge 27/12/1997, n. 449 al regime di totale incumulabilità con i redditi da lavoro dipendente previsto dall'art. 10 commi 6 e 6-bis del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503.
3.3.5 - Periodo dal 1°gennaio 1999 al 31 dicembre 2000 ( art. 77 della legge 23/12/1998, n. 488)
circolare n. 22 dell’8 febbraio 1999
A)Disciplina generale delle pensioni di anzianità con anzianità contributiva pari a superiore a 40 anni
A decorrere dal 1° gennaio 1999, secondo quanto stabilito dall’art. 77 della legge 23/12/1998 n. 488, il cumulo con i redditi da lavoro dipendente ed autonomo delle pensioni dirette liquidate con qualunque decorrenza a carico del regime generale dei lavoratori dipendenti, delle gestioni dei lavoratori autonomi e delle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria e con anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni è disciplinato dalle disposizioni contenute nell’articolo 10 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503 in materia di cumulo con i predetti redditi delle pensioni di vecchiaia, indipendentemente dal compimento dell’età pensionabile.
Le pensioni di anzianità liquidate con un’anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni sono pertanto incumulabili con i redditi da lavoro dipendente ed autonomo, fino a concorrenza del relativo ammontare, nella misura del 50% della quota di pensione che supera il trattamento minimo.
Ai fini dell’anzianità contributiva di 40 anni deve essere considerata tutta la contribuzione utile per la misura del trattamento pensionistico, anche se utilizzata successivamente al pensionamento per la liquidazione di supplementi.
Per le prestazioni il cui diritto risulti perfezionato con almeno 40 anni di contribuzione ma che risultino calcolate sulla base di un'anzianità contributiva inferiore, condizione sufficiente, ai fini dell'applicazione della normativa in parola, è il raggiungimento dei 40 anni di contribuzione, indipendentemente dalla circostanza che tale anzianità risulti conseguita ai soli fini del diritto a pensione e non per la misura della prestazione (messaggio n. 4233 del 23 luglio 1999 – Allegato 2).
Per le pensioni di anzianità liquidate con anzianità contributiva inferiore a 40 anni, continuano ad essere operanti le specifiche disposizioni in materia di cumulo di cui al punto 3.3.4.
Nulla è innovato per quanto riguarda il requisito della cessazione del rapporto di lavoro dipendente, richiesto per il diritto alla pensione di anzianità anche nei casi di anzianità contributiva pari a 40 anni (art. 10, comma 6 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503 nel testo sostituito dall’art. 11, comma 9, della legge 24/12/1993, n. 537).
B) Esclusioni dal divieto di cumulo
Per effetto del richiamo operato dall’art. 77 della legge 23/12/1998, n. 448 all’art. 10 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503, che prevede talune esclusioni dal divieto di cumulo delle pensioni di vecchiaia con i redditi da lavoro, tali esclusioni trovano applicazione anche per le pensioni di anzianità liquidate con un’anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni. In particolare il divieto di cumulo con i redditi da lavoro non trova applicazione nei casi di:
a. pensionati assunti con contratti di lavoro a termine di durata complessivamente non superiore a cinquanta giornate nell’anno solare. L’esclusione in parola è correlata soltanto alla durata complessiva nell’anno solare dei rapporti di lavoro instaurati sulla base di contratti a termine; in caso di superamento nel corso dell’anno delle cinquanta giornate di lavoro per effetto di più rapporti di lavoro a termine, l’esclusione dal divieto di cumulo non trova più applicazione e l’incumulabilità opera per la totalità delle giornate di lavoro effettuate;
b. pensionati dalla cui attività dipendente o autonoma deriva un reddito complessivo annuo, al netto dei trattamenti di famiglia e delle quote dovute per contributi previdenziali e assistenziali, non superiore all’importo annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti. L’esclusione in parola prescinde dalla durata e dalla tipologia dell’attività lavorativa svolta, essendo correlata esclusivamente all’entità del reddito prodotto;
c. pensionati che svolgono la loro attività nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili promosse da enti locali ed altre istituzioni pubbliche e private;
d. pensionati occupati in qualità di operai agricoli;
e. pensionati occupati in qualità di addetti ai servizi domestici e familiari;
f. pensionati occupati in qualità di agenti non di ruolo alle dipendenze delle Comunità europee da data anteriore al 1° febbraio 1991, a norma del regolamento n. 31 (CEE), n. 11 (CEEA) dei Consigli, del 18 dicembre 1961, come modificato dal regolamento (CEE, EURATOM, CECA) n. 259 del Consiglio del 20 febbraio 1968, e successive modificazioni (art. 6, comma 8-bis, della legge n. 236 del 1993; circolare n. 558 R.C.V. del 3 aprile 1981);
g. pensionati che svolgono la funzione di giudice di pace, per le indennità percepite per l’esercizio di tale funzione (comma 4-bis, aggiunto all’art. 11 della legge 21/11/1991, n. 374, dalla legge 6/12/1994, n. 673);
h. pensionati che svolgono funzioni connesse a cariche pubbliche elettive per tutte le indennità comunque connesse (indennità disciplinate dal D.Lgs. 18/08/2000, n. 267 Testo Unico degli Enti Locali, indennità per i presidenti e i membri dei consigli regionali, per i parlamentari nazionali ed europei, ecc.). Dette indennità non devono essere considerate redditi da lavoro ai fini del cumulo con i trattamenti pensionistici (circolare n.58 del 10 marzo 1998, punto 2.1).
C)Disposizioni derogatorie
L'art. 11, comma 10, della legge 24/12/1993, n. 537 stabilisce che nei confronti dei titolari di pensione di vecchiaia che hanno maturato entro il 1994 i requisiti di assicurazione e di contribuzione richiesti in tale anno per il diritto alla pensione di vecchiaia trova applicazione il previgente regime di totale cumulabilità della pensione con il reddito da lavoro autonomo.
Per effetto dell’art. 77 della legge 23/12/1998, n. 448 trova applicazione anche per i titolari di pensione di anzianità con anzianità contributiva superiore a 40 anni, che hanno maturato entro il 1994 i requisiti di assicurazione e di contribuzione richiesti in tale anno per il diritto alla pensione di vecchiaia, il regime di totale cumulabilità della pensione con il reddito da lavoro autonomo (circolare n. 22 dell’8 febbraio 1999, punto 2.3).
D)Disciplina speciale
Le disposizioni dell’art. 77 della legge 23/12/1998, n. 488 non si applicano alle pensioni liquidate ai lavoratori che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, per i quali restano confermate le disposizioni speciali dell’art.1, commi 185 e 186, della legge 23/12//1996, n. 662.
3.3.6 - Periodo dal 1°gennaio 2001 al 31 dicembre 2002 (art. 72 della legge 23/12/2000, n. 388)
circolare n. 20 del 26 gennaio 2001
A) Pensioni liquidate con una anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni
A decorrere dal 1° gennaio 2001 le pensioni di anzianità, le pensioni o assegni di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi con un’anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente.
Per stabilire se l’anzianità contributiva sia o meno pari a 40 anni ai fini dell’applicazione della nuova disciplina, deve essere valutata la contribuzione utile ai fini del diritto, ovvero, se più favorevole, la contribuzione utile per la misura del trattamento pensionistico, compresa la contribuzione utilizzata successivamente al pensionamento per la liquidazione di supplementi (circolare n. 22 dell’8 febbraio 1999 e messaggio n. 4233 del 23 luglio 1999).
Anche per le pensioni con decorrenza anteriore al 1°gennaio 2001 con un’anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni, le rate spettanti dal 1°gennaio 2001 sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo o dipendente.
Nulla è innovato per quanto riguarda il requisito della cessazione del rapporto di lavoro dipendente, richiesto per il diritto alla pensione di anzianità dall’art. 10, comma 6, del D.Lgs. 30/12/1992 n.503, nel testo sostituito dall’art. 11, comma 9, della legge 24/12/1993, n. 537 (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001, punto 3)
B) Pensioni di anzianità liquidate con un’anzianità contributiva inferiore a 40 anni
A decorrere dal 1° gennaio 2001 le pensioni di anzianità, le pensioni o assegni di invalidità con qualunque decorrenza a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi, liquidate con un’anzianità contributiva inferiore a 40 anni sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 70% della quota eccedente il minimo.
La relativa trattenuta non può, peraltro, superare il valore pari al 30% del reddito da lavoro autonomo.
E’ pertanto incumulabile con i redditi da lavoro autonomo il 30% della quota di pensione che supera il trattamento minimo fino a concorrenza del 30% del reddito da lavoro autonomo.
Per le pensioni con decorrenza anteriore al 1° gennaio 2001, alle rate spettanti dal 1° gennaio 2001 si applica la nuova disciplina, se più favorevole rispetto alla previgente.
Nulla è innovato in materia di cumulo delle pensioni liquidate con anzianità contributiva inferiore a 40 anni con i redditi da lavoro dipendente.
In conclusione, dal 1°gennaio 2001 le pensioni di anzianità:
· liquidate con almeno 40 anni di contributi, sono interamente cumulabili con il reddito da lavoro autonomo e dipendente;
· liquidate con meno di 40 anni:
a) sono totalmente incumulabili con i redditi da lavoro dipendente;
b) sono incumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 30% della quota eccedente il trattamento minimo, entro i limiti del 30% del reddito (dunque cumulabili per il 70%).
Per i trattamenti liquidati in data precedente al 1°gennaio 2001 si applica la relativa previgente disciplina se più favorevole.
Dal mese successivo al compimento dell’età pensionabile da parte del titolare, sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro dipendente ed autonomo anche le pensioni di anzianità liquidate con un’anzianità contributiva inferiore a 40 anni (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001, punto 5).
C)
Disciplina speciale di cumulo con la retribuzione delle pensioni di anzianità liquidate nei confronti dei lavoratori che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Restano confermate le disposizioni speciali dell'art.1, commi 185 e 186, della legge 23/12/1996, n. 662 concernenti la disciplina del cumulo con la retribuzione della pensione di anzianità liquidata nei confronti dei lavoratori che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, anche nei casi in cui la pensione di anzianità sia stata liquidata con un'anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001, punto 3, 4°capoverso).
A tali pensioni non si applicano pertanto le disposizioni dell’art. 72 della legge 23/12/2000, n. 388 anche se liquidate con 40 anni di contribuzione.
4.PENSIONI ED ASSEGNI DI INVALIDITA’
La disciplina che regola il cumulo per tale tipologia di trattamenti pensionistici varia a seconda dei periodi di riferimento.
Si riporta, nei paragrafi che seguono, la regolamentazione così come succedutasi in seguito all’emanazione delle varie leggi intervenute in materia, dal D.Lgs. 30/12/1992, n. 503 alla legge 23/12/2000, n. 388, tenendo conto che, per effetto dell’ultimo capoverso dell’art. 72, comma 2 della legge n. 388, parte di tale previgente normativa, in quanto più favorevole, continua ad avere efficacia per le pensioni con decorrenza anteriore al 1°gennaio 2001, anche per le rate di pensione spettanti da tale data.
4.1 DISCIPLINA IN VIGORE DAL 1°GENNAIO 2001 (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001)
4.1.1 -
Pensioni e assegni di invalidità liquidati con una anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni.
Per effetto dell’art. 72 della legge 23/12/2000, n. 388, le pensioni e gli assegni di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi con un’anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente (circolare n. 22 dell’8 febbraio 1999 e messaggio n. 4233 del 23 luglio 1999).
Restano peraltro confermate le disposizioni di cui all’art. 1, comma 42, della legge 8/08/1995 n. 335, secondo cui all’assegno di invalidità, nei casi di cumulo con i redditi da lavoro dipendente, autonomo o di impresa, si applicano le riduzioni di cui alla tabella G allegata alla predetta legge.
Ciò in quanto l’art. 1, comma 2, della legge n. 335, dispone, tra l’altro che le successive leggi della Repubblica non possono introdurre eccezioni o deroghe alle disposizioni della legge n.335 se non mediante espresse modificazioni delle sue disposizioni (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001, punto 3).
4.1.2 -
Pensioni di invalidità ed assegni di invalidità liquidati con una anzianità contributiva inferiore a 40 anni.
Le pensioni e gli assegni di invalidità liquidati con un’anzianità contributiva inferiore a 40 anni, a decorrere dal 1°gennaio 2001, sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 70% della quota eccedente il minimo.
La relativa trattenuta non può peraltro superare il valore pari al 30% del reddito da lavoro autonomo.
E’ pertanto incumulabile con i redditi da lavoro autonomo il 30% della quota di pensione che supera il trattamento minimo fino a concorrenza del 30% del reddito da lavoro autonomo.
Per le pensioni con decorrenza anteriore al 1°gennaio 2001, alle rate spettanti dal 1°gennaio 2001 si applica la nuova disciplina se più favorevole di quella previgente (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001, punto 5).
In pratica, in materia di cumulo con i redditi da lavoro autonomo, continua ad applicarsi la previgente disciplina in quanto più favorevole, per le sole pensioni o assegni di invalidità con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1994. Per tali trattamenti, opera infatti il regime di cumulo totale previsto dall'art. 20 del DPR n.488 del 1968 così come richiamato dall'art. 10, comma 8, del D.Lgs. 30/12/1992 n. 503 (modificato dall'art. 11, comma 10 della legge 24/12/1993, n. 537)
Nulla è innovato in materia di cumulo della pensioni e assegni di invalidità liquidati con anzianità contributiva inferiore a 40 anni con redditi da lavoro dipendente. Si applica, in tali casi, l’art. 10 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503: sono incumulabili per il 50% della quota eccedente il trattamento minimo (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001, punto 5).
4.2 DISCIPLINA IN VIGORE FINO AL 31 DICEMBRE 2000
4.2.1 - Periodo compreso fino al 31 dicembre 1993
Non si opera alcuna trattenuta se il titolare svolge lavoro autonomo; sussiste, invece incumulabilità per la parte eccedente il trattamento minimo con redditi derivanti da lavoro dipendente. Il pensionato, pertanto ha diritto ad una quota di pensione pari al trattamento minimo (art. 20 legge 30/04/1969, n. 153).
4.2.2 - Periodo dal 1°gennaio 1994 al 31 dicembre 2000
In base all’art. 10 comma 1 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503, si applica una trattenuta sulla pensione pari al 50% della quota eccedente il trattamento minimo per i titolari di pensione o assegno che svolgano attività di lavoro dipendente o autonoma (circolare 91 del 31 marzo 1995, punto 1.1 ).
Operano le esclusioni dal divieto di cumulo di cui al punto 2.3.2 della presente circolare.
4.3 -
RIDUZIONE DEGLI ASSEGNI DI INVALIDITÀ IN PRESENZA DI REDDITI DA LAVORO (art.1, comma 42, della legge 8/08/1995, n. 335)
A partire dal 1°settembre 1995, per il disposto dell’art.1, comma 42, della legge 8/0871995, n. 335, i titolari di assegno di invalidità che percepiscono redditi da lavoro dipendente, autonomo o di impresa di importo superiore a determinati limiti subiscono, inoltre, le riduzioni di cui alla tabella G allegata alla legge n.335.
In pratica, si opera una riduzione del 25% dell’importo dell’assegno qualora il reddito sia superiore a 4 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari a 13 volte l’importo in vigore al 1°gennaio.
La percentuale di riduzione sale al 50% se il reddito è superiore a 5 volte il trattamento minimo predetto.
L'incumulabilità prevista dall'articolo 10 del D.Lgs. 30/12/1992, n. 503 e successive modifiche opera sull'importo dell'assegno risultante a seguito della riduzione effettuata a norma della legge n. 335, semprechè sia di ammontare superiore al trattamento minimo (circolare n. 234 del 25 agosto 1995, punto 2).
Quindi si applicano sull’assegno dapprima le riduzioni del 25% o 50% a seconda dei casi, e poi sull’assegno così ridotto, sempre che sia di ammontare superiore al minimo, si applicano le trattenute per il cumulo.
4.4 -
SOSPENSIONE DELLE PENSIONI DI INVALIDITA’IN PRESENZA DI REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE O AUTONOMO (Art. 8 della legge 11/11/1983, n. 638).
circolare n. 91 del 31 marzo 1995, punto 8
La corresponsione delle pensioni di invalidità aventi decorrenza anteriore al 1° agosto 1984 è sospesa nei confronti dei pensionati, di età inferiore a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia, che percepiscano redditi da lavoro dipendente, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto lavoro comunque denominati, e dei redditi da lavoro autonomo o professionale o d’impresa per un importo lordo annuo, al netto dei soli contributi previdenziali, superiore a tre volte l’ammontare del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti calcolato in misura pari a tredici volte l’importo mensile in vigore al primo gennaio di ciascun anno.
La corresponsione della pensione di invalidità sospesa è ripristinata per gli anni in cui non si verificano le condizioni di reddito che determinano la sospensione e comunque dal mese successivo a quello di compimento dell’età prevista per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti (articolo 8 della legge 11/11/1983, n. 638).
5. PENSIONI AI SUPERSTITI
Le pensioni ai superstiti sono, di norma, cumulabili con i redditi da lavoro.
Peraltro, in base all’art.16, comma 3, della legge 21/12/1978, n. 843, le pensioni ai superstiti erogate ad un unico titolare non erano cumulabili con i redditi da lavoro dipendente per la quota corrispondente agli eventuali aumenti di perequazione in cifra fissa attribuiti a norma dell'art. 10 della legge 3/06/ 1975, n. 160, fatto comunque salvo l'importo di pensione corrispondente al trattamento minimo. L'incumulabilità degli aumenti di perequazione in cifra fissa opera anche sulla tredicesima mensilità di pensione. L'incumulabilità opera, in ogni caso, fino a concorrenza dell'ammontare della retribuzione (circolare n. 91 del 31 marzo 1995, punto 3)
In applicazione delle disposizioni dell'art. 72, comma 1, della legge 23/12/2000, n. 388, a decorrere dal 1° gennaio 2001 per le pensioni ai superstiti liquidate con anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni (indipendentemente dal numero dei beneficiari) gli eventuali aumenti di perequazione in cifra fissa attribuiti a norma dell’ articolo 10 della legge 3/06/1975, n. 160, sono cumulabili con i redditi da lavoro dipendente (circolare n. 20 del 26 gennaio 2001, punto 4, capoverso 2°).
Dalla predetta data, per i trattamenti che si trovino nelle condizioni previste dall'art. 72 della legge n. 388 risultano conseguentemente superati i limiti di cumulabilità imposti dalla previgente disciplina.
In assenza di un'esplicita abrogazione, continuano invece a trovare applicazione (indipendentemente dall'anzianità contributiva) le disposizioni di cui all'art. 1, comma 41, della legge 8/08/1995, n. 335, secondo cui gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti (qualora superino il limite del trattamento minimo) sono cumulabili con i redditi del beneficiario nei limiti di cui alla Tabella F allegata alla medesima legge (circolare n. 234 del 25 agosto 1995, punto 1). Ciò anche nei casi di pensioni ai superstiti liquidate con un'anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni. Ai fini di detta cumulabilità debbono essere valutati i redditi assoggettabili all'IRPEF, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto comunque denominati e relative anticipazioni, del reddito della casa di abitazione e delle competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. Non deve essere valutato l'importo della pensione ai superstiti su cui deve essere eventualmente operata la riduzione.
AL DIRETTORE GENERALE f.f.
TOMASSINI
ALLEGATO 1: MESSAGGIO N. 28476 del 10.02.1997
DIREZIONE CENTRALE PER
LE PENSIONI
DIREZIONE CENTRALE
PER LA TECNOLOGIA INFORMATICA
ROMA, 10 FEBBRAIO 1997 AI DIRIGENTI CENTRALI E PERIFERICI
CIRCOLARE N. 26 AI COORDINATORI GENERALI, CENTRALI E
PERIFERICI DEI RAMI PROFESSIONALI
AL COORDINATORE GENERALE MEDICO
LEGALE E PRIMARI MEDICO LEGALI
E, PER CONOSCENZA,
ALLEGATI 2 AL PRESIDENTE
AI CONSIGLIERI DI AMMINISTRAZIONE
AL PRESIDENTE E AI MEMBRI DEL
CONSIGLIO DI INDIRIZZO E
VIGILANZA
AI PRESIDENTI DEI COMITATI
AMMINISTRATORI DI FONDI, GESTIONI
E CASSE
AI PRESIDENTI DEI COMITATI REGIONALI
AI PRESIDENTI DEI COMITATI
PROVINCIALI
OGGETTO: DETERMINAZIONE DELLE TRATTENUTE DELLE QUOTE DI
PENSIONE NON CUMULABILI CON I REDDITI DA LAVORO
AUTONOMO E LORO GESTIONE.
CON CIRCOLARE N. 263 DEL 28 DICEMBRE 1996, DIRAMATA IN PARI
DATA CON MESSAGGIO N. 20978, SONO STATE FORNITE LE PRIME
ISTRUZIONI IN MATERIA DI CUMULO DELLA PENSIONE CON I REDDITI
DA LAVORO AUTONOMO, SULLA BASE DI QUANTO DISPOSTO DALL'AR-
TICOLO 1, COMMI 189 E 190, DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1996, N.
662.
CON MESSAGGIO N. 24763 DEL 23 GENNAIO 1997 (ALLEGATO 1) SONO
STATI ILLUSTRATI I CRITERI AI QUALI, IN ATTESA DELL'AGGIOR-
NAMENTO DELLE PROCEDURE, LE SEDI DOVEVANO ATTENERSI PER LA
LIQUIDAZINE DELLE PENSIONI DI ANZIANITA' PER LE QUALI OPERA
IL REGIME DI INCUMULABILITA' PREVISTO DALLE NUOVE DISPOSI-
ZIONI.
A SCIOGLIMENTO DELLA RISERVA DI CUI AL PREDETTO MESSAGGIO,
SI COMUNICA CHE SONO DISPONIBILI LE PROCEDURE AGGIORNATE PER
LA DETERMINAZIONE DELLE QUOTE DI PENSIONE NON CUMULABILI CON
I REDDITI DA LAVORO AUTONOMO SULLA BASE DELLE NUOVE DISPO-
SI-ZIONI. LE PROCEDURE SONO IN CORSO DI AGGIORNAMENTO PER LA
GESTIONE DIRETTA DELLE TRATTENUTE DA OPERARE SULLA PENSIONE
IN APPLICAZIONE DEL REGIME DI INCUMULABILITA' IN PAROLA.
1 - CALCOLO DELLE QUOTE DI PENSIONE NON CUMULABILI CON I
REDDITI DA LAVORO.
VENGONO RIEPILOGATE DI SEGUITO LE MODALITA' CON LE QUALI LE
PROCEDURE DETERMINANO LE QUOTE DI PENSIONE NON CUMULABILI
CON I REDDITI DA LAVORO, DIPENDENTE E AUTONOMO, PER I
PERIODI SUCCESSIVI AL 31 DICEMBRE 1993.
PER I PERIODI ANTERIORI AL 1 GENNAIO 1994, LE QUOTE DI
PENSIONE NON CUMULABILI CON I REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE
VENGONO CALCOLATE CON LE NORME VIGENTI ANTERIORMENTE AL
DECRETO LEGISLATIVO 30 DICEMBRE 1992, N. 503.
1.1 - PENSIONI DI ANZIANITA'
1.1.1 - PENSIONI DELL'ASSICURAZIONE GENERALE OBBLIGATORIA
DEI LAVORATORI DIPENDENTI
1.1.1.1 - PENSIONI CON DECORRENZA ANTERIORE AL 1 OTTOBRE
1996
-------------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONA- QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMULABILE
MENTO REQUISITI CON I REDDITI DA LA- CON I REDDITI DA LA-
VORO DIPENDENTE VORO AUTONOMO
-------------------------------------------------------------
SI AL 31.12.1994 TUTTA LA PENSIONE NESSUNA
-------------------------------------------------------------
NO AL 31.12.1994 TUTTA LA PENSIONE META' DELLA DIFFEREN-
ZA FRA LA PENSIONE E
IL MINIMO
-------------------------------------------------------------
1.1.1.2 - PENSIONI CON DECORRENZA SUCCESSIVA AL 30 SETTEMBRE
1996
-------------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONA- QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMULABILE
MENTO REQUISITI CON I REDDITI DA LA- CON I REDDITI DA LA-
VORO DIPENDENTE VORO AUTONOMO
-------------------------------------------------------------
SI AL 30.9.1996 TUTTA LA PENSIONE LA QUOTA NON CUMULA-
BILE VIENE DETERMINA-
TA SECONDO I CRITERI
DI CUI AL PUNTO
1.1.1.1
-------------------------------------------------------------
NO AL 30.9.1996 TUTTA LA PENSIONE, TUTTA LA PENSIONE, AL
AL NETTO DELLA QUO- NETTO DELLA QUOTA
TA CONTRIBUTIVA CONTRIBUTIVA
-------------------------------------------------------------
1.1.2 - PENSIONI DELLE GESTIONI PREVIDENZIALI DEI LAVORATORI
AUTONOMI
1.1.2.1 - PENSIONI CON DECORRENZA ANTERIORE AL 1 GENNAIO
1997
-------------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONA- QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMULABILE
MENTO REQUISITI CON I REDDITI DA LA- CON I REDDITI DA LA-
VORO DIPENDENTE VORO AUTONOMO
-------------------------------------------------------------
SI AL 31.12.1994 TUTTA LA PENSIONE NESSUNA
-------------------------------------------------------------
NO AL 31.12.1994 TUTTA LA PENSIONE META' DELLA DIFFEREN-
ZA FRA LA PENSIONE E
IL MINIMO
-------------------------------------------------------------
1.1.2.2 - PENSIONI CON DECORRENZA SUCCESSIVA AL 31 DICEMBRE
1996
-------------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONA- QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMULABILE
MENTO REQUISITI CON I REDDITI DA LA- CON I REDDITI DA LA-
VORO DIPENDENTE VORO AUTONOMO
-------------------------------------------------------------
SI AL 30.9.1996 TUTTA LA PENSIONE LA QUOTA NON CUMULA-
BILE VIENE DETERMINA-
TA SECONDO I CRITERI
DI CUI AL PUNTO
1.1.2.1
-------------------------------------------------------------
NO AL 30.9.1996 TUTTA LA PENSIONE META' DELLA PENSIONE
-------------------------------------------------------------
1.2 - PENSIONAMENTI ANTICIPATI
I PENSIONAMENTI ANTICIPATI SONO CONTRADDISTINTI NEL DATA
BASE DELLE PENSIONI CON IL TERZO CARATTERE DEL CODICE NATURA
PENSIONE "X", "Y", "J", "K", "W", "Q", "P" (CAMPO GP1AF02).
1.2.1 - PENSIONAMENTI ANTICIPATI CON DECORRENZA ANTERIORE AL
1 GENNAIO 1995
-------------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONA- QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMULABILE
MENTO REQUISITI CON I REDDITI DA LA- CON I REDDITI DA LA-
VORO DIPENDENTE VORO AUTONOMON
-------------------------------------------------------------
IRRILEVANTE TUTTA LA PENSIONE NESSUNA
-------------------------------------------------------------
1.2.2 - PENSIONAMENTI ANTICIPATI CON DECORRENZA COMPRESA TRA
IL 1 GENNAIO 1995 ED IL 30 SETTEMBRE 1996
-------------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONA- QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMULABILE
MENTO REQUISITI CON I REDDITI DA LA- CON I REDDITI DA LA-
VORO DIPENDENTE VORO AUTONOMO
-------------------------------------------------------------
IRRILEVANTE TUTTA LA PENSIONE META' DELLA DIFFEREN-
ZA FRA LA PENSIONE E
IL MINIMO
-------------------------------------------------------------
1.2.3 - PENSIONAMENTI ANTICIPATI CON DECORRENZA SUCCESSIVA
AL 30 SETTEMBRE 1996
-------------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONA- QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMULABILE
MENTO REQUISITI CON I REDDITI DA LA- CON I REDDITI DA LA-
VORO DIPENDENTE VORO AUTONOMON
-------------------------------------------------------------
IRRILEVANTE TUTTA LA PENSIONE, TUTTA LA PENSIONE, AL
AL NETTO DELLA QUO- NETTO DELLA QUOTA
TA CONTRIBUTIVA CONTRIBUTIVA
-------------------------------------------------------------
1.3 - PENSIONI DI VECCHIAIA
PER LE PENSIONI DI VECCHIAIA LE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI
CUMULO CON I REDDITI DA LAVORO, DIPENDENTE E AUTONOMO,
OPERANO CON LE STESSE MODALITA' SIA CHE SI TRATTI DI TRAT-
TAMENTI A CARICO DELL'ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA DEI LAVO-
RATORI DIPENDENTI CHE DELLE GESTIONI PREVIDENZIALI DEI
LAVORATORI AUTONOMI.
1.3.1 - PENSIONI CON DECORRENZA ANTERIORE AL 1 FEBBRAIO
1995
-----------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONAMENTO QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMU-
REQUISITI CON I REDDITI DA LABILE CON I
LAVORO DIPENDENTE REDDITI DA LAVO-
RO AUTONOMO
------------------------------------------------------------
IRRILEVANTE META' DELLA DIFFEREN- NESSUNA
ZA FRA LA PENSIONE
E IL MINIMO
------------------------------------------------------------
1.3.2 - PENSIONI CON DECORRENZA SUCCESSIVA AL 31 GENNAIO
1995
-----------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONAMENTO QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMU-
REQUISITI CON I REDDITI DA LABILE CON I
LAVORO DIPENDENTE REDDITI DA LAVO-
RO AUTONOMO
------------------------------------------------------------
SI AL 31.12.1994 META' DELLA DIFFEREN- NESSUNA
ZA FRA LA PENSIONE
E IL MINIMO
------------------------------------------------------------
NO AL 31.12.1994 META' DELLA DIFFEREN- META' DELLA DIF-
ZA FRA LA PENSIONE FERENZA FRA LA
E IL MINIMO PENSIONE E IL
MINIMO
------------------------------------------------------------
IL DIVIETO DI CUMULO DELLA PENSIONE DI VECCHIAIA CON I
REDDITI DA LAVORO AUTONOMO NON OPERA NEL CASO IN CUI
DALL'ATTIVITA' DI LAVORO AUTONOMO DERIVI UN REDDITO COM-
PLESSIVO ANNUO NON SUPERIORE ALL'IMPORTO DEL TRATTAMENTO
MINIMO DI PENSIONE.
1.4 - ASSEGNI DI INVALIDITA'
1.4.1 - ASSEGNI CON DECORRENZA ANTERIORE AL 1 GENNAIO 1995
------------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONAMENTO QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMU-
REQUISITI CON I REDDITI DA LABILE CON I
LAVORO DIPENDENTE REDDITI DA LAVO-
RO AUTONOMO
------------------------------------------------------------
IRRILEVANTE META' DELLA DIFFEREN- NESSUNA
ZA FRA LA PENSIONE
E IL MINIMO
------------------------------------------------------------
1.4.2 - ASSEGNI CON DECORRENZA SUCCESSIVA AL 31 DICEMBRE
1994
------------------------------------------------------------
DATA PERFEZIONAMENTO QUOTA NON CUMULABILE QUOTA NON CUMU-
REQUISITI CON I REDDITI DA LABILE CON I
LAVORO DIPENDENTE REDDITI DA LAVO-
RO AUTONOMO
------------------------------------------------------------
IRRILEVANTE META' DELLA DIFFEREN- META' DELLA
ZA FRA LA PENSIONE DIFFERENZA FRA
E IL MINIMO LA PENSIONE E IL
MINIMO
------------------------------------------------------------
1.5 - PENSIONI DI INABILITA'
A NORMA DELL'ARTICOLO 2, COMMA 5, DELLA LEGGE 12 GIUGNO
1984, N. 222, LE PENSIONI DI INABILITA' SONO INCOMPATIBILI
CON I COMPENSI PER ATTIVITA' DI LAVORO AUTONOMO O SUBORDI-
NATO, IN ITALIA O ALL'ESTERO.
1.6 - PENSIONI AI SUPERSTITI
PER LE PENSIONI AI SUPERSTITI L'INCUMULABILITA' CON I
REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE OPERA SOLTANTO PER LE QUOTE IN
CIFRA FISSA, LIMITATAMENTE AI TRATTAMENTI EROGATI AD UNICO
TITOLARE. IN OGNI CASO VIENE FATTO SALVO IL TRATTAMENTO
MINIMO.
NESSUNA INCUMULABILITA' E' PREVISTA CON I REDDITI DA LAVORO
AUTONOMO.
1.7 - PENSIONI IN INVALIDITA'
LE PENSIONI DI INVALIDITA' LIQUIDATE IN BASE ALLA NORMATIVA
VIGENTE ANTERIORMENTE ALLA LEGGE N. 222 SONO INTEGRALMENTE
CUMULABILI CON I REDDITI DA LAVORO AUTONOMO; PER I PERIODI
ANTERIORI AL 1 GENNAIO 1994, ERANO CUMULABILI CON I REDDITI
DA LAVORO DIPENDENTE, SECONDO LA NORMATIVA VIGENTE ANTE-
RIORMENTE ALL'EMANAZIONE DEL DECRETO N. 503; PER I PERIODI
SUCCESSIVI AL 31 DICEMBRE 1993, SONO CUMULABILI CON I
REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE, PER LA PARTE CORRISPONDENTE AL
TRATTAMENTO MINIMO PIU' LA META' DELLA QUOTA ECCEDENTE IL
MINIMO STESSO.
1.8 - SITUAZIONI PARTICOLARI
LE PROCEDURE NON GESTISCONO LE SITUAZIONI PARTICOLARI, QUALI
LA TRATTENUTA PER IL LAVORO PAR-TIME, DI CUI ALLA CIRCOLARE
N. 264 DEL 4 OTTOBRE 1994; LA TRATTENUTA DA OPERARE NEI
CONFRONTI DEI LAVORATORI CHE, AVENDO CONVENUTO IL PASSAGGIO
AL TEMPO PARZIALE, ABBIANO LIQUIDATO IL TRATTAMENTO ANTICI-
PATO DI VECCHIAIA A NORMA DELL'ARTICOLO 19 DELLA LEGGE 23
LUGLIO 1991, N. 223; LA TRATTENUTA DA OPERARE NEI CONFRONTI
DEI LAVORATORI CHE, A SEGUITO DELLA TRASFORMAZIONE DEL
RAPPORTO DI LAVORO DA TEMPO PIENO A TEMPO PARZIALE, ABBIANO
LIQUIDATO LA PENSIONE DI ANZIANITA' A NORMA DELL'ARTICOLO 1,
COMMA 25, DELLA LEGGE 8 AGOSTO 1995, N. 335, OVVERO A NORMA
DELL'ARTICOLO 1, COMMA 185, DELLA LEGGE N. 662/1996.
2 - SEGNALAZIONE DEI DATI
LA DETERMINAZIONE DELLE QUOTE DI PENSIONE INCUMULABILI CON I
REDDITI DA LAVORO E' EFFETTUATA CON RIFERIMENTO ALLA CATE-
GORIA DELLA PENSIONE ED AI VALORI ACQUISITI DALLE SEDI NEI
CAMPI "REQUISITI AL 31 DICEMBRE 1994" E "REQUISITI AL 30
SETTEMBRE 1996" DEL PANNELLO MNLAN20.
IL POSSESSO DEI REQUISITI ALLE PREDETTE DATE DEVE ESSERE
ACCERTATO CON LA MASSIMA SCRUPOLOSITA'.
NON E' PREVISTA NESSUNA ACQUISIZIONE DI DATI RELATIVI AL
POSSESSO DEI REQUISITI ALLE PREDETTE DATE PER LE CATEGORIE
DI PENSIONE PER LE QUALI LA DATA DI PERFEZIONAMENTO DEL
REQUISITO E' IRRILEVANTE IN QUANTO IL REGIME DI CUMULO CON I
REDDITI DA LAVORO, DIPENDENTE E AUTONOMO, E' STABILITO CON
RIFERIMENTO ALLA DECORRENZA DELLA PRESTAZIONE (ASSEGNI DI
INVALIDITA', PREPENSIONAMENTI, PENSIONI SUPPLEMENTARI).
3 - GESTIONE DA PARTE DELL'ISTITUTO DELLE TRATTENUTE DELLE
QUOTE DI PENSIONE INCUMULABILI CON I REDDITI DA LAVORO
AUTONOMO
L'ARTICOLO 1, COMMA 210, DELLA LEGGE N. 662, STABILISCE CHE
"LE TRATTENUTE DELLE QUOTE DI PENSIONE NON CUMULABILI CON I
REDDITI DA LAVORO AUTONOMO VENGONO EFFETTUATE PROVVISORIA-
MENTE DAGLI ENTI PREVIDENZIALI SULLA BASE DELLA DICHIARA-
ZIONE DEI REDDITI CHE I PENSIONATI PREVEDONO DI CONSEGUIRE
NEL CORSO DELL'ANNO. A TAL FINE GLI INTERESSATI SONO TENUTI
A RILASCIARE ALL'ENTE PREVIDENZIALE COMPETENTE APPOSITA
DICHIARAZIONE. LE TRATTENUTE SONO CONGUAGLIATE SULLA BASE
DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI EFFETTIVAMENTE PERCEPITI,
RILASCIATA DAGLI INTERESSATI ENTRO LO STESSO TERMINE PREVI-
STO PER LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI AI FINI DELL'IRPEF".
AL FINE DI ACQUISIRE LE DICHIARAZIONI DEI REDDITI DEI
PENSIONATI, SONO STATI PREDISPOSTI IL MOD. 503 AUT - 10 E IL
MOD 503 AUT - 11, IL CUI FACSIMILE E' STATO DIFFUSO PER IL
TRAMITE DELLE SEDI REGIONALI.
I DATI DICHIARATI DAI PENSIONATI DEVONO ESSERE ACQUISITI PER
CONSENTIRE ALLE PROCEDURE LA DETERMINAZIONE DELLE QUOTE
INCUMULABILI E LA GESTIONE DELLE RELATIVE TRATTENUTE.
3.1 - NUOVO PANNELLO PER LA SEGNALAZIONE DEI DATI
PER L'ACQUISIZIONE DEI REDDITI DA LAVORO AUTONOMO AI FINI
DELLA DETERMINAZIONE DELLE QUOTE INCUMULABILI E' STATO
PREDISPOSTO IL NUOVO PANNELLO MNLRLAO (ALLEGATO 2).
LE INFORMAZIONI RELATIVE AI REDDITI DA LAVORO AUTONOMO E AI
PERIODI DI PRODUZIONE DEL REDDITO DEVONO ESSERE ACQUISITI
PER TUTTE LE PENSIONI ASSOGGETTABILI AL PARTICOLARE REGIME
DI INCUMULABILITA'.
PER LE PENSIONI CHE SI TROVANO NELLA PREDETTA CONDIZIONE, LA
PROCEDURA DI ACQUISIZIONE RENDE AUTOMATICAMENTE DISPONIBILE
IL PANNELLO MNLRLAO.
NEL PANNELLO MNLRLAO DEVONO ESSERE ACQUISITI I SEGUENTI
DATI:
CAMPO "ANNO": L'ANNO DI RIFERIMENTO DEL REDDITO (AA);
CAMPO "REDDITO DA IL REDDITO DICHIARATO CON IL MOD. 503 -
LAVORO AUTONOMO": AUT. NEL CASO IN CUI L'INTERESSATO
ABBIA DICHIARATO DI NON AVER CONSEGUITO
REDDITI DA LAVORO AUTONOMO, DEVE
ESSERE ACQUISITO IL VALORE "0" (ZERO);
CAMPO "MESE DAL AL": IL PERIODO DI PRODUZIONE DEL REDDITO
(MM,MM). NEL CASO IN CUI IL PERIODO DI
PRODUZIONE DEL REDDITO SIA L'INTERO
ANNO DEVONO ESSERE ACQUISITI I LAVORO
01 12.
DEVONO ESSERE ACQUISITI IN OGNI CASO I REDDITI CONSEGUITI
DALL'INTERESSATO DALL'ANNO 1995, O DALL'ANNO DI DECORRENZA
DELLA PENSIONE, SE SUCCESSIVO, FINO ALL'ANNO IN CORSO ALLA
DATA DI LIQUIDAZIONE DELLA PENSIONE.
I DATI RELATIVI AI REDDITI DA LAVORO AUTONOMO E AI PERIODI
DI RIFERIMENTO SEGNALATI VENGONO MEMORIZZATI NEI SEGUENTI
NUOVI CAMPI DEL DATA BASE (RIPETITIVI PER 5 VOLTE):
GP2BAU1; ANNO AL QUALE SI RIFERISCE IL REDDITO (AAAA);
GP2BAU2; IMPORTO DEL REDDITO DA LAVORO AUTONOMO;
GP2BAU3; MESI DI RIFERIMENTO (MM,MM: MESE INIZIALE
E MESE FINALE).
3.2 - GESTIONE DELLE QUOTE DI PENSIONE INCUMULABILI CON I
REDDITI DA LAVORO AUTONOMO
LA TRATTENUTA DELLE QUOTE DI PENSIONE INCUMULABILI CON I
REDDITI DA LAVORO AUTONOMO SARA' OPERATA DIRETTAMENTE DALLA
PROCEDURA, IL CUI AGGIORNAMENTO E' IN CORSO. L'IMPORTO CHE
VERRA' POSTO IN PAGAMENTO SARA' PERTANTO AL NETTO DELLE
QUOTE INCUMULABILI.
L'IMPORTO DELLA TRATTENUTA EFFETTIVAMENTE OPERATA VIENE
REGISTRATO NEL CAMPO GP5/GP6HGO2 CON CODICE FONDO UGUALE A
80 NEL CAMPO GP5/GP6HGO1.
NEL CAMPO GP5/GP6KCO5 VIENE REGISTRATO L'IMPORTO DELLA
PENSIONE AL NETTO DELLA TRATTENUTA RIPORTATA NEL CAMPO
GP5/GP6HG02.
L'IMPONIBILE FISCALE, REGISTRATO NEL CAMPO GP5HD03, E'
DETERMINATO AL NETTO DEL VALORE DI GP5HG02 CON FONDO 80.
LA TRATTENUTA DELLE QUOTE DI PENSIONE INCUMULABILI CON I
REDDITI DA LAVORO AUTONOMO VIENE OPERATA PER 12 MESI.
L'IMPORTO DELLA TREDICESIMA MENSILITA' DELLA PENSIONE VIENE
MEMORIZZATO NEL CAMPO GP5/GP6KR01.
IN ATTESA CHE VENGA COMPLETATO L'AGGIORNAMENTO DELLE PROCE-
DURE, POSSONO ESSERE ELABORATE LE PENSIONI DI ANZIANITA'
ASSOGGETTABILI A TRATTENUTA PER REDDITI DA LAVORO AUTONOMO I
CUI TITOLARI ABBIANO DICHIARATO DI NON POSSEDERE REDDITI DA
LAVORO AUTONOMO PER TUTTI GLI ANNI DI INTERESSE.
POSSONO INOLTRE ESSERE ELABORATE LE PENSIONI DI VECCHIAIA E
GLI ASSEGNI DI INVALIDITA' ASSOGGETTABILI A TRATTENUTA PER
REDDITI DA LAVORO AUTONOMO I CUI TITOLARI ABBIANO DICHIARATO
DI POSSEDERE REDDITI DA LAVORO AUTONOMO, PER CIASCUNO DEGLI
ANNI, DI AMMONTARE NON SUPERIORE ALL'IMPORTO ANNUO DEL
TRATTAMENTO MINIMO.
LE PENSIONI PER LE QUALI DEVE ESSERE OPERATA LA TRATTENUTA
PER QUOTE INCUMULABILI, IN QUANTO GLI INTERESSATI HANNO
DICHIARATO REDDITI DA LAVORO AUTONOMO, SARANNO, PER IL
MOMENTO, SCARTATE DALLE PROCEDURE CENTRALI CON CODICE ERRORE
49.
4 - PROGRAMMI
SONO DISPONIBILI PER IL CARICAMENTO SUL SISTEMA DIPARTIMEN-
TALE AS/400 DELL'AREA PRESTAZIONI I SOTTOELENCATI PROGRAMMI:
PROGRAMMI COBOL
PNLMCAL1 DEL 6 FEBBRAIO 1997
PNLCOR11 DEL 5 FEBBRAIO 1997
PNLCON11 DEL 5 FEBBRAIO 1977
PNLRLA01 DEL 5 FEBBRAIO 1977
PNLRLA11 DEL 5 FEBBRAIO 1977
PNLRLA31 DEL 5 FEBBRAIO 1977
PNLRED21 DEL 5 FEBBRAIO 1977
PNLST51 DEL 5 FEBBRAIO 1977
DISPLAY FILES
MNLAN331 DEL 5 FEBBRAIO 1997
MNLRLA01 DEL 5 FEBBRAIO 1997
MNLRLA31 DEL 5 FEBBRAIO 1997
PRINTER FILE
SNL150TP DEL 5 FEBBRAIO 1997.
IL DIRETTORE GENERALE
TRIZZINO
ALLEGATO 1
MESSAGGIO N. 24763 DEL 23.1.1997
DIREZIONE CENTRALE
PER LE PENSIONI
DIREZIONE CENTRALE
PER LA TECNOLOGIA INFORMATICA
AI DIRETTORI DELLE SEDI
AI DIRETTORI DEI CENTRI OPERATIVI
AI DIRETTORI DELLE AGENZIE URBANE
AI DIRIGENTI I REPARTI PENSIONI
E, PER CONOSCENZA
AI DIRETTORI DELLE SEDI REGIONALI
OGGETTO: LIQUIDAZIONE DELLE PENSIONI IN COMPETENZA 1997.
SI FA SEGUITO ALLA CIRCOLARE N. 263 DEL 28 DICEMBRE 1996,
DIRAMATA IN PARI DATA CON MESSAGGIO N. 20978, CON LA QUALE
SONO STATE FORNITE LE INFORMAZIONI RELATIVE ALLE PROCEDURE
DI LIQUIDAZIONE DELLE PENSIONI IN COMPETENZA 1997 E SI
COMUNICA CHE SONO NUOVAMENTE DISPONIBILI I PROGRAMMI CHE
CONSENTONO DI RIPRENDERE LA LIQUIDAZIONE DELLE PENSIONI.
AD INTEGRAZIONE DELLE ISTRUZIONI IMPARTITE CON LA CITATA
CIRCOLARE N. 263, SI FORNISCONO LE SEGUENTI ULTERIORI
PRECISAZIONI.
1 - LIQUIDAZIONE RATEI PER PENSIONI DA ELIMINARE
LE PENSIONI ACQUISITE CON I DATI PER L'ELIMINAZIONE, IN
PRECEDENZA SCARTATE CON CODICE ERRORE 293, POSSONO ORA
ESSERE ELABORATE. LE MODALITA' DI CALCOLO E DI GESTIONE DEI
PREDETTI RATEI SONO RIPORTATE AL PUNTO 18 DELLA CIRCOLARE
N.263.
LA DATA DI FINE CALCOLO ARRETRATI VIENE MEMORIZZATA, NELLA
FORMA AAAAMM, NEL CAMPO GP1AP2A DEL DATA BASE PENSIONI.
2 - CUMULO DELLA PENSIONE CON I REDDITI DA LAVORO AUTONOMO
IN ATTESA CHE VENGANO COMPLETATE LE VARIAZIONI AI PROGRAMMI
IN APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DETTATE DALLA LEGGE 23
DICEMBRE 1996, N. 662, DI CUI AL PUNTO 12 DELLA CITATA
CIRCOLARE N. 263, SONO STATE MODIFICATE LE MODALITA' DI
ACCANTONAMENTO DEGLI ARRETRATI NEL CASO DI SEGNALAZIONE DEL
CODICE ARRETRATI "4".
PER LE PENSIONI CALCOLATE A PARTIRE DAL 23 GENNAIO 1997
(DATA REGISTRATA NEL DATA BASE PENSIONI NEL CAMPO GP1AE CON
CODICE DI MOVIMENTAZIONE B), IN PRESENZA DEL CODICE ARRE-
TRATI "4", VIENE RESO DISPONIBILE E CORRISPOSTO CON IL PRIMO
PAGAMENTO L'IMPORTO DI PENSIONE AL NETTO DELLE QUOTE
INCUMULABILI CON IL REDDITO DA LAVORO AUTONOMO RIFERITE AL
PERIODO DALLA DECORRENZA DELLA PENSIONE ALLA FINE DEL MESE
DI CALCOLO DEGLI ARRETRATI, ANZICHE' AL 31 DICEMBRE 1996,
COME OPERATO PER LE PENSIONI LIQUIDATE PRIMA DELL'ANZIDETTA
DATA.
COME GIA' PRECISATO AL PUNTO 12 DELLA CIRCOLARE 263, LE
PENSIONI DI ANZIANITA' DA LIQUIDARE A CARICO DELLE GESTIONI
PREVIDENZIALI DEI LAVORATORI AUTONOMI CON DECORRENZA SUC-
CESSIVA AL 31 DICEMBRE 1996 NEI CONFRONTI DEGLI ASSICURATI
CHE AL 30 SETTEMBRE 1996 NON HANNO MATURATO IL REQUISITO
CONTRIBUTIVO DI 35 ANNI UNITAMENTE A QUELLO ANAGRAFICO DI 55
ANNI DEVONO, PER IL MOMENTO, ESSERE TENUTE ANCORA IN SOSPE-
SO, IN ATTESA DEL COMPLETAMENTO DELLE VARIAZIONI ALLE
PROCEDURE PER L'APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI CONTENUTE
NELLA LEGGE N. 662.
DEL PARI DEVONO ESSERE TENUTE ANCORA IN SOSPESO LE PENSIONI
DI ANZIANITA' DA LIQUIDARE A CARICO DELL'ASSICURAZIONE
GENERALE OBBLIGATORIA DEI LAVORATORI DIPENDENTI CON DECOR-
RENZA SUCCESSIVA AL 30 SETTEMBRE 1996 NEI CONFRONTI DI
ASSICURATI CHE ALLA STESSA DATA NON HANNO MATURATO IL
REQUISITO CONTRIBUTIVO DI 36 ANNI, OVVERO IL REQUISITO
CONTRIBUTIVO DI 35 ANNI UNITAMENTE A QUELLO ANAGRAFICO DI 52
ANNI. PER IL MOMENTO DEVONO ESSERE TENUTI IN SOSPESO ANCHE I
PREPENSIONAMENTI CON DECORRENZA SUCCESSIVA AL 30 SETTEMBRE
1996.
QUALORA LE SUDDETTE PENSIONI VENGANO PROPOSTE AL CALCOLO E'
COMUNQUE PREVISTO UNO SCARTO CON IL CODICE 293.
NEL FRATTEMPO, LE SEDI, OVE NON LO ABBIANO GIA' FATTO,
DOVRANNO ACQUISIRE LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI DA LAVORO
AUTONOMO CONSEGUITI DAGLI INTERESSATI NEGLI ANNI PER I
QUALI, IN RELAZIONE ALLA DECORRENZA DELLA PENSIONE, OPERA
L'INCUMULABILITA', NONCHE', COME DISPOSTO DALL'ARTICOLO 1,
COMMA 210, DELLA LEGGE N. 662, LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI
DA LAVORO AUTONOMO CHE GLI INTERESSATI PRESUMONO DI CONSE-
GUIRE NELL'ANNO 1997.
A TAL FINE DEVONO ESSERE UTILIZZATI I MODELLI 503 AUT, IL
CUI FACSIMILE SARA' TRASMESSO A PARTE ALLE SEDI REGIONALI.
LE SEDI DOVRANNO ALTRESI' PROVVEDERE AD ACQUISIRE LA DI-
CHIARAZIONE DEI REDDITI DA LAVORO AUTONOMO ANCHE PER LE
PENSIONI GIA' LIQUIDATE, PER LE QUALI TROVA APPLICAZIONE LA
NORMATIVA SUL DIVIETO DI CUMULO CON I REDDITI DA LAVORO
AUTONOMO.
SI FA PRESENTE CHE LA PROCEDURA DI RICOSTITUZIONE SARA'
AGGIORNATA PER CONSENTIRE LA GESTIONE DELLE TRATTENUTE DELLE
QUOTE INCUMULABILI.
3 - PROGRAMMI
SONO DISPONIBILI PER IL CARICAMENTO SUL SISTEMA DIPARTIMEN-
TALE AS/400 I SOTTOELENCATI PROGRAMMI:
PROGRAMMI DCX LIVELLO VERSIONE
TNAP 4597 A 17 GENNAIO 1997
TNZP 3427 Z 22 GENNAIO 1997
TNAP 4357 A 22 GENNAIO 1997
TNIP 4358 I 22 GENNAIO 1997
TNBP 4360 B 22 GENNAIO 1997
TNEP 4354 E 22 GENNAIO 1997
TNGP 4299 G 22 GENNAIO 1997
TNEP 4355 E 22 GENNAIO 1997
PROGRAMMI COBOL
PSTCPY1 DEL 22 GENNAIO 1997
PSTTE081 DEL 22 GENNAIO 1997
PRIMA DI EFFETTUARE LE STAMPE, LE SEDI DEVONO VERIFICARE CHE
SIANO STATI CARICATI TUTTI I PROGRAMMI.
IL DIRETTORE CENTRALE P. IL DIRETTORE CENTRALE
PER LE PENSIONI PER LA TECNOLOGIA INFORMATICA
CORVINO PANICUCCI
ALLEGATO 2
MNLRLAO SEDE _______
------------------------------------------------------------
CATEGORIA ______ CERTIFICATO ________
REDDITO DA LAVORO AUTONOMO PER INCUMULABILITA'
ANNO REDDITO DA LAVORO MESI DI VALIDITA'
AUTONOMO INIZIO - FINE
__ __________ __ __
__ __________ __ __
__ __________ __ __
__ __________ __ __
__ __________ __ __
PER ACQUSIRE --------- INVIO
------------------------------------------------------------
Allegato 2: Messaggio n.4233 del 23.07.1999
DIREZIONE CENTRALE
PRESTAZIONI
AI DIRETTORI CENTRALI E PERIFERICI
AI DIRETTORI DELLE AGENZIE
DI PRODUZIONE
OGGETTO: CUMULO CON I REDDITI DA LAVORO CON PENSIONI LIQUIDATE
CON UN'ANZIANITA' CONTRIBUTIVA PARI O SUPERIORE A 40 ANNI.
CHIARIMENTI.
CON CIRCOLARE N.22 DELL'8 FEBBRAIO 1999 SONO STATI FORNITI I
CRITERI PER L'APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DELL'ARTICOLO 77
DELLA LEGGE 23 DICEMBRE1998, N.448, SECONDO CUI A DECORRERE DAL 1
GENNAIO 1999 IL CUMULO CON I REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE ED
AUTONOMO DELLE PENSIONI DIRETTE CON QUALUNQUE DECORRENZA A CARICO
DEL REGIME GENERALE DEI LAVORATORI DIPENDENTI, DELLE GESTIONI DEI
LAVORATORI AUTONOMI E DELLE FORME DI PREVIDENZA SOSTITUTIVE
DELL'ASSICURAZIONE GENERALE OBBLIGATORIA, LIQUIDATE CON
UN'ANZIANITA' PARI O SUPERIORE A 40 ANNI, E' DISCIPLINATO CON GLI
STESSI CRITERI PREVISTI PER LE PENSIONI DI VECCHIAIA.
AI FINI DELL'APPLICAZIONE DELLA NUOVA DISCIPLINA E' STATO
PRECISATO CHE DEVE ESSERE VALUTATA TUTTA LA CONTRIBUZIONE UTILE
PER LA MISURA DEL TRATTAMENTO PENSIONISTICO, ANCHE SE UTILIZZATA
SUCCESSIVAMENTE AL PENSIONAMENTO PER LA LIQUIDAZIONE DI
SUPPLEMENTI.
DA PARTE DI ALCUNE STRUTTURE SONO STATI CHIESTI CHIARIMENTI IN
ORDINE AI CRITERI DA SEGUIRE AI FINI DELL'APPLICAZIONE DELLE
PREDETTE DISPOSIZIONI PER LE PRESTAZIONI IL CUI DIRITTO RISULTI
PERFEZIONATO CON ALMENO 40 ANNI DI CONTRIBUZIONE MA CHE RISULTINO
CALCOLATE SULLA BASE DI UN'ANZIANITA' CONTRIBUTIVA INFERIORE.
AL RIGUARDO SI PRECISA CHE CONDIZIONE SUFFICIENTE, AI FINI
DELL'APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA IN PAROLA, E' IL RAGGIUNGIMENTO
DEI 40 ANNI DI CONTRIBUZIONE, INDIPENDENTEMENTE DALLA CIRCOSTANZA
CHE TALE ANZIANITA' RISULTI CONSEGUITA AI SOLI FINI DEL DIRITTO A
PENSIONE E NON PER LA MISURA DELLA PRESTAZIONE (V. ANCHE PUNTO 3
DELLA CIRCOLARE N.44 DEL 24 FEBBRAIO 1996; PUNTO 4 DEL MESSAGGIO
N.11054 ALLEGATO ALLA CIRCOLARE N.81 DEL 9 APRILE 1998).
* * *
CONSIDERATO CHE IL TERMINE DELLE DICHIARAZIONI TRIBUTARIE RELATIVE
ALL'ANNO 1998 SCADRA' IL PROSSIMO 2 AGOSTO, ENTRO TALE DATA DEVONO
ESSERE COMUNICATI I REDDITI DA LAVORO AUTONOMO DA PARTE DEI
PENSIONATI TENUTI A TALE DICHIARAZIONE, SECONDO I CRITERI DI CUI
AL MESSAGGIO N. 2372 DEL 6 LUGLIO 1999.
IL DIRETTORE CENTRALE
(DE STEFANIS)
Circolare 177 dell'11 Novembre 2003
Allegati 7
OGGETTO:
Compatibilità contribuzione CD/CM e contestuale attività svolta in altri settori.
SOMMARIO:
Premessa,
Iscrizione anni 1957/1961,
Iscrizione anni 1962 e successivi
Compatibilità contribuzione CD/CM e altre attività,
Adempimenti delle Sedi.
5.1 Valutazioni operative.
5.2 Situazioni particolari.
5.2.1. Periodi di contestuale attività autonoma.
5.2.2. Periodi A.G.O. frazionati nell’ambito di un biennio.
6. Utilizzazione ai fini pensionistici della contribuzione CD/CM contestuale alla contribuzione per attività svolta in altri settori.
Da parte dei Direttori di Sede in più occasioni è stata rappresentata l’esigenza di poter disporre di un riepilogo del quadro normativo e delle disposizioni attuative in materia, al fine di una corretta valutazione in merito alle problematiche connesse alla compatibilità della contribuzione accreditata nella gestione CD/CM in presenza di contestuale contribuzione versata nella altre gestione dell’Istituto (obg, art.comm, ecc.) ovvero a fondi sostitutivi esclusivi ed esonerativi dell’A.G.O., nonché per sovrapposizioni di periodi di attività svolte all’estero (CEE, EXTRACEE).
In linea con le disposizioni fornite in materia dall’ex SCAU nonché con circolari e messaggi dell’Istituto, nel loro complesso cronologicamente riepilogati al successivo punto 5, con la presente circolare sono precisati alcuni comportamenti operativi delle Sedi in ottica di normalizzazione e certificazione dei conti assicurativi (operazione estratto conto).
Innanzitutto è essenziale ricordare che la permanenza dell’iscrizione alla gestione previdenziale dei soggetti titolari e/o collaboratori attivi di una azienda diretto-coltivatrice o mezzadrile discende da una valutazione complessiva di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge.
In tale contesto si ricorda che, per gli anni di iscrizione 1957/1961, il dettato dell’art. 1 della legge 26 ottobre 1957 n. 1047 nella parte in cui recita: “….. abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi e dell’allevamento …..” è avvalorato dalla presenza di un effettivo riscontro di “continuità temporale” di appartenenza (presenza nel nucleo alla data del 31 dicembre di ogni anno) e di attività svolta nell’ambito dell’azienda.
A tale proposito con circolare dell’ex SCAU n. 33 del 1 aprile 1992, allegata alla circolare dell’Istituto n. 135 del 19 maggio 1992, veniva confermata, in linea di principio, la “definitività” degli elenchi 1957/1961 escludendo il ricorso ad interventi di cancellazione ad eccezione delle ipotesi in cui viene accertata l’esistenza di una “effettiva prova” di mancato svolgimento dell’attività agricola in azienda.
Il principio della “definitività” dei citati elenchi ha trovato, altresì, conferma nel disposto dell’art. 4 ter delle legge 17 marzo 1993 n. 63, laddove, nel valutare il servizio militare prestato per periodi inferiori all’anno, con assenza al 31 dicembre dell’anno di iscrizione (requisito di appartenenza al nucleo), non prevede la cancellazione dagli elenchi, mentre rimane confermata la cancellazione nel caso di assenza per l’intero anno (1 gennaio – 31 dicembre) conformemente a quanto disposto dalla circolare ex SCAU n. 66 del 3 ottobre 1993 ribadito dalla circolare INPS n. 217/1994 .
3. Iscrizione anni 1962 e successivi.
La legge 9 gennaio 1963 n. 9 all’art. 2, secondo comma, introduce, ai fini della valutazione dei requisiti per l’iscrizione alla gestione, il criterio della “prevalenza” nella parte in cui recita: “il requisito dell’abitualità nella diretta e manuale coltivazione dei fondi e nell’allevamento ----omissis ---- si ritiene sussistente quando i soggetti ---- omissis ….si dedicano in modo esclusivo o almeno prevalente a tali attività”.
Nel successivo terzo comma la norma precisa: “ per attività prevalente, ai sensi di cui al precedente comma, deve intendersi quella che impegni il coltivatore diretto ed il mezzadro o colono per il maggior periodo di tempo nell’anno e che costituisca per essi la maggiore fonte di reddito”.
E’ di tutta evidenza che la norma novellata appare più restrittiva rispetto alla precedente dizione dell’art. 1 della citata legge n. 1047/1957 perché presuppone il perfezionamento del requisito per l’iscrizione alla gestione non più sulla base di un criterio “semplicistico” di abitualità, bensì tenendo presente due ordini di fattori a valenza annuale:
· tempo impiegato nell’azienda;
· fonte di maggior reddito che deve derivare dall’attività esercitata in azienda.
4. Compatibilità contribuzione CD/CM e altre attività.
Il quadro di riferimento illustrato in precedenza consente di avvalorare da un lato le disposizioni già richiamate e dall’altro di esemplificare una serie di comportamenti, a livello decisionale di Sede, in ottica di normalizzazione e certificazione del conto-assicurativo per gli iscritti alla gestione.
Al riguardo, come precisato al punto 2 ed al successivo punto 3.1 della presente circolare assumono rilevanza ai fini decisori:
· l’effettiva valutazione dell’”abitualità” e “continuità temporale” con riferimento alle iscrizioni per gli anni 1957/1961;
· la comparata analisi dell’”abitualità” e “prevalenza” con riferimento alle iscrizioni anno 1962 e successive;
· l’esatta individuazione dei periodi di attività svolti in altri settori;
· la ricognizione temporale in cui si evidenzia la duplicazione dell’attività lavorativa che deve essere rapportata nell’arco di un intero anno di iscrizione e quindi non limitata ai soli periodi di stretta contestualità temporale.
Preliminarmente al fine di uniformare i comportamenti delle Sedi e fornire disposizioni esaustive in tema di compatibilità della contribuzione accreditata a soggetti iscritti negli elenchi CD/CM che abbiano svolto nello stesso periodo un’altra attività di lavoro, di seguito sono riepilogate, cronologicamente, le circolari diramate dall’ex SCAU, nonché circolari e messaggi dell’Istituto che si intendono integralmente richiamati:
· circolare ex SCAU 1 aprile 1992 n. 33 (All. 1)
Accertamento coltivatori diretti nel quinquennio 1957/1961.
· circolare INPS 19 maggio 1992 n. 135 (All. 2)
CD/CM occupati in altra attività lavorativa alla data del 31 dicembre degli anni 1957/1961.
· stralcio da “manuale per l’addestramento dei funzionari addetti all’attività di vigilanza ex SCAU”(All. 3)
estratto: abitualità e prevalenza.
· circolare ex SCAU 18 marzo 1993 n. 21 (All. 4)
Accertamento requisito della prevalenza di cui all’art. 2 legge n. 9/1963.
· circolare INPS 19 luglio 1994 n. 217 (All. 5)
Art. 4 ter della legge 17 marzo 1993 n. 63 – CD/CM assenti dai rispettivi nuclei familiari, per assolvere gli obblighi di leva, alla data del 31 dicembre degli anni 1957/1961.
· messaggio 21 settembre 1998 n. 33537 (All. 6)
Valutazione periodi CD/CM coincidenti con lavoro all’estero.
· circolare 30 marzo 1999 n. 70 (All. 7)
Lavoratori agricoli autonomi. Accertamento requisito della prevalenza. Precisazioni alla circolare n. 111/98.
In tale contesto, considerato che la normativa in materia sviluppatasi nel corso degli ultimi dieci anni, si presenta regolata e frammentata in molteplici circolari ecc. ….. perdendo, nel tempo, il necessario carattere di organicità, con la presente circolare si ritiene di puntualizzare i comportamenti operativi delle Sedi per un corretto iter istruttorio esemplificando le soluzioni da adottare in dipendenza delle variabili che possono evidenziarsi.
A fronte di svariate casistiche che possono presentarsi all’operatore deputato alla normalizzazione del conto assicurativo si ritiene utile distinguere innanzitutto tre fattispecie:
· periodi brevi e sporadici di occupazione in altro settore;
· periodi consistenti e frazionati di attività in altro settore;
· inizio di attività continuativa in altro settore.
Al riguardo si osserva che per tutte le tre ipotesi occorre tenere conto di alcuni principi di carattere generale che sono stati più volte ribaditi dalle circolari richiamate al punto 5:
· l’analisi e l’esame con riferimento all’esercizio contemporaneo di attività diverse deve essere valutato in relazione all’anno intero di iscrizione negli elenchi;
· la contestuale attività svolta in qualità di bracciante agricolo dipendente non determina incompatibilità nel limite massimo di 150 giornate ad eccezione dell’ipotesi in cui siano, nello stesso anno, presenti altri periodi coperti da assicurazione (es. 2 settimane in settore extragricolo);
· l’inizio di altra attività continuativa (dipendente e/o autonoma) in altro settore nel corso dell’anno determina la cancellazione dagli elenchi dei CD/CM dalla data di inizio della nuova attività;
· la valutazione di periodi brevi e sporadici di occupazione svolta in altro settore nell’arco dell’anno, non incidono sulla posizione CD/CM a condizione che nel loro complesso abbiano determinato un accredito contributivo inferiore o pari a 26 settimane. Ciò in dipendenza del fatto che nella fattispecie non vengono meno i presupposti richiesti dalla norma: “continuità”, “abitualità” e “prevalenza”;
· l’esistenza di contribuzione versata per periodi consistenti e frazionati per attività svolte in altro settore che si sovrappongono, nell’arco dell’anno di riferimento, all’iscrizione negli elenchi CD/CM, determina la cancellazione per l’intero anno quando i predetti periodi totalizzano un parametro superiore a 26 settimane. Al riguardo, tuttavia, si osserva che, in ogni caso, è opportuno procedere ad una verifica dell’entità delle retribuzioni e della misura dei contributi versati su tali retribuzioni. Ciò in quanto nell’ipotesi di prestazioni lavorative di scarsa entità (ad es. uno o due giorni la settimana) che comunque determinino l’accredito di un contributo settimanale, può non configurarsi la perdita del requisito della prevalenza, posto che per la parte residua della settimana è da considerarsi prevalente l’attività di coltivatore diretto, mezzadro o colono con convalida dell’intero anno di iscrizione nell’elenco.
Spesso la Direzione di Progetto è stata interessata da richieste di chiarimenti e quesiti in ordine a particolari situazioni di sovrapposizione di contributi versati o accreditati in altra gestione e concomitanti in toto con l’iscrizione negli elenchi annuali dei CD/CM. Ai punti che seguono vengono fornite le direttive utili per la risoluzione dei casi prospettati.
5.2.1 Periodi di contestuale attività autonoma.
Come accennato in precedenza, la eventuale iscrizione alle altre gestioni assicurative dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti) escludono una contestuale iscrizione in qualità di CD/CM e quindi determinano la cancellazione dagli elenchi dalla data di inizio della nuova attività.
Il principio va avvalorato anche in presenza di attività svolte (es. commercianti) per brevi periodi (es. mesi).
Ne consegue che, in siffatta ultima ipotesi, le Sedi dovranno procedere alla cancellazione “a periodo chiuso” attivando l’opzione prevista dall’attuale procedura di gestione.
5.2.2 Periodi A.G.O. frazionati nell’ambito di un biennio.
Qualora un soggetto abbia svolto attività lavorativa con versamento della relativa contribuzione al F.P.L.D. per periodi consistenti che si collocano a cavallo di dua anni di iscrizione (es. 5 giugno 1971 – 4 settembre 1972 per n. 63 settimane) si dovrà procedere alla cancellazione parziale dagli elenchi “ a periodo chiuso” in quanto si ritiene che, nella fattispecie, a partire dal mese di giugno, il soggetto interessato abbia intrapreso una nuova attività.
Al riguardo si osserva che, su segnalazione della parte interessata corredata della documentazione probante l’esiguità e la parcellizzazione dell’attività svolta in qualità di lavoratore dipendente, nel merito potrebbe configurarsi per entrambi gli anni una conferma dell’iscrizione negli elenchi dei coltivatori diretti, mezzadri o coloni secondo quanto illustrato all’ultimo capoverso del punto 5.1.
6. Utilizzazione ai fini pensionistici della contribuzione CD/CM contestuale alla contribuzione per attività svolta in altri settori.
Fermo restando che ai fini dell’accertamento dell’abitualità o della prevalenza della contribuzione CD/CM, contestuale ad attività svolta in altri settori, trovano applicazione i criteri delineati in precedenza, per l’utilizzazione ai fini pensionistici si richiamano le circolari n. 185 del 17 giugno 1994 e n. 156 del 17 luglio 1998.
Si conferma che la procedura pensione, al pari della procedura estratto conto certificativo, opera una riduzione dei contributi accedenti la capienza, considerando correttamente accreditati i contributi validati dalla Sede.
IL DIRETTORE GENERALE FF.
TOMASSINI
Circolare 8 del 17 gennaio 2003
OGGETTO:
Prestazioni economiche di maternità di cui al D. Lgs. n. 151 del 26/03/2001 (T. U. sulla maternità). Chiarimenti.
SOMMARIO:
1. La situazione di “genitore solo” è riscontrabile anche nel caso di non riconoscimento del figlio da parte dell’altro genitore.
2. Il padre non ha diritto ai riposi giornalieri (c.d. per allattamento) se la madre non è lavoratrice.
3. Distinzione tra “affidamento” e “inserimento” dei minori ai fini delle prestazioni economiche di maternità e di paternità.
4. La domanda di flessibilità è accoglibile anche se presentata oltre il 7° mese di gravidanza, purché le previste attestazioni del medico specialista siano state acquisite dalla lavoratrice nel corso del 7° mese di gravidanza.
5. La malattia insorta durante il congedo parentale o dopo la fine dello stesso è indennizzabile secondo le regole ordinarie. La malattia insorta durante il congedo di maternità non è indennizzabile. I periodi di malattia che si verifichino durante il congedo parentale vanno considerati neutri ai fini del complessivo periodo di congedo parentale spettante.
6. Carattere ordinatorio del termine di 30 giorni previsto per la presentazione del certificato di nascita o dichiarazione sostitutiva.
7. L’indennità per congedo parentale è erogabile, in caso di adozione e affidamento, entro 3 anni dall’ingresso in famiglia del minore.
8. La norma secondo cui, in caso di parto gemellare o plurigemellare, ciascun genitore ha diritto a fruire del congedo parentale, per ogni nato, è applicabile anche in caso di adozioni/affidamenti plurimi.
9. Non è richiesta la verifica della convalida delle dimissioni volontarie, ai fini della corresponsione dell’ indennità di maternità/paternità.
10. Il congedo di paternità con indennità all’80 % spetta anche quando la madre, nelle ipotesi di cui all’art. 28 del T.U., non sia (o non sia stata) una lavoratrice.
11. Retribuzione di riferimento ai fini della determinazione dell’indennità per congedi parentali.
12. Il licenziamento per giusta causa intervenuto durante il congedo per maternità non esclude l’indennizzabilità del congedo stesso.
13. Requisito dei 26 contributi settimanali in mancanza di assicurazione contro la disoccupazione.
Con la circ. n. 109 del 6.6.2000 sono state date disposizioni attuative della legge n. 53 del 8 marzo 2000 in materia di maternità, con particolare riguardo alla astensione facoltativa, ai riposi orari, e alla astensione obbligatoria (flessibilità, parto prematuro, astensione del padre con indennità all’80%). Com’è noto, successivamente alla legge 53/2000, al fine di conferire omogeneità e sistematicità alle norme in materia di sostegno della maternità e della paternità, come previsto dall’art. 15 della stessa legge, è stato emanato il D. Lgs. 26.3.2001, n. 151 (“Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”….), entrato in vigore il 27.4.2001.
Con la presente si forniscono ulteriori precisazioni sull’argomento (per quanto riguarda le lavoratrici autonome si rinvia alla circ. n. 136 del 26.7.2002).
1) “Genitore solo”
Ai sensi dell’art. 32, comma 1, lettere a) e b) del T.U., la madre lavoratrice ed il padre lavoratore hanno diritto al godimento di un periodo individuale massimo di congedo parentale (astensione facoltativa) pari, rispettivamente, a 6 mesi e a 7 mesi. Ai sensi della lett. c) del medesimo comma “qualora vi sia un solo genitore” il periodo è elevato fino a un massimo di 10 mesi.
La situazione di “genitore solo” è riscontrabile, oltre che nei casi di morte dell’altro genitore o di abbandono del figlio o di affidamento esclusivo del figlio ad un solo genitore (casi già indicati nella circ. 109 citata), anche nel caso di non riconoscimento del figlio da parte di un genitore.
Nell’ipotesi di non riconoscimento del figlio da parte del padre, la madre richiedente il maggior periodo di congedo parentale, dovrà rilasciarne apposita dichiarazione di responsabilità; e ciò, anche qualora dalla certificazione anagrafica risulti che il cognome del bambino è quello della madre. Una analoga dichiarazione dovrà essere fornita dal padre richiedente in caso di non riconoscimento del figlio da parte della madre.
La situazione di “ragazza madre” o di “genitore single” non realizza di per sé la condizione di “genitore solo”: deve infatti risultare anche il non riconoscimento dell’altro genitore. Analogamente dicasi per la situazione di genitore separato: nella sentenza di separazione deve risultare che il figlio è affidato ad uno solo dei genitori.
Si sottolinea, peraltro, che gli ulteriori mesi riconoscibili al “genitore solo” sono indennizzabili subordinatamente alle condizioni del proprio reddito, anche qualora siano fruiti entro tre anni di età del figlio.
La situazione di “genitore solo” viene meno con il riconoscimento del figlio da parte dell’altro genitore, circostanza che, si rammenta, deve essere portata a conoscenza sia dell’INPS che del datore di lavoro. E’ ovvio che il riconoscimento interrompe la fruizione del maggior periodo di congedo parentale concesso al genitore inizialmente considerato “solo” ed è ovvio, altresì, che il maggior periodo di congedo, già fruito in tale qualità, determina la riduzione del periodo di congedo spettante all’altro. In proposito si rammenta che il periodo di congedo fruibile tra i due genitori è, in via ordinaria, di 10 mesi e che l’elevazione a 7 mesi a favore del padre (con conseguente totale, tra i due, di un massimo di 11 mesi) è prevista solo nel caso in cui il padre abbia già fruito di un periodo di congedo non inferiore a 3 mesi: tanto comporta, ad esempio, che se la madre abbia goduto, come “genitore solo” (quale era da considerare fino al riconoscimento del figlio da parte del padre) di un periodo di 8 mesi, il padre non potrà mai arrivare ad un periodo di tre mesi di congedo (1).
2) Riposi giornalieri (c.d. per allattamento).
A chiarimento di quanto disposto nella circ. 109/2000, si conferma che la madre ha diritto ai riposi giornalieri di cui all’art. 10 della legge 1204/71 (ora art. 39 del T.U.) durante il congedo parentale del padre.
Non è, invece, possibile che il padre utilizzi i riposi di cui all’art. 13 della legge 53/2000 (ora art. 40 del T.U.) durante il congedo di maternità e/o parentale della madre, come pure nei casi in cui la madre non si avvale dei riposi in quanto assente dal lavoro per cause che determinano una sospensione del rapporto di lavoro (es.: aspettative o permessi non retribuiti, pause lavorative previste nei contratti a part-time verticale di tipo settimanale, mensile, annuale).
Si ricorda che in caso di parto plurimo, invece, le ore aggiuntive di cui all’art. 41 del T.U. possono essere utilizzate dal padre anche durante il congedo di maternità parentale della madre lavoratrice dipendente.
Se la madre è lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola, parasubordinata, libera professionista), il padre può fruire dei riposi dal giorno successivo a quello finale del periodo di trattamento economico spettante alla madre dopo il parto e sempre che la madre (qualora si tratti di commerciante, artigiana, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola) non abbia chiesto di fruire ininterrottamente, dopo il suddetto periodo, del congedo parentale, durante il quale, come sopra detto, è precluso al padre il godimento dei riposi giornalieri.
Se la madre non è lavoratrice, il padre lavoratore non ha diritto ai riposi giornalieri per allattamento. Non ha diritto, come pure se la madre è una lavoratrice autonoma, neanche alle ore che il citato art. 41 riconosce al padre, in caso di parto plurimo, come “aggiuntive” rispetto alle ore previste dall’art. 39 (vale a dire quelle fruibili dalla madre), per l’evidente impossibilità di “aggiungere” ore quando la madre non ha diritto ai riposi giornalieri.
Il diritto del padre ai riposi in questione, infatti, continua ad essere “derivato” da quello della madre, a differenza del diritto del padre al congedo parentale che, in virtù delle più recenti disposizioni di legge, ha acquistato una propria autonomia e indipendenza rispetto alla sussistenza o meno del diritto della madre.
Un diritto “autonomo” del padre ai riposi giornalieri è previsto solo nelle ipotesi di cui alle lettere a), c), d) dell’art. 40 del T.U..
3) Affidamento e inserimento dei minori.
La distinzione tra “affidamento” e “inserimento” dei minori, rilevabile dall’art. 2, comma 2, della legge 149 del 28.3.2001, è da tenere presente non solo ai fini delle provvidenze previste in favore dei genitori di disabili gravi (v. circ. 138 del 10.7.2001, par. 1, 11° e 12° cpv.), ma anche ai fini delle prestazioni economiche di maternità e di paternità.
Pertanto, l’inserimento del minore in “comunità di tipo familiare” non è equiparabile all’ affidamento.
4) Flessibilità del congedo di maternità.
La circ. 109/2000, contenente le prime istruzioni applicative in materia di flessibilità del congedo di maternità (già art. 12 della legge 53/2000, ora art. 20 del D. Lgs. 151/2001), è stata integrata dalle disposizioni della circ. 152 del 4.9.2000, sulla quale si forniscono alcuni chiarimenti.
La domanda di flessibilità, tendente ad ottenere l’autorizzazione a continuare l’attività lavorativa durante l’ottavo mese di gravidanza (in tutto o in parte), ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, è accoglibile anche qualora sia presentata oltre il 7° mese di gravidanza (peraltro, sempre entro il limite della prescrizione annuale, decorrente dal giorno successivo al periodo di congedo dopo il parto che, in questi casi, risulta superiore ai normali 3 mesi), purché le previste attestazioni del ginecologo del S.S.N. o con esso convenzionato e del medico aziendale, siano state acquisite dalla lavoratrice nel corso del 7° mese di gravidanza.
Quanto precede nel presupposto che la lavoratrice abbia continuato a lavorare nel periodo in questione.
Se le attestazioni suddette sono state acquisite dopo il 7° mese di gravidanza, la domanda è accoglibile solo per l’eventuale residuo di giorni decorrenti dal rilascio delle attestazioni.
Per i giorni in cui la lavoratrice si è avvalsa della flessibilità senza esserne formalmente autorizzata (attraverso le attestazioni dei medici sopra indicati), l’indennità di maternità non è erogabile ai sensi dell’art. 6, comma 2, della legge n. 138/1943 in quanto, per tali giorni, la lavoratrice ha percepito o ha diritto a percepire la retribuzione dal datore di lavoro; i suddetti giorni, pur non potendo essere recuperati dalla lavoratrice dopo il parto, quali giorni di congedo per maternità, devono essere comunque conteggiati ai fini della durata complessiva del congedo stesso.
Si precisa, infine, che la domanda della lavoratrice che, pur essendo stata autorizzata alla flessibilità, e, quindi, allo svolgimento di attività lavorativa durante l’ottavo mese di gravidanza, chiede di fruire in questo stesso mese del congedo parentale per un altro figlio, può essere accolta. In ogni caso, il congedo di maternità spetterà alla suddetta lavoratrice per tutta la sua prevista durata complessiva (2).
5) Malattia, congedo parentale, congedo di maternità.
a) Malattia e congedo parentale.
In merito alla sussistenza o meno del diritto all’indennità di malattia nell’ipotesi di malattia insorta durante il congedo parentale o dopo la conclusione dello stesso si fa presente quanto segue.
L’assenza dal lavoro per cause (come il congedo parentale) legate non ad una “sospensione” del rapporto di lavoro ma ad una semplice inesigibilità della relativa prestazione lavorativa non configura, agli effetti erogativi della indennità di malattia, una sospensione del rapporto di lavoro.
Tanto comporta che il periodo di protezione assicurativa (60 gg. o 2 mesi), previsto per le prestazioni di malattia dall’art. 30 del C.C.N. 3.1.1939, decorre dal giorno immediatamente successivo al termine finale del periodo di assenza dal lavoro correlato ad una delle cause di cui trattasi.
Ne consegue che per la malattia della lavoratrice madre (o del lavoratore padre) insorta durante la fruizione del congedo parentale, anche oltre 60 gg. dall’inizio del congedo stesso (che, come è noto, è frazionabile), il periodo di protezione assicurativa non inizia a decorrere e la malattia stessa, debitamente notificata e documentata, deve essere indennizzata (in misura intera), ove ne ricorrano i presupposti, secondo i limiti e le modalità previsti dalla relativa normativa, ovviamente nella presunzione, salvo diversa indicazione del genitore interessato, che quest’ultimo intenda sospendere la fruizione del congedo parentale.
Per la malattia della lavoratrice madre (o del lavoratore padre) insorta dopo la conclusione del periodo di congedo parentale, a cui faccia seguito una mancata ripresa dell’attività, configurabile quale “sospensione del rapporto di lavoro”, il periodo di protezione assicurativa decorre, secondo le regole ordinarie, dal giorno successivo alla fine del congedo parentale, da considerare periodo neutro.
Per quanto riguarda il diritto al congedo parentale, si precisa che anche i periodi di malattia indennizzati o indennizzabili, che si verifichino durante il congedo parentale, devono essere considerati neutri ai fini del complessivo periodo di congedo parentale spettante.
Terminata la malattia, quindi, la fruizione del congedo parentale, salvo diverse indicazioni e comunicazioni del genitore interessato, può riprendere con o senza erogazione dell’indennità del 30% che, com’è noto, compete per complessivi 6 mesi entro 3 anni di età del bambino.
Ai fini del calcolo del periodo massimo di congedo parentale (6 mesi per la madre, 7 mesi per il padre, 11 mesi fra i due genitori), durante il quale si siano verificati periodi di malattia, vanno tenute presenti le indicazioni fornite per i casi in cui frazioni di congedo siano intervallate da ferie (v. circ. n. 82 del 2.4.2001, punto 1, ultimo capoverso).
Pertanto, ad esempio, se la malattia è iniziata il lunedì immediatamente successivo al venerdì del congedo parentale, ed è terminata il venerdì immediatamente precedente il lunedì in cui è ripreso il congedo, le domeniche ed i sabati della settimana corta, cadenti subito prima e subito dopo la malattia, devono essere conteggiati come giorni di congedo parentale.
b) Malattia e congedo di maternità
La malattia insorta durante il congedo di maternità (astensione obbligatoria) non è indennizzabile, in quanto l’indennità per congedo di maternità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia (art. 22, comma 2, del T.U.).
Anche il congedo di maternità – analogamente a quello parentale (v. lett. a)- è da considerare periodo “neutro” ai fini del computo della c.d. “protezione assicurativa”, in caso di malattia insorta successivamente.
6) Termini per la presentazione della documentazione.
L’art. 21 del T.U. stabilisce che la lavoratrice è tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato di nascita del figlio o dichiarazione sostitutiva (ex lege 445/2000).
Tale articolo assorbe la disposizione già contenuta nell’art. 11 della legge 53/2000 relativa alla presentazione, entro 30 giorni, del certificato attestante la data del parto in caso di parto prematuro, nel senso che il termine di trenta giorni per la presentazione della suddetta documentazione è ora previsto in tutti i casi di parto (anche non prematuro).
Ciò premesso, si fa presente che il termine in questione è da ritenere di carattere ordinatorio, non essendone stata prevista la perentorietà, né l’applicazione di sanzioni in caso di sua inosservanza.
Il mancato rispetto del termine, quindi, non fa venire meno il diritto alla prestazione; potrebbe avere riflessi soltanto nell’ambito contrattuale del rapporto di lavoro.
7) Congedo parentale in caso di adozione o di affidamento.
Si ritiene opportuno riassumere i criteri applicativi delle disposizioni del T.U., che, peraltro, confermano quasi integralmente quelli già indicati nella circ. 109/2000, riguardanti il congedo parentale in caso di adozione o di affidamento.
L’art.36, comma 2, del T.U. stabilisce che il limite di età del bambino (3 anni) previsto dall’art. 34, comma 1, per la corresponsione dell’indennità al 30%, indipendentemente dalle condizioni di reddito e per un periodo di congedo parentale massimo complessivo tra i genitori di sei mesi, sia elevato a 6 anni di età in caso di adozione o di affidamento. Stabilisce anche che, in ogni caso, il congedo parentale può essere fruito nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia.
Ciò significa che l’indennità è riconoscibile, indipendentemente dalle condizioni di reddito, per complessivi sei mesi fino al compimento dei 6 anni di età del bambino adottato o affidato, purché il congedo parentale sia richiesto entro i tre anni dall’ingresso del bambino in famiglia.
Significa anche che, dopo il compimento dei 6 anni di età e fino al compimento degli 8 anni (limite di età uguale a quello previsto per i figli non adottati o affidati), i periodi di congedo ulteriori rispetto a quelli fruiti fino ai 6 anni, ferma restando la possibilità di astensione dal lavoro, sono indennizzabili subordinatamente alle condizioni reddituali.
Il comma 3 dello stesso art. 36 stabilisce che, qualora all’atto dell’adozione o dell’affidamento, il minore abbia una età compresa fra i 6 e i 12 anni, il congedo parentale è fruito nei primi tre anni dall’ingresso in famiglia. Il tenore letterale della norma lascia intendere che, per il minore adottato o affidato ad una età fra i 6 e i 12 anni, il congedo parentale e la relativa indennità possano essere riconosciuti solo se richiesti entro tre anni dall’ingresso.
Non sembra prevista, in altre parole, la possibilità di beneficiare né del congedo, né della indennità, neppure subordinatamente alle condizioni di reddito, qualora il congedo sia chiesto dopo tre anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato tra i 6 e i 12 anni di età.
In caso di adozione o di affidamento preadottivo internazionale si applica la disposizione prevista
dall’art. 36 del T.U..
8) Congedo parentale in caso di parto gemellare o plurigemellare
Come già precisato nel messaggio n. 569 del 27/06/2001, che ad ogni buon conto si allega, in caso di parto gemellare o plurigemellare, ciascun genitore ha diritto a fruire, per ogni nato, del numero di mesi di congedo parentale previsti dall’art. 32 del T.U..
La norma suddetta trova applicazione anche nell’ipotesi di adozioni ed affidamenti di minori (anche non fratelli) il cui ingresso in famiglia sia avvenuto nella stessa data.
9) Dimissioni
L’art. 55 del T.U. stabilisce che le dimissioni volontarie presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza o dal lavoratore che abbia fruito del congedo di paternità, fino al compimento di un anno di vita del bambino o entro un anno dall’ingresso del minore in famiglia, devono essere convalidate dal Servizio ispettivo del Ministero del Lavoro, competente per territorio.
La previsione della convalida risponde unicamente a finalità di tutela del rapporto di lavoro della lavoratrice madre o del lavoratore padre.
La legge, infatti, subordina espressamente alla convalida la risoluzione del rapporto di lavoro e non anche il diritto all’indennità di maternità/paternità, alla cui corresponsione si potrà procedere indipendentemente dalla verifica della convalida suddetta.
Con l’occasione si fa presente che detta verifica non è richiesta neppure ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di disoccupazione che, com’è noto, spetta anche in caso di dimissioni volontarie intervenute durante il periodo previsto per il divieto di licenziamento o entro un anno dall’ingresso del minore nella famiglia adottante o affidataria (v. circ. 128 del 5.7.2000 e circ. 143 del 16.7.2001), indennità di disoccupazione che frequentemente costituisce il presupposto per la erogabilità dell’indennità per congedo di maternità.
Infatti, se il congedo di maternità ha inizio trascorsi 60 giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice, all’inizio del congedo di maternità, fruisce o ha comunque un diritto teorico all’indennità di disoccupazione, alla stessa è erogabile l’indennità giornaliera di maternità, anziché quella di disoccupazione (art. 24, comma 4 del T.U.).
Si rammenta, ad ogni buon conto, che il diritto o meno all’indennità di disoccupazione è ininfluente quando il congedo di maternità inizia entro 60 giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro (per dimissioni o licenziamento), periodo entro il quale è senz’altro riconoscibile il diritto all’ indennità giornaliera di maternità (art. 24, comma 2 del T.U.).
10) Indennità di paternità
L’art. 28 del T.U. riconosce al padre lavoratore il diritto al congedo di paternità per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice madre, in caso di morte o di grave infermità della stessa ovvero di abbandono del figlio da parte della madre, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Il tenore letterale della norma sembrerebbe escludere il diritto del padre al congedo in questione nell’ipotesi in cui la madre non sia (o non sia stata) lavoratrice.
Tuttavia, la ”ratio” dell’astensione obbligatoria post- partum vuole garantire al neonato, proprio nei primi tre mesi di vita, l’assistenza materiale ed affettiva di un genitore (vedi sent. Corte Costituzionale n.1 del 19.1.1987).
Qualora, infatti, la richiesta del padre di fruire del congedo di paternità venisse riconosciuta solo subordinatamente al fatto che la madre sia o (sia stata) una lavoratrice, non solo si arrecherebbe un danno al neonato, ma ciò risulterebbe in contrasto con l’ordinanza n. 144 del 16/4/1987 con cui la Corte Costituzionale ha stabilito a proposito della suddetta sentenza n. 1/1987: ”in luogo di lavoratrice madre leggasi madre, lavoratrice o meno”.
Per tali ragioni, è da ritenere che, in tutti i casi previsti dall’art. 28 del T.U., il padre lavoratore abbia un diritto autonomo alla fruizione del congedo di paternità, correlato, quanto alla sola durata, alla eventuale fruizione del congedo di maternità da parte della madre (ovviamente lavoratrice). In tale ipotesi, la durata del congedo di paternità è pari al periodo di astensione obbligatoria non fruito in tutto o in parte dalla madre, compresi quindi i periodi di astensione obbligatoria post-partum di maggiore durata conseguenti alla flessibilità e/o al parto prematuro.
11) Calcolo dell’indennità per congedi parentali.
Agli effetti della determinazione della misura dell’indennità per congedo parentale si prende a riferimento la retribuzione media globale giornaliera del mese o del periodo di paga quadrisettimanale immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio l’astensione dal lavoro.
Tuttavia, nell’ipotesi in cui la lavoratrice fruisca del congedo parentale immediatamente dopo il congedo di maternità (ipotesi praticabile anche senza ripresa dell’attività lavorativa prima del congedo parentale), la retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo dell’indennità per congedo parentale è quella del periodo mensile o quadrisettimanale scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità (senza conteggiare i ratei di mensilità aggiuntive).
Laddove, invece, dopo il congedo di maternità, la lavoratrice riprenda l’attività lavorativa (anche per un solo giorno), si prende a riferimento, trattandosi di prestazioni diverse, la retribuzione relativa a tale periodo di ripresa dell’attività, ancorché questo cada nello stesso mese in cui ha avuto inizio il congedo parentale.
In caso di fruizione frazionata del congedo parentale, invece, si prende a riferimento la retribuzione del mese precedente, nonostante le frazioni siano intervallate da giorni di ripresa dell’attività.
Ovviamente la retribuzione va divisa per il numero dei giorni lavorati o retribuiti, eventualmente ridimensionati in caso di “settimana corta”.
12) Sentenza della Corte Costituzionale n. 405/2001.
Si rende noto che, con la sentenza n. 405 del 3-14 dicembre 2001, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, 1° comma, della legge 1204/71 nella parte in cui esclude la corresponsione della indennità di maternità nell’ipotesi prevista dall’art. 2, lett. a) della medesima legge (vigente all’epoca del procedimento instaurato davanti alla Corte).
Ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 1, del D. Lgs. 151/2001, nella parte in cui esclude la corresponsione dell’indennità di maternità nell’ipotesi prevista dall’art. 54, comma 3, lett. a) del medesimo decreto legislativo.
In attuazione della suddetta sentenza, pertanto, il diritto alla indennità di maternità potrà essere riconosciuto anche nei casi di licenziamento per giusta causa che si verifichino durante i periodi di congedo di maternità previsti dagli artt. 16 e 17 del T.U..
La presente disposizione è applicabile alle fattispecie pregresse per le quali non sia intervenuta prescrizione, decadenza o sentenza passata in giudicato.
13) Requisito contributivo in mancanza di assicurazione contro la disoccupazione.
Il comma 5 dell’art. 24 del T.U. recita testualmente: “La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel comma 4, ma che non è in godimento della indennità di disoccupazione perché nell’ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all’indennità giornaliera di maternità, purché al momento dell’inizio del congedo di maternità non siano trascorsi più di centottanta giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e, nell’ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo favore, nell’assicurazione obbligatoria per le indennità di maternità, ventisei contributi settimanali. ”.
Ciò, a differenza dell’art. 17 comma 4 della legge 1204/1971 (non più in vigore) che prevedeva per la lavoratrice nelle medesime condizioni di cui al suddetto comma 5 dell’art. 24 ora vigente, il possesso di 26 contributi settimanali nell’assicurazione di malattia.
Com’è noto, infatti, la norma della legge 1204 era già divenuta non più attuale, essendo venuto meno, dal 1/1/1998, l’obbligo di versamento all’INPS (Ente subentrato agli Enti assicuratori di malattia) dei contributi di malattia per il S.S.N..
Le Sedi, pertanto, dovranno ricercare il requisito di cui trattasi (26 contributi settimanali nell’ultimo biennio, sempre che non siano trascorsi più di centottanta giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro), nell’ambito della sola contribuzione di maternità.
Eventuali domande per congedo di maternità avanzate da lavoratrici che siano state licenziate, ma che non abbiano diritto alla indennità di disoccupazione, in quanto non soggette all’obbligo assicurativo per la disoccupazione, potranno essere accolte, quindi, subordinatamente alla verifica del suddetto requisito.
IL DIRETTORE GENERALE f.f.
PRAUSCELLO
Note
(1) Esempio:
Congedo parentale già fruito come “genitore solo”:
MADRE
4 mesi
5 mesi
6 mesi
6 mesi e 10 giorni
7 mesi
8 mesi
9 mesi
10 mesi
PADRE
4 mesi
5 mesi
6 mesi
7 mesi
7 mesi e 10 giorni
8 mesi
9 mesi
10 mesi
Congedo parentale fruibile dall’altro genitore che successivamente ha riconosciuto il figlio:
PADRE
7 mesi
6 mesi
5 mesi
4 mesi e 20 giorni
4 mesi
2 mesi
1 mese
zero
MADRE
6 mesi
6 mesi
5 mesi
4 mesi
3 mesi e 20 giorni
3 mesi
2 mesi
1 mese
(2) Si riportano a titolo esemplificativo alcuni casi, in cui l’inizio dell’obbligo di astenersi dal lavoro sia fissato al 1° 11. 2002. Negli esempi si ipotizza che il periodo di flessibilità richiesto sia pari al massimo (e cioè corrispondente al mese di novembre 2002) e che non si verifichino eventuali prolungamenti del periodo di astensione post partum dovuti a “parto prematuro”:
Attestazioni sanitarie rilasciate (datate)
Riconoscibilità della prestazione
a) prima del 7° mese di gravidanza (prima cioè del 1° ottobre)
non riconoscibilità
b) nel corso del 7° mese di gravidanza (e cioè tra il 1° ottobre e 1° novembre 2002)
riconoscibilità fino al termine del quarto mese dopo il parto
c) 11 novembre (nel corso dell’8° mese di gravidanza)
riconoscibilità dall’11 novembre e fino al 20° giorno del quarto mese dopo il parto
d) successivamente al 1° dicembre (dopo l’8° mese di gravidanza)
riconoscibilità solo per il mese precedente la data presunta del parto e per tre mesi successivi al parto
Allegato 1
MESSAGGIO n. p. 2001/0005/000569 del 27 giugno 2001
DIREZIONE CENTRALE
PRESTAZIONI A SOSTEGNO
DEL REDDITO
Destinatari
Ai Direttori delle Agenzie
e, per conoscenza,
Ai Direttori delle Sedi Regionali
OGGETTO: Ulteriori periodi di congedo parentale in caso di parto gemellare o plurigemellare.
Il D. Lgs. n. 151 del 26.3.2001 contenente il T.U. delle disposizioni legislative in materia di tutela della maternità e della paternità (inviato a codeste Sedi, per una immediata conoscenza con il Msg. n. 485 del 1.6.2001), stabilisce, all’art. 32, che ciascun genitore ha diritto al congedo parentale per ogni bambino, nei suoi primi otto anni di vita.
Di conseguenza, in caso di parto gemellare o plurigemellare ciascun genitore ha diritto a fruire per ogni nato del numero di mesi di congedo parentale previsti dallo stesso art. 32 (in sintesi, per ciascun figlio, fino a 6 mesi per la madre, fino a 7 mesi per il padre, nel limite complessivo di 10 o 11 mesi fra entrambi i genitori).
Le modalità di fruizione dei periodi ed i criteri relativi al trattamento economico restano, quindi, quelli stabiliti in applicazione della legge 53/2000 e riportati nella circ. 109 del 6.6.2000.
Il genitore che intenda avvalersi di ulteriori periodi di congedo parentale per la presenza di due o più figli gemelli dovrà presentare separate domande sul nuovo Mod. AST. FAC. (v. circ. n. 103 del 11.5.2001), predisposto per l’acquisizione delle informazioni necessarie al completo esame delle domande.
Con l’occasione si precisa che per il parto plurimo non è previsto, invece, il diritto ad ulteriori periodi di congedo di maternità (astensione obbligatoria).
IL DIRETTORE CENTRALE
ZICCHEDDU
Circolare 153 del 17 settembre 2003
Oggetto:
Sentenza Corte di Cassazione - Sezioni Unite - 21 marzo 2001 n. 118. Ripristino da data successiva alla revoca di pensione di invalidità liquidata in base alle disposizioni vigenti anteriormente alla legge 12 giugno 1984 n. 222. Modalità di computo del requisito contributivo relativo.
SOMMARIO:
La Suprema Corte ha stabilito che, ai fini dell’accertamento del requisito contributivo relativo in caso di ripristino della prestazione di invalidità da epoca successiva alla soppressione, occorre prendere come termine di riferimento, per il computo a ritroso del quinquennio nel quale devono essere conteggiati i contributi, il giorno nel quale è stata presentata in sede amministrativa la domanda diretta al ripristino della pensione.
1 - Premessa
La Corte di Cassazione, con sentenza resa a Sezioni Unite n. 118/2001, ha affrontato la questione concernente le modalità di computo del requisito contributivo relativo nel caso di ripristino di un trattamento di invalidità con decorrenza successiva all’epoca della soppressione.
Ai fini della concessione delle prestazioni previdenziali in oggetto, è richiesta l’esistenza, oltre che dei requisiti assicurativo e sanitario, del requisito di attualità contributiva (cd. requisito contributivo relativo), consistente in un periodo minimo di contribuzione nel quinquennio che precede la presentazione della domanda di pensione in sede amministrativa.
Tale periodo di contribuzione, fissato in un anno dall’art. 9, n. 2, lett. b, del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (come modificato dall’art. 2 della legge 4 aprile 1952 n. 218), è stato successivamente e gradualmente elevato a tre anni dall’art. 4, co. 2°, della legge 12 giugno 1984, n. 222, per i trattamenti erogati con decorrenza posteriore all’entrata in vigore dell’anzidetto provvedimento.
In merito, la Suprema Corte ha preliminarmente rilevato che il termine di riferimento, ai fini del computo a ritroso del quinquennio, deve essere individuato nel giorno della presentazione della domanda amministrativa e non già, come talune precedenti pronunce avevano sostenuto, nel giorno del riconoscimento della prestazione, continuando a trovare applicazione in materia il disposto di cui al citato art. 9, n. 2, r.d.l. n. 636/1939.
Tanto premesso, era sorta questione se, a seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina dettata dalla legge n. 222/1984 e in caso di riconoscimento giudiziale, ai sensi dell’art. 149 disp. att. c.p.c., di un diritto non identico a quello soppresso (attribuzione dell’assegno ordinario di invalidità o della pensione di inabilità in luogo della pensione di invalidità), dovesse aversi riguardo alla originaria domanda di pensione di invalidità o a quella, successiva al provvedimento di soppressione, concernente il ripristino della prestazione.
2 - Orientamenti giurisprudenziali precedenti alla sentenza n. 118
Sulla questione, si sono registrati nel tempo orientamenti giurisprudenziali contrastanti.
Un primo indirizzo, sul presupposto che la vicenda del diritto alla prestazione previdenziale vada considerata come unica anche quando si susseguono le fasi della sospensione, della rettifica o della revoca, aveva ritenuto che, qualora il giudizio avente ad oggetto la domanda diretta al ripristino della soppressa pensione di invalidità si svolga dopo l’entrata in vigore della legge n. 222/1984, il giudice, in presenza di un sopraggiunto aggravamento delle condizioni sanitarie del soggetto, poteva riconoscere al medesimo il diritto all’assegno di invalidità o alla pensione di inabilità, senza l’applicazione del diverso, e più oneroso, requisito contributivo relativo di cui all’art. 4 della suddetta legge n. 222/1984 (tre anni nell’ultimo quinquennio anziché uno).
Conseguentemente, il requisito contributivo in parola doveva essere verificato con riferimento al quinquennio antecedente la presentazione dell’originaria domanda di pensione in sede amministrativa, senza necessità di un nuovo accertamento all’epoca della rideterminazione dello stato invalidante.
A tali principi si era uniformata la circolare n. 198 del 24 agosto 1990, al punto 1.
3 - La sentenza n. 118
Un secondo orientamento, accolto dalla sentenza in oggetto, ha rilevato, al contrario, come l’unicità dell’iter inerente il diritto alla prestazione previdenziale sia sostenibile solo ove il giudizio promosso dall’assicurato al fine di contestare il provvedimento di soppressione si concluda con l’accoglimento integrale della domanda, avendo il giudice riconosciuto che l’originaria pensione era stata ingiustamente revocata per non essere mai venuto meno lo stato invalidante.
Diverso è il caso in cui, a fronte di un originario beneficio riconosciuto e poi soppresso, l’organo giudicante abbia riconosciuto, con decorrenza posteriore, un diverso beneficio: in tal caso, l’intervallo derivato dall’interruzione impedisce di considerare unico l’evento.
Applicando tale criterio interpretativo, la Corte di Cassazione ha distinto nettamente le due situazioni.
Se il giudizio instaurato dall’interessato si conclude con l’integrale accoglimento della pretesa dedotta in giudizio e se, pertanto, il giudice riconosce che la pensione, non ricorrendone le condizioni, non poteva essere soppressa, il requisito contributivo relativo andrà accertato prendendo come termine di riferimento, per il computo a ritroso del quinquennio nel quale debbono essere conteggiati i contributi, il giorno in cui è stata presentata l’originaria domanda di pensione in sede amministrativa, con la conseguente applicazione della disciplina di cui all’art. 9, n. 2, lett. b, del r.d.l. n. 636/1939 (ove la domanda rientri nella vigenza temporale di tale disposizione).
Qualora, viceversa, l’organo giudicante reputi corretto l’originario provvedimento di soppressione della pensione e tuttavia riconosca, ai sensi degli artt. 1, 2 e 12, co. 1°, della legge n. 222/1984 e dell’art. 149 disp. att. c.p.c., che l’assicurato ha diritto all’assegno ordinario di invalidità o alla pensione di inabilità per il sopraggiungere di un nuovo stato invalidante nel corso del procedimento amministrativo o giudiziario, la valutazione del requisito contributivo relativo deve essere effettuata con riferimento al tempo della proposizione della domanda amministrativa di ripristino della prestazione. Con la conseguenza che, ove tale domanda sia stata presentata dopo l’entrata in vigore della legge n. 222/1984, il suddetto requisito deve essere valutato in base alle disposizioni, più rigorose, contenute nell’art. 4, secondo comma, di tale disposizione legislativa.
4 - Nuovi criteri applicativi
Sulla base di tali principi devono ritenersi modificate le istruzioni fornite con la citata circolare n. 198 del 1990, al punto 1.
Di conseguenza, ove l’ex titolare di trattamento di invalidità revocato o non confermato veda integralmente accolto il proprio ricorso per non essere mai venuto meno lo stato invalidante, deve farsi luogo al ripristino della prestazione dal giorno della revoca o della mancata conferma, senza necessità di accertare nuovamente l’esistenza del requisito contributivo relativo, ritenendosi sufficiente quello accertato con riferimento alla domanda amministrativa che ha determinato l’originario riconoscimento della prestazione.
Nel caso in cui, viceversa, a seguito di ricorso contro il provvedimento di revoca o di mancata conferma del trattamento di invalidità, per cessazione dello stato invalidante, si accerti la sopravvenienza di un nuovo stato di invalidità, deve farsi luogo alla concessione della prestazione dal primo giorno del mese successivo all’insorgenza del nuovo stato invalidante, previa nuova verifica dell’esistenza del requisito contributivo relativo.
Il requisito in parola andrà accertato computando i contributi versati o accreditati nel quinquennio antecedente la data di presentazione della domanda amministrativa diretta al ripristino della trattamento previdenziale, con l’applicazione della normativa vigente a tale data.
I principi sopra delineati trovano applicazione per le domande di ripristino di trattamenti di invalidità revocati a decorrere dalla data della presente circolare, nonché per quelle il cui iter amministrativo sia, alla medesima data, in corso di trattazione. Sono in ogni caso fatti salvi i trattamenti già definiti in conformità con la sentenza della Corte di Cassazione n. 849 del 7 febbraio 1990 (circ. n. 198/1990, punto 1).
I predetti principi valgono sia nei casi di revoche di pensioni di invalidità sia nei casi di revoche di assegni di invalidità.
5 –Conferma delle istruzioni in atto per i casi di nuove domande di assicurati già titolari di prestazioni revocate
Per quanto concerne le istruzioni fornite al punto 2 della circolare n. 198/1990, nulla è innovato.
Pertanto, nel caso in cui il lavoratore già titolare di trattamento pensionistico di invalidità (pensione o assegno) revocato o non confermato per cessazione dello stato invalidante presenti nuova domanda di assegno, il riconoscimento del diritto e' subordinato, oltre che all'esistenza di un nuovo stato invalidante, alla sussistenza del requisito contributivo relativo nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda.
Per l'ipotesi che la nuova domanda venga presentata da ex titolare di assegno di invalidità revocato la Corte di Cassazione, con la citata sentenza n. 849/1990, ha affermato che, ai fini del conseguimento del requisito contributivo nel quinquennio, devono considerarsi utili i periodi di godimento dell'assegno di invalidità, nei quali non sia stata prestata attività lavorativa.
In tal senso, secondo la Suprema Corte, deve essere interpretato l'art.1, comma 6, della legge n. 222/1984 il quale, nel sancire la non reversibilità dell'assegno di invalidità, prevede ulteriormente che “ai fini del conseguimento dei requisiti di contribuzione di cui al comma 2 del successivo articolo 4, si considerano utili i periodi di godimento dell'assegno, nei quali non sia stata prestata attività lavorativa”.
La suddetta previsione, si legge nella sentenza, non contiene specifici riferimenti ad alcun tipo di pensione e deve pertanto ritenersi autonoma, malgrado la sua collocazione, rispetto alla prima parte dello stesso comma riguardante la pensione ai superstiti.
Ne consegue che, in caso di domanda di assegno di invalidità presentata da ex titolare della stessa prestazione revocata o non confermata per cessazione dello stato invalidante o per mancata richiesta di conferma, i requisiti contributivi devono essere accertati ritenendo utili i periodi di godimento dell'assegno revocato o non confermato durante i quali non sia stata prestata attività lavorativa: restando esclusa, secondo la previsione normativa, la valutabilità di tali periodi ai fini della misura della prestazione.
IL DIRETTORE GENERALE F.F.
PRAUSCELLO