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Abrogazione del ReI e il regime transitorio
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Calcolo del beneficio economico
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Competenza nella verifica dei requisiti
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Concessione del beneficio
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Domande presentate dai cittadini non appartenenti all’Unione europea
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Finanziamento e monitoraggio
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Gestione delle istanze di rinuncia
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Integrazione delle dichiarazioni di responsabilità rese dai beneficiari
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La decorrenza del beneficio
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La richiesta del beneficio
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Reddito di cittadinanza
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Regime fiscale
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Requisiti per l’accesso al beneficio
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Simulatore RdC/PdC
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Svolgimento di attività lavorativa all’atto della presentazione della domanda
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Variazioni da comunicare durante il godimento del beneficio
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Reddito di cittadinanza
Requisiti per l’accesso al beneficio
(circ.43/2019) (circ.100/2019)
L’articolo 2 del decreto-legge stabilisce i requisiti per essere ammessi al beneficio di Rdc/Pdc, riconosciuto ai nuclei familiari che ne siano in possesso, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell'erogazione del beneficio.
Per la definizione del nucleo familiare, all’articolo 2, comma 5, il decreto-legge ha integrato la normativa ISEE sulla composizione del nucleo in materia di coniugi separati o divorziati e di figli maggiorenni non conviventi, a carico IRPEF dei genitori. In particolare, viene precisato che i coniugi separati o divorziati fanno parte dello stesso nucleo familiare qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione. Questi continuano a far parte dello stesso nucleo anche nell’ipotesi in cui risiedano nella stessa abitazione, ma risultino in due stati di famiglia distinti. Pertanto, affinché i coniugi separati o divorziati costituiscano due nuclei diversi, è necessario che abbiano due diverse residenze.
Al riguardo, nella legge di conversione viene precisato che, laddove la separazione o il divorzio siano avvenuti successivamente alla data del 1° settembre 2018, il cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale.
Inoltre, la lettera a-bis) del medesimo articolo 2, comma 5, introdotta sempre in sede di conversione del decreto-legge, prevede che i componenti già facenti parte di un nucleo familiare come definito ai fini ISEE, o del medesimo nucleo come definito ai fini anagrafici, continuino a farne parte ai fini ISEE anche a seguito di variazioni anagrafiche, laddove continuino a risiedere nella medesima abitazione.
Reddito di cittadinanza
Requisiti per l’accesso al beneficio
(circ.43/2019) (circ.100/2019)
L’articolo 2 del decreto-legge stabilisce i requisiti per essere ammessi al beneficio di Rdc/Pdc, riconosciuto ai nuclei familiari che ne siano in possesso, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell'erogazione del beneficio.
Per la definizione del nucleo familiare, all’articolo 2, comma 5, il decreto-legge ha integrato la normativa ISEE sulla composizione del nucleo in materia di coniugi separati o divorziati e di figli maggiorenni non conviventi, a carico IRPEF dei genitori. In particolare, viene precisato che i coniugi separati o divorziati fanno parte dello stesso nucleo familiare qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione. Questi continuano a far parte dello stesso nucleo anche nell’ipotesi in cui risiedano nella stessa abitazione, ma risultino in due stati di famiglia distinti. Pertanto, affinché i coniugi separati o divorziati costituiscano due nuclei diversi, è necessario che abbiano due diverse residenze.
Al riguardo, nella legge di conversione viene precisato che, laddove la separazione o il divorzio siano avvenuti successivamente alla data del 1° settembre 2018, il cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale.
Inoltre, la lettera a-bis) del medesimo articolo 2, comma 5, introdotta sempre in sede di conversione del decreto-legge, prevede che i componenti già facenti parte di un nucleo familiare come definito ai fini ISEE, o del medesimo nucleo come definito ai fini anagrafici, continuino a farne parte ai fini ISEE anche a seguito di variazioni anagrafiche, laddove continuino a risiedere nella medesima abitazione.
A) La mancata sottoposizione a misure cautelari e la mancanza di condanne definitive
A) La mancata sottoposizione a misure cautelari e la mancanza di condanne definitive
Come anticipato in premessa, all’articolo 2, comma 1, è stata inserita dalla legge di conversione la nuova lettera c-bis), che prevede per il richiedente il beneficio, al momento della presentazione della domanda, la mancata sottoposizione a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, nonché la mancanza di condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti indicati all'articolo 7, comma 3, del medesimo decreto-legge[2].
Tale disposizione va letta in combinato disposto con l’articolo 3, comma 13, del decreto-legge n. 4/2019, che in tema di “beneficio economico” precisa che nel caso in cui nel nucleo siano presenti componenti soggetti a misura cautelare o condannati per i predetti reati, tali soggetti non incidono sulla scala di equivalenza.
Esempio: nucleo familiare di 3 maggiorenni, di cui uno sottoposto ad una misura cautelare e/o condannato in via definitiva, il parametro della s.e. è pari a 1,4, così calcolato: 1 (primo maggiorenne) + 0,4 (per il secondo maggiorenne), senza considerare il terzo componente sottoposto alle predette misure
Sul tema, infine, si evidenzia il nuovo articolo 7-ter del decreto-legge, introdotto dalla legge di conversione, che prevede, per i soggetti sottoposti a misure cautelari ovvero condannati con sentenza non definitiva per taluno dei delitti indicati al citato articolo 7, comma 3, l’applicazione, a cura del giudice che ha comminato la sanzione accessoria, della sospensione del beneficio Rdc. Sul punto, la norma stabilisce altresì che, ai fini della loro immediata esecuzione, i provvedimenti di sospensione sono comunicati a cura dell’autorità giudiziaria procedente entro il termine di quindici giorni dallo loro adozione. La comunicazione del giudice è rivolta all’INPS per l’inserimento nelle piattaforme di cui all’articolo 6 del medesimo decreto-legge, che hanno in carico la posizione dell’indagato o imputato o condannato.
A tal proposito, in ordine alla decorrenza del nuovo requisito soggettivo, in sede di conversione, è stato aggiunto all’articolo 13 del decreto-legge il comma 1-bis, in base al quale “Sono fatte salve le richieste del Rdc presentate sulla base della disciplina vigente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. I benefici riconosciuti sulla base delle predette richieste sono erogati per un periodo non superiore a sei mesi pur in assenza dell'eventuale ulteriore certificazione, documentazione o dichiarazione sul possesso dei requisiti, richiesta in forza delle disposizioni introdotte dalla legge di conversione del presente decreto ai fini dell'accesso al beneficio”.
Al riguardo, si evidenzia che le domande presentate sulla base della disciplina vigente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione non prevedevano la dichiarazione di responsabilità relativa alla eventuale presenza nel nucleo di componenti sottoposti a misura cautelare personale, nonché condannati con sentenza definitiva intervenuta nei dieci anni precedenti la richiesta per i delitti previsti dagli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422 e 640-bis del codice penale.
Inoltre, solo in sede di conversione è stato previsto che il richiedente il beneficio non debba essere sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, e non debba essere stato condannato in via definitiva, nei dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti di cui agli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422 e 640-bis del codice penale.
Saranno successivamente comunicate le soluzioni adottate relativamente a tali domande.
B) I requisiti reddituali e patrimoniali: precisazioni sulla soglia in caso di nucleo in abitazione in locazione
B) I requisiti reddituali e patrimoniali: precisazioni sulla soglia in caso di nucleo in abitazione in locazione
Con la conversione in legge del decreto resta fermo che la verifica del possesso dei requisiti reddituali e patrimoniali avviene mediante l’attestazione ISEE, in corso di validità all’atto di presentazione della domanda, nella quale sia presente il richiedente il Rdc.
A tal proposito, come già precisato dalla circolare n. 43/2019, è sufficiente che all’atto di presentazione della domanda di Rdc, per il nucleo familiare per il quale si richiede la prestazione, sia stata presentata la Dichiarazione Sostitutiva Unica (di seguito denominata DSU) ai fini ISEE, ordinario o corrente. Come previsto dalla legge di conversione, nel caso di nuclei familiari con minorenni, l'ISEE è calcolato ai sensi dell'articolo 7 del D.P.C.M. n. 159 del 2013. Pertanto, laddove presente, rileva l’ISEE minorenni riferibile al nucleo in cui è presente il dichiarante, in luogo di quello ordinario.
Tanto premesso, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 4/2019, il nucleo familiare deve essere in possesso dei seguenti requisiti reddituali e patrimoniali, come aggiornati dalla legge di conversione:
- un valore dell'ISEE, di cui al D.P.C.M. n. 159 del 2013, inferiore a 9.360 euro;
- un valore del patrimonio immobiliare, come definito a fini ISEE, diverso dalla casa di abitazione, non superiore ad una soglia di 30.000 euro; il valore del patrimonio immobiliare è relativo ai beni posseduti sia in Italia che all’estero. Gli immobili all’estero vanno dichiarati nell’ISEE con riferimento al valore al 31 dicembre dell’anno precedente, ai fini dell’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE), di cui all’articolo 19, comma 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
- un valore del patrimonio mobiliare, come definito a fini ISEE, non superiore a una soglia di 6.000 euro, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10.000 euro, incrementato di ulteriori 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo; le predette soglie sono ulteriormente incrementate di 5.000 euro per ogni componente con disabilità media, cosi come definita a fini ISEE, presente nel nucleo e di 7.500 euro per ogni componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza;
Esempio: nucleo familiare di 3 soggetti di cui 1 disabile medio, il valore massimo del patrimonio mobiliare è pari a 15.000 euro, così calcolato: [6.000+(2.000*2)] = 10.000 euro, incrementato di 5.000 euro (per 1 componente disabile).
Esempio: nucleo familiare di 3 soggetti di cui 1 disabile grave, il valore massimo del patrimonio mobiliare è pari a 17.500 euro, così calcolato: [6.000+(2.000*2)] = 10.000 euro, incrementato di 7.500 euro (per 1 componente disabile grave).
Esempio: nucleo familiare di 4 soggetti, madre e 3 figli di cui 1 disabile grave, il valore massimo del patrimonio mobiliare è pari a 18.500 euro, così calcolato: [6.000+(2.000*2)] = 10.000 euro, incrementato di 1.000 euro per il terzo figlio e di 7.500 euro (per 1 componente disabile grave).
- un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di 6.000 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ai fini Rdc. La predetta soglia è incrementata a 7.560 euro ai fini dell'accesso alla Pdc. In ogni caso, la soglia è incrementata a 9.360 euro, sempre moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ai fini Rdc, nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione, come da dichiarazione sostitutiva unica ai fini ISEE.
Al riguardo, tenuto conto delle richieste di chiarimento pervenute all’INPS e agli intermediari incaricati della ricezione delle domande, si precisa che il reddito familiare ai fini Rdc/Pdc non coincide con il valore ISR (Indicatore della Situazione Reddituale) rilevabile dall’attestazione ISEE, posto che per la determinazione del reddito familiare l’articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 4/2019, richiama esclusivamente l’articolo 4, comma 2, del D.P.C.M. n. 159 del 2013. Il mancato rinvio anche ai commi 3 e 4 del citato articolo comporta che la base di partenza per il calcolo del reddito familiare sia data dalla somma di tutti i redditi e trattamenti assistenziali che già concorrono alla formazione dell’ISR (reddito complessivo ai fini IRPEF di tutti i componenti, redditi soggetti a tassazione sostitutiva o a ritenuta d’imposta, redditi esenti, assegni per il mantenimento dei figli, reddito figurativo di attività finanziarie, ecc.), senza tuttavia poter operare anche la sottrazione delle componenti che invece vengono sottratte nell’ambito dell’ISEE (le spese sanitarie per disabili, gli assegni per il coniuge, la deduzione per redditi da lavoro dipendente ovvero pensione, le spese su base nucleo per il canone di locazione, ecc.).
Esempio: nucleo familiare composto da 4 componenti con s.e. Rdc pari a 1,8 (due adulti e due minorenni). Il nucleo familiare ha esclusivamente un reddito da lavoro dipendente pari a 15.000 euro (da assumere al lordo della detrazione per lavoro dipendente pari al 20% con un massimo di 3.000 euro). In assenza di canone di locazione e patrimonio, il valore ISEE è pari a 4.878,04 euro (con s.e. ISEE pari a 2,46). Il reddito familiare ai fini Rdc si calcola partendo dal reddito complessivo IRPEF desumibile dal quadro FC 8, sez. II, della DSU, preso al lordo della predetta deduzione per reddito da lavoro dipendente. Non si deve invece tenere conto dell’importo della prima riga dell’attestazione ISEE denominata “Somma dei redditi dei componenti del nucleo” poiché tale importo è al netto della franchigia per lavoro dipendente. Nell’ipotesi la soglia Rdc per il nucleo in riferimento è pari a 10.800 euro (6.000 x 1.8)e pertanto il beneficio non spetta.
La norma precisa altresì che il valore del reddito familiare deve essere assunto al netto dei trattamenti assistenziali eventualmente inclusi nell’ISEE ed inclusivo del valore annuo dei trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi.
Come chiarito nella circolare n. 43/2019, i trattamenti sono comunicati dagli enti erogatori al “SIUSS” (Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali) entro quindici giorni, ma l’INPS terrà conto anche di quelli rilevabili direttamente dai propri archivi.
Esempio: nucleo con due componenti maggiorenni in locazione (s.e. Rdc pari a 1,4), reddito familiare pari a 6.688,42 euro, ivi incluso l’assegno sociale percepito per 6 mensilità (e relativo rateo di tredicesima) in misura pari a 2.912,45 euro (desumibile dal quadro FC 8, sez. III, della DSU), percepito nel 2017. Nel 2019, percepirà il predetto assegno sociale su base annua in misura pari a 5.953,87 euro. Pertanto, il reddito familiare al netto dei trattamenti presenti nell’ISEE ed inclusivo di quelli in corso di godimento su base annua è pari 9.729,84 euro.
Ai fini della determinazione del beneficio, il successivo articolo 3, comma 1, stabilisce che il beneficio si compone delle seguenti due quote:
a) una componente, ad integrazione del reddito familiare fino alla soglia di 6.000 euro annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza. Per la Pdc la soglia è incrementata a 7.560 euro;
b) una componente, ad integrazione del reddito dei nuclei familiari residenti in abitazione in locazione, pari all’ammontare del canone annuo previsto nel contratto di locazione, come dichiarato ai fini ISEE, fino ad un massimo di 3.360 euro annui. In caso di nuclei residenti in abitazioni di proprietà, per il cui acquisto o costruzione sia stato contratto un mutuo, il limite è di 1.800 euro. In caso di Pdc, il limite massimo è comunque pari a 1.800 euro annui.
Relativamente al calcolo del beneficio complessivo, consistente nella quota A e nella quota B, l’importo massimo del beneficio spettante va calcolato nel rispetto del limite di cui all’articolo 3, comma 4, del decreto-legge. Tale limite risulta rilevante nel caso in cui il reddito familiare superi la soglia per accedere alla quota A, ma non la soglia per accedere al beneficio, nel caso in cui il nucleo risieda in una casa in locazione o abbia contratto un mutuo. In tale circostanza, ai nuclei beneficiari che vivono in abitazione in locazione ovvero hanno il mutuo, secondo quanto precisato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nel rispetto dell’importo massimo del beneficio previsto dall’articolo 3, comma 4, del decreto-legge, seppure non spetti la quota A, può spettare la componente ad integrazione dell’affitto ovvero del mutuo, fino a concorrenza del valore di 9.360 euro moltiplicato per la soglia della scala di equivalenza, ridotto del reddito familiare.
In ipotesi di nucleo in locazione con reddito familiare pari a 13.000 euro e scala di equivalenza pari a 1,6, si ha pertanto:
QUOTA A = [(6.000*1,6) – 13.000] che essendo negativo viene posto pari a zero
QUOTA B0= [(soglia 9.360 x 1,6) – 13.000] pari a 1.976 euro annui (165 euro mensili)
AFFITTO CORRISPOSTO = 1.500 euro
QUOTA B1 (min. importo) = 125 euro mensili
L’importo spettante a titolo di integrazione per affitto o mutuo avrebbe potuto raggiungere il valore teorico massimo di 165 euro mensili (B0), tuttavia, il canone annuo effettivamente corrisposto dal nucleo è pari a 1.500 euro, per un importo mensile di 125 euro (B1). Pertanto, sarà questo l’importo massimo corrisposto come quota B posto che spetta sempre il minor importo tra l’integrazione della soglia ottenuta moltiplicando la somma di 9.360 per la scala di equivalenza al netto del reddito familiare e la somma effettivamente corrisposta a titolo di affitto o mutuo.
Con riferimento alla scala di equivalenza per Rdc/Pdc, l’articolo 2, comma 4, del decreto-legge definisce i parametri di calcolo nel seguente modo: parametro 1 per il primo componente del nucleo familiare, incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1.
In sede di conversione in legge è stato previsto che il valore massimo è incrementato a 2,2, nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite ai fini ISEE.
Esempio: nucleo familiare di 5 maggiorenni, di cui 1 in condizione di disabilità grave, il parametro della s.e. è pari a 2,2 così calcolato: 1 (primo maggiorenne) + (0,4*4) per gli altri quattro = 2,6, ridotto a 2,2 quale limite massimo previsto dalla norma.
Sono ininfluenti per la scala di equivalenza, ai fini Rdc/Pdc, i componenti del nucleo che si trovino nelle seguenti situazioni:
a) stato detentivo;
b) ricovero in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra P.A.;
c) disoccupati a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa (modifica inserita in sede di conversione in legge);
d) sottoposti a misura cautelare personale ovvero condannati con sentenza definitiva intervenuta nei dieci anni precedenti la richiesta per i delitti previsti dagli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422 e 640-bis del codice penale (modifica inserita in sede di conversione in legge).
C) L’attestazione dei requisiti per i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea
C) L’attestazione dei requisiti per i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea
Tra le modifiche più rilevanti introdotte dalla legge di conversione, si segnala il nuovo regime ad hoc previsto dall’articolo 2, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge, con particolare riferimento ai requisiti reddituali e patrimoniali da parte dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea.
La norma, al comma 1-bis, pone l’obbligo in capo ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea di produrre in fase di istruttoria, ai fini dell’accoglimento delle domande, una certificazione dell’autorità estera competente, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’autorità consolare italiana, conformemente a quanto disposto dall’articolo 3 del testo unico di cui al D.P.R. n. 445/2000[3] e dall’articolo 2 del D.P.R. n. 394/1999.
Al fine di dare tempestiva attuazione a tale specifica disciplina, si è provveduto ad aggiornare la modulistica per la presentazione della domanda, inserendo un’apposita dichiarazione di consapevolezza sulla necessità di produrre l’apposita certificazione da parte dei soggetti in argomento.
Il comma 1-ter dell’articolo 2, peraltro, prevede che le disposizioni del comma 1-bis non si applicano nei seguenti casi: a) nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea aventi lo status di rifugiato politico; b) qualora convenzioni internazionali dispongano diversamente; c) nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni di cui al predetto comma 1-bis.
Al riguardo, il comma 1-ter demanda ad un decreto attuativo del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, l’individuazione dei Paesi i cui cittadini sono esonerati dall’obbligo di cui al comma 1-bis, per oggettiva impossibilità di produrre tale documentazione.
Ciò posto, nelle more dell’emanazione del citato decreto attuativo, l’Istituto ha provveduto a sospendere l’istruttoria di tutte le domande presentate a decorrere dal mese di aprile 2019 da parte di richiedenti non comunitari.
Dopo la pubblicazione del predetto decreto ed in relazione al contenuto dello stesso, l’Istituto provvederà a definire le domande in argomento.
Circolare 43/2019
In base a quanto previsto dall’articolo 2 del decreto in trattazione, il Rdc è riconosciuto ai nuclei familiari che, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell'erogazione del beneficio, siano in possesso dei requisiti di seguito dettagliati.
Per la definizione del nucleo familiare il decreto fa rinvio all’articolo 3 del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, in materia di ISEE.
Tuttavia, l’articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 4/2019 integra la disciplina normativa sulla composizione del nucleo, di cui all’articolo 3 del D.P.C.M. citato, in materia di coniugi separati o divorziati e di figli maggiorenni non conviventi, a carico IRPEF dei genitori. Tali nuove disposizioni valgono per la richiesta delle prestazioni di reddito e pensione di cittadinanza e delle altre prestazioni sociali agevolate.
In particolare, la lettera a) del predetto comma 5 precisa che i coniugi separati o divorziati fanno parte dello stesso nucleo familiare, qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione. I medesimi continuano a far parte dello stesso nucleo anche nell’ipotesi in cui risiedano nello stesso immobile, ma risultino in due stati di famiglia distinti. Pertanto, affinché i coniugi separati o divorziati costituiscano due nuclei diversi, è necessario che abbiano due diverse residenze.
La successiva lettera b), invece, introduce il nuovo requisito dell’età, che deve essere inferiore a 26 anni, affinché il figlio maggiorenne non convivente con i genitori faccia parte del nucleo di questi ultimi, purché a loro carico IRPEF, non coniugato e/o senza figli.
A) I requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno
Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del citato decreto-legge, il componente del nucleo familiare richiedente il beneficio deve essere in possesso, congiuntamente, dei seguenti due requisiti:
- essere in possesso della cittadinanza italiana o di paesi facenti parte dell'Unione europea oppure, in alternativa, essere familiare di un cittadino italiano o dell’Unione Europea e titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero essere cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo[1];
- residenza in Italia per almeno dieci anni, al momento della presentazione della domanda, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo.
Gli estremi del documento di riconoscimento in corso di validità devono essere inseriti negli appositi campi del modello di domanda. Per i soggetti comunitari è possibile altresì la richiesta a vista, da parte del front end degli uffici postali, dell’attestazione di soggiorno rilasciata dalle competenti autorità. Tale ulteriore documentazione è necessaria esclusivamente ai fini del rilascio della Carta Rdc, sulla base di quanto previsto dalla normativa bancaria.
I requisiti predetti sono autodichiarati sotto la propria responsabilità. Nelle more del completamento dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente, compete ai comuni la verifica dei requisiti di residenza e di soggiorno per l’acceso al beneficio. Questi ultimi sono tenuti a comunicarne l’esito all'INPS per il tramite della piattaforma “SIUSS" (Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali). All’articolo 7, comma 15, il decreto in commento dispone, infatti, che i comuni sono responsabili delle verifiche e dei controlli anagrafici, attraverso l'incrocio delle informazioni dichiarate ai fini ISEE con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici e quelle raccolte dai servizi sociali e ogni altra informazione utile per individuare omissioni nelle dichiarazioni o dichiarazioni mendaci, al fine del riconoscimento del Rdc/Pdc.
B) I requisiti reddituali e patrimoniali. I requisiti relativi al godimento di beni durevoli
La verifica del possesso dei requisiti reddituali e patrimoniali avviene mediante l’attestazione ISEE, nella quale sia presente il richiedente il Rdc, in corso di validità all’atto di presentazione della domanda. Ai fini della verifica dei requisiti per il Rdc si considerano idonee le attestazioni ISEE ordinaria e corrente.
A tal proposito, si precisa che è sufficiente che, all’atto di presentazione della domanda di Rdc, per il nucleo familiare per il quale si richiede la prestazione sia stata presentata la DSU ai fini ISEE, ordinario o corrente.
Ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del decreto-legge n. 4/2019, al valore dell’indicatore ISEE per l'accesso al Rdc sono sottratti gli importi, rapportati al corrispondente parametro della scala di equivalenza di cui all’attestazione ISEE, eventualmente inclusi nell'ISEE, relativi alla fruizione del sostegno per l'inclusione attiva, del reddito di inclusione ovvero delle misure regionali di contrasto alla povertà oggetto d'intesa tra la Regione e il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, al fine di una erogazione integrata con le citate misure nazionali. Ai soli fini dell'accertamento dei requisiti per il mantenimento del Rdc, inoltre, al valore dell'ISEE è sottratto l'ammontare del Rdc percepito dal nucleo beneficiario eventualmente incluso nell'ISEE, rapportato al corrispondente parametro della scala di equivalenza di cui all’attestazione ISEE.
Tanto premesso, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge istitutivo del Rdc, il nucleo familiare deve essere in possesso dei seguenti requisiti reddituali e patrimoniali:
- un valore dell'ISEE, di cui al D.P.C.M. n. 159/2013, inferiore a 9.360 euro;
- un valore del patrimonio immobiliare, come definito ai fini ISEE, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a una soglia di 30.000 euro;
- un valore del patrimonio mobiliare, come definito ai fini ISEE, non superiore a una soglia di 6.000 euro, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10.000 euro, incrementato di ulteriori 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo; le predette soglie sono ulteriormente incrementate di 5.000 euro per ogni componente con disabilità (media, grave e non autosufficiente, cosi come definita ai fini ISEE), presente nel nucleo;
Esempio 1: nucleo familiare composto da 4 soggetti senza figli, il valore massimo del patrimonio mobiliare per accedere al beneficio Rdc/Pdc è pari a 10.000 euro, così calcolato: [6.000+(2.000*3)] = 12.000, ridotto a 10.000 euro in applicazione del massimale previsto dalla norma
Esempio 2: nucleo familiare di 5 soggetti di cui 3 figli, il valore massimo del patrimonio mobiliare è pari a 11.000 euro, così calcolato: [6.000+(2.000*4)] = 14.000 euro, ridotto a 10.000 euro, incrementato di 1.000 euro per il terzo figlio
Esempio 3: nucleo familiare di 5 soggetti di cui 3 figli e 2 disabili, il valore massimo del patrimonio mobiliare è pari a 21.000 euro, così calcolato: [6.000+(2.000*4)] = 14.000 euro, ridotto a 10.000 euro, incrementato di 1.000 euro (per il terzo figlio che è anche disabile) e 10.000 euro (per 2 componenti disabili). - un valore del reddito familiare inferiore a una soglia di 6.000 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ai fini Rdc. La predetta soglia è incrementata a 7.560 euro ai fini dell'accesso alla Pdc. In ogni caso, la soglia è incrementata a 9.360 euro, sempre moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ai fini Rdc, nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione, come da dichiarazione sostitutiva unica ai fini ISEE.
Ai soli fini del Rdc, il reddito familiare, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), numero 4, del decreto-legge in esame, è determinato ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del D.P.C.M. n. 159/2013[2], al netto dei trattamenti assistenziali eventualmente inclusi nell'ISEE ed inclusivo del valore annuo dei trattamenti assistenziali, in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi (ad esempio, l’indennità di accompagnamento).
L’articolo 2, comma 4, del decreto-legge in parola definisce i parametri della scala di equivalenza (d’ora in poi s.e.) per il Rdc nel seguente modo: parametro 1 per il primo componente del nucleo familiare, incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1.
Esempio: nucleo familiare di 4 maggiorenni, il parametro della s.e. è pari a 2,1 ed è così calcolato: 1 (primo maggiorenne) + (0,4*3) per gli altri tre = 2,2, ridotto a 2,1 quale limite massimo previsto dalla norma.
Si formulano, di seguito, alcuni esempi sulla soglia massima di reddito familiare.
Esempio 1: nucleo familiare di 3 componenti (2 maggiorenni e 1 minorenne) in abitazione non in locazione, la s.e. è pari a 1,6. Conseguentemente, il valore massimo di reddito familiare per poter accedere al Rdc è pari a 9.600 euro ed è ottenuto moltiplicando la soglia pari a 6.000 euro per il predetto parametro della s.e.: 6.000*1,6=9.600 euro
Esempio 2: nucleo familiare di 2 soggetti di età pari o superiore a 67 anni, in abitazione non in locazione, il paramento della s.e. è pari a 1,4. Il valore massimo di reddito familiare per poter accedere alla Pdc è pari a 10.584 euro ed è ottenuto moltiplicando la soglia pari a 7.560 euro per il predetto parametro della s.e.: 7.560*1,4=10.584 euro
Esempio 3: In caso di residenza in abitazioni in locazione, per un nucleo familiare di 2 soggetti maggiorenni, s.e. 1,4, il valore massimo di reddito familiare per accedere al Rdc/Pdc è pari a 13.104 euro, ottenuto moltiplicando la soglia pari a 9.360 euro per la predetta s.e. 9.360*1,4=13.104 euro
Al fine di consentire all’INPS di determinare il reddito familiare, gli enti che erogano prestazioni assistenziali hanno l’obbligo di provvedere, entro quindici giorni dal riconoscimento, alla comunicazione dei trattamenti in corso di godimento al “SIUSS”, di cui all’articolo 24 del decreto legislativo n. 147/2017, secondo le modalità previste per il Casellario dell’assistenza, di cui al Regolamento ministeriale n. 206/2016.
Alla luce delle esclusioni previste dalla norma, i trattamenti in corso di godimento da sommare in automatico al reddito familiare ai fini Rdc/Pdc sono individuati dai codici da A1.01 a A1.04 della Tabella 1 del suddetto Regolamento. Nel valore dei predetti trattamenti assistenziali non rilevano:
- le erogazioni riferite al pagamento di arretrati;
- le riduzioni nella compartecipazione al costo dei servizi e le esenzioni e agevolazioni per il pagamento di tributi;
- le erogazioni a fronte di rendicontazione di spese sostenute, ovvero le erogazioni in forma di buoni servizio o altri titoli che svolgono la funzione di sostituzione di servizi;
- l'assegno di natalità di cui all'articolo 1, comma 125, della legge n. 190/2014.
Con riferimento al godimento di beni durevoli, ai sensi della successiva lettera c) del comma 1 del medesimo articolo 2 del decreto-legge in esame:
- nessun componente il nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di autoveicoli, anche di seconda mano, immatricolati la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta, ovvero di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc, nonché motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti. Sono fatti salvi gli autoveicoli e i motoveicoli per i quali è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità, ai sensi della disciplina vigente;
- nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo o avere piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171.
C) I requisiti di compatibilità
Il decreto-legge in trattazione, all’articolo 2, comma 3, ha previsto che sono esclusi dal godimento del beneficio i nuclei familiari che abbiano tra i componenti soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa.
Il successivo comma 8 prevede la compatibilità del Rdc con il godimento della NASpI o di altro strumento di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria. Ai fini del diritto al beneficio e della definizione dell’ammontare del medesimo, gli emolumenti percepiti a titolo di NASpI o di altro strumento di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria rilevano secondo quanto previsto dalla disciplina dell’ISEE.
Infine, si precisa che, ai sensi dell’articolo 3, commi 8, 9 e 10, del citato decreto legge, il Rdc è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa (cfr. i paragrafi 4 e 8 della presente circolare).