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Messaggio 7412 del 3 marzo 2005
Oggetto: Valutazione della malattia indennizzabile in materia di procreazione assistita.
Alla scrivente Area Malattia e Maternità del Coordinamento Generale Medico Legale sono state rappresentate, da parte di alcune Sedi, difficoltà in merito alla valutazione medico legale della malattia indennizzabile nel caso in cui il certificato di malattia sia stilato per “fecondazione assistita”.
Al fine di assicurare una maggiore omogeneità valutativa a livello nazionale, si forniscono chiarimenti in merito all’argomento in questione.
Nell’approcciare la tematica, non si può prescindere da un richiamo alle norme che ne regolamentano i vari aspetti a cui, pertanto, bisogna attenersi.
La fecondazione assistita è preveduta dall’art. 42 del Codice di Deontologia Medica che così recita:
“Le tecniche di procreazione umana medicalmente assistita hanno lo scopo di ovviare alla sterilità.
E’ fatto divieto al medico, anche nell’interesse del bene del nascituro, di attuare:
a) forme di maternità surrogata;
b) forme di fecondazione assistita al di fuori di coppie eterosessuali stabili;
c) pratiche di fecondazione assistita in donne in menopausa non precoce;
d) forme di fecondazione assistita dopo la morte del partner.
E’ proscritta ogni pratica di fecondazione assistita ispirata a pregiudizi razziali; non è consentita alcuna selezione dei gameti ed è bandito ogni sfruttamento commerciale, pubblicitario, industriale di gameti, embrioni e tessuti embrionali o fetali, nonché la produzione di embrioni ai soli fini di ricerca.
Sono vietate pratiche di fecondazione assistita in studi, ambulatori o strutture sanitarie privi di idonei requisiti”.
Conformemente a quanto già enunciato dal Codice Deontologico, il ricorso alla procreazione medicalmente assistita ha subito previsione normativa espressa con la Legge n. 40 del 19 febbraio 2004.
In virtù di essa - ed in attesa delle preannunciate iniziative modificative - a coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugati o conviventi, in età potenzialmente fertile ed entrambi viventi, nei casi di sterilità o di infertilità, ove non vi siano altri metodi terapeutici efficaci, è consentito ricorrere alla procreazione assistita.
Quest’ultima è vietata se di tipo eterologo.
Gli interventi possono essere realizzati in strutture pubbliche o private autorizzate dalle regioni ed iscritte in un apposito registro istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità.
Tali strutture sono tenute, per il tramite dei propri medici, a fornire agli interessati che decidono di sottoporsi alle tecniche di procreazione assistita, gli elementi minimi di conoscenza necessari alla formazione del consenso informato, previsti dal Decreto n. 336 del 16 dicembre 2004 del Ministero della Salute e del Ministero della Giustizia.
Acquisiti i predetti elementi informativi, i richiedenti provvedono, congiuntamente al medico responsabile della struttura, alla sottoscrizione della dichiarazione di consenso informato in duplice copia, di cui una è consegnata ai richiedenti e una trattenuta dalla struttura.
Quanto alle procedure ed alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, il decreto del Ministro della salute del 21 luglio 2004 ha definito le linee guida contenenti tali indicazioni.
Tale Decreto ha anche fornito la definizione di sterilità ed infertilità:
“Secondo una prima definizione la sterilità, almeno nella donna, andrebbe distinta dall'infertilità, intesa come incapacità di condurre la gravidanza fino all'epoca di vitalità fetale. Nell'uomo, invece, essendo il concetto di aborto ovviamente estraneo alla patologia della riproduzione, i due termini vengono largamente utilizzati come sinonimi.
Secondo un'altra definizione una coppia è considerata infertile quando non è stata in grado di concepire e di procreare un bambino dopo un anno o più di rapporti sessuali non protetti, mentre è sterile la coppia nella quale uno o entrambi i coniugi sono affetti da una condizione fisica permanente che non rende possibile la procreazione. Secondo questa interpretazione il termine "sterilità" si riferisce, quindi, ad una condizione più grave e comunque assoluta di "infertilità" riguardante la coppia e non il singolo membro di essa”.
Nelle linee guida i termini di sterilità ed infertilità vengono utilizzati come sinonimi, indicando l'assenza di concepimento, oltre ai casi di patologia riconosciuta, dopo 12/24 mesi di regolari rapporti sessuali non protetti.
Le tecniche di procreazione medicalmente assistita oggi praticate sono:
· inseminazione con o senza induzione multipla dell’ovulazione
· trasferimento intratubarico di gameti (GIFT)
· fecondazione in vitro
L’inseminazione è una tecnica mediante la quale gli spermatozoi vengono introdotti meccanicamente nelle vie genitali femminili.
Le inseminazioni sopracervicali, contemplate dalle linee guida, consistono nell’immissione degli spermatozoi nell’utero (IUI), nel periotoneo (IPI), oppure mediante perfusione tubarica (FSP).
Il trasferimento intratubarico di gameti (GIFT) - tecnica peraltro poco utilizzata – consiste nella fecondazione in vivo e non in vitro.
La fecondazione in vitro comprende le tecniche fecondative con prelievo di ovocita.
Gli embrioni prodotti non devono essere di numero superiore a quello necessario ad un unico impianto e, comunque, non più di tre.
Non è possibile procedere alla soppressione degli stessi né alla crioconservazione se non nei casi in cui il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile per cause di forza maggiore relative allo stato di salute della donna non prevedibili al momento della fecondazione: in tali circostanze il trasferimento dovrà avvenire appena possibile.
Una delle tecniche più diffuse e conosciute è la FIVET (fecondazione in vitro e trasferimento di embrioni) che consiste nel trasferimento nella cavità uterina di embrioni ottenuti dalla fecondazione in provetta degli ovociti con gli spermatozoi.
In una prima fase, con una terapia a domicilio, vengono stimolate le ovaie in modo da ottenere una crescita multipla di follicoli. Dall’8° giorno fino al 14° giorno circa vengono effettuati quotidiani controlli:
· ecografici per controllare il numero e le dimensioni dei follicoli ovarici
· ematici del 17beta estradiolo
onde aggiustare i dosaggi della terapia stimolante per ottenere una corretta maturazione dei follicoli.
Raggiunta la maturazione ottimale, si procede all’interruzione della stimolazione ed alla somministrazione di terapia che porterà all’ovulazione.
Dopo circa 36 ore, si procede al recupero degli ovociti tramite una tecnica ecoguidata, in anestesia locale: attraverso i fornici posteriori della parete vaginale viene fatto penetrare un ago - montato su una sonda ecografica - tramite il quale vengono aspirati gli ovociti contenuti nei rispettivi follicoli. Intanto, il seme viene opportunamente preparato ed utilizzato per inseminare gli ovociti.
La fecondazione avviene in provetta, dove ovociti e spermatozoi vengono lasciati per 16-19 ore. Gli ovociti fertilizzati, dopo 48-72 ore dal prelievo, vengono trasferiti in utero tramite l’inserimento di un catetere attraverso la cervice uterina.
In alternativa alla FIVET, si ricorre alla ICSI (iniezione intracitoplasmatica degli spermatozoi).
L’ICSI si differenzia dalla FIVET solo nelle procedure di laboratorio in quanto il singolo spermatozoo (ovvero, secondo una variante, lo spermatide) viene introdotto direttamente nel citoplasma dell’ovocita tramite un microago sotto visione microscopica.
Ciò permette di trattare i casi di azoospermia ostruttiva e quei casi in cui, nel liquido seminale, ci siano pochi spermatozoi mobili (oligospermia).
In caso di azoospermia ostruttiva si procede al prelievo degli spermatozoi mediante diverse tecniche:
· aspirazione percutanea di spermatozoi dal testicolo (TESA),
· estrazione di spermatozoi per via testicolare (TESE),
· aspirazione microchirurgica di spermatozoi dall’epididimo (MESA),
· aspirazione percutanea di spermatozoi dall’epididimo (PESA).
Altre tecniche di fecondazione in vitro - la ZIFT (trasferimento intratubarico di zigoti) e la TET (trasferimento intratubarico di embrioni) - sono una combinazione della FIVET e della GIFT, ma non esistono studi che dimostrino una maggiore efficacia rispetto al trasferimento in utero degli embrioni stessi.
Le tecniche indicate vengono utilizzate previa valutazione delle singole fattispecie da parte degli specialisti del Servizio di Fisiopatologia della Riproduzione: in genere, vengono effettuati due o tre tentativi di inseminazione prima di utilizzare le tecniche di fecondazione in vitro.
L’ampia descrizione fornita dimostra che si tratta di pratiche complesse, cui sono annesse sempre maggiori richieste di astensione dal lavoro motivate da “fecondazione assistita come cura della sterilità”.
Come abbiamo visto, risulta difficile dare un inquadramento univoco persino alla stessa definizione di sterilità.
In effetti, nel senso comune del termine, la sterilità non è una malattia: anzi, è difficile riscontrare nella coppia sterile una malattia in atto.
E’ però vero che, nella maggior parte delle persone, è una condizione che determina uno stato di sofferenza più o meno accentuata con conseguenze di notevole rilievo sulla salute psicologica della donna e/o del partner.
Tale condizione di sofferenza psichica può essere anche amplificata da altri fattori (es. età non più precoce della donna) e spingere ad un sempre maggior ricorso alle tecniche di fecondazione assistita.
Attese queste considerazioni, le pratiche di procreazione assistita, pur non potendosi considerare “malattia” in senso classico, devono essere ad essa assimilate.
Infatti, il periodo di riposo di solito prescritto è finalizzato ad un adeguato impianto dell’embrione in utero, perché è ridotto:
· il rischio di ipercontrattilità del miometrio che potrebbe essere facilitata dagli sforzi, talvolta anche minimi;
· il livello di stress che - secondo le ipotesi scientifiche più accreditate - sappiamo essere correlato ad anomale oscillazioni cicliche ormonali, con incremento del rischio di insuccesso della tecnica di procreazione assistita.
Quindi, saranno accettate ai fini della loro indennizzabilità, le giornate di ricovero e quelle successive alla dimissione, prescritte dallo specialista e necessarie per un sicuro impianto dell’embrione: mediamente, appaiono congrue due settimane dopo il trasferimento dell’embrione nell'utero.
Per quello che riguarda i controlli ecografici ed ematici quotidiani, si farà ricorso ad altri istituti contrattuali (permessi orari), ad eccezione di fattispecie particolari che possano integrare la necessità medico legale di un riposo anche antecedente la fecondazione assistita, valutabile nel caso concreto e, approssimativamente, in una settimana.
Ove vengano effettuate tecniche di procreazione assistita che richiedono il prelievo degli spermatozoi dall’epididimo o dal testicolo, un congruo periodo di malattia, valutabile nell’ordine dei dieci giorni, è riconoscibile anche al lavoratore.
Particolare attenzione va posta nel caso di lavoratori che ricorrono a tecniche di procreazione assistita presso strutture ospedaliere di Paesi Esteri: in tali casi, l’esame della documentazione medica deve essere effettuato con maggiore cura al fine di verificare che le tecniche di procreazione assistita siano effettuate in conformità alle previsioni della normativa italiana, perché solo in questa ipotesi, può essere riconosciuta l’indennizzabilità per malattia del periodo di astensione dal lavoro.
Coordinatore Centrale
Area Malattia e Maternità
Lia De Zorzi
Coordinatore Generale
Medico Legale
Massimo Piccioni